Quaderno 2005 - pag80-125

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FRANCESCO

RUTELLI

FONDAZIONE

IL FUTURO DI ROMA NEL FUTURO DELL'EuROPA

ROMA EURO

rapa cresce pOCOma l'Italia ha una crescita più vicina allo zero di trio Il pilastro franco-tedesco, pur in difficoltà, è quello di un Eur

l

I l ulturale oltre che geografica del mondo ha a sua volta realtà culli III ben distinte, se paragonate alla omogeneità dell'America. Se vo-

pa che ha di fronte un Oriente con una crescita di lO punti all'ann

1111110

difendere il nostro modello sociale dobbiamo rinnovarlo. Non

e non è vero che dopo 1'11 settembre non c'è stata crescita econom ca nel mondo, anzi il PIL mondiale è cresciuto di 4 punti e mez

ItI 'sa di una cosa preziosa se non attraverso un coraggioso rinnoIIHIl! . Non basta dire che siamo innamorati di un modello socia-

circa all' anno grazie alla crescita cinese e indiana con 9 punti circa al l'anno. LAmerica cresce all'incirca la metà verso il 4 %, l'Europa l

11011 accetteremmo mai una politica che non preveda un servizio 1III.Iriopubblico per tutti, e vale per tutti gli orientamenti politici:

metà con il2 % circa e l'Italia con la metà con circa 0,8-1,0 %. M al di là del nostro Paese, l'Irlanda è stata una mosca bianca sapend

I

utilizzare al meglio i finanziamenti

" un.rlizzando i diversi modelli europei per decifrare le migliori per-

a cuore che ci sia un fondamento di uguaglianza per i servizi IlIl1.1 mentali. Esiste un modello sociale europeo che è stato discus-

europei. L'Europa è troppo sr

1.1

gnante, è stata fatta la strategia di Lisbona, si è cercato di portare avan ti l'economia della conoscenza basata sull' innovazione e trasforman do l'Europa in un' area all' avanguardia con la ricerca nei vari filon

I 1IIII,Inceche sono state individuate in quella britannica e scandinaI, q\l .ste ultime ad orientamento molto bipartisan. La ricchezza di 11111.1 quest'area non è molto diversa dalla sola Lombardia, e la popo-

dell'innovazione che si riflettesse sulle attività produttive ma così no è stato, ed è fallita la strategia di Lisbona. Non credo che il prossim

111 1111

1111011

vertice britannico porterà dei cambiamenti con l'idea di Blair di far convergere i finanziamenti normalmente destinati all' agricoltura ver so la ricerca, per tenere fede alla strategia di Lisbona: Blair ha dett

111111

soprattutto

della zone più svantaggiat

Non c'è dubbio che una politica di investimento

Il

Il .

deve convergere ver-

so l'innovazione da un punto di vista politico strategico. Se si dev far fronte alla crisi israelo-palestinese o irachena l'Europa però non c'è, non c'è per far fronte a situazioni di crisi internazionale. C'è solo per sottolineare

le diversità tra favorevoli o contrari

'i sono sprechi perché chi paga tasse elevate ha accesso al con-

ulillo della spesa pubblica e può ribellarsi a degli sprechi che non ri-

una cosa che molti hanno considerato interessante, ma va raffinat portando l'agricoltura a essere un elemento molto importante anch nella gestione del territorio

arriva si e no a venti milioni di persone. I modelli sono mol.ressanti, la gente accetta di pagare fino al 50 % del reddito,

alla guerra.

Il' 111

pportuni pretendendo un buon rendimento di quello che spentasse. La Svezia aveva un welfare troppo generoso e l'invecchia-

IIlllll della popolazione aveva portato il paese al declino, è stata cam111,11.1 la politica sociale e da essere tra gli ultimi paesi al mondo per la Il u.ilità è nettamente risalita e ha fatto uno shift di investimenti dall' I\~istenza all'innovazione sostenuti dal pubblico: basti pensare a I 111 S on e Nokia. L'Italia ha una bassissima natalità che provocherà IHI prossimi 20 anni un saldo di 300.000 persone in meno che en111 Ianno nel mondo del lavoro a causa della nostra depressione de-

L'Europa non c'è per quanto riguarda il peso politico di quella eh noi chiamiamo una visione nostra che pur appartenendo alla stessa

Illografica. Ci sarà la necessità di sopperire a questa esigenza con flus-

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I

di immigrazione.

Quindi

il modello scandinavo

è risultato

il più


FRANCESCO RUTELLI

IL FUTURO DI ROMA NEL FUTURO DELL'EUROPA

efficiente, dinamico e responsabile, un governo dove si passa ad un' alternanza politica senza traumi: arriva un governo di centro destra

Il Il'I,C migliori che siamo in grado di conoscere, allora il dovere di 111.1.ittà è di non smettere mai di cambiare e il dovere dell'Europa è

non fa un falò di tutto quello che è stato fatto dal precedente governo socialdemocratico e viceversa, con estrema maturità. Il modell inglese è stato favorito dall' eredi tà del governo Thatcher che ha la-

IIl10n preoccuparsi solo di come cambia dal punto di vista istituzio1111,·dei suoi meccanismi di funzionamento ma anche dal punto di

sciato a Blair un grande conflitto che ha risolto con mano pesant con delle indicazioni negative ma con vantaggi indiscutibili per il risanamento della cosa pubblica. Con Blair però i conti tornano, c' una crescita del 3 % c'è una redistribuzione sociale, se andate a vede-

I ""Iropa del dopoguerra ci ha portato a creare pace, dopo la morte Il d . ine di milioni di europei, e a creare benessere dopo una condi-

re questi 6-7 anni di governo Blair c'è stato un trasferimento

di ric-

chezza dalla fascia più alta a quella più povera pur essendo un paes dalla dinamicissima capacità economica e produttiva. Questo per dire che la nostra sfida è rispondere alla doppia crisi dell'Europa in campo economico e in campo della difesa e la sicurezza con un esercito europeo che ci permetta di contare nel mondo come europei. L'Europa si occupa troppo di come fare le cose, vedi l'esempio della Turchia sì, Turchia no, che diventerebbe il primo paese in Europa anch

I

11111 . di sofferenza e l'ansia del miglioramento.

111operano e decidono. Le colossali crescite della Cina e dell'India 1.1I11l0 avendo e avranno sempre di più un impatto che dobbiamo te111I • in considerazione, per trame insegnamento e sfruttare la nostra Ip.\

I

Per fare questo ci vuole leadership. Le elesono la dimostrazione che la posta in gioco è al-

sima e il rischio è che i due contendenti si trovino a lavorare senza l'' veramente un obiettivo comune. L'Italia senza l'economia tede1.1 .he tira perde un punto di PIL all' anno, l'Europa senza il moto-

li

IVI

Il

Il

dosso per dire che la Turchia ci sta interpellando per cambiare il panorama europeo. Poiché i tempi attuali proiettano una riflessione sulla secondarietà, cioè sulla capacità di imparare dagli altri che è stata la forza di Ro-

ità di secondarietà.

IIll1iin Germania

europei, e anche la capacità di fare un islam democratico passa da Il. Peres mi disse che un autocrate come Ataturk ha portato la demoreligioso. Questo para-

rcdesco che gira sta ferma, ci vuole leadership, strategie sul come

unbiare lo stato delle cose. Questa è la sfida più interessante: cercadi difendere il modello sociale europeo di cui siamo innamorati e

.1 quale non intendiamo rinunciare attraverso la sua trasformazione. Ilgando le due parole Roma e Europa, ho voluto parlarvi ringrazianlimi della vostra attenzione.

ma e del pensiero europeo, e poiché nel tempo breve dobbiamo imparare dagli altri velocemente e interagire e trasferire alcune delle espe-

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Credo che oggi l'Eu-

IlIp.1manchi di una missione, quella di quanto vuole contare nel rnonIII ,. quando vuole essere protagonista. I nostri amici alleati america-

prima della Germania, un paese a prevalente componente islamica, un paese dal quale passano tutti gli approvvigionamenti energetici

crazia e un islamista ha portato il pluralismo

1.1dei suoi obiettivi e delle sue missioni. La grande passione del-

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FRANCESCO

RUTELLI

INTERVENTI

FONDAZIONE

ROMA EUROI'

Cesare San Mauro Ringrazio Francesco Rutelli perchè stasera abbiamo volato veramen te alto. E adesso le domande: pl

rrancesco Rutelli irca l'assetto politico istituzionale, noi difendiamo il bipolarismo l' .hé l'Italia ci guadagna nel porsi davanti agli elettori con una coali-

none versus un' altra. Naturalmente che ci si auspica possa esser

adeguato ad un Paese come il nostro che ha tutte le caratteristiche contraddizioni che noi conosciamo?

I paesi che liberalizzano crescono di più, ma quando si va verso scelte più concrete si trova un muro, come se ne esce?

hipolarismo equilibrato

il mio sogno è quello di avere un

e non condizionato

in entrambi

gli schiera-

menti da forze estreme ma questo è un processo politico e non istituzionale, su questo ultimo piano dico che dobbiamo mettere mano al pro esso federalista, l'Italia ha visto nascere il sentimento di unità na-

Nicola Scalzini

Umberto

DI ROMA NEL FUTURO DEL~EuROPA

di lla decisione, il passare dalla torre di babele a una cosa certa per and.ll" avanti, per fare. Vorrei sapere come risolvere questo dilemma.

DEI CONVENUTI

Gianpiero Gamaleri Quale è l'assetto politico istituzionale

IL FUTURO

l'Il!'!'. PRIMA

I

Cappuzzo

L'Europa della difesa procede, è attiva e abbiamo già una sede a Vicenza. L'Europa ha già una sua forma attiva di difesa.

/innale paradossalmente attraverso i comuni sette secoli fa e il senso .lcll'Italia nasce attraverso l'autonomia e l'Italia ha un immenso inteIl'sse a valorizzare le differenze nel territorio. iamo in un paese in cui è impossibile fare lo stesso discorso in .111 ' città diverse. Il concetto di diversità quindi è in questo paese un Litta molto positivo, per valorizzare le vocazioni mettere al lavoro le università con le attività produttive, le camere di commercio. Però 1011

Mario De Angelis

57 milioni di abitanti

non ci possiamo permettere

di avere un

to del mondo economico verso la politica, e che cosa la politica si aspet-

,Ipparato istituzionale barocco come quello che abbiamo via via coI itu ito con responsabilità anche della sinistra e della devolution di 110 si. Dobbiamo quindi semplificare il sistema anche a rischio di es-

ta dal mondo economico, e se è possibile per l'impresa conciliare profitto e interesse per la collettività.

ne impopolari. Dobbiamo mettere mano ad un apparato nel quale Il' regioni competano nel mondo e non tra di loro: quando sono an-

Volevo chiedere a suo avviso in che misura c'è un condizionamen-

Gennaro Monaco Ho colto nel suo discorso un punto di sintesi: l'Europa delle diver-

dato a conoscere il presidente del partito comunista di Shanghai e mi ha raccontato la sfilza di governatori che lo andavano a trovare per

sità, l'Italia delle diversità il problema della leadership, della coesione,

LII'prevalere favoritismi turistici verso una regione piuttosto che verxo un'altra delle 20 regioni italiane, sono rimasto allibito. Ma vi pa-

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FRANCESCO RUTELLI

IL FUTURO DI ROMA NEL FUTURO DELLEUROPA

re che debbano competere la Liguria contro la Sicilia o l'Umbri far venire venti milioni di cinesi? Lo deve fare l'Italia. Ma non

lifesa, hai ragione a dire che l'Europa della difesa procede. Ri111 il p .nerale Moriglioni che fa parte del partito democratico euro-

essere logico che questo succeda, che ci debbano essere 20 poli regionali, 20 delle reti, 20 delle infrastrutture, 20 politiche en

I .1 mia convinzione è che va fatta con gli altri paesi una coalizio-

che. Questo non si può fare. La tragedia di Katrina ha segnalato l' ficienza della politica federale dell' amministrazione american . governo federale deve avere un potere centralizzato fortissim l'emergenza, se persino gli Stati Uniti hanno falle di questo tip noi abbiamo invece una protezione civile molto più effìcient glio organizzata.

L'obiettivo

è semplificare l'architettura,

imp di

sovrapposizione delle competenze, non sprecare e duplicare e v care l'operato. Abbiamo troppe agenzie, troppi enti, troppe che si occupano di sviluppo industriale faccia con l'altra.

nessuna delle quali si i

1111.1

" hc negli armamenti I

Il sS

' della collettività è che le imprese facciano profitto, che pro-

l'i chezza, l'interesse delle imprese è che i cittadini siano atten111 il i sulle capacità e le vocazioni industriali. Una volta finito il pe111I

minato di collateralismo, caratterizzato da un paese come 1,.1 dall'alternanza impossibile perché c'era il partito comunista fiIl.1 II) dai paesi dell' est così c'erano molte altre forze che finanziava-

lli del1

I, l''l\uta di un impossibile cambiamento IIH I

li questa 1111) di attuare Il I ull'articolo 1.1 • ollertività,

zione - nei servizi pubblici

1111

butive. Dobbiamo rendere le procedure più semplici e gli attori invogliati a farsi concorrenza nel dare servizi migliori ai citta Penso che questo sia un ambito fondamentale nel quale dare ris più rapide. Abbiamo fatto una buona riforma delle pensioni J che l'OCSE abbia chiesto ai paesi membri di togliere i tetti p I nabili su base volontaria in una società in cui viviamo lO anni il di prima e la gente ha piacere di lavorare ancora. Abbiamo qui il fessor Bollea che a 92 anni non ci pensa proprio a smettere di d suoi consigli preziosi alle famiglie.

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almeno fino al 1989, il

tra politica e poteri economici e finanziari e sindacali si riasil! una parola: autonomia. Perchè ho criticato la Confindustria to

Sulla seconda domanda, il primo passaggio che dobbiamo f quello che riguarda la concorrenza. So che tocco gli interessi d 11' o dell'altro dei presenti, in Italia il prezzo più alto che paghia quello della scarsa liberalizzazione - e non sto parlando di privati locali, nell' energia e nelle sue reti di

nella difesa quindi e nella sicurezza.

I Il ma impresa e politica non può essere affrontato retoricamente.

"l,io

legislatura? Perchè si è messa di punta a chiedere al determinate cose con le quali si è identificata: la bar18. Risultato zero, conflitto mille. Nessun risultato nessun valore aggiunto alla cornpetitività. Sprecate

lise nergie. Era un rapporto politico di un gruppo dirigente as-

"'VO

he si vedeva legittimato dentro ad un percorso di governo. più saggia per un governo è considerare Confindustria come 111I1a .ato di imprenditori. L'interesse della politica è che non ci sia 111 il It azione tra un mandato politico e un potere economico pro111 .1

Il mancato collateralismo aiuta il potere politico. Ho avuto plohl 'mi anche all'interno del mio partito quando ho criticato un

Iplllt'.

1111 t 11\

.rventisrno su alcune cordate finanziarie e bancarie perché lo

ritorno al passato. Mi ricordo di Craxi quando tentò la sua I .tl potere cercando di mettere un certo occhio sulle partecipa-

1"1111111

Ilt

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FRANCESCO RUTELLI

l'

IL FUTURO DI ROMA NEL FUTURO DELL'EuROPA

Il lE PRIMA

zioni statali perché vedeva che la democrazia cristiana aveva il suo bloc-

poi decidere, magari creando scontento

co di potere come lo aveva il partito comunista, i sindacati .le regioni rosse etc. Craxi si illuse di creare il suo azionariato di riferimento n l

I .1 diversità sta diventando

mondo economico, la politica moderna ha invece l'interesse per l'autonomia propria e del giudizio libero degli interlocutori del mondo produttivo. Quello che sta avvenendo al governo in questi giorni con il massacro dei tagli ai finanziamenti al mondo della cultura è veramente una schifezza. Quello che si risparmia provoca un grippaggio del sistema, possiamo dire che l'Italia deve fare della cultura, del turismo la sua immagine del mondo e poi tagliando duecento mila euro, tagliando le stagioni dei teatri lirici e non rende la situazione rispetto ai costi di un utilità decisamente marginale. I conti vanno fatti tornare ma non così. Lunica città i cui conti delle istituzioni culturali sono in pareggio è Roma, quando abbiamo preso il Teatro dell'opera e l'Auditorium

era-

vamo in fondo a un pozzo ma con fatica e con impegno i primi 5 anni io e adesso Veltroni con fatica abbiamo riportato i conti in pareggio. In Italia non siamo nei paesi anglosassoni dove fondazioni private possono detassare le proprie donazioni e favore di iniziative culturali, in Italia è sempre lo stato che si sottrae dei fondi per finanziare la cultura. Nessuna istituzione nel mondo musicale vive con più di un terzo di

una caratteristica

11\

ile conciliare

rappresentanza,

partecipazione

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e decisio-

Il ' fece perdere i repubblicani, Bush vinse perché si presentò Ralph Nader, esponente di minoranza che impedì l'elezione di Al Gare,

l

l

uttraendogli voti preziosi. La prima democrazia del mondo, la più onsolidata, i capi del mondo sono stati scelti grazie al fatto che per-

one senza speranza che hanno deciso di candidarsi. Blair che è un gi rante della politica però ha vinto 3 volte di seguito con un 35-44 tyu di voti. Ha vinto grazie al fatto che i conservatori si sono indeboI ili ma in Inghilterra la tradizione del bipolarismo dà l'equilibrio al p.iese. L'esercizio della politica come sintesi diventa qualcosa di eloquente. Nei paesi dell' est hanno scoperto da poco la passione per la d .mocrazia: e non c'è un paese dove lo stesso schieramento va al gov .rno due volte di seguito. Grazie

Come conciliare diversità e decisione è la domanda da cento milioni di dollari. E' come conciliare il consenso politico senza il quatra la decisione anche imLa leadership

consenso

IU'.Pensate al fatto che gli ultimi 2 presidenti degli Stati Uniti sono r.ui eletti in un sistema che non è bipolare ma bipartitico grazie ad 1111 terzo candidato. Clinton fu eletto perché si presento' Ross Perot

turismo, è come vuotare il mare con un secchiello pensare che tagliando i finanziamenti per la cultura si sanino i conti dello stato.

le non si viene eletti. Il punto di equilibrio

del nostro tempo e pur-

IIOppO presuppone ignoranza. Nemmeno i nostri sistemi bipolari o hipartitici resistono al pluralismo della nostra società dove è più dif-

fondi che entrano direttamente dall'attività, il resto sono fondi istituzionali. L Il % del PIL e il 12 % della forza lavoro in Italia stanno nel

popolare e il consenso? Nella leadership.

all'inizio: ma poi funziona.

è ascoltare e

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COCCIDENTE E LE RELAZIONI TRANSATI.ANTICHE: VALORI COMUNI Roma,

Caffè Greco, 28 novembre

2005

di Ferdinando Adornato ~

Cesare San Mauro uonasera e benvenuti.

B

Questa sera abbiamo l'onore di ospitare

Ferdinando Adornato, Presidente della Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera dei Deputati nonchĂŠ Presid nte della Fondazione Liberai. Ringrazio il Presidente per l'occasione

-he ci offre, e volentieri senza ulteriori indugi gli cedo la parola. Ferdinando Adornato Grazie, a voi tutti e a Cesare San Mauro per avermi invitato qui stasera. Particolare

rilievo hanno assunto, nel contesto

europeo,

le posi-

zioni che l'Italia è venuta via via assumendo nello scacchiere internazionale all'indomani dell' Il settembre del 200 1. Una valutazione delle ragioni storiche, politiche e perfino morali di tali posizioni appare particolarmente utile: anche al fine di contribuire a superare o ad attenuare le divergenze che, intorno ai temi della politica internazionale si sono registrate tra le diverse nazioni dell'Unione europea. E

. Presidente della Fondazione .LiberaL

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FERDINANDO

ADORNATO

FONDAZIONE

ROMA

l'

EUROI'

soprattutto per discutere quale dovrà essere il ruolo dell'Italia e del l'Europa nello scenario internazionale del XXI secolo. Con 1'11 settembre del 200 l è emerso un fenomeno profonda mente inedito che ha drasticamente mutato il contesto geopolitico strategico del nuovo secolo rispetto a quello del Novecento. Il nazismo e il comunismo, infatti, avevano messo in scena uno scontro intraoccidentale, interno all'universo dell'Occidente. Occidentali erano i carnefici, occidentali

erano le vittime. Qualcuno

ha persino po-

tuto interpretare il comunismo come una sorta di eresia cristiana, altri hanno decifrato nel nazismo le ombre di millenarie leggende della terra tedesca. Oggi, al contrario, l'aggressione è extraoccidentale, esterna all'Occidente. E tenta di determinare un conflitto tra civiltà mescolando, in un velenoso cocktail, l'odio religioso e il rancore sociale. Hider e Stalin erano come Frankenstein:

un Male che l'Occi-

dente aveva costruito nei propri laboratori filosofici e politici. Bin Laden, al contrario, rispetto a noi, è un AIien: semina distruzione in nome di un'ealterità» al destino dell'Occidente. Dal punto di vista delle vittime non c'è alcuna differenza. Qualsiasi opera di distruzione

è

eternamente identica a se stessa. Ma lo scenario per com batterIa è radicalmente diverso. La guerra di movimento COntro il nazismo e la guerra di posizione contro il comunismo sono state segnate dall'alternativa tra democrazia e totalitarismo. La guerra asimmetrica dichiarata da AI Qaeda ha aperto un'era del tutto nuova. Non solo per motivi geostrategici: perché il nemico è invisibile, può aggredire senza essere localizzato, può scegliere di colpire qualsiasi area del mon-

ICiI

111.1

r~Rl,!!:MA~

~L~'O~C~C<!..!ID~Ee!:!NTE..!.E:...!E~LE~RE~lAZI~""O:!..'-NJ,--,T,-"RAN,-=S"-,A1ù\NTI-,-=~C""H-,,,E,,--: v..!'-AL""O=Rl,-"--,,,C=OMUNl==

anche religione contro secolarizzazione,

povertà contro ricchez-

Islam contro Cristianesimo. Il terrorismo cerca di mettere in ope1.I·i che il mite professor Samuel Huntington ha descritto solo colli . un rischio: lo scontro di civiltà. 1.1,

l i fronte a questo nuovo scenario è indispensabile

cercare di isola-

Il AI Qaeda facendo capire che l'Occidente non si sente in guerra con l' lslam, moltiplicare gli sforzi per ridurre la povertà nel mondo e rilanI i.1 re il dialogo tra le religioni. Così come è indispensabile innovare le nostre strategie di difesa e mostrarsi inflessibili con gli Stati che protegl',ono l'estesa rete del terrore. E' indispensabile cominciare a porsi quella che, dopo l'Il setternappare come la domanda della Sfinge: noi donne e uomini delle terre occidentali siamo ancora consapevoli della nostra identità? Sap111' "

piamo ancora quanto vale la nostra libertà? E siamo ancora disposti a direnderla? Ho scritto terre occidentali, ma avrei dovuto scrivere Eulopa: perché l'enigma, in realtà, riguarda essenzialmente il Vecchio (; ntinente. Quello Nuovo sembra infatti più che consapevole della Il .ricolosità della sfida. La risposta, purtroppo, non può essere del tutto positiva. Non erano passati neanche due anni dall'Il settembre che ~)iàtornava a circolare nelle terre d'Europa il vento dell'indifferenza, la tentazione di dimettersi dalle proprie responsabilità. Quel vento e

quella tentazione che hanno condizionato

la più recente storia dell'Eu-

ropa, rendendola un nano militare, una mediocre potenza politica e, iò che più conta, un continente a bassa intensità etica. Abbiamo tutti sgranato gli occhi di fronte all'Inferno che trasloca-

do. Ma anche per motivi etici e storici: perché ora il cuore del conflitto diventa la stessa identità dell'Occidente, la forza propulsiva dei

va a Manhattan. Abbiamo gridato che eravamo tutti americani e che nulla sarebbe più stato "come prima". Ebbene per gli americani quelle

suoi valori fondativi.

parole restarono scolpite nella pietra. Ma non è stato così per tutti noi

Non più dunque

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solo dittatura

COntro libertà:

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FERDINANDO

ADORNATO

FONDAZIONE

ROMA EUROPEA

europei. Qualcuno è tornato a chiudere gli occhi. In alcune capitali europee si è persino tentato di far apparire George Bush come il vero pericolo per il mondo. Tanto che è sempre stato il ritratto di Bush a campeggiare come odiato nemico in molte manifestazioni quello di Bin Laden, mai quello di Saddam.

"pacifiste". Mai

Mi sono chiesto se la psicologia europea sarebbe stata diversa se quegli aerei suicidi, invece di sventrare il World Trade Center, avessero cen-

l'ARTE PRIMA

.eOCCIDENTE

l'animo di farIo? Intendiamoci:

E LE RELAZIONI TRANSATLANTICHE: VALORI COMUNI

non c'è niente di cui vergognarsi. E'

ovvio che la lunga e santa abitudine alla pace ha per fortuna tenuto lontane da noi eventualità del genere. Tuttavia è inquietante che i nostri Ilgli rischino di non percepire più, in modo culturalmente

attivo, co-

me per conquistare la grande libertà di cui oggi godono (e che a loro s .mbra "naturale") molti dei loro nonni e dei nostri padri, hanno sa-

trato la Tour Eiffel o il Colosseo. Respirare sotto casa l'aria delle macerie

crificato la vita. Non è affatto giusto, per il loro stesso futuro, che ignorino come nella storia la terribile alternativa tra Bene e Male torni co-

e dei cadaveri non può che rendere più cornbattiva la reazione di ogni comunità. Ma poi la strage di Madrid dell' Il marzo mi ha tolto ogni dubbio. Subito dopo il terribile attentato di Al Quaeda il nuovo gover-

stantemente a lacerare le nostre coscienze e che nulla, nella vita, possa dirsi conquistato una volta per tutte. I nostri figli sanno quanto vale un golfino Arrnani. Ma rischiano di non sapere più quanto vale la li-

no di Zapatero ha ritirato le truppe spagnole dall'Iraq. Mi è allora torna-

h

ta in mente la resa europea di fronte alle truppe di Hitler, la relativa facilità con la quale si è permesso al nazismo di impadronirsi dell'intera Europa. In una parola mi è tornata in mente la "sindrome di Monaco". Assieme all' amaro ricordo che per ben due volte l'Europa, nel secolo scor-

figli che la guerra non si sarebbe mai più presentata in queste nostre

so, ha avuto bisogno degli americani per difendere la sua libertà. Chiediamoci perciò più concretamente: quanti europei, quanti ragazze e ragazzi dei nostri Paesi, sarebbero davvero disposti a rischiare la vita per difendere la loro libertà, la patria, la civiltà? Rivedo le immagini delle navi e degli aerei, carichi del peso di migliaia di ragazze e ragazzi, bianchi, neri, cinesi, ispanici, di Cleveland, di Detroit, di Boston, di Seattle, di tutte le contrade degli Usa, partire per l'Afghanistan e poi per l'Iraq. Sono i pronipoti

e i nipoti di coloro che sbarcarono in

rtà.

La colpa è anche nostra: se abbiamo lasciato intendere ai nostri

t .rre abbiamo raccontato loro una mezza bugia. Se appare infatti verosimile che non debbano più ripetersi i cupi scenari del secolo scorso, non è affatto detto, come si è visto a New York, che il Male non possa ripresentarsi di fronte a noi sotto altre forme. Ma soprattutto: la guerra nel mondo, in realtà non è mai finita. Ruanda, Bosnia, Indonesia, I osovo, Cecenia, Iraq sono stati in questi decenni un tormentoso,

cru-

dele memento. Lillusionismo dei media ci ha protetto, decretando che quando un massacro non appare in TV è come se non fosse accaduto. Ma, purtroppo,

non è così. La gente muore anche senza cameramen.

I~'questo un tragico rischio della modernità: il nostro cuore è portato ad andare solo dove vanno i media. Al tempo del Kosovo la maggioranza dell' opinione pubblica europea invocò l'ingerenza umanitaria. Le

Europa nella prima e nella seconda guerra. Ripenso anche alle bellissime parole del presidente Ciampi agli studenti italiani: «Difenderemo con tutte le nostre forze la nostra civiltà». Ma ne saremmo davvero capaci? Quanti italiani, francesi, spagnoli, tedeschi avrebbero davvero

Saddam invece (come dal Ruanda, dalla Cecenia, da Timor Est) non

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immagini dei profughi kosovari colpirono nel profondo l'emozione del mondo e crearono un certo "consenso" per quella guerra. Dall'Iraq di


FERDINANDO

ADORNATO

Il 1111' ~P[~UMA~

ci giungevano immagini di morte e di disperazione. Per questo la s _ conda guerra dell'Iraq è stata così poco compresa. Niente media, nien-

---,r.:"-,'O",-C""C""lD""E,,,-NT,-,-=E ",-E!:!LE'-'.RE=LAZ=IO"-NI:o..T=RAN.::..o:..:;S=A=TlAN=-=-,-,TI=C",,HE=: -"VAL=O,-=Rl~C=O~M=U~NI

111110 della coscienza delle classi dirigenti europee, sia di destra che di sini11.1:quello spirito di revanche, quella miscela di sudditanza e di rancore,

te cuore: le nostre opinioni pubbliche hanno così facilmente dimenti-

quella permanente oscillazione tra bisogno di protezione e desiderio di af-

cato i 4000 villaggi, le 2000 scuole, le 2500 moschee, le 300 chiese distrutte da Saddam. 12 milioni di curdi deportati. I 5000 uomini, bam-

h.mcamento che caratterizza il nostro rapporto con gli Stati Uniti, alme-

bini, vecchi, donne gasati con il gas nervino ad Halabja. I 10.000 iracheni che, ogni anno, scomparivano vittime della repressione del regime (il che vuoI dire che ogni anno moriva in Iraq un numero di persone dieci volte più grande di quante ne siano state uccise nell'ultimo conflitto). E così qualcuno, in nome della pace, ha finito per difendere l'ombra della dittatura

e della morte. Magari soltanto perché que-

da quando Washington ha sottratto all'Europa nel secolo scorso, la lea.lrrship del mondo. Ma non è questa la sede per tornare sulle cause storiIICI

I

Il·e ideologiche dell'antiamericanismo che ha attraversato, da destra e da mistra, il Novecento europeo, e che ancora propone i suoi frutti avvelena-

Vogliamo solo indicare ciò che andrebbe considerato un punto fermo ,I ·11'attuale scenario geopolitico: una rottura con gli Stati Uniti sarebbe per il futuro dell'Europa un disastro economico, politico, etico e culturale. Il.

st' ombra non era comparsa in prima serata TV In ogni caso una sola cosa non può più essere giustificata: che gli europei deleghino agli Stati Uniti l'onere di difendere, pressoché da soli, la libertà nel mondo per

baglia, in Europa, chi pensa che gli Occidenti siano due. E sbaglia, II1America, chi vede come ormai incolmabile la distanza tra Marre (Sta-

poi contestar loro di comportarsi da padroni e gendarmi. carico dei doveri non si possono imporre diritti.

Senza farsi

do vile ed estenuato. Ci sono segnali di questo tipo: ma sarebbe esiziaI,.. da una parte o dall' altra, dimenticare che nonostante le evidenti in-

Questo paradosso storico, esito di decenni di pigrizia etico-politica dell'Europa, ha consentito il formarsi di sempre più vaste aree di diffidenza tra il nostro continente e gli Stati Uniti. Mai come negli ultimi tempi, dal

, omprensioni, la madre Europa e la figlia America continuano a recir.ire nel mondo all'interno di uno stesso orizzonte di valori, protagoni-

vertice di Johannesburg al confronto sull'Iraq, si sono fatti forti e ripetuti i segnali di ostilità lanciati da alcune nazioni dell'UE verso Washington fi-

Ii 'ano è sempre stato per noi un male, un isolazionismo europeo dagli Stati Uniti sarebbe davvero un salto nel buio e, per il mondo, una pe-

no a far intravedere il pericolo di una frattura politico-culturale di ciò che,

i olosa destabilizzazione. Non è dunque solo il debito di libertà e di \.lllgue contratto nel Novecento con l'America a legarci a Washington.

fino ad oggi, abbiamo chiamato Occidente. Non si tratta di segnali univoci e coerenti. A periodi di silenziosa o esplicita «ribellione» seguono periodi di «consenso forzato», secondo una logica di stop and go. Ma non c'è

ti Uniti) e Venere (Europa), tra un pianeta etico e combattivo e un mon-

t'

di una medesima identità storico-culturale.

Se l'isolazionismo

ame-

I

Non è solo il passato: è il futuro, con le sue incognite, a chiederei di 1I0n spezzare la rotta storico-culturale che chiamiamo Occidente. La-

dubbio che dopo 1'89, con la fine della guerra fredda, i rapporti tra Europa e USA si siano andati deteriorando. E' probabile che, con l'estinzione della minaccia sovietica, sia venuto alla luce ciò che già covava nel SOtto-

litico e umano tra la sensibilità europea e le strategie americane. E' quesia la fatica che oggi attende chi crede nei valori dell'Occidente. Leal-

96

97

vorare per impedire che questa frattura si crei, costruire un ponte po-


FERDINANDO

ADORNATO

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ROMA

E~JI

r:OCCIDENTE

tà nei principi e duttilità diplomatica: questa è la ricetta di una m na politica euroatlantica. Molti si ostinano a non capirlo: non è più tempo, una questione di destra e di sinistra. I due principali mod

111 LIIO IlIn.

11

I

comportamento che oggi l'Europa ha di fronte a sé non sono ridu li a questo schema. Da una parte, infatti, c'è il modello dellabu Blair, non seguito da tutta la sinistra: un' alleanza strategica con gli ti Uniti, la stessa che liberò il mondo dal nazismo. Dall'altra c'è il.

un incolmabile fossato tra l'asse franco-tedesco e quello anglo-it l ispanico. Dovrebbe essere questa la stella polare dell'intera Union . Torna utile tenere a mente una riflessione di Paul Valéry, propo metà degli anni Trenta, quando il destino del nostro continente era gi gnato dalla follia del XX secolo: "I..:Europa aveva in sé di che sottom re, e guidare, e regolare a fini europei il resto del mondo. Aveva strum ti invincibili e gli uomini che li avevano creati. Molto al di sotto di co ro erano quelli che disponevano di lei. Erano nutriti di passato: e solo p sato hanno saputo realizzare. Anche l'occasione è passata. La storia tradizioni politiche; le dispute paesane, di campanile e di bottega; I losie e i rancori da cortile - insomma la mancanza di prospettive - h no fatto perdere all'Europa quella straordinaria occasione, della cui stenza non si è nemmeno accorta in tempo utile. Napoleone è stato l'li

(,li sciagurati Europei hanno preferito giocare ad armagnacchi e

lln ocietà della loro epoca i Romani avevano saputo assumere e so-

li H' per

secoli. In confronto ai nostri, il loro numero e i loro mezzi non

nulla; ma nelle viscere dei loro polli essi trovavano più idee giuste e Il liti di quante non ne contengano le nostre scienze politiche». l' Valéry amaramente concludeva: «Poiché non sappiamo disfarei del-

1111

IIll\tI'a toria, ne saremo sgravati da popoli felici che non ne hanno afu», o quasi. E questi popoli felici ci imporranno la loro felicità». Forse l ruulo di Napoleone non fu solo positivo come Valéry sembra credere: I ti .~II ritratto dello spirito europeo è di straordinaria attualità. Sareb.l.rvvcro velleitario che gli europei intendessero invertire la rotta del 10llC'~1 ino imputando ai «popoli felici senza storia» (gli americani?) la col1.11 .ivcr reso «infelice» la loro. Oppure rivendicando presso di essi un' auuuunia puramente retorica, perché orfana di valori e di impegno appliIl••rppunto,

«su tutto il globo». A questo modo l'Europa si comporte11111' . me una contessa decaduta che si ostinasse a pretendere obbedienI .l.tlla nuova società ormai trionfante. Significherebbe perseverare nel Il.lesimo cliché di miope ottusità denunciato da Valéry. l'l'riò bisogna davvero intendersi sulle parole: che cosa vuol dire auuuunia dell'Europa? La fine della guerra fredda prima e 1'11 setternIl poi hanno decretato il tramonto dell'equilibrio mondiale fondato ,,11.1 paura dell'atomica e hanno certificato che la logica della «deter-

co, a quanto pare, ad aver intuito ciò che doveva accadere e ciò che si teva tentare. Ha pensato a misura del mondo presente, non è stato

111111

preso e lo ha detto. Ma arrivava troppo presto; i tempi non erano m ri; i suoi mezzi erano ben lontani dai nostri. Dopo di lui abbiamo ri

1111

98

a occuparci degli ettari del vicino e a ragionare in base al mo-

'1\') ni, anziché farsi carico su tutto il globo della grande funzione

Il!

dello del gollista Chirac, non seguito da tutta la destra: il sogno di un' tonomia politica e militare dagli Stati Uniti. Risulta allora evident l'Europa deve fare in modo che questi due modelli non diventino i mediabilmente alternativi, affinché non si apra nel cuore dell'Eur

c

E LE RElAZIONI TRANSATLANTICHE: VALORJ COMUNI

11/.1»

(che era anche la formula per la conservazione dello status quo) più sufficiente. Si trattava infatti di una logica volta a impedire

" H'tire l'azione che oggi non funziona più: perché i terroristi agiscownza trattare. E per di più non agiscono per autodifesa. Al Qaeda

99


FERDINANDO

ADORNATO

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ROMA EUROPF

l', Ili

E PRIMA

LOCClDENTE

E LE RELAZIONl TRANSATLANTICHE: VALORJ COMUNI

non esibisce un qualche diritto da raggiungere tramite trattativa. AI Qaeda vuole semplicemente distruggerci. Vuole distruggere noi, lo Sta-

Il -ricoloso bellicismo imperiale, come pure in molti ambienti europei si l detto e si dice. Esso è invece il risultato di due precise motivazioni stra-

to d'Israele, la civiltà giudaico-cristiana. Questi sono i suoi espliciti dichiarati obiettivi. Risulta allora chiaro come anche l'Occidente deb-

!l'giche: da una parte l'indispensabile sistemazione teorica delle coordinaI(' di un nuovo ordine mondiale post guerra fredda (sotto questo aspetto

ba compiere

I\u h figlio si è proposto un compito che avrebbe già dovuto essere espler.uo dal padre), dall'altra la coniugazione di queste linee guida con i nuovi cenari aperti dall' Il settembre. La consapevolezza di tali simultanee

una svolta concettuale,

fare proprio un nuovo pensiero

strategico differente da quello messo in atto al tempo della guerra fredda. Ebbene, non sembra che l'Europa abbia voluto finora riflettere con severità intorno alla necessità di un "nuovo pensiero strategico". Spesso anche quei settori che premono per accrescere il potenziale autonomo di difesa finiscono poi per sottolineare come tale obiettivo sia mirato a poter «bilanciare» l'azione degli USA e non già, al contrario, per impegnarsi in modo più indipendente e incisivo nella lotta contro il terrorismo, assumendo, ad esempio, autonome responsabilità nell'area mediterranea geopoliticamente cruciale e, per diverse ragioni, più "vicina" agli europei.

esigenze era già presente nel discorso sullo stato dell'Unione tenuto da George W Bush nel gennaio del 2003: "Questa minaccia è nuova; il compiro dell'America è quello solito. Per tutto il:XX secolo piccoli gruppi di persone hanno preso il controllo di grandi nazioni, arruolato eserciti e costruito arsenali per sottomettere i deboli e intimidire il mondo. In tutti i .asi, le loro ambizioni non ponevano limiti alla loro crudeltà e ai loro assassinii. Il nazismo, il militarismo e il comunismo sono stati sconfitti dalla volontà dei popoli liberi, dalla forza delle grandi alleanze e dalla poten-

Chiediamoci allora: l'auspicabile autonomia politico-militare dell'Europa deve servire a «frenare» gli USA o piuttosto ad assumersi in prima persona, alloro posto, le responsabilità che, nell'alleanza comu-

za degli Stati Uniti d'America. Ora, in questo secolo, l'ideologia del pote-

ne, dovrebbero competere a un continente come il nostro? Come è evidente, si tratta di due «autonomie» del tutto diverse. La guerra all'Iraq

leati sono tutto ciò che si frappone tra un mondo di pace e un mondo di caos e allarme perenne. Ancora una volta siamo chiamati a difendere la

ha diviso l'Europa proprio su questo. Si tratta di un problema dirirnente che noi europei dobbiamo a tutti i costi cercare di risolvere in una

sicurezza del nostro popolo e la speranza di tutta l'umanità. E accettiamo

discussione comune con Washington, chiedendo agli americani la pazienza di ragionare con noi e chiedendo a noi stessi di non fraintendere le reali intenzioni americane.

re e della dominazione è comparsa di nuovo e cerca di procurarsi le armi del più assoluto terrore. Ancora una volta la nostra nazione e i nostri al-

questa responsabilità". Il presidente americano poi concludeva: «Esercitiamo il potere senza conquistare e ci sacrifichiamo per la libertà degli altri popoli». E'

Il cosiddetto «nuovo pensiero conservatore» americano, il pensiero dei Wolfowitz, dei Perle, dei Kagan, dei Kristol, che ha trovato ascolto nella

difficile non mettere in relazione queste parole con quell'interventismo democratico di matrice wilsoniana che, superando fortissime obiezioni interne, convinse infine gli Stati Uniti a muovere guerra all'eser-

presidenza di George W Bush, non rappresenta affatto l'epifania di un

cito nazista liberando il pianeta dall'incubo

100

101

della croce uncinata.

Ma


ROMA EUROPEA

l'

è difficile anche non scorgere il nuovo scenario strategico aperto dalla fine della guerra fredda. La pace coatta imposta dal ricatto atomi-

I

FERDINANDO

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FONDAZIONE

co, infatti, se aveva preservato il mondo da cupi scenari di catastrofe, aveva anche «congelato» ogni possibile espansione della libertà e dei

Ili Il PRIMA

[OCCIDENTE

E LE RELAZIONI TRANSATIANTICHE:

VAWRI COMUNl

cvia assai complesso e pericoloso che, però, appunto, apre anche una mde chance impensabile all' epoca della guerra fredda: lavorare per

w.

vpandere libertà e democrazia in tutto il pianeta. Questa chance non si presenta solo come una «preferenza strategima come una vera e propria «necessità storica»: per fare in modo I Il ' i benefici economici dell'interdipendenza globale possano essere

diritti umani. Le reciproche sfere di «sovranità limitata» spartite tra Usa e Urss avevano paralizzato il cammino del progresso politico e ci-

1.1»

vile. Ora questo mondo è scomparso e il XXI secolo si è aperto sotto il segno di nuove radicali contraddizioni unite all'emergere di una gran-

l'ili facilmente, e in tempi più rapidi, assorbiti dalle aree attualmente ( siranee allo sviluppo. La nostra generazione deve, insomma, saper anI 1.1 re "oltre jalta". Ebbene, proprio questo sembra essere l'obiettivo del-

de chance. La prima contraddizione è quella tra la velocità della globalizzazione e l'arretratezza politico-istituzionale di una vasta parte del mondo nella quale non vige il sistema liberale. Dittatura

e globalizza-

"amministrazione

Bush e del nuovo pensiero strategico di Washington.

alta aveva scritto l'assetto di un mondo segnato da una sorta di «bipolarismo autarchico». E se aveva regalato la pace all'Europa, aveva

zione non possono andare d'accordo (come persino la vicenda della «polmonite atipica» ha dimostrato). La questione non riguarda dunque solo l'Islam, ma tutti i sistemi non liberali del mondo. Si apre una

rspropriato della libertà mezzo pianeta. Oggi che nuove nazioni e inrcri continenti, dall'Asia al Sudamerica, rompono le camicie di forza di

forbice drammatica:

quell'assetto le vecchie regole non tengono più. L'orizzonte della liber-

la globalizzazione non può essere fermata ed è an-

economica e politica comincia a far breccia anche laddove precedenl 'mente era valutato con diffidenza. Ma è del tutto evidente che solo IIn Occidente unito può rendere più rapida la conquista di quest' oriz-

zi una grande occasione di benessere per le aree più povere del pianeta. Eppure, il sistema liberale, cioé l'unico sistema di valori che può accoglierla e governarla verso il bene comune non è, appunto, globa-

I;

le. Di più: le dittature sono espressioni di Stati nazionali spesso assai

zonte e vigilare, con maggiore autorità e forza, sulle inevitabili tensio-

chiusi, mentre il mondo si predispone a inedite frontiere sovranazionali. La seconda contraddizione è ancora più inquietante: mentre non

ni che, lungo tale percorso, già si aprono e sempre più si apriranno. Vale la pena, a conferma di quanto finora detto, citare anche il di-

ci sono ragioni per pensare che le tre religioni monoteistiche vogliano sviluppare un' offensiva planetaria per imporre la loro verità come universale, è invece già in atto l'azione di consistenti poteri statali, finan-

s orso che George Bush ha tenuto a Bruxelles, culmine del suo viaggio

ziari e politici, in diretto contatto con le reti del terrorismo internazionale, per «giustificare» le loro resistenze all'avvento di una demo-

.uropee ma che, in fondo, non si discostava in nulla dai precedenti rationamenti di Washnigton: "Oggi l'America e l'Europa si trovano di

crazia planetaria dietro lo schermo della religione, usando l'Islam co-

fronte a un momento di grande peso e denso di opportunità. Insieme, possiamo ancora una volta far imboccare alla storia la strada della spe-

me strumentale

paravento della difesa di satrapie illiberali. E' un ero-

102

in Europa dopo la riconferma come presidente degli Stati Uniti. Si è trattato di un discorso questa volta ben accolto da tutte le cancellerie

103


FERDINANDO

ADORNATO

FONDAZIO

E ROMA EUROI'

ranza, che allontani povertà e disperazione e avvicini lo sviluppo e l dignità dell'autodeterminazione, rifugga dal risentimento e dalla vio lenza e vada verso la giustizia e una pacifica conciliazione delle diffi renze. Cogliere questo momento richiede idealismo: dobbiamo ved re in ogni persona ciò che c'è di giusto e la capacità di vivere nella li bertà. Cogliere questo momento richiede realismo: dobbiamo agire co saggezza e decisione nei confronti di sfide complesse. Cogliere quest momento richiede cooperazione: perché quando l'Europa e l'Americ stanno insieme non ci sono problemi insormontabili". Idealismo, realismo, cooperazione transatlantica: queste sembran davvero le chiavi del futuro, le chiavi della nuova era. Perciò l'Europa non deve mancare quest'ennesimo appuntamento con la Storia. Perciò non deve esimersi dalla responsabilità di contribuire a guidare il mondo oltre Yalta. La contestazione dell'unilateralismo americano, com detto, può assumere due facce. La prima è quella di chi, avendo in fondo nostalgia della guerra fredda, immagina di costruire nel mondo un nuovo bipolarismo antagonista con l'Europa che, mutatis mutandis, vestirebbe geopoliticamente, nei confronti degli Usa, i panni che furo-

P

Iti F. PRIMA

LOCCIDENTE

E LE RELAZIONI TRANSATLANTICHE: VALORI cOMUNI

1" ia sicurezza (oltre che quella del pianeta) agli Stati Uniti per poi lamenmsamente contestar loro vere o presunte arroganze da superpotenza. Tah. traguardo, se vuole affermarsi come unità dell'Occidente, evitando i Iis Il'

,I

hi di un bipolarismo antagonista tra Europa e Stati Uniti, deve esse-

anticipato e suggellato da un patto etico-politico: una nuova alleanza -lle democrazie che richiami, attraverso una carta dei valori e degli in-

u-nti, i principi morali, strategici, geopolitici e umanitari che guideran110

la loro azione nel nuovo ordine mondiale, compresa l'eventualità di

interventi militari o di polizia internazionale. Al tempo del Kosovo si invocò l"'ingerenza umanitaria". Dopo 1'11 settembre si è delineato lo scerio della «guerra preventiva». Il tutto puntualmente accompagnato da inevitabili polemiche. Quale che sia il giudizio su questa o quella strate'la, è ormai evidente che il mondo del post '89 chiede nuove petizioni li principio e nuove regole di legittimazione del diritto. Una nuova carIl

di valori sottoscritta da tutte le democrazie, certamente non avrebbe valore erga omnes, ma servirebbe a definire, per un lungo periodo di tempo, una posizione comune del mondo democratico all'interno di tutte le rganizzazioni internazionali. tOnu, così come attualmente è organizta

no dell'Urss. La seconda è, viceversa, quella di chi intende governare il XXI secolo nella cornice di un nuovo multilateralismo democratico nel quale l'Europa, in forte sintonia strategica con gli Stati Uniti, dotata di

zata, non è in grado di provvedere alla definizione di queste nuove rego-

autonomia

frontare il viale del tramonto, come era già successo alla Società delle Nazioni. Del resto, la storia non fa salti: se è vero che l'ordine fondato a Yal-

politica e militare, comincerebbe

progressivamente

sumere responsabilità analoghe a quelle degli americani, equamente diritti e doveri del nuovo ordine mondiale.

ad as-

dividendo

le. E' inutile essere ipocriti: era ed è a tutti evidente, già assai prima dell'ultima controversia sull'Iraq, che l'Onu, se non cambia, rischia di af-

ta è superato, è inevitabile che risulti superato anche il modello di rela-

Costruire la propria unità politica e un proprio esercito cornpetirivo significa probabilmente, per gli europei, operare diverse rinunce in ordine al proprio sistema di tutela sociale e agli investimenti della propria

zioni internazionali che a quell' ordine si ispirava. Finché il problema era quello di «bilanciare» e «contenere» il bipolarismo USA-URSS, il Palazzo di vetro ha egregiamente svolto il suo mandato, dando voce e autori-

spesa pubblica: ma, come detto, non si può pretendere di delegare la pro-

tà ai Paesi che rischiavano di rimanere schiacciati dal gioco delle sovra-

104

105


FERDINANDO

ADORNATO

FONDAZIONE

ROMA EUROI'Et.

l'

nità limitate e impedendo, con l'attribuzione del diritto di veto, ogni for-

LOCCIDENTE

111'1\ PRIMA

Il,~l spesso

E LE RElAZIONI TRANSATLANTICHE: VALORI COMUNI

richiamata anche dai discorsi dei presidenti degli Stati Uni-

zatura unilaterale capace di mettere a repentaglio il pianeta. Ma oggi eh

Il (non

i nuovi scenari mondiali evidenziano la necessità, sia in campo economico che politico, di espandere l'«area delle libertà», risulta inefficace, uno strumento costretto a dar voce e autorità alle diverse dittature del mon-

di un certo laicismo che vorrebbe "espellere" ogni suggestione religio-

do perfino in materia di diritti umani. Ebbene, in attesa che il mondo trovi più adeguati strumenti di regolazione del diritto internazionale, una carta di valori e di intenti promossa da una nuova alleanza delle democrazie avrebbe il merito di render intanto chiaro al pianeta ciò che Stati Uniti, Unione europea, Canada e Israele intendono per «ordine mondiale» sollecitando Paesi come Russia, Turchia, India, Cina e quanti altri intendessero aderire, dall'Asia all'Mrica al Medio Oriente, a muovere i passi necessari per assumere una piena titolarità a far parte della nuova ret democratica mondiale. Il network della libertà e della pace. E' del tutto evidente che, per poter solo immaginare

questo grand

traguardo, occorre sconfiggere quella potente corrente relativisra che da tempo attraversa la cultura europea e che contesta l'esistenza stessa di verità considerabili "universali". Lungo questa via si può arrivare persino a considerare equivalenti i diversi ordinamenti politici: a considerare cioè trascurabile anche la differenza di valore tra gli Stati democratici e quelli totalitari. In fondo, questi ultimi si fondano solo su tradizioni, culture, costumi etnici diversi dai nostri! Verrebbe così contraddetta l'idea stessa che democrazia e libertà siano valori universali, fondativi della convivenza umana. Se l'Occidente

cessasse di considerare

la democrazia come un valore universale si aprirebbe una pagina davvero buia per tutto il pianeta. Segni di tale possibile regressione sono già presenti in Europa. La polemica contro le "democrazie che credono", contro la religiosità civile che anima l'etica pubblica americana,

106

.1

è questa infatti un' esclusiva di George W Bush) e le tentazioni

dalla sfera pubblica, lasciano trasparire una concezione minimalista

d('lla democrazia, letta unicamente come un insieme di procedure form.ilistiche, sciolte da qualsivoglia riferimento etico. Ma così, separato

.l.rlla propria fede nella libertà e nella democrazia, l'Occidente resterebIl(' davvero soltanto un complesso militare-industriale, privo di qualusi credibilità etica. Una potenza-totem, afasica di messaggi universali l' pirituali, del tutto incapace di coniugare la forza con la giustizia e di .redere nell'irriducibilità della libertà, veri leitmotiv della sua seco1.11' - marcia di progresso. Il network della libertà e della pace deve, vil'versa, considerare come inscindibile, nel nuovo ordine mondiale, il 1,lpporto tra forza e giustizia. Così come quello tra sicurezza e svilup-

I

po. E' più debole la forza di tutti se usata senza amore per la giustizia,

losì come è disarmata e spuntata ogni rivendicazione di giustizia se l ~.lude a priori ogni uso della forza. Nello stesso modo è più debole la i .urezza di ciascuno di noi senza saper garantire sviluppo, specie alle l'l

onornie più arretrate, così come è impossibile avanzare nello svilup-

po senza difendere la sicurezza di tutti. Il XXI secolo non chiede dunque agli europei di abbandonare

i ca-

nnli privilegiati che, anche sulla base della storia, abbiamo costruito on questo o quel governo moderato dei paesi arabi o islamici. Al rnntrario: si tratta di renderli ancora più robusti pretendendo, proIll'io in nome dell' amicizia, che da questi governi e dai loro popoli si Il vi una condanna ancora più forte del terrorismo internazionale e ti .lle dittature. ,I

suo vantaggio:

La nostra battaglia non è contro l'Islam. Viceversa è per impedire

che la religione venga usata come pa-

107


FERDINANDO

ADORNATO FONDAZIONE

ROMA EUROI'

ravento della dittatura e del crimine, facendo prevalere quelle voci ri formistiche che, seppur per ora in solitudine, orgogliosamente riven dicano la possibile convivenza tra Islam e democrazia. Le terre occi dentali sono costantemente attraversate da movimenti che contesta no gli Stati Uniti e le scelte dei propri governi. Per quanto alcune del le posizioni espresse siano pericolose e autolesioniste,

LAzIO, PROTAGONISTA TRA ROMA E L'EUROPA Roma, Caffè Greco,

esse fanno co

di Piero Marrazzo

munque parte del paesaggio della nostra libertà, della nostra fede nel la democrazia e nella libera espressione del pensiero. Sarebbe belI poter vedere un giorno, nelle città islamiche, analoghe manifestazioni: contro il terrorismo, contro Bin Laden o contro i vari Saddarn,

2005

*

esare San Mauro

per gridare a tutto il mondo che tra l'Islam e l'ideologia terrorista non c'è e non ci deve essere nessuna commistione. O ancora meglio manifestazioni figlie di un libero esprimersi del pluralismo politico. Qu l giorno sarà davvero un grande giorno per tutto il pianeta. E di questo nuovo corso anche l'Europa dovrà essere protagonista.

13 dicembre

uonasera a tutti e benvenuti. Vi presento il Presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo, le altre volte che ho avuto l'occasione di avere personaggi noti come il Presidente Marrazzo non

ho dovuto dire niente perché la notorietà supplisce alla informazione, rua mi piace rammentare

del Presidente l'impegno in modo particola-

/(' ul fronte della difesa dei consumatori

e degli utenti. Il Presidente è

l.rureato in giurisprudenza,

ha trascorso in RAI 20 anni prima come onduttore e poi come inviato di RAI 2, poi è stato responsabile della I 'stata giornalistica e quindi direttore del tg regionale della Toscana e ha poi lavorato con Giovanni Minoli ad alcuni celeberrimi format te-

I

I 'visivi in modo particolare a "Cronaca in diretta" e agli speciali di format, per poi balzare alla notorietà assoluta conducendo "Mi manda IW tre" che è il momento in cui il tema della difesa dei cittadini è stadeterminante per il suo impegno. Ho detto tutto e ringrazio ancora il Presidente Marrazzo per avergli rubato un po' del suo tempo .

IO

. Prmdente della Regione Lazio.

108

109


PIERO

MARRAzzo

l',

Piero Marrazzo

I

Buonasera a tutti. Sono io che vi ringrazio per avermi invitato, quella biografia manca forse la parte più importante. E' ora anche

da di

!

1(1'1, PRlMA

LAZIO,

PROTAGONISTA TRA ROMA E LEuROPA

hiudeva uno come Riccardo Lombardi e da questo potete capire come r.t la politica che avevo lasciato. Roma e l'Europa, oggi ho riflettuto a

lungo su quali temi incentrare l'incontro con voi. In primo luogo parrendo dal dato quanto di europeo c'è a Roma e se mi consentite nel La-

gettare la maschera: sono stato il candidato civico che ha vinto cercando di costruire una rete intorno a sé che andasse al di là della coalizio-

zio, potremmo partire dalle infrastrutture

ne dei partiti, ma in realtà sono stato programmato per tutt'altro e chi mi ha chiesto di candidarmi lo sapeva. Dal 197 4 al 1985 ho svolto un' at-

vizi, grande frontiera sul mondo del ventesimo secolo: qui potremmo

tività ~olitic~ prima in una federazione giovanile fino ad arrivare quasi al vertice, pOI ho svolto attività in un partito pensando di fare l'avvocato o qualcos'altro, chi conosceva mio padre lo sapeva che ci teneva e stasera vedo un suo grande amico in fondo alla sala" ho preso quindi una laur:a in. giurisprudenza alla Sapienza ma in realtà è come se dopo 20 anru fossi tornato a fare quello per cui ero stato programmato.

Di fron-

te. a~ una plate~ come questa bisogna di do e giocare a carte scoperte. DICI~m~ che mIO padre ha lasciato una traccia indelebile nel giornalismo italiano televisivo e non solo. Quando un giornalista muore nel-

su gomma e sapremmo che iarno molto al di sotto della media europea, standard di offerta e di ser-

l'orgere delle punte apicali e poi delle ricadute. Quanto siamo europei I ome regione intendendo la politica della regione in una politica di bil.rreralismo nell'area in cui si opera? Qui vorrei dire che pensando alla mtalogna di Maragal, o altri centri in Europa come in Baviera o altri luoghi per esempio dell' energia pulita come la Galizia, penso che abbiamo una centralità politica da riconquistare nonostante Roma abbia delI . forti espressioni in tal senso, mi viene in mente Sant'Egidio, Roma città del dialogo, ma che poi non si concerta nelle attività istituzionali

l'at~ivit~, i~ RAI, si dà accesso ai figli. lo venivo da un periodo personale dIffiCIle, In quanto nello stesso anno avevo perso mio padre e mia ma-

della regione. Quindi è una regione che deve cercare di essere sempre di più all'interno degli asset delle politiche regionali europee. lo immagino che la Regione Lazio e io come suo Presidente debba attivare la po-

dre, quindi per fada breve sono entrato in RAI e ci ho passato 20 anni.

litica della cosiddetta Camera bassa, il CDR ovvero il Comitato

Quando sono stato chiamato alla sfida per la Regione Lazio, essendomi sempre occupato degli interessi dei cittadini avrei potuto costruire consenso intorno alla mia candidatura: però vorrei dirvi che sono stato chia-

Regioni, dove il protagonismo è della Toscana con Mattini e forse anhe della Lombardia, applicando una attività politica relazionale al di fuori degli schemi. Ora manca alla nostra regione una visione politica

mato anche perché sapevano che la politica non mi era affatto estranea. Da sei mesi sto lavorando cercando di rimettere in moto dei meccani-

'uropea, abbiamo coniato un piccolo slogan ma secondo me molto rappresentativo: "testa in Europa e piedi nel Mediterraneo". Vuole dare il

smi arrugginiti dopo 20 anni che non sono pochi. Sono stati sei mesi belli, sono molto appagato per quello che sto facendo, sto lavorando con il piacere di lavorare. Sono arrivato in un mondo diverso, per quanto ri-

messaggio di standardizzare la regione verso l'alto guardando l'Europa ma con un ruolo nel Mediterraneo e credo che questo sia la sintesi po-

delle

guarda la politica, basti pensare che nel 1980 un congresso giovanile lo

litica del nostro incontro di questa sera. Non può esserci sviluppo se non c'è sviluppo infrastrutturale, quindi nelle reti materiali e nelle reti

110

111


LAzIO,

PIERO MARRAzzo

immateriali:

SU

queste ultime abbiamo da lavorare molto, se la band

TRA ROMA E CEUROPA

Il . forse il luogo simbolico: la direttrice sud. Non mi convince il cor-

I,rio tirrenico meridionale e la scelta di Arcea, una soluzione che ci ha

larga non arriva che in 200 comuni su 378 che costituiscono la nostr regione. Ho trovato una regione che al suo interno non dialoga con lin-

111 Il,

guaggi tra assessorato e assessorato a volte non interfacciabili. Dalle per-

111

sone che ho incontrato, uomini e donne che ad esempio conoscono bene il mondo della sanità, bene io quest' estate non ho dormito perch per esempio il network delle ambulanze che ho trovato era senza nes-

PROTAGONISTA

portato, fra l'altro ad un procedimento

di infrazione europea con

investimento pubblico del 71 %, di cui il 40 % da parte dello stato

11111.1

legge obiettivo ma più del 31 % da parte della regione: è impossi-

bili' he la Regione Lazio possa sostenere la spesa del 31 % per compieI l'opera. Lidea, che porteremo al CIPE, è di partire da una Roma-Lac da una Cisterna-Valmontone cioè immaginare un primo grande Il IlIl one, perché la Pontina è una emergenza. Il sedime della Pontina è

sun sistema satellitare o di nuovissima generazione: io ho trovato il sistema analogico che non funzionava con un'unica antenna a Monte-

1111,1

compatri, che se ci fosse stato un grave attentato non avremmo avuto le autoambulanze connesse tra di loro né tanto meno connesse con gli

d,I sfruttare, perché quando si fanno delle opere non si fanno contro il

ospedali. Abbiamo fatto un investimento di due milioni di euro passato attraverso Laziornatica solamente per rimettere in piedi la rete analo-

ritorio, il territorio ha visto questa opera molto male e adesso chiede .Il Il risposte che vedano sistematicità nella rete su gomma. Poi c'è un' ope1.1 'he da trentatré anni chiede di essere conclusa, sono i 33 kilornetri 111

inelli a Civitavecchia, sarebbe la Orte-Civitavecchia;

non abbiamo

gica, con l'idea di andare a interfacciarci con quelle che poi saranno le scelte nazionali nel momento in cui avvenisse un grande evento e pas-

.1.1

sasse dunque tutta l'emergenza attraverso la prefettura che svolgerebbe attività sia di intervento che di protezione civile. Questo è il simbolo di

l.cpini che collegherebbe Latina a Frosinone per arrivare fino alla For-

l,I trasversale che va da Cisterna a Valmontone, non abbiamo la Monti

quello che abbiamo ereditato: noi attraverso Laziomatica pensiamo che sia necessario, partendo dal nostro "core" che è l'attività amministrati-

ruia-Cassino. Quindi la mia sarebbe un'idea di regione che dovrebbe partire da nord, stiamo aspettando di chiudere anche con il governo e I on la Toscana per il corridoio tirrenico settentrionale. Debbo dire che

va, svolgere poi una grande attività di rete. Passo quindi alle reti materiali, come dicevo sappiamo che su gomma non ci siamo, voi sapete - e

,i parlato molto ma non si è detto che nella legge obiettivo ancora non tanziato un euro. Sono molto attento, avendo la Roma-Civitavecchia,

lo avrete letto sui giornali - che ho preso una decisione in una logica fortemente collaborativa con il governo che è quella di immaginare una ripartenza. Negli ultimi cinque anni non è stato costruito un chilometro

.1

di strada. Guardate, non sono qui a rivendicare né a fare polemica po-

somma che questa regione abbia il completamento. Tutto questo è collegato al ferro. Sta per arrivare una rivoluzione che ancora non è governata, c'è uno spostamento verso l'alta velocità e quindi ci si liberano per

litica perché forse sono cose che vengono anche da lontano. Circa il problema dell' emergenza, i fondi sono pochi però è necessario rimettere in moto la macchina del Lazio e ho scelto la logica di ripartire da quello

112

sfruttare il sedime dell'Aurelia, però mi inserisco in una logica più complessiva. Non sono né del "partito di Caparbio" né di altri partiti, ma la I gica è quella di raggiungere l'obiettivo di arrivare fino a Formia, in-

le ferrovie regionali la Cassino-Roma

113

e la Formia-Roma:

questo in una


PIERO MARRAzzo

FONDAZIONE

ROMA

EUROPI

l'

Il 1'1', PRIMA

LAZIO,

PROTAGONISTA

TRA ROMA E LEuROPA

logica di Roma europea per una rete che non sia solo sui grandi tracciati che legano l'Italia ma anche una rete regionale. Dobbiamo avere un'id

uminciare a pensare che ha la necessità di un territorio metropolitano pill vasto, il Lazio. Non vorrei citare Metternich ma in realtà quando

di piano di mobilità e di piano di lavori pubblici sulle reti materiali immateriali e su quelle materiali una grande interrnodalità tra ferro

'1" 'sto Lazio voi lo andate

gomma. Se passerà al CIPA l'idea di non portare solo su gomma il tratto Pomezia-Roma ma anche su ferro, comincia a prendere forma il pensiero che a Roma ci si arriva anche su ferro. Questo vale anche per Viterbo: sapete che noi mettiamo un' ora per arrivare a Napoli e un' ora e mezzo per arrivare a Viterbo? Queste sono cose che dobbiamo avere a mente perché se no è inutile parlare di Roma europea, a chi interessa a Roma il sistema regionale? Sono venuto a parlarvi di un'idea che mi sono formato in sei mesi perché vi dovete aspettare da me una visione di lettura politica della regione e della questione dei rapporti tra enti locali. Abbiamo qui un maestro del cinema, Gigi Magni, che ha amato Roma ma ci ha anche lasciato la storia di una città che viene da lontano

a guardare, vogliamo parlare di Rieti? Vogliaparlare di Frosinone? Vogliamo parlare di Latina? Quando nasco-

IItO

Qui ci vuole la storia, nascono nel ventesimo secolo ma in realtà so110 più territori, cioè la Sabina non è il Reatino che è stato strappato all'Urnbria o all'Abruzzo, la provincia di Frosinone che è un'altra finzio1I0?

It('

nel senso che la Ciociaria e le terre di lavoro erano più campane, per

non parlare del subpontino che è vicino alla Campania: cosa volevo quindi dire? Che c'è bisogno di ragionare la regione più per territori e queIi

lavorano, vivono e si interconnettono come popolazione con Roma ( Roma ha bisogno di questi terrirori perché la valorizzazione del territorio urbano di Roma spinge notevoli segmenti della popolazione ad .mdare a vivere non solo nella provincia di Roma ma anche verso le alt l" province limitrofe. Lobiettivo di un' area come quella di Roma è quel-

ma che va anche lontano, e allora noi possiamo immaginare che risolviamo Roma con la questione legge capitale, un District of Columbia cioè ad un Washington D.C. avulso dal suo contesto? lo penso di no

lo di recepire a volte quasi mezzo milione di persone sia in entrata che

perché noi siamo in Europa: come Barcellona ha bisogno della Catalogna a e la Catalogna ha bisogno di Barcellona, e la Baviera di Monaco

p ter parlare di Roma europea e cominciare ad immaginare non più Ro-

e Monaco della Baviera, Roma non può fare a meno di una crescita complessiva sia del sistema infrastrutturale o economico. Si lavora a Roma, si vive magari a Viterbo, si trascorrono le vacanze sul litorale romano, si parte in aereo da Fiumicino, si parte in nave da Civitavecchia: questa è un'idea, Roma è una città metropolitana e deve essere considerata una capitale, su questo non c'è dubbio e deve avere leggi che consentano a questa città di vivere da capitale. Per tutti i volumi di traffici e di persone è la più grande capitale di Europa e un'area metropolitana che deve

114

in uscita perché si può lavorare a Pomezia o ad Aprilia, un ingegnere può lavorare in Finmeccanica o alla Marconi o in altri settori, allora per ma come 80 % di prodotto interno lordo del Lazio, Roma e la sua provincia come una realtà che ospita quasi tre milioni e mezzo di abitanti, bisogna cominciare ad immaginare questo luogo in connessione con l'altra parte della regione che produce i120 % del PIL e che ospita due milioni e mezzo di persone che vivono in un sistema: il sistema Lazio. Questo sarebbe già un modo per lavorare in termini e con paramel'i europei, però dobbiamo anche capire che se questo territorio riesce a vivere così deve porsi delle frontiere. La prima frontiera che penso alle porte, i biglietti da visita, sono Civitavecchia e Fiumicino.

115

Fiu-


PIERO MARRAzzo

FONDAZIONE

IIII PRJMA

ROMA EUROP

micino è una grande partita e lo dico davanti a un prestigioso parrer re de roi, non possiamo più pensare che Fiumicino non abbia un ruo lo strategico per il Paese. Mi diceva uno dei più grandi esperti italian di mobilità che noi qui non produciamo ricchezza perché non sfrut tiamo la logistica e questa per esempio è una strada europea per Ro

tratta di persone che vivono e lavorano con l'Alitalia. Quindi l'opera zione è convincere Alitalia che la rinascita o comunque il percorso eh speriamo la aiuterà ad uscire dalla crisi passa per l'hu di Fiumicino.

E'

certo quindi che se questa città vuole essere europea non può prescindere dalle rotte intercontinentali. Questo vale per il primo grande startup economico

che ha la regione e ha la città. La città è anticiclica,

vero che va in controtendenza ed attrae sempre più turisti, ma ormai non si regge se non si ha una logica di territorio più vasto e allora come facciamo se non portiamo turisti dal più grande mercato del mondo che è la Cina? Non ci conoscono in India, non possiamo sfruttar tutte le potenzialità. Parlavo con l'amministratore delegato di Sky eh

PROTAGONISTA TRA ROMA E L'EUROPA

1111.1 prima

grande necessità: Europa come infrastrutture ma Europa !Il he come capacità di governare i processi di cambiamento. Allora

"I saprete che in Francia c'è una agenzia per l'innovazione I ('

oltre un miliardo per l'innovazione:

che gestise adesso vi dicessi la cifra che

tiamo in Lazio in innovazione non ci credereste. Ogni anno que1.1 regione investe tra i cento e i cento trenta milioni di euro in inno.izione, completamente polverizzati perchè è una polverizzazione che

mvc

ma e per il territorio, ma l'hub di Fiumicino potrebbe diventare I Francoforte del mediterraneo e la partita è molto importante e si gio ca con l'Alitalia - che è la più grande azienda di questa regione - e in quel cornparto che insiste su Fiumicino e Ostia con un gran numer di persone che lavorano nell' azienda Fiumicino, la città del volo. i

LAZIO.

I

va a posare su una serie infinita di investimenti.

Questo non è un

p.lrametro europeo, e allora la logica che vorremmo seguire è quella Il individuare le priorità, primo perché siamo in una fase di vacche Il!.lgre, scusate il termine, e quindi non ci verrà consentito di poterei p!'l'mettere lo spreco delle risorse; secondo perché dobbiamo corninI inre ad immaginare quali sono le vocazioni di questa regione. In priluogo una vocazione è quella di sapere da dove veniamo, pensando che questa regione è una regione europea perché ha in sé la logica 11t' difendono paesi come Germania e Francia: la politica dell'agricol\110

tura. Questa regione deve ripartire da un'agricoltura che difende il teriirorio rendendolo produttivo anche arrivando a difendere quel patri11\ nio che l'UNESCO dice essere per 1'80 % dei beni culturali mondiali in Italia, la maggior parte dei quali sono nella nostra regione e a Roma. C'è poi l'agenda di Lisbona, cioè la logica dell'economia del

diceva che noi abbiamo 40 milioni di cittadini americani che si ricordano di Roma quando muore il papa e vengono. E' un brand forte ma

,.Ipere. Qui davanti a me ci sono molte persone che vivono e lavora-

non si può contare solo sulla CNN, deve essere più strutturato. E allora se le infrastrutture sono necessarie per una logica di tipo europeo

I l'i di

110

nell'università. Noi viviamo nella città con maggior numero di cenricerca ma non abbiamo il sistema, non c'è sistema e questo è si-

e quale è l'idea

uramente un problema per l'economia della coscienza, ecco noi abhiarno già tre cose ma che, insisto, purtroppo non sono in rete. Ab-

che abbiamo e giocando sempre sulla parola Europa, se il mio ospit me lo consente rappresentando tutti i soci di questa Fondazione, c'

hiamo il polo chimico-farmaceutico a sud di Roma e a nord di Latina. C'è stato poi un certo trasferimento delle TLC e delle ICT con

116

117

credo che dobbiamo

vedere quali sono le potenzialità

l


PIERO

MARRAzzo

FONDAZIONE

ROMA EUROP

LAZIO.

1'11' PRIMA

PROTAGONISTA

TRA ROMA E ~EUROPA

1'audiovisivo che formano veramente uno dei pezzi fondamentali del l'economia di questa regione: abbiamo investito sette milioni di eur

lo di quei cento, centoventi

con il test range del Galileo attraverso la Filas e abbiamo ottenuto costruire un distretto aerospaziale e quindi possiamo immaginare ch

1111.1abina di regia presso la Presidenza e con gli assessorati economi1l he gestiscono tutto questo. Questi centoventi milioni vanno spesi 111sviluppo è inutile darli e fare clientela, è molto più importante chie-

l'economia

della conoscenza del sapere su questa regione si può far.

Abbiamo investito nelle bioscienze. Aspettiamo che l'Agenzia Spazia le Italiana sblocchi diciotto milioni di euro, non tutti nel Lazio ma si-

milioni: la seconda cosa che faremo è la llurrna che non costa niente che è la riforma del CIPE regionale con

Il I . alla capofìla, cito Finmeccanica

per il test range Galileo, e chie-

alla grande azienda di fare fìliera verso la piccola e media impreI. l.'innovazione è anche una questione di organizzazione di impresa

111"

curamente andiamo a candidarci e allora vuol dire che noi dobbiam investire nei settori industriali: il distretto della bioscienza, dell' aero spaziale, dell'ICT che è un pezzo dell'economia della conoscenza eh

.illora il Lazio può essere europeo in una logica di grande attenzio111allo sviluppo economico. Il problema è che non puntiamo alla for-

ci aiuta a costruire innovazione

11I.11,ione della classe dirigente della pubblica amministrazione, questo Iln paese che dopo il concilio di Trento pensava che poi si risolvesse

per chi deve produrre in un territori

dove abbiamo aziende piccole, troppo piccole che non sono in grad di avere promozione, internazionalizzazione e quindi che hanno bisogno da parte del tessuto regionale della pubblica amministrazione di essere sostenuti. Ma come farlo? In primo luogo mi sento di dire a voi tutti quale era la situazione nella sanità e questa è stata una grande partita ereditaria dove nel bilancio 2003/2004 si diceva che il disavanzo era di ottocento milioni di euro, noi abbiamo scoperto che siamo a due miliardi e due. Il Presidente della Regione Lazio dovete vederlo come un Amministratore Delegato che ha un bilancio di sanità circa di 9 miliardi di euro. Questo Amministratore Delegato oggi non è in grado di controllare

la spesa e di controllare

il percorso del processo

1111 IO nell' attività delle piccole formazioni che si chiudevano e non si pl'n ava che c'era la necessità di costruire l'architrave del Paese. Per empio mi piacerebbe come Regione Lazio lanciare una nuova proposta di semplificazione

a livello regionale che aiuti l'impresa e i cit-

I.Hlini. Penso che quando si parla di Roma e l'Europa ci troviamo darnti a qualcosa che corre veloce: la globalizzazione. Nelle analisi deli analisti era come arrivare a quei mercati

h.c1 nell'acquisizione

attraverso il sistema glo-

di un costo del lavoro più basso attraverso la de-

Il) .alizzazione delle aziende. Così leggiamo la globalizzazione fino a I(lIalche anno fa, oggi è passata ad una seconda fase nella quale i pro-

di formazione degli atti: ma quei soldi sono vostri, e quello che faremo alla Presidenza della Regione Lazio è istituire un controller com

.lotci a basso costo di produzione cominciano

si fa nelle grandi aziende perché dovete sapere che il Presidente della Regione viene a sapere come sono stati spesi solo otto, nove o addirit-

n.i, distretto

tura a volte quindici

quindi intervenire? Direi proprio di no. E' europeo questo? Vi ho det-

Il' rgono i sanitari per una questione di know how. Non è più neanl he la fase della scommessa di vincere la partita abbassando il costo di

118

119

mesi dopo che sono stati spesi. E' impossibil

ddla nostra economia.

a mettere in crisi pezzi Prendo ad esempio il caso di Civita Castella-

della ceramica nel Lazio. Andava benissimo, oggi lo sto-

vi liame prodotto in Cina a prezzi bassissimi mette in crisi il settore,


PIERO

LAzIO,

MARRAzzo

produzione,

ma investendo

in innovazione,

quindi ricerca e innova-

zione e prodotto più competitivo che riesca ad essere concorrenziale. Adesso nel Lazio cominciano ad arrivare capitali dall'Oriente. La mia vecchia trasmissione mi ha insegnato a parlare con fatti concreti: per esempio, ad Anagni nella ex-Thompson Videocolor c'erano 2500 persone che lavoravano con i televisori a tubo catodico più 1500 nell'indotto, più il distretto industriale di questo. Il tubo catodico entra in crisi per le nuove tecnologie dei cristalli liquidi e del plasma, e alla fine la Thomson decide di delocalizzare, vende agli indiani - guarda caso è un processo inverso rispetto alle vecchie nostre generazioni che superavano gli oceani e poi con alcuni capitali rientravano dai paesi del Nord Europa, adesso invece arrivano capitali dall'Oriente. Questo è una fase da governare,

noi abbiamo immaginato

e abbiamo

detto

agli indiani che sarebbero stati costretti a puntare sull'innovazione per non delocalizzare a loro volta. Abbiamo anche detto di di cominciare a produrre plasma, che noi ci avremmo messo la formazione con lO milioni di euro di investimento per la riconversione del personale e 20 milioni in 4 anni per la riconversione industriale: speriamo che il governo ci segua, questo è un modo per tentare di governare. Ma lo vedete il Mediterraneo come è? Può diventare crogiuolo di iniziative commerciali che poi sono quelle che hanno costruito il tessuto commerciale delle popolazioni

PROTAGONISTA

TRA ROMA E L'EUROPA

" 111" PRlMA

nei secoli, basterebbe citare la scuola me-

dica salernitana e tornare ancora a ritroso, fenici e quant' altro. La partita quindi si gioca nel Mediterraneo, chi è il Lazio e chi è l'Italia nel Mediterraneo: in primo luogo un Paese che deve riuscire a fare di necessità virtù. E allora abbiamo immaginato che se la Galizia ha investito 85 milioni per necessità quando la marea nera ha investito le coste Galiziane, con questo investimento hanno investito nelle fonti ener-

120

(Ii 1110,

he rinnovabili.

Mi direte che sono allora schiavi dell' ambientali-

e invece no perché nella riconversione

energetica che parte dal-

1',lgricoltura, con le biomasse per la produzione di bioenergie quindi luodiesel e biometano attraverso la riconversione di molti terreni che uun producono più, passando per la piccola filiera che è la filiera dell'impianto che raffina, ci sono mercati impensabili proprio qui a Ro1I1.1. Allora abbiamo pensato di investire 100 milioni in 5 anni punr.uido verso le energie rinnovabili, non è così difficile perché per esempio Rieti ha già 3 milioni finanziati dall'Unione Europea per le bioma se. E' quindi Roma europea, Lazio europeo per cimentarsi con le 1l1l0Vefrontiere. Sto convivendo da mesi con la politica dei territori, ( il Mediterraneo è un luogo nel quale si sta giocando una partita culrale importantissima: non sono sicuro che la grande idea di un imIl .ro del nord del mondo sia in grado di esportare la democrazia ver-

I \I

o popoli che, se mai, se la costruiranno on da una parte realtà fondamentaliste l'oecidentalismo,

anche con un processo loro che preparano la morte del-

dall'altra l'idea del partenariato

1\ . Potrei citare il caso Mattei, ma potremmo

e della cooperazio-

vederne tanti anche in

I olitica estera attraverso il dialogo e la cooperazione con la capacità di ollaborare e costruire ricchezza. A noi europei chiedono partenariain agricoltura, nell'information and communication technology, ce lo chiedono per la costruzione di infrastrutture. Ci vuole la capacità

l

di sapersi presentare come europei che non costruiscono sulla forza ma sulla capacità di condividere un progetto. Per fare tutto questo c'è la necessita di tanta politica, però fatta da chi? lo non sono uno della società civile prestato alla politica, così ci capiamo, ma questi procesi di cui vi ho parlato sono possibili anche grazie ad un consenso politico da parte degli attori protagonisti

121

della società, in primo luogo


PIERO

MARRAzzo

dai rappresentanti

FONDAZIONE

ROMA

ElIl

del mondo del lavoro, sia da parte dell'impresa

da parte del mondo dei lavoratori. Quello che io propongo

è un

zio che sappia sentirsi europeo, che proponga una visione aperta delle capacità di dialogo, con infrastrutture che ci uniscano: ci si fissati con l'idea di dare il voto agli italiani all'estero, benissimo. madre è italo-arnericana

PARTE SECONDA

quindi lo capisco molto bene. Il probl m

che noi eravamo il motore che generava ricchezza nei paesi che ci o tavano, una volta ottenuta la cittadinanza e pagando le tasse por mo dire la nostra nei paesi che ci ospitavano e nello stesso tempo nivamo integrati, sono processi che non mi invento io oggi. Per eludere mi piaceva venire qui per parlare di Europa perché sarà la ra scommessa del mio lavoro per i prossimi cinque anni. Avrò si u mente dimenticato tanto ma posso dire che sicuramente dal prossi anno diventeremo cornpetitivi nell'attrarre risorse perché abbiamo to una legge grazie alla quale noi diamo il 20 % del pagamento d

l

l'IV A anticipato e quindi potremmo dire all'industria cinematogra ca straniera di tornare nel Lazio, abbiamo investito nelle fee commi sion, insomma è un ragionamento

molto ampio quello che ho prav

to a fare però era l'idea di dire che io sono nato in una grande scuol politica, alla scuola riformista e della programmazione, e continuo credere che un paese, se riesce a coniugare un riformismo pragmati e solidale, sviluppo economico e welfare, è un paese, una regione h può candidarsi a svolgere un ruolo da protagonista. Questo dipend però dalle donne e dagli uomini che vivono in questo territorio e qu sta risposta ce la daranno nei prossimi anni. Grazie

122


LE RETI A ROMA

Situazioni ed attese Roma,

Censis, 23 febbraio

I )is ussant: Carlo Carminucci,

2005

Giuseppe De Rita, Cesare San Mauro

Ricerca condotta in collaborazione con ISFORT

J. Gli obiettivi dello studio La cornpetitività

di un sistema territoriale si gioca in buona misura

ulle reti di servizio a sostegno delle attività economiche e produttive. l'infatti le reti sono moderne, efficienti, capillari, il territorio è in grado ia di rafforzare le imprese che vi operano, sia di attrarre imprese e 111vestimenti dall'esterno. Interrogarsi sulle reti a Roma significa allora accendere i riflettori su una questione-chiave per garantire gli standard concorrenziali della citI;

e assicurarne lo sviluppo futuro. Lo studio realizzato dalla Fondazione

Roma Europea e da Isfort -

Istituto di Formazione e Ricerca per i Trasporti - si è posto un dupli.. obiettivo: a. la ricostruzione puntuale del sistema di offerta (reti e servizi per il istema economico) a Roma, la sua evoluzione temporale, il confronIO interno con altre metropoli italiane e, dove possibile, con città/reeuropee; b. l'analisi delle percezioni dal lato della domanda,

'10111

Iazioni,

ovvero le valu-

i bisogni, le prospettive dei soggetti (imprese) fruitori dell' offerra di reti e di servizi della città.

125


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