FUL | Firenze Urban Lifestyle #36

Page 1

08

anno

n • t r e n ta s e i www.f irenzeurbanlifestyle.com

1.

prendimi

mar-apr '19


Il Miglior Modo per Festeggiare i 20 Anni del Nostro CRU

www.laregola.com #laregola PODERE LA REGOLA SOC. AGRICOLA SEMPLICE Cantina: Loc. Altagrada – SRT 68 Km. 6 +400 a Riparbella Tel. +39 0586 698145 – Fax +39 0586 696833 – info@laregola.com


04

MASSIMO LISTRI fotografia

marzo-aprile '19

ful - n. 36

www.firenzeurbanlifestyle.com

08

PICCOLA FARMACIA LETTERARIA libri

10

SGARGABONZI

«April is the cruellest month» scriveva T.S. Eliot nella Terra desolata, capolavoro della poesia modernista inglese. Perché l’inverno, per quanto buio e freddo offre riparo e protezione, una sorta di ibernazione emotiva, mentre con l’arrivo della primavera la vita torna ad accendersi di desiderio e attività. L’alternanza delle stagioni, i ritmi della natura, sono fondamentali per noi essere umani. Invece di perdere tempo, fermiamoci. Prendiamoci tempo, troviamo il tempo per fare ciò che ci piace. A volte il mio tempo, non è il tuo tempo, ma basta volersi incontrare.

personaggi

12

LE CRETE SENESI natura

14

RICHARD GOLD WORLD moda

Buona lettura Annalisa Lottini

16

MUDETO

AVETE QUALCOSA DA RACCONTARE? La creatività non conosce confini: fotografia, moda, danza, musica, design, viaggi, letteratura, cinema, teatro, natura... qual è la vostra musa? Contattateci per proporre collaborazioni, articoli, eventi. Like us on Facebook. Tweet us. Follow us. Read us. Love us. www.firenzeurbanlifestyle.com FB: ful.magazine IG: ful_magazine Twitter: ful_magazine

Aut. del Tribunale di Firenze n. 5838 del 9 Maggio 2011 Direttore responsabile Riccardo Basile Proprietario FMP Editore e realizzazione grafica Ilaria Marchi

Ideazione Marco Provinciali e Ilaria Marchi Coordinamento editoriale Annalisa Lottini Se sei interessato all’acquisto di uno spazio pubblicitario: marco@firenzeurbanlifestyle.com tel. 392 08 57 675 Se vuoi comunicare con noi ci puoi scrivere ai seguenti indirizzi: ufficiostampa@firenzeurbanlifestyle.com redazione@firenzeurbanlifestyle.com commerciale@firenzeurbanlifestyle.com In copertina Ache77

design

22

IL GHETTO EBRAICO cultura

22

PIZZALAND gusto

25

ACHE77 arte

28

CHINA GAMBACCIANI gusto

30

LORENZO POLIDORI musica

33

SPAZI SOSPESI architettura

34

SONJA DE GRAAF pagina dell'artista

3.


ful fotografia

MASSIMO LISTRI, IL FOTOGRAFO DEI LUOGHI DELLA CULTURA Il fotografo fiorentino al vertice mondiale della fotografia d’architettura e d’interni apre le porte della sua fondazione e ci racconta le sue passioni. testo di fabrizio gitto, foto di massimo listri

C

on le fotografie di Massimo Listri (classe 1953) i luoghi della cultura mondiale sembrano sfuggire al logorio del tempo, come se il gesto del fotografare li congelasse o li proteggesse sotto campane di cristallo. Di lui sono esemplari le vedute degli interni dei più importanti musei o delle più belle biblioteche del mondo, a cui la casa editrice Taschen, nel 2018, ha dedicato il volume monografico Massimo Listri. The World’s Most Beautiful Libraries. Siamo stati invitati dall’autore presso la Fondazione Listri per le Arti Visive che ha sede nel quartiere fiorentino di Santo Spirito. Gli ambienti della Fondazione Listri restituiscono alla perfezione la personalità del loro padrone di casa, un amante dell’arte a tutto tondo. Può raccontarci questa sua passione? Mio padre, essendo giornalista e scrittore, era sempre circondato .4


da libri e riviste e, sin dall’infanzia, mi ha abituato a visitare musei e osservare architetture. La mia passione per l’arte mi ha portato, col tempo, a formare collezioni archeologiche e di arte antica, di disegni e volumi di storia dell’arte e a creare la fondazione a mio nome. Con la fotografia ho potuto dare sfogo al mio amore per l’architettura e ritrarre gli ambienti di numerosi musei, biblioteche e chiese abbandonate. Qual è stato, invece, il suo primo incontro con la macchina fotografica? Tutto è nato dalla passione per l’immagine in senso lato. Intorno ai 16 anni, scoprii la macchina fotografica e la camera oscura, passando interi pomeriggi a scattare e a sviluppare. Era come fare i maghi o gli alchimisti: potevi creare un’immagine dal nulla. Le mie prime fotografie, fatte per gioco, erano di soggetti casalinghi, a seconda di quello che avevo a disposizione. Poi, a 17 anni, mio padre mi regalò una ‘vera’ macchina fotografica e con quella cominciai a fare i primi ritratti. Lo accompagnavo spesso a intervistare vari autori e così ho potuto immortalare personaggi famosi come Marino Marini, Eugenio Montale, Pier Paolo Pasolini e Cesare Zavattini. Dai nomi che cita si capisce che ha conosciuto personalità molto eterogenee fra loro. Chi è stato a influenzare maggiormente il suo linguaggio?

A dire il vero, sono stato suggestionato soprattutto dal mondo del cinema. Ricordo che da ragazzo rimanevo affascinato dai tagli di Antonioni e di Bergman e da tutti quei registi ‘poetici’ che ponevano una certa attenzione alle inquadrature. All’epoca neanche mi rendevo conto di esserne influenzato. Oggi posso dire di essere come una sorta di shaker al cui interno c'è un po’ tutta l’arte. Sono dell’idea che ogni artista per essere tale debba osservare ciò che lo circonda, specialmente l’arte antica. In effetti, dai formati scelti per le sue stampe si percepisce un forte richiamo alle grandi tele della tradizione pittorica del passato. È così? Esattamente. Dalla fine degli anni Novanta, grazie alla diffusione di stampanti di grande formato ho iniziato a realizzare alcune fotografie di oltre 4 metri e a esporle quasi come fossero dipinti in musei e gallerie. Questo mi ha permesso di esprimermi in modo differente rispetto al passato, includendo nel mio repertorio fotografie dalle atmosfere un po’ ‘metafisiche’ e ‘astratte’, che fino ad allora non erano state accettate dalle riviste e dalle case editrici. È notevole il cambiamento avvenuto nella sua carriera: dal ritratto alla fotografia d’architettura. Può raccontarci questo passaggio? Fino agli anni Settanta le riviste che circolavano in Italia erano Epoca, Gente e Oggi. Nel decennio successivo, invece, si assistette a un boom

Con la fotografia ho potuto dare sfogo al mio amore per l’architettura e ritrarre gli ambienti di numerosi musei, biblioteche e chiese abbandonate.

5.


delle riviste d’arte e d’architettura. Dal 1981, avvenne il sodalizio con la rivista FMR dell’editore e caro amico Franco Maria Ricci. Collaborare con lui è stata la svolta per la mia carriera, perché Ricci dava la possibilità di pubblicare articoli anche di una ventina di pagine ad autori del calibro di Jorge Luis Borges, Italo Calvino, Umberto Eco e Federico Zeri e tutti accompagnati dalle mie fotografie. Questa collaborazione ventennale, insieme alla passione innata per l’arte e l’architettura, mi ha permesso, appunto, di passare dal ritratto all’architettura. Nel corso degli anni ho potuto, così, fotografare per FMR tutto ciò che mi piaceva: facevo sopralluoghi ai castelli della Germania e della Repubblica Ceca, alle cattedrali della Spagna e alle collezioni d’arte di mezzo mondo. Come mai, nonostante la sua professione di fotografo le permetta di girare il mondo, preferisce rimanere a Firenze? Agli inizi degli anni Novanta molti amici mi proposero di trasferirmi a Parigi perché, secondo loro, era la capitale dell’arte europea e lì avrei avuto maggiore fortuna. Ma io ho scelto di continuare a vivere nella casa in cui abito da quando avevo 22 anni e girare il mondo da qui. Firenze è in una posizione centrale che mi permette comodamente di spostarmi e, poi… passano tutti da qui! • ENGLISH VERSION>>>> We have been invited by Massimo Listri, Italian photographer to whom Taschen has dedicated the book The World’s Most Beautiful Libraries in 2018, to visit his foundation Fondazione Listri per le Arti Visive in Santo Spirito’s quarter. How was born your passion for art? My father, who was a journalist and writer, was always surrounded by books and magazines and since I was a child I have visited museums and observed architectures. My passion for art led me to collect ancient artworks, pictures and books of history of art, and to create my own foundation. Thanks to photography I could unleash my love for architecture and shoot many museums, libraries and abandoned churches. How was your first encounter with the camera? Everything started with my passion for images. When I was 16, I discovered the camera and the darkroom: it was like being a magician or an alchemist, you could create images from nothing- Then, at 17 my father gave me a ‘real’ camera and with that I started to take my first portraits. I followed him in his interview to various authors that I could capture like Marino Marini, Eugenio Montale, Pier Paolo Pasolini and Cesare Zavattini. Who influenced the most your language? To be honest, the world of the cinema. I was fascinated by Antonioni and Bergman’s atmospheres. I think that an artist should observe his surroundings, especially ancient art. .6

Looking to the print format of your pictures, we can perceive a recall to the great pictorial tradition of the past, isn’t it? Sure. Since the end of the ’90s, thanks to the printers’ development, I started to realize pictures of more than 4 metres and to exhibit them as paintings in a museum. This allowed me to express myself in a different way and to include some metaphysical and abstract atmospheres. During your career you switched from portraits to architecture’s pictures. How was it possible? Until the ’70s Italian magazines were Epoca, Gente and Oggi. In the following decades there was a boom of art and architecture’s magazines. In 1981, I started the partnership with FMR magazine and with the editor and my dear friend Franco Maria Ricci. Collaborating with him was a turning point for me, because he allowed great authors as Jorge Luis Borges, Italo Calvino, Umberto Eco and Federico Zeri to write long articles, of twenty and more pages, accompanied by my pictures. That cooperation, together with my passion for art and architecture, made it possible to switch from portraits to architecture’s photography. Why, although you travel all over the world, you keep on living in Florence? At the beginning of the ’90s many friends suggested me to move to Paris, but I chose to live here in the same house in which I’ve been living since I was 22 and to keep travelling the world form here: Florence is in a central position and a lot of people pass right from here! •



ful libri

PICCOLA FARMACIA LETTERARIA SOLUZIONI LETTERARIE PER PROBLEMI REALI

È stata inaugurata a Gavinana una libreria speciale, in cui i libri sono medicine per curare i mali dell’anima, per dare sollievo e aiutare gli altri. Abbiamo intervistato per voi la proprietaria: Elena Monini. Testo di Rita Barbieri, Foto di Mattia Marasco

O

gnuno ha i suoi problemi e questo, più che un luogo comune, è un dato di fatto. E soprattutto cerca di risolverli come può: c’è chi si affida alle cure di un terapista, chi all’astrologo, chi al naturopata, chi esterna i propri guai in interminabili note vocali (senza nemmeno il vincolo dei caratteri a limitare il profluvio dell’eloquio) destinate il più delle volte a restare inascoltate... Qualcun’altro infila il naso tra le pagine di un libro e non ne esce più. O almeno, non ne esce fintanto che non è perfettamente guarito. Che i libri possano aiutare a guarire, risolvere o migliorare i nostri stati d’animo e la nostra salute complessiva, è il grande assunto alla base della libreria di Elena Monini che, in via di Ripoli, ha aperto la sua “Piccola Farmacia Letteraria”. L’abbiamo incontrata per saperne di più: Come nasce l’idea della Piccola Farmacia Letteraria? È stato difficile realizzarla e portarla avanti? L’idea è venuta dai miei anni passati lavorando in una libreria di catena. Di solito i clienti mi chiedevano consigli sulla base dei propri .8

stati emotivi, così quando mi sono messa in proprio volevo trovare qualcosa che contraddistinguesse la mia libreria. Ho pensato che ogni libro potesse rappresentare una cura per determinati stati d’animo e mi è venuta l’idea di dare delle indicazioni terapeutiche creando dei veri e propri ‘bugiardini’. Ci sono voluti un po’ di mesi per mettere su tutto, ma sono davvero soddisfatta. Tantissimo lavoro ma cerco di stare dietro a tutto! Quali sono state ad oggi le soddisfazioni maggiori? Quali invece i problemi? La soddisfazione più grande è l’affetto e la fiducia dei lettori che vengono anche da fuori Firenze per venirmi a trovare, non mi aspettavo tutto questo successo! Mi sono resa conto di aver toccato delle corde profonde e la cosa mi fa molto felice. Al momento l’unico problema è cercare di stare dietro a tutto: il lavoro in libreria, i nuovi bugiardini da fare, le richieste dei clienti, il lancio dell’e-commerce. Perché un libro può essere una ‘cura’ per molti mali? Sono una lettrice fin da piccolissima e ho sempre creduto che i libri possano rappresentare una risorsa per ciascuno di noi. Possono farci


fare una risata, oppure aprirci gli occhi su una situazione particolare, farci sentire meno soli. Abbiamo tutti bisogno di identificarci in storie simili alle nostre, per questo il libro può essere ‘curativo’. Come si sceglie il libro/farmaco giusto? Quando un cliente mi chiede un consiglio cerco di capire la sua storia, poi gli chiedo che generi e che autori legge di solito, se è un lettore di lungo corso o se vuole riprendere a leggere dopo tanto tempo. A volte è bello anche confrontarsi su un titolo già letto perché spesso in una storia ci sono talmente tante sfumature che ognuno ci vede delle cose diverse. Il confronto è un aspetto importante e bellissimo del mio lavoro. Il libro-aspirina che va bene quasi sempre? Il cammino di Santiago di Paulo Coelho. Il libro-placebo esiste? Io credo che non esista perché qualsiasi testo ti lascia sempre qualcosa, anche di piccolissimo e impercettibile. I lettori hanno gusti diversissimi e non ci sono libri di serie A e libri di serie B, secondo me c’è sempre qualcuno per cui quel libro ‘ne vale la pena’. Cosa sono i libri per te? Perché è importante leggere? La lettura credo abbia il potere unico di aprirti la mente, portarti in posti dove non saresti mai potuto arrivare, darti punti di vista inattesi. Per questo è importante leggere, anche generi diversi, anzi senza scoraggiarsi se non si trova quello che fa per noi, perché la lettura è un viaggio sempre nuovo, sempre diverso. Qual è la richiesta più strana che vi hanno fatto finora? Una lettrice che stava per andare all’altare ma era innamorata di un altro! Quale invece la più frequente? La richiesta più frequente è sempre quella di curare un cuore infranto… Domanda da un milione di dollari: qual è il libro o i libri che tutti dovrebbero leggere almeno una volta nella vita? Una vita davanti a sé di Romain Gary, L’isola di Arturo di Elsa Morante e Cecità di José Saramago. Piccola Farmacia Letteraria Via di Ripoli 7r, 50126 Firenze Tel. 055 627 7605 FB: piccolafarmacialetteraria

TRE LIBRI FUL FRESH: Il censimento dei radical chic di Giacomo Papi URBAN: Follie di Brooklyn di Paul Auster LIFESTYLE: Come essere una parigina. Ovunque tu sia di Anne Berest, Audrey Diwan e Caroline de Maigret

ENGLISH VERSION>>>> In Gavinana’s area, a special bookshop was recently opened. Piccola Farmacia Letteraria is an original place in which books can help healing sorrows and pains, relieving our grieves. We met Elena Monini, the founder. How was the idea of Piccola Farmacia Letteraria born? The idea came up when I was working in a bookstore’s chain. Often customers asked me book’s suggestions according to their mood, so when I opened my own bookshop I wanted to find something that could distinguish my bookshop from the others. I thought that a single book can represent a therapy for our mental and physical status and I had the idea of giving therapeutic indication on each book creating a sort of ‘package insert’. Which are the major satisfactions and problems? The greatest satisfaction is the affection and confidence of the customers and the only problem, for now, is to keep up with everything. Why a book can be a therapy for many kinds of sorrows? I’m a good reader and I always thought that books can represent a huge resource for everybody. We all need to identify with similar stories, feeling less lonely, and that’s why a book can be a therapy. How can you choose the right book-therapy? When a customer asks me a suggestion, I try to understand his story and then I ask which kind of books and authors they usually read, so I can give them some options. Is there any aspirin-book that does always work? Il cammino di Santiago by Paulo Coelho. Does the placebo-book exist? I don’t think so, because every book leaves you something, even very subtle: there are no first or second category books, there will always be a reader to whom that specific book matters. What do books represent for you? Why reading is so important? Reading can open our minds, offering unexpected points of view, that’s why it is important: reading is a brand new travel, always different. Which are the weirdest and the most common requests you had? The weirdest was a girl that was going to marry a man but was in love with another, and the most common one is how to heal a broken heart. Which are the books that everybody should read once in life? Una vita davanti a sé by Romain Gary, L’isola di Arturo by Elsa Morante and Blindness by José Saramago. • 9.


ful personaggi

PRONTO… SGARGABONZI Una recensione-telefonata e una intervista con Lo Sgargabonzi, scrittore comico italiano. Testo di Martina Scapigliati, foto di Antonio Pinza

H

o letto il libro Jocelyn uccide ancora de Lo Sgargabonzi (Minimum Fax, Roma 2018, 212 pagine) e poi ci ho parlato. Entrare nella comicità dello Sgargabonzi è immaginifico e vieni pure accolto in un salotto buono: nei suoi racconti, infatti, puoi incontrare da Capossela ai Baustelle, Fulvio Abbate e perfino Nanni Moretti e Dario Fo. Sono citati anche Caproni, Lalla Romano, Nikola Tesla, Gillo Dorfles, Anouk Aimèe… e mille altri. C’è solo da mettersi comodi: in frammenti di freddure gelide e irresistibili, i personaggi vengono inseriti dall’autore con algida ironia in contesti puntuali, resi con una scrittura acuta, spietata e irriverente (e per questo non ordinaria, nel senso di stra-ordinaria). Il libro racchiude racconti tra i più disparati: fanno ridere e tremare i polsi, perché sconfinano oltre i margini del progetto, scardinano le buone maniere e i buonismi, ci infilano della buona lucida analisi che spesso raggiunge il paradosso, creando sano e puro divertimento spassosissimo. Sgargabonzi è l’anti-eroe che potresti trovare consolatorio: descrive sé stesso e il quotidiano con l’illuminata tragicità, obiettiva e innegabile, della consapevolezza di dover affrontare sé stessi e la vita, in attesa della morte. .10

Si parla di attualità nel libro dello Sgargabonzi, se ne parla in modo esilarante e crudele – aborto, sindrome di down, omosessualità, AIDS, lapidazione, Salone del Libro. Sgargabonzi ci offre però anche la sua chiave per approfondire la descrizione di un ambiente povero, un po’ alla Bruno Munari. Insomma, si spazia proprio in ogni direzione. E ci sono le favole, nel libro dello Sgargabonzi. Quella di Hans e Gretchen è veramente bellissima: «Hans e Gretchen soffrivano della famigerata sindrome di Pugaciov. Al posto degli occhi avevano due piccole bocche ciascuno, e un solo grande occhio completamente bianco collocato dove le persone normali hanno la bocca. Oltre a questo avevano, al posto del cervello, il Belgio. Un Belgio in scala minima ovviamente, ma del tutto funzionante. Questa era la sindrome di Pugaciov». Si sogna perfino, con il libro dello Sgargabonzi: «… babbo, in quelle mattine senza sole avevi rinunciato ai tuoi sogni perché potessi realizzare il mio. Una vita dopo, spero di poterti rendere orgoglioso perché quel sogno io ce l’ho. Non è il sogno effimero di diventare una rockstar, né quello utopistico di vincere il Nobel per la matematica. Il mio sogno è, più semplicemente, quello di abbandonare te, babbo, anziano e malato di Alzheimer, nel cuore di un labirinto e osservare dall’alto cosa combini». C’è il racconto della volta che Lo Sgargabonzi ordina nella pizze-


ria dove puoi mangiare tutta la pizza che vuoi: «Io rinuncio alla solita Pelmosoda perché una lattina non mi basta per arrivare a fine cena e voglio evitarmi la sorpresa di dover pagare cento euro per una bevanda extra. Così mi butto sul classico della ristorazione italiana: una bottiglia d’acqua minerale ghiacciata. So già che la centellinerò, non potrò godermela, ma mi servirà solo a non ostruire di pizza la trachea rendendo il bolo, invece che un valore aggiunto della fase digestiva, un pernicioso ostacolo per l’introduzione della pizza successiva!». E poi il viaggio in prima classe FrecciaRossa è commovente: «Ero terrorizzato all’idea che mi fermassero, “Lei qui non può starci!” per via (in ordine temporale) della felpa in pile senza niente sotto, il cappellino, la dermatite, la soccombenza esistenziale che mi si legge in faccia». Come del resto è toccante il racconto dell’amicizia dello Sgargabonzi con il regista Nanni Moretti: «[…] parlò di questo progetto di adrenalinici videodiari di senzatetto, immigrati e donne vittime di violenza, coprodotto con Angelo Barbagallo della Sacher, e si lamentò che il suo socio non c’era perché accampa sempre delle scuse per non spostarsi da Roma». Chi è Lo Sgargabonzi? Lo Sgargabonzi è una carta del mercante in fiera di Jacovitti che rappresenta una macchina dadaista che produce tempo perso. Pur essendo uno scrittore non sono mai stato un gran lettore e non devo niente ai miei studi scolastici: ho imparato molto più dai dischi degli Squallor, dai fumetti Bonelliani e dai giochi di Reiner Knizia, a cui peraltro è dedicato il libro. Quella del gioco è per me la più nobile tra le arti. Intorno a una plancia, nella testa dei giocatori c’è un silenzio ieratico carico di dedizione, dove la vita resta fuori. Il gioco è il tentativo massimo dell’essere umano di abbandonare l’ansia della morte, perché sta tutto nella sua totale astrazione. Inoltre il gioco è qualcosa a cui per definizione non puoi essere costretto. Se giochi costretto puoi anche vincere, ma non hai giocato. Com’è stato il processo creativo nella scrittura del romanzo Jocelyn Uccide Ancora? Jocelyn è stato scritto nell’arco di 13 anni. L’idea era quella di creare un almanacco, un libro caleidoscopico con cose molto diverse al suo interno: parodie letterarie, racconti horror, cronache adolescenziali, ipertesti di canzoni, barzellette, poesie, non tutti sanno che…, con una ricerca ponderata degli scritti, che sono ordinati tra loro – ogni racconto introduce quello successivo. L’opera voleva essere tutto tranne che un libro schiettamente comico. Mi viene naturale affrontare argomenti che disturbino e farlo in maniera più morbosa possibile, ma senza alcuna volontà di cri-

Sgargabonzi è un personaggio che porta sulle sue grosse spalle di uomo aretino il peso della cultura degli ultimi anni, un uomo cresciuto a giochi di ruolo e Oasis.

tica sociale: il grande antagonista del libro è la morte. Da ateo e con valori molto basici, sono molto attaccato alla vita. Per me la morte non ha assolutamente niente di buono e parlo della morte sempre per drammatizzarla, mai per alleggerirne la portata. Per questo per me la comicità ha il suono della risata del condannato a morte. Nel libro si parla dell’incanto dell’infanzia, del disfacimento dei nostri ricordi, dell’immagine sempre più lontana dei nostri genitori giovani… E in questa crescente disillusione solo i brand resistono: i marchi sono gli unici che non ci hanno tradito rispetto ai nostri anni verdi. Mentre abbiamo visto i nostri cari sfasciarsi sotto i nostri occhi, lo Stecco Ducale Sammontana ha lo stesso gusto che aveva nell’88. Sgargabonzi, al suo quarto libro pubblicato, è stato di recente definito il più grande scrittore comico italiano in un articolo del Prof. Claudio Giunta pubblicato su L’Internazionale. Ne hanno scritto bene anche su La Stampa, Il Sole 24 ore, Il Corriere della Sera e non solo. E chi siamo noi per scriverne male? In realtà non vorremmo, non potremmo nemmeno. Sgargabonzi è un personaggio che porta sulle sue grosse spalle di uomo aretino il peso della cultura degli ultimi anni, un uomo cresciuto a giochi di ruolo e Oasis, dotato di un carisma da palcoscenico goffo e irresistibile, collaboratore per l’amata rivista Linus, Alessandro Gori nella vita. •

ENGLISH VERSION>>>> I read Jocelyn uccide ancora by Lo Sgargabonzi (Minimum Fax, Roma 2018, 212 pages) and then I talked to him. In his imaginary tales you can meet Capossela, Baustelle, Fulvio Abbate, Nanni Moretti, Dario Fo and many others. The book includes various tales: they make you laugh and get the blood going, they undermine the good manners and political correctness, with a clear and lucid analysis that often reaches the paradox, creating pure and good fun. Sgargabonzi is the comforting anti-hero: he describes himself and his daily life with the enlightened tragic awareness, objective and undeniable, of our duty to face ourselves in the waiting for death. The book deals with current events: Down syndrome, abortion, LGBT, HIV and many others. Who is Sgargabonzi? Sgargabonzi is a card from the game Mercante in Fiera by Jacovitti, representing a Dadaist machine that produces lost time. Although I’m a writer, I’ve never been a good reader and I didn’t owe anything to my previous studies: I’ve learned much more by Squallor’s CDs, Bonelliani’s comics and Reiner Knizia’s games, to whom I also dedicated my book. Playing games is the noblest art to me: gaming is the higher attempt to escape from the anxiety of death and it’s something which you can’t be forced to: if you are obliged to play, you can also win but you didn’t play. How was the creative process of the novel Jocelyn uccide ancora? It took 13 years to write, the original idea was to create a sort of almanac, a kaleidoscopic book full of different things like parodies, horror tales, teenagers chronicles, songs hypertexts in which every tale introduces the followings. It was natural for me to face disturbing topics in a morbid way, but with no will to critic society: the greatest antagonist of the book is death. Being atheist, with very basic values, I’m stuck in life. To me death is not good at all and I always talk about death to dramatize, never to relieve it. That’s why comedy has the same sound of a laugh of a dying man to me. Sgargabonzi, with his fourth book published, has been recently defined the greatest Italian comic writer, who are we to disagree? He was praised by L’Internazionale, La Stampa, Il Sole 24 ore and Il Corriere della Sera. He is a character who carries upon his wide shoulders from Arezzo the weight of the culture of the last years, a man brought up between role games and Oasis, gifted with an awkward and irresistible talent for the stage, collaborator of his beloved Linus magazine, Alessandro Gori in the daily life. • 11.


ful natura

I LOVE TREKKING: LE CRETE SENESI Un mare verde nel cuore della Toscana, da scoprire nuotando fra le sue soavi colline. Testo e foto di Benedetta Perissi

.12

I

l mare si trova anche a Siena. A sud est della città del palio, in primavera onde verdi forgiano l’orizzonte e cullano dolcemente lo sguardo di chi le ammira. Nelle Crete senesi la linea sinuosa viene interrotta raramente da qualche casolare o da qualche filare di cipressi; a volte appare un albero isolato, che solitario sulla cresta collinare, invece di rovinare il flusso, lo sublima. È il quadro che è entrato nell’immaginario collettivo della campagna toscana e nei cuori di chi ci è stato. Pittori, poeti e non, da sempre si sono lasciàti conquistare dal mare verde, o dorato, nella stagione estiva, delle Crete senesi. Lasciàti conquistare da quella natura frutto della mano dell’uomo che, sorprendentemente e unicamente, ha saputo lavorare in armonia con la Madre Terra, regalando oltre agli splendidi paesaggi, degli importanti corridoi ecologici per la fauna selvatica, fondamentali per la biodiversità del territorio. Territorio che ospita anche particolari espressioni geologiche come i calanchi e le biancane, dovute dall’alta erodibilità del terreno argilloso che caratterizza quest’area. Difatti il nome Crete, deriva proprio dall’argilla di cui si compone in prevalenza il suolo che, con minerali di salgemma e gesso, conferisce al paesaggio autunnale e invernale una veste grigia e desolata – ma nel significato più seducente dei due termini – un aspetto "lunare", tanto da essere stato chiamato fin dai tempi antichi, Deserto di Accona. Deserto che non era altro che il fondale marino del Mar Tirreno fra i 5 e 2 milioni di anni fa, anno più anno meno. Quando arriva la primavera, a Firenze non si fa altro che


disquisire su quale area costiera raggiungere per il weekend, per andare a rosolare in spiaggia o godersi il sole durante una passeggiata lungomare dopo un bel pranzo domenicale. Adesso ci sarà ancora più da disquisire. Al mare blu del Tirreno, si aggiunge la suggestiva opzione del mare verde delle Crete senesi e la tentazione di sostituire lo spaghetto allo scoglio con un buon piatto di pici in tutte le sue declinazioni e un ottimo tartufo bianco, prelibatezza gastronomica della zona. Molteplici sono le possibilità di passeggiate e itinerari trekking da intraprendere sulle strade bianche che solcano le colline delle Crete senesi, dalle modeste altitudini e dislivelli pressoché inesistenti. Nei suoi dintorni, non mancano neanche piccoli borghi affascinanti, carichi di storia e trattorie, da visitare e gustare. Le Crete un po’ accolgono e un po’ sono delimitate dai centri storici di Asciano, Buonconvento, Monteroni d'Arbia, Rapolano Terme, Montalcino e Trequanda, ognuno irradiato da bellissimi percorsi da fare piedi per cavalcare così le morbide onde delle colline. Immersi nel mare verde delle colline primaverili e circondati da una delle più belle campagne toscane, da Asciano prendono inizio itinerari che conducono sia a Monteroni d’Arbia, sia al piccolo centro Serre di Rapolano. Un’andata di circa 16 km il primo, quindi da organizzarsi con le auto al punto di arrivo/partenza (a meno che non si abbia l’intenzione di farsi 30 km in un giorno); circa 6 km il secondo per raggiungere Serre di Rapolano, da poter chiudere ad anello per rientrare ad Asciano, con un percorso che rimane ampiamente sotto i 20 km ed entrambi con dislivelli in salita impercettibili. E, proprio come per andare in spiaggia, è raccomandabilissimo portarsi la crema solare nelle belle giornate primaverili. La copertura arborea pressoché inesistente, fa sì che tutti i raggi solari giungano con prepotenza sui centimetri di pelle esposta; altrettanto consigliato è inserire nel proprio zaino un cappello con visiera e acqua in abbondanza. Questi consigli fanno intuire che nel periodo estivo non è auspicabile intraprendere un trekking alla scoperta delle Crete, a meno che non si voglia scoprire anche che cosa significa una bella insolazione. Ma nel periodo primaverile, non c'è niente di meglio che avventurarsi in questi bellissimi paesaggi e atmosfere surreali, alleggerendosi dei retaggi invernali. I prati verdi di cui si viene circondati, fanno venir voglia di sdraiarsi e godere del relax e delle vibrazioni positive del contatto con la terra. E, perché no, anche di stendere il proprio tappetino da yoga e praticare i benèfici esercizi fisici e di meditazione, immersi nel silenzio e in paesaggi infiniti che mettono d’accordo corpo e mente. Una trek experience di Andare a Zonzo https://andareazonzo.com/

ENGLISH VERSION>>>> You can find the sea also in Siena: in the southwest part of the city, there are Crete Senesi, sweet hills that extend as a green sea. This peculiar landscape is now part of the collective imagination, recalling the Tuscan countryside in our minds. The name Crete derives from the mud composing the soil of the area that, in autumn and winter, gives a grey and wasteland atmosphere to the panorama: a sort of moonscape feeling, that allowed the ancestors to call it “Accona desert”. A desert that, 5 million of years ago, was the Tirreno’s seabed. There are many possible trekking itineraries: up on the hills, discovering fascinating villages and delicious typical ‘trattorie’. Starting from Asciano you can easily arrive at Monteroni d’Arbia or at Serre di Rapolano. A distance of around 16 km for the first, and 6 km for the second, both itineraries are flat and affordable by everybody. You can also take advantage of the green field to throw down your yoga mat and practice your asanas and meditation, in order to reconnect body and mind. • 13.


ful moda

RICHARD GOLD WORLD: EVERYBODY WANTS TO BE RICH! Richard Gold World è il brand fiorentino che in pochi mesi ha già conquistato il settore della moda ed è pronto ad espandersi. Testo di Federica Gerini, Foto di Richard Gold World

L

’idea nasce dalla collaborazione tra David Forti, Andrea Spina e Giulia Lazzarini. Venire da mondi diversi ma simili – nello specifico moda e marketing – ha reso immediatamente vincente questa unione. Ne è nato un brand di t-shirt con un’identità forte e dalla combinazione perfetta. Partiamo dalle basi: il nome. Richard Gold World, perché? Richard Gold è stato un giovane di nobile famiglia inglese di inizio ’900. Amava viaggiare e scoprire il mondo. Era un ribelle – soprattutto nel vestire. Era un dandy e amava la moda. Il suo sogno più grande? Quello di creare una linea di abbigliamento che portasse il suo nome. Così in occasione del centenario dalla nascita, i nipoti hanno trasformato questo desiderio in realtà. .14


Il 9 settembre 2018 è nato Richard Gold World. Seguendo lo stile e i concetti del dandismo, vengono reinterpretate l’ostentazione dell’eleganza, l’individualismo esasperato e l’ironico distacco dalla realtà oltre che dalla mediocrità. Nello specifico, in che modo avviene tutto ciò? Con una qualità eccellente rigorosamente Made in Italy, animali esotici e statue classiche. Dettagli che provengono dalla giungla e dall’arte, elementi che hanno dato vita ad una nuova simbologia – quella unica di Richard Gold World. Per ora, le collezioni del brand sono due. La Jungle Collection è legata a mondi lontani ed esotici. Paragona la città moderna a una giungla personale. «Leoni, tigri e pantere sono in agguato a ogni angolo» recita una delle loro frasi preferite. L’altra linea è una capsule collection dedicata all’arte. Dalla passione di Richard per il mecenatismo nasce Meet With Arts. Gli abiti di questa limited edition sono numerati e corredati da un certificato di autenticità. Particolari curati e disegni edonistici per un target di persone che desidera emergere. Lontano dalla standardizzazione delle collezioni di moda che sfilano in passerella oggi, Richard Gold World è stato creato per chi ama distinguersi ed ostentare il proprio status. Per chi vuole conquistare il mondo. È per questo che – dopo il lancio sul mercato italiano – David, Andrea e Giulia hanno deciso di puntare anche su Russia e Cina dove stanno per aprire nuovi punti vendita. •

15.


ful design

MUDETO: LA STORIA DEL DESIGN A PORTATA DI SMARTPHONE Il Museo del Design Toscano è il primo web-museum che cataloga il meglio dell’ingegno industriale della nostra regione. Testo di Francesco Sani , Foto di Archivio MuDeTo

L

a Toscana, conosciuta soprattutto per le sue impressionanti sculture di marmo e le strabilianti opere d’architettura, è anche la dimora di designer di fama mondiale e aziende che realizzano oggetti esclusivi. Esiste un luogo in cui questa bellezza è ufficialmente catalogata di anno in anno e lo dobbiamo al progetto del Museo del Design Toscano, che ha voluto celebrare i più importanti contributi in materia. Ma non cercatelo in uno dei tanti spazi espositivi che vanta Firenze perché, qui sta la sorpresa, si trova online e stiamo parlando del primo museo di design al mondo esclusivamente digitale! L’idea di censire il fascino di un’eccellenza regionale, portata avanti da un gruppo di professionisti capitanati all’architetto Luigi Trenti, risale alla metà del decennio scorso, tuttavia la fondazione di questa originale forma museale ha avuto una lunga gestazione. All’epoca pensarono che i tempi fossero maturi per organizzare una mostra di rinomati prodotti di aziende .16

Jumbo - 1976/78 Giovanni Klaus Koenig, Roberto Segoni (con Mario Consonni), Jumbo Tram (serie 4900) - vettura tranviaria articolata, 1976-’78, ATM - Azienda Trasporti Milanesi, G.A.I. Gruppo Aziende Italiane | courtesy G.A.I. Gruppo Aziende Italiane


toscane, o realizzati su disegno di noti designer toscani, che fungesse pure da promozione territoriale. L’occasione giusta sembrava essere l’intervento di ampliamento del Museo Pecci di Prato, in corso proprio in quel periodo (tra il 2005 e il 2011), quindi chiesero ospitalità per un allestimento permanente all’interno del centro d’arte contemporanea. Purtroppo, sia per la mancanza di sponsor che per la difficoltà di conciliarsi con i tempi e le esigenze delle pubbliche amministrazioni da coinvolgere come partner, l’ambizioso progetto rimase irrealizzato. Ma la volontà di un’esposizione non fu accantonata del tutto e, considerando che viviamo in un’epoca dove anche l’espressione artistica si può digitalizzare, ecco l’illuminazione di creare un “web-museum” aggirando tutti gli ostacoli burocratici. Quello che non si era riusciti a realizzare fisicamente lo si poteva

Invenzioni riconosciute a livello globale che sono state realizzate nel corso del tempo, dai mitici anni Cinquanta del boom economico italiano alla nostra epoca degli stili di vita ad alto contenuto tecnologico. fare virtualmente! Così cinque anni fa è stato lanciato in rete “MuDeTo” e tra i vari prodotti selezionati fino a oggi troviamo tanti nomi che hanno fatto la storia dell’innovazione e della creatività di stampo toscano: Pipistrello, la lampada da tavolo progettata da Gae Aulenti per Martinelli Luce; Jumbo, il caratteristico tram arancione ideato da Giovanni Klaus Koenig e Roberto Segoni per l’Azienda di Trasporti Pubblici di Milano; Barattolino, la storica confezione di gelato formato famiglia della Sammontana. E poi ancora Colonna, il servizio da tavola impilabile di Giovanni Gariboldi per la RichardGinori; Marus, la celebre macchina da caffè pensata da Giuseppe Bambi per La Marzocco; Fiocco, la geniale parete componibile di Pierluigi Spadolini e Paolo Felli per Kartell; Saratoga, il divano tre posti disegnato da Lella e Massimo Vignelli per Poltronova. Queste sono solo alcune delle opere d’ingegno presenti nel museo virtuale. Curioso trovarvi pure il sistema “tubo-giunto” di Ferdinando Innocenti, realizzato dalla industria Dalmine nel 1947 e ancora oggi utilizzato per i ponteggi nei cantieri edili. Tra le new entry: il co-fondatore di K-array Alessandro Tatini è stato riconosciuto come un autentico designer che ha cambiato il volto all’audio professionale con la rivoluzionaria idea dello speaker flessibile da due metri: «K-array rappresenta una realtà di assoluta eccellenza nel mondo degli speaker e Anakonda KAN200 merita a pieno titolo la sua presenza nella nostra collezione permanente» recita la motivazione ufficiale che si può leggere nel sito internet. Per Anakonda, come per ogni altro prodotto, sono presenti una vasta serie di illustrazioni, foto e schede tecniche. Non vi resta quindi che visitare MuDeTo e scoprire i prestigiosi oggetti di uso quotidiano e non contenuti nel sito. Chi vuole può anche ordinare l’annuario che li raccoglie tutti. Invenzioni riconosciute a livello globale che sono

Pipistrello - 1965 Gae Aulenti, Sezioni al vero e schizzi di progetto per la lampada da tavolo / da terra Pipistrello, 1965, Martinelli Luce | © photo Gae Aulenti, courtesy Archivio Gae Aulenti

Anakonda - 2013 Alessandro Tatini, Anakonda KAN200 - diffusore acustico flessibile aggregabile modularmente, K-array, 2013 | © photo & courtesy K-array

17.


Saratoga - 1964 Lella Vignelli (Elena Valle), Massimo Vignelli, Saratoga - divano tre posti, Poltronova | Centro Studi Poltronova | Gli attori Mia Farrow e Dustin Hoffman sul Saratoga durante una pausa delle riprese del film John and Mary di Peter Yates, 1969 | courtesy IMDB.com & LIFE.com

Fiocco - 1970-75 Pierluigi Spadolini, Paolo Felli, 4750/57 (aka Fiocco) - parete attrezzata componibile, 1970 -’75, Kartell | © photo Kartell, courtesy Museo Kartell

state realizzate nel corso del tempo, dai mitici anni Cinquanta del boom economico italiano alla nostra epoca degli stili di vita ad alto contenuto tecnologico. www.mudeto.it

Barattolino - 1970 Un confronto volumetrico tra i Barattolino (6 litri) in metallo alimentare utilizzati (a partire dalla seconda metà degli anni 50) dalla gelateria (e quindi dallo stabilimento) Sammontana per rifornire i bar e le prime varianti (fine anni ‘60, ancora in metallo alimentare) dei Barattolino (1 litro / 500 gr) ideato per l’uso domestico | © photo Archivio Storico Sammontana Italia, courtesy Sammontana

.18

ENGLISH VERSION>>>> Museo del Design Toscano celebrates the importance and beauty of Italian design but instead of taking place in an exhibition space, it’ s only available online: we’re talking about the first exclusively digital Design Museum in the world! The original idea of seeking for and registering the elegance of a regional excellence, led by a team headed by architect Luigi Trenti, dates back to the second half of the last decade but, due to several difficulties, it took a long time to be realized. The will to create such an exhibition remained and considering that we’re living in a digital era, in which even artistic expressions can be digitalized, the illumination for creating a “web-museum” was born, thus avoiding all the administrative obstacles. What seemed impossible to be realized physically, could be done virtually! Therefore, five years ago, “MuDeTo” was launched online and, among the wide selection of products, we can find items and names that actually made the history of Tuscan innovation and creativity starting from the post WWII’s period to nowadays as: Pipistrello, the Gae Aulenti’s desk lamp for Martinelli Luce; Jumbo, the characteristic orange tram created by Giovanni Klaus Koenig and Roberto Segoni for Azienda di Trasporti Pubblici di Milano; Barattolino, the historical packaging for Sammontana’s ice cream. Among the new entries, we should mention K-array’s co-founder, Alessandro Tatini, who was recognized as an authentic designer for having changeed the scene of professional audio with his revolutionary idea of a 2 metres flexible speaker, called Anakonda. All that’s left is to visit the MuDeTo’s website, discovering all the design products. If you are interested, you can also order a directory that collects them all: great inventions realized by Tuscan designers from the ‘50s to nowadays. •


19.


ful cultura

IL GHETTO EBRAICO DI FIRENZE, NESSUNO SA DI LUI Camminiamo insieme a Ippolita Morgese per le vie della città, in un mondo fatto di intrighi e rapporti pubblici e privati degni di un film, alla scoperta di come e perché nacque il ghetto ebraico a Firenze. Testo di Giulia Farsetti

«C

hi è Carlo Pitti?» è la prima domanda che mi pongo appena mi trovo davanti a questo piccolo gioiello di 158 pagine ed è la prima domanda che leggo nel testo. Chi è Carlo Pitti? È un interrogativo che ha tormentato l’autrice Ippolita Morgese nei mesi precedenti la stesura del libro ed è una domanda alla quale, pagina dopo pagina, riesco a dare una risposta. Mi addentro con la Morgese tra i suoi studi, le sue ricerche, le lettere e i diari con curiosità e trepidante voglia di conoscere la storia di un uomo di cui nessuno sa nulla, un uomo che il più delle volte «provoca invidia e risentimento piuttosto che affetto e stima», un fedele cortigiano e un astuto mediatore che, nella seconda metà del Cinquecento, ha saputo destreggiarsi nell’ombra in maniera eccellente, che ha saputo conseguire i suoi obiettivi e alcuni incarichi di pubblico rispetto, un uomo che ha cambiato il volto di Firenze in maniera netta nel 1571 con l’istituzione del ghetto ebraico. Mi introduco in punta di piedi nella vita privata di quest’uomo. La Morgese riesce a dare un quadro completo della famiglia Pitti dal 1100 fino a Carlo, alla moglie Lisabetta de’ Rossi e ai figli. Scopro che Carlo aveva continuato la tradizione di famiglia, era un imprenditore di lana e investiva continuamente in acquisizioni di proprietà. Le pagine sulla vita privata di Pitti scorrono via velocissime fino ad arrivare all’altro aspetto, imprescindibile, della sua vita: quello relativo alla sfera pubblica e politica. Il suo obiettivo principale, infatti, è sempre stato quello di conseguire posizioni governative di rilievo. Arrivò a ritagliarsi un posto tra i «fedelissimi, collaboratori trasfor.20

mati in burocrati» nel nuovo quadro politico voluto da Cosimo I de’ Medici per il suo Ducato. Con ruoli di volta in volta più rilevanti, Carlo Pitti diventò «una di quelle trincerate figure del governo fiorentino che aveva l’accesso privilegiato al duca Cosimo e al figlio», il principe Francesco I de’ Medici. Vicino a loro, ricoprendo incarichi

Situato a nord del Mercato Vecchio, il ghetto raggruppava al suo interno le persone di fede ebraica, “marcate” negli anni precedenti con un cerchio giallo sul cappello o sul mantello per gli uomini e con una manica gialla per le donne. di pubblica rilevanza e godendo della fiducia dello Stato Mediceo, Pitti divenne un punto focale nelle decisioni interne e nei rapporti politici con gli altri Stati. Ed è a questo punto che mi faccio un’altra domanda: e il ghetto ebraico? Cosa centra Carlo Pitti con la sua creazione? Nei 6 capitoli finali del libro m’immergo nella vita ebraica fiorentina e nei motivi della realizzazione del ghetto. Situato a nord del Mercato Vecchio,


IPPOLITA MORGESE vive e lavora a Firenze. Storica

della musica, si è laureata in Lettere all’Università di Firenze e ha studiato pianoforte al conservatorio. Archivista e paleografa, ha studiato paleografia musicale presso il Pontificio Istituto di Musica Sacra e si è diplomata in archivistica, paleografia e diplomatica presso l’Archivio di Stato di Firenze. Nel 1993 ha partecipato all’ideazione e allo sviluppo della Fondazione culturale internazionale The Medici Archive Project, il cui scopo è il recupero delle fonti storico–archivistiche, di cui è poi stata Presidente dal 2004 al 2009. I suoi studi e le sue ricerche sono stati pubblicati su numerose riviste e cataloghi specializzati. Da tempo opera nel campo della valorizzazione dei beni culturali e fino ad aprile 2017 è stata Capo Delegazione FAI di Firenze. Al momento si dedica interamente alla scrittura.

un’area che attualmente si estende tra piazza della Repubblica, via dei Pecori e piazza dell’Olio, il ghetto raggruppava al suo interno le persone di fede ebraica, «marcate» negli anni precedenti con un cerchio giallo sul cappello o sul mantello, per gli uomini, e con una manica gialla, per le donne. Già sede del foro romano, era diventato un quartiere nobile che ospitava importanti famiglie medievali, ma, all’epoca di Cosimo I, il quartiere era tra le zone più ignobili e malfamate, così i Medici decisero di comprare tutte le proprietà, risistemarle e affittarle alla popolazione ebraica. Carlo Pitti realizzò una campagna contro i banchieri ebrei, stilò un censimento, creò una bozza del decreto di espulsione degli ebrei. I suoi studi portarono Cosimo a compiere il passo decisivo: la chiusura dei banchi ebraici, l’espulsione degli israeliti e la costruzione del ghetto. La politica nei confronti degli ebrei di Cosimo I cambiò repentinamente nell’arco di pochi anni, ma perché? La necessità del ghetto ebraico fu dettata principalmente dalle pressioni di Papa Pio V per conseguire il titolo di Granduca e Pitti, che nei suoi diari confermò i dubbi a riguardo di Cosimo e di Francesco I, arrivò a suggerire questa conclusione studiando i casi di Roma, Venezia, Ferrara e Mantova, dove erano già presenti altri ghetti, esclusivamente per i propri scatti di carriera (che non indugiarono ad arrivare). Sfoglio le ultime pagine del libro appagata, lettrice girovaga di quella zona fiorentina vivace e multiculturale, lettrice errante di quel tempo, vivendo piccoli spaccati di vita, di mode e abitudini, lettrice lieta di contraddire, finalmente, il titolo del testo! Grazie alla Morgese, ai suoi studi e al ritrovamento di dati inediti e aneddoti autentici all’Archivio di Stato, ho scoperto la figura del magistrato Carlo Pitti, che «operò in ombra, rimanendo sempre alle spalle, mentre navigava abilmente i corridoi del potere». Il libro è stato presentato il 24 gennaio 2019 presso Fenysia – Scuola di linguaggi della cultura. La scuola, nata da un’idea di Alba Donati, poetessa e presidente del Gabinetto Vieusseux, è diretta insieme a Pierpaolo Orlando ed è la prima scuola di linguaggi dedicata alla cultura.•

ENGLISH VERSION>>>> Let’s walk together with Ippolita Morgese to discover how the Florentine Jewish ghetto was born. Who was Carlo Pitti? It’s the first question to which Ippolita tried to find an answer in her book, presented on 24th January at Fenysia – the first School of culture’s language. He was a man «provoking envy and jealousy more than affection and esteem» who was able, in the second half of the XVIth century, sneaking in the shadow, to achieve his purposes obtaining some important public offices. In 1571 he imposed the institution of Jewish ghetto in Florence: in the last six chapters of the book Ippolita Morgese described how and why the ghetto was created. Located in the northern part of Old Market, the ghetto collected all Jewish people ‘marked’ during the previous years with a yellow circle over hats and capes, or with a yellow sleeve for women. At the time of Cosimo I, instead of being a noble quarter as it was during the Middle Age, the area was despicable and rough, so the Medici family decided to buy it and to rent it to Jewish people. Carlo Pitti realized a campaign against Jewish bankers, drew up a census and a draft of expulsion decree. His researches lead Cosimo I to close the Jewish banks, to expel Jewish people and to build the Florentine ghetto. But, just after few years, Cosimo started to change his politics in order to get even more power and respect. Thanks to the precious book of Ippolita Morgese, we have filled an important historical gap with reference to Carlo Pitti’s figure.• 21.


ful gusto

PIZZALAND, A FIRENZE SBARCA IL PRIMO ALL YOU CAN PIZZA «Fatte ‘na pizza c’a pummarola ‘ncoppa / Vedrai che il mondo poi ti sorriderà» cantava Pino Daniele. Anche la scienza conferma che mangiare la pizza rende felici, e se è vero che per molti una buona pizza appena sfornata resta sempre il piatto preferito e il più appagante allora Pizzaland è sicuramente il posto ideale dove degustarla. Testo di Francesca Berretti

A

perto al pubblico dal 18 gennaio nei locali dell’ex Rotonda Barbetti, Pizzaland è il primo All you can pizza a sbarcare a Firenze. Pizza a volontà in uno spazio di oltre 600 mq completamente ristrutturato da Studio 10 di Firenze che ha cercato di riportare all’origine i locali della Rotonda Barbetti, creando un ambiente urban, giovanile e divertente. Il piano terra, con una grande tavolo conviviale adornato da piante dal sapore tropical e basilico, è stato pensato per essere un locale metropolitano, dinamico e accogliente dove è possibile accomodarsi senza prenotazione. Al piano superiore invece troviamo un ambiente su due livelli rivolto soprattutto alle famiglie, dove è possibile prenotare un tavolo tra biliardini e flipper vintage. Ma la vera novità è il format, non solo a Firenze ma anche in Italia. Ideato da Pietro Mura, imprenditore alla guida di importanti ristoranti, prevede di mangiare non stop pizze di varie gusti, oltre 30 per l’esattezza, servite già in comodi spicchi. Il prezzo? 10 euro per gli adulti e 6 per i più piccoli. Niente a che vedere con il solito giropizza, quindi. Due semafori, uno verde e uno rosso, posizionati sui tavoli possono essere utilizzati dai clienti per segnalare se si vuole proseguire o se si è sazi. .22


Ma parliamo della protagonista del locale: la Pizza. Guidata dal mastro pizzaiolo napoletano doc, Francesco Bianco, la brigata dei pizzaioli tutte le sere sforna, dai due Forni Valoriani, pizze preparate con materie prime fresche e di qualità, accuratamente selezionate nel territorio. Come la mozzarella artigianale, la ricotta e la stracciatella, prodotta ogni giorno dal caseificio Amozzaré distante pochi metri da Porta al Prato con latte fresco dal Mugello, l’Olio Franci di Montalcino e le farine di grandi mulini italiani selezionati. Per accompagnare la pizza niente di meglio che scegliere tra sette varietà del Birrificio Angelo Poretti e una proposta biologica senza solfiti della Fattoria Lavacchio, oltre all’offerta di altri vini italiani. E non è finita qui: se siete fan del celebre programma americano Man VS Food con Adam Richman non potrete non apprezzare il Man Versus Pizzaland: una sfida che prevede un vero tête-à-tête tra uomo e pizza. È proprio sul Wall of Fame (e si legge fame non feim!) che è stato posizionato un pulsante per lanciare la sfida al locale: mangiare 4 pizze e bere un litro di birra in 10 minuti, tutto sotto l’attenta supervisione di un arbitro dello staff. Chi riuscirà nell’impresa vedrà appesa la sua foto da vincitore proprio su quella parete. In palio premi in denaro del valore di 250 euro da spendere all’interno del locale. Occhio, però, perché in caso di sconfitta si vedrà appendere il proprio nome e la foto nel Wall of Losers (ovviamente in bagno, dove sennò?). Pronti per un’overdose di Pizza? •

Pizze non stop e due semafori, uno verde e uno rosso, per segnalare se si vuole proseguire o se si è sazi.

ENGLISH VERSION>>>> Opened last 18th of January, in the space where Rotonda Barbetti used to be, Pizzaland is the first All you can pizza in Florence. It’s a funny, urban and friendly space, renovated by Studio 10 Firenze: on the ground floor, there is a wide and convivial table, surrounded by tropical plants and basil, on the upper floor there are two different levels, mainly for families, with tables among vintage flippers. The format is a brand new idea, not only in Florence but also in Italy. It’s been created by Pietro Mura, entrepreneur who’s behind many important restaurants, and it consists in eating various sort of sliced pizzas no stop, at only 10 euro for adults and 6 euros for kids. Two traffic lights, green and red, can be used by customers to indicate if they want to keep eating or not. The protagonist is, of course, the pizza. The Neapolitan masterchef Francesco Bianco and his crew every evening prepare pizzas with fresh and local products that you can drink choosing between seven types of Poretti beers or a biological one and a selection of Italian wines. If you are a fan of the American program Man VS Food with Adam Richman, then you may like the Man Versus Pizzaland’s challenge: a contest between man and pizza. On the Wall of Fame, there is a button to push to start the challenge: eat 4 pizzas and drink 1 litre of beer in 10 minutes, under the direction of a referee of the staff. Winners will have their pic hang on the same wall and 250 euros to spend in the restaurant. Losers will see their name and pic on the Wall of Losers, in the restroom! •

23.


DR NEST

di Riccardo Rossi e Alberto Di Risio

21 e 22 marzo

8-9-10 marzo ore 21.00 (10/3 16.45)

5 e 6 aprile ore 21.00

ore 21.00

presenta

www.floez.net A Familie Flöz production in co-production with Theaterhaus Stuttgart, Stadttheater Wolfsburg and L’Odyssée Périgueux, with support from the Schleswig-Holstein Music

A Familie Flöz production in co-production

Festival and Theater Duisburg. with Theaterhaus Stuttgart, Stadttheater Supported byWolfsburg the Capital and L’Odyssée Périgueux, with

from the Schleswig-Holstein Music Cultural Fundsupport and with the and Theater Duisburg. Supported by kind support Festival from Fonds the Capital Cultural Fund and with the kind

Transfabrik, asupport German-French from Fonds Transfabrik, a Germanfund for the performing arts. French fund for the performing arts.

Giacomo Poretti

FARE UN’ANIMA

Regia Paolo Ruffini

di GIACOMO PORETTI

con la collaborazione di LUCA DONINELLI musiche originali di FERDINANDO BAROFFIO scene di ILARIA ARIEMME

2 marzo ore 21.00

Produzione #nonceproblema

6 marzo ore 21.00

regia di ANDREA CHIODI studio

Artwork www.yoursmile.it. Foto di Francesco Margutti / Photomovie

STAGIONE TEATRALE 2017|2018

TEATRO PUCCINI via delle Cascine 41 - FIRENZE informazioni 055/362067 - 210804 acquista on line www.teatropuccini.it nei punti vendita Box Office o www.boxol.it

8

GIOVEDI’

MARZO ore 21.00

13 marzo ore 21.00

13 MAR ore 21:00

15 marzo ore 21.00 G LY NIS H END ER SON PR ODU CTIONS, SH OW BE E S e POT T E D PRODUCT ION S p resent a no

FIRENZE

TEATRO PUCCINI

“ E SSIL IL AR ANT E N TR IONF O TOTALE. E.. U UN RIONF Q U E SSTO TO SSPE PE TTACOLO T TACOLO FA I MPA M PA Z Z I RE LE PL AT EE!” EE! ”

ANTONIO ORNANO

The The LONDON LONDON GUARDIAN GUARDIAN

Non c’è mai pace tra gli ulivi

TUTTI I 7 LIBRI DI HARRY POTTER IN SOLI 70 MINUTI!

(Horny III) Di ANTONIO ORNANO

PER LA LA PRIMA PRIMA VOLTA V LT VO LT TA A IN IN ITALIANO! ITALIANO! T PER

16 marzo ore 21.00

27 marzo ore 21.00

LyricDanceCompany 70X100 layout.indd 1

www.pottedpotter.it

28 marzo ore 21.00

PottedPotterItalia

pottedpotteritalia

29 marzo ore 21.00 Acquista ora!

www.magamatsrl.com

presenta

05/09/18 17:40

@Gianmarco Chieregato

di: Cirilli De Luca Ganzerli Giugliarelli Tagliento

con

UMBERTO NOTO

Edith Piaf

Regia

CLAUDIO INSEGNO

Hymne à l’amour 30 marzo ore 21.00

4 aprile ore 21.00

11 aprile ore 21.00

29 aprile ore 21.00

Informazioni: biglietteria@teatropuccini.it www.teatropuccini.it 055/362067 – 210804 Teatro Puccini via delle Cascine 41 50144 Firenze www.gabrielecirilli.net

poster 70X100.indd 1

06/09/18 13:11

acquisto nei punti vendita Box Office/Ticketone e su www.teatropuccini.it .24


ful arte

ACHE77, PARLARE CON GLI OCCHI Intervista allo stencil artist fiorentino, socio fondatore della Street Levels Gallery.

Testo di Francesca Nieri, Foto di Francesca Nieri e Ache77

V

oglio iniziare da quello che per la prima volta mi ha fatto soffermare davanti alle tue opere… I tuoi occhi… lo sguardo magnetico dei tuoi volti che richiama e attira i passanti. Cosa racchiudono gli occhi e come riesci a ‘parlare senza parlare’ attraverso i tuoi lavori? Gli occhi sono il punto d’incontro tra spettatore e opera, ma anche tra artista e spettatore, sono lo specchio dell’anima, un canale attraverso il quale puoi leggere veramente una persona. Perché in realtà la comunicazione verbale, conta meno del 10%. Ho scelto gli occhi di questa modella per veicolare il mio messaggio perché mi sono ritrovato nella sua microespressione; per me è un alter-ego e un invito alla resistenza e resilienza dell’anima. L’opera nasce in Romania in seguito a delle proteste di strada sotto l’hashtag #resist, ma in questo caso resistere diventa sinonimo di subire, ‘Quanto resisti ancora?’, ‘Quanto sopporti ancora?’. Un invito quindi a prendere una decisione, fare una scelta, cambiare il corso delle cose. Uno sguardo che fa riflettere, forse troppo, e che può diventare in alcuni casi anche fonte di fastidio. La scorsa primavera-estate abbiamo assistito ad una sorta di ‘censura’ delle tue opere che sono state oscurate da bande nere proprio all’altezza dello sguardo. Sei riuscito a dare una spiegazione a questo gesto? Questa profondità dello sguardo ha una valenza soprattutto introspettiva e può quindi arrivare a toccare senza filtri l’animo di chi lo osserva. I miei occhi e i miei personaggi non sono altro che un invito diretto agli altri a incontrare se stessi, sono come dei ‘portali’ attraverso i quali andare al di là, in altre dimensioni. Forse è vero, potrebbero dare anche fastidio, tutto dipende dall’apertura della persona che li osserva e dalla propria onestà. È difficile confrontarsi con la propria ipocrisia. Il gesto di oscurare gli sguardi dei miei lavori non lo considero una censura, lo considero un intervento libero in uno spazio pubblico, al pari del mio. Se questa persona si sentiva infastidita da quegli occhi la posso capire, ma mi chiedo perché non accadano gesti simili durante le campagne elettorali quando hai intorno solo occhi che mentono. Ti esprimi attraverso la tecnica dello stencil e della serigrafia utilizzando materiali di ogni tipo e realizzando le tue opere su superfici di ogni grandezza. Qual è stata l’immagine/opera da te realizzata che senti più tua e perché? Quale invece il materiale che ti rispecchia di più? Ho acquisito negli anni abilità in vari tipi di tecniche, quindi non mi fermo solo a stencil e serigrafia, ma ho sperimentato anche la xilografia, il block print. Preferisco la tecnica dello stencil perché per me è un metodo di meditazione in movimento; come materiale mi piace molto la carta per la sua fragilità e perché quando arrivi a incidere modelli intricati devi avere sempre una cura particolare nei movimenti che fai, diventa un materiale prezioso. Mi piace anche il metallo in quanto superficie grezza e per il suo contrasto tra pulito e sporco, tra quello che era e quello che può essere. Quanto 25.


all’immagine che mi rappresenta di più, lascio un pezzo di me stesso in tutte le opere che realizzo, che si fanno carico di un dialogo tra me e l’esterno e spesso rispecchiano i periodi e gli stati d’animo del momento in cui le ho realizzate. Anche nello sguardo dell’immagine che ho scelto, quello della mia opera forse più conosciuta, non molti sanno che lo sguardo è mio, mi rispecchia. L’attività dello stencil artist prevede più fasi… c’è il lavoro più intimistico di incisione della matrice, l’epifania dell’immagine che si palesa sul supporto, la scelta della location più adatta in strada dove vai a posizionare le opere che, nel tuo caso, non avviene mai senza significato… Quale di queste fasi ti rappresenta maggiormente? Ogni fase ha la sua bellezza, mi piace sia l’approccio più intimistico in studio che vivo come rituale, sia la fase di restituzione all’esterno. La fase di incisione o intaglio è un’occasione per incontrare me stesso, per staccare dal resto del mondo ed entrare nel mio, poi ritorno e porto nel mondo esterno quello che ho ritrovato nel ‘distacco’. Per me è un percorso e la fortuna vuole che il mio viaggio arrivi anche agli altri. Anche in strada provo sempre a dare un senso ai miei interventi, cercando di reinterpretare quello che viene spesso percepito come vandalismo o ‘macchia sul muro’ e di valorizzare i segni preesistenti. Ti dividi tra Romania, dove porti avanti da anni progetti culturali e festival, e Italia, dove sei socio fondatore della prima galleria di arte urbana fiorentina ‘Street Levels Gallery’, oltre a proseguire la tua attività personale. Quali delle due realtà a livello artistico si avvicina maggiormente all’idea di arte che hai in testa? In Romania ho portato avanti a livello organizzativo molti progetti, perché mi ero stancato di vedere organizzare eventi solo perché la street art

I miei occhi e i miei personaggi non sono altro che un invito diretto agli altri a incontrare se stessi

cominciava ad essere di moda. E, visto che avevo la possibilità, le risorse e le competenze, ho preferito essere io promotore di questo tipo d’iniziative cercando di alzare un po’ l’asticella. Una cosa mi ha portato all’altra, ho fatto un internship a Firenze nello studio che c’era prima che fosse aperta la galleria; ho conosciuto altri compagni di viaggio e abbiamo deciso di intraprendere questo percorso che ci ha portati all’apertura della Street Levels, che per me è la vita. Ogni realtà mi ha quindi arricchito, sono due facce diverse della stessa medaglia e adesso ho una visione più completa di quello che è il lavoro dell’artista e di cosa significhi progettare e portare avanti sotto tutti i punti di vista eventi di questo tipo. L’arte può e deve farsi carico di un messaggio ulteriore e non fermarsi alla sola estetica? Non vincolo l’arte, ogni artista la usa come pensa sia meglio per lui e per gli altri. A me è sembrato giusto a un certo punto, come artista, ‘rendere’ qualcosa alla società, perché sono tante le persone che investono fiducia, apprezzamento e anche denaro in quello che faccio. E non c’è niente che .26


ha più valore delle idee per fare questo. Se riesci a dare uno spunto di riflessione sulla società è già molto. Dopo un 2018 ricco di soddisfazioni che ti ha visto tra i protagonisti della Biennale di Firenze alla Fortezza da Basso con una satira rivolta agli ‘Angeli del Bello’ e realizzare una mostra al Palazzo del Parlamento in Romania, divenendo il primo street artist a varcare quella porta, cosa ci dovremo aspettare per il 2019? I progetti non mancano, anzi, certe volte sono anche troppi. Mi limito solo a dire che sto preparando una mia personale qua alla Street Levels Gallery per la seconda metà dell’anno. Per conoscere l’arte di Ache77: Profilo Instagram ache77stencilartist Pagina FB Ache77 ENGLISH VERSION>>>> I’d like to start from what, for the very first time, made me stop in front of your paintings: the eyes. What do eyes say? Eyes are the meeting point between viewers and artworks, but also between artist and viewers: they’re the mirror of the soul, a way to read a person. I choose this model’s eyes because I identified myself with her expression: to me, she is a sort of alter ego and a kind of invitation to resistance and resilience. This artwork was born in Romania, after several protests with the hashtag #resist, that I use as a synonym of undergoing and suffering: “How long can you still resist?” “How long can you still tolerate?” It’s an invitation to take a decision, make a choice, change the way it goes. A look that make us think and that can also be disturbing sometimes. Last spring we assisted to a sort of censorship of your artworks: they have been obscured by black bands over the eyes. How do you explain this? Eyes are a form of introspection and they can touch, with no filter, the soul of the viewers: they’re a direct invitation to face ourselves. Eyes are like gateways to other dimensions. If somebody was disturbed by that, I can understand, but I wonder why things like these never happen during political campaigns, while you’re surrounded by eyes of liars. You use stencil and screen painting: which image, material and form of expression do you feel more familiar with? During the years I experimented many techniques, but I prefer stencil because is a kind of meditation in movement. As a material, I prefer paper because of its fragility and preciousness. I also like metal for the contrast between dirt and clean, between what it was and what it will be. Referring to images representative for me, I think I leave a piece of me in all my works. You are working both in Romania, where you’re carrying on cultural projects, and Italy, where you are cofounder of the first Florentine street art gallery ‘Street Levels Gallery’, which one of these two realities is closer to your idea of art? In Romania I carried on the organization of many projects, because I had enough of organizing events only because street art was becoming popular. Since I had the resources I tried to organize something better. Then I made an internship in Florence, I met some colleagues and we started this journey that led to the opening of Street Levels, that now for me is like life. Should art carry a message or stop at its aesthetic value? I don’t bind art, every artist should use it as he prefers. To me, it seems important to give back something to society as an artist: if you’re able to give ‘food for thought’ to society, it’s just enough. After a very busy 2018, in which you were one of the protagonists of Florence Biennale, with a satire against ‘Angeli del Bello’ and you realized an exhibition in the Romanian Parliament’s building, what should we expect from 2019? There are plenty of projects, sometimes even too many. I am just going to say that I’m organizing a personal exhibition at Street Level Gallery during the second half of the year. • 27.


ful gusto

CHINA GAMBACCIANI, IL RITORNO DELLO STORICO AMARO TOSCANO

FUL incontra Marco Corradini che, vent’anni dopo l’ultima bottiglia prodotta, ha fatto rinascere i celebri liquori di Empoli. Testo di Francesco Sani, Foto di archivio Gambacciani & Studio Activa

L

’elisir di China, utilizzato originariamente tra fine Settecento e metà Ottocento come farmaco antimalarico, una volta debellata la malattia in Europa e perso il suo status di medicinale, divenne un semplice amaro digestivo. Nel 1930 Otello Gambacciani, un farmacista di Empoli, decise di sperimentare un liquore alle erbe fondando una piccola distilleria e la “China Gambacciani” iniziò a essere timidamente diffusa nei bar della zona. Durante il secondo conflitto mondiale, ci fu un’impennata inaspettata delle richieste: i soldati americani di stanza in Toscana, infatti, conobbero questo liquore e se ne innamorarono immediatamente, tanto che, finita la guerra, vollero portarsi in patria con loro delle scorte. Negli Stati Uniti, come entro i confini nazionali, la bottiglia con l’elfo disegnato e il famoso slogan sull’etichetta «il segreto per star sani è la China Gambacciani» si diffuse così rapidamente da costringere “I’ Gamba” a trasferire il suo laboratorio in un ambiente più grande per cominciare la produzione su scala industriale e sopperire ai numerosi ordini. Negli anni ’50, ogni giovedì la distilleria apriva le porte per una degustazione gratuita; la fabbrica diventava un vero e proprio porto di mare, dove chiunque poteva fermarsi a sorseggiare. Arrivarono gli anni ’60 e con loro il boom economico e le indimenticabili iniziative pubblicitarie, le gare ciclistiche, i concorsi di bellezza, la FIAT “Topolino” gialla nelle strade con un altoparlante che diffondeva slogan promozionali della ditta e molte altre “trovate”, innovative per l’epoca, che adesso chiameremmo marketing. Chiuso lo storico stabilimento nel 1996, il figlio Leonardo è rimasto il solo custode della ricetta, annotata nei preziosi

22 erbe, aromatiche e officinali, in sapiente infusione, che da quel momento avrebbero contraddistinto la sua china

.28


quaderni del padre, ma ci sono voluti vent’anni di attesa e un incontro fortuito per far tornare oggi la celebre bottiglia sul mercato. Infatti, il giovane imprenditore Marco Corradini è riuscito a convincerlo a cedergli le ricette. Ci siamo fatti raccontare quando ha deciso che il noto marchio della liquoristica toscana sarebbe rinato, ed è curioso apprendere che è avvenuto dopo una partita di calcio: «Leonardo era il presidente dell’Avane, popolare società dilettantistica empolese, e io ero uno dei giocatori del club. Durante una cena della squadra, mi parlò della storia dell’azienda del padre e che conservava ancora tutti i manoscritti con le formule. Avendo una passione per la liquoristica rimasi affascinato e, venendo anche io da una famiglia di imprenditori, gli dissi che volevo buttarmi nell’avventura di rilanciare questo favoloso amaro da sempre legato alla nostra città». L’impresa non era semplice, c’era da allestire un nuovo laboratorio da zero e alcune macchine per la distillazione andavano fatte realizzare appositamente, ma d’altra parte anche a Otello occorse del tempo prima di ottenere la formula giusta: «“I’ Gamba” aveva la passione per la chimica e amava i liquori – ci spiega Marco - la sua ricerca sulla rotondità del gusto lo portò a sperimentare alchimie continue fino a trovarla: 22 erbe, aromatiche e officinali, in sapiente infusione, che da quel momento avrebbero contraddistinto la sua china». Così è ricominciata la produzione di china con tecniche moderne, non solo quella però, infatti dai famosi quaderni di Otello sono stati recuperati i segreti per un’intera gamma di prodotti straordinari. «Liquori la cui qualità è certificata dalla volontà di usare esclusivamente le erbe migliori, dato che ci atteniamo fedelmente alle vecchie ricette per gli ingredienti». Il risultato è una varietà che comprende: Elfo Rosso, l’aperitivo a base di infusi selezionati, ideale per preparare cocktail, Amaro Empolese, a base di carciofo toscano, Guazzo, un liquore aromatizzato, oltre ai classici come il Vermouth, la Sambuca e il Limoncello. È stato un investimento importante per Scelta Frizzante S.r.l., la nuova società ora proprietaria del marchio “Gambacciani”, ma non c’è nessuna fretta commerciale al momento. «Abbiamo un progetto che vuole attenersi fedelmente ai tradizionali protocolli di realizzazione e alle sperimentazioni che contraddistinsero il liquorificio all’epoca, per questo la nostra attività sta riscuotendo apprezzamento» conclude Marco versandoci un altro assaggio nel bicchiere. •

ENGLISH VERSION>>>> China’s elixir, originally used in XVIIth and XVIIIth centuries as antimalarial medicine, became in XIXth century a digestive liquor. In 1930 Otello Gambacciani, a chemist from Empoli, decided to experiment producing an herbal liquor, founding a small distillery: so “China Gambacciani” started to spread in the neighborhood’s bars. During the second World War, there was a dramatic increase in the demand: American soldiers fell in love with it and in USA the iconic bottle with an elf and the famous slogan «il segreto per star sani è la China Gambacciani» (the secret to be healthy is Gambacciani’s China) spread so fast that made “I’ Gamba” move his laboratory to a wider space to start an industrial production. In 1996, after closing the historical building, Leonardo (the son of Otello) was the only keeper of the secret recipe, but it took almost 20 years and a randomly meeting to bring the famous bottle back on sale: in fact, Marco Corradini, young entrepreneur, was able to persuade to give him his recipes. Therefore, the modern production of China has been started, with other extraordinary products as well: «Liquors with certificated quality made only with natural herbs and traditional recipes». The results are Elfo Rosso, a selected infusions aperitif, Amaro Empolese, made with Tuscan artichokes, Guazzo, an aromatized liquor, beyond classics as Vermouth, Sambuca and Limoncello.• 29.


ful musica

LORENZO POLIDORI IL FINGERSTYLE MADE IN FLORENCE L’empireo musicale fiorentino conta numerose stelle e ognuna brilla di luce (e musica) propria. Abbiamo incontrato l’astro nascente del fingerstyle fiorentino, Lorenzo Polidori, e lo abbiamo intervistato per voi. Testo di Rita Barbieri, Foto di Lorenzo Polidori

P

artiamo dalla base: come ti chiami e da dove vieni? Ciao! Mi chiamo Lorenzo Polidori, ho 21 anni e sono un chitarrista fingerstyle fiorentino! Cos’è la musica per te? La musica ha sempre fatto parte della mia vita, è una valvola di sfogo per qualsiasi situazione del quotidiano. Ho preso in mano per la prima volta una chitarra all’età di 8 anni, quando la trovai sotto l’albero di Natale… Da quel giorno non l’ho più lasciata! Nei primi tempi suonavo musica classica poi, ispirato dall’ascolto di artisti come Chet Atkins, Jerry Reed e Tommy Emmanuel, mi sono follemente innamorato della musica country e folk americana, rivisitata sulla chitarra acustica secondo il fingerstyle. Che cosa è il fingerstyle? Il fingerstyle, anche detto fingerpicking, è una tecnica di esecuzione per chitarra basata sull’uso delle dita per pizzicare le corde, senza l’ausilio di un plettro. Questa tecnica è legata fortemente alla musica folk, ma si è diffusa in tutto il panorama musicale, permette di riprodurre tutti i suoni di una band utilizzando però un unico strumento. Personalmente la utilizzo per i ritmi ragtime, il country di Nashville e anche per comporre i miei brani inediti. Vi invito a scoprire questo modo alternativo di suonare la chitarra! Quali sono i gruppi italiani e stranieri che ascolti maggiormente? Hai uno o più generi preferiti? Apprezzo ogni genere musicale però quello che mi fa senz’altro venire la pelle d’oca è il country. Il mio gruppo preferito sono i Dire Straits, ma ascolto anche un sacco di altra musica. Adoro lo stile geniale di Jason Mraz, mi piace ascoltare

Il fingerstyle, anche detto fingerpicking, è una tecnica di esecuzione per chitarra basata sull’uso delle dita per pizzicare le corde, senza l’ausilio di un plettro.

.30


Zucchero, Vasco Rossi, Paolo Nutini e tanti altri. Sarebbe impossibile elencarli tutti… Qual è il tuo sogno più grande? Fare sì che la musica diventi il mio lavoro a tempo pieno! Che idea ti sei fatto dell’ambiente musicale italiano, soprattutto per quello che riguarda la chitarra acustica, e delle manifestazioni che si trovano per il Paese? In Italia, la conoscenza e la diffusione della chitarra acustica è di alto livello e ci sono anche scuole dedicate. Inoltre, i giovani stanno riscoprendo questo strumento e arrangiando la musica moderna, adattandola alla chitarra acustica. Finora ho preso parte soltanto a due festival: a Cremona, dove ho partecipato e, in modo inaspettato, vinto il concorso “New sound of acustic music” e “Un paese a sei corde”. Mi piacerebbe che ci fossero più manifestazioni e più locali dedicati – come il Six Bars Jail, un locale vicino a Firenze dove suonano e hanno suonato i più grandi della chitarra – perché sono un punto di ritrovo fra i chitarristi di questo genere che hanno la possibilità di suonare insieme. Vorrei che la chitarra acustica e, in particolare, il fingerpicking uscissero dalla “nicchia” di appassionati e si diffondesse la consapevolezza che anche da una sola chitarra può nascere una splendida musica. Cosa ascolti quando sei giù? Quando sono giù ho bisogno di ascoltare una canzone che mi dia la carica, che mi tiri su di morale e mi faccia tornare il sorriso. Quindi… perché non ascoltare la versione live di Sultans of Swing dei Dire Straits? Una canzone per quando sei felice? Facile! Jerry’s breakdown di Jerry Reed. Quale brano avresti voluto scrivere per primo? Credo che la musica riesca a descrivere e a fermare, con delle semplici note, un determinato momento della nostra vita. Tornando indietro nel tempo riscriverei lo stesso brano. Nel mio caso è The way of hope. Quali sono i tuoi progetti attuali e futuri? Sto lavorando alla realizzazione del mio primo album, che è nato grazie alle persone che mi stanno accanto, ai giorni passati in viaggio con le cuffie nelle orecchie e alle esperienze che ho fatto nella mia vita. L’album si intitolerà Carousel e conterrà 11 o 12 tracce, di cui 8 originali e le restanti arrangiamenti. Il ritmo dei miei brani nasce quasi sempre fischiettando per strada. Una volta a casa, prendo la chitarra in mano e cerco di riprodurre il motivo che avevo in testa. A volte funziona, a volte no. Ai titoli dedico, invece, molta riflessione, perché vorrei riassumere con poche parole quello che il brano deve trasmettere. Oltre a Carousel, sto lavorando ad alcuni video professionali per la promozione dell’album e nel frattempo, mi dedico alla scrittura degli spartiti dei miei brani e alla registrazione di video per aggiornare il mio canale Youtube. www.lorenzopolidoriguitar.com/ FB: lorenzopolidoriofficial IG: lorenzopolidorimusic

ENGLISH VERSION>>>> We met the young Florentine star of fingerstyle’s guitar, Lorenzo Poildori, and we interviewed him: Can you please introduce yourself ? Hi, I’m Lorenzo Polidori, I’m 21 years old and I am a Florentine fingerstyle guitarist. What does music mean to you? Music is part of my life: it’s a way to release my daily stress. I held a guitar in my hands for the first time when I was 8 and I have never stopped playing... What is fingerstyle? Fingerstyle, or fingerpicking, is a guitar’s technique based on the use of fingers to pluck the strings, without the guitar pick’s help. This technique is strictly related to folk music, but it’s spread all over the music scene because it allows reproducing all sounds of a band with a single instrument. What kind of music do you listen? I appreciate every type of music but what I’m particularly fond of country. My favourite group is Dire Straits, but I also love Jason Mraz, Zucchero, Vasco Rossi, Paolo Nutini and many others… Which is your greatest dream? Making music my full time job! What’s your opinion about the Italian acoustic guitar’s scene and contests? In Italy, acoustic guitar is widely known and diffused: young people are rediscovering this instrument with modern music. I took part to two festivals: one in Cremona where I unexpectedly won and Un paese a sei corde’s festival. What do you listen when you’re down? And when you’re happy? When I’m down I need something that makes me smile, so what better than the live version of Sultans of Swing of Dire Straits? When I’m happy, I love Jerry’s breakdown of Jerry Reed. Which are your current and future projects? I’m working to the realization of my first album: Carousel. It will consist of 11 or 12 tracks, 8 original and some covers. Usually the rhythm of my songs comes up while whistling in the street, then, when I’m back home, I take the guitar and I start playing. Sometimes it works, sometimes it doesn’t. To the titles, I dedicate more time and reflection: I’d like to summarize a lot of things with few words.• 31.


XXXVIII STAGIONE CONCERTISTICA 2018 / 2019 Giorgio Battistelli direttore artistico

Daniele Rustioni direttore principale

Thomas Dausgaard direttore onorario Celso Albelo Salvatore Accardo George Andguladze Giordano Bellincampi Mario Brunello Francesca Dego Pietro De Maria Lorenzo Fratini Gianluigi Gelmetti Kerem Hasan Niklas Benjamin Hoff mann Tiina-Maija Koskela Hennig Kraggerud Jan Lisiecki Raffaella Lupinacci

Alexander Malofeev Michele Marelli Michele Mariotti Edgard Moreau Angela Nisi Eva Ollikainen Maxime Pascal Erica Piccotti Miriam Prandi Beatrice Rana Federico Maria Sardelli Peppe Servillo Markus Stenz Eduardo Strausser

Coro del Maggio Musicale Fiorentino Orchestra Haydn di Trento e Bolzano C o n s e r v a t o r i d e l l a To s c a n a YO Y O Yo u t h O r c h e s t r a Yo u t h O R T con il contributo di

.32

orchestradellatoscana.it


ful architettura

ARCHITETTURA PER IMMAGINI per immaginare l'architettura a cura dell'Ordine e della Fondazione degli Architetti PPC della provincia di Firenze www.architettifirenze.it

spazi sospesi

La Palazzina reale. Febbraio 2019

«I confini dividono lo spazio; ma non sono pure e semplici barriere. Sono anche interfacce tra i luoghi che separano. In quanto tali, sono soggetti a pressioni contrapposte e sono perciò fonti potenziali di conflitti e tensioni.» (Zygmunt Bauman)

Questa rubrica, annualmente, girerà intorno ad un tema specifico. Questʼanno vogliamo mettere in evidenza tutte le Belle Architetture della provincia di Firenze che ci è preclusa a causa di barriere. Mandaci la tua fotografia seguendo il regolamento di “spazi sospesi” su www.architettifirenze.it architettifirenze@archiworld.it 33.


ful pagina dell'artista

per il numero XXXVI è a cura di

SONJA DE GRAAF

IG: newbloodart.com/artist/sonja-de-graaf

“She was sorry that she did not choose” inchiostro e grafite su carta, 50x70cm, 2014 (collezione privata) Sonja De Graaf è nata in Olanda e nel 2001 si trasferisce a Firenze dove si laurea alla Libera Accademia di Belle Arti. Nella sua pittura indaga la profonda bellezza, l’energia e i turbamenti della giovinezza femminile. Con un sapiente e suggestivo uso del colore, rompe il velo dei modelli estetici dominanti per giungere a rivelare l’innocenza, la fragilità e la dolcezza, in una parola l’umanità delle modelle nella quale poi risiede la loro vera e intima sensualità. Sonja De Graaf was born in Holland and in 2001 she moved to Florence where she graduated at the Libera Accademia di Belle Arti. Her paintings investigate the beauty, the energy and the turmoils of women’s youth. With a skillful and evocative use of colour, she breaks the veil of the dominant aesthetic models to reveal the innocence, the fragility and the sweetness, in one word the humanity of the subjects in which their real and intimate sensuality lies. .34


Lyzard-KZ1 An innovative sound experience from a 0.5â€? high-efficiency driver | k-array.com In K-array concentriamo tutti i nostri sforzi e risorse nella progettazione e produzione rivoluzionaria di sistemi audio ad alta efficienza. Inutile dire che il nostro Lyzard-KZ1 è un diffusore incredibilmente piccolo. Infatti, misura 22 x 37 x 10 mm e pesa solo 23 grammi.

At K-array, we concentrate all our efforts and resources in the revolutionary design and manufacture of highlyefficient sound systems. Needless to say, our Lyzard-KZ1 is an astoundingly small loudspeaker. In fact, it measures 22 x 37 x 10 mm and weighs only 23 grams.



Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.