N.16
"AION" - FUTURO-
RAINER MARIE RILKE
“IL FUTURO ENTRA IN NOI, PER TRASFORMARSI IN NOI, MOLTO PRIMA DI ESSERE ACCADUTO.” Fiat Lux – rivista letteraria ©Tutti i diritti riservati. Instagram: @fiatlux_rivistaletteraria Facebook: FiatLux_RivistaLetteraria Telegram: TEcum - IL SALOTTO
E C I D N I
16 20 23 35 41 44
Introduzione al numero: a cura del fondatore e caporedattore Pasquale Bruno P R O S A
A cura di: Sara Paolella Pasquale Bruno
7 10
P O E S I A
A cura di: Tania Ferrara Emmanuele Zottoli Alessia Pierno
C R I T I C A
L E T T E R A R I A
A cura di: Laura Colosi
C R I T I C A
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C I N E M A T O G R A F I C A
A cura di: Sara Picariello Alessandra De Varti
C R I T I C A
17 18 19
25 29
D ' A R T E
A cura di: Eliana Pardo Cristina Colace
36 38
F O T O G R A F I A
A cura di: Carmine Faella Gabriele Maurizio
T E C U M
42 43
CONTENUTI
I E D
4 6
E D I T O R I A L E
editoriale fiat lux
Dopo “KRONOS” (il passato) e “KAIROS” (il presente) vede la luce l’ultimo membro della trilogia del tempo che ha visto impegnata la redazione di Fiat Lux in questi ultimi tre mesi: “AION”, il futuro. Aion
nella
tradizione
personificazione
cosmogonica
dell’eternità
e
greca, del
figlio
destino:
di se
Chronos,
è
la
decidessimo
di
rappresentare il tempo (che per amor di verità tengo a specificare che secondo i fisici non esiste) come una semiretta, che ha un inizio e non una fine, cosa potrebbe esserci di più “eterno” che il futuro? Una realtà ipotetica irraggiungibile e continuamente rinnovabile. Il futuro, il destino quindi, e con esso la certezza lacerante della morte condita squisitamente dal lancinante dubbio del percorso che ci separa dal momento in cui tu leggi ciò che io scrivo all’attimo in cui sarà per entrambi tutto finito, che potremmo visualizzare come un contraltare perfetto del passato (considerando l’opposizione tra finito ed infinito, certo e ignoto, nostalgia ed illusione), non ha fatto altro che influenzare e tingere di colori (a volte sanguigni, a volte cerulei) tutto il percorso che ha fatto l’umanità dall’alba dei tempi.
Le
correnti
filosofiche,
religiose,
artistiche nascono con l’unico intento di comprendere, prevenire e curare dai danni psicologici
e
fisici
che
l’attesa
dell’ignoto ci procura, esattamente come ci insegna Saramago ne “le intermittenze della morte”. Ma il futuro è anche speranza (il domani spesso e volentieri profuma di nuove opportunità e di seconde occasioni appena sfornate), una speranza che mai come ora ci sembra sempre più distante e lontana. Siamo in balia del Covid-19 da più di un anno, sballottati in un circolo vizioso che concerne zone gialle, arancioni, rosse e gialle e di nuovo rosse, assordati da notizie vere, notizie false, amareggiati dal tempo che siamo consapevoli di aver più o meno perso e che di sicuro non riavremo indietro, appesantiti dai sacrifici compiuti che non sappiamo se
e
quando
verranno
ripagati.
Il
coronavirus,
maggiorato
dalla
virulenta disorganizzazione politica, economica e sociale che purtroppo infetta fino al midollo la nostra penisola, sembra averci privato del futuro che sembrava saldo nelle nostre mani. E quindi? Il Futuro è un’opportunità? È un’illusione? È entrambe le cose? Non mi resta che augurarvi nuovamente buon viaggio. Abbiate il coraggio di splendere!
Pasquale Bruno FONDATORE E CAPOREDATTORE
PROSA A CURA DI
Sara Paolella Pasquale Bruno
Prosa
Espiazione di Sara Paolella
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Prosa
Il futuro è un foglio bianco. Intonso, brillante, aspetta solo di essere scritto. Possiamo farne quello che vogliamo, la storia è nelle nostre mani. Così dicono tutti. Quello che non dicono mai è che il foglio fa parte di un libro più grande, i cui capitoli iniziali sono già stati decisi. Nessuno leggerà la tua parte senza tenere in considerazione quello che è venuto prima. Nessuno giudicherà la tua parte senza ricordare quanto raccontato prima.
Me ne sono reso conto quando mio padre è stato arrestato. La notizia era ovunque. Rimbalzava dai giornali alla tv, dalla tv ai social, dai social alle chiacchiere della gente. Fece molto scalpore sapere che un uomo come lui potesse avere una doppia vita, quel tipo di vita. Sembrava una persona per bene. Forse lo era. Ma le brave persone non fanno quello che ha fatto mio padre. O almeno, riconoscono i propri errori. Mio padre no. Non ha mai chiesto scusa, nemmeno una volta. In tribunale incrociava le occhiate dei ragazzi che aveva stuprato e non provava vergogna. Non abbassava mai la testa, stava sempre seduto al suo posto, con i capelli ben pettinati, tirati all’indietro, e ne ricambiava lo sguardo. Non c’era segno di rimorso dentro di lui, si rifiutava di comprendere quanto accaduto. Ricordo che ad un’udienza, l’unica alla quale partecipai, si girò e mi sorrise. Lo faceva spesso quando ero preoccupato per qualcosa, arricciava le labbra e gli spuntava una fossetta all’angolo sinistro della bocca, mentre mi fissava come a dirmi “puoi superare tutto, andrà bene”. Non era così.
A volte mi assaliva la consapevolezza che se non fossi stato suo figlio avrei potuto essere una delle sue vittime. Da quando avevo realizzato quell’orribile verità ogni suo gesto passato mi tormentava. Ogni cenno compiaciuto quando mi guardava, ogni sorriso che mi aveva rivolto per incoraggiarmi prima di un test o di un una partita, ogni carezza sul capo la mattina prima di andare a scuola, ogni pacca sulle spalle – erano le mani di uno stupratore le mani che mi avevano toccato e che mi rimboccavano le coperte da bambino.
Ovunque io vada, sento la sua ombra che mi segue. Ritrovo il fantasma di mio padre nella mia gestualità, nella fossetta che mi si forma quando sorrido, nelle dita lunghe e affusolate, nel profilo del naso e nel colore dei miei occhi.
“Sei proprio come tuo padre”
Mia madre me lo ripeteva di continuo. Tutti le facevano eco. Sei come tuo padre. Sono come mio padre? Diventerò anche io quello che è diventato lui? So che è quanto si è chiesta la gran parte dei presenti in tribunale. Che ne sarà del figlio dello stupratore? Con che coraggio continuerà a vivere, a svegliarsi la mattina, a guardarsi allo specchio? È questo quello che devo scoprire, che devo cercare di scrivere nelle mie pagine.
Vorrei che questo capitolo fosse già stato scritto da qualcun altro, vorrei che si scrivesse da solo, vorrei non scriverlo mai: non so come guardare in faccia la realtà. Nemmeno in tribunale la testa l’ho mai alzata, non ho mai avuto il coraggio di incrociare gli sguardi di quelle persone. Sono senza palle – proprio come diceva mio padre.
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Prosa
Sembri tua madre. Mi diceva spesso anche questo. Ho ereditato i suoi capelli biondi, l’incedere incerto e tentennante, lo sguardo triste che si posa sulle cose. Quando guardo mio padre però non c’è più tristezza, solo paura. Ho il terrore di leggere ancora il suo nome sul giornale, di trovarne la foto nell’ennesimo articolo che parla di quello che ha fatto.
Non mi specchio nemmeno più. Ogni volta che mi guardo vedo il suo riflesso nei miei occhi, riconoscendone gli identici lineamenti del viso. Sono figlio di mio padre, non c’è dubbio. Ma posso scrivere una storia tutta mia? Quando la gente sentirà il mio nome, riusciranno a vedere me e non il crimine di chi mi ha messo al mondo? Non credo sia possibile. Non siamo esseri fatti per la compassione. Se lo fossimo stati mio padre non avrebbe commesso questo orrore.
Forse non siamo fatti nemmeno per il perdono, ma solo per restare incastrati tra quello che eravamo, quello che siamo costretti ad essere e quello che non saremo mai. Io ero figlio di mio padre, sono figlio di mio padre, ma non sarò mai come lui.
Il passato è un fardello doloroso. Il primo capitolo del libro che ci viene imposto di continuare a scrivere e che cerchiamo di evitare, lasciandolo a prendere polvere nella nostra libreria.
Il presente è una prigione. Per alcuni lo è davvero, per altri è solo la gabbia che non si può lasciare o che non si vuole lasciare, pur di non dire addio a giornate che scorrono nuove e identiche.
Il futuro è un foglio bianco. È destinato a non essere mai scritto perché racchiude la bellezza dell’ipotesi, di quello che potrebbe succedere, di quello che sarà un giorno. Magari anche domani.
9
ת Il Taw di Pasquale Bruno
Prosa
Prosa
ת
La Taw gli disse: “Signore dei mondi ti piaccia servirti di me per fare la creazione del mondo poiché io sono la lettera finale della parola Emet (verità) che tu porti incisa sul tuo sigillo”. Dio rispose: “Tu ne sei degna ma non è opportuno che io mi serva di te, per fare l creazione del mondo, perché tu sei destinata ad essere scolpita sulla fronte degli uomini che hanno osservato la legge dell’Aleph fino al Taw e a essere così unita alla morte, anch perché tu formi la lettera finale della parola: Maveat (Morte)”. La lettera Taw uscì immediatamente. Sefer ha-Zohar
ת
La Taw è formata da una “Daleth” sulla quale è innestata una “Nun”: indicano la qualità dell'umiltà e della mancanza di senso egoico. Sono, "Daleth" e "Nun" le lettere intermedie del nome di Dio "Adonai". La Taw è la prima lettera della parola "Teshuvà": Voltarsi verso l'altro. La Taw è la prima lettera della parola Torah: la Legge.
ת
«Il Signore disse: Passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme e segna un Taw sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono…» (EZ. 9,4)
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12
Prosa
Cap.3 “Arrivo ora all’ineffabile centro del mio racconto. Partito per prendere parte al funerale di mio zio, scopro che la causa della sua morte (dovuta apparentemente ad una apoplessia) è stata causata da un “viaggio” metafisico che ha compiuto una volta trovato il Taw (contraltare perfetto dell’Aleph), il punto in cui si concentra in un solo istante tutto il tempo del mondo, presente, passato e futuro, nel tentativo di rivedere un’ultima volta viaggiando a ritroso sua figlia, deceduta pochi anni fa. Tommaso, suo figlio e mio cugino, compiuto anche lui l’esperimento e riuscito a sopravvivere, non si sa come, mi convince a replicarlo e così, alle 12:00 in punto di un giorno di marzo, vedo il Taw. Come poter trasmettere attraverso un linguaggio (di per sé limitato a pochi simboli ed espressioni)
l’infinito
del
Taw?
I
mistici
hanno
sempre
risolto
fornendo
a
chi
ascolta
esempli ed emblemi nel tentativo di dare indizi e fare paragoni: Ezechiele, ad esempio, per
descrivere
il
divino
parla
di
un
angelo
con
quattro
volti
che
si
dirige
contemporaneamente ad Oriente ed a Occidente, a Nord ed a Sud; niente di reale e concreto, sia chiaro, ma ci permette di comprendere la grandezza, innumerabile, di un concetto che Ezechiele cerca di numerare, un paradosso che si riversa ed irrompe in tutta la storia del misticismo (i Greci invece risolveranno in maniera opposta, semplificando ed umanizzando la natura del divino stesso). L’unico che riuscì nel modo migliore a sopperire a questa mancanza fu Durante degli Alighieri, a prezzo però, similmente ad Esiodo, di riorganizzare e semplificare la sua visione. Ed io, che qualcosa tuttavia la dovrò annotare, cercherò di muovermi descrivendo con parole umane tutto le poche fibre chiare che mi sono rimaste dell’infinito intreccio del Taw. Completamente abbagliato percepii il mondo davanti a me comprimersi e mescolarsi, implodendo in una massa nera, oscura e pulsante, striata da vettori luminosi. I miei occhi, la mia vista o la realtà stessa si frantumarono in migliaia di schegge, come pezzi di specchio, in cui veniva riflesso, senza confondersi, ogni innumerevole aspetto della realtà che avevo fino ad ora vissuto senza che il mio sguardo avesse potuto abbracciarla appieno, senza che la comprensione ne potesse soffrire. Poi un boato, sordo, mi esplose nei timpani e venni letteralmente strappato all’indietro (o forse era il mondo, o il tempo, ad essersi lanciato in avanti?) e ricaddi (o galleggia verso il basso?) accecato da un violento lampo di luce mentre i meccanismi cosmici si
13
Prosa
rimettevano in moto ed in un singolo secondo si schiuse ogni istante di 13 miliardi di anni: vidi la formazione dei primi atomi e delle prime molecole, l’accensione del Sole e l’impatto della terra con la Luna, vidi la nascita delle prime alghe unicellulari, vidi i continenti emergere, unirsi e poi separarsi, vidi la vegetazione crescere e formarsi, sentii l’ultimo battito del cuore di un dinosauro nel folto delle foreste, vidi l’impatto di un meteorite e un piccolo topo annusare l’aria del deserto, vidi ominidi spaventarsi e poi venerare un albero incendiato, vidi le prime palafitte, le prime capanne e i primi palazzi, vidi pescatori tirare reti sulle sponde del Nilo, vidi un servo greco entrare di soppiatto in un accampamento persiano, mentre altri si accampavano tra due coste rocciose, tremai al passo degli elefanti di Annibale e li vidi morire tra il ghiaccio delle Alpi, vidi una matrona romana partorire un bambino mentre il fratello di nove anni aspettava con il padre nella stanza accanto vidi una serva che vidi nascere e vedrò morire che mai riuscirò a dimenticare attingere acqua da un pozzo e vidi guerre, e vidi il sangue, vidi la fatica, la sofferenza e la gioia feroce della vittoria e la morte della sconfitta vidi popoli distruggersi e riformarsi città vidi nell’Atlantico un equipaggio tentare l’ammutinamento e un colibrì succhiare il nettare di un fiore appena inumidito dalla pioggia nel cuore segreto delle foreste pluviali vidi coste popolose di pesci e navi e gli uomini che si agitavano come formiche brulicanti e vidi ogni formica di ogni formicaio dall’alba dei tempi
nascere
sopravvivenza
di
vivere altre
e
morire
formiche
con vidi
l’unico
quadrilioni
spasmodico di
albe
e
motivo tramonti
di
garantire
ognuno
su
la
una
spiaggia diversa ed assistei allo spostamento, in preda al vento, di ogni granello di sabbia di ogni deserto e provai gli accoppiamenti le notti d’amore e sentii il sesso nella forma più ancestrale nello sforzo di vincere il tempo infinito nel momento dell’orgasmo vidi nascere bambini e cuccioli da quelle unioni e li vidi crescere e morire chi prima e chi dopo vidi re e preti e sacerdoti e politici e servi e cittadini e paesani e gatti e uccelli e balene e cicale e case e strade e movimenti disumani di migranti muoversi su ogni continente vidi tutto quello che nemmeno il pensiero potrebbe abbracciare in un solo istante e vidi in un solo movimento della pupilla tutte le parole che sono mai state dette tutte le lettere che sono state scritte e tutte le pagine che sono state prese pubblicate lette sfogliate strappate consumate gettate dimenticate e poi riprese e vendute e comprate osservai un uomo sdraiato sotto il gradino di una scala della cantina fissare l’Aleph rapito dalla visione estatica mentre un altro si aggirava nel salotto aspettandolo uscire mentre versava del tè in una tazza di ceramica azzurra e bianca vidi le nuvole grigie di tempesta e poi sbiancate dal sole vidi anche nuvole tossiche di fumo e cenere far piovere radioattività ho visto le foreste rase al suolo e poi riedificate in cemento per
Prosa
contenere il numero straripante della nostra umanità ho i visto i miei genitori concepire me poi li ho visti vivere a ritroso fino a quando non sono stati concepiti nella notte dai miei nonni che prima di morire hanno vissuto a ritroso fino ad essere concepiti dai loro genitori prima che il marito partisse per la grande guerra e come lui tutti i maschi in quella età nello slancio vitale che ci definisce come specie e assistei ad ogni rapimento furto sentii ogni uccisione percepii ogni stupro morii una serie innumerabile di volte e rinacqui altrettante vidi la vita di mia cugina accendersi e consumarsi e la stessa cosa di mio zio morto molto prima di vedere il Taw sbriciolandosi nel tempo perché aveva voluto vedere di più trascinato dalla tentazione a cui era sfuggito Tommaso che aveva voluto esperire con mano il risultato delle ricerche del padre e lo vidi tornare indietro e parlare con me e ripetere l’esperimento insieme e mi vidi voltarmi a mezzogiorno di un giorno di marzo e attraverso gli occhi come in un caleidoscopio cosmico frantumato come in uno specchio che riflette un altro specchio a sua volta riflettente rividi il mondo tornare a capo e rivivere da zero l’alba dei tempi a partire dallo zero l’attimo finito per slanciarsi di corsa all’infinito quattro volte lo sperimentai il Taw ogni volta riflesso negli occhi del me precedente che lo aveva intravisto e desiderai di più non mi controllai volli vedere cosa c’era dopo l’immenso non mi era bastato il conoscere tutto non era sufficiente ero curioso maledetto e colsi la mela scoperchiai il vaso ruppi il tacito patto con il divino e mi voltai indietro che sarebbe l’avanti e tutto ciò che non ci è dato conoscere perché l’unico tempo che ci appartiene è solo il passato non esiste nient’altro che il passato ed io aspirai al futuro e mi si spezzò la mente già provata ed osservai ogni futuro plausibile in ogni sua minima variante vidi ogni tentativo ogni cambiamento ogni angolazione di una stessa sfera e vidi la mia pazzia omicida la mia follia suicida vidi la mia reclusione forzata e la mia morte naturale vidi la vecchiaia che potevo finire e quella che avrei potuto avere senza il Taw morii in un numero inenarrabile di volte tutte quelle che erano anche solo plausibile e questo lo vidi per ogni essere umano nato prima di me ed ancora vivente nato con me e che potenzialmente sarebbero nati annegai nel tempo respirando a brevi boccate pochi sprazzi di lucidità inframmezzati dal respiro rotto del mio cervello del mio spirito della mia comprensione che si spaccava si triturava si sbriciolava come la foglia secca che sei milioni di anni secondi minuti millesimi il progenitore della madre della domestica del figlio del mio vicino di casa ormai ridotto a poche ossa spolpate dai vermi calpestò con il piede e vidi te che leggi queste fratture della mia memoria del mio ricordo che ricerchi ossessionatamene il futuro e ti dimentichi che in questo fraudolento valzer dell’umanità della vita del mondo della sorte della storia universale non sei niente non siamo niente non saremo mai niente condannati all’oblio alla dimenticanza alla morte atomica e nel tentativo di trovare un senso alla storia diverrai pazzo e morirai
14
Prosa
schiacciato dal peso dell’infinito nel tentativo di scoprire il Taw e morirai ancora prima di trovarlo, anzi, sei già morto e nascendo hai firmato già la tua sorte ultima, l’hai firmata da quando il primo atomo ha iniziato a vibrare nel brodo cosmico del primo attosecondo della prima esplosione e quindi anche se ti chiederò di non farlo so che lo farai. Il futuro è insidia, il futuro è pericolo. Il Taw è l’ultima lettera che ci separa dal fondo. Il Taw è il futuro e tutto ciò che viene con esso. Il futuro è morte.”
In questo modo si chiude il documento ritrovato accanto al corpo del degente della stanza 22, scritto un paio d’ore prima del decesso e redatto utilizzando i fogli di un rotolo di carta igienica (unico supporto di fortuna a sua disposizione) probabilmente rubata dall’armadietto del custode e una penna bic, ritrovatagli in mano, anche quella probabilmente estorta ad un infermiere; affetto da disturbo ossessivo compulsivo, schizofrenia e amnesia dissociativa, è stato trovato deceduto e riverso sul pavimento. Causa del decesso: apoplessia. Ogni intervento da parte dello staff medico di turno è stato inutile.
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Poesia A CURA DI:
TANIA FERRARA EMMANUELE ZOTTOLI ALESSIA PIERNO
Prosa
17
IN CAMMINO TANIA FERRARA C’è chi ha tanti domani e chi uno soltanto e chi invece ha solo l’oggi, e l’oggi può fare la differenza per un istante o per l’eternità… Parlo ai viventi, ai posteri io scrivo: la Poesia ci fa grandi a noi uomini piccoli, va lasciata una traccia indelebile su questa vita labile. Il peregrino riprende il bordone e la ventura e proseguirà il suo cammino…
Prosa
Ci hai mandato per vivere queste croci, per seguire quelle voci che vagano nel cuore. Che strana disperazione questo andare là dove non si è, questo abitare insistente campi di nebbia, che sfumano ad ogni passo. Tu ci hai dato la certezza, la consistenza d'un approdo, eppure la paura dell'inesistenza ci preme da ogni parte. Ci rimane o dimenticarci dell'attimo seguente, esistere in un perpetuo mezzogiorno, o cercare di reggere governare i fili del corso, prima di rendersi conto d'essere già persi. Abbandonarmi all'inaspettato, al nulla che diventa qualcosa, ad io che sono e non sono, provare a ristorarmi davvero a quell'approdo. In fine non resta che un incontro da fare e poi semplicemente proseguire, Il tempo in fondo non è che una linea di confine.
EMMANUELE ZOTTOLI
18
I O
P R I M A O P O I
I L R E S OT
TU T
T
O
A V V E N I R E
A L E S S I A
P I E R N O
CRITICA LETTERARIA A cura di: Laura Colosi
GIGANTI
DEI
d u j e r P d n PrideCaUORE CON IL
21
Prosa
Il titolo di questa rubrica è ispirato alla celebre citazione di Bernard de Chartes: "Come nani sulle spalle dei giganti”
Il nostro sarà un tentativo di salire sulle spalle dei colossi del passato e da spiriti di bassa statura con il loro aiuto guardare al presente e al futuro con occhio critico e curioso. In questo spazio, verranno trattati un autore e un’opera letteraria in linea con il tema mensile della
dice
rivista.
Non
verranno
date
solo
note
tecniche o mere nozioni sullo stile ma fornirà un ponte di lancio al nostro pensiero per poi
addentrarsi
nelle
profondità:
tentare di interpretali ed offrire poi uno spunto di riflessione.
Lo chiami futuro ma è solo progresso
22
Critica
La
concezione del tempo alla quale i calendari ci indirizzano è quella di un tempo dall’ andamento
rettilineo dove alla triade passato-presente-futuro in un certo modo sembra corrispondere quella di iniziotempo
nel
mezzo-fine.
Secondo
questa
teoria
perché
non
dovremmo
dar
ragione
ai
promotori
delle
magnifiche sorti e progressive: lo scorrere del tempo corrisponde ad un miglioramento delle condizioni di vita,
lo
testimoniano
le
innovazioni
tecnologiche,
è
evidente,
basti
pensare
alla
situazione
in
Africa,
continente in cui molti di noi non sono mai stati ma che nel nostro immaginario corrisponde alle strazianti immagini di bambini scheletrici che le campagne pubblicitarie di organizzazioni no profit ci hanno fornito. E le contraddizioni? E i più di 160 mila africani molto ricchi con un patrimonio in media di 5 milioni a testa custoditi nei cosiddetti paradisi fiscali? Per non parlare poi degli Stati stranieri occidentali che si fingono benefattori, quando hanno invece sostituito nel secondo dopoguerra il controllo diretto del colonialismo con quello indiretto dello sfruttamento economico, ma questo è un altro discorso. Tornando a noi, mi sembra evidente che la realtà sia alquanto caotica e colma di contraddizioni, non c’è bisogno che a dirvelo sia io. Cosa facciamo allora trovandoci davanti a una realtà simile? Interviene in nostro aiuto l’illusione del tempo del calendario, umano tentativo di dare ordine al caos circostante per soddisfare la nostra esigenza di armonia. Nel tempo del calendario il futuro è programmabile,
conoscibile
e
per
questo
rassicurante, ne è un esempio Franz, personaggio a cui è dedicato un passo del romanzo di Tournier
Le Meteore hanno
. Franz è un ragazzino che i giornali
soprannominato
bambino-calendario,
appellativo attribuitogli data la sua sorprendente capacità nel destreggiarsi con le date, i giorni e i mesi del calendario, dal mille avanti Cristo all’anno quarantamila della nostra era, ossia molto più del tempo che coprono i calendari conosciuti; in grado quindi di rispondere immediatamente senza calcoli
«Che
o sforzi di memoria a domande come
giorno
»
era il 28 agosto 1591? , senza però al contempo essere
in
grado
sottrazione. delle
Il
svolgere
bambino
materie
prigioniera
di
prova
scolastiche,
del
tempo
la
del
la
più
astio sua
elementare
nei
confronti
intelligenza
calendario
e
rifiuta
è il
resto. Un altro tipo di tempo invece lo terrorizza, il tempo meteorologico del capriccioso alternarsi di nuvole e azzurro, il tempo emblema dell’imprevisto, dell’inaspettato. Ciò che Franz cerca di fare con il calendario,
con
cronologico,
questa
corrisponde
sorta a
un
di
edificio
tentativo
di
imprigionare il tempo che passa in una struttura meccanica prevedibile, una struttura che non lasci alcun vuoto e scacci il timore dell’oblio. Una delle facce
del
futuro
del
resto
è
questa,
quella
di
un’incognita, di un vuoto che fa paura e per questo va colmato. Il futuro è qualcosa che ancora non si è
verificato,
il
tempo
dell’attesa,
verso
il
quale
possiamo provare timore, come il piccolo Franz, o riporre speranza, come
Ode alla speranza
fa
Pablo Neruda seduto
in
riva
nella al
sua
mare
ascoltando la voce delle onde che rivelano alla costa salda che
«Tutto sarà compiuto».
23
Critica
nasciamo in medias res e moriamo in mediis rebus e creiamo l’immagine del futuro proprio perché stiamo nel mezzo. Alcuni pensano:
«A
»
30 anni sarò sposato, avrò un lavoro stabile e farò il primo figlio , così
programmano il futuro, così sperano e nel frattempo costruiscono. Cosa accadrà non puoi saperlo con certezza, questi mesi ne sono stati la prova tangibile. Eppure nel frattempo come laboriose formiche costruiamo e progettiamo, perché altro non siamo che un progetto, ma non di quelli fatti e finiti da presentare, ma quelli in continua evoluzione, siamo ciò che ha da essere, la fissità non ci appartiene, forse spesso la si scambia con l’abitudine. Come Giano bifronte possiamo guardare al passato e al futuro, del resto Giano, una delle più importanti e antiche divinità romane, era il dio dei momenti di passaggio e noi in questo mondo siamo di passaggio;
dunque,
di laura colosi
È la compiutezza che cerchiamo nel futuro, noi esseri finiti, mortali ma che compiuti non siamo, che
a Domani
ODE ALLA SPERANZA P A B L O
Crepuscolo marino, in mezzo alla mia vita, le onde come uve, la solitudine del cielo, mi colmi e mi trabocchi, tutto il mare, tutto il cielo, movimento e spazio, i battaglioni bianchi della schiuma, la terra color arancia , la cintura incendiata del sole in agonia, tanti
N E R U D A
doni e doni, uccelli che vanno verso i loro sogni, e il mare, il mare, aroma sospeso, coro di sale sonoro, e nel frattempo, noi, gli uomini, vicino all’acqua, che lottiamo e speriamo vicino al mare, speriamo. Le onde dicono alla costa salda: Tutto sarà compiuto.
⽊漏れ⽇
KOMOREBI
CRITICA CINEMATOGRAFICA
A CURA DI: SARA PICARIELLO ALESSANDRA DE VARTI
Komorebi è la parola giapponese usata per indicare la luce del sole che filtra tra le foglie degli alberi. Le parole giapponesi sono estremamente affascinanti, questo perché i kanji, ideogrammicondensatori di significato, sono utilizzati per esprimere concetti complessi che non potrebbero essere espressi con le parole del nostro alfabeto. In particolare l’aver creato una parola appositamente per rendere lo spettacolare effetto visivo della luce tra gli alberi, mi ha da sempre trasmesso qualcosa di poetico e di magico. Pronunciando una semplice parola siamo lì, tra quegli alberi attraverso cui il sole cerca di penetrare, rompendosi in fasci di luce. Un effetto visivo per me simile alla luce dei proiettori, che girando lo sguardo durante la proiezione di un film, vedo uscire dalle piccole finestre poste in alto nella sala, una somiglianza forse lontana ma dettata dalla stessa sensazione di quiete che mi trasmette il trovarmi tra la natura o in una scura sala di un cinema. Cosa sarà quindi Komorebi? Definirla una rubrica cinematografica forse è un po’azzardato, mi piacerebbe più definirla come la piccola finestra di una sala dalla quale proietterò un film, scelto da me, visto di recente, ma anche più datato, che consiglio di vedere (se non lo avete ancora fatto). Lo analizzerò, commenterò fornendo una chiave di lettura personale e delle curiosità a riguardo. Detto questo buona lettura!
NOMADLAND CHLOÉ ZHAO (2020)
di Sara Picariello Un
anno fa, la vita di tutti noi è cambiata. Con uno scenario degno dei più famosi
film
apocalittici,
costringendolo
SEE YOU DOWN THE ROAD
un
a
virus
“misterioso”
ripararsi
in
casa
e
e
mortale
a
non
ha
minacciato
avere
alcun
il
genere
contatto
con
umano,
il
mondo
esterno, se non in casi di necessità. Nessun avventuriero coraggioso può lasciare la propria abitazione alla ricerca di qualche posto più sicuro e nessun “eroe” può girovagare
per
le
strade
uccidendo
zombie,
o
qualsivoglia
essere
mutante,
paratosi sul suo cammino: anche i più impavidi hanno dovuto combattere stando fermi, immobili, contro un nemico invisibile. Tutti noi abbiamo dovuto fare i conti con la certezza di una fine e l’incertezza di un futuro dai contorni ancora sbiaditi. Chiusi
nelle
nostre
nostre
ansie,
dell’abbraccio aggrappati
a
case
le
paure,
con
l’altro
quegli
affrontiamo lutti, e
ultimi
la
la
ogni
solitudine;
spontaneità
attimi
di
giorno
virus
abbiamo
dell’incontro
normalità
altrettanto
perché
tra
perso due
insidiosi:
la
le
sicurezza
corpi.
Ci
paradossalmente
siamo
l’ultimo
ricordo di qualcosa è anche l’ultima cosa che ci rimane: l’ultimo giorno di scuola, l’ultima
volta
al
cinema,
l’ultimo
concerto,
l’ultima
festa.
Abbiamo
cercato
di
stringere a noi ogni minima sensazione passata, tatuandola nella nostra memoria con
la
consapevolezza
che
alcune
di
queste
non
potrebbero
essere
ripetute.
Questi tempi infetti ci hanno ricordato che siamo inevitabilmente esposti ad una fine,
ci
hanno
fatto
interfacciare
con
la
morte
e
ci
hanno
aperto
gli
occhi
sul
nostro non essere perfetti eroi infallibili. E
per
quanto
riguarda
il
dopo,
il
futuro
che
ci
aspetta?
Quante
volte
ci
siamo
chiesti come saremo quando tutto questo sarà finito? Migliori, peggiori, ricchi di speranze,
vivi?
E
quanto
ci
spaventa
questa
incertezza,
il
non
sapere
come
riuscire a ripartire, se riusciremo a ripartire; quanta paura abbiamo di affrontare cose
che
nei
mesi
chiusi
tra
le
nostre
mura
sicure
abbiamo
messo
quanto ci spaventa il non riuscire, un domani, a superare il dolore?
da
parte
e
Quando
cerco
di
immaginare
a
come
sarà
il
mio
domani post-pandemia, non riesco a vedere nulla, ciò mi terrorizza ma in un certo modo mi fa pensare a quei nomadi moderni, come se ne vedono tanti in America, viaggiatori faccia
instancabili,
dalla
messi
in
vita,
marcia,
domani,
senza
che
hanno
dopo
rinunciato
scegliendo
paura,
brutture a
tutto
proprio
vivendo
alla
o
calci
e
si
sono
l’incertezza
giornata,
in
del
liberi
da
ogni tipo di schema. La 77° Mostra Internazionale d’Arte cinematografica di Venezia è stato il primo evento dopo il primo lockdown e
dopo
un
singolare
periodo
come
a
di
profonda
trionfare
in
crisi
per
il
concorso
cinema.
sia
stata
È la
storia di un viaggio, più interiore, che fisico, un viaggio
Nomadland
nelle terre dei nomadi: talentuosa semplice
regista
e
viscerale,
ha
convinto
aggiudicandosi, Globe ha
e
cino-americana,
circolare,
sei
offerto
suo
e
commosso
agli
specchio
cui
sua
così
molti
anche
Oscar.
in
la
realismo
successivamente,
uno
con
il
nomination
Chloé Zhao .
di
Ma
La
prosa
crudo
a
Venezia,
due
Golden
soprattutto
facilmente
e
ci
possiamo
La Zhao è partita da un racconto d’inchiesta, omonimo, dalla
giornalista
Jessica Bruder ,
la
quale
per
scriverlo aveva percorso l’America intera alla ricerca di quel
pezzo
occhi
di
l’anima
della
molti, più
moderni
della
società
ma
pura:
crisi,
furgoni,
senza
in
che,
in
una
realtà,
workcamper.
uomini
anziani vivono
americana,
che, i
nomadi,
soprattutto
e
per
ne
agli
rappresenta
In
sostanza
dei
donne,
giovani,
ma
sopravvivere
continuo meta,
invisibile
movimento
svolgendo
all’America
su
lavori
camper
o
saltuari
e
seguendo un’ideologia fondamentalmente socialista. È questa
America
oppressa
dai
ad
aver
palazzi
colpito
delle
la
grandi
regista, città,
non
ma
quella
quella
ai
margini che popola gli spazi aperti e incontaminati del deserto. È l’America che non molla, meno maestosa di quella
che
comunque
comunemente
dignitosa,
non
ci
viene
l’America
mostrata,
degli
eroi,
ma
bensì
quella degli sconfitti, di coloro che hanno perso tutto,
Nomadland è a metà tra un film e un documentario, un tra
realtà
costantemente
e
finzione,
dalla
realtà.
in Il
cui
la
cast,
finzione ad
attinge
esempio,
è
composto quasi interamente da non professionisti: sono i
veri
sua
credibilissima ed
è
lei,
professionista
in
questo
l’unico
è
ruolo,
la
bravissima
Frances
personaggio
e
McDormand,
di
finzione,
la
protagonista di questa storia. Attraverso lei la Zhao ci ha introdotto in questo singolare stile di vita.
nomadi
inchiesta
che ad
la
Bruder
aveva
interpretare
vita
loro
intervistato stessi,
inscuriti dal sole e arrossati dal freddo.
per
quei
la
volti
accanto
Empire, due
ha
duri
un
al
perso
la
marito,
è
e
la
fantasma
proprie
tutto,
nella
il
morto
collasso
abitanti
marito
strappi:
malattia,
lasciando sono
case
e
il
a
seguito
ha
di
Empire,
una
a
famiglie
sul
ad
postale
di
subito lunga
seguito
diventata
costretti
codice
mineraria
esistenza
di
è
tante
stati
sua
città
economico,
città
una
città
lastrico
(gli
abbandonare è
stato
di
le
eliminato
dagli elenchi telefonici). La sua vita, quindi, è stata svuotata, per questo motivo la donna ha riempito un vecchio restava
e e
malandato si
è
messa
furgone sulla
con
strada
tutto
ciò
cercando
che
le
lavoro.
Fern è un’instancabile lavoratrice, le piace lavorare e nel suo girovagare tra il Nebraska, l’Arizona, il Sud Dakota e altri luoghi, la vediamo in un magazzino di Amazon, fare le pulizie nei bagni di un campeggio, raccogliere
barbabietole
e
lavorare
come
cameriera. È
tranne la voglia di reinventarsi.
ibrido
attrice
Fern è una donna di 60 anni la quale, dopo un’intera
riconoscerci.
scritto
L’unica
anche
una
solitaria,
un’anima
eccentrica
e
inquieta, gentile e dagli occhi vuoti. Ma sono occhi che presto si riempiono di visi, di incontri casuali tra anime vari
simili.
Lungo
houseless
la
(senza
strada, casa)
Fern, non
infatti,
incontra
homeless
(senza
tetto), così si definiscono, cioè privi della stabilità di affetti che la casa rappresenta.
27
Critica
Tra questi ci sono Linda May, un’ex-alcolista, Swenkie, una gli
donna ultimi
malata
mesi
dell’Alaska, dato
vita
stampo
e
ad
di
che Bob
una
cancro
le
restano
Wells,
una
comunità
socialista,
che
libera
deciso
nelle sorta
di
da
ha
terre di
nomadi,
ogni
di
vivere
selvagge
guru
che
una
tribù
imposizione
ha di
della
società capitalista e in cui l’unica cosa che importa è l’amore, il sostegno e l’accettazione dell’altro. Tutti
questi
visi
sofferenza,
di
sono
storie
alcolismo,
di
lutti,
di
di
sogni
storie
malattie,
di
americani
disillusi, storie di chi è stato messo da parte ma che ha deciso di trovare un proprio spazio non scegliendo una che
nuova è
vita
anche
disparità
già
confezionata,
un
simbolo
sociali,
deliberatamente
di
contro
fa
finta
di
bensì
una
protesta una
non
povertà
contro
società vedere
le che
chi
è
in
Il volto di Fern si aggiunge ad essi, il viso duro della McDormand,
infatti,
si
confonde
perfettamente
con
gli altri, e anche il suo viaggio diviene una scelta di
West
In
una
alla
interiore, lavoro,
scena
ricerca
si non
paragona di
una
ad
un
pioniere
permanenza
futuro, ma di una libertà autentica.
o
di
del un
il
tentativo
della
processo
casa,
di
di
accettare
della
sua
elaborazione
aggrappata non
difficoltà.
vita.
Questo continuo girovagare diviene anche un viaggio
al
riesce
ricordo
a
del
della
lasciarlo
vita
la
perdita
precedente, lutto.
sua
vita
andare,
Fern
del è
un
si
è
precedente nel
suo
e
van,
organizzato al suo interno in ogni minimo particolare, ha stipato ogni piccola cosa pur di non perdere nulla e tenere così in vita l’essenza del marito, solo in quel furgone si sente al sicuro. La donna progressivamente si abbandona alla natura, quasi a volerne farne parte, creando una connessione intima e spirituale. Una connessione resa visivamente dalla dai
Zhao
grazie
lunghi
naturale
piani
che
lontananza,
lande
disegna
i
inquadrature
James
e
e
dalla
suggestive
dall’uso
contorni
l’ampiezza
desolate,
Joshua
atmosfere
sequenza,
dalle
restituiscono
alle
la
di
delle
una
maestosità
una
luce
montagne
grandangolari
straordinaria
Richards ;
ricreate
che
di
in ci
quelle
fotografia
connessione
di
resa,
invece, nel sonoro dalle note evocative e mai troppo invadenti
della
colonna
Ludovico Einaudi
e
dal
sonora
silenzio,
che
realizzata regna
in
da
molte
scene e che diviene più eloquente di tante parole. Così Fern, a poco a poco, supera il suo dolore, o per meglio
dire
sconfinati,
lo
attraversa
quei
volti
e
e
noi
quelle
con
lei.
storie,
Quei che
le
luoghi sono
passati accanto, la accarezzano e nello stesso tempo la liberano dal torpore.
Noi la seguiamo negli ultimi minuti del film, silenziosamente, mentre girovaga tra le mura del suo vecchio ufficio e della sua vecchia casa e la vediamo uscire con lo sguardo rivolto verso lo sconfinato deserto. Quella
casa
non
è
più
il
suo
luogo
sicuro,
la
sua
dimensione,
ora
lo
è
la
natura,
la
strada,
è
lì
che
Fern
ha
ritrovato sé stessa ed è lì che ha finalmente afferrato la sua libertà: vivere senza un futuro già scritto, senza alcuna certezza, se non una, quella che tutte le persone incontrate sul suo cammino le ritroverà, proprio lì, sulla strada. Tra queste, un giorno, forse, in fondo alla strada riuscirà a rivedere anche suo marito. Dopo
tutti
questi
mesi
di
pandemia,
probabilmente,
anche
noi
diventeremo
dei
nomadi,
metaforici,
o
anche
reali, erranti, alla ricerca di una vita più autentica, sconfitti, imperfetti, ma felici, perché in quel viaggio, che non ha per forza una meta ben precisa, ritroveremo noi stessi, la nostra natura, ritroveremo quella fiamma che ci permetterà strada.
di
bruciare
di
nuovo,
di
essere
“pazzi
della
vita”
e,
forse,
anche
noi
ci
rincontreremo
tutti
sulla
Critica
SOLO GLI AMANTI SOPRAVVIVONO DI ALESSANDRA DE VARTI
Nessuno è qualcuno,
“
un
solo
uomo
immortale
è
tutti
gli
uomini. Come Cornelio Agrippa, sono
dio,
sono
eroe,
sono
filosofo,
sono demonio e sono mondo, il che è un modo complicato di dire che non sono.”
Avete
mai
sentito
parlare
del
teorema della scimmia instancabile? Il
teorema
instancabile,
Borel,
della formulato
scimmia da
Émile
afferma che una scimmia che
prema a caso i tasti di una tastiera per
un
riuscirà
tempo a
infinitamente
comporre
qualsiasi
lungo testo
prefissato. Operiamo un salto logico: in un tempo infinitamente lungo, un uomo può vivere tutte le vite possibili, e quindi essere tutti gli uomini. Nel caso questo ragionamento non vi riportasse con la mente alle porte di Tebe Hekatompylos e all’immagine di un legionario romano alla ricerca di una città perduta, vi ci accompagno io.
Ma procediamo per ordine.
29
30
Critica “Solo gli amanti sopravvivono” è un film con i vampiri.
È lunga abbastanza per dimenticare tutti i propri eroi
Lo dico subito, così potete storcere il naso adesso e
e per covare il desiderio di restare in disparte, per
poi magari dimenticarvene. Non volevo metterlo alla
vedere
fine
rimanesse
inevitabile, ma l’unica degna conclusione possibile.
impressa fosse: “Ci sono i vampiri, sarà una porcata
Non è meraviglioso? Viene da chiedersi perché solo
per ragazzine”. È colpa di Twilight, io lo dico sempre.
un
Negli
stringere la mano con veemenza al signor regista
e
rischiare
anni
che
‘90,
l’unica
il
cosa
vampiro
che
vi
cinematografico
per
nella
premio
morte
per
la
non
più
colonna
un
epilogo
sonora,
crudele
viene
voglia
e
di
Jim
Coppola. Francis ci aveva Jarmusch dicendo “Oh, lei sì che è un genio, quei Gary Oldman sublime, in completo cialtroni della giuria non capiscono nulla”. Peccato
eccellenza era quello di fatto dono di un argento
qualsiasi
che non sia lui il genio. Questa piccola lucente perla
fanciulla a lasciarsi mordere dai suoi canini aguzzi.
di saggezza è presa in prestito. Jarmusch l’ha rubata
Voglio vedere se qualcuno avrebbe avuto da ridire su
ad un vecchio antiquario di nome Joseph Cartaphilus
di
e
lui.
vampiri
da
Poi
dandy,
è
che
arrivato
hanno
avuto
avrebbe
Twilight per
tutti
e,
convinto
dal
la
2007
faccia
in
poi,
bianca
i
di
cerone di Edward Cullen.
al
bibliotecario
cieco
che
ha
narrato
la
sua
vicenda. Il buon vecchio Jim ha solo messo su un po’ di
musica
grosso
del
anni
’70,
teatro
ha
chiamato
inglese,
ha
qualche
piazzato
un
pezzo
paio
di
Ma vi giuro che, nonostante i vampiri, questo è un bel
belle chitarre nelle inquadrature e ha aggiunto tanti,
film. E’ girato bene, ha una colonna sonora di tutto
ma tanti libri, tranne quello al quale il film deve il suo
rispetto (Soundtrack Award a Cannes), è una di quelle
successo. È vero che
delicatezze da festival, sì, ma piacevole e con uno
artisti copiano, i geni rubano”, ma anche un furto
sviluppo non troppo complesso da seguire, anche per
deve
lo
copyright sono cavoli.
spettatore
che
spesso
e
volentieri
lancia
uno
essere
caso
Pablo Picasso
compiuto
qualche
con
concetto su cui si regge è straordinario: un vampiro è
nonchalance
più simile ad un immortale che ad un uomo, la sua vita
bibliotecario
è talmente tanto lunga da contenere molteplici vite
facciamo qualche chiarimento. Tebe Hekatompylus,
umane, molteplici identità, molteplici vissuti, e troppe
dicevamo. Non me ne voglia la mia collega di critica
sofferenze per essere sopportate da un uomo solo.
letteraria se le rubo il mestiere per qualche riga e mi
cieco
aveste
Cartaphilus vi
suonasse
glissato
col
Nel
nome
fa
Altrimenti
sguardo alle notifiche di Instagram. E soprattutto, il
sul
riga
onore.
disse “I cattivi
e
l’idea
con di
un
paradossale,
31
Critica
“L’immortale”
metto a parlare di un libro.
di
Borges
è fra le più le alte riflessioni sull’esistenza
umana. È un racconto, lungo non più di venti pagine e che vi porterebbe via meno di un’ora. Quindi
sì,
leggetevi
fondamentale, riflessione
nonché
un
che,
se
gentiluomo?
(e
siete
Sì
e
prima
balsamo
sull’immortalità
instancabile, poco
Borges
no,
per
anche
arrivati è
di
fin
una
un
guardare l’anima. paio
qui,
di
deve
piacevole
Ed
questo è
a
Borges
racconti avervi
sorpresa
film,
perché che
proprio
incuriositi). riscoprire
ne
è
appartiene
sul
teorema
Quindi
Borges
la
questa della
Jarmusch
al
premessa
cinema,
è
lucida
scimmia un
ma,
ladro come
soleva dire qualcuno, “i debiti si pagano”, e sarebbe bastata una breve inquadratura di un dorso di un libro con le iniziali “J. L. B.”
Torniamo al film. C’eravamo fermati ai
vampiri.
Scordatevi
imbarazzanti Robert
performances
Pattinson
che
e
Kristen
ancora
indelebilmente cast
è
le
Stewart,
macchiano
le
loro
piccolissimo,
composto
di
da
carriere.
Il
principalmente comparse
e
personaggi secondari da meno di 10 battute,
ma
splendide
illuminato
dalle
performances
professionisti Hiddleston,
di
alto
Tilda
di
tre
livello:
Tom
Swinton
e
John
Hurt. Si segnala inoltre una fugace presenza alcuni aver
di
Mia
Wasikowska,
potrebbero
recitato
che
ricordare
sempre
al
per
fianco
di
Hiddleston in “Crimson Peak” di del Toro, cui
ma
farà
che
fidatevi, il
se
ne
possibile. Tangeri,
suo
momento
ingresso,
vada
Nero
e
Adam
presentati
dal
Eve
spererete
più
Bianco,
e
per
il
in
presto
Detroit
ci
vengono
giustapposizione
antitesi.
Adam
(s)vestito
alla
è
Jim
un
e
e
musicista
Morrison
ritratto
dagli scatti di Brodsky, ma con una vena
gotica
suicide.
più
Vive
disparati
spiccata
e
circondato
dai
strumenti
provenienti
da
manie più
musicali
ogni
secolo,
compone musica e rifiuta quasi ogni contatto il
“
con
gli
umani,
Λάθε βιώσας ”
nella
sua
casa
praticando
(vivi
nascosto)
fatiscente
strada desolata di Detroit.
in
una
32
Critica
Eve ha uno sconfinato amore per la letteratura e per la vita- che, si sa, vanno
di
pari
passo;
nonostante
i
secoli che gravano sulle sue spalle, ha ancora voglia di essere sorpresa dalla
bellezza
e
dal
terrore
che
il
mondo ha da offrirle. Hiddleston e la Swinton
appaiono
come
figure
eteree, longilinee e pallidissime. Con dinamiche che strizzano l’occhio ad Harold
e
riescono immortale pone
Maude, a
Adam
ricreare
degli
amanti.
particolare
e
il
ritratto Jarmusch
attenzione
composizione
delle
inquadrature
sembrano
Eve
scene,
alla
alcune
riprodurre
quadri di Klimt, Hayez e Schiele, ma i corpi candidi e tonici degli attori, specialmente quando messi in contrasto con uno sfondo scuro, richiamano alla mente la scultura neoclassica o i quadri di Caravaggio.
L’amore per la musica di Adam è l’escamotage tramite il quale Jarmusch ha l’occasione di inserire un tocco autobiografico. Oltre alle numerose fotografie di musicisti appese alle pareti della stanza di Adam, diverse scene sono un elogio alla musica: la telecamera indugia su chitarre che hanno fatto la storia del rock e delle vere e proprie performances musicali trovano spazio nella pellicola. Non soltanto rock britannico e americano, ma anche pezzi di musica classica e di musica orientale si inseriscono nella complessa e variegata colonna sonora di questo film.
Da un film sui vampiri, non possiamo che aspettarci ambientazioni notturne, o tutt’al più al chiuso. L’estetica della pellicola fonde la cura manicale di associare a
Wes Anderson con un tocco dark e gotico, che noi tutti siamo soliti
Tim Burton, ma, a onor del vero, l’atmosfera ottocentesca che Jarmusch riesce a riprodurre è più
realistica delle interpretazioni talvolta cartoonesche e manieristiche che Burton ci ha spesso proposto. Cieli notturni,
stanze
lugubri
illuminate
da
lampade
fioche,
enormi
librerie,
pergamene,
panciotti
sgualciti
e
vestaglie di velluto, ma anche IPhones, chitarre elettriche, giacche di pelle, guanti da motociclista e occhiali da sole: Jarmusch, attraverso gli ambienti, mostra i secoli attraversati dai protagonisti che si confondono, si ripiegano su sé stessi, si accavallano disordinatamente, restituendo visivamente il vissuto di Adam e Eve, eterogeneo, caotico ed eclettico.
I vampiri di Jarmusch aprono una terza via rispetto a quella rappresentazione dicotomica del vampiro a cinema, che mostrava da una parte un modello “classico”, il mostro, col mantello e gli artigli, il “Nosferatu” di
Bram Stoker,
dall’altra il vampiro fascinoso, eterno adolescente, un po’ caricatura, o, per meglio dire,
involontaria parodia dell’eroe byroniano e un po’ emo. I vampiri di Jarmusch prendono un’altra direzione. Sono degli intellettuali raffinatissimi, versati in ogni campo del sapere, dalla letteratura alla fisica, dall’alchimia alla filosofia. Durante i lunghi secoli in cui hanno abitato la terra, hanno conosciuto scrittori, scienziati e musicisti,
33
Critica
hanno seduto alle tavole dei re e visto
gli
sussurrato
imperi versi
crollare, alle
hanno
orecchie
dei
poeti e sono stati silenti mecenati degli artisti che hanno cambiato la storia. Adam ha preferito stare in disparte
e
agire
osservatore
come
un
dell’umanità
dal
giudizio severo; Kit, il personaggio interpretato
da
indelebilmente
John
segnato
Hurt, la
ha
storia,
celando la sua persona immortale sotto
diverse
identità
(il
suo
personaggio è deliziosamente ispirato ad Argo nel racconto di Borges). La storia è nel palmo della loro mano e parla attraverso i loro giudizi apocalittici sul destino dell’umanità. I riferimenti culturali presenti nel film sono troppi per essere citati tutti, basta pensare al cosiddetto “Wall of fame” di Adam: un’intera parete strapiena di fotografie delle più grandi menti della storia dal XVI secolo in poi. Anche la libreria di Eve è lo specchio di una cultura che attraversa il tempo e lo spazio: Ariosto, Jules Verne, Wallace, Cervantes, Kafka, Beckett e Mishima, nonché Shakespeare, che nel film ha un ruolo privilegiato. Adam, Eve e Kit sono gli immortali dell’Académie française.
Nel racconto di Borges, il protagonista diventa esausto della vita. Troppi secoli sono passati sul suo capo, è stanco, è disperato. Un’eternità è un tempo troppo lungo da sopportare, e ha ragione. Ma allora come fanno Eve e Adam ad essere ancora vivi? Come fa Eve ad avere ancora un’insaziabile voglia di vivere? Quello
che
ho
apprezzato
tanto
di
questo
film
è
come
tenta
di
rispondere
a
Borges.
Lo
scrittore
sudamericano avevo posto un problema senza soluzione: come aveva già chiarito nell’Aleph, l’uomo non può sopportare l’infinito. L’uomo è per definizione finito, circoscritto, un’immortale non è un uomo, forse è un dio, forse è una bestia, ma non un uomo. La risposta di Jarmusch può sembrare un po’ ingenua, una risposta da “canaglia romantica”, come nel film viene definito Adam. Adam e Eve guardano gli umani dall’alto, non perché li disprezzino, ma perché dopo molti secoli hanno imparato ad essere lungimiranti. Tutto ciò che vive è destinato a decadere e gli uomini stanno accelerando il processo. Il motivo ambientale si inserisce con un paio di battute piazzate sapientemente in alcuni momenti cardine del film. Non c’è più sangue da bere per i vampiri, perché gli uomini lo avvelenano con le droghe e hanno iniziato anche ad avvelenare la loro acqua. L’aria inizia a farsi irrespirabile, anche se niente è praticamente successo per far pensare ad un disastro ambientale, ogni sguardo e affermazione rassegnata di Adam e Eve lo fanno presagire. Il mondo sta morendo, i vampiri stanno morendo e presto toccherà a tutti gli uomini. Non ci è concesso guardare al futuro con aria speranzosa. Persino per gli immortali è tempo di scoprirsi vulnerabili, o almeno di prepararsi a tempi difficili, da cui si uscirà, come sempre, da sopravvissuti più che da vincitori. Una dolorosa perdita nel film si fa presagio di sventura. Come sopravvivere all’apocalisse? Allo stesso modo in cui Adam e Eve sono sopravvissuti all’eternità: l’amore. Un’eternità è insopportabile, è una condanna, ti ammazza lasciandoti vivo. Cartaphilus
non
la
sopporta,
Kit
saluta
la
morte
come
un’amica
che
ha
fatto
molto
tardi
ad
un
appuntamento, ma Adam e Eve sono immuni alla follia che si impadronisce degli immortali, perché si amano. La mente del protagonista di Borges scivola nella follia, smarrisce la sua identità, il senso della sua
34
Critica
esistenza, del bene e del male, del dolore, Adam e
del giudizio./ Se questo è errore e mi sarà provato,/
Eve non possono perdersi, perché si ritrovano negli
io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato.”
occhi dell’altro. Borges teorizza come l’immortalità
La coppia è un’alleanza contro la morte, ho letto una
porti ad un relativismo estremo, Adam e Eve si fanno
volta, ma a quanto pare lo è soprattutto contro la
costante
vita. Lo dice Eve, che consapevole della fine che
l’uno
dell’altra.
consapevoli
di
giustificano
con
Sono
questa
pienamente
codipendenza,
l’entanglement
quantistico,
che
incombe, parla a suo marito di come ancora ci sarà
“Se
tempo
per
contemplare
oppure vai fuori di testa e allora è come se fossi già
avrebbero
aggiunto
morto. Ma se io resto vivo, resti viva anche tu”. E
rimane, dice Eve, potresti ancora dedicarti a tutto
sono anche fermamente convinti che l’unico modo di
ciò che rimane, prima che venga domani, perché il
sopravvivere
possa
domani te lo porterà via, e un giorno porterà via
avere in serbo per loro, è quel legame, quello che
anche noi due, di questi tempi, ma insieme o insieme
per
cui
ci lascerà su questa terra arida. Se sopravviveremo,
in
lo dovremo all’amore. E poi c’è tutto il resto, certo, ci
di
sono i buoni libri, la buona musica, una dieta sana
o
che ti tengono in vita, ma pare che dell’amore non si
i
cinici
scommettere favore
dei
è
un
filo
sarebbe pochi
Shakespeare,
per
di la
quanto
una
vera
romantici
“Amore
non
orrore
ragnatela, follia.
Giungono
rimasti
muta
in
su
i
versi
poche
ore
settimane,/ ma impavido resiste al giorno estremo
The
danzare. Big
E
la
e
in
e
coltivare
gentilezza
mondo,
amicizie,
natura,
muoio io, muori tu, forse non subito, ma ti ammazzi,
al
le
la
Kahuna.
cantare, Ciò
possa fare a meno nella ricetta per l’immortalità.
che
CRITICA D'ARTE
A CURA DI
Eliana Pardo Cristina Colace
Che cos’è il "Duende"? È un folletto, una voce nuova, un vento mentale. Nella mitologia spagnola, indica uno spiritello che, secondo la leggenda, si impossessa di alcuni artisti, ma non si manifesta allo stesso modo in tutti. Federico Garcìa Lorca parla di un fluido inafferrabile, che arriva direttamente all’osservatore, qualcosa di demoniaco, di dionisiaco ed inspiegabilmente magnetico. “Potere misterioso che tutti sentono e nessun filosofo spiega”, così lo definì Johann Wolfgang von Goethe, avendo intravisto quel sacro fuoco ardere nelle corde del violino di Niccolò Paganini. Insomma, il Duende, nella sua inafferrabile ed intraducibile definizione, ci ha ispirato per il titolo di questa rubrica. Non pretendiamo di “diagnosticarlo”, piuttosto di lasciarvelo intravedere nelle opere di cui racconteremo tra queste pagine, cosicché ognuno possa coniare la sua personalissima definizione. D’altronde, come scriveva Federico Garcìa Lorca: “Per cercare il duende non c’è mappa né esercizio. Si sa solo che brucia il sangue come un tropico di vetri, che estenua, che respinge tutta la dolce geometria appresa, che rompe gli stili, che si appoggia al dolore umano inconsolabile, che fa sì che Goya, maestro dei grigi, degli argenti e dei rosa della miglior pittura inglese, dipinga con le ginocchia e i pugni con orribili neri bitume.”
EL DUENDE
36
Critica
Ranya Art: dalla separazione all’evoluzione di Eliana Pardo Sta per concludersi il nostro magico percorso alla
I suoi lavori sono frutto di un lungo e complesso
ricerca dell’arte e del tempo; abbiamo visto semi
lavoro
crescere e patire, orologi rotti che non hanno mai
interiore, fondamentale per la composizione delle
smesso di funzionare, ricordate?
sue
E ora? Che cosa ci attende?
essere costituite da materiali di riciclo incastrati nel
mirato
alla
eccentriche
ricerca
sculture
della
che,
propria
perlopiù,
essenza
sembrano
“semplice” stile della scultura classica. Nell’arte, come nella vita, esiste un attimo in cui
Le opere da lei realizzate (composte talvolta da più
la
di
nostra
visione
del
reale
si
tramuta
cinquecento
pezzi)
un sogno, un obiettivo, o semplicemente in un
storiche, che subiscono mutazioni sia fisiche che
pezzetto
d’espressione.
il
futuro
che
noi
di
celebrità
e
ed
esclusivamente
e
anche
sempre
necessariamente in qualcosa di astratto: un’idea,
d’ispirazione;
visi,
sono
icone
desideriamo non fa altro che nascondersi proprio
Sono volti poco naturali, senza dubbio, ma carichi
lì in mezzo: tra ciò che siamo e ciò che potremmo
di
essere.
coinvolgere dal primissimo sguardo.
Pamela è un’artista romana molto giovane e di grande successo, conosciuta da tempo col nome d’arte
Ranya Art.
un’importante
forza
emotiva
che
riesce
a
37
Critica
"Posso dire che non mi interessa essere un’artista famosa, ma vorrei essere un’artista felice" -Ranya Art via LFMagazine
Il significato di ogni singola opera è ovviamente diverso e mai uguale a quello delle altre, ma Pamela di certo
non
nega
che
vi
sia
anche
un
lampante
messaggio
che
le
accomuni
inevitabilmente:
la
separazione; intesa non come e vero e proprio distacco tra due o più realtà, bensì come processo evolutivo in proiezione di una nuova armonia, sia essa reale o fittizia. Quei
visi
ben
protagonisti,
assemblati
ma
proprio
non
rappresentano
quella
ricerca
quindi
interiore
una
semplice
dell’artista,
che
mutazione ci
fisica
concede,
solo
dei in
personaggi un
secondo
momento, di visualizzare la realtà e mutarla nel medesimo istante. Separarci dal presente per immaginare il futuro non ci ha mai impedito di tornare indietro, nel nostro amato mondo dall’anima concreta, ma, contestualmente, tutto questo fantasticare non può nemmeno far in modo che quella visione da noi ideata non possa, in qualche modo, realizzarsi per davvero in un altro tempo. Ranya Art ha tramutato una delle sue idee bizzarre in un’opera d’arte (e nel suo amato lavoro, certo).
E tu? Come stai, cosa fai? Che ne sarà delle tue idee e dei tuoi sogni?
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Critica
Trilite: futuro Tre pietre che faranno l'architettura di Cristina Colace Se qualche anno fa mi avessero detto che il mio
fossilizzava
primo
avuto,
relegandola
essere
costellazioni ed alla lettura stagionale delle fasi
progetto
architettonico
verosimilmente,
più
avrebbe
possibilità
di
concretizzato su Marte che sul mio pianeta natale,
la
ricerca
in
campo
all'interpretazione
astronomico,
zodiacale
delle
lunari.
francamente, avrei risposto piccata ad una cinica presa in giro per screditare i miei sogni di gloria
Nel 2021, mentre il Presente sulla Terra è in balia
da adolescente.
degli alti e bassi di un virus microscopico, il Futuro
Oggi,
allo
canzonatorio,
lo si progetta in grande: il suolo rossiccio di Marte,
risponderei che la pianificazione della prima città
dal 2054 al 2100, ospiterà ben cinque città, di cui
di
in
una capitale battezzata con il nome della dea
programma per il 2054: un accostamento di cifre
cinese che, secondo la mitologia orientale, diede
che
origine alla razza umana.
coloni
stesso
terrestri
sembra
terrestre,
commento
sul
assai
eppure,
Pianeta
lontano
dal
pensandoci
Rosso
è
nostro
bene,
non
2021 è
poi
distante anni-luce.
Nüwa City non sarà una metropoli, piuttosto avrà l'aspetto di un insediamento marziano sostenibile,
Chi
l'avrebbe
mai
detto:
gli
appartenenti
alla
arroccato sulla scogliera di roccia rossa di Tempe
razza terrestre, sì, proprio loro, gli abitanti della
Mensa,
Terra che per secoli hanno creduto di essere al
all'acqua di superficie. Proposta dai designers e
centro
affacciano
dagli architetti di ABIBOO Studio, occuperà una
timidamente alla porta dell'ignoto delle profondità
superficie totale di 600 milioni di metri quadrati e
del cosmo, colonizzando la prima parte di quello
sarà interamente sviluppato dalla rete SONet, un
zerbino
team
dell'Universo
intero,
intergalattico
che
oggi
è
il
si
nostro
Sistema
il
pendio
internazionale
Solare. Ne abbiamo fatta di strada da quando
che
Galileo
urbanistici. L'idea
costrinse
piedistallo
l'umanità
a
aristotelico-tolemaico
scendere che
dal
l'aveva
dov'è
ne
di
definiranno
i
possibile
scienziati dettagli
e
accedere
accademici,
gestionali
ed
è quella di una città verticale
nella roccia, che avrà accesso alla luce del sole,
inchiodata in un egocentrismo stagnante e che, di
risultando
fatto, rallentava il progresso scientifico e
dirette.
tuttavia
schermata
dalle
radiazioni
39
Critica
“Non stanno solo progettando strutture, stanno progettando habitat che permetteranno ai nostri esploratori dello spazio di vivere e lavorare su altri pianeti” -Monsi Roman | NASA La
capitale
ospiterebbe
coloni:
L'Habitat Challenge ha messo alla prova i team di
eppure, nonostante la suggestione di una città-
house design sui vari aspetti dello stampaggio 3D, tra
gioiello
cui l'utilizzo dei software di modellazione, lo sviluppo
incastonata
Rosso,
i
big
circa
nella
brains
250mila
roccia
della
del
NASA,
Pianeta
capeggiati
dei materiali e la costruzione sul piano di cantiere.
dall'amministratore delegato Jim Bridenstine, Elon
Il
Musk con Space X e George Whitesides di Virgin
l'esplorazione
umana
Galactic non hanno ancora deciso se finanziare il
sperimentate
durante
progetto.
portare
Forse
affittare
case
tubolari
non
è
bando
a
di
concorso
soluzioni
conclude: dello la
"oltre
spazio,
le
competizione
abitative
a
basso
ad
aiutare
tecnologie potrebbero costo
sulla
abbastanza appetibile per il mercato immobiliare
Terra"; insomma, se non riuscirai a conquistare Marte,
extra-terreste...
non disperare: puoi sempre riciclare il tuo progetto come condominio terrestre!
Dell'esperienza di Nüwa, la città del futuro che ancora
non
concept
c'è,
che
è
però,
la
diventato
NASA
ha
motivo
tratto
portante
un del
bando di concorso indetto dall'agenzia spaziale per antonomasia: la verticalità.
Nella stessa sala controllo che ha inaugurato il programma orbita
il
spaziale
rover
MARS
Perseverance
2020, nel
lanciando
mese
di
in
luglio
dello scorso anno, oggi si discute della possibilità di
abitare
case-habitat
replicate
in
serie
mantenendo un elevatissimo grado di dettaglio e precisione impiantistica, grazie alla tecnologia di stampa 3D.
Così,
la
NASA
Challenge, sostenibili
bandisce
"una adatti
la
3D-Printed
competizione alla
Luna,
a
per
Habitat
creare
Marte
ed
rifugi oltre",
utilizzando le risorse disponibili in loco -è il caso di dire "ad anno-luce 0"-
Critica
1°
2°
3°
SEArch+/Apis Cor | New York La
corsa
alla
prima
firma
Zopherus | Rogers, Arkansas
architettonica
sul
Pianeta Rosso, iniziata nel 2015, è strutturata in fasi, divise ulteriormente in sottolivelli: la fase 1, (completata nel 2015) prevedeva l'inaugurazione del fatidico Bando di Progettazione marziana, che ha
richiesto
ai
team
in
concorso
di
presentare
elaborati grafici e rendering architettonici. La fase 2, conclusasi nel 2017, consisteva nel presentare elaborati e dettagli costruttivi, nonché componenti strutturali
dotati
tecnologiche.
A
di
specifiche
questo
punto
della
soluzioni corsa
alla
casa-ambiente del futuro nello spazio, sul podio abbiamo:
1. SEArch+/Apis Cor - New York 2. Zopherus – Rogers, Arkansas 3. Mars Incubator – New Haven, Connecticut Ad oggi siamo alla fase 3, composta da cinque livelli di approfondimento valutativo, che consiste nel testare la capacità del team di affinare le tecniche
costruttive
progetto,
con
autonomamente habitat
e
limare
i
l'obiettivo il
stampata.
proprio
dettagli di
del
costruire
prototipo
Attualmente,
di
quindi,
casanon
sappiamo che aspetto avrà il primo insediamento umano su Marte, ma abbiamo ben intuito cosa potremmo
aspettarci:
habitat,
non
abitazioni;
stampe parametriche in 3D, non mattoni. Toccherà lasciare alla Terra i suoi triliti? Forse no. Intanto, per noi che stampiamo per lo più su fogli di carta, è lecito sognare un Futuro con la testa tra le stelle, in orbita tra gli scenari di The Martian e
Interstellar,
mentre,
canticchiando,
40
possiamo
scogliere l'interrogativo di David Bowie: "Life on Mars?" non sarà più solo il titolo di una canzone...
Mars Incubator | New Haven, Connecticut
P U N T O
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Carmine Faiella Gabriele Maurizio
D I F U G A
FOTOGRAFIA
Fotografia
Carmine Faiella
Futuro L'ultima foto del nostro trittico è la somma delle altre due. I pensieri del passato danno inizio alle azioni del presente che formeranno il nostro futuro.
42
Fotografia
43
Gabriele Maurizio
Deserto del futuro Chiusi nella gabbia del presente lodiamo il glorioso passato, mentre il futuro scivola via dalle nostre mani come sabbia.
TECUM IL SALOTTO
PER FARE LUCE SU QUELLO CHE ACCADE INTORNO A NOI
NON ERA LEI E NON ERA IL CASO IL SALOTTO DICE LA SUA:
CHE COSA È TECUM?
Poiché minimamente somigliante alla madre della bambina
Tecum nasce per creare un punto di incontro e di crescita per ragazzi come te che stai leggendo! Qui raccogliamo tutte le vostre idee e le vostre opinioni: perchè di
scomparsa,
si
è
avanzata
l'ipotesi
che
Olesya potesse essere Denise. La conferma negativa è avvenuta solo a seguito dei test genetici. Fin qui tutto ok. Ciò che ha fatto arrabbiare un bel po' di italiani (il che fa ridere, perché i nostri programmi televisivi non sono da meno) è stato il fatto che la TV russa avrebbe
sfruttato
della
delicata
famiglia
della
senza
rispettare
stando sul divano, ma questo
scomparsa, al fine di trarne beneficio mediatico,
Che aspetti? Entra a far parte di
dolore
situazione
certo il mondo non si cambia spazio è comunque un inizio.
il
la
bambina
addirittura quasi "ricattando" l'avvocato della vittima e costringendolo a partecipare al programma per avere il risultato del test, pur di alzare lo share. È giusto indignarsi, non si gioca con i sentimenti di chi
Tecum, scrivi insieme a noi!
soffre. Ma non lo abbiamo sempre fatto?
Per entrare nel nostro salotto cerca "TeCum" su Telegram o scansiona il QRcode!
anche lecito fare illazioni su fatti di cronaca. Ma
Fin quando si parla di giornalismo d’inchiesta è purtroppo
molti
sentimenti
ed
programmi il
dolore.
spettacolarizzano Si
tratta
di
i
mero
sciacallaggio. Se ci serviamo di storie di fantasia, non vengono toccate persone reali. Ma questo caso è diverso. Qui la madre di Denise è stata presa in giro più volte. Non è corretto che le trasmissioni ne traggano guadagno.
"MEGLIO TARDI CHE PRIME" LE OPINIONI DEI MEMBRI DEL SALOTTO: Spesso dimentichiamo che dietro agli ordini fatti alle 3 di notte (sì, di notte faccio shopping compulsivo) e consegnati in meno di 24 ore - anche se vivi in un paesino
e
anche
nascondono
se
due
è
domenica
facce
della
-
si
stessa
medaglia. Da un lato, l'uomo più ricco al mondo
(il
patrimonio
di
Jeff
Bezos
è
aumentato di 70 miliardi solo nel 2020, durante
la
pandemia),
dall'altro
250.000
dipendenti che, in un periodo storico così complicato, rimodulati
chiedono i
carichi
e
che i
vengano
ritmi
di
lavoro
insostenibili e che vengano adeguati ad essi i salari. In un mondo del lavoro, in un mercato in cui a contare è la velocità e in
Io parlo da Amazon dipendente, qualsiasi
cui a dettare le regole sono gli algoritmi,
cosa mi serva (soprattutto libri introvabili) lì
tutti i clienti sono stati invitati, oggi, ad
ci sono e mi arrivano direttamente a casa. Io
evitare
penso che il problema in sé non debba
di
effettuare
acquisti
sulle
piattaforme Amazon.
essere “Amazon” o il servizio che fornisce, penso
Siamo
noi
esagerati
nel
pretendere
velocità ed efficienza quasi come se ad
che
tutti
noi
siamo
abbastanza
“schiavi” del consumismo - ed è giusto che sia così.
offrire il servizio non ci siano persone ma macchine? O
è
l'azienda
meglio,
Il problema è questa voglia di avere il a
dover
mantenendo
alta
gestire la
il
tutto
qualità
del
massimo profitto con il minimo sforzo. Se regolarizzassero
servizio, senza sfruttare e sovraccaricare i
pagassero
lavoratori?
sarebbe
gli
meglio alcun
orari i
di
lavoro
e
non
ci
lavoratori,
problema
e
nessuno
sciopererebbe. Credo
sia
sensibilizzare essere
più
alquanto
il
utopico
consumatore,
compito
dello
voler
dovrebbe
stato
e
dei
sindacati verificare che ci siano maggiori tutele
per
i
lavoratori.
Anche
perché
onestamente ci sono davvero tante cose che consumiamo/utilizziamo che causano la sofferenza di decine di milioni di persone e quasi non ce ne accorgiamo.
LEONARDO E LE SUE "INVENZIONI STORICHE" TECUM DICE NO:
Da
una
serie
personaggio aspetto
che
su
un
storico
mi
almeno
i
fatti più importanti siano veri. Se si conosce Leonardo si
può
distinguere
il
falso da ciò che è vero, ma una persona che non conosce
la
vita
dell'artista può pensare che quello che vede sia la verità.
Cambiare
nome
protagonista
al
avrebbe
risolto il problema.
È lecito prendersi delle libertà e non creare un prodotto
totalmente
preciso
dal
punto
di
vista
Se vuoi fare una serie storica
a
modo
tuo,
storico perché non si tratta di un documentario,
stravolgendo
bensì di una serie che necessita di intrattenere colui
stravolgibile
che guarda.
non chiamarla Leonardo
Ma
qui
è
stato
personaggio
di
inventato
Caterina
un
da
po’
il
Da Vinci.
morte
Chiamala
troppo:
Cremona,
la
tutto falla,
"Tizio
ma
della
prematura di Gian Galeazzo Sforza, l'accusa per un
bottega
omicidio
una
che fa cose".
non
Non puoi intitolare una
e,
serie Leonardo e riferirla
dalla
a Leonardo Da Vinci non
mai
maledizione. risiedeva
avvenuto,
Inoltre
in
contrariamente
Leonardo,
maniera da
l'esistenza fissa
quanto
nel a
di 1506,
Milano
imbastito
produzione, Verrocchio, nel 1490, era già morto.
del
lo
Verrocchio
raccontando biografia affidabile.
Bastava usare veri spunti biografici e storici.
una
Siamo arrivati finalmente alle battute finali di questo viaggio attraverso il tempo, un argomento metafisico, contradittorio e troppo interessante per essere ignorato. Al di la di quanto si possa dire il Passato, il Presente ed il Futuro sono nostri, fino a quando li consideriamo tali, ma è stato bello parlarne insieme
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ABBI IL CORAGGIO DI SPLENDERE