pass online. E poi c’è il tema del traffico, che trascende le stagioni. «Ormai è una tradizione sottolinea Brigitte Foppa : come ogni anno, a maggio, finché non cambierà qualcosa, torneremo a porre il tema del traffico e del rumore sui passi di montagna. Nei giorni di punta si arriva a contare più di 10 mila veicoli. Serve una soluzione: la popolazione non ne può più». La proposta è quella di chiudere i passi più trafficati a intervalli definiti durante la giornata, con due giornate senza auto al mese per i passi Sella, Gardena e delle Erbe. «Una regione che vive della sua bellezza rischia di essere soffocata dalla sua accessibilità è la conclusione dei Verdi . Quelle che proponiamo sono misure realistiche e fattibili, di cui la nostra terra ha urgente bisogno. La popolazione altoatesina è al limite della sopportazione e lo è anche la nostra natura: non possiamo più negare l’evidenza». Intanto, l’Alpenverein Südtirol (Avs) si prepara a celebrare la Giornata per la tutela delle Alpi, in programma venerdì. E lo fa lanciando un appello per una maggiore consapevolezza dell’importanza delle Alpi come «castello d’acqua d’Europa» (dal momento che riforniscono d’acqua potabile oltre 150 milioni di persone) e di una gestione responsabile della risorsa. Georg Simeoni, presidente dell’Avs, esprime preoccupazione «per l’uso dell’acqua per l’innevamento delle piste da sci, alla luce dei continui, nuovi progetti di bacini di accumulo. A Plan de Corones ne è previsto uno da 120 mila metri cubi, a Caldaro si discute da tempo della costruzione. La priorità deve essere la salvaguardia dei cicli idrici naturali e l’approvvigionamento idrico della popolazione, non il profitto economico».
LAGO SORAPISS: INIZIATIVE SUGLI ACCESSI
Corriere delle Alpi | 29 aprile 2025 p. 29
Le Regole mettono a pagamento il parcheggio del lago Sorapiss
Marina Menardi / cortina Durante l'assemblea delle Regole d'Ampezzo che si è svolta domenica scorsa, si è parlato di overtourism, nello specifico in riferimento alla zona del sovraffollamento dei turisti per eccellenza a Cortina, ovvero il lago di Sorapiss con l'accesso dal passo Tre Croci. Da qui ogni anno migliaia di persone si accodano lungo il sentiero che conduce al rifugio Vandelli e al lago dalle acque turchesi incastonato ai piedi del Sorapiss, diventato popolare soprattutto grazie ai social fino a diventare un fenomeno di overtourism, con conseguenze negative sull'ambiente e sull'esperienza dei visitatori, nonché spesso causa di numerosi interventi da parte del Soccorso alpino per soccorrere persone inesperte e mal equipaggiate. Per regolarizzare la tanta gente che si accoda sul sentiero, il presidente delle Regole d'Ampezzo Stefano Gaspari "Mul" ha spiegato che si vorrebbe già per la prossima stagione sistemare l'area sotto Son Zuogo, di proprietà delle Regole, e per una parte del Comune, per farne un parcheggio a pagamento. Da qui in pochi minuti si sale al Tre Croci a piedi per poi andare al rifugio Vandelli. Una soluzione che, oltre a regolarizzare almeno in parte il flusso di turisti diretti al lago di Sorapiss, porterebbe anche degli introiti nelle casse dell'antico ente ampezzano. Gaspari ha rivelato all'assemblea che il parcheggio in località Sant'Uberto, alla partenza della strada che porta a Malga ra Stua, a Pian de Loa e alle cascate di Fanes, reso a pagamento da due anni a questa parte nei mesi di luglio e agosto, ha fruttato alle Regole un incasso di 33 mila euro al netto delle spese in 69 giorni. Perché dunque non fare un parcheggio a pagamento anche al passo Tre Croci? Questo argomento che viene dibattuto ogni anno in Assemblea delle Regole, ma fatica a prendere corpo, in quanto nella zona vi sono vari enti proprietari dei terreni: Anas, Regole, Comune, ed è difficile mettere tutti d'accordo. Le Regole interverranno pertanto sui terreni di loro competenza. Non è la prima volta che le Regole intervengono per arginare il fenomeno dell'overtourism, che nella passato stagione ha creato non pochi problemi al territorio e agli addetti ai lavori, che hanno tentato di arginarlo nel miglior modo possibile nel massimo rispetto del turista. Lo scorso anno venne chiusa h24 la strada che da Cianzopè porta al rifugio 5 Torri, dal primo luglio a metà settembre (precedentemente questa strada era chiusa per fascia oraria e solo per il mese di agosto), ad eccezione degli ospiti dei rifugi dell'area delle 5 Torri, delle forze dell'ordine e dei mezzi di Soccorso, individuando un'area di parcheggio per le auto poco più su, nel parcheggio di Ru Bianco.
Corriere del Veneto | 2 aprile 2025 p. 10, edizione Treviso – Belluno
Nuova cabinovia, possibile ricorso «Conferenza servizi ancora aperta»
CORTINA d’ampezzo
«Obiettivo: fermare l’opera». Così motivano gli avvocati Primo e Andrea Michielan, dell’omonimo studio trevigiano di Mogliano Veneto, l’azione di un gruppo di cittadini proprietari di immobili e di terreni nella zona Lacedel a Cortina. Area interessata dal passaggio del tracciato della nuova cabinovia Apollonio-Socrepes che, dopo aver ottenuto l’assenso del comitato tecnico per la Via, Valutazione dell’impatto ambientale, ha ottenuto parere favorevole anche dalla Conferenza dei Servizi. Secondo i due legali l’iter della Conferenza non si è ancora ultimato, contrariamente a quanto Fabio Saldini, commissario di governo e ad di Simico, Società infrastrutture Milano Cortina, ha sostenuto lo scorso 24 marzo dopo aver ricevuto i pareri favorevoli di tutti i componenti del tavolo. Primo e Andrea Michielan sostengono invece che la Conferenza non si è ancora conclusa sulla base di quanto lo stesso Saldini sostiene in una missiva ricevuta dai due legali in data 31 marzo e nella quale si legge che «si ritiene necessario disporre il differimento dell’accesso agli atti fintanto che la Conferenza dei Servizi non sarà conclusa». A ciò si aggiunge un altro aspetto. Si sostiene che il tavolo tecnico per la Via ha dato il proprio assenso, ma avrebbe disposto ulteriori prescrizioni e in particolare approfondimenti rispetto alla situazione idrogeologica del versante. «Secondo il comitato tecnico per la Via del 14 febbraio scorso sostiene l’avvocato Primo Michielan queste risposte dovrebbero arrivare entro 120 giorni per il rilascio del parere favorevole a condizione della decadenza della Via favorevole. La Regione dovrebbe attestare che il pericolo idrogeologico derivante dalla frana è superato per scelte strutturali e di carattere gestionale». (U. C.).
Corriere del Veneto | 3 aprile 2025
p. 10, edizione Treviso – Belluno
Apollonio-Socrepes: appalto entro aprile, cantiere a maggio
Ugo Cennamo
p. 25
Comelico-Pusteria il Tar non ferma cabinovie e piste
«Il collegamento è essenziale Non si limita agli impianti»
Francesco Dal Mas / comelico
Dopo trent'anni di attesa, la speranza in alto Comelico è che il cantiere delle due cabinovie e delle tre piste da sci, da Valgrande verso il Colesei da una parte, ed il Col de' la Tenda dall'altra, possa partire in autunno e concludersi entro l'inverno 2026/27. Sarà difficile, perché, ad esempio, il "Progetto Stacco", che prevede anche la valorizzazione delle fortificazioni della Prima Guerra Mondiale, non è ancora transitato attraverso la valutazione dell'Impatto Ambientale, in Regione, con la Soprintendenza che potrebbe avere qualcosa da puntualizzare. E poi seguirà la delicata fase dell'appalto con gara europea. Ecco perché il sindaco Marco Staunovo Polacco è prudente nell'ipotizzare il cronoprogramma. Inoltre, in queste ore, gli ambientalisti che si sono visti bocciare il ricorso dal Tar stanno passando al setaccio riga per riga delle 54 pagine e quasi sicuramente si rivolgeranno al Consiglio di Stato. Intanto, però, il territorio reagisce. E lo fa senza ricorrere ad alcuna enfasi. Conscio della delicatezza del momento, Dario Bond, presidente del Fondo Comuni Confinanti sottolinea, infatti: «La valenza strategica del progetto Stacco (che sta, appunto, per Strategia per l'Accessibilità del sito Unesco e per uno sviluppo equilibrato del Comelico)». Non evidenzia, insomma, il mero aspetto impiantistico. «Il progetto in cui il Fondo ha creduto molto, tanto da finanziarlo complessivamente con una somma di circa 30 milioni di euro, verte sì sul potenziamento del collegamento sciistico, ma ha in sé anche tutta un'altra serie di azioni non meno importanti per lo sviluppo turistico, culturale e socio-economico dell'intero comprensorio. Secondo principi di sostenibilità e rispetto ambientale», puntualizza saggiamente Bond, venendo così incontro alle sensibilità ambientaliste, coerenti con le strategie del sito Dolomiti Unesco presente sul territorio. «Il progetto prevede, tra l'altro, il restauro e la messa in sicurezza delle opere del Vallo Alpino, la realizzazione di un balcone panoramico Dolomiti Unesco al Colesei, interventi di tutela attiva delle aree umide e la realizzazione di un info point mobile dedicato alla divulgazione dei valori del patrimonio Dolomiti Unesco». Bond conclude auspicando il dialogo ed il confronto, «sempre utili e proficui». Più polemico con gli ambientalisti è invece il presidente nazionale di Giovani&Futuro, Luca Frescura. «Chi pensa di trasformare la montagna in una riserva non fa né gli interessi della montagna, né della popolazione residente e ovviamente troverà la nostra opposizione. Chi abita questi territori è il primo custode di questi paesaggi magnifici e non abbiamo bisogno di lezioni da parte di nessuno», afferma, aggiungendo: «Non possiamo accettare che chi non vive la montagna pretenda di decidere il nostro futuro, promuovendo un'ideologia che congela tutto tranne due cose: spopolamento e povertà». Più amministrativo, invece, il sindaco di Danta, Thomas Menia Corbanese. «Abbiamo sempre creduto che il progetto Stacco fosse migliorativo rispetto al progetto originario, perché recepiva tutte le indicazioni della Sovrintendenza e rispettava tutti i vincoli ambientali e paesaggistici. Il Comelico merita di poter avere una possibilità di un nuovo sviluppo, non solo in chiave turistica, ma anche dal punto di vista culturale, attraverso la riscoperta di luoghi storici e naturali che saranno resi fruibili proprio dal progetto Stacco: una partecipazione del territorio intero alla riscoperta e alla manutenzione dei nostri meravigliosi luoghi, custodi di storie incredibili tutte da scoprire». Positiva anche la reazione di Davide Zandonella Necca, referente di Confcommercio. Anche lui sottolinea «la valenza culturale e sociale, oltre che turistica» del progetto considerato nel suo complesso. «Va considerato», afferma Zandonella Necca, «nella logica dello sviluppo sostenibile, in particolare naturalistico, della valle», tiene a precisare.
Corriere del Veneto | 16 aprile 2025
p. 10, edizione Treviso – Belluno
«Comelico-Pusteria, avanti tutta con gli impianti»
Belluno
Le associazioni ambientaliste contrarie alla realizzazione di due nuovi impianti di risalita che metterebbero in collegamento le aree sciistiche del Comelico e della Pusteria prendono tempo. Dopo la sentenza del Tar che respinge il loro ricorso, e di fatto apre a una fase progettuale per la realizzazione del progetto Stacco (acronimo di Strategia per l’accessibilità del sito Unesco e per uno sviluppo del Comelico), gli uffici legali stanno decidendo se appellarsi o meno al Consiglio di Stato. «Al momento stiamo valutando commenta Luigi Casanova, presidente di Mountain Wilderness, una tra le associazioni ricorrenti anche perché è evidente che il ruolo delle soprintendenze è stato ridimensionato e il valore storico ambientale del luogo viene messo in subordine a ragioni di puro interesse economico». Attualmente il collegamento tra le due ski aree è garantito da bus navette non particolarmente gradite agli sciatori e, sottolineano i sostenitori del progetto, provocano inquinamento e traffico. A sostegno del progetto, che andrebbe a creare un unico, grande comprensorio, e della relativa sentenza si è invece espresso il presidente del comitato di gestione del Fondo comuni confinanti e Dario Bond. «Credo siano emersi in tutta chiarezza due aspetti sottolinea ovvero la lunga storia di un’iniziativa che, nata quasi trent’anni fa, incarna un sentire profondo delle comunità locali e, soprattutto, la valenza strategica del progetto in cui il Fondo ha creduto molto, tanto da finanziarlo con 30 milioni di euro». Secondo Bond oltre al potenziamento del collegamento sciistico «il progetto ha in sé anche tutta un’altra serie di azioni non meno importanti per lo sviluppo turistico, culturale e socio-economico dell’intero comprensorio». In particolare, il restauro e la messa in sicurezza delle opere del Vallo Alpino, la realizzazione di un balcone panoramico al Colesei, interventi di tutela attiva delle aree umide e la realizzazione di un info-point mobile per la divulgazione dei valori del patrimonio Dolomiti Unesco. «Un progetto conclude che incarna esattamente lo spirito del Fondo di far colloquiare territori, al fine di promuovere lo sviluppo delle comunità locali».
Precipitazioni più rare
Alla diminuzione totale delle precipitazioni estive corrisponderà un aumento delle piogge più intense in tutte le stagioni, soprattutto in estate, con un aumento variabile dal 10 al 20%. In compenso i periodi estivi totalmente asciutti (una rarità in montagna) potrebbero prolungarsi di 9 giorni. Con la scomparsa di neve e ghiacciai anche le Alpi potrebbero scoprire la scarsità idrica.
Paesaggi «grigificati»
Il rapido ritiro di ghiacciai e dei nevai porterà un cambiamento anche per la percezione del paesaggio alpino, con il bianco che verrà meno dalla tavolozza. Se è vero che questo avrà ovvie ripercussioni negative, a cominciare dal turismo, le montagne ha spiegato Gaia offriranno rifugio ai cittadini alle prese con la calura, mentre nuovi elementi del paesaggio come i laghetti glaciali, le renderanno attrattive in altri modi.
Agricoltura: addio castagni?
I rischi per l'agricoltura sono noti: già oggi molte coltivazioni (in particolare la vite) si spostano verso l'alto, e si lavora sempre più alacremente allo studio di varietà adatte al clima che cambia o alla loro importazione da latitudini più basse. Tra le piante più a rischio ci sono i castagni, che mal tollerano le estati calde e asciutte.
Agire adesso
La montagna, per Gaia, ha ancora molte strade per affrontare i cambiamenti climatici. A partire dalla decarbonizzazione: l'esposizione dei versanti, l'insolazione e il riflesso della neve, insieme alle temperature rendono i pannelli fotovoltaici nelle terre alte più efficienti, mentre il pompaggio idroelettrico può aiutare a stoccare l'energia. Sulla via dell'adattamento, per lo studioso sarebbe essenziale agire oggi per rendere case, infrastrutture e opere di protezione dai rischi idrogeologici a prova di cambiamento climatico. Le normative attuali - ha spiegato - sono basate su condizioni climatiche che non ci sono più. «È come dire che i nostri manufatti non sono più a norma». I modi di agire sono diversi. «Sul tema esistono migliaia di pubblicazioni, ma il succo si può condensare i meno di venti parole: il cambiamento climatico è reale, è pericoloso e dobbiamo agire ora. Le conoscenze scientifiche sono solide».
Il T | 15 aprile 2025
p. 14-15
Clima in Trentino: allarme siccità a rischio un mese e mezzo di neve
Il futuro del Trentino è davanti a un bivio, se, come nella poesia di Robert Frost, saremo capaci di percorre quella finora «meno battuta», ossia quella che prevede l'abbattimento delle emissioni climalteranti, questo farà «tutta la differenza». Questa l'esortazione che arriva dal report «Lo stato del clima in Trentino» realizzato dall'Agenzia provinciale per la protezione ambientale (Appa), in collaborazione con l'Università di Trento, Fem, Fbk, Muse e Hit. Il corposo documento, delinea la situazione climatica attuale in Trentino, con l'aumento delle temperature, degli eventi estremi e delle precipitazioni, e tratteggia gli scenari futuri a seconda della capacità di mitigazione delle emissioni che sarà messa in campo.
Temperature in aumento
Le prime pagine del report certificano quanto ormai purtroppo già noto: le temperature sono in aumento, in tutto il mondo e anche in Trentino. Non solo, le Alpi sono un «hotspot» climatico, ossia una località in cui gli effetti del riscaldamento si osservano prima che in altre zone. La serie storica delle temperature medie annue registrate a Trento dal 1816 al 2023 sono incontrovertibili: non solo l'aumento è certificato, si passa da medie attorno agli 11 gradi ad altre molto maggiori, ma se si guarda alla tendenza degli ultimi 100 o 50 anni si nota anche una drastica accelerazione. Nel report è poi messa a confronto la temperatura media per stagioni guardando al periodo 1961-1990 contro quello dal ‘91 fino al 2020. In media quindi, in un epoca già recente, l'inverno è più caldo di un grado, la primavera e l'estate di 0,7, mentre l'autunno di 0,5. Notti tropicali e salute Questo ha comportato una modifica dei giorni con temperature estreme, caldi o freddi, registrati. Sempre prendendo in considerazione li stessi periodi di riferimento (1961-1990 e 1991-2020) i giorni di gelo sono ora quasi 13 in meno, quelli senza disgelo sono passati da quasi cinque a meno di due, mentre aumentano i giorni estivi, una settimana in più (+7,7) e crescono anche le notti tropicali, quelle con una minima notturna superiore ai 20 gradi, che arrivano a 9. In particolare poi, gli anni 2022 e 2023 sono risultati eccezionalmente caldi anche in Trentino. A Trento entrambe le annate hanno fatto registrare 14,4 gradu di temperatura media, un valore di ben 3 gradi sopra la temperatura media annuale caratteristica del periodo pre-industriale. In questo contesto non stupisce che le ondate di calore siano cresciute del 50% nel periodo dal 2010 al 2018. Questo, unito al progressivo invecchiamento della popolazione, mette in primo piano anche il tema della salute. Le proiezioni climatiche indicano che, in uno scenario caratterizzato da un aumento medio globale di temperatura di 3 gradi rispetto al periodo pre-industriale entro il 2100, il numero di cittadini dell'Ue e del Regno Unito esposti alle ondate di calore potrebbe aumentare da 10 milioni all'anno a quasi 300 milioni all'anno (oltre metà della popolazione) in futuro
Tre scenari
Con il contributo dell'Università di Trento sono poi stati sviluppati tre scenari diversi per il Trentino a seconda della capacità di mitigazione delle emissioni, una sfida che coinvolge ovviamente non solo il Trentino, ma anche tutta l'Italia, Europa e il mondo intero. I risultati indicano per il territorio provinciale temperature medie annuali in ulteriore aumento almeno fino al 2050, con un incremento medio atteso pari a circa 1 grado al 2030 in ogni scenario emissivo considerato e una variazione complessiva al 2050 compresa tra poco più di 1 e a circa 2 a seconda dell'evoluzione delle emissioni climalteranti. È dal 2050 che si generano gli scenari differenti. Se le emissioni continueranno a crescere allo stesso ritmo avuto fino ad ora, l'aumento delle temperature potrebbe sfiorare i 5 gradi, se
ci fosse un aumento intermedio si arriverebbe a 2 gradi e mezzo, con una riduzione delle emissioni si riuscirebbe a contenere la crescita al grado già raggiunto nel 2030.
La neve in ritirata
Questi scenari poi si intersecano ad altri effetti sul territorio. Un focus particolare lo merita la neve. Il progetto «ClirSnow», citato nel report, è il più approfondito scenario sulla presenza di neve sulle Alpi. Per le Alpi italiane, lo studio indica diminuzioni significative del numero di giorni con neve presente al suolo sia per lo scenario a basse emissioni, che per quello ad alte emissioni. Alle quote comprese tra 1250 e 1750 metri, a fronte di un numero medio di giorni con neve presente al suolo pari a circa 76, le riduzioni attese saranno pari a circa 20-27 giorni in meno a metà secolo. Alle quote superiori, fino a 2.250 metri, invece, si potrà arrivare ad una riduzione fino a 3148 giorni con neve al suolo in meno rispetto ad una media per il periodo di riferimento di circa 166 giorni. Insomma la stima è che si andrà a perdere da un mese a un mese e mezzo di neve a seguito del cambiamento climatico. Non solo, lo studio Aineva ha stimato che per ogni grado la quota di affidabilità della neve naturale sulle Alpi si alza di 200 metri. Questo significa che, negli scenari precedenti, la quota neve si alzerebbe di quasi 1000 metri con alte emissioni, di 400 con emissioni intermedie e di 200 in caso di mitigazione.
Il rischio siccità
Il 2022 è stato anche l'anno in cui il Trentino e il Nordest hanno scoperto un nuovo nemico da cui guardarsi sempre più spesso in futuro: la siccità. Nelle Alpi si rilevano chiari cambiamenti nella stagionalità della siccità, che potrebbero rivelarsi maggiormente persistenti in futuro a causa dell'alterazione dei regimi stagionali di precipitazione, della diminuzione della copertura nevosa e dell'aumento dell'evapotraspirazione per le maggiori temperature, con significativi effetti sui sistemi naturali e sui settori socioeconomici. Il report presenta una stima per i bacini idrici del Brenta e del Noce nello scenario a mitigazioni intermedie: una perdita annua rispettivamente del 18% e del 15% di disponibilità idrica con picchi in estate, quando ce ne sarebbe più bisogno, del 37% e del 32%.
Mitigazione e «inquinatori»
Di fronte a questi scenari saranno fondamentali le strategie di adattamento. Ma bisogna proseguire anche con la mitigazione. Il report indica i settori maggiormente responsabili dell'emissione di Co2 e altri gas climalteranti in Trentino. Al primo posto ci sono i trasporti, seguiti dall'industria e dalle abitazioni. Fondamentale individuare le migliori azioni per abbattere questi valori. Solo così potremo percorrere la strada finora «meno battuta» e questo, come visto negli scenari, farà «tutta la differenza».
TRENTO FILM FESTIVAL: LA MOSTRA
‘DOLOMITI: IN CAMMINO NELLA GEOLOGIA DELLA
MERAVIGLIA’
L’Adige | 28 aprile 2025
p. 7
Dolomiti, geologia da scoprire
Le Dolomiti custodiscono un patrimonio geologico unico al mondo. Conoscerlo e raccontarlo è una sfida emozionante, un percorso nel quale i geologi ci possono accompagnare, insegnandoci a leggere nel paesaggio le tracce del passato del nostro pianeta. L'aspetto magico delle Dolomiti ha nel tempo subito molte mutazioni, molti processsi, alcuni ripetuti più volte nel corso delle storia. Un processo geologico durato milioni di anni, un tempo inconcepibile per la mente umana, ma ci è voluto tutto ciò per ottenere la magia che ritroviamo oggi davanti ai nostri occhi. In questo incontro, pensato in dialogo con la mostra Dolomiti: in cammino nella geologia della meraviglia, si entrerà nella complessità geologica di queste montagne per svelare il segreto del loro fascino. Con la partecipazione di Massimo Bernardi, direttore del Muse e gli scienziati Marcello Caggiati, Alberto Carton, Mara Neme la e Riccardo Tomasoni. Palazzo Geremia ore 15,30.
CORSO DI GEOGRAFIA DELLE DOLOMITI PATRIMONIO MONDIALE: EDIZIONE 2025
Il corso di geografia dedicato alle Dolomiti Patrimonio Mondiale
La Fondazione Dolomiti UNESCO organizza il corso di geografia nell’ambito delle attività della Rete della Formazione e Ricerca Scientifica, con il coordinamento della Provincia autonoma di Trento, della Fondazione Giovanni Angelini e del Dipartimento DISSGeA dell’Università di Padova, in collaborazione con le sezioni CAI di Agordo e SAT di Moena. [ https://www.dolomiti.it/it/passo-sanpellegrino/news/corso-di-geografia-dolomiti ]
DOLOMITI MOUNTAIN SCHOOL: LA NONA EDIZIONE IN FRIULI VENEZIA GIULIA
Messaggero Veneto | 10 aprile 2025 p. 46, edizione Udine
La nona edizione della Mountain School
Sarà presentata domani, venerdì 11 aprile, alle 17, nella sala Gusmani di palazzo Antonini, sede dell'Università di Udine, la nona edizione della Dolomiti Mountain School sostenuta, tra gli altri, oltre che dalla stessa Università, dalla Fondazione Dolomiti Unesco, dalla Regione Friuli Venezia Giulia, dalla Comunità di montagna della Carnia e dall'ASCA, Associazione delle sezioni del CAI della Carnia, Canal del Ferro e Val Canale.Con la conduzione di Pierpaolo Zanchetta, del Servizio biodiversità della Regione, interverranno il rettore dell'Università, Roberto Pinton, Mara Nemela, direttrice della Fondazione Dolomiti Unesco e il giornalista Gianpaolo Carbonetto, coordinatore della scuola. La lectio magistralis dal titolo "L'incolto: verso una ecologia delle relazioni", sarà pronunciata da Adriano Favole, professore ordinario di Antropologia culturale all'Università di Torino.
SERRAI DI SOTTOGUDA: L’APERTURA SU PRENOTAZIONE
Corriere delle Alpi | 6 aprile 2025
p. 23
Sottoguda, Serrai a pagamento «Apriremo a inizio giugno»
FDM
rocca pietore
I Serrai di Sottoguda sono in carico, da giovedì, al Comune di Rocca Pietore. Che è dunque titolato per disporre dell'apertura alle visite quando e come vuole. «Ma», precisa subito il sindaco Valerio Davare, «non abbiamo ancora deciso né i tempi, né le modalità. Lo faremo entro il mese. In ogni caso, se non sarà la prima settimana di giugno, nella seconda senz'altro daremo accesso al pubblico». Accesso che sarà a pagamento, ma la tariffa non è stata ancora individuata. Come resta da scegliere se gestire in proprio questo "patrimonio" oppure darlo in concessione ad un privato. Gianvittore Vaccari, presidente della società "Veneto Acque" tira intanto un sospiro di sollievo. «Tutta l'opera, più precisamente il 95% della stessa, è da 48 ore nella responsabilità dell'Amministrazione comunale. Da parte nostra abbiamo concluso gli ultimi lavori. Rimane quel 5% di cantiere che si riferisce alla briglia di Sottoguda sul torrente Pettorina. E' un lavoro da un milione di euro, quindi importante. Si tratta di un frangi-piene, una serie di opere che hanno il compito di frenare l'acqua che scende impetuosa dalla Marmolada». Il bando di gara verrà pubblicato nei prossimi giorni, per cui il cantiere partirà a maggio, al più tardi in giugno, e continuerà per alcuni mesi. «Per lavorare in sicurezza abbiamo la necessità che resti chiuso l'accesso nord dei Serrai, quello appunto di Malga Ciapela», spiega il presidente della società "Veneto Acque", Gianvittore Vaccari . «La chiusura, però, non pregiudicherà affatto la fruizione della forra, praticabile da Sottoguda. I lavoratori all'opera, inoltre, dovranno tener conto degli scarichi dell'Enel dal bacino di passo Fedaia». Scarichi, ovviamente, annunciati perché programmati. Nelle prossime settimane, infatti, si materializzerà il disgelo. «Partiamo nella tarda primavera», puntualizza vaccari, «appunto perché in queste settimane il letto del pettorina è pieno d'acqua e noi abbiamo l'esigenza di operare al suo interno». Intanto mercoledì in sala "El Teaz" si riuniranno gli operatori turistici ospiti del sindaco Davare per programmare insieme la prossima stagione. All'Ufficio Turistico si conferma che "già da tempo" arrivano le richieste di prenotazione della visita ai Serrai. Numerose anche dall'estero. Quindi per l'estate ci sarà il pieno. L'anno scorso, la sperimentazione aveva registrato 5 mila ingressi. «Problemi di sicurezza nessuno, per i
che dopo il 12 settembre non ci sia trasporto pubblico locale, come ci è capitato ad Auronzo in occasione della settimana dell'escursionismo», esemplifica il presidente del Cai, «mentre, per esempio, la strada delle Tre Cime rimane aperta fino ad ottobre». Frigo cita un'altra situazione «comprensibile ma poco edificante: a fine marzo avevamo stazioni dello sci ancora perfettamente funzionanti, mentre gli alberghi di riferimento erano in parte chiusi, i ristoranti pure». E qui si pone il problema dell'allungamento primaverile. «È ormai consuetudine che in primavera si riprenda pure a camminare», osserva il dirigente Cai, «ma, come è avvenuto in queste settimane, non si trovano esercizi aperti, se non quelli delle piste. Eppure, vedrete che con i ponti di Pasqua e del primo maggio l'assalto che ci sarà. Accadrà come a novembre, l'assalto pacifico e tutto chiuso». Frigo non mette sotto accusa nessuno. Dice di rendersi conto che neppure queste attività possono lavorare in perdita. Ma «ecco che si pone la necessità di concertare dei trattamenti e delle normative particolari per il fuori stagione». Il Club alpino, ritornando ai rifugi, è sì legato alla stagione tradizionale che va dal 20 giugno al 20 settembre, ma «come dimostra l'esperienza è aperto alla massima collaborazione con i gestori dei rifugi: oggi il cambiamento climatico permette di aprire già ai primi di giugno e di allungare fino ad ottobre. La Regione, se c'è, batta un colpo». F.D.M
Alto Adige | 5 aprile 2025 p. 33
La “Città dei sassi” chiede aiuto «L’area protetta va ampliata»
Cai Alto Adige: montagna sotto stress, stop a nuovi impianti
BOLZANO
Sono tornati a casa dopo 102 anni: beni librari che l’Alpenverein Südtirol si era visto espropriare nel lontano 1923 e che, nel 1927, erano diventati proprietà del Cai con atto notarile. Il passaggio di proprietà fu ratificato nel 1972 con un indennizzo economico che aveva definitivamente chiuso la vertenza. O così sembrava. Il consiglio direttivo della sezione di Bolzano, invece, ha ripreso in mano la questione e, con un atto di donazione, ha deciso di riconsegnare i beni librari all’Alpenverein. Un gesto di grande valore simbolico che conferma gli ottimi rapporti tra le due associazioni, alleate nella difesa della montagna, e che l’Alpenverein ha molto apprezzato. Ieri mattina, alla presenza del presidente della sezione Cai di Bolzano, Maurizio Veronese, e del presidente dell’Alpenverein, Georg Simeoni, il passaggio è stato ufficializzato all’inizio dei lavori dell’assemblea annuale dei delegati del Cai Alto Adige, presieduta dal presidente provinciale Carlo Alberto Zanella. L’assemblea si è svolta nella Entrance Hall Salewa. All’importante appuntamento hanno partecipato il presidente della giunta provinciale Arno Kompatscher, il sindaco Renzo Caramaschi, l’assessore provinciale Christian Bianchi, il senatore e socio Luigi Spagnolli, i candidati sindaco Claudio Corrarati, Stefan Konder e Simonetta Lucchi, la presidente del Dachverband Elisabeth Ladinser, il tenente colonnello della Guardia di finanza Manuel Artuso e il maggiore del 5° Reggimento Alpini Maurizio Cardella. Il presidente Kompatscher, nel suo intervento di saluto, ha rassicurato Cai e associazioni ambientaliste sulla scelta di evitare la realizzazione di nuovi impianti di risalita, almeno nelle zone più sfruttate dal turismo. Una buona notizia che si aggiunge a quella arrivata qualche ora prima dall’Enac, l’Ente Nazionale per l'Aviazione Civile, che ha vietato l’utilizzo nello spazio aereo italiano di caccia militari, gestiti e pilotati da civili. Nei mesi scorsi, infatti, un’azienda trentina, ora finita sotto indagine, offriva la possibilità di sorvolare a 900 chilometri orari le montagne della regione a bordo di un L-39 Albatros, aereo da addestramento militare. Unanime si era levata la protesta delle associazioni ambientaliste, e non solo da parte loro. Resta ancora da risolvere, invece, la questione legata ai voli turistici con gli elicotteri. Pratica contro cui Zanella ha pronunciato parole di fuoco. «Capisco l’elicottero che lavora sui rifugi, che porta materiale o che compie soccorsi - osserva il presidente -, ma non possiamo accettare sulle nostre montagne che i turisti se ne vadano nelle malghe a pranzo o a cena con l’elicottero». Per il resto, il quadro tracciato da Zanella parla di un Cai Alto Adige che gode di buona salute e guarda ai giovani, con progetti e iniziative pensati per loro. Con un rammarico. «Io trovo allucinante che a Bolzano, città con 100mila abitanti di cui il 30 per cento appartiene al gruppo etnico tedesco, il Cai abbia duemila soci, mentre la sezione dell'Alpenverein ne ha ottomila. Manca il senso di appartenenza, manca l’attaccamento al territorio del gruppo etnico italiano. Una lontananza che, in quella che si può considerare la capitale della montagna, proprio non capisco. In tutto il resto d’Italia non è così». In provincia, i soci dell’Avs sfiorano quota 80mila, quelli del Cai in Alto Adige sono circa 6.800, con un leggero calo nell’ultimo anno. L’assemblea ha eletto Ivano Rodighiero alla carica di consigliere centrale, ruolo cui spetta fare da tramite tra il Cai Alto Adige, le sezioni e il Cai Nazionale.P.T.
Corriere del Trentino | 17 aprile 2025
p. 3, segue dalla prima
Assalto alla montagna, l’offensiva Sat
Giovannini
La Sat richiama alla «necessità di ricercare il senso del limite» nella frequentazione della montagna e dei rifugi in quota. La riflessione è stata lanciata sabato durante l’assemblea dei delegati del sodalizio e sarà approfondita anche nel congresso in agenda in autunno. Cambiamento climatico, disponibilità idrica sempre più scarsa, ma anche bivacchi danneggiati: sono queste alcune delle sfide della Sat, che può contare su un aumento dei giovani.
L’argomento è stato affrontato già sabato, nell’assemblea dei delegati. Ma sarà il congresso del prossimo autunno, a San Lorenzo Dorsino, a rappresentare l’occasione per un approfondimento a 360 gradi: mentre ci si prepara all’apertura della stagione estiva, la Sat rilancia la necessità di cercare «un senso del limite alla frequentazione in montagna e all’offerta sul territorio». Un tema estremamente attuale, che negli ultimi anni ha animato i dibattiti sul turismo in quota. Con posizioni spesso contrastanti. La Società degli alpinisti tridentini punta dunque ad analizzare «La capacità di carico turistica dei territori montani» (questo il titolo del congresso): di fatto, «il numero massimo di persone che possono visitare contemporaneamente una destinazione senza causare la distruzione dell’ambiente fisico, economico e socio-culturale e senza una riduzione inaccettabile della qualità dell’esperienza di visita». In una ricerca dell’equilibrio che coinvolge anche i rifugi, che spesso si ritrovano a dover far fronte a un numero di ospiti e di richieste superiore alla propria capacità. «Ma sentiamo forte ha detto il presidente Sat Cristian Ferrari ai delegati anche la necessità di garantire un presidio di ospitalità. È nostro impegno e dovere garantire riparo a chi arriva e un luogo di lavoro accogliente per i tanti gestori e collaboratori che passano le loro stagioni nelle nostre strutture». E le strutture in quota scontano sempre di più le difficoltà legate al cambiamento climatico. Con il nodo della disponibilità idrica ormai prioritario. «Ma gli impatti del cambiamento climatico ha spiegato Ferrari sono anche sulla nostra rete sentieristica, che richiede interventi più frequenti sia in chiave di prevenzione che di sistemazione dopo eventi estremi». Criticità alle quali il sodalizio riesce a far fronte grazie all’impegno di quasi 28mila soci: un numero «in lenta e continua crescita». Con un dato che getta le basi per il futuro: cresce infatti l’interesse per le attività giovanili. «La Sat ha osservato il presidente è una comunità viva, che cammina, si interroga, si rinnova. E come ogni escursione, serve fiato, passo sicuro, ma anche la capacità di fermarsi ad ammirare il paesaggio, riconoscere la bellezza del cammino e la forza del gruppo». Una forza che la Sat esprime anche attraverso le sue 85 sezioni, le quali nei loro interventi all’assemblea dei delegati hanno fissato le sfide. A partire da un problema che sempre più spesso affligge le strutture in quota: il continuo aumento di casi di «utilizzo dei bivacchi come strutture non solo di emergenza» ma come luoghi per far festa. Con sovraffollamenti, rifiuti abbandonati e vandalismi. Ma sotto la lente delle sezioni è finito anche lo statuto, con la richiesta già avanzata dalla sezione di San Lorenzo in Banale di prevedere
una rappresentanza maggiormente territoriale nel consiglio centrale. E nella logica di «cordata» della Sat, è stato fissato anche l’impegno di un «sostegno alle sezioni ha detto Ferrari che attraversano momenti di difficoltà». Promuovendo anche una collaborazione tra sezioni. Collaborazione che allarga lo sguardo anche agli altri soggetti che si occupano della montagna a livello regionale. Come il Cai Alto Adige, rappresentato sabato dal presidente Carlo Alberto Zanella: nel suo intervento, Zanella ha ricordato i problemi che accomunano le zone di montagna, come il nodo del traffico sui passi dolomitici o la spinta a un continuo aumento delle aree sciabili. «Su questo ha spiegato il presidente del Cai Alto Adige abbiamo avuto assicurazione dal governatore Arno Kompatscher dell’impegno a evitare nuovi impianti di risalita nelle zone più sfruttate del turismo». Mentre Georg Simeoni, presidente Avs Alpenverein Südtirol, ha rilanciato la collaborazione avviata sui sistemi di prenotazione dei rifugi e sulle strategie per affrontare il fenomeno in crescita del cicloturismo. A tratteggiare un legame stretto con la Sat è stato anche il presidente del Soccorso alpino Walter Cainelli, che ha puntato l’attenzione sul concetto di «prudenza in montagna». Con il presidente del Trento Film Festival Mauro Leveghi che ha anticipato l’edizione 2025, dedicata ai ghiacciai.
L’Adige | 17 aprile 2025
p. 15
La sfida: troppa gente e poca acqua
Il benessere della montagna, il senso del limite, le criticità dell’ambiente montano e la crescita costante del numero dei soci, che sono arrivati a quasi 28.000 iscritti: questi i temi al centro dell’incontro che si è tenuto sabato al Centro Congressi Erickson a Trento. L’Assemblea dei delegati della SAT, Società degli Alpinisti Tridentini, ha voluto così presentare la relazione di missione 2024, i conti di bilancio e previsione 2025, e interrogarsi sulle linee guida del Sodalizio. «Il Bilancio 2024 - è stato spiegato - vede un avanzo di esercizio di circa 64mila euro, che permette di programmare interventi a sostegno della riqualificazione dei rifugi e delle attività a carattere sociale e di manutenzione». «La SAT - ha detto il presidente Cristian Ferrari - è una comunità viva, che cammina, si interroga, si rinnova. E come in ogni escursione, serve fiato, passo sicuro, ma anche la capacità di fermarsi ad ammirare il paesaggio, riconoscere la bellezza del cammino e la forza del gruppo». Ferrari ha poi rimarcato la volontà di proseguire «il lavoro di chi ci ha preceduto, senza però la paura di aprire anche nuovi percorsi, nella convinzione che l’identità della SAT, pur radicata in oltre 150 anni di storia, si costruisce ogni giorno». L'intervento del presidente si è concentrato anche sulle attività di confronto con le sezioni e di incontro con i soci. Diversi gli ambiti su cui l’Assemblea si è confrontata: Riscaldamento globale, sentieri e rifugi - Tra le criticità e le sfide da affrontare, a causa degli effetti dei cambiamenti climatici e della maggiore frequentazione della montagna, l’incremento della manutenzione dei sentieri e la riqualificazione dei rifugi, che devono affrontare nuove sfide, come la disponibilità idrica. «Per questoè stato detto - è necessario promuovere e attuare strategie efficaci di risparmio e accumulo dell’acqua». Il ricordo - Silenzioso saluto a Giovanni Andreis, socio della sezione SAT di Cles, recentemente scomparso. Alto Adige - Carlo Alberto Zanella, presidente CAI Alto Adige, ha sottolineato i problemi che accomunano le zone di montagna, dalla continua richiesta di ampliamenti delle zone sciabili, al grande traffico sui passi, ricordando che Kompatscher ha ribadito il proprio impegno di evitare nuovi impianti di risalita nelle zone più sfruttate, mentre Georg Simeoni, presidente AVS Alpenverein Südtirol, ha evidenziato la collaborazione tra CAI e AVS nel ricercare soluzioni e proposte condivise, dal cicloturismo ai sistemi di prenotazione dei rifugi. Soccorso alpino - Il presidente Walter Cainelli ha parlato del concetto di “prudenza in montagna”: «Stiamo lavorando attraverso un’attività di comunicazione per ridurre gli incidenti in montagna». Futuro - Il numero dei soci SAT cresce, ma quello che fa ben sperare è l’interesse tra i giovani: diversi gruppi si stanno formando e nel 2024 hanno organizzato diverse uscite con un numero di partecipanti importante. «Altra priorità di SAT - ha detto Ferrari - è il sostegno alle Sezioni che attraversano momenti di difficoltà: la sede centrale continuerà a offrire supporto, sicuramente con le attività di sostegno formativo, nel campo della fiscalità, delle assicurazioni sociali, della promozione alla sicurezza nelle attività sezionali». Sui rifugi, e in generale sulla frequentazione della montagna, la SAT ha aperto una riflessione sulla necessaria ricerca del “senso del limite”. Di questo si parlerà anche al prossimo 127° Congresso della SAT in programma a San Lorenzo Dorsino in autunno e che avrà per tema “La capacità di carico turistica dei territori montani” da cui uscirà l’indirizzo programmatico del Sodalizio. B.G.
NOTIZIE DALLE AREE PROTETTE
Corriere delle Alpi | 3 aprile 2025
p. 19
Nuovo stop al canyoning nel Parco Servono studi di impatto sulle forre
Alessia Forzin / Belluno
NOTIZIE DAL SOCCORSO ALPINO
Alto Adige | 5 aprile 2025
p. 20
«Serve più educazione per la folla in montagna»
PAOLO TAGLIENTE BOLZANO
Dal 21 febbario scorso è presidente del Soccorso alpino e speleologico Cnsas Alto Adige: Alberto Covi, nato a Vipiteno 68 anni fa, veterinario in pensione da quasi due anni (gli ultimi dieci passati come dirigente della Asl e a lungo coordinatore del gruppo gestione grandi carnivori della provincia di Bolzano), per tanti anni capostazione a Vipiteno, ha ricevuto il testimone da Giorgio Gajer, che è stato al vertice dell’organizzazione di volontariato per nove anni. L’abbiamo incontrato nella sede del Soccorso alpino altoatesino, in via Giuseppe Di Vittorio. Quando ha scoperto l’amore per la montagna? Avevo circa 12 anni, quando ho conosciuto una guida alpina, una delle storiche guide della zona, poi ho cominciato a fare i corsi con il Cai, il primo nel 1969, e la passione non se n’è più andata. Mi sono allontanato dalla montagna solo nella parentesi universitaria, a Parma, dove mi sono laureato in veterinaria. Da capostazione a presidente provinciale: un nuovo importante incarico, diverso, meno operativo del precedente, ma certo non meno impegnativo. Nelle vesti di presidente, l’impegno è quello di curare le pubbliche relazioni, partecipare alle assemblee generali, incontrare le autorità. In queste settimane, sono stato alla centrale del 118, alla protezione civile, ho incontrato il questore Paolo Sartori, il commissario del governo Vito Cusumano, la prossima settimana sarò al precetto pasquale su invito del comandante delle Truppe Alpine. E poi ci sono gli incontri con i rappresentanti del mondo politico provinciale, perché la macchina del Soccorso Alpino è sì fondata sul volontariato, ma ha comunque dei costi importanti e va sostenuta. Ho dovuto cambiare mentalità, insomma, perché prima ero concentrato solo su Vipiteno, ora la mia attenzione deve essere rivolta necessariamente a tutte le 21 stazioni della nostra provincia, alle loro esigenze e alle loro problematiche. C’è qualcosa che, secondo lei, può essere migliorato nel Soccorso alpino dell’Alto Adige? Le cose vanno bene. Giorgio Gajer ha lasciato una struttura compatta e organizzata, con un team di collaboratori che mettono anima e corpo in tutto ciò che fanno. Su quel fronte, insomma, non bisogna fare altro che mantenere dritto il timone. A livello generale, invece, credo vada un po’ cambiata la mentalità perché qualcuno non ha ancora capito che occorre uscire dai confini del proprio orticello. Siamo un’organizzazione di soccorso integrata nella Protezione civile e, quindi, noi, il Brd, i vigili del fuoco, la Croce Bianca e la Croce Rossa dobbiamo lavorare come un unico team e con un unico obiettivo finale: salvare le persone. Chi siano, se siano in montagna o sulla strada, non importa, ma qualche campanilismo non è stato ancora superato al cento per cento. Lavorare come un’unica squadra, pur mantenendo identità e competenze diverse, oltre a migliorare il nostro lavoro, fornisce un’immagine di efficienza e di maggiore sicurezza alla popolazione. Abbiamo fatto grandi passi avanti rispetto a 20 o 30 anni fa, ma c’è ancora da “limare” qualcosa. E poi, c’è un’altra cosa... Quale? Spesso, quando si parla di Soccorso alpino, si pensa ai nostri interventi in montagna, alle ricerche di persone disperse, al salvataggio di quelle cadute sulle vie di roccia o travolte da una valanga. Ma abbiamo anche una branca, però, di cui si parla sempre troppo poco: il Soccorso speleologico, formato da tecnici che hanno un’elevatissima professionalità, tant’è che sono chiamati a intervenire su tutto il territorio nazionale e, in situazioni particolarmente gravi, anche fuori dai confini italiani. I loro sono interventi sono più rari, è vero, ma sono davvero incredibili. Un ruolo sempre più importante ce l’ha anche la tecnologia, giusto? Sì, il gruppo droni è ormai indispensabile. Servono per monitorare le situazioni in cui si è chiamati a intervenire per garantire anche la sicurezza dei soccorritori. Molto spesso, inoltre, gli specialisti del gruppo droni lavorano insieme ai vigili del fuoco, come è successo per il grosso incendio a Laces, qualche settimana fa, ad esempio. E la montagna che problemi ha? Il problema è la folla che la prende d’assalto. Gente che andrebbe educata al rispetto dell’ambiente e della montagna stessa. Soccorriamo persone, sia in estate che in inverno, con attrezzature più adatte alle spiagge di Rimini che all’alta quota. Serve l’abbigliamento giusto, l’attrezzatura giusta e la preparazione giusta. Arrabbiarsi con queste persone non ha senso e non si può nemmeno impedire loro di salire in montagna. Bisogna educarle, magari trovando una sinergia tra Soccorso Alpino, Cai e Alpenverein, gestori dei rifugi e degli impianti di risalita.
Corriere delle Alpi | 8 aprile 2025
p. 17
Il Soccorso alpino «Occorre prudenza Neve e ghiaccio mollano dopo le 12»
Le interviste Francesco Dal Mas «Una giornata perfetta per uscire in alta montagna. Ma sui versanti a nord la neve non si è ancora trasformata. E dai 2500 metri in su ci sono muri di cornici di neve da tutte le parti. Per cui bisogna stare attenti». E i versanti sud? «Trovi ghiaccio vivo per buona parte della mattinata. E poi mollano, da mezzogiorno in avanti». L'analisi delle alte quote è di Maurizio Dellantonio, riconfermato presidente nazionale del Soccorso Alpino (Cnsas) per il prossimo triennio. Il suo è il quarto mandato: «Non so ancora se il distacco sulla Marmolada sia stato provocato o naturale, come quello di tre anni fa. Immagino che chi sale a quelle quote sia un esperto e, come
Così Alex Barattin rappresenterà il Veneto al vertice
LA NOMINA BELLUNO
Passaggio del testimone all'interno della Direzione nazionale del Soccorso alpino, con un bellunese ancora nella stanza dei bottoni. Fabio "Rufus" Bristot lascia l'incarico, ma Alex Barattin prende la via di Roma. Sarà lui, nuovo consigliere, a rappresentare il Veneto nel Consiglio composto da otto membri, esclusi presidente e due vice. IL COMMENTO Michele Titton, nominato a dicembre 2024 al timone della Delegazione "Dolomiti bellunesi" del Soccorso alpino e speleologico commenta: «Non possiamo che dirci onorati per il fatto che un nostro volontario, Alex Barattin già alla guida del Soccorso alpino bellunese, sia stato scelto per un incarico a livello nazionale. Il grazie va al lavoro portato avanti per anni da Fabio Bristot, sempre vicino alla vita della nostra Delegazione». L'IMPEGNO A sottolineare l'impegno profuso da Bristot, membro uscente per «il prezioso lavoro svolto in questi anni a favore del Corpo e della sua missione» sono venute le parole del riconfermato - nel suo quarto ed ultimo mandato - presidente nazionale il trentino di Moena Maurizio Dellantonio che ha ricordato anche altri due membri che lasciano: Mauro Guiducci (già vicepresidente) e Roberto Bartola. Questo il discorso di Dellantonio al termine dell'elezione: «Intendo onorare fino in fondo il mandato, consapevole del ruolo che mi è stato affidato. Il mio primo pensiero va a tutte le volontarie e i volontari che ogni giorno, con dedizione e competenza, mettono a disposizione il proprio tempo, la propria esperienza e il proprio cuore per aiutare chi è in difficoltà. È per loro che assumo nuovamente questo impegno, con l'obiettivo di rappresentarli al meglio e dare voce al valore del loro operato. Il Soccorso Alpino e Speleologico è un assetto fondamentale per il nostro Paese: garantisce un servizio di altissima qualità, una presenza capillare in tutto il territorio nazionale e competenze tecnico-sanitarie riconosciute e indiscutibili. Sarà fondamentale, nei prossimi anni, proseguire lungo la strada tracciata in questi anni, accrescendo le nostre capacità, investendo nella formazione, promuovendo con ancora più forza la cultura della prevenzione e rafforzando la collaborazione con gli altri enti e istituzioni che da sempre ci sono vicine e condividono il nostro percorso, nel segno del dialogo costruttivo e della condivisione di obiettivi, per rendere ancora più efficace il nostro intervento a favore di chi ha bisogno di aiuto e di livelli essenziali di assistenza garantiti da un sistema che deve saper essere diretto, efficiente e vicino alle persone»
Corriere del Veneto | 26 aprile 2025
p. 10, edizione Treviso - Belluno
In alta quota con le scarpe da ginnastica Coppia salvata
DIMITRI CANELLO
cortina d’ampezzo
Ieri alle 16 una coppia di turisti statunitensi ha chiesto aiuto al 118 bloccata sulla neve lungo il sentiero per il Rifugio Vandelli, nei pressi di Forcella Marcuoira. I due, un 28enne e una 30enne del Nebraska, erano scivolati durante la discesa nel Ciadin del Loudo. Non erano attrezzati per le condizioni invernali, in particolare la ragazza, vestita in modo inadeguato e con scarpe da ginnastica. L’elicottero del Suem di Pieve di Cadore li ha individuati e ha sbarcato il tecnico di elisoccorso che li ha aiutati a risalire fino a un punto sicuro per l’imbarco. I due infine trasportati al Passo Tre Croci. Invece giovedì sera, alle 22, il Soccorso alpino dell’Alpago e i vigili del fuoco sono intervenuti su richiesta dei Carabinieri, allertati dai familiari di un 80enne residente ad Alpago, uscito per la consueta passeggiata serale e non rientrato. Dopo telefonate a vuoto chiamate le Forze dell’ordine. L’uomo si era allontanato nei dintorni di Puos d’Alpago. Una segnalazione ha indicato l’anziano in località Nusieda attorno alle 19.15 così le ricerche si sono concentrate sul percorso ad anello in zona. I soccorritori hanno faticato a rintracciarlo. Nella zona segnalata, i Carabinieri hanno udito la sua voce dalla boscaglia. Raggiunto e recuperato, l’anziano è stato affidato ai sanitari per gli accertamenti. Era in discrete condizioni, molto spaventato, ma se la caverà senza grosse conseguenze.
NOTIZIE DAI FOTOGRAFI SOSTENITORI
Gazzettino | 15 aprile 2025
p. 35, edizione Belluno
Luna pasquale che svetta tra gli Spalti l’ultimo scatto dell’astrofotografa Masi