Quaderno 2007 - vol1

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ondazione Rotna Europea

Quaderni 2007

Volume I

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FONDAZIONE

ROMA EUROPEA


Organigramma della Fondazione ROMA EUROPEA - anno 2007

Comitato Esecutivo

Presidente Onorario: Giuseppe De Rita Presidente: Naralino Irri Segrerario Generale: Cesare San Mauro Componenti: Luigi De Simone Niquesa, Anna Fendi, Franco Nobili, Angelo Masia Perroni Componente di dirirro in qualità di Presidenre dell'Associazione Amici di Roma Europea: Carlo Pellegrini

M MARIO l'I

I 111

Consiglio di Amministrazione

Comitato

Scientifico

Presidente: Marcello Foschini Componenri: Andrea Di Porro, Gianpiero Gamaleri, Fabio Pisrella

CoLLegiodei Revisori dei Conti

Presidente: Anronio Berrani Componenti: Maurizio De Magistris, Paola Iannarelli

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europea è il cristianesimo, non il relativismo Pera

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I I 11111 .orrenza non cancella la necessità di un servizio pubblico Il,,,/11 (t'entiloni

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lidI Componenti: Giuseppe De Rira, Naralino Irti, Luigi De Simone Niquesa, Anna Fendi, Umberto Mucci, Franco Nobili, Angelo Maria Perroni, CasIo Pellegrini, Luca Ricciardi, Paolo Spaziani. Componenti di dirirro in qualità di rappresentanri delle aziende aderenri per il 2007: Mario Lupo per AGI; Federico Grazioli per AGRICONSULTING; Andreas Schneider per ALCATEL LUCENT; Giuseppe Statuto per AMARI MICHELE; Carlo Pellegrini per ANTICO CAFFE'GRECO; Giuseppe Cerroni per AUTOSTRADE PER :rITALIA; Alessandro Pegoraro per BT ITALIA; Errore Camozzi per CAMOZZI HOLDING; Monica Cerroni per CONSORZIO LAZIALE RIFIUTI; Marco Di Paola per ECOFIM; Bruno D'Onghia per EDF; Giampaolo Russo per EDISON; Guido Pugliesi per ENAV; Fulvio Conti per ENEL; Srefano Lucchini per ENI; Alessio Zagaglia per ERICSSON TELECOMUNICAZIONI; Fausro Irnperarori per ESEDRA; Pier Francesco Guasguaglini per FINMECCANICA; Ovidio e Angelo Jacorossi per FINTERMICA; Carlo Andrea Bollino per GSE; Vincenzo Novari per H3G; Gianalfonso Borromeo per LAMARO APPALTI; Ferdinando Quarrrucci per MONTE DEI PASCHI DI SIENA; Sandro Pasnasi per PARSITALIA; Massimo Sarmi per POSTE ITALIANE; Luigi De Simone Niquesa per ROYAL DEMEURE; Giovanni Centurelli per SABA ITALIA; Maurizio Schiaffìni per SCHIAFFINI TRAVEL; Anronio Nicolai per SIGMA TAU FINANZIARIA; Massimo D'Aiuro per SIMEST; Luigi Lasdone per STM ITALIA; Dario Virulano per STRATA; Giacomo Di Raimondo per TECNODIR; Juan Carlos Venri per TELECOM ITALIA; Flavio Carraneo perTERNA; Fabio Di Vico perTRAMBUS; Cesare Paladino per UN.E.A.L.; Bianca Maria Masrinelli per VODAFONE ed Elena Gallo per WIND.

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le nriamo la vigilanza I'/,111111 rlo

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politica nell'Italia del 2007 Mastella

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Il MI'\,\;! rgero, la voce di Roma N"hl'l'lo

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Projecr Leader: Coletta Ballerin i, Consigliere Associazione Amici di Roma Europea Consulenza Readazionale: Ferdinando Tarsitani Coordinamento Editoriale: Comunicazione 2000 srl Tipografia: Comunic@re srl Finito di Stampare nel mese di Giugno 2009


PREsENTAZIONE

Prot, 0.207/2003 Setl.lA URPG

Roma,31!07/2003

RACC.A.R.

hllldazione Roma Europea è nata nel dicembre del 2001 gra.ill'irnpegno di Cesare San Mauro, sulla base dell'esperienza •••••••,ll [l'omonima associazione che nell'arco dello scorso decennio IIn da protagonista sul territorio romano in ambito politico e ...",

••.•• 1 ohi .ttivo è di valorizzare, promuovere ed implementare il 111 orna ulla scena europea, valutando a 360 gradi pregi e difet1" t.1 110 tra grande città, con un occhio rivolto al suo prestigioIlCI (' il desiderio di rendere altrettanto luminoso il suo futuro. h uidazione, che ha l'onore di avere come presidente onorario I 1'( I)' Rita e di essere presieduta da Natalino Irti, nel 2003 ha \ltCl li ri onoscimento giuridico. Le attività e tutte le informaI 1.11 iv alla Fondazione sono disponibili on-line sul portale di "'Il (lp 'a, ali' indirizzo internet: www.romaeuropea.it. 1111

AL PRESIDENTE DELLA FONDAZIONB ROMA EUROPEA Via Orazio 0.31 ROMA

Oggetto: Iscrizione nel registro delle persone giuridiche, ai sensi del D.P.R.36lJ2OOO.

. .. In relazione .a1I'istanza intesa ad ottenere l'iscrizione nel registro delle persone glU"dl~ della Fondazione .d~a S.V. presieduta, denominata Fondazione Roma Europea, si comumca che la stessa è stata iscnua al 0.207/2003 del predetto registro.

IL DlRlGENTE

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Roma Europea coinvolge alcune tra le più importanti nuprenditoriali, romane e nazionali. Sono aziende operanti in , I e ti ori: private, municipalizzate e public company che hanno I 1111 '0 sul progetto elaborato dai fondatori e, in seguito, imple, , 1111 d,lÌ omponenti degli organi della Fondazione. , • 1111111r " l'Associazione Amici di Roma Europea, che è riservata I I ClIH' f iche ed è a numero chiuso. Una volta al mese si riunisce Il l'le \t i!'io a sede dell'Antico Caffè Greco. A queste riunioni inIl ,CI Il o i principali protagonisti della vita istituzionale del nostro pressi ne del mondo della cultura, della politica, dell'inforI 111 l' ti .ll'impresa, Le serate iniziano con una relazione tenuta Il CI l'Il' d'onore e si concludono con una cena nella suggestiva corI l loral ' di via del Corso. IIlId.lljOI1

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Il)ENTITÀ EUROPEA È IL CRISTIANESIMO,

NON IL RElATMSMO Roma, Caffè Greco, 29 gennaio 2007 di Marcello Pera

1turo

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b nvenuti a tutti. I 11111 Il l'I 'mi, come tradizione, di ringraziare per la loro pre11/1 gli ospiti internazionali che sono qui in rappresentanza Il'1 Il.llt· li tati Uniti, Egitto, Lituania, Germania ed Unghe11111 I

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1.1 •

l' 'l'a non necessita di presentazione data l'assoluta noe il rilievo della sua attività di questi anni ed il 111111'1,11(' ha dato alla cultura e alla politica in Italia. Ricordo che I III l't'l'a ~ ordinario di Filosofia delle Scienze all'Università I Il,1101' della Repubblica dal 1996. E' stato Presidente del I I Il I()O I al 2006. l'Il cl 'm . Pera per la sua presenza.

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ringrazio la Fondazione Roma Europea per l'invito ringrazio tutti voi, amici e colleghi. Non mi aspettavo 1"11111 Il tOsì numeroso, e anche questo va a merito evidente della I urul.izion . h ICI d j .ntrare rapidamente nell' argomento che mi è stato chieIl Il LII' '. Irnrnagino che una Fondazione che si chiama Roma I I 1.1 nutrita di europeisti convinti e devo supporre che abbiano tel 1111 l'111' peista tiepido come me, per confortarsi e confronI Ic III re perciò esprimere le ragioni delle mie perplessità non I 111 CI 1'.1 ma ullo stato attuale dell'Unione. Perciò, quando parlo IIIIIIC

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Illogo,

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MARCELLO PERA

FONDAZIONE ROMA EUROI'

di Europa, si deve sempre intendere Unione europea. La costruzione dell'Unione europea non è stata, e non è tutto propriamente democratica. Al più, si può parlare, se ha senso, di u democrazia di secondo livello, perché il controllo dei popoli euro sull'intero processo è stato abbastanza scarso. Talvolta, anzi, è semb to che i popoli dessero qualche fastidio. Cito l'esempio della Danim ca, in occasione del referendum di adesione al Trattato di Maastrich I danesi dissero di no. La risposta dell'Europa fu che non importa molto l'esito negativo. In Danimarca si sarebbe dovuto rifare il re rendum, fino a quando l'esito non fosse cambiato. La stessa cosa mi pare stia accadendo in questi giorni, dopo le bo ciature conseguite nei referendum francese e olandese. Si parla, da pa te di alcuni -lo ha fatto di recente anche la cancelliere Angela Merk - di riprendere il processo della Costituzione europea come se qu voti non fossero stati importanti. A me pare che questo sia un difer notevole e assai rischioso, perché è evidente che, sottraendo ai cittadi la responsabilità della valutazione di ciò che si sta compiendo, p trebbe, prima o poi, verificarsi una crisi veramente irreparabile. Trov inoltre che le istituzioni europee siano poco trasparenti e poco respon sabili. È difficile orientarsi sul loro numero e sulle loro competenz Sono tante, al punto che pochi cittadini sanno dire chi è responsabil di che cosa e dove. Eppure l'Europa è così invasiva che la troviamo dappertutto nell nostre vite. Si dice che 1'80%, o forse più, della normativa che ci ri guarda sia ormai di origine europea. Per questo le istituzioni europ dovrebbero essere molto visibili. Accade invece che la maggior pan delle decisioni siano di tipo tecnocratico, il che è di nuovo un difett di democrazia. Un' altra ragione della mia tiepidezza è la Carta dei diritti europ approvata a Nizza nel 2000, che invece è un fiore all'occhiello degl

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I.'lIll':NTITÀ EUROPEA

È IL CRISTIANESIMO, NON IL RELATfVISMO

1IIIVI)l h ' quella carta, che poi è diventata la seconda parte 111 1111'(()ng lata o defunta Costituzione europea, sia pleoI IlIlId,1/1I,o addirittura un arretramento rispetto alle carte I u.uncntc la nostra. 11111 Ilgliarda poi la coesione dell'Unione europea, non si può I 'I I.uncnte molto elevata. Si pensi ai temi sociali. C'è una ""Il'vllle tra l'Europa continentale, che ha una matrice pre•••• ,•.."1,, 1111sociali ta e statalista, e l'Europa "insulare". E questo è Il 1111di irande rilievo, a meno che non si voglia pensare alla .lltI,111i1l dlll'I':uropa prescindendo dall'Inghilterra, la qual cosa agI h ,1111 ora di più la situazione. I I mhra ci sia molta unità di intenti per quanto riguarda la I lI',d1.1rgamento. Abbiamo visto la Commissione accelerare Il clI 1\novi paesi dell'Est e subito dopo paesi fondatorì, com11\Il,, ("t' più spingeva sull'allargamento, la Francia, frenare e .III"•• \!· "IIII'/ioni. Assai comprensibilmente, il fenomeno si ripete ,11111,1Iigu'udo all'eventuale ingresso della Turchia. Tutti sanno 1111 flll'l i l'esistenze delI'opinione pubblica europea sull'ingresso I \I 111,1,.ui be se l'Europa non dice chiaramente quale ne sia la .,1111111' 11111111', si pensi al capitolo sulla mobilità e sul lavoro, che è un 11\" dl'll'hlropa sociale. È bastata la modesta direttiva Bolke111sroppiare di nuovo i nazionalismi e le relative resistenze. 1111.1, per oncludere su questo punto e sulla mia tiepidezza, Il 1(11( ..sta Europa, così come oggi è concepita e viene costruita, I 1111 dbcgno fatto a tavolino da alcune élite che un processo di I l!tl l'S -mpio di sovrastatalismo, che mentre indebolisce le so1IIIIoll:t!i non ne costruisce una propriamente europea. 111111111'111 . conosco tutti i vantaggi della costruzione europea che Il 1111'sono addotti, ma non mi sembra che essi siano ancora , Il. di .ilimcntare lo spirito di una vera e propria Costituzione

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I.'1I>lWrlTÀ

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europea. Ad esempio, si dice che l'Europa unita serve per la pac continente. Ma di ciò non c'è prova, perché nel dopoguerra non stata una crisi grave tale da mettere a rischio la pace e che, comunq sia stata evitata dalla presenza della Unione europea. Oppure c'è pr contraria: quando una crisi grave è nata nei Balcani, non è stata l' ropa a prendere in mano la partita, ma ancora una volta l'Ameri benefici dell'unificazione, riprto, sono certamente grandi. Se tutt mantengo il mio atteggiamento di scetticismo, non è per oppormi per vedere l'unificazione più stretta e su basi diverse da quelle d attuali trattati. Mi sono lasciato per ultimo il problema dell'identità. È chiaro se l'Europa vuole essere unita, deve averne una. Questo è il "p blema dell'anima", per usare l'espressione di Jacques Delors, il qll poco dopo la sottoscrizione del trattato di Maastricht la pronlln non a caso in una cattedrale europea. La mia domanda è: che cosa manca all'Europa perché ab un'anima e perciò una identità? La questione, anche se non in qu termini, si pose al tempo della stesura deò famoso preambolo al Costituzione. Ma l'occasione fu mancata, così come era stata m cata mezzo secolo prima quando De Gasperi, Adenauer e Schum cercarono di porre le prima fondamenta dell'Europa unita. Perch Avanzo tre tesi. La prima tesi, che forse interesserà molto gli esperti di diritto stituzionale e i giuristi qui presenti, è che l'unificazione europea come definita dal Trattato costituzionale europeo, in realtà si fon su un paradosso concettuale che la rende impossibile. La seconda tesi è che questo paradosso nasce da una ideologia ch molto diffusa in Europa, quella della secolarizzazione o dellaicism come dir si voglia. La terza tesi è che la secolarizzazione dell'Europa deriva dal pred

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EUROPEA È IL CRlSTIANESIMO, NON IL RELATIVISMO

ulrura pose-liberale, più precisamente dalla contami11111 rulismo europeo con il relativismo. 1I'II,dill '. "'"l' si può redigere una costituzione e unificare un 111""11' di sso, in una situazione in cui non c'è un singolo IIK"lo ,thos, un singolo ethnos, e nemmeno un singolo I d i una missione particolare? Coloro che lavoraI ouvcnzione presiedura da Giscard d'Estaing ebbero un I 11111 diffì ile. Ricordo che feci le congratulazioni a Giscard, I Il,1 IIIIilo quel lavoro lo invitai in Senato per tenere una ull'opera che aveva svolto. E ricordo anche che il Senato I puhbli are il testo della Costituzione europea. Lo stesso 1111.1" l'r .sidente della Commissione europea, quando venI Il lt.ilin, non aveva ancora il testo rilegato in un volume. IIllggio di un'edizione commentata dai bravi funzionari del

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membri della Convenzione dovettero fare di necessità " I ,~il~l'a chiudere rapidamente i lavori con un accordo, .u lino in una filosofia. Si dissero: siccome in Europa non ••• lIllillo" dIlIOS, ' cetera, allora facciamo dipenderne l'unificazione, 111 1.1110 sp ifico unificante, come di solito c'è all' origine di I 11111111\(' - una guerra di liberazione, una guerra civile, una .'lItlllllllll di indipendenza - ma da un insieme di valori e prinIII1I Il'g,\I" tutti i cittadini europei. In effetti, la Costituzione 1I111111( ia proprio così. Larticolo 1-2 dice: "l'Unione si fonda , " l' poi li elenca. " ,111 valori e pretendere che, per questo sol fatto, tutti diven1II,IIÌl:ll11'n te cittadini europei, significa sperare in un miraI l, .nldirutura in un quadruplice miracolo. l' 1111(- il semplice riconoscimento di valori comuni e, di con-

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FONDAZIONE ROMA Eli

seguenza, la concessione di diritti viene pensata come l'equival della cittadinanza politica. Secondo. Perché si ritiene di poter sostituire automaticamente i chi nazionalismi nazionali, che tanto hanno turbato e insanguin storia dell'Europa, con un unico nazionalismo sopranazionale, d to dal filosofo Jiirgen Habermas "patriottismo costituzionale". Terzo. Perché si è convinti di dare finalmente corpo alla vecchia kantiana di creare una comunità composta di cittadini che son tempo stesso soggetti morali e soggetti politici. Quarto. Perché si pensa di realizzare automaticamente un alrr gno kantiano, quello della "pace perpetua". Così - si pensò - si fa tabula rasa della storia europea, si recid le fonti di discordia, si costituisce un Sovra-stato. E però i mir riescono raramente. Quello della cCstituzione europea contien paradosso che lo minaccia. Si tratta di questo. Se la Costituzion ropea si svincola da qualunque fatto specifico europeo e si lega valori e principi che sono universali, allora la Costituzione europ cosmopolita, perché quei principi e quei valori sono principi e val universali. Di conseguenza la cittadinanza europea è una cittadin universale. Di conseguenza la Costituzione europea non ha nient specificamente europeo. Di conseguenza ancora la Costituzione .u pea non è europea, la cittadinanza europea neppur essa è propriam europea, e gli Europei non sono europei. Precisamente come i so morali e politici di Kant: cittadini del mondo, del regno dei fini. Come si spiega questo paradosso? Proprio con l'idea della rab rasa: siccome nella storia dell'Europa ci sono le guerre nazionali guerre di religione, 1'olocausto, eccetera, allora superiamo, anch non dimentichiamo, il passato e rifugiamoci in un mondo id quello della Costituzione dell'Unione. La storia, le tradizioni, le rad anziché elemento nutritivo di identità diventano ostacolo, E l' u

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1:1111': TlTÀ EUROPEA È IL CIUSTIANESIMO,

'ON IL RElATNISMO

IIl1'id -ologia: dell'individualismo dei diritti, del pacifi,il an ismo, dell' ambientalismo, della giustizia socia011 .1 l :ISO Ralf Dahrendorf ha scritto che 1'europeismo è 111 , .t della inistra. Ma così, a mio avviso, la Costituzione uu documento freddo, non vissuto, non conquistato, 111,1 storia, proprio perché fatto per superare la storia. I K·t <tu sco fatto? Si spiega con la seconda delle tesi alle 1111.110, d ·1 secolarismo o laicismo europeo. Per capire che 111\ do urnento emblematico e istruttivo: il rapporto della I I.\,i lll! Ila che preparò in Francia la "legge sul velo", che 11111111(' in luogo pubblico di tutti i simboli religiosi. l'Il \to rapporto: "le istanze spirituali e religiose non posh 1111.1 influenza sullo Stato e devono rinunciare ad una l'c 1111 j(.1. La laicità è incompatibile con qualsiasi concezionlle l hc pretenda di regolare, in nome dei principi della l, Il sistema sociale e 1'ordine pubblico". E ancora: "la Il di t inzione fra la libera espressione spirituale e religiosa 11I1c1c11l.I, he è legittima e essenziale per il dibattito demoI 1111111 lI'I.a su di esso, che è invece illegittima". 111\ .11110 miracolo, un miracolo francese, Come si può 11111 libera espressione spirituale della religione nella sfera t I I c m l'O stesso, evitare che questa libera espressione abbia 111 cll".lIlilO democratico? A meno di non pensare che coli IIICI di religione devono riunirsi ad Hyde Park, mettersi Il'llIulllIl •• Il'posilO, dire qualche cosa in pubblico e poi tornare a tlll.1 contraddizione. E siccome è così plateale, nasconde Il

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l, f Im' dei lavori della commissione Stasi il Primo MiniIl.111 Pierre Raffarin, si presentò all'Assemblea nazionale c: "o 'gi le grandi religioni della storia di Francia hanno

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I: IDENTITÀ EUROPEA

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adottato questo principio, il principio della separazione, della I espressione ma senza interferenze"; poi aggiunse "per le religioni vate di recente, mi riferisco all'Islam, la laicità rappresenta l'opp nità di essere una religione francese". Ma se la laicità è una religione francese, la laicità, essendo un gione, è contraria a tutte le altre religioni, ovviamente a comincia cristianesimo, che è la religione tradizionale d'Europa. La sostan questo ragionamento è che l'Europa, in nome della laicità, non guardare o ricordare le sue radici, non deve ricordarsi di essere t continente cristiano, non deve appellarsi a quel Dio cristiano eh di altri l'ha forgiata. Deve dimenticare tutto questo. Così nasc il radosso. La laicità obbliga alla tabula rasa della storia, della tradizi delle radici. Obbliga, per trovare un'identità, a costruire un co giuridico indefinito che certamente non rende europeo nessuno. Vorrei richiamare l'attenzione sul fatto che questo secolarismo è così virtuoso come sembra. Intanto, grazie ad esso, l'Europa ha nessun confine, perché se la religione non è più un elemento nostra identità, l'Europa può diventare un contenitore, come in r già è, indistinto e indifferente a tutte le identità. C'è spazio per t per la Turchia, per Israele, per l'Ucraina, la Bielorussia e così via. un'identità indefinita, anche la geografia è indefinita. Inoltre, illaicismo è solo apparentemente tollerante, aperto, c 11 rale; in realtà non è inclusivo, esclude gli altri. Quell'Europa che ha più di tutti paura dell' espressione "guerra di religione" o "guerr civiltà", non si accorge che negando la sua propria identità respi gli altri, perché gli altri ce l'hanno e, entrando nel nostro contin n non trovano un interlocutore. Non è vero che in nome dellai i si dialoga meglio. Al contrario, perché il dialogo è possibile se une un'identità e una tesi, e un altro ha un'altra identità e un'altra t mentre non è possibile se uno ha un'identità, e anche forte, e l'al

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È IL CRISTIANESIMO,

O

IL RELATMSMO

li l'Europa si vanta di essere una terra di integra-

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r"lt1Il.~" ,i. In verità sta integrando assai poco. produce il distacco dell'Europa dall'America e I I ,I c!i(f,renza tra Europa e America non è soltanto Il I oh 'n Kagan, per cui noi europei veniamo da Venere I I I Ilpono da Marte, e quindi gli americani usano troppo I '" il Ii Il armi e la forza per risolvere i conflitti internaIl l'Europa si affida al "soft-power". La vera differenza è 11111 cpis e l'America come una potenza imperiale, non Il ,I ~Ii strumenti della forza, ma perché avverte dentro I Il 111,1, il senso di una missione, il senso dell'adesione alle o d•.[l'unità di un popolo sulla base di sentimenti che 11111

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.lìgiosi.

oLIrizzata, miscredente Europa percepisce l'Amerì, I hjgotta. Con quanta ironia abbiamo sentito dire che II 1111 l'I' isidente che comincia la giornata di lavoro con (l l.ibcrrnas), ridicolizzando il sentimento religioso, che 1111 l) in America e che appartiene alla sua storia, a partire l

, IIIOlle d Indipendenza! l'Europa non lo capisce più. E la ragione per cui 11111 Ii('~c' ad integrare è la medesima per cui l'Europa non I 1'111 vi .ina all'America. Se anche l'Europa non è un "mel111 Il!tr n n ha l'energia di fusione come c'è in America. Il 111 lo c, non costituisce un cemento forte. Non potendo dare 111 dOlll.lI1da "chi siamo?", illaicismo ci porterà più difficoltà I 1111111', supposto che, di questo passo, tra 20-30 anni si possa "" di int 'grazio ne e non semplicemente di invasione. I I",I mi ' tesi riguarda il relativismo. Lespressione "questa è 111I1I.tI", lualunque essa sia, oggi si traduce con "dobbiamo Il ,do!>1 iamo tollerare", mettendo in mostra che il vecchio, 1111111( IHO

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L'IDENTITÀ EUROPEA È IL CRISTIANESIMO,

FONDAZIONE ROMA EUROP

nobile concetto di tolleranza è diventato semplicemente sinonimo accondiscendenza. Colpendo l'antica identità cristiana dell'Europa. relativismo ha colpito al cuore la possibilità di cementare la nos identità. Il relativismo sostiene che tutte le culture, tutte le civiltà, tutti gli s li di vita hanno la propria giustificazione. Sono tutti altrettanto deg e quindi non possono subire influenze dall'esterno. Se questa tesi allea con la democrazia, ridotta come ormai è a sola procedura di vot il risultato è che non c'è nessun valore su cui non si possa votare. può arrivare a negare i principi intangibili o non negoziabili, quelli c dovrebbe essere il fondamento di ogni patto costituzionale. È così c si spiegano l'aborto, la sperimentazione sugli embrioni, l'eutanasi l'eugenetica, il matrimonio omosessuale, e tra poco anche la polig mia, oppure il partito dei pedofili che è nato in Olanda. Ci si potreb opporre? Sì, ma per opporsi si dovrebbe dire "su queste cose non legifera, queste altre non possono essere concesse, queste altre anco sono intoccabili, non negoziabili, sacre". Ma per dire così bisognereb be avere una fede religiosa, e l'Europa laicista questa fede non vuoi averla. Benedetto XVI ha scritto, qualche tempo fa, che l'Europa ricordava la fine dell'Impero Romano, quando assorbì i modelli di vit barbarici perdendo la sua forza e la sua identità, e poi crollò. Quest profezia è terrificante e vorrei evitare che si avverasse. Ma temo che scongiurarla non basterà un documento sottoscritto da alcuni capi stato e di governo, assistiti da tecnocrati di Strasburgo o Bruxelles. S continuiamo a dire che avere e difendere una identità europea è u atto di aggressione e di arroganza, che mette in moto guerre di religio ne e di civiltà, forse finiremo con l'averne una. Se sull'Unione europe di oggi sono tiepido, non è per pregiudizio ma perché ritengo di aver alcune buone ragioni. Vi ringrazio per la vostra attenzione.

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IL RELATMSMO

M'l lro Ilvvt:ro, ringraziare il Presidente Pera, per la sua straordinal" !.l'/.i ne del momento che viviamo, che ci ha toccato nel IIl·1 uore. Ci sarebbe moltissimo su cui dibattere, ma il PIH(l, .he promuovo queste iniziative, anche per il gusto di fare Il.1,1P'[ primo e allora ne approfitto. 111111 ero Presidente della Commissione Bilancio in Consiglio 111d. il Roma, avevo l'onore di essere invitato agli incontri che 111III'II/,ail Cardinale Ruini organizzava nella Basilica della ChieI I, ron conferenze tenute da diverse personalità della cultura I I mondiale. 1111111 di questi incontri fu invitato il Cardinale O'Connor, che l,I l'Arcivescovo di New York e che cominciò la sua allocuzione I l" ., Provo a spiegarvi che differenza c'è tra gli americani e gli euI pro eguì - e vorrei poi sapere se il Presidente Pera si riconosce 1IIIII'tto di O'Connor - chiarendo "vedete, oggi siamo qui nella l, I • !ll' voi chiamate della Chiesa Nuova, che è una chiesa eretta 111".d1.1metà del XVII secolo. Bene, in tutti gli Stati Uniti non c'è Il 111. taro costruito, e che tuttora è in piedi, alla metà del XVII l,,' ( ucsta distinzione di peso storico, di profondità storica era, 1111 •• Il ardinale O'Connor, una delle difficoltà e delle metafore I l, I inzione profonda che c'era tra gli Stati Uniti e l'Europa, e an1111.1 ti -lle maggiori difficoltà di un processo d'integrazione politica 1111.ill'America. I I l't'I' le altre domande vedo nell' ordine: il Senatore Giampaolo IlIlIio, la Professoressa Vanna Levi, il Professar Gianpiero Gamaleri IImigliere di Amministrazione della Rai, il Consigliere Giuseppe Il l hc è Presidente di Sezione del Consiglio di Stato, l'Avvocato I (, iordano, il Consigliere Amedeo Postiglione che è Presidente

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MARCELLO PERA

FONDAZIONE ROMA EURO

di Sezione della Corte di Cassazione e il Presidente del Gse Profe Carlo Andrea Bollino. Giampaolo Bettamio Mi riferisco alla prima parte dell'intervento del Presidente Pera. Vorrei riprendere lo spunto che il Presidente ci ha dato, cioè avendo voluto introdurre nella Carta costituzionale europea tut principi universalmente validi, l'abbiamo snaturata e ne abbiamo fa una specie di inventario di tutti i principi e diritti dell'uomo. Ma vorrei anche sottolineare il mio convincimento che dagli an cinquanta in poi abbiamo proceduto "per allargamento senza appr fondimento", ovvero man mano che i membri della Cee entrava nella Comunità, non c'era un parallelo approfondimento delle isti zioni comunitarie che dovevano accogliere questi nuovi membri. per questo che dal punto di vista costituzionale, oggi, l'impalcatu comunitaria è una vera e propria bestemmia, avendo una Comm sione europea che non è un governo, un Parlamento europeo c non può fare leggi ma può fare soltanto alcune cose, un Consiglio ministri che riporta alla nazionalità tutti i principi che la Comm sione europea dovrebbe smantellare ed infine l'invenzione di Gisc d'Estaing che è il vertice europeo, che purtroppo ha fatto fortuna ed stato istituzionalizzato. Vanna Levi Buonasera. Sono una ricercatrice dell'Università La Sapienza, mi O cupo di diritto civile europeo. lo ricordo un discorso del Presidente Pera molto lungimirante, ten to insieme al precedente Ambasciatore degli Stati Uniti in Italia. Negli Stati Uniti c'è una vasta letteratura di economisti e di filos che insiste sul successo dell'Europa, mentre noi che, con l'allargame

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L'IDENTITÀ EUROPEA È IL CRISTIANESIMO, NON IL RELATMSMO

Ill.llda e Bulgaria siamo adesso quasi mezzo miliardo di citta"".1111 un malessere che è dovuto a moltissimi fattori, non il.uucnte connessi all'Unione europea. Sono nostri problemi d 111tti i nostri governi. Idt'l1te Pera, certamente, conosce le recentissime pubblicazio,il .111' che sottolineano l'enorme successo dell'Europa. Perche I I 01'I,i, con questo mezzo miliardo di persone, in qualche modo , Il'pone a giganti come gli Stati Uniti, l'India, la Cina, l'Iran. I 11\. l: la nuova Costituzione per l'Europa è stata già ratificata ,i su 27, ma è comunque frutto di equilibri estremamente I può comunque essere migliorata tantissimo. 1tlt'Iniveri sono altri: vedi l'immigrazione ed un enorme, troppo I, .rll.rr amento con tutti i problemi che ha comportato. 'Il dispiace che lei, Presidente, sia così sfiduciato rispetto all'EuI ' 1111 peccato. I III1Hlliela ringrazio molto e mi perdoni se mi sono permessa di

".lI

o

IIIU1VICIO c'amaleri Il 1.1111 .nte. Mi chiedo se l'adeguarsi ai diritti fondamentali della 111non sia in fondo anche una ricerca di identità più ampia che Il,,11' altre costituzioni, compresa quella americana, hanno in l' 111"adottato. I do he assomigliare alla Carta dei diritti fondamentali 11111 ,i:l un disvalore ma sia anzi un valore.

dell'uo-

U&UlL:VP , I:aberi I I oltato ammiratissimo questa bella cavalcata ideale che ha farIl'11 id .nte Pera. Non vorrei fare qui la parte del difensore d'ufficio 11111111':1 e della sua "anima", ma io vedo la questione in modo leg-

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germente diverso da lei e vorrei un suo giudizio su questo mio m di vedere. lo sono convinto, sulle orme dei miei antichi maestri tra i quali stantino Mortati, che nelle realtà sovranazionali, siano essi stati, si essi organismi, ogni tanto emergono delle realtà che pongono i pro fini al di fuori di se stessi. Gli esempi che si citavano nell' epoca passata erano la Santa Sed l'Urss. Ll.Jrss è finita malamente, la Santa Sede è duemila anni "campa". Il discorso che vorrei impostare è, quindi, questo: per quanto illu nistica possa essere considerata una costruzione effettuata a tavoli io ho l'impressione che questo conato di Costituzione europea sia tentativo di dare un' anima all'Europa al di là delle singole realtà. Purtroppo questo non è accaduto. Tutti si aspettavano questo, non è accaduto. L'Europa forse sta tentando di prendere proprio il p sto di quella che era la missione ideale, e che purtroppo finora è falli degli Stati Uniti. Grazie. Luca Giordano Una gentile provocazione, perché forse il Presidente è stato abb stanza sobrio nella rappresentazione della problematica che ci aspet Samuel Huntington, autore americano che ha scritto in epoca teriore all' Il settembre, forse uno dei libri più importanti del seco come "Lo scontro delle civiltà", ha dato a noi europei circa 25-30 an di possibilità prima del declino inesorabile. Ecco, vorrei Presidente che lei ci dicesse la sua su questo testo, c credo sia il testo di riferimento per tutti gli studiosi che si occupa del futuro dell'Europa, dal punto di vista sociale ed economico, per prossimo ventennio o trentennio. Grazie.

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liglione I Il dire che in realtà questa analisi del Presidente, brillante e I 1"111' per la parte destruens, dovrebbe andare oltre e non per 1.111di pessimismo. Il modesta opinione è che la risposta non può essere la distinI I l-uropa e Stati Uniti. Noi abbiamo con loro motivi profondi " l I. nei valori storici, politici e giuridici. Il l' lslarn avanza a livello internazionale, è inconcepibile che I I non dia una risposta, perché anche una non risposta è una I

Il

Ilcn Bollino

dll .d l'residente Pera, avendomi molto affascinato la sua visione 1.1mancanza di identità nella nostra futura Costituzione, se I 1'" ~a c sere dietro qualcosa che io vedo da economista in ma1111l' Irappo cospiratoria. 111111 l j sia cioè il tentativo di qualcuno di questi gruppi europei hlll I ti 'S ere i tedeschi come, economicamente parlando, hanno 1111 Ili togliere a tutti gli altri un po' della identità di ciascuno, h.mno fatto levando ci i simboli dalle monete e la politica rnonel'I I poi domani dominarci economicamente.

11 , Il 'l'a I Il1',1. l'l,io molto e cercherò di rispondere con brevi cenni. 11I11',illandoche voi siate tutti europeisti, ho cercato di essere pro111111' p 'l'animare un po' la discussione. Ho evitato di essere ba111\1ho calcaro un po' i toni. A giudicare dalle reazioni, di cui vi ,l,110,mi pare di esserci riuscito. 111luropa e l'America condivido quello che ha detto il cardinale .11111.1': ma alla sua differenza ne aggiungo una che mi colpisce l'tllI in [uesti giorni. Qualunque europeo in corsa per una candi-

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datura a Primo ministro, per prima cosa dice: "io sono laico", opp "io sono non credente", Qualcuno, più bravo di altri, dice: "io so un cattolico, ma adulto", Avete mai sentito un candidato americ correre per qualunque ufficio e cominciare un discorso dicendo c sono un secolarista"? Nel vocabolario americano non c'è nemme l'espressione. Ne avete mai sentito uno dire "io non sono credente' "io non appartengo a nessuna chiesa"? Questa sì che è una differen non da poco! Negli Stati Uniti, dire "io sono un laico" significhereb più o meno, dire "io non ho alcun credo", "io non mi impegno su n la", "io non sono affidabile o credibile". Insomma: "diffidate di me" Mi spiace aver deluso la professoressa Levi, ma non sono affa convinto che la Costituzione europea volesse essere semplicemente aggiornamento del Trattato di Maastritch: c'era, in più, la magia superstato. Chi come la cancelliera Merkel oggi dice che bisogna an re avanti con quella Costituzione, sta dicendo cosa, a mio avviso, co traria alla volontà dei cittadini europei. Chi invece, come Sarkozy, di che occorre lavorare ad un mini trattato, pensa che l'ambizione che n abbiamo messo sulla Costituzione sia stata eccessiva, che l'Europa o non sopporta il peso di un'unificazione in un superstato e, perciò, pe sa che sia sufficiente un minitrattato che dia ai cittadini europei alcu dei vantaggi che dava la Costituzione. Ma per questo non occorre u costituzione vera e propria. Un trattato tra stati non pone il proble dell'identità comune. Quanto alla circostanza che 18 paesi abbi ratificato il documento, non è sufficiente per dire che essi desidera la stessa Costituzione. Certo, difficilmente possono conoscere più 400 pagine. E poi, un conto è ratificare da parte di un Parlamento, altro è approvare da parte dei popoli. Insomma, tra un mini trattato la Costituzione c'è un abisso, ed è proprio l'identità dell'Europa. C i mini trattati o con le revisioni dei precedenti trattati noi possi certamente andare avanti, perché possiamo garantire più diritti,

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rattati non fanno una costituzione e una unificazione, 111.1 sull'America: sì, conosco gran parte di quella letteratura ameC"mai sta occupando quasi uno scaffale intero della mia libreria I I:1I1tissimi americani invidiano l'Europa. Ma si sono posti il I 111.1 di che cos'è l'Europa? Un superstato? Una superpotenza? IIIHorda sul successo dell'Europa. È enorme, in termini di proIlIt 1'110 lordo che sta uguagliando e superando. Questo è imporI KII.lrdo al benessere, come sono importanti i diritti sociali, ma 111 c ,si bastano a fare una Costituzione. Oltretutto, personalmenI CIt h l'Europa su questo terreno sia troppo dirigisca e statalisra. Il Kl I o ancora molto socialismo. 111j Il il

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la verità: i vantaggi dell'integrazione ci sono, ma il processo 111ft .rzione così come concepito tiene in disparte l'opinione pubNOli fa nascere il popolo europeo, LEuropa oggi non è materia IIlc\.1 tra le forze politiche, nemmeno quando si vota per il ParlaIlIlIO

lo

C

uropeo,

ai diritti fondamentali della persona sono certamente im111 . Sono scritti in tutte le carte e sono conquiste prevalentemenI .lupoguerra, ma il punto che ho sottolineato era questo: con ti dt ti fondamentali della persona, i quali peraltro nel nostro 'ome pure negli altri paesi europei - sono già garantiti, 1101\ (ostruiamo l'identità, non è che noi siamo tutti fratelli perl'c'ttiamo i diritti dell'uguaglianza, della libertà, della parità e I ( uesto non è sufficiente per dare un'identità all'Europa. A o proposito, apro una parentesi: se ci sono diritti universali e 1'"H'lItali, essi non competono solo a noi ma competono a tutti; " .rllnr l'Europa non si impegna negli altri paesi dove non sono Il Il I~Ad esempio, il diritto di libertà di religione e di culto è assai 1111111

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L'IDEI TITÀ EUROPEA È IL CRISTIANESIMO, NON IL RELATIVISMO

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poco rispettato nei paesi islamici e arabi. L'Europa lo sa, ma che fa in proposito? Quanto a Huntington, gli è toccato un destino curioso. Tutti lo tano, ma ho l'impressione che non tutti abbiano letto per intero che ha scritto, e non parlo dell'Avvocato Giordano naturalmente. genere si pensa che sia il teorico e il fautore della guerra di civi invece ha scritto proprio per evi tarlo. La sua ricetta è tipica dei ve conservatori americani, l'equilibrio della guerra fredda: si manteng i blocchi, nessuno intervenga per modificarne gli equilibri, ness tocchi i conflitti locali, non si cerchi di esportare i diritti occident All'Europa e all'Islam ho già fatto riferimento. A me pare eh reazione europea nei confronti dell'Islam sia prevalentemente di ap asement, di arrendevolezza, e di paura, anche quando siamo attac sul nostro territorio come a Londra e a Madrid. L'Europa non intende essere come gli Stati Uniti, non vuole usare la forza, e ogni volta che si verifica una crisi di carattere int nazionale che coinvolge il fondamentalismo islamico, come quello Hamas, Hezbollah, dell'Iran, o della Siria, l'unica cosa che l'Europa proporre è una conferenza di pace. Si difende? No. Ha difeso il Pa quando è stato attaccato? No, lo ha lasciato solo. È forza questa? identità? È essere protagonisti sulla scena internazionale? A me p sia debolezza. Quanto all'intervento di Bollino, sì l'Europa è una questione prattutto franco-tedesca perché è nata dall'esigenza di due paesi c essendosi fatte molte guerre, hanno avvertito il bisogno di un accor stabile. Siccome sono due paesi economicamente egemoni, tutta l'E ropa è trascinata da loro. Quando l'accordo tra Germania e Fran ha funzionato bene, l'Europa è cresciuta, quando quell'accordo, co adesso, è in difficoltà, l'Europa si ferma. In realtà, l'accordo fran tedesco non prevedeva questo enorme allargamento dell'Europa, e

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I nlO he ne

è seguito. La storia ha preso un'altra strada. lo ere-

In r mmo riflettercì almeno con un po' più di consapevolezza.

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.A CONCORRENZA

NON CANCELLA LA NECESSITÀ

DI UN SERVIZIO PUBBLICO Roma, Caffè Greco, 26 febbraio 2007 di Paolo Gentiloni '.lO

Mauro

cnvenuti a tutti. Oggi abbiamo ospite il Ministro delle Cornuuicazioni Paolo Gentiloni, che ha iniziato la sua attività politica qui a Roma ed è dunque un interlocutore particolarmente caro 1111,1 Europea.

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'nriloni I l/l . a voi, grazie a Cesare che conosco da quando, prima della 111,1 .lettorale di Rutelli nel '93, faceva parte di una pattuglia di 1p,1i ·ri comunali della Dc che furono testimoni diretti di una fase 1111 uunulruosa di trasformazione ed essendo in parte esponenti tra Illl'l! . della vecchia guardia, cioè già consiglieri comunali eletti, futi 111 un certo senso determinanti nella transizione di quella epoca. I {;,. are ha preso un percorso diverso, meno immediatamente poli, ma non si sa mai per il futuro e mi fa molto piacere essere qui I, i ispondendo al suo invito. liti alcune cose sul mio lavoro, al momento sospeso, ma che dopoIl.lIti dovrebbe riprendere con tutti i crismi. tllI mi è capitato nella vita di fare una cosa più importante di quequindi se un ministro viene a parlare e si mette a parlare di altro Il ar .bbe neanche particolarmente appropriato. Mi scuso con alli .unici, che vedo qui, che ascolteranno cose che in altre occasioni runno già ascoltato, ma il tema di cui mi occupo ha un tale fascino, ',111' interesse, che sia per gli addetti ai lavori che sono qui numerosi,

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sia anche per gli altri amici presenti, penso che possa essere una C di un certo interesse. In questi sette, otto mesi, dopo molti anni nel mondo della com nicazione politica, ma essendomi occupato per un po' anche di tel sione nella commissione di vigilanza Rai, mi sono reso conto di co il Ministro delle Comunicazioni ha davanti a sé un complesso di te e di problemi molto vasto e interessante, in un momento molto par colare come quello in cui oggi ci troviamo. Quindi, il primo messaggio che vorrei condividere con voi è che sta in questo mondo e vi contribuisce dal punto di vista industriai politico, regolamentare, ha la fortuna di essere attore protagonista una fase effettivamente di grande trasformazione, molto veloce, mol impetuosa, molto forte. Il titolo di questa fase potrebbe essere la convergenza, cioè il fat che dopo tanti anni in cui si è discusso di convergenza - si organizza convegni sulla convergenza nel mondo delle telecomunicazioni orm da venticinque anni - effettivamente negli ultimi anni questo proce è diventato molto forte e impetuoso. Credo che le prime domande che si pongono in questo settore son quale sarà il segno di questo grande cambiamento? In che modo do biamo accostarci a questo grande cambiamento, con preoccupazion con ottimismo? lo credo che nell'insieme dobbiamo essere consapev che le opportunità sono maggiori dei rischi. Certamente ci sono sempre rischi in un periodo di grande cambi mento, quando tutti sono sfidati a modificare i loro modelli di bus ness, a trasformare imprese, a cambiare le regole, a cambiare le leggi. La trasformazione produce anche effetti sociali che vanno gestiti governati, ma non c'è dubbio che nell'insieme le opportunità sian maggiori dei rischi. La testimonianza di questo fatto possiamo averla osservando i co

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LA CONCORRENZA NON CANCELLA LA NECESSITÀ DI UN SERVIZIO PUBBLICO

menti dei nostri figli e delle persone più giovani. Non c'è dubbio

I"i 110n siamo soltanto di fronte a processi sostitutivi in cui deIl.11' tecnologie si sostituiscono ad altre tecnologie, provocando nte stress e cambiamenti nel sistema, ma siamo di fronte ad 1I11I('l1to complessivo del tempo e delle risorse che, è evidente nelle 1\1'11razioni, vengono dedicate all'informazione e alla comuni1111da tantissimi punti di vista. \I lidi complessivamente siamo di fronte ad un'opportunità e non 111,1faticosa sostituzione di processi. Potenzialmente è un' onda I 111',1he può alzare un po' la barca di tutti e non soltanto creare I d!ll

"1111lisi. 11111 ,d mente questo non significa ignorare la complessità di una Il t mnsizione e di cambiamento in cui il vecchio e il nuovo con1111. nl 1.\1110 in un periodo che nel gergo degli addetti ai lavori televisiIH' li 'finito "passaggio dal prime rime al my time", in cui ognuno 1I11t-'l.iona il proprio tempo televisivo personalmente, ma al tempo •• .ippiamo bene che questa è la settimana di Santerno e che San111,II'~in un certo senso dominante tra i ventisei milioni di italiani 111I "prime rime" guardano la televisione cosiddetta analogica. Il,1 iIl sala Vincenzo Novari: si parla di snack Tv, la nuova televìsioIl va nei tivufonini e che viene riconfezionata per questa modalità 1111viva attraverso codici narrativi molto brevi, gli episodi delle fieIl,111' si chiamano "mobìscdes", appunto la snack Tv, nel senso che pu-nde un pezzetto e lo si consuma molto rapidamente. ConternIl .uncnte però sappiamo che nel consumo medio di chi guarda I visione oggi in Italia - quei 311 minuti al giorno che fanno del ,.1,111'la televisione, in competizione col lavoro, la seconda attività f Il u.iliani portano avanti - è la televisione analogica che comanda, Il.1•• vista dal 92% circa degli italiani, mentre la televisione digitale,

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LA CONCORRENZA NO

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tra satellite e digitale terrestre, è vista circa dall'80/0 degli italiani. temporaneamente siamo nell' epoca dei contenuti generati dagli ut di internet del "social nerworking". Non abbiamo fatto in tempo abituarci all'idea del web 2.0 che già negli Stati Uniti si parla di 3.0, ma contemporaneamente sappiamo che nel nostro sistema di p cole e medie imprese, come pure nelle nostre famiglie, molto spes collegamento alla rete internet viene utilizzato quasi solo per mand e-rnail e poco più. Sarebbe un errore, però, ricavare da questi num una sottovalutazione delle dinamiche innovative e della loro velo che ci sorprenderà, perché sarà molto maggiore di quella che noi aspettavamo solo qualche anno fa. I tassi di penetrazione di queste novità saranno più veloci e più di quanto noi stessi oggi non sospettiamo, ma contemporaneame abbiamo un sistema in cui non ci sono le "killer application" cancellano dall'orizzonte le altre piattaforme, le altre modalità di co sumo, le altre modalità di comunicazione. li "nuovo" e il "consolidato" convivono e convivranno compet do molto a lungo nei prossimi anni. Questa è una delle difficoltà punto di vista delle politiche industriali e della regolazione: sapere c bisogna fare i conti sia con ciò che è consolidato, maturo e addirittu saturo e sia con ciò che comincia ad affermarsi, che è il punto di vi innovativo. Con quali criteri e principi il governo si affaccia a queste questioni? governo deve accompagnare questi processi, non li deve gestire. Il c vuol dire che si deve occupare più di norme o complessivamente dell stato delle regole e meno di gestione, tanto meno di gestione pubbl ca e ancora meno di gestione pubblica per quei settori che sono sta privatizzati. Bene o male, giusto o sbagliato, l'idea di tornare a gesti pubblicamente ciò che è stato privatizzato io la considero francamen improponibile.

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CA CELLA LA NECESSITÀ DI U

SERVIZIO PUBBLICO

111.\gior tasso di concorrenza e di competizione favorisce lo sviI onomico e la crescita che in questo settore è leggermente più Il! nel complesso dell' economia. Inoltre, questo settore favorisce umarori, sia dal lato dei prezzi e sia dal lato della competizione, II lI1aggiore accessibilità dei servizi da parte loro. In una società Il.1 I ' due cose sono entrambe molto all'attenzione dei consumahc hiedono, da un lato prezzi che tendenzialmente si riducono [l'ah r anche di poter accedere a queste tecnologie in modo serndiretto evitando sia il cumulo dei "devices", sia questi nuovi p.i .he sembrano un po' dei coltellini svizzeri in cui ci sono tutte 1Il110nipossibili e immaginabili, ma una persona normale che ha I,UO i quarant'anni difficilmente si impadronisce del loro funzìo, 1110. rur.rlrnente oltre che ad essere pro-cornpetitivo e attraverso ciò , politiche che favoriscono lo sviluppo e i diritti dei consumatori, I 11110 deve guardare ad alcuni diritti fondamentali che in questo vanno tenuti d'occhio. " l'li m is c'è il diritto all'accesso ai servizi universali che in questo 111'sono molto rilevanti. Poi, soprattutto quando parliamo di auI IVI) - ma è chiaro che il confine tra Tic e audiovisivo va restrinIII i progressivamente - c'è il valore costituzionale del pluralismo. 11111(' siamo messi da questo punto di vista nel perseguimento di Il oliiettivi, nello stato dell' arte della nostra economia? I uca di massima credo che l'Italia possa contare su degli asset 1111 j 'importanti, con molti problemi in tutti gli aspetti di questo 111.1 d lla convergenza, ma credo anche con un patrimonio note111

ih uni campi siamo molto in avanti, penso ad esempio alla telefomuhile di cui siamo stati e in parte siamo tuttora quasi primatisti "ti .tli. Nel settore della telefonia mobile ci sono alcuni squarci tipo

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la televisione su tivufonini in cui siamo stati e siamo all'avan dia. Abbiamo tre operatori perché a Tre si sono aggiunti anch e Vodafone e vi devo dire che a me è capitato addirittura di far relazione in un consiglio dei ministri europeo - di quelli informa li si fanno a cena - perché l'Italia veniva ritenuta, al pari della un Paese molto avanzato in questo campo. Quindi volevano senti parere degli italiani. Ma anche su altri campi, penso alla televisione su protocollo ternet, abbiamo esperienze tutto sommato avanzate. Abbiamo an una buona "rete di rame" - mi riferisco alla rete di infrastruttur telefonia "tradizionale" - e un sistema di broadcasting televisivo sia dal lato pubblico, la Rai e la sua tradizione, sia dal lato priv con Mediaset, è certamente uno degli esempi più importanti in ropa. Quando parliamo di servizio pubblico in Europa, dopo la Bb Rai è uno di quelli più importanti e più gloriosi, e certamente qu do parliamo di televisione commerciale, Mediaset è stato un esem importantissimo.

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A questo si è aggiunto il satellite. Quindi diciamo che gli a distribuiti in questo settore sono molto forti. Tuttavia, torniamo all'inizio poiché siamo in una fase di gran trasformazione. L'interrogativo è se il sistema italiano e quindi imprese, la regolazione e le norme reggeranno a questa innovazi ne, saranno sufficientemente flessibili, veloci e capaci di adattarsi cambiamento. Qui mi dispiace abbandonare lo schema della convergenza per vorrei nella seconda parte di questo mio intervento dividere un p settore TIc e settore audiovisivo, perchè credo che per descrivere pochino gli obiettivi e quello che sta facendo il governo conven andare a questa bipartizione.

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CO CORRENZA NON CANCELLA LA NECESSITÀ DI UN SERVIZIO PUBBLICO

1'.111 iamo dal settore delle TIc. lo credo che noi abbiamo in uuuncnto due grandi obiettivi. IlIn obiettivo riguarda la diffusione della banda larga. MettiaI l, parlavo prima di diritti all'accesso a servizi universali. Noi ihiruati a considerare servizi universali tante cose: le poste, la Inlll' pubblica, la telefonia fissa etc. etc. e sono cose codificahhi.uno abituarci all'idea di considerare un servizio universale di 1111diritto di accesso per tutti i cittadini, anche l'accesso ai uuscntiti dalla banda larga. Il 1'"l1to siamo da questo punto di vista? Dipende da quale punI 1.1guardiamo la cosa, cioè qual è la dimensione del cosiddetto l,I divide", ossia della porzione di cittadinanza che non ha acdi,l rete. Direi che in termini di popolazione non è un numero Ill.lllll', parliamo dell'11-12%, ma in termini di territorio invece I ( 111lto più allarmante, perché la popolazione non collegata è 1III.IIanelle zone di territorio a minor tasso di urbanizzazione, Il l'('rse, più difficili da raggiungere e meno interessanti dal punti I 1 òI del business. Siamo leggermente più indietro della media 1(.1 ti 'i 25, tuttavia non lo siamo se consideriamo la quota degli I Ilori di Internet che hanno accesso alla banda larga: tradotto '11,l he la nostra è un'arretratezza di base, soprattutto per quanto I LI l'accesso alla rete in generale. Tra coloro i quali hanno accesso Il , l'accesso alla banda larga è persino nella fascia alta della media

l'I ,I. 11111(''i si sta lavorando? In tanti modi. Ci lavora l'Authority, ci 1 I Il governo, attraverso addirittura tre diversi ministeri che hanno '11.1ad un comitato per la diffusione della banda larga che cerca uuiplctare i buchi. E' una delle poche cose in cui il divario non è In nord-sud, perché ci sono regioni del nord come il Piemonte con dlgilal divide" fortissimo e ci sono regioni del sud come la Puglia

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con una copertura molto vasta. Questo problema ha a che fare pi con la conformazione del territorio, con i tassi di densità della p lazione o con la storia e la politica economica degli ultimi anni. contributo a questa copertura, a questo diritto all'accesso, potrà v nei prossimi mesi anche dall' assegnazione di licenze del Wimax, vero dei servizi wireless, senza fili, di accesso via radio e credo che una cosa molto interessante ed importante. Come sapete un accordo tra il ministero della Difesa e il minist delle Comunicazioni ha consentito di sbloccare questa situazione la cessione di alcune frequenze un tempo militari. LAuthority sta eludendo, o credo abbia appena concluso, una consultazione pubbl sulle modalità di gara per assegnare queste frequenze e lo faremo cr nei prossimi mesi. Certamente l'accesso via radio è uno dei temi del futuro. Laltro gi no mi è capitato di incontrare il Ministro delle Comunicazioni co ano e a sentire loro tutto l'accesso alla banda larga in futuro sarà radio. lo sono più convinto di un sistema misto in cui certament rete fissa sarà ancora importantissima. Secondo grande obiettivo in questo settore è proprio quello d implementazione, della modernizzazione e del miglioramento d rete. In gergo tecnico parliamo di quelle che vengono definite le reti prossima generazione. In pratica si tratta di inserire fibra ottica n nostre reti attuali, con la particolarità della nostra rete italiana c non essendoci il cavo, è di rame. Costa molto questa iniezione di fibra ottica? Almeno stando agli o ratori, stiamo parlando di costi di 700/900 euro a persona per i col gamenti a larghissima banda previsti in queste reti di prossima gene zione. Il tema regolamentare da discutere, su cui l'Autorithy è al lavoro governo si interroga, è in che modo garantire la possibilità che lo svilu

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1.11 CONCORRENZA NON CANCELLA LA NECESSITÀ DI UN SERVIZIO PUBBLICO

reti di prossima generazione avvenga attraverso la capacità udustrie del settore di investire e attraverso un quadro di sistema 1,lIIti ca a queste imprese una remunerazione dell'investimento. t c I un po' il nodo su cui si stanno interrogando tutti i paesi eui sono soluzioni di vario tipo: una soluzione estrema è quella che (Tuita in Germania, rispetto alla quale oggi è partita la prevista 1111,1 di infrazione dell'Unione Europea. In Germania, in sostanza, I p.••.t· approvata definitivamente dallo stato dieci giorni fa, stabilisce I I Ii di nuova generazione sono un mercato emergente nuovo e, deIc Ilt' osi, crea una serie di sospensioni della libertà dell' equivalenza c l, da parte dei concorrenti a questa rete. In soldoni, consente alla t I" Telekom un discorso di investimento sulla rete in cambio di ,1011 ' degli accessi. Il .rhro modello è quello in corso in Gran Bretagna, dove è stato ipotizunsistema in cui la parte della rete d'accesso è stata isolata da British CIIII. i è creata una divisione a parte che si chiama Open reach, che 111 bl 'ma di governance gestito dall'Autorità inglese con l'obiettivo di 111 ti l' he quel pezw della rete abbia una gestione trasparente, separata l, IO, in modo tale che gli operatori concorrenti abbiano una equivaI di a cesso alla rete rispetto alla stessa British Telecom. I qll • ti due casi possono e devono esserci diverse discussioni. Il tavolo I p,o/iato che si è aperto all'Authority è uno dei temi fondamentali dei 111 i anni. I unalmente sono convinto che la chiave di soluzione del problema Il Il Vt stimento e dell' ammodernamento dell' infrastruttura della rete di I uruunicazioni sia fondamentale e che non possa essere surrogata da I venti di natura pubblica. Credo sia un'illusione e nient' altro, I'ìpotesi , I tli all'esigenza di garantire questi investimenti si possa sopperire con li (orso che fa tornare pubblica la Telecom o una parte di essa. ICI t' ~ il settore dell' audiovisivo. Qui credo che certamente andiaIIII'ste

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mo verso un mondo televisivo con diverse piattaforme e come si con centinaia di canali. Gli americani dicono "anytime anywh anyplace", cioè la televisione ti arriva dappertutto, i "sistemi m che sono quelli che misurano gli ascolti, tendono a migrare dagli parecchi televisivi alle persone fisiche. Quindi esistono i "personal ter" che sono degli aggeggi che campioni umani portano in tas che misurano, ne parlo volurarnenre semplificandolo, la quantit televisione che arriva a quel signore non solo attraverso il televisor casa dove c'è il "meter" tipico dell' audi tel, ma attraverso il televi di casa, il computer, il vidiwall all'aeroporto, il computer d'ufficio etc .. In questa evoluzione, tuttavia, né la televisione generalista, né il vizio pubblico televisivo sono destinati a scomparire. In questo testo il modello "televisione digitale terrestre" è il modello che p dare una risposta all' esigenza di una televisione generalista ''free'', gratuita. Quindi il fatto che tutta Europa lavora per questa transizi al digitale terrestre, dando come orizzonte il 2012, costituisce l'i che questa particolare tecnologia sia oggi la risposta a quell' esigenz quella della televisione generalista gratuita. Può il modello delle società europee rinunciare alla televisione ge ralista gratuita e, aggiungo io, anche in quest'ambito al servizio p blico? lo penso di no. Penso che la qualità, persino del funzionamento d nostre democrazie, sia in parte legata al fatto che, anche se la ipers mentazione dei modelli televisivi andrà avanti con centinaia di can specializzati, ci debba essere anche un modello televisivo, che è appu to quello generalista "free", che consenta ad una cittadinanza di deci di milioni di persone di condividere contemporaneamente la fruizio di alcuni eventi, spettacoli, prodotti culturali ed anche di discuterne famiglia o in pubblico.

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I dI gli elementi forti delle democrazie europee del dopoguerra è IIHh, il fatto che platee televisive vedevano contemporaneamen() IO milioni di persone, lo stesso prodotto culturale. nstituito questo da un contesto in cui c'è la televisione dei 1111 i, la televisione dei gourmet, la televisione degli islamici, la I ìunc dei cattolici etc. etc. ? do questo certamente come una tendenza che è in atto, ma non 1111;\ tendenza che possa cancellare quel modello di tv generalista 111.1. III1.dmente in Italia la penetrazione della televisione digitale ter1t.1degli elementi di arretratezza rispetto agli altri paesi in parte gltll) i storiche, non c'è il cavo, e per ragioni a mio avviso di scelte Il 1\1i ultimi anni, in cui sono state privilegiate alcune strade come Il Il ihuzione gratuita o sernigratuira di decoder. Più per rendere 1I11I1e' il raggiungimento di alcuni traguardi temporali e, in sostan!te 1.1televisione analogica si sarebbe spenta due mesi fa, cioè il 31 111111 . del 2006, che non per far penetrare effettivamente questo I/Ie I. ggi noi nella fruizione vera di televisione digitale, terrestre I 111le olare, siamo più indietro di tutti gli altri paesi europei. . Il « \. 1111 terzo problema: il problema delle frequenze. In Europa SI " di I dividendo digitale, cioè del premio di liberazione di frequenhe 1.1digitalizzazione consente. In Italia questo dividendo digitale , I tI~1 ruirlo passo dopo passo nel corso del processo, perché altri1111ti processo di digitalizzazione della televisione sarà ristretto solo I l'. ha una concessione, a chi già fa 1'editore televisivo. Il lidi direi digitale terrestre come orizzonte, passando da una li111prediligeva soltanto la distribuzione di decoder ad una linea 1'lIlIlozione dei programmi innovativi, che rendano giustificabile 1IIIIIIol1e del digitale terrestre. lo dico sempre che le famiglie ita\I 11/111 guardano i decoder, guardano eventualmente un servizio

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TILONI

televisivo aggiuntivo, esclusivo e importante che possa arrivare al digitale terrestre. Contemporaneamente nell'ambito di questa sizione abbiamo bisogno della rimozione di quei blocchi, di quei di bottiglia che il sistema italiano ha ereditato in questi anni. Noi abbiamo due colli di bottiglia particolari rispetto al resto d sterni televisivi. Il primo è la grandissima concentrazione di pubbl nelle mani di soltanto pochi editori. La televisione italiana ha più blicità che tutto il resto delle televisioni e nell' ambito della pubbli televisiva questa è la più concentrata del mondo. Il secondo coll bottiglia è dato dalle frequenze che andranno ridistribuire nel pro di transizione. Ultime due osservazioni. Primo: attenzione! Perché quando pa mo di mercato televisivo e di promozione della concorrenza nel tore audiovisivo, dobbiamo sempre ricordarci che in questo settor concorrenza e l'apertura del mercato va di pari passo con il valor pluralismo. Non lo dico io, è l'acquisizione che negli ultimi quin anni accompagna la nostra giurisprudenza costituzionale che il sidente Ciampi ha condensato anche in un suo messaggio alle ca re nel 2002, che addirittura ha portato a coniare un termine nu parlando di "pluralismo esterno" come di un pluralismo legato ad alto numero di editori. Pluralismo non solo dentro ciascun edit televisivo, dentro ciascuna rete, ma pluralismo nel sistema, legato fatto che ci sono più editori in concorrenza tra loro. Quindi quan parliamo di sistemi televisivi ricordiamoci che più mercato e qui più competizione, significa anche più pluralismo. In un Paese com nostro questo, ovviamente, è molto importante. Seconda ed ultima considerazione: in questo panorama, il ru della televisione pubblica è molto importante. E' vero che si diba molto se questa evoluzione che porta ad una televisione con centin di canali e 4 o 5 diverse piattaforme, lasci ancora spazio alla televisi

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CONCORRENZA NON CANCELLA LA NECESSITÀ DI UN SERVIZIO P 'BBUCO

I Illi a, al servizio pubblico. lo direi, collegando mi a quello che I prima anche sulla offerta generalista "free" e sulla capacità dei pubblici, che nell' ambito di un' offerta generalista, bisognerebI il buon esempio andando verso una televisione di migliore ( anche andando su scenari che la televisione commerciale è

f

,11.1 molto meno a fare. Il c onvinto che in questa televisione del futuro ci sia, ecco me, Il xione e un compito per la televisione pubblica, ma certamente IIlgl're questa missione e questo compito la televisione pubblica

,1111 biare. IIVI'mo ha avviato una discussione su delle linee guida per una I l,I della Rai. Tenete conto che l'ultima riforma è del 1975 e tra I ,IVVnne un anno prima della fine del monopolio televisivo: la 111,1 he pone fine al monopolio è del 1976. Quella riforma del IlV,.lIIi:LZÒ la Rai attraverso tre reti, ritagliandola sul sistema poli.Il .rllora. In questi 32 anni è cambiato tutto. Tentativi di riform~ I l.lÌ ne sono stati fatti negli ultimi anni, ma sono sempre stati "donati. E' il caso del disegno di legge del governo dell'Ulivo del l'H he non fu mai approvato. Sono stati fatti solo dei microinliti: uno nel 1993 e uno appunto nel 2004 sui sistemi di elezione

IIl1siglio di amministrazione della Rai. . .. , Il invece che sia il tempo, e mi auguro che la ripresa di stabilità uverno lo consenta, per una riforma di più ampio respiro che I il problema, lo dico come uno slogan, di maggiore autonomia \I politica e di maggiore diversità della televisione pubblica dalla Il,1 ornmerciale. Se pensate, infatti, a quella televisione del futuro, ruque piattaforme e centinaia o migliaia di canali, la riconos~idella televisione per la quale si paga il canone per la tv pubblica Il,1 ionquista, non è un dato di fatto. Lamministratore .della ~b~ PI'S'Oche il problema che i canali pubblici avranno nel prOSSimi Il

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PAOLO GENTILO

l

anni ~a:~ i,nnanzirutto, pensate un po', quello della "Iindabìlìry", cl rep~nbI~1ta. ~ove li trovi i canali pubblici dentro questo sistema? ca~Ire di ch: SIpar1~, basta che voi guardiate i dati Auditel delle gra ren generalìsre, Rai 1 e Canale 5, divisi a seconda delle modalit fruizione. Tra i nostri concittadini che guardano la televisione in a logico, .~ai 1 ha un ascolto di un certo livello; tra coloro che guard la televisione attraverso il satellite Rai 1 ha un ascolto molto più ba banalmente perchè chi ha un telecomando satellitare ha un' offerta 100, ~Oo, 300, 400 canali e l'offerta si distribuisce. Questa realtà s da qUI a. 15 anni, la realtà del grande pubblico, anche di quel 9 ~he o~g~ SI concentra invece nelle sei reti generaliste. Per questa rea! Il servizio pubblico si dovrà attrezzare, perché se dovesse prosegui la tendenza della tv pubblica a inseguire i modelli commerciali il rischio che in questa televisione del futuro qualcuno si interro sull'utilità di una televisione pubblica. Credo che questo una soci come la nostra non se lo deve permettere.

hll il vantaggio di poter fare per primo una domanda e allora chienon è facilissimo, di spiegare a chi non è addetto al settore, la I I iparrizione delle competenze tra il Ministero e l'Autorità presied,d Presidente Calabrò, considerato che ci sono anche competenull'cditoria in capo alla Presidenza del Consiglio. Vorrei conoscere l' 111 i olare la tua valutazione sul punto relativo al ruolo di Palazzo

I l'I. una domanda del Presidente Giuseppe Faberi, Presidente di l''"l' del Consiglio di Stato ed una del Professor Gianpiero GamaleIl! t' tato Consigliere di Amministrazione della Rai. .1

l?,

Cesare San Mauro Ri~?~azio il Ministro e desideravo ringraziare per la loro presenza OSpIt1mternazionali che sono qui in rappresentanza delle ambascia di Argentina, Irlanda, Germania, Albania, Francia. Vorrei ringraziare particolarmente anche tre ospiti italiani che ci han ~o fatto l'onore di essere con noi stasera, forse per la prima volta, e cio Il professor Enzo Cheli che, come sapete, è stato Presidente dell'Au torità garante delle comunicazioni prima del Presidente Calabrò Presidente Enrico Manca che è stato presidente della Rai e che adess gestisce l'Isimm, che è un istituto che ha grande attenzione ai te delle c~m~nicazioni, e l'assessore Vincenzo Vita che, è un'opinion tut~a mI~,. e stato tra quelli che hanno scritto le pagine più interessant sull analisi del fenomeno della radio e delle televisioni.

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l '\

'12peFaberi mia è una domanda abbastanza semplice. Se possibile volevo sali' dall'amico Ministro qual è il suo personale pensiero in questo 1",lIlm futuri bile, ma abbastanza immediato, che abbiamo visto circa I m.mtenimento di una imposta o tassa sulla televisione pubblica "IIIl' il canone, ammesso che così lo si possa definire. 1

I

• .10

entiloni

Il uramente il Professar Cheli potrebbe farei un'analisi delle ragioni 1111

iene che hanno portato a concentrare

le competenze

sull' editoria

lull.l Presidenza del Consiglio. 111non sono uno storico di questi eventi, ma immagino che tutto Il,1 c,. dalla circostanza che le sovvenzioni all'editoria sono gestite dall. l'r .sidenza del Consiglio da molti decenni. Credo che questo sia di'origine del provvedimento. , Aggiungo solo due cose. Primo, che non mi dispiace che le sovvenI lini all'editoria non siano di competenza del Ministero delle CornuIl l azioni perché sono un "sacco di rogne" e ne abbiamo già abbastanl,I. Secondo, mi risulta che c'è un progetto, di cui anche il Professar

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PAOLO GENTILONI

LA

FONDAZIONE ROMA EUROP

Cheli è stato tra i protagonisti, per cercare almeno di riorganizzar specifica normativa sull'editoria, anche quella molto complessa. P in fondo, Cesare San Mauro ha ragione, non ha molto senso que distinzione. Il finanziamento pubblico della televisione pubblica a mio parer inevitabile, se mai il tema da discutere e sul quale vertono anche le n stre ipotesi di riforma della Rai, è se questo servizio pubblico o il servi pubblico di questo o di quel paese meriti fino in fondo un finanziam to pubblico. Lltalia da questo punto di vista ha un modello ibrido molto partic lare. Noi siamo tra i diversi servizi pubblici europei quello in cui il co tributo di finanziamento, non da canone, è più alto. Tradotto in prati significa che mentre in alcuni servizi pubblici la pubblicità è assente, esempio nelle reti generaliste di quello inglese, in altre, come la tele sione tedesca o quella francese, è molto marginale e ridotto. Noi abbi rno, tradizionalmente, almeno il 50 % di finanziamento della televisio pubblica che proviene dalla pubblicità. lo francamente sono perplesso su questo aspetto del sistema e se aves una bacchetta magica preferirei - e penso che la linea della riforma de ba andare in quella direzione - un sistema di finanziamento della televi sione pubblica, anche in Italia, gradualmente sempre meno dipendent dalla pubblicità. Lo dico perché temo che sia un po' velleitario ipotiz una televisione pubblica che si differenzia dai modelli commerciali, se tanto determinante la pubblicità tra le sue fonti di finanziamento. Si parla molto di qualità nel servizio pubblico, ma chi conosce da vi cino la Rai sa che poi alla fine il tema ascolti non è importante nella mi sura in cui è giusto che lo sia, come ad esempio avviene per la Bbc che finanziata nelle reti generaliste soltanto dal pubblico, ma rischia di esser troppo determinante, finendo per essere usato come unico parametro giudizio su come mettere insieme il palinsesto.

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CONCORRENZA NON CANCELLA LA NECESSITÀ DI UN SERVIZIO PUBBLICO

lo /;\ccio spesso un esempio per capirci: c'è un programma di Rai 3 che I va per la maggiore ed è quel programma di Fabio Fazio che si chia., he tempo che fà', che all'inizio ha fatto fatica a sopravvivere. Sol/110 la cocciutaggine del direttore di Rai 3 gli ha permesso di proseguire uudo faceva ascolti abbastanza bassi, un paio di punti sotto la media Il.1 rete. Oggi ha più che raddoppiato gli ascolti. Quanti programmi h inizialmente facevano poca audience sono stati cancellati? !o.t io un altro esempio: per i dirigenti Rai gli "Mbo" sono collegati \ .iumenti degli ascolti, quindi il signor X capo struttura o direttore di Il se alla fine del semestre porta a casa un aumento degli ascolti della uipria rete, ha un premio di produzione proporzionale all'aumento

I

dati.

l'I'n o che gli ascolti siano una componente ineliminabile del valore /Il Il . di un servizio pubblico, ma non possono essere la componente .Iusiva o dominante.

Temo che se il finanziamento

dipende troppo

1,11.1 pubblicità, l'audience sarà sempre dominante. lseppe Gamaleri 110 molto apprezzato la relazione per la sua onestà intellettuale che Il do cutti abbiamo avvertito, nel riconoscimento di tutte le componenIl di,I istema televisivo e anche degli altri settori. Mi pare di aver capito che il Ministro Gentiloni lancia uno sguardo 111111 solo di 3, 4, 5 ma anche a l O, 20 anni e dentro questo sguardo, se 11111 ho equivocato, mi ha molto colpito l'ipotesi di un servizio pubblico \11 potrà avere anche l O, 15 canali, ovviamente, attraverso piattafor111 •

( uindi c'è una tendenza di tutti i soggetti a crescere e c'è una esigenza Il Lire in modo che non siano solo due a crescere, ma che lo facciano ruul.

Ma come si regolamenta questa crescita di modo da rispettare le di-

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PAOLO CE

TILONI

FONDAZIO

LA

E ROMA EUROI'

namiche industriali dei soggetti già presenti e anche di quelli nuovi

111

.1

Paolo Gentiloni Diciamo che per quindici anni la risposta che il sistema italiano immaginato alla domanda del professor Gamaleri si chiamava '] Polo, qualcuno la chiamò Telesogno, cioè in sostanza l'idea che por nascere oltre ai due editori storici Mediaset e Rai un altro editore i portante con una concessione analogica, una dorsale di rete in tute paese e la possibilità di crescere. Questo non è stato possibile. Poi, qui ci si dividerebbe politicame tra chi dice che non è stato possibile perché è mancata la competen per fado, e chi dice che non è stato possibile perché il nostro siste non è mai intervenuto a moderare alcune posizioni dominanti. Il punto è che, quale che sia la risposta che noi diamo per il passa oggi siamo in una fase di transizione in cui il governo ed il Parlamen si debbono porre 1'obiettivo di una maggiore apertura e liberalizzazi ne del mercato. Con il Dd! che abbiamo presentato il tema è postO un modo più complesso che non con il tradizionale Terzo Polo, perch come dicevo all'inizio, siamo in una fase di transizione dall'analogi al digitale e il problema è di liberare risorse economiche e risorse tecn che frequenziali che consentano ad altri editori di entrare. Come entreranno altri in questo mercato? Non è detto che ci ent no verticalmente integrati, cioè con un signore che fa il produttore contenuti, il broadcaster ed il proprietario della rete. Qualcuno può entrare facendo soltanto, per esempio, il produtto di contenuti. Alla De Agostani, ad esempio, teorizzano che in que fase di transizione dall'analogico al digitale il problema è di produr programmi. Hanno comprato la Magnolia e ora si specializzano a f: contenuti. Discorsi simili li sentiamo anche dagli editori della carta stampar

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CONCORRE

ZA NO

CANCELLA LA NECESSITÀ DI UN SERVIZIO PUBBLICO

sere una strada, può essere anche un approccio prudente in atli vedere se alcune misure di liberalizzazione che sono in atto si

ìluppano o meno. ( lt!indi, e concludo, la via tradizionale alla soluzione di questo proI 11"1 che è stata tanto evocata e molto poco praticata in questi anni, 111 il Terzo Polo, oggi fa i conti con una transizione e una tv del 11\11"0 che la rende meno praticabile. La strada della liberalizzazione, e tecniche per ,oi è una strada che liberalizza le risorse economiche ,' tlll~ 'mire non un Terzo Polo ma un certo numero di attori in questo I u-rna: più grandi, più piccoli, ma certamente più numerosi che non

1III'IIi torici dei due grandi editori. ( .razie a tutti.

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AsSICURIAMO

LA VIGIIANZA

Roma, Caffè Greco, 26 marzo 2007 di Giancarlo Giannini

San Mauro uonasera e benvenuti. Desidero ringraziare per la loro presenza gli ospiti internazionali che sono qui in rappresentanza delle ambasciate di Francia, Austria e Cina. l'anno scorso abbiamo avuto l'opportunità di avere quasi tutti presidenti delle Autorità indipendenti. Abbiamo incontrato Anto1.1 Catricalà, Corrado Calabrò, Alessandro Ortis, Francesco Pizzetti . •111 avano all'appello due presidenti di Autorità. )110 lo abbiamo questa sera e lo ringrazio, è Giancarlo Giannini, PredI'me dell'Isvap, l'Istituto di vigilanza sulle assicurazioni private. 111 ' spena dire due parole su di lui, in modo particolare, ricordare II Il:1. laurea, brillantissima, a 22 anni e che è entrato in Assitalia nel Il (14 dove ha ricoperto il ruolo di direttore generale. E' poi divenuto nuninistratore delegato dell'Ina dal 1993 e dell'Assitalia dal 1994, 'litI) al giugno 1999. E' stato consigliere di amministrazione di un I Ilc' .lenco di società ed enti che ometto per motivi di economia della • 1.11 a, ma tutti di grandissimo prestigio. Segnalo l'attività di docenza 1111 v .rsiraria presso la Luiss e La Sapienza di Roma. I lordo che il Capo dello Stato lo ha insignito del titolo di Cavaliere IIII lavoro nel 1999 e recentemente, nel 2005, di Cavaliere di gran l'Il'' dell'ordine al merito della Repubblica. l'C

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AsSI C RlAMO LA VIGlLAl ZA GIANCARLO GIANNINT

FONDAZIOI E ROMA EURO

Giancarlo Giannini Buonasera a tutti, ringrazio il professar San Mauro che ha avut cortesia di invitarmi. Come avete sentito sono oltre 40 anni che chi vi parla ha a che fI con il mondo assicurativo, sia come operatore di questo mercato, d gavetta fino ai vertici, e poi da cinque anni come Presidente dell'Au rità di controllo delle assicurazioni private. Questa sera io vorrei, in pillole, dare un flash del mercato assicurati italiano, dell'attività e delle regole che lo presiedono. Quindi dell'a vità dell'Isvap. Cominciamo a parlare del mercato assicurativo, perché prima d I regole è bene parlare del soggetto a cui le regole si applicano. Siam in presenza di un settore molto complesso che è basato sulle leggi d grandi numeri. A mio avviso si tratta - e dico a mio avviso perché qualche discussione in merito - di un'attività imprenditoriale che no è un'attività meramente finanziaria, anche se ovviamente la finan è un supporto indispensabile per esplicare l'attività assicurativa ch com'è noto, è l'unica attività a ciclo economico-finanziario invertir Si incassano prima i premi e poi si pagano i sinistri, con un procedi mento che può essere molto lungo. Quindi, anche in vista della tutela in senso ampio del risparmio, c'è I necessità di un'autorità deputata ad emanare le regole, a controllarn l'applicazione ed eventualmente, in caso di violazioni, ad applicare I relative sanzioni. Se poi aggiungiamo che a questa autorità spetta an che il compito di autorizzare tutti i soggetti che possono essere abilitat ad operare nel campo assicurativo, vedete che abbiamo molto sinteri camente e brevemente delineato i compiti del supervisor. E' un settore economico complesso, ma ci tengo a dire che è anch un settore estremamente importante nel panorama socio-economico del Paese dal punto di vista dimensionale. Se guardiamo al 2005 e al

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UO(" che pure non è stato un anno particolarmente brillante in te~liti di sviluppo per il mercato assicurativo italiano, si sono incassatr, I IO tale dei due anni, circa 110 miliardi di euro, che rappresentano

I ',7%

I

del PU del nostro Paese. .t questo settore è anche molto importante - e qui volevo richiamare vostra attenzione - per la funzione di investitore istituzionale che

IIlg' il mercato assicurativo. Pensate che nel 20?5 - i ~~ti del 20?~ ancora in fase di acquisizione da parte dell Autorità, che podi I.tllnra per poter presentare al Parlamento la relazione annuale su~l'at~ Il 111'1 assicurativa - sono stati investiti 460 miliardi di euro, di CUi IIl.t 430 a copertura delle riserve tecniche, ovvero degli impegni nei 11110

unfronri di assicurati e danneggiati. I'

mondo anche solido che, al momento, ci fa stare tranquilli. Ha 1111 buon indice di solvibilità, che è un parametro specifico del mercato t i .urativo e che si sostanzia in una richiesta supplementare di mezzi 1'.11rimoniali che il legislatore prevede, proprio per il settore assicuraII Il, in considerazione della aleatorietà dell' attività svolta. Un' attività ,111' ha un margine di rischio superiore alle altre attività imprenditoii.tli. Questo indice di solvibilità è determinato dalla legge. E' in fase ,I -voluzione a livello europeo, ma al momento quello presente nel uu-r aro assicurativo italiano è pari a circa tre volte di quello previsto d.dla legge nel ramo danni e a oltre due volte di quello previsto nel 1.11\\ vita. Oltretutto il mercato assicurativo italiano sta vivendo un IIn

l i lo positivo e devo dire - son~ tanti anni ~h~ se~uo e o~er~ in ~~e~t,o mrr ato - che non si ritrovano m passato CiClIcosi lunghi di pOSltlVlta, 1)1\ proiezioni ancora positive. Al momento, ci sono tutti i presuppoti, dal punto di vista tecnico, perché questo ciclo positivo prosegua. l\\Somma, è un mercato che nel 2005 ha portato un utile agli investitori di circa 5,7 miliardi di euro. Pl'raltro, è un mondo che non è statico, non è più la foresta pietrificata,

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GIANCARLO GlANNINI

AssICURIAMO

FONDAZIONE ROMA EURO

c'è un accelerato processo di rivisitazione degli assetti parreciparivì governance. Pensate che in quattro anni, dal 2003 al 2006, l'Autor ha istituito ben 118 procedimenti relativi ad autorizzazioni all' eserci di attività assicurativa, fusioni, scissioni, trasferimento di portafogli passaggi di pacchetti azionari di controllo.

LA VIGIlANZA

luna al quarto posto e ha avuto un grosso sviluppo, soprattutto

nella dei settori più propriamente assicurativi, ma co.n.caratteI Ii he finanziarie e dei prodotti di capitalizzazione, venduti m modo ,.11 ricolare dagli sportelli bancari. A questo proposito, se~ondo me, i~ mondo assicurativo e il mondo bancario sono, ancora OggI, due setton

I Induzione

Pensate a tutti i principali gruppi assicurativi italiani: dall' aggregazio tra Fondiaria e Sai, alla riorganizzazione più recente del gruppo Alli Ras, al processo di espansione del gruppo Unipol, alla riorganizzazio del gruppo San Paolo Imi, fino alle operazioni assicurative consegue all'integrazione fra San Paolo Imi e Banca Intesa, nonché alla recenti ma riorganizzazione del gruppo delle Generali.

I IO fondamento divisi, .nei .quali la mo~la dist~~butiva è .~: maggiore plnta alle intese partecipatrve, ma non e tutto r.o~ee fio~l . . . urrei ora toccare il tasto dolente del livello di ìnsoddìsfazìone del nusumatori nei confronti degli assicuratori, che sembra essere veraniente alto, con le maggiori critiche che si concentrano sugli elevati livelli tariffari, in particolare delle Rc auto e sul servizio prestato alla

In questo contesto analizziamo quali prospettive ha questo mercato. P sonalmente non esito a definire il mercato assicurativo italiano tra qu più appetibili d'Europa, perché in aggiunta a questa base di solidità, se confrontiamo a livello europeo, ci troviamo a verificare che, ad esempi nel ramo danni l'Italia è al sesto posto, dopo Gran Bretagna, Germani Francia, Paesi Bassi e Spagna, come classifica nei premi prodotti. Segnalo, inoltre, un'apparente contraddizione per la quale invece, sern pre in Europa, siamo al secondo posto per quanto riguarda lo svilupp dei premi Rc auto. Questo significa che laddove la garanzia è obbliga toria, c'è un afflusso di clientela evidentemente obbligata e quindi b maggiore, ma al tempo stesso anche che le tariffe di questo settore itali no sono particolarmente elevate rispetto al livello europeo. Voi sapete che la Rc auto è un po' la croce e delizia degli assicuratori Abbiamo avuto anni di "bagni di sangue" con lé tariffe amministrar ma questo è ormai un ricordo abbastanza lontano. La liberalizzazion del settore Rc auto risale al 1994. Ci sono voluti anni per riportare u po' di "fieno in cascina' e oggi anche l'Re auto dà dei risultati apprezza bili e degli utili.

I1I .nrela. I )a questo punto di vista - e cominciamo a parlare anche dell'Auto~i~à I Il . presiedo - numerosi ed incisivi sono stati gli interventi effettuati m

Nel ramo vita l'Italia, sempre proseguendo

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il discorso europeo, si posi-

ti ultimi anni, sia sul piano del miglioramento gestionaIe da parte dl'lle imprese, sia per porre in essere quelle condizioni che sono volte a l ardinare quell'atteggiamento di scarsa propensione al cambiamento, I he, a mio avviso, caratterizza il mercato assicurativo. 'ono stati fatti dei passi importanti verso un processo di ammoderna111 .nto del settore, altri se ne stanno facendo e altri ancora se ne dovr. nno fare. Ciò favorirà anche il processo di sviluppo. Poiché, a seguiqll

di questo processo di ammodernamento e di maggiori i~:est.imen~i \I .\ settore della liquidazione dei sinistri, i prezzi e le condizioni pratII arc dalle coperture dovranno calare, conservando peraltro il livello di l',iu ta retribuzione di coloro che investono nel settore assicurativo. N ·1 settore della organizzazione delle imprese abbiamo dettato regole m lto precise sulla governance e sul livello di responsabilità dei consiIO

gli di amministrazione, ( ual è stata la conseguenza di questi provvedimenti? Essi hanno avuto sul mercato un impatto pesante per chi si è dovuto adeguare a norme

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AssICURIAMO

LA VIGILANZA

FONDAZIONE ROMA EUROI'I<:

GIANCARLO GiAJ'JNINI

più severe, dovendo anche effettuare investimenti notevoli. Questo è tradotto, a volte, in un processo di reazione e anche di ostilità, l alcuni casi aperta, nei confronti dell'Autorità. L'esempio più eclatante lo abbiamo avuto ancora, in questi giorn perché l'Autorità ha emanato, sulla base di una direttiva europea, u regolamento severo che disciplina, finalmente in modo serio, tutt il processo di intermediazione assicurativa. Vale a dire il processo d tutti coloro che operano con noi, che ci propongono le polizze, i qual devono avere certi requisiti, devono fare formazione ed essere tut identificati. Contrariamente a prima quando, aldilà dei soggetti iscrit ti agli albi, operava una massa indistinta di persone, non si sa bene quale titolo, che proponeva e vendeva polizze e delle cui azioni non rispondeva nessuno. Oggi tutti i soggetti devono essere iscritti al Registro unico degli Intermediari. Al momento sono iscritti oltre 100.000 soggetti e prevediamo di arrivare ad oltre 250.000. A fronte di tutto ciò, giorno per giorno, come si attua la nostra vigilanza? Naturalmente non entro nei particolari, però posso dirvi che i articola in vigilanza documentale e vigilanza ispettiva. La prima esamina tutte le relazioni semestrali: i bilanci, le riserve, l'adeguatezza delle riserve matematiche e tecniche delle varie compagnie e l'idoneità degli asset che sono a sostegno di queste riserve, circa le quali la normativa italiana nel settore assicurativo è tra le più sever d'Europa. Poi vengono controllati, sempre docurnenralmente, tutti i prodotti vita. Pensate che un prodotto vita può avere una efficacia di oltre 40 anni su questi prodotti esistono relazioni che vengono controllate da noi. Quest' attività di vigilanza, nel 2005, ha portato a bloccare, o a inibire, la prosecuzione della commercializzazione di ben 67 prodotti vita. Poi abbiamo un servizio reclami a tutela diretta dell'utente. Ci arriva-

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oltre 25.000 reclami l'anno, molti concentrati sul settore danni, in p.lrticolare sulla Re auto, e sui processi di liquidazione dei sinistri. Anqui abbiamo emanato disposizioni molto severe. E' stato istituito l'I' sso le imprese un registro dove, obbligatoriamente, devono essere riportati tutti i reclami e sul quale l'azienda deve fare una relazione al ( ,oI1siglio d'amministrazione, affinché il massimo livello della compa1'.11 ia sappia cosa succede effettivamente e cosa non va. Queste relazioni .tI onsiglio portano poi a provvedimenti che noi analizziamo e veri-

!IO

l'' .

l! .hiamo trimestralmente. ( "è poi una vigilanza ispettiva, a supporto della vigilanza documenulc. Abbiamo circa 2.500 "giornate uomo" effettuate nella vigilanla ispettiva nei confronti dei soggetti vigilati, che generano sanzioni quando non si riscontra la puntualità dell' osservanza delle regole. N i non abbiamo la possibilità di emanare sanzioni abnormi. Però c'è una molteplicità di sanzioni particolarmente diffuse che ci permette di tenere "sul chi vive" i soggetti vigilati. Un fatto su cui voglio richiamare la vostra attenzione è che l'Autorità non chiede solo al mercato di cambiare. Noi stessi abbiamo attuato un profondo processo di ri~Lrutturazione e rinnovamento. Stiamo portando in porto un progetto, avviato nel 2003, per l'attuazione di una vigilanza che è nata, come ipotesi, dal confronto internazionale fra le best-practices di tutto il mondo, non solo europee. Una vigilanza che non è più tanto basata sull'esame dei dati passati (bilanci, etc. etc.), ma che è effettuata soprattutto in chiave prospettica e in funzione di specifici profili di rischio di ciascun gruppo assicurativo. Per fare un esempio, è chiaro che un'impresa che venda in prevalenza prodotti infortuni, ha profili di rischio meno importanti di un'impresa specializzata nel settore credito-cauzioni.

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GIANCARLO

GlANNINI

FONDAZIONE ROMA EUROI'J(

Cesare San Mauro

GIUSTIZIA E POLITICA NELL'ITALIA DEL

Ringrazio davvero il Presidente Giannini, perché confesso che pur par lando a me e a tante persone che non hanno dimestichezza con il tem assicurativo, è riuscito a renderei curiosi e partecipi di uno spaccar straordinariamente interessante e attuale.

2007

Roma, Caffè Greco, 23 aprile 2007

di Clemente Mastel/a csare San Mauro uonasera e benvenuti. Stasera abbiamo 1'onore ed il piacere di avere con noi il Ministro Clemente Mastella, al quale cedo la parola, non prima di aver ricordato tre "flash" su di lui: si è brill.mternente laureato in lettere e filosofia, è un giornalista professionista ed è un cavallo di razza della politica. Clemente Mastella Buonasera, ringrazio Roma Europea e in particolare Cesare San Mauro Il 'r avermi invitato. Sono onorato per lo spessore di tantissime autorcvoli persone che garbatamente, alcuni credo forse amichevolmente, sono qua stasera.. Sul piano politico più generale, si sta aprendo una fase cornpletamenI . nuova. Questa è la mia opinione. Una fase di destrutturazione e l'i trutturazione della vicenda politica italiana. Vi accennerò la mia idea sulla ho già scritto qualcosa che uscirà sul Corriere della Sera di domani. ( uando il leader della Margherita fa motivo di orgoglio del fatto che in Francia il risultato che gli appare clamoroso è quello del 9% di Bayrou, dicendo che finalmente è nato il centro, siamo nel paradosso: ~i abdica in Italia e si è soddisfatti di quello che succede in Francia. A mio parere, in Italia, l'esperienza del Partito Democratico nasce dal fallimento di quell'iniziativa che portò alla Margherita che aveva rappresentato, o poteva rappresentare, un importante riferimento nel quadro politico del nostro Paese. La Margherita era nata con un'idea:

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CLEMENTE MASTELLA

GIU TIZIA E POLITICA NELL'ITALIA DEL

FONDAZIONE ROMA EUROPF

quella di tentare di confrontarsi ed essere da orientamento in quell stessa area, sulla quale oggi si sviluppa ed è riferimento Forza Italia. Questi erano i presupposti, perché il bari centro della politica si muo veva in quella direzione. Questo non avvenne e, dopo pochissim tempo, si scelse la scorciatoia inaugurando una strada diversa. Risult evidente che il "prodotto" che si metteva sul mercato era inadeguat rispetto all'altro che, nonostante tutto, ancora regge all'usura. Quest è la verità. E' come chi apre un'impresa e, constatato che sul mercato non regge, la chiude e ne apre un' altra con partner diversi, che lo sostengono maggiormente. Significa decretare il fallimento dell'impresa. E' mia opinione che con il Pd noi rischiamo la crisi di governo, ma non perché, come qualcuno tenta di riferire, sia io ad aprirla. lo non ho nessuna difficoltà, sia se si va al referendum, sia se dovessi uscir dal governo. Però, in questo periodo, mi piace anche fare il Ministro anche se da quello che vedo, con molta franchezza, potrei dover interrompere la mia attività, per non rischiare di creare problemi più grandi e complessi. In realtà, a mio parere, il governo rischia di saltare perché può rompere a sinistra. Le parole, un po' ineffabili, espresse ieri dal Presidente Marini, nella conclusione del congresso, "le alleanze sono libere", se dette da me, sono censurate in vario modo e a vario titolo. Se poi, evidentemente, la cattedra è molto più autorevole della mia, capisco che non ci possono essere obiezioni. Ma se il Pd ha un senso politico, nasce dall'idea che il Paese non può essere governato insieme alla sinistra antagonista. Lo dico con molta obiettività, altrimenti la frase del Presidente Marini non avrebbe senso. Questo spiega, evidentemente, che le possibilità di alleanze devono essere necessariamente diverse, specie dopo aver sperimentato insuccessi nel governo e nella comunità, di fronte a conflitti

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-sasperati e permanenti. Tutto ciò deve portare a far qualcosa di diver0, perché la situazione di oggi rischia di non essere più sopportabile Il o, quadro politico del Paese. Il .rò, questo che cosa comporta? Come avete visto, nella svolta, la sinistra sindacale si è schierata a metà. Una metà con il Partito demo( ratico, una metà con la sinistra antagonista. La sinistra antagonista, ,b questo punto di vista, sceglie, in virtù dell'antagonismo, di essere rsasperararnenre contro il governo. Non gli interessa se il governo sia .unico o meno, quindi può portare avanti una sorta di rottura. Il gov .rno rischia molto. ( ual è la mia opinione? lo continuerei ad essere indissolubilmente lel'ato all'idea del centro come attrazione fatale, ma non per suggestione () per nostalgia. La mia idea è molto semplice: puoi fare un'alleanza di governo, ma non realizzi un partito in comune con chi ha storie diverse. Sì alle alleanze. Le ha fatte anche la Dc con i socialisti e avevamo il rammarico, a volte, di essere in contrasto su molti aspetti: dalle sensil ilità etiche e religiose, ai problemi che riguardavano la scuola pubbli'a e la scuola privata, fino ad altri argomenti. Però, certamente, un partito è diverso da un' alleanza. Peraltro, insieme :I questo, avviene una cosa molto strana: c'è davvero "l'occhiolino" tra Forza Italia e il nuovo partito. Ho tanti anni di esperienza per capire cose, come quando ero ragazzo e andavo a ballare. C'era anche mia sorella e qualcuno le faceva la corte. La corte fra i due partiti c'è ed è 1111 dato normale. Tuttavia, è molto semplice far apparire al Paese, con la contemporanea adesione di un certo tipo di stampa, che l'elemento 110n necessario, che anzi disturba, siamo noi piccoli partiti, zanzare della politica. 111 realtà, la crisi è dei grandi partiti. Tant'è vero che sono costretti a mettersi insieme, perché, come io ricordo, nel mio periodo - quello che ,

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ho vissuto con molta tenacia e che guardo non con malinconia, m riflettendo anche sroriograficamenre - i partiti piccoli c'erano. C'erano i grandi partiti, ma chi non ricorda le grandi esperienze politicoculturali: Moro-La Malfa, cosa singolarissima della vita politica. Noi oggi abbiamo, nel mio partito, la stessa "volumetria" di quello retto d La Malfa. Quindi, mi pare che quello che si va a fare è fuori dagli schemi, ma per una ragione molto semplice: non credo che sul piano democratico, se non ci sono processi politici, la meccanica elettorale debba esser cogente e stringente per alcuni. Ci si può accordare per accorpamenti politici, ma eliminare chi resta fuori mi sembra che sia una cosa eh possa turbare la coscienza democratica. C'è un altro aspetto singolare. Mentre capisco che in Francia si decida e si voti in un certo modo, e si arrivi anche ad una forma più o meno bipartitica o tripartitica - ma lo stesso modello di riferimento, si usa nelle elezioni locali, fino ad arrivare alle nazionali - qui, in Italia, la "mordacchia" ai piccoli partiti è messa solo per la Camera ed il Senato della Repubblica, perché sul piano locale resta inalterata la fisionomia e la struttura che c'è. Allora, se vogliono eliminare me, noi resteremo, come la Lega dall'altro lato, in alcune realtà del Paese a vistosità territoriale molto pronunciata. Questo significa che i "conti" dovranno comunque farli, perché non siamo spogliati all'improvviso di poco o di tanto consenso dalle realtà territoriali. Assolutamente no. Quindi ci siamo e ci saremo. Ci saremo sul piano dell' elezione dei sindaci, delle province, delle regioni e allora non è che all'improvviso scoppia la rivoluzione, perché è una rivoluzione molto modesta quella che si annuncia. Guarda caso, dall' altro lato ha risposto Berlusconi chiedendo di fare altrettanto, cioè di strutturare secondo la propria convenienza, tentando di mettere in angolo chi, come gli amici dell'Udc, riflettono su

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un'idea, che è quella cosiddetta di tipo "tedesco". Dal mio punto di vlsta, sul piano della pedagogia applicata in Germania, il sistema tedel ()andava bene quando c'erano 2 o 3 partiti, ma oggi al punto in cui mnno, non va più bene. Tant'è vero che il risultato elettorale è stato disastroso per tutti. Sono costretti a mettersi insieme. Lirritualità di 1111 processo democratico ha visto alleati antagonisti al crocevia della loro democrazia parlamentare. Mi pare che quel tipo di produzione I

hc si è fatta sia inefficace.

Vi ho un po' detto le cose che faticosamente appaiono in questi giorni (' he verranno sempre più alla ribalta, in maniera decisiva. Sul piano istituzionale confesso che sono arrivato a fare il Ministro d .lla Giustizia, non pensando che un giorno l'avrei fatto. Non sono Il immeno laureato in legge e quindi ero lontano da questa ipotesi. ( uando ho avuto delle perplessità mi ha incoraggiato Andreotti, al quale ho detto: "Giulio, io non capisco niente di giustizià'. Lui mi ha d .tto due cose. La prima: "è giusto che tu vada, perché hai il dovere di I ' uperare questa frattura che c'è tra politica e magistratura, che è un ti ramma per il Paese". Detto da un uomo come Giulio Andreotti, che ,I volte non ha avuto grande comprensione dalla nostra magistratura, mi è sembrato un fatto di grande rilievo, di un uomo al di sopra di ogni sospetto, al quale faccio omaggio come uomo di stato. Dall'altro l.uo mi ha detto: "ma se tu andavi al ministero dell'Industria, capivi di bulloni?". Quindi, da questo punto di vista, mi sono rassicurato. l)opo un po' di tempo, con curiosità filosofica e intellettuale ho tentaIO di esplorare questo mondo della giustizia. Mi sono reso conto, con ~'rande rispetto per chi c'era stato prima di me, che questi grandi scienziati del diritto, viste le conclusioni operative della giustizia disastrata, non avevano fatto meglio di quanto avrebbe fatto uno che all'inizio non ne capiva, ma sentiva che questa giustizia è drammaticamente distante dai cittadini.

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Come mi sono mosso? Con un criterio determinato a stabilire un eli ma di serenità e credo che questo è l'unico merito che riconosco a m stesso: di esserci in parre riuscito. Una distensione tra politica e magi stratura mi sembrava corretta. Per la verità, c'erano moventi ideologici da una parte e dall'altra, con una determinazione a volte esagerata da parte dei miei predecessori del mio predecessore in particolare. Si tratta anche dello stile e dell modalità. Puoi avere anche opinioni diverse, però lo stile era sgarbat e quindi, a volte, finiva per essere eccessivo e un po' sgrammaricaro, rispetto al modo con il quale è giusto che si rifletta su autonomie di poteri che, come tali, sono registrati dalla Costituzione. Mi sono messo all'opera, in una vicenda difficile, per tentare di rimediare, ad esempio, al fatto che non ci siano risorse adeguate, perché. in tre anni, c'è stato credo un terzo di riduzione delle spese per quanto riguarda la giustizia. Pensate che il mio ministero è l'unico che non ha la riqualificazion del personale. Lunico ministero in assoluto. Significa che non posso spostare un cancelliere. Siamo fermi e quindi è una macchina bloccata, con inceppi particolari. Dalle altre amministrazioni, che hanno un surplus, potrebbero arrivare risorse nuove, ma non è possibile perch manca questa riqualificazìone del personale. Tutto diventa scomodo. delicato e abbastanza difficile. Nonostante questo, anziché annunciare con le trombe, come accad ad ogni scadenza di legislatura, mi sono messo in punta di piedi a riflettere tra me e me. I tempi della giustizia sono talmente ritardati ch quando arrivi in Europa, la prima cosa che i colleghi mi fanno notar sono i nostri tempi biblici, mentre sul piano del diritto siamo tra i migliori del mondo. Come mai c'è questa distanza? Questo iato tra quello che siamo in grado di esprimere culturalmente e quello che non siamo in grado di

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produrre tutti i giorni sul piano della pratica? Secondo i dati Censis, il /5% di quelli che si affacciano alla giustizia, coltiva un atteggiamento di collera rispetto all'apparato giudiziario. p .nsate a chi finisce nelle maglie della giustizia da innocente. Solo un ladro, ossia chi penalmente sa di non dover recriminare con la giustizia ma di dover scontare qualcosa, ci guadagna da questo tipo di sistema. Più si allungano i tempi e meglio è per lui. Ma la lunghezza dei tempi ci penalizza anche dal punto di vista econemico. Ci sono investitori che non vengono in Italia per la semplice I,tgione che la giustizia, compresa quella amministrativa, impiega tempi inaccettabili. ( ueste recriminazioni, dal mio punto di vista, sono giuste. Quindi ho provato ad immaginare i "5 anni" per quanto riguarda i processi civili l' penali. All'inizio mi hanno guardato con sospetto. Mi chiedevo, ad esempio, l ome mai alla fine la Cassazione funzioni in modo che, se dai una pacl,t a una ragazza c'è una sezione che interviene e dopo anni interviene Im'altra sezione che decide se è reato o no. Ripristiniamo non il merito, ma la legittimità della Cassazione. Mi pare che non debba interferire più di tanto. l':' vero anche che a fronte della Germania, che ha circa un milione, 1111 milione e mezzo di cause l'anno, pur avendo 80 milioni di abitanti, Il i ne abbiamo tre milioni e mezzo e siamo meno di 60 milioni. Siam causidici per definizione temperamentale. Superiamo ampiamente 1.1 Gran Bretagna che credo arrivi a 500, 600 mila l'anno e anche la Francia. Ora ci siamo messi a lavorare su questo stabilendo l he, in qualche modo, tengono conto di una sorta non molto gentile e tenero da parte degli avvocati camere penali. Però devo dire che le camere penali

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delle condizioni di atteggiamento dell'Unione delle partivano da un


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dogma particolare: la separazione delle carriere. Ho spiegato che i questo centro-sinistra sono eretico per tante cose. Fare l'eretico anch su questo non mi sembrava giusto. Innanzitutto sembrava un' eresia costituzionale e poi mentre sui "Dico' non ho firmato il paragrafo del programma che ne parlava - quind sono in linea e sulla scia della mia coscienza e del mio comportamento - oggettivamente sulla separazione delle carriere mi attengo al dar programmatica, che è il comportamento al quale devo fare seguito devo dare esito, sul piano della costruzione governativa prima e parlamentare poi. Tornando al dato relativo alle risorse, sarebbe stato difficile, in tempi di sacrifici, chiedere più soldi per la giustizia al Ministro dell'Economia. Però mi pare ovvio, visti anche i tempi parlamentari, immaginar un aumento delle risorse a nostra disposizione per il prossimo anno, anche perché va vinta una ritrosia di alcuni che - a torto - ritengono l giustizia una sorta di zavorra che non determina sviluppo, per cui ogni soldo che dai finisce per essere ingoiato, e allora nessuno concede. Alla fine mi sono reso conto che io sono tra i pochi che vogliono cambiare realmente il modo di gestire la giustizia in Italia. Non vogliono farlo i magistrati in larga misura, non tutti, perché comunque lo stato delle cose a loro va bene casi. Mi sono azzardato a dire una cosa che mi sembrava elementare ed stato l'unico elemento che ha trovato la contrarietà dei giudici e degli avvocati. Mi sembra sbagliato che si debbano partorire i giudizi a partire dal 15 settembre, quando si apre l'anno giudiziario. Ho chiesto: "perché non si apre il 1 settembre?". Immaginavo, finalmente, di aver dalla mia parte gli avvocati e invece no. Mi hanno detto: "ma come, noi torniamo dalle vacanze e solo il 30 o 31 riapriamo gli studi". Confesso che mi sembrava incredibile. Poi, con modo di fare un po' democristiano, siccome i giudici credeva-

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che fosse una mia interferenza nella loro autonomia, ho detto che potevano anche fare 45 giorni di ferie o 60. L'importante era ed è che il primo di settembre si diventi operativi. l.a gestione è importante. Vedo a capo degli uffici persone di grande cnso e acume giuridico, ma incapaci di gestire la macchina giudiziaI ia. Di conseguenza tra gli elementi innovativi che devono essere porlati all'attenzione, evidentemente, c'è il criterio di "managerialità". Non dico nulla di stravagante, ma una delle ragioni per cui io sono intervenuto su Potenza - e qui c'è un po' di gossip per voi - era questo. Si può fare il Procuratore presentandosi solo tre volte a settimana in Procura? Non si gestisce l'ufficio. Le conseguenze - al di là dei riflessi sull' attività investigativa, portata avanti egregiamente o meno - portano ad una reale difficoltà, considerando che il Procuratore o il Presidente del Tribunale stavano in ufficio per solo 2 o 3 giorni. In questi giorni in cui mi si attacca quasi che io voglia censurare la libertà di stampa sulle intercettazioni, mi sono riletto gli scritti di Conella che Andreotti mi aveva regalato. Gonella era giornalista come me, è stato Ministro di Grazia e Giustizia, e in lui ho ritrovato il mio pensiero. La persona umana e la dignità vanno salvaguardate prima di 110

ogni altra cosa. ( uindi diventa difficile capire cosa c'entra il gossip con l'attività investigativa. Si creano soltanto problemi, inconvenienti e difficoltà. Non ·'entra nulla la libertà di stampa e non significa limitarla. Quello che amo io, è un giornalismo investigativo all'americana che finisce per mandare a casa anche un presidente, o rischia di mandarne a casa un altro, come è capitato con Clinton. Ma l'informazione che ti arriva o dal magistrato, o dal cancelliere, o dall'avvocato, o dalla polizia giudiziaria, è un giornalismo di risulta . pigro, perché non va a vedere quelle che sono le fonti, ma riceve soltanto. Immagazzina dati che gli arrivano e finiscono, in maniera

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non esemplare, per creare problemi e difficoltà, anche al privato dcll famiglie. Secondo me, questo viene prima di ogni altra considerazion e questo è stato il motivo che mi ha mosso. Successivamente, c'è anche l'aspetto economico. Pensate che dal 200 al 2007, in Italia, per le intercettazioni abbiamo speso un miliardo 300 milioni di euro. Ad esempio, ho scoperto che Varese è il second ambito giudiziario che per le intercettazioni, dopo Milano. Capis Milano, Napoli, Roma, Palermo, Catania e Reggio Calabria dove I possono essere, per diversi motivi, aspetti investigativi delicati e reale drammaticamente inquinate dalla criminalità. Però che Varese arrivi queste punte di eccesso, mi sembra un'idea non molto generosa per I comunità di un paese che, a volte, fa sacrifici più del dovuto. Ultima cosa è la vicenda delle professioni. Non ho molte cortesie d parte delle professioni. Ho scoperto che tendono a chiudersi. Quindi ogni legge, che rappresenti anche un minimo di apertura verso una comparazione europea, è bollata come una cosa inaccettabile. Immagino che non possiamo più coltivare l'idea dell'avvocato - parlo delle mie zone - come un professionista, con sette o otto ragazzi non pagati che lo seguono. Questa idea di studio professionale non esist più e peraltro non regge. Dobbiamo, invece, muoverei velocemente verso 1'esperienza europea, ma è tutto da vedere, visto che il Parlamento sta decidendo a riguardo, con incredibili e interminabili audizioni. Questo significa che la legg è spostata nel 2500 dopo Cristo. Il tentativo, da parte mia, è quello di fare alcune cose, in attesa di capire come finisce il governo. Ho fatto un piccolo elenco delle cose che volevo fare, che ho tentato di fare e che non siamo riusciti a portare avanti. Grazie.

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( 'csare San Mauro Ringrazio il Ministro per il suo intervento. Abbiamo tre domande, Il '\l'ordine: da parte dell'Avvocato Alessandro Cassiani, Presidente del (: nsiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma, del Senatore Nicolò Lipari e dell'Avvocato Mario Tonucci. Icssandro Cassiani Vi ringrazio e saluto tutti. In particolare il Ministro, al quale, ricolle1".ll1domiad un paio di concetti precedentemente espressi, volevo dire che in fondo il problema dell'avvocatura - lei lo sa - è innanzi tutto quello di avere un ordinamento che si aspetta da trent'anni. Abbiamo visto vari progetti, ma in realtà siamo ancora in attesa. ( ui si dibatte su due figure di avvocato e lei propende per quello che 1I0i definiamo libera professione intellettuale, chiamata a rendere eflctcivo il diritto di difesa. l.ci sa anche che c'è un progetto che raccoglie i consensi dell' avvocaI ura, che è quello dell' onorevole Guido Calvi, che non credo sia stato ancora calendarizzato. Le auguro di restare Ministro per il tempo ne.cssario a risolvere il problema. ,redo, peraltro, che la partenza abbia trovato il consenso dell'avvocatura, al di là di qualche naturale dissenso. Credo che i problemi siano sostanzialmente di natura pratica. Le chiedo, quindi, di informarci sullo stato dell'iter di quel suo dise'no di legge, sul quale i cancellieri sono in sommossa, che prevede la riqualificazione e l'informatizzazione delle cancellerie. Ho scritto in un editoriale sul "Notiziario", che lei diventerebbe "l'eroe dell'avvoca" ., . tura se Cl nuscisse. Ultima cosa. Nella mia veste di penalista, credo che vada benissimo ridurre i tempi della giustizia, ma naturalmente non a scapito delle garanzie.

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Ho sentito dire delle cose un po' "impressionanti", a proposito della rivisitazione del regime delle unità e delle competenze territoriali. Credo che le abbia dette anche all'inaugurazione dell'anno giudiziario in Corte di cassazione. Cosa intendeva? Perché è un problema di limiti? Se ridurre a cinque anni significa privare il cittadino delle garanzie - che possono dare anche fastidio, ma che certamente sono una remora e fissano dei paletti - è preferibile mantenere la situazione attuale. Nicolò Lipari Vorrei fare una domanda al segretario di partito, al politico esperto che ha vissuto la storia politica di questo paese, ormai da molti anni. Ti chiedo se non pensi che in questo momento storico, non soltanto in Italia, uno degli elementi cruciali della crisi della politica, sia fondamentalmente nella frammentazione ossia nel tentativo di forze politiche, variamente organizzate, di cavalcare la frantumazione della realtà sociale. lo non sono né tra gli sperticati ammiratori, né tra i preconcetti critici del Pd. Tuttavia, ritengo sia positivo che nel Pd ci sia il tentativo, nonostante le diverse storie di chi concorre a costituirlo, di superare i punti di frizione per valorizzare i punti di convergenza. Credo che oggi la politica dovrebbe riscoprire il senso del vedere ciò che mi unisce anche al mio avversario, più che vedere ciò che mi divide. La storia recente di questo Paese è in questa volgare contrapposizione tra due schieramenti. lo non so se ci sia un corteggiamento tra Berlusconi e il nasci turo PD, c'è comunque l'avvio di un nuovo stile di rapporti, che mi sembra un fatto estremamente significativo. Insomma mi rendo conto che la politica è sempre scelta, e la scelta implica esclusione, ma come diceva Martin Buber "l'esclusione deve

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sere fatta portando la sofferenza di ciò che si esclude, non la compiacenza di ciò che si contrappone alla mia posizione". Oggi vedo, anche in atteggiamenti autorevolissimi, più l'accentuazione di questa differenzìazione, che non l'elemento della convergenza. redo che il politico, non dico il segretario di partito, dovrebbe cavalare proprio questo elemento in tutti i suoi risvolti. Tu hai accennato al referendum. lo sono fra quelli che fanno parte del omitato per il referendum, però ho la speranza che non si arrivi alla onsultazione referendaria e che il parlamento approvi una seria legge elettorale. Tuttavia, nell'ipotesi che questo non accada, mi sembra impropria la battuta che ti è stata attribuita, non so se a torto o a ragione, che nel momento in cui partisse il referendum, avresti dei problemi rispetto alla tua presenza nel governo. Perché? Il referendum è, costituzionalmente, una scelta della società civile e non deve avere ricadute sulla struttura di governo. Il governo, in quanto tale, può reagire come crede. Però non si può pretendere che, per ipotesi, le forze politiche costituite in parlamento, maggioranza e opposizione, non siano in grado di reagire, com' è in loro potere, ad una richiesta referendaria, attraverso un' opportuna ipotesi legislativa. Questo poi può anche determinare una reazione governativa ad una scelta che è nelle prerogative di una società civile. Mi sembrerebbe assolutamente improprio e difficilmente giustificabile, proprio nella logica della difficoltà di rapporto tra società civile e sistema politico. t'

Mario Tonucci lo capisco che per un ministro accontentare tutti è difficile e specialmente per un ministro della Giustizia, anche perché, come si vedrà dal mio intervento, nella mia professione ci sono angolature diverse.

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Faccio l'avvocato in questi studi associati nei quali lavorano centinaia di persone che si confrontano soprattutto con realtà internazionali. La mia speranza - avendo un ministro della Giustizia che non è del mestiere - è quella di trovare qualcuno che si ponga dalla parte del cittadino. Una delle mie contraddizioni è quella di essere uno dei fondatori di una associazione di utenti: l'Assoutente. Mi meravigliavo, per esempio - tanto per fare un flash sul tema dell ferie - che la giustizia debba chiudere obbligatoriamente per periodi così lunghi. A mio avviso il problema non sarebbe quello del primo settembre, ma sarebbe quello di non chiudere mai, perché evidentemente c'è questa necessità. Le faccio un esempio. Quando ero ragazzo mi meravigliavo sempre che il primo maggio e il primo gennaio non funzionassero i mezzi pubblici. Per anni siamo andati avanti in questo modo, penalizzando quelli che non possedevano un'automobile. Adesso ci vuole molto coraggio e bisogna cambiare molte regole. Soprattutto la tempestività della giustizia è un problema basilare. lo dico - pur facendo questo mestiere e pur guadagnando da questo mestiere - che, in un periodo come questo, la tempestività e la velocità sono prioritarie anche rispetto alle garanzie, perché abbiamo necessità di colmare questo "gap" e di ridurre questo arretrato, al quale è necessario trovare un rimedio. Dopo di che, regole chiare per tutti e soprattutto l'informatizzazione, un processo telematico e tante altre cose che necessitano di copertura economica. I soldi si trovano per tante iniziative, credo che la giustizia, insieme alla sanità, sia nevralgica per il nostro paese. Clemente Mastella Parto dall'ultimo interlocutore,

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dall'Avvocato

Tonucci.

Spero che

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le associazioni siano a sostegno di questa mia legge sulle professioni. Però non vorrei dare un'idea, diciamo privativa, di quello che è anche un bene: quello del tempo libero. problema è di avere una regolamentazione in cui ci sia la possibilità e 1'opportunità che le cause ci siano tutti i giorni, tranne che

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nei 30 giorni di ferie, com' è giusto che sia. Con 1'Avvocato Cassiani ci siamo incontrati nelle circostanze in cui iniziava il lungo assedio rispetto alle nostre iniziative. Loro sono stati gentili. Il loro pronunciamento era più contro il decreto Bersani, di quanto non fosse rispetto alla mia persona. Tra di noi c'è stato un confronto assolutamente civile, nel quale mi sono adoperato per cercare di dare il mio aiuto, come potevo. Circa il Ddl Calvi, io sono al governo ed è il Parlamento che, autonomamente, deve decidere quando e come calendarizzare il provvedimento. Non dipende strettamente da me, come la legge, attualmente alla Camera, sulle professioni che è di settore e, quindi, riguarda più direttamente l'avvocatura. Da ultimo, al mio vecchio amico Nicolò Lipari devo dire che vanno benissimo le sollecitazioni per i referendum da parte di chi, come te oggi, è fuori dal Parlamento. Però, vorrei che mi venisse spiegato come mai due ministri della Repubblica sono tra coloro che sollecitano la tornata referendaria. Lo dico con molta semplicità, anche affinché si tenga conto che, negli ultimi tempi, la volontà del Paese rispetto ai referendum è cambiata. C'è un'inflazione talmente forte dei referendum, che alla fine i risultati sono stati, purtroppo per i referendari, abbastanza dannosi. L'istituto funziona se - come tutte le cose - viene utilizzato con grande equilibrio, grande discernimento e grande buon senso. Ora, Nicolò, diciamo

chiaramente,

tu nella tua veste di costituzio-

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nalista, io come addetto ai lavori parlamentari, che se passasse il referendum con il 20 o 30% dei consensi, non sarebbe vera democrazia. Comunque non la mia democrazia. Precedentemente c'era un sistema consolidato. Un pianeta intorno al quale giravano i satelliti. Il pianeta al centro del sistema può essere benissimo il Pd, ma perché privarsi dei satelliti? Non riesco a capire qual è il motivo di dover arrivare in Italia al bipartitismo. lo sono contrario al bipartitismo, perché il modello bipartitico americano, ad esempio, prevede che all'interno del Partito democratico ci siano i razzisti del sud degli Stati Uniti e i liberal delle università del nord o, in parte, della California. Tra quel sistema e il nostro, preferisco il nostro. Tutti abbiamo detto peste e corna di questa legge elettorale che è stata fatta, però io voglio capire se si sta guardando alla governabilità o alle convenienze. Per quanto riguarda la governabilità, alla Camera, con l'attuale legge, c'è una maggioranza che è in grado di funzionare, pur avendo ottenuto soltanto ventiquattro mila voti in più. Il problema è il Senato. Allora modifichiamo il Senato, o meglio stabiliamo di costituire il Senato federale e rivediamo questo bicarneralismo perfetto, che esiste solo in Italia. Qui, invece, si vuole cambiare la legge elettorale per eliminare i piccoli partiti, non per dare più governabilità. La verità è che non ci sono più i grandi partiti. La crisi è dei grandi partiti non dei piccoli partiti. Uno è un partito personale. Qualche volta ho scherzato con Berlusconi, che simpaticamente me lo rimprovera, dicendo gli che entrambi diciamo di essere il centro. Tuttavia, io voglio fare il centro politico mentre lui il centro "commerciale". Questa è un po' la differenza tra me e lui. Quanto al Pd, dico chiaramente che se sono costretto a scegliere una

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unità bìpartitica,

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io non sto nella sinistra, anche se la cosa mi lascia

molto inquieto. Se La Margherita, appena fatto il Pd, ha detto che "non vuole morire socialdemocraticà', non voglio certamente fario io che sono democristiano e che non sto dentro al Pd. Un'altra cosa è destrutturare il sistema politico. Ricostruire, ad esempio una formula come quella del centro-sinistra degli anni '60. Un'alleanza seria che comportò, anche allora, una scissione a sinistra. La mia opinione è, in sostanza, che la volta prossima non ci sarà più il centro-sinistra di oggi, perché questo è un sistema che è diventato a fisarmonica: vincono quelli che sono all'opposizione. Come mai da noi non ci sono lunghi periodi come è capitato a Blair, alla Thatcher, a Mitterrand e che prima è capitato a Chirac, ad Aznar e a Felipe Gonzales. La fisarmonica prima si allarga alle opposizioni, con grande attesa e grandi prospettive, e successivamente si restringe, perché esplodono le contraddizioni e questo è il vero limite. Noi siamo coalizioni. Siamo coalizioni elettorali e se diventassimo coalizioni politiche reggeremmo anche a lunghi cicli, come capita negli altri paesi. Tuttavia non succederà, è la storia. Il centro sinistra così com' è, non c'è più, e non perché lo metto in discussione io, ma perché storicamente è così. Questa è stata una fase di passaggio, il cui approdo sarà completamente diverso.

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IL MEsSAGGERO, LA VOCE DI ROMA Roma, Caffè Greco, 7 maggio 2007 di Roberto Napoletano

Cesare San Mauro Buonasera e benvenuti. Desidero ringraziare in modo particolare il dottor Napoletano, per averci onoraro della sua presenza. Ho fatto il consigliere comunale per lO anni e devo dire che la mia esperienza, mi ha insegnato, che a Roma le tre principali figure di riferimento sono: il Sindaco, il presidente dell'Acer ed il direttore del Messaggero. Ringrazio anche per 1'attenzione che, in questi 15 anni, il Messaggero ha dedicato a Roma Europea e ringrazio gli altri giornali romani che hanno seguito le nostra attività. Roberto Napoletano Buonasera a tutti. Fare il direttore del Messaggero è stato per me un grande onore e soprattutto una sfida, ogni giorno, molto impegnativa. Negli anni passati al Sole 24 ore forse mi sono un po', come dire, abituato a ritmi meno pressanti, rispetto a quelli di un giornale come il Messaggero. Il Sole 24 ore aveva la caratteristica di non uscire nel weekend. Il Messaggero, invece, nel fine settimana rimonta alla grande, per cui non ti dà sosta, non ti dà tregua, mai. E' un' esperienza per me irripetibile. Penso che pochi giornali abbiano un rapporro così profondo, così intenso con i propri lettori. Nel mio primo fondo da vicedirettore del Messaggero ho raccontato che mi colpì molto quello che mi raccontò mio figlio: una volta stava prendendo un pullman da piazza Vescovio - andava ancora alle scuo-

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ROBERTO NAPOLETANO

IL MESSAGGERO, LA VOCE DI ROMA

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le medie - e accadde che una signora salì senza biglietto. Quando il controllore le chiese "come mai?", lei rispose che era salita di corsa e che andava all'ospedale dalla figlia, che stava male. Ciò non commosse il controllore e alla fine, dopo lunga discussione, la signora terminò minacciando: "dirò tutto al Messaggero!". Ovviamente la signora aveva torto, perché il biglietto doveva fado, però è indicativo del rapporto che i lettori hanno con questo giornale. Credo che se non avessi fatto una lunga gavetta al Mattino di Napoli, probabilmente non avrei potuto dirigere un giornale come il Messaggero, perché sono dei giornali particolarissimi, dove c'è questo rapporto così forte, così intenso con la città, che non dobbiamo mai dimenticare. Cito un altro aneddoto per provare a spiegare quello che ho cercato di fare in questo anno e tre mesi, da direttore del quotidiano. Ho incorniciato nella mia stanza la lettera di una lettrice che aveva scritto al giornale, dicendo che voleva che il Messaggero facesse una piccola campagna, perché si istituisse un trambus circolare che evitasse di fare la panoramica, riducendo a metà il tragitto solito che lei faceva. Noi abbiamo fatto due o tre puntate su questo e lei ha scritto una lettera bellissima, dicendo che quel giorno ha avuto una gioia immensa, che ha strappato la pagina del giornale, che la conserva nella borsa e che la fa vedere a tutti i suoi amici, sia sul bus che fuori. Questo mi sembra che dia un po' l'idea di cosa possa essere un giornale come il Messaggero. Voglio ancora aggiungere che, dopo un paio di mesi, mi sono reso conto di qualcosa. Non so se i lettori hanno fino in fondo la percezione della crisi dei giornali. In estrema sintesi: purtroppo gli anziani muoiono e i giovani non leggono i giornali. Questo è un po' il dato strutturale, che dà l'idea di che cosa sia il momento che stanno vivendo tutti i giornali europei e che prima hanno vissuto i giornali americani. Noi siamo gli ultimi.

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Ho sempre pensato che le liberalizzazioni sono importantissime, che bisogna aprire il mercato e la concorrenza, ma a volte mi viene voglia di difendere l'edicola, perché penso a quello che significa in molte piazze italiane e romane, l'abitudine di uscire di casa e passare in edicola. In qualche modo tutela la vendita dei quotidiani, al contrario di quello che per lungo tempo io stesso ho pensato, come fatto profondamente necessario, cioè vendere il giornale al supermercato e ovunque. C'è qualcosa di profondamente diverso che sta accadendo e che incide profondamente nei modi di comportarsi delle persone e nelle loro priorità, ed in queste priorità il giornale perde posizione. Noi dobbiamo dare sempre, a chi ci compra, qualche motivazione d'acquisto in più, perché tante sono le motivazioni che spingono a saltare l'acquisto di un giornale. C'è la free press, che si divide in quella dichiarata e quella non dichiarata, nel senso che ci sono centinaia di migliaia di copie di grandissimi giornali italiani che vengono regalate ogni giorno. Quindi, c'è una free press riconosciuta come tale, ma ce n'è anche una "non ufficiale" che è un concorrente, in un certo senso, ancora più sleale. Ritengo, quindi, che i giornali che hanno un grande radicamento sul territorio, debbano un po' ritornare alle origini, facendo in modo che i giornalisti tornino a fare il loro mestiere con le inchieste: raccontando, scavando e documentando. Ho sempre sostenuto che è importante che un giornale non si schieri, perché, soprattutto un giornale come il Messaggero, come tutti i quotidiani della borghesia produttiva italiana, è un giornale che ha lettori di destra e di sinistra, e quindi sarebbe una grave mancanza di rispetto nei confronti dei lettori schierarsi. Un giornale deve prendere posizione nel merito e nelle singole vicende. Deve dare voce alle varie opinioni e deve consentire al lettore la possibilità di esprimere un suo giudizio, ma non deve dare al lettore la

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sensazione di essere schierato con una parte o con 1'altra. Quindi, ho pensato che si doveva tenere questa rotta fissa e che bisognava ritornare a fare giornalismo, tornare a fare grandi inchieste, non di una puntata ma di dieci, quindici, venti puntate. Noi abbiamo fatto venti puntate sulle nuove schiave e all'inizio ho avuto grandi difficoltà. Quando andavo in televisione, spiegavo che noi non ci occupavamo di prostituzione, ma del fatto che è inquietante che nel 2006 o 2007, a Roma come a Milano, ci potessero essere ancora persone ridotte in uno stato di schiavitù e questo mi sembrava che dovesse far indignare. Abbiamo fatto venti puntate sulla cocaina e anche questa è una cosa su cui dobbiamo interrogarci. Sono cose che succedono molto più frequentemente di quello che pensiamo. Succedono a Roma, succedono nelle città di provincia, succedono a Milano e non ha molto senso far finta che ciò non accada. La cocaina ha un costo che non è più quello di una volta, molti ne hanno parlato come se non fosse nemmeno una droga. Abbiamo fatto venti puntate sul bullismo, che oggi è diverso da quello che era una volta, perché una volta non c'erano i telefonini, non si facevano i filmati e non era tutto così globale e mercificato, Abbiamo parlato dell'Italia bloccata, venti puntate. Ma si può vivere in un paese dove non si riesce a fare niente? Non si può fare un rigassificatore, non è possibile fare una centrale elettrica, non si può fare una centrale a carbone e non si può fare il nucleare. Abbiamo fatto venti puntate sulla malasanità: morire di ospedali inutili. Si può vivere in un paese dove si vuol fare un ospedale ad ogni angolo di strada? Prevale la cultura per cui ognuno deve avere l'ospedale sotto casa e non si pensa, invece, che è opportuno concentrarsi in un' area territoriale, comunque a portata di macchina, dove tu puoi investire sulle varie eccellenze. Dieci o quindici chilometri non carn-

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biano la vita. Spesso provocatoriamente dico: ma l'ospedale è per il medico o per il malato? Come la scuola: è per i professori o per gli studenti? Ci sono una serie di temi su cui dobbiamo realmente interrogarci. Adesso abbiamo fatto "concorsopoli" e siamo all'undicesima puntata. Qui, lo devo dire, io reputo ingiusto criminalizzare i figli dei baroni, perché se il padre è un accademico non è che il figlio non possa fare il professore universitario. Però se su cento, ottanta sono figli di primari, allora si può dire che è meglio che vadano in un'altra università ad esprimere il loro talento. Tuttavia, se sei mesi prima si conoscono già i nomi di tutti - ma proprio tutti e senza un errore - coloro che vinceranno il concorso, abbiamo un problema serio. Scuola e università sono importanti, dobbiamo capirlo. Vi citerò un aneddoto accaduto in una scuola media pubblica di Roma. Una nostra amica, che non è italiana ed è interprete, viene convocata d'urgenza dalla professoressa di lettere per la figlia. Lei va a scuola preoccupata e la professoressa le dice: "guardi sua figlia è bravissima, seria, diligente, ha tutte le qualità. Però l'abbiamo chiamata perché ha un difetto molto grave, ma ha l'età giusta per poterlo correggere insieme, ha un'insopprimi bile voglia di primeggiare". Quindi per questa professoressa di lettere di una scuola pubblica di Roma, una ragazza di seconda media che ci tiene ad andar bene, ha un difetto che va corretto. Allora ci terrei a citare Gramsci, non dico Einaudi, ma almeno Gramsci si potrà citare. Gramsci disse nelle Lettere dal carcere: "la scuola deve essere pubblica ma deve avere l'obiettivo di selezionare i migliori". Questo è un paese che si deve veramente interrogare. Guardate invece cosa accade in Francia. Sarkozy è riuscito a parlare alla grande impresa, riesce a parlare alla Chiesa e riesce a parlare agli immigrati, ma la cosa che poco si è citata, è che c'è un qualcosa di forte che lui ha sempre detto: uscire dal '68. LEuropa e l'Italia hanno bisogno di uscire dal

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'68, che non va criminalizzato in sé, ma è una cultura dalla quale ci dobbiamo liberare. Ségolène Royal non vince, ma la componente radicale antagonista è al 2%. Qui da noi sta per nascere un partito che palesemente si dichiara comunista - ripeto, io rispetto tutte le opinioni - e si presenta come un partito che ha un'aspettativa che va oltre il 10%. Ad esempio l'università: alzi la mano chi non ha in famiglia un fisico, un chimico, un ingegnere in gamba, uno veramente bravo, cioè uno che si è laureato in tempo con 110 e lode. Se è così bravo, se n'è già andato dall'Italia, perché avrà trovato qualche professore che gli ha detto: "guarda qui purtroppo c'è il figlio dell' altro professore, devi aspettare, non ce la fai. Ti presento io, vai a Boston , vai dove vuoi, etc. etc.". Il problema è che una volta andavano in America, adesso è la Spagna che ci fa concorrenza e ci ruba i migliori. Quindi c'è qualcosa che non và. Quando la Moratti fece la riforma dell'università, per la quale si sosteneva che niente sarebbe stato come prima, perché non si sarebbe più finanziato in base agli iscritti, ma un terzo in base ai risultati ottenuti sui tempi di laurea, un terzo in base ai risultati della ricerca e un terzo in base al numero degli iscritti, a me sembrava una cosa che avesse un senso logico, indipendentemente da chi la proponesse. All' epoca giravo molto perché stavo ancora al Sole 24 ore e potevo concedermi qualche libertà in più. Vi garantisco che in tutti i convegni a cui partecipavo, quando dicevo questa cosa, incontravo sempre un professore universitario che diceva: "lei ha ragione, infatti il preside ci ha detto di promuovere tutti altrimenti perdiamo i fondi". C'è qualcosa che proprio non và. Come direttore del Messaggero, ho cercato di fare una serie di inchieste, nazionali e locali, che cercassero di scavare, documentare e raccontare, anticipando un po' una serie di fenomeni. Come vi ho accennato,

abbiamo parlato di schiavismo e subito sono

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arrivati i mille arresti del ministro dell'Interno; abbiamo parlato di cocaina e il ministro dell'Interno ha detto che è un' emergenza nazionale; abbiamo parlato del bullismo e hanno fatto la legge antibullismo; abbiamo parlato dell'Italia bloccata e le opere non si sbloccano; e abbiamo anche parlato di "concorso poli" . Penso che un giornale abbia il dovere di raccontare queste cose. Per quanto riguarda poi, in particolare Roma e l'Europa all'interno di questo ordinamento, vorrei dire che ho un po' di difficoltà a spiegare a chi non è romano, ciò che i romani ben sanno e capiscono e cioè che Roma è veramente qualcosa di unico. Quale città europea ha tre, quattto ambasciate come noi: da quella presso lo Stato italiano, a quella presso la Santa Sede, a quella presso la Fao? Ogni quartiere è una piccola città. Mi ricordo quando stavo a Milano. Conosco Milano, ma è paragonabile ad un solo, grande, quartiere romano, scegliete voi quale. Quindi Roma ha una complessità estrema, è una grande mamma, perché alla fine comunque accoglie tutti, perché poi in realtà tutti ci lamentiamo, ma nessuno se ne vuole andare. Una volta arrivato a Roma, nessuno se ne và. Questo vuol dire che ha un grande fascino, che ha cose stupende. Una delle prime cose che ho fatto come direttore è "il mio angolo di Roma". Questa è una cosa che ho fatto proprio come mia, perché io sono nato a La Spezia dove ho vissuto fino a 16 anni, poi ho vissuto a Napoli, poi Roma, poi Milano, poi ancora Roma. Ma, ad esempio, quando vivevo a Milano e il venerdì salivo sull'aereo per tornare a Roma, provavo piacere al pensiero che sarei tornato qui e pregustavo il weekend che avrei passato in questa città, con la mia famiglia. Noi cerchiamo di dirlo spesso sul giornale: Roma ospita sempre più grandi aziende, alcune delle quali si trasferiscono dal nord; Roma è

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sempre più un polo della ricerca, pensate allo sviluppo di un'area come Pomezia; Roma sta vincendo la sfida di un grande distretto industriale, come quello dell'audiovisivo e non soltanto per il grande successo della Festa del cinema; Roma cresce il doppio della media nazionale e questo nonostante debba ancora sopportare il vecchio cliché secondo il quale qui si lavora poco, perché sarebbe la città degli statali e del pubblico impiego. Tutto ciò con risorse inferiori a quelle delle quali necessi tereb be. Ma a fronte di tutto ciò c'è un lato sul quale invece, secondo me, bisogna iniziare ad aprire gli occhi - e noi abbiamo fatto molte microinchieste su questo - ed è il problema della sicurezza, che non è un qualcosa che può essere considerato di destra o di sinistra, perché coinvolge tutti. Non bisogna criminalizzare nessuno. Lìntegrazione non è solo un obiettivo, ma una grande opportunità, però continuare a dire che il problema non c'è è un errore. Cesare San Mauro Grazie davvero al direttore del Messaggero Roberto Napoletano. Desidero ringraziare per la loro presenza gli ospiti internazionali che sono qui in rappresentanza delle ambasciate di Germania, Austria, Argentina, Slovenia.

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