FUL | Firenze Urban Lifestyle #36

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ria dove puoi mangiare tutta la pizza che vuoi: «Io rinuncio alla solita Pelmosoda perché una lattina non mi basta per arrivare a fine cena e voglio evitarmi la sorpresa di dover pagare cento euro per una bevanda extra. Così mi butto sul classico della ristorazione italiana: una bottiglia d’acqua minerale ghiacciata. So già che la centellinerò, non potrò godermela, ma mi servirà solo a non ostruire di pizza la trachea rendendo il bolo, invece che un valore aggiunto della fase digestiva, un pernicioso ostacolo per l’introduzione della pizza successiva!». E poi il viaggio in prima classe FrecciaRossa è commovente: «Ero terrorizzato all’idea che mi fermassero, “Lei qui non può starci!” per via (in ordine temporale) della felpa in pile senza niente sotto, il cappellino, la dermatite, la soccombenza esistenziale che mi si legge in faccia». Come del resto è toccante il racconto dell’amicizia dello Sgargabonzi con il regista Nanni Moretti: «[…] parlò di questo progetto di adrenalinici videodiari di senzatetto, immigrati e donne vittime di violenza, coprodotto con Angelo Barbagallo della Sacher, e si lamentò che il suo socio non c’era perché accampa sempre delle scuse per non spostarsi da Roma». Chi è Lo Sgargabonzi? Lo Sgargabonzi è una carta del mercante in fiera di Jacovitti che rappresenta una macchina dadaista che produce tempo perso. Pur essendo uno scrittore non sono mai stato un gran lettore e non devo niente ai miei studi scolastici: ho imparato molto più dai dischi degli Squallor, dai fumetti Bonelliani e dai giochi di Reiner Knizia, a cui peraltro è dedicato il libro. Quella del gioco è per me la più nobile tra le arti. Intorno a una plancia, nella testa dei giocatori c’è un silenzio ieratico carico di dedizione, dove la vita resta fuori. Il gioco è il tentativo massimo dell’essere umano di abbandonare l’ansia della morte, perché sta tutto nella sua totale astrazione. Inoltre il gioco è qualcosa a cui per definizione non puoi essere costretto. Se giochi costretto puoi anche vincere, ma non hai giocato. Com’è stato il processo creativo nella scrittura del romanzo Jocelyn Uccide Ancora? Jocelyn è stato scritto nell’arco di 13 anni. L’idea era quella di creare un almanacco, un libro caleidoscopico con cose molto diverse al suo interno: parodie letterarie, racconti horror, cronache adolescenziali, ipertesti di canzoni, barzellette, poesie, non tutti sanno che…, con una ricerca ponderata degli scritti, che sono ordinati tra loro – ogni racconto introduce quello successivo. L’opera voleva essere tutto tranne che un libro schiettamente comico. Mi viene naturale affrontare argomenti che disturbino e farlo in maniera più morbosa possibile, ma senza alcuna volontà di cri-

Sgargabonzi è un personaggio che porta sulle sue grosse spalle di uomo aretino il peso della cultura degli ultimi anni, un uomo cresciuto a giochi di ruolo e Oasis.

tica sociale: il grande antagonista del libro è la morte. Da ateo e con valori molto basici, sono molto attaccato alla vita. Per me la morte non ha assolutamente niente di buono e parlo della morte sempre per drammatizzarla, mai per alleggerirne la portata. Per questo per me la comicità ha il suono della risata del condannato a morte. Nel libro si parla dell’incanto dell’infanzia, del disfacimento dei nostri ricordi, dell’immagine sempre più lontana dei nostri genitori giovani… E in questa crescente disillusione solo i brand resistono: i marchi sono gli unici che non ci hanno tradito rispetto ai nostri anni verdi. Mentre abbiamo visto i nostri cari sfasciarsi sotto i nostri occhi, lo Stecco Ducale Sammontana ha lo stesso gusto che aveva nell’88. Sgargabonzi, al suo quarto libro pubblicato, è stato di recente definito il più grande scrittore comico italiano in un articolo del Prof. Claudio Giunta pubblicato su L’Internazionale. Ne hanno scritto bene anche su La Stampa, Il Sole 24 ore, Il Corriere della Sera e non solo. E chi siamo noi per scriverne male? In realtà non vorremmo, non potremmo nemmeno. Sgargabonzi è un personaggio che porta sulle sue grosse spalle di uomo aretino il peso della cultura degli ultimi anni, un uomo cresciuto a giochi di ruolo e Oasis, dotato di un carisma da palcoscenico goffo e irresistibile, collaboratore per l’amata rivista Linus, Alessandro Gori nella vita. •

ENGLISH VERSION>>>> I read Jocelyn uccide ancora by Lo Sgargabonzi (Minimum Fax, Roma 2018, 212 pages) and then I talked to him. In his imaginary tales you can meet Capossela, Baustelle, Fulvio Abbate, Nanni Moretti, Dario Fo and many others. The book includes various tales: they make you laugh and get the blood going, they undermine the good manners and political correctness, with a clear and lucid analysis that often reaches the paradox, creating pure and good fun. Sgargabonzi is the comforting anti-hero: he describes himself and his daily life with the enlightened tragic awareness, objective and undeniable, of our duty to face ourselves in the waiting for death. The book deals with current events: Down syndrome, abortion, LGBT, HIV and many others. Who is Sgargabonzi? Sgargabonzi is a card from the game Mercante in Fiera by Jacovitti, representing a Dadaist machine that produces lost time. Although I’m a writer, I’ve never been a good reader and I didn’t owe anything to my previous studies: I’ve learned much more by Squallor’s CDs, Bonelliani’s comics and Reiner Knizia’s games, to whom I also dedicated my book. Playing games is the noblest art to me: gaming is the higher attempt to escape from the anxiety of death and it’s something which you can’t be forced to: if you are obliged to play, you can also win but you didn’t play. How was the creative process of the novel Jocelyn uccide ancora? It took 13 years to write, the original idea was to create a sort of almanac, a kaleidoscopic book full of different things like parodies, horror tales, teenagers chronicles, songs hypertexts in which every tale introduces the followings. It was natural for me to face disturbing topics in a morbid way, but with no will to critic society: the greatest antagonist of the book is death. Being atheist, with very basic values, I’m stuck in life. To me death is not good at all and I always talk about death to dramatize, never to relieve it. That’s why comedy has the same sound of a laugh of a dying man to me. Sgargabonzi, with his fourth book published, has been recently defined the greatest Italian comic writer, who are we to disagree? He was praised by L’Internazionale, La Stampa, Il Sole 24 ore and Il Corriere della Sera. He is a character who carries upon his wide shoulders from Arezzo the weight of the culture of the last years, a man brought up between role games and Oasis, gifted with an awkward and irresistible talent for the stage, collaborator of his beloved Linus magazine, Alessandro Gori in the daily life. • 11.


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