Albino comunità viva - Aprile 2019

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IL GIORNALE DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE DI SAN GIULIANO - N. 4 / APRILE 2019


CALENDARIO APPUNTAMENTI

Aprile 13 14 Dom 15 Lun 16 Mar 17 Mer 18 Gio 19 Ven 20 Sab 21 Dom 22 Lun 23 Mar 24 Mer 25 Gio 26 Ven 27 Sab 28 Dom Sab

20.30 - Ultima sera di PREGHIERA DELLE FAMIGLIE ALLA RADIO [94.7 FM]

S. Ermenegildo

Santo

SACRO TRIDUO PASQUALE

Santo

SANTO

SANTO

SANTO

DI PASQUA

BUONGIORNO GESÙ 7.20 Elementari [Prep.] | 7.30 Medie [orat.] GIORNATA PENITENZIALE 9.00 - 15.00 -20.30 - Confessioni degli adulti BUONGIORNO GESÙ 7.20 Elementari [Prep.] | 7.30 Medie [orat.] 20.30 - Via Crucis verso Selvino animata dal gruppo Scout BUONGIORNO GESÙ 7.20 Elem. | 7.30 Medie CONFESSIONI 14.30 Elem. | 16 Medie | 18 Ado 20.30 - Riunione Caritas [Casa della Carità] 20.30 - Riti prebattesimali L’EUCARISTIA 16.00 - S. Messa alla Casa Albergo (Comunicandi) 20.30 - S. Messa della Cena del Signore Adorazione eucaristica notturna in di S. Anna LA CROCE giorno di astinenza e digiuno Dalla notte Adorazione [S. Anna] 15.00 - Azione liturgica della Passione 20.30 - Cammino orante con il Cristo morto IL GRANDE SILENZIO 11.00 - Benedizione delle uova pasquali 21.00 - Solenne Veglia pasquale con celebrazione dei Battesimi

CRISTO È RISORTO! ALLELUJA! 16.30 - Canto di Vespri al tramonto del Giorno Santo

10.00 - S. Messa di apertura del chiesa di San Rocco

dell’Angelo

S. Giorgio m.

S. Caterina da Siena

Maggio

1 2 Gio 3 Ven 4 Sab 5 Dom 6 Lun 7 Mar 8 Mer 9 Gio 10 Ven 11 Sab 12 Dom 13 Lun 14 Mar

Festa dei Lavoratori Chierichetti - Festa di Clackson S. Giuseppe lav. 20.30 - Riunione Caritas [Casa della Carità]

Mer

S. Atanasio

20.30 - Messa per bimbi non nati [Guadalupe] 20.30 - Confessione genitori dei bambini della Prima Comunione 16.00 - Adorazione eucaristica e S. Messa 20.30 - CateTerzaMedia

Ss. Filippo e Giacomo App.

S. Floriano

9.30/16.30 - Ritiro bambini Prima Comunione confessioni e prove 18.00 - Catechesi 1a e 2a media PRIME COMUNIONI

3A di Pasqua

S. Giuditta m.

Inizio Settenario Madonna del Pianto 17.00 - S. Messa di ringraziamento bambini Prima Comunione [Santuario Pianto] 20.30 - Incontro con i genitori della Cresima [oratorio]

S. Flavia v.

S. Ida

Dal 23 al 25 aprile Pellegrinaggio dei Cresimandi ad Assisi 20.30 - Gruppi di ascolto del Vangelo nelle case 20.30 - Riti prebattesimali

S. Ivo v.

S. Pacomio

20.30 - Messa per bimbi non nati [Guadalupe] 20.30 - Incontro con i genitori della Prima Confessione [oratorio] 16.00 - Adorazione eucaristica e S. Messa 20.30 - CateTerzaMedia

S. Alfio

Festa della Liberazione

S. Marco evangelista 16.00 - Adorazione eucaristica e S. Messa 20.30 - CateTerzaMedia | 20.45 - CateAdo 20.30 - Incontro con i genitori BVM del Buon Consiglio della Prima Comunione [oratorio] 18.00 - Catechesi 1a e 2a media 21.00 - Elevazione musicale [convento frati]

S. Fabio

4A di Pasqua

9.30 e 14.15 - Catechesi elementari 18.00 - Catechesi 1a e 2a media 20.30 - Processione al santuario del Pianto con i bambini Prima Comunione 56A GIORNATA MONDIALE PER LE VOCAZIONI MADONNA DEL PIANTO 10.30 - S. Messa al Pianto 20.30 - Presentazione del CRE alle famiglie

S. Leopoldo

S. Zita

2A di Pasqua

In settimana visita e comunione agli ammalati

S. Giuseppe B. Cottolengo

INIZIA LA SETTIMANA SANTA 09.00 - Colazione in Oratorio per i Cresimandi DELLE PALME 10.00 - Processione delle Palme [da S. Anna]

Santo

29 30 Mar Lun

Domenica della Divina Misericordia 09.00 - Catechesi delle famiglie 11.00 - Santa Messa con celebrazione Battesimi 12.00 - Pranzo di solidarietà [oratorio]

20.30 - Gruppi di ascolto del Vangelo nelle case

S. Mattia Apostolo

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1 Il Silenzio dei giorni santi

Entriamo in quei giorni che si porta­ no pesanti nel cuore. Penso a Gesù che ha iniziato la sua vita pubblica nel silenzio del deserto, in quei quaranta giorni, e ora quel deser­ to se lo porta dentro, in solitudine. Mi ha impressionato scoprire che in quegli ultimi giorni, dopo aver risuscitato Lazzaro – e questo gli ha causato la determinazione del Sinedrio di ucciderlo – Gesù va avanti e indietro per quattro giorni consecutivi da Gerusalemme a Betania; dal Tempio, non più casa di Dio ma di intrighi, alla casa accogliente di amici carissimi. Quasi un’anima inquieta per tristi presagi, sapendo che dormire nella città santa avrebbe favorito il suo arresto, che non poteva avvenire di giorno perché la folla lo proteggeva. Anche se viene da chiedersi dov’era quella folla pochi giorni dopo! Nel cuore il deserto della prova e della tentazione, quella di mollare tutto; quella di guardare indietro. La conosceva bene questa tentazione; e avendola sperimentata, poteva parlare con autorevolezza e avvisare i fratelli: “Guai a chi mette mano all’aratro e si volta indietro”. Eppure, ripercorrere luoghi, tempi, parole e chiedersi se e dove e quando avesse sbagliato qualcosa. E mentre continua a parlare agli altri e s’accorge di questo montare di astio e di odio nei suoi confronti (certo non da parte della gente), nel cuore cerca una parola di incoraggiamento e di sostegno, ma avverte solo il silenzio del Padre. Gesù trova però riposo nella casa a Betania; anche se lì quei tre fratelli sono così diversi l’uno dalle altre: Marta è un fiume in piena, come una burrasca che fa ondeggiare e magari sconquassa le barche; Maria è un mare calmo, ama la tranquillità della casa, le chiacchierate davanti al fuoco, i colori tenui, e sa mantenere nel cuore tante cose ascoltate. Lazzaro ascolta! Anche perché con due sorelle così diverse tra loro! Certamente Gesù sarà andato ripetendosi di frequente che Pasqua non è la fine di tutto, ma l’inizio della festa. Stavano arrivando i giorni della grande Pasqua, dove tutti gli ebrei ricordavano con ricono­ scenza e gioia quanto Dio aveva fatto per i loro padri e per loro; la festa della liberazione dall’Egitto e delle promesse mantenute. Si sarà detto più volte che Pasqua è la festa di chi non ha paura della morte; ma lui aveva paura. E chis­ sà quante volte avrà chiesto al Padre “non abbandonarmi, non lasciarmi solo”; e magari anche lui qualche volta gli avrà chiesto un segno che lo confermasse in quello che stava facendo. E magari avrà chiesto scusa per questi suoi momenti di debolezza. Qualcosa di questo travaglio lo intuiamo quando, al termine di quelle tre ore di derisione e quelle tre ore di buio, sentiamo gridate forte sulla croce quelle parole: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. E Dio tace. E Gesù che aveva liberato dalle bende i piedi di Lazzaro, adesso si troverà con i piedi inchiodati; dopo aver fatto togliere il sudario a Lazzaro, questo sudario lo metteranno a lui. Ma occorrerà il buio e il silenzio del sepolcro perché avvenga anche a lui quello che lui aveva fatto con Lazzaro. Lì per entrambi, quella che era la massima solitudine e l’isolamento da ogni forma di vita, diventa l’incontro; e quello che Gesù aveva fatto con Lazzaro, il Padre lo fa con Gesù. Lo fa venir fuori. Nel silenzio dell’alba di un nuovo mattino. Ma non avrà lì nessuno ad accoglierlo nel suo passaggio alla vita. Solo, ci sarà una corsa affannosa, angosciata, di Pietro e Giovanni quel mattino. Senza una parola per condividere il timore del furto del corpo del Maestro, ma nemmeno la gioia per quella che era diventata un’evidenza. Chissà anche per noi quanti silenzi; con il rischio di tante parole a sproposito in questi giorni. Il silenzio anche a noi favorisca l’ascolto, delle persone, della Parola; l’incontro. E venga atteso e desiderato il Giorno della Gioia. Per tutti, non solo per noi. Buona Pasqua fratelli vs. dongiuseppe

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VITA DELLA CHIESA 4 febbraio 2019: un viaggio inimmaginabile fino a poco tempo fa.

Solo Dio ne sa di più Le sfide della prima volta di un Papa nella Penisola arabica

L’utilitaria scura su cui viag­gia papa Francesco sem­bra quasi essere finita per caso nel corteo di SUV bianchi, BMW nere e imponenti ca­ valli arabi montati da cavalieri in ve­sti bianche, diretto verso la resi­ denza della famiglia reale di Abu Dhabi. Colpi di cannone a salve, aerei che volteggiano lasciando dietro di sé, tra i grattacieli e il deserto, scie di fumo bianco e giallo, i colori della bandiera vaticana: comincia così uffi­cialmente, lo scorso 4 febbraio, un viaggio inimmaginabile fino a poco tempo fa. É la prima visita di un suc­cessore di Pietro nella penisola arabi­ca, la terra dove è nato l’islam e le cui città sacre, Mecca e Medina, sono ancora proibite ai non musulmani. La foto del primo incontro di Francesco, come da prassi con le au­ torità politiche, dà il senso dell’impor­tanza della missione pontificia, del coraggio del papa ad affrontare sfide nuove, ma anche dei pericoli di una possibile strumentalizzazione politica da parte dei suoi inter­ locutori, che rappresentano una componente dell’islam in guerra con tante altre. Bergoglio riceve gli onori militari tra Mohamed bin Rashid Al Maktoum, primo ministro degli Emi­rati, una federazione di 7 monarchie assolute del Golfo, e il padrone di ca­sa di Abu Dhabi, il pragmatico e am­bizioso principe, Mohamed Bin Za­yed. Gli Emirati sono alleati di ferro dell’A­ rabia Saudita: dalla tragica guerra in Yemen contro gli sciiti houti al tentativo (fallito) di rovesciare il re­gime di Assad in Siria, dall’embargo decretato contro il Qatar e la sua po­litica di appoggio ai Fratelli musul­ mani, alla copertura dell’omicidio del giornalista dissidente saudita Kashoggi. Abu Dhabi non è una meta neu­trale nei conflitti che scuotono il Gol­fo, tra sciiti e sunniti e tra gli stessi sunniti. Gli Emirati però, a differenza della confinante monarchia dei Saud, sono legati a nessuna delle cor­ renti più radicali e intolle­ranti dell’islam; e l’enorme numero di immi­ grati arrivati negli ultimi decenni ha con­vinto le autorità locali ad aprire luo­ghi di culto per le differenti comuni­tà, tra cui già 9 chiese cattoliche. Il principe ereditario di Abu Dha­bi, in chiave anti-Qatar, promuove l’i­ slam moderato (e «rispettoso» del potere politico) guidato dall’imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb, una delle figure più prestigiose nel mon­ do sunnita, oltre che amico fraterno di papa Francesco. Al-Tayyeb è il presi­dente del Consiglio degli anziani, un’assemblea di saggi musul­ mani arabi, con sede a Abu Dhabi, che persegue il dialogo religioso, attraver­so anche grandi incontri con le altre fedi come quello a cui è stato invitato papa Francesco quest’anno.

Tenuti per mano

Il primo impegno religioso del pa­pa nella penisola arabica è l’incontro privato con il Consiglio degli anziani nella moschea Sheikh Zayed, la più grande del mondo, un tripudio di marmi pregiati e vetrate di

Papa Francesco arriva nel palazzo presidenziale di Abu Dhabi accolto dal principe ereditario Mohammed bin Zayed al-Nahyan

Murano. Racconta Francesco, nella conferen­za stampa a fine visita, che sono in­tervenuti religiosi di diverse correnti sunnite e anche uno sciita arabo. Il secondo appuntamento è l’in­ tervento a un incontro interreligioso cui partecipano 700 leader spirituali da tutto il mondo, compresi rabbini americani ed europei. Francesco e l’i­mam di Al-Azhar giungono a pie­ di, tenuti per mano, uno per parte, dal primo ministro emiratino, quasi a simboleggiare la centralità che il po­tere politico pretende di avere sulle religioni. Una volta sul palco, però, Francesco non esita a pren­ dere di petto i temi più caldi, parlan­ do in ita­liano, la lingua del vescovo di Roma. Le religioni, dice il papa, quando ormai è calata la notte e anche l’ulti­ma striscia di rosso intenso è scom­ parsa dall’orizzonte, hanno un com­ pito «non più rimandabile: contribui­ re attivamente a smilita­ rizzare il cuo­re dell’uomo. La corsa agli arma­ menti, l’estensione delle proprie zone d’influenza, le politiche aggressive a discapito degli altri non porteranno mai stabilità. La guerra non sa creare altro che miseria, le armi nient’altro che morte!».


INCONTRI DI PACE

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Firma del Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune

«La fratellanza umana — conti­ nua — esige da noi, rappresentanti delle religioni, il dovere di bandi­ re ogni sfumatura d’approvazione dalla pa­ rola guerra. Restituiamola alla sua miserevole crudezza. Sot­ to i nostri occhi sono le sue nefaste conseguen­ze. Penso in particolare allo Yemen, alla Siria, all’Iraq e alla Libia». Il papa lancia una seconda stocca­ ta, invocando «il riconoscimento pie­no dell’altro e della sua libertà» e il conseguente impegno affinché «i suoi diritti fondamentali siano affermati sempre, ovunque e da chiunque». «Perché senza libertà — spiega - non si è più figli della famiglia umana, ma schiavi». Tra le libertà, Francesco sottolinea quella religiosa: «Essa non si limi­ ta alla sola libertà di culto, ma vede nell’altro veramente un fratello, un figlio della mia stessa umanità che Dio lascia libero e che pertanto nes­ suna istituzione umana può forzare, nemmeno in nome suo». Anche l’imam di Al-Azhar, rivol­ gendosi direttamente ai cristiani, af­ ferma: «Voi siete parte delle nostre nazioni. Voi siete cittadini, non una minoranza».

Il documento congiunto

A sorpresa, poi, il papa e l’imam firmano un documento scritto a quat­ tro mani, che denuncia la strumentalizzazione delle religioni a fini di guerra, d’oppressione e d’ingiusti­zia e che chiede un impegno uni­ tario per la pace e la fratellanza umana. È una dichiarazione scritta nel nome di Dio ma anche nel nome dei pove­ri, degli oppressi, «degli orfani, delle vedove, e di tutte le vittime della guerra». Durante il volo verso Roma, un giornalista chiede al papa se non si senta strumentalizzato dai musulma­ni. Francesco esclama con iro­ nia: «Ma non solo dai musulmani! Mi ac­cusano di farmi strumentaliz­ zare da tutti!». Poi, però, con tono serio aggiunge che il documento firmato insieme all’imam «è stato fatto nello spirito del Vaticano II». «Se qualcuno si sen­te a disagio aggiunge io lo capisco, non è una cosa di tutti i giorni, e non è un passo indietro, è un passo avanti, ma un passo avanti che viene dopo 50 anni, dal Concilio che deve svilup­parsi. Gli storici dico­ no che perché un Concilio metta radici nella Chiesa ci vogliono 100 anni. Siamo a metà strada». «È un processo, e i processi matu­rano, come i fiori e la frutta», conclu­ de il papa. Del resto, quando san Francesco, nell’estate del 1219, si allontanò dalle fila della V Crociata e in Egitto riuscì a raggiungere l’accampa­ mento del «nemico», il sultano Al Maliki, per parlare di pace e di fede con lui, molti si chiesero perché lo avesse fatto e non mancarono critiche. Cosa real­mente si dissero rimane ancor oggi un mistero. Sta di fatto che, nono­stante il disastro delle crociate, la Chiesa di Roma poté tornare, attra­verso i francescani, ad avere una pre­senza in Terra Santa. Ottocento anni dopo, papa Fran­cesco si è presentato, ad Abu Dhabi, davanti ai «sultani» del XXI secolo. Come ha suggerito lui stesso, ci vorrà del tempo per vedere i frutti. Di que­ste cose, come recita un adagio ara­bo, «solo Dio ne sa di più». Elisa Pinna

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VITA DELLA CHIESA

“Cristo vive”

Presentazione dell’Esortazione Apostolica post-sinodale di Papa Francesco dedicata ai giovani «1. Cristo vive. Egli è la nostra speranza e la più bella giovinezza di questo mondo. Tutto ciò che Lui tocca diventa giovane, diventa nuo­ vo, si riempie di vita. Perciò, le prime parole che voglio rivolgere a ciascun giovane cristiano sono: Lui vive e ti vuole vivo! 2. Lui è in te, Lui è con te e non se ne va mai. Per quanto tu ti possa allontanare, accanto a te c’è il Risorto, che ti chiama e ti aspetta per ricominciare. Quando ti senti vecchio per la tristezza, i rancori, le pau­ re, i dubbi o i fallimenti, Lui sarà lì per ridarti la forza e la speranza. 3. A tutti i giovani cristiani scrivo con affetto questa Esortazione apo­ stolica, vale a dire una lettera che richiama alcune convinzioni della nostra fede e, nello stesso tempo, incoraggia a crescere nella santità e nell’impegno per la propria vocazione. Tuttavia, dato che si tratta di una pietra miliare nell’ambito di un cammino sinodale, mi rivolgo con­ temporaneamente a tutto il Popolo di Dio, ai pastori e ai fedeli, perché la riflessione sui giovani e per i giovani interpella e stimola tutti noi». FRANCESCO

DALL’INTERVENTO DEL DOTT. PAOLO RUFFINI

I giovani, a cui l’Esortazione è rivolta in primo luogo, sono figli della società della comunicazione; e abitanti di un tempo che è segnato spesso, invece, dall’incomunicabilità. La prima cosa che vorrei dire è che questa Esortazione testimonia la verità - anche comunicativa -del cammino sinodale della Chiesa. Come si può leggere al numero 37, la Chiesa può sempre cadere nella tentazione di perdere l’entusiasmo. Ma sono i giovani che possono aiutarla a rimanere giovane, a non cadere nella corruzione, a non fermarsi, a non inorgoglirsi, a non trasformarsi in una setta, ad essere più povera e capace di testimonianza, a stare vicino agli ultimi e agli scartati, a lottare per la giustizia e a lasciarsi interpellare con umiltà (ChV 37) Essere veri è il modo migliore per comunicare la verità di quel che si testimonia. Questa è la reazione alle difficoltà di una Chiesa che si mantiene giovane, che si lascia interrogare e stimolare dalla sensibilità dei giovani (ChV 42). Di una Chiesa che non è elitaria, ma popolare. Che non riduce il Vangelo a una proposta insipida, incomprensibile, lontana. Ma accetta di essere “popolare” (ChV 235-6); e innesta così un processo lento, rispettoso, paziente, fiducioso, instancabile, compassionevole (ChV 236). I giovani comunicano la vitalità della Chiesa. “Non possiamo essere una Chiesa che non piange di fronte ai drammi dei suoi figli giovani. Non dobbiamo mai farci l’abitudine, perché chi non sa piangere non è madre” (ChV 75) Piangere vuol dire soffrire con. Patire con. Provare compassione. La compassione è un passaggio obbligato, un momento centrale per comunicare veramente. Patire con è il contrario esatto del correre subito a conclusioni che dividono noi dagli altri. Piangere significa accompagnare. I padri sinodali e Francesco hanno riassunto tutto questo con una icona: l’episodio evangelico dei discepoli di Emmaus.

C’è in questa pagina del Vangelo tutto il mistero dell’incarnazione. E c’è il racconto anche del nostro tempo; fatto di scontri nei quali nessuno ascolta, di dispute in cui sembra vincere chi grida di più; di certezze fragili; di divisioni artefatte; di identità fondate sulla costruzione di un nemico; di riflessi pronti e riflessioni lente. Di qui per esempio anche l’esortazione: “Chiedo in particolare ai giovani di non cadere nelle reti di coloro che vogliono metterli contro altri giovani che arrivano nei loro Paesi, descrivendoli come soggetti pericolosi e come se non avessero la stessa inalienabile dignità di ogni essere umano (ChV 94)”. Questi circuiti chiusi facilitano la diffusione di informazioni e notizie false, fomentando pregiudizi e odio. La proliferazione dellefake newsè espressione di una cultura che ha smarrito il senso della verità e piega i fatti a interessi particolari. La reputazione delle persone è messa a repentaglio tramite processi sommari on line. Il fenomeno riguarda anche la Chiesa e i suoi


PAPA LA CET FRANCESCO 3 5

Il prossimo Giovedì santo il Papa indosserà il grembiule donato da Francois Ayim della Missione speranza e carità

pastori (ChV 89)». A tutto questo il Papa contrappone un modo diverso di vivere non solo la rete, ma tutti i linguaggi. Anche quello del silenzio, della contemplazione. L’arte, la musica, lo sport. La carità, l’impegno sociale. La politica. Rovesciando la prospettiva. Riconnettendo reale e virtuale. Privilegiando «il linguaggio della vicinanza, il linguaggio dell’amore disinteressato, relazionale, esistenziale, che tocca il cuore» (ChV 211) Fino a un vero e proprio appello: Cari giovani, voi non avete prezzo! Non siete pezzi da vendere all’asta! Per favore, non lasciatevi comprare, non lasciatevi sedurre, non lasciatevi schiavizzare dalle colonizzazioni ideologiche …dovete sempre ripetervelo: non sono all’asta, non ho prezzo. Sono libero! Innamoratevi di questa libertà, che è quella che offre Gesù (ChV 122)». Il cristianesimo è una Persona che mi ha amato così tanto da reclamare il mio amore. Il cristianesimo è Cristo”. E Cristo è vivo.

“Tu lavi i piedi a me?” è la scritta ricamata su un grembiule regalato da Francois Ayim della Missione speranza e carità a Papa Francesco al termine dell’udienza generale del 27 marzo a piazza San Pietro. Sono intervenuti da Palermo quasi due­ cento pellegrini guidati dall’arcivescovo, mons. Corrado Lore­ fice. Hanno restituito la visita del Santo Padre Francesco dello scorso 15 settembre, nella ricorrenza del XXV anniversario del martirio di don Pino Puglisi. In quella circostanza Francois ave­ va espresso al Papa il desiderio di andare a Roma a visitare i luoghi della Fede. “Il Santo Padre, ricevuto il dono – racconta mons. Lorefice -, ha promesso a Francois che indosserà il grembiule in occasione della messa in ‘Coena Domini’ del prossimo Giovedì santo”. Tra i doni offerti a Papa Francesco anche una piccola croce copia di quella che campeggiava sopra il palco di piazza Poli­ teama in occasione della visita del Papa a Palermo, opera del maestro Elia Li Gioi, realizzata con il legno dei barconi degli immigrati che approdano sulle nostre coste. (Agensir)

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VITA DELLA CHIESA Il cardinale Hummes:

«Da Terra e poveri un solo grido»

«Senza l’Amazzonia il mondo non sopravviverà, ci giochiamo il futuro». E sul prossimo Sinodo: difesa di Creato ed evangelizzazione dei popoli indigeni aspetti interconnessi. Il cardinale Cláudio Hummes è il presidente della Rete ecclesiale panamazzonica (Repam), che sta coordinando il cammino verso l’evento ecclesiale dell’ottobre prossimo «Per la Chiesa è un banco di prova davvero importante» / Siciliani «L’Amazzonia riguarda tutti: lì in gioco il futuro del pianeta e dell’umanità. Senza l’Amazzonia il mondo non sopravviverà. Mai come oggi i popoli originari amazzonici e tutto il loro territorio sono così gravemente minacciati». Il cardinale Claudio Hummes, presidente della Rete ecclesiale panamazzonica (Repam), ha denunciato con forza il neo-colonialismo feroce e predatorio che invade e distrugge questo patrimonio di biodiversità ed espelle e massacra i suoi popoli. Mentre si svolge a Washington l’incontro alla Georgetown University, il cardinale brasiliano ha voluto spiegare ad «Avvenire » anche perché l’Amazzonia è un test decisivo per la Chiesa. Lei è stato vescovo di San Paolo che è lontano dall’Amazzonia. Come ha finito per occuparsene? La Laudato si’ mi ha cambiato molto l’orizzonte delle cose. Mi ha aperto gli occhi a una visione nuova. Anche sulle responsabilità della Chiesa per la cura della casa comune, per la salvaguardia di tutta la creazione a partire dalla fede, da Gesù Cristo. La Chiesa ha il dovere di curare l’ambiente, come una ma- dre il suo bambino. Ma la sveglia in questo senso era però partita da prima. Quando? Ad Aparecida l’allora arcivescovo Bergoglio mi disse che era rimasto impressionato da come i vescovi brasiliani della regione amazzonica parlavano delle sfide della Chiesa in quel grave contesto, e questo lo aveva risvegliato su ciò che significava l’Amazzonia. Quando, poi, nel 2013 venne a Rio de Janeiro per la Gmg, nel discorso ai vescovi brasiliani, disse che l’Amazzonia rappresentava un test decisivo per la Chiesa. Che vuol dire che è un test decisivo per la Chiesa? Vuol dire che non possiamo perdere l’Amazzonia, non possiamo sbagliare lì come Chiesa. È un banco di prova. È necessario che formi un clero autoctono e sia coraggiosa nel trovare nuove condizioni per avere un volto amazzonico. Che prenda insomma decisamente l’impegno di avviare un processo di conversione missionaria e pastorale, incarnata e inculturata nelle culture della regione, quindi interculturale, dato che nel territorio convivono molte culture diverse. Due temi quindi sono in agenda al Sinodo: ecologia e presenza della Chiesa nella regione… Non sono due, è uno solo! Tra noi e la natura non esiste separazione. Tutto è interconnesso. Il grido della natura e il grido dei poveri sono il medesimo unico grido. Non esistono perciò

due crisi separate: una sociale e una ambientale, c’è una sola unica e complessa crisi socioambientale. Di conseguenza non si può separare la cura dei poveri dalla cura della casa comune. Le soluzioni richiedono pertanto un approccio integrale per contrastare la povertà, per restituire dignità agli esclusi e, simultaneamente, prendersi cura della natura. Qual è insomma l’obiettivo principale del Sinodo? L’evangelizzazione incarnata nella cultura dei popoli indigeni in una prospettiva di ecologia integrale. Il Sinodo per l’Amazzonia promuoverà l’inculturazione della fede cristiana nelle culture dei popoli indigeni del territorio perché dobbiamo riconoscere che finora si è fatto poco in questo senso. Dopo 400 anni di evangelizzazione non siamo riusciti lì a far nascere una Chiesa inculturata. Finora la Chiesa ha difeso i diritti umani degli indios, ma noi dobbiamo fare un passo avanti, dobbiamo andare verso una Chiesa indigena: aiutare cioè la nascita di una chiesa che esprima pienamente la fede nella sua cultura, nella sua propria identità, e per questo saranno gli indios gli interlocutori privilegiati. La Chiesa universale sarà così chiamata a confrontarsi sulla diversità e la necessità dell’inculturazione… La Chiesa non può essere uguale dappertutto. Il Papa ha parlato della necessità dell’inculturazione nelle diverse culture locali: ‘Anche Cristo si è incarnato in una cultura, l’ebraismo, e, a partire da esso, Egli offrì se stesso come novità a tutti i popoli’. Nella storia della Chiesa, il cristianesimo non dispone di un unico modello culturale. Nell’inculturazione la Chiesa introduce i popoli con le loro culture nella sua stessa comunità, perché i valori e le forme positivi che ogni cultura propone arricchiscono la maniera in cui il Vangelo è annunciato, compreso e vissuto. Una cultura sola non è capace di mostrarci tutta la ricchezza di Cristo e del suo messaggio. Ma da un Sinodo come può nascere una Chiesa indigena? Una Chiesa indigena non si fa per decreto. E certo neppure con un Sinodo. Ma questo può aprire il cammino ad un processo verso una Chiesa finalmente inculturata. Verranno quindi ripensati anche i ministeri… Il punto è come essere a servizio di quella comunità. I ministeri debbono certamente essere pensati a partire da quella comunità specifica, dalla sua cultura, dalla sua identità, dalla sua storia. Se parliamo di una Chiesa che deve inculturarsi, anche i suoi ministeri devono inculturarsi. Non si può impiantare da fuori senza che passi dentro il processo di inculturazione. Nel Sinodo si discuterà perciò di questo per il contesto specifico dell’Amazzonia. Non è un Sinodo per ridiscutere i ministeri nella Chiesa. Cosa spera da questo Sinodo? Voglia il Cielo che una tale conversione missionaria e pastorale sia realizzata dalla Chiesa nel mondo intero. Il processo che il Sinodo per l’Amazzonia può mettere in moto in questa prospettiva potrà aiutare la Chiesa intera a calarsi in ogni realtà, rispettando e valorizzando la ricchezza della diversità e delle peculiarità culturali di ciascun popolo e allo stesso tempo ad assumersi la responsabilità di accorrere al grido dei poveri come a quello della casa comune, prendendosene cura perché tutto è insieme e interdipendente. Solo così la Chiesa compie la sua missione universale. La grandezza di questo Sinodo sta tutta qui. Stefania Falasca su Avvenire di giovedì 21 marzo 2019


EDUCAZIONE

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IL TEMPO È SUPERIORE ALLO SPAZIO Il tempo scuola è fondamen­ tale, è la principale risorsa da sfruttare per l’insegnamentoapprendimento. Il lavoro più pre­ zioso per insegnare a pensare è quello d’aula, la lezione, purché il docente sia capace di ascolto, di sintonizzarsi sulla stessa lun­ ghezza d’onda dei suoi studenti, di guardarli negli occhi appena arriva in classe, per accorger­ si “dove sono”, nel “qui ed ora” della loro storia esistenziale, del loro cammino. Allora la lezione diviene un in­ contro, un incontro e una relazio­ ne che responsabilizza. Papa Francesco, Amoris Laeti­ tia, Capitolo settimo: Rafforzare l’educazione dei figli Dove sono i figli? (260 ss.) [...]Pertanto il grande interrogati­ vo non è dove si trova fisicamen­ te il figlio, con chi sta in questo momento, ma dove si trova in un senso esistenziale, dove sta po­ sizionato dal punto di vista delle sue convinzioni, dei suoi obiettivi, dei suoi desideri, del suo proget­ to di vita. Per questo le domande che faccio ai genitori sono: «Cer­ chiamo di capire “dove” i figli ve­ ramente sono nel loro cammino? Dov’è realmente la loro anima, lo sappiamo? E soprattutto: lo vo­ gliamo sapere?». Ancora una volta è la relazione educativa che va messa al cen­ tro, prima ancora della didattica, purché il docente sia disposto a mettersi in gioco senza riserve, a “combattere a mani nude” (Eral­ do Affinati). Ma questo comporta aver maturato la piena consape­ volezza della nostra vocazione e della nostra competenza peda­ gogica. La questione del riscontro di ciò che gli studenti hanno imparato non si esaurisce semplicemente

nell’assegnare un voto, anche perché è difficile che i nostri stu­ denti non riescano a raggiunge­ re la sufficienza se siamo pronti a riconoscere ciò che c’è, e non solo ciò che manca, il positivo prima del negativo. Se i risultati di una verifica sono in maggioranza insufficienti, chiediamoci cosa non ha funzio­ nato, cosa potremmo rivedere, e non tanto, iniziando le solite re­ criminazioni, se siamo stati trop­ po severi o troppo buoni, oppure che gli studenti non hanno voglia di studiare, non si impegnano, non hanno capito nulla; cerchia­ mo un’altra via... Vengono in mente le parole di Quintiliano, il professore del I secolo dopo Cristo che anticipa concetti ripresi solamente molto tempo dopo dalla moderna pe­ dagogia: «nei fanciulli splende la speranza di moltissimi successi e se questa viene meno con l’e­ tà è chiaro che non è mancata la natura ma la cura degli inse­ gnanti».1 In altre parole, davan­ ti agli insuccessi degli alunni la responsabilità è della mancata o errata educazione.

Se anticipiamo esplicitamente le richieste della verifica, cioè quel­ lo che vorremmo che gli studenti imparassero al termine della le­ zione, allora la verifica finirà con l’essere solamente un “passag­ gio formale” di cui deve rimanere traccia, che va fatto ma che non è “la prova” decisiva. Nel corso della lezione, se pro­ poniamo i contenuti della nostra spiegazione in modo problema­ tico, capace cioè di interrogare i vissuti dei nostri studenti, rife­ rendoci – perché no – anche alla nostra esperienza personale e ai nostri vissuti, raccoglieremo una messe di riscontri utili per una valutazione che non sia il semplice voto numerico. E così avremo risolto anche il problema della mancanza di voti alla fine del quadrimestre. Enzo Noris 1. Quintiliano, Institutio Oratoria, I, 1: «in pueris elucet spes plurimorum: quae cum emoritur aetate, manifestum est non naturam defecisse sed curam». In: http://www. thelatinlibrary.com/quintilian/quintilian.institutio1.shtml

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ESPERIENZE EDUCATIVE - SCOUT

Caccia dei consigli d’Akela Pronti, partenza, via! È una lunga trasferta quella del branco delle montagne grigie. Destinazione: Liguria, più precisamente Arma di Taggia. Il sedici e diciassette Marzo sono stati giorni intensi, ricchi di emozioni, che hanno vi­ sto il consiglio di Akela (i lupetti di quinta elementare) partecipa­ re alla tanto attesa caccia dei consigli di Akela. Ogni anno, infatti, un fine setti­ mana viene dedicato al ritrovo di tutti i lupetti dei consigli di Ake­ la di tutto il distretto Nord-Ovest (Lombardia, Piemonte e Liguria). Ogni gruppo, a turno, ospita l’e­ vento e quest’anno è toccato ad Arma di Taggia. I lupetti hanno accolto con entusiasmo l’idea del viaggio e si sono trovati a vivere una fantastica caccia nel bellis­ simo paesaggio ligure, circondati

dalle montagne e accarezzati dal mare. Appena arrivati, abbiamo sistemato i nostri zaini e ci siamo fiondati subito sul lungo mare. Abbiamo avuto un momento solo per noi e, dopo un gelato gustato con gioia, ci siamo diretti in oratorio per iniziare le attività con tutti gli altri circa 150 lupetti e vecchi lupi. Dopo l’apertura uf­ ficiale, i lupetti sono stati divisi in squadre in maniera giocosa e ha avuto inizio l’attività di mani abi­ li. I bambini hanno realizzato un piccolo modellino di macchina con palloncino come meccani­ smo motore, si sono sfidati in un grande torneo e si sono ridivisi nei branchi di appartenenza per la cena. Prima di andare a letto, hanno avuto luogo i “cerchi sera­ li”, dove, oltre che ballare, ride­ re e scherzare ogni consiglio di

Akela ha messo in scena una pic­ cola recita preparata per tempo. La domenica sveglia alle set­ te, colazione e S. Messa con il Vescovo! Subito dopo, i lupetti si sono recati in spiaggia per le attività a tappe. I bambini, divisi a squadre hanno dovuto sostenere diverse prove tenute dai capi. Tra queste ricordiamo le prove sui nodi, conoscenza na­ tura, mimo, costruzione di una bussola, segnalazione morse, orientamento con bussola e tan­ to altro ancora. Il tutto seguito da un buon pranzo e un pomeriggio ricco di giochi e attività. Infine, la chiusura ufficiale con ammaina bandiera e, verso le sedici, par­ tenza in pullman. Un’esperien­ za notevole, conclusa con i volti stanchi, ma felici dei bambini. Akela


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Volo dei consigli dell’arcobaleno Sabato 16 e domenica 17 marzo ci siamo recati a Busnago per trascorrere un’uscita insieme ai Consigli dell’Arcobaleno di tutto il nostro distretto (nordovest d’Italia). Il Consiglio dell’Arcobaleno, abbreviato in CdA, è formato dalle coccinelle più grandi, cioè quelle di quinta elementare, che insieme svolgono delle attività aggiuntive durante tutto l’anno. Le coccinelle di Albino, insieme a quelle di numerosi altri paesi, hanno affrontato il tema “Donare mi dona” per riuscire a comprendere che loro stesse sono un dono e che, attraverso le loro caratteristiche, possono diventare dono per le persone che gli sono accanto. Le bambine hanno sperimentato tutto questo con numerosi giochi e lavoretti che le hanno tenute in movimento du-

rante le due giornate. Hanno vissuto anche un momento serale, chiamato lanterna, dove, dopo alcuni bans, si sono scambiate i pezzi di un cuore fatto di carta crespa come simbolo della bellezza del mettersi al servizio degli altri attraverso le proprie qualità. Tutto questo in un clima di sorellanza che ha accompagnato queste giornate e che ha permesso alle coccinelle di conoscere anche bambine di altre città, di confrontarsi con loro e di fare nuove amicizie. L’emozione e la voglia di vivere quest’esperienza erano forti tanto che, durante la notte, non tutte le coccinelle sono riuscite a dormire per l’agitazione e la voglia di non sprecare nemmeno un attimo insieme. Noi capo speriamo che, attraverso le attività svolte, le coccinelle siano riuscite

a comprendere e fare proprio il ritornello della canzone che ci ha accompagnato durante l’uscita e che canta: “Sai che donare mi dona gioia con ogni persona, certo donare mi dona la gioia dentro il mio cuor”. Buon volo!! Airone Affidabile

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VITA PARROCCHIALE

Convegno Missionario Diocesano per ragazzi Il 17 marzo alcune ragazze di quinta elementare insieme alle catechiste hanno partecipato al “16° convegno missionario dio­ cesano per ragazzi”, che si è tenuto a Bergamo; il tema con­ duttore è stato “LA MUSICA SI FA: la sinfonia della missione, musica e fede uniti insieme”. È stata un’esperienza intensa e coinvolgente per le ragazze dell’oratorio di Albino e per le ca­ techiste che le hanno accompa­ gnate. Circa 1500 bambini pro­ venienti da tutta la provincia si sono ritrovati in varie sedi. Noi di Albino ci siamo incontrati con al­ tri oratori presso la scuola Capi­ tanio, mentre i più grandi si sono incontrati con il vescovo Beschi presso l’istituto Palazzolo per il convegno degli adulti. All’arrivo ad ogni ragazzo è stata conse­ gnata una sciarpa colorata, ros­ sa, gialla, verde, blu o bianca, per rappresentare i 5 continenti. Dopo la presentazione dei vari gruppi e un gioco musicale ini­ ziale con balli che provenivano da ogni parte del mondo latino americani, africani, francesi… ci siamo incamminati gioiosamente verso la basilica di S. Alessandro in Colonna accompagnati dalla

banda e dagli alpini. Il gruppo di ciascun oratorio sventolava il proprio coloratissi­ mo slogan. Alla marcia ha partecipato anche il vescovo di Bergamo, monsignor Francesco Beschi, che ha an­ che presieduto la Santa Messa. Una partecipazione molto inten­ sa, stimolante e coloratissima; la Messa è stata animata da canti molto trascinanti e movimentati; si è creata una coreografia molto scenografica grazie alle sciarpe dei ragazzi ed alle stole dei sa­ cerdoti a stampa batik. Durante l’omelia il vescovo ha parlato della gioia di essere cri­ stiani e di come la musica possa unire tante religioni. Terminata la Messa ad ogni ra­ gazzo è stato consegnato un pic­ colo strumento simile ad flauto costruito con legno colorato. Successivamente siamo rien­ trati con un gioioso corteo nella sede che ci era stata assegnata al mattino, dove abbiamo consu­ mato il pranzo al sacco. Nel pomeriggio c’è stato un altro momento di gioco di gruppo e di animazione, dove i ragazzi con l’aiuto degli adulti hanno costrui­ to degli strumenti musicali tra cui

un tamburo e delle maracas con piatti e bicchieri di plastica, sale, bastoncini di bambù, che insie­ me alla gomma di pane diventa­ vano strumenti per percussioni. È stato veramente interessante, ci siamo divertiti e abbiamo avu­ to la possibilità di condividere le nostre emozioni attraverso la creatività. Alle 16 circa ci siamo spostati sempre con un allegro e colora­ tissimo corteo presso l’oratorio dell’Immacolata che si trova vici­ no all’istituto Palazzolo. dove c’è stato il saluto finale con gli altri ragazzi dei vari oratori, infine sia­ mo tornati a piedi alla stazione del tram, un po’ stanchi ma felici di aver trascorso questa splendi­ da giornata di preghiera, gioia e condivisione. Vogliamo ringraziare vivamente tutte quelle persone che han­ no permesso lo svolgimento di questa fantastica giornata; la musica è davvero un linguaggio universale che unisce molte tra­ dizioni e culture, mostrandone la bellezza. Le bambine di 5a e le catechiste


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Libio Milanese proposto alla Regione Lombardia per un riconoscimento

La Giunta comunale, nella sua riunione di lunedì 25 marzo ha deciso di proporre alla Regione Lombardia per il Premio Rosa Camuna 2019, che riconosce pubblicamente coloro che si sono distinti nel contribuire alla crescita della Lombardia, la candidatura di Libio Milanese (nato il 21 luglio 1912 e morto il 16 giugno 1984). L’anno scorso il premio fu assegnato, fra altri, all’ing. Silvio Albini (alla memoria), nel 2017 anche a Ermanno Olmi. Questa proposta in Giunta, poi approvata all’unanimità, è stata di un assessore il cui zio era amico del Libio e che lo ricorda come uno che ha fatto tanto bene per Albino. Il curriculum vitae che accompagna la proposta, nelle venti righe prescritte dal regolamento lombardo, così sintetizza la vita del Libio: «Cresciuto alla ‘scuola’ spirituale del sagrista Luigi Nespoli “Bigio Galì” e nell’oratorio di don Cristoforo Rossi, che conobbe sacerdote resosi povero per i suoi giovani, Libio Milanese, dopo la seconda guerra mondiale, celibe, definisce la vocazione della sua vita: si impegna con decisione definitiva a dedicare tutta la sua vita all’oratorio di Albino in spirito di verginità, povertà e con disponibilità totale. Si mette a disposizione del nuovo giovane direttore don Domenico Gianati, di cui diviene il primo amico. Partecipa alla vita della GIAC, è “maestro di dottrina”, è sostegno, con garbo e disponibilità, a tutte le attività dell’oratorio e per tutte le ore di ogni giornata, quello che apre l’oratorio e lo chiude alla sera. Quando nel 1955-1958 si riprogetta l’edificio è il primo ma-

novale e sostenitore economico: il guadagno del negozio di ferramenta, che poteva dargli agiatezza, era per l’oratorio e i bisognosi della parrocchia, in cui fa parte delle Conferenze di San Vincenzo, discreto, ma presente al massimo. La sua attenzione ai poveri non è chiusa all’ambito parrocchiale, ma aperta alla Chiesa nel mondo e al “Terzo Mondo”. I poveri e la povertà furono valori perenni per lui, valori oggi per pochi. Cinquant’anni di pubblico servizio, anche con gli altri direttori dell’oratorio succedutisi. Sulla sua tomba si volle la lapide con la frase del vangelo di Marco: «Se uno vuol essere grande, sia vostro servo». La lapide posta per lui nell’ingresso dell’attuale oratorio Giovanni XXIII, offerta di un modello anche alle nuove giovani generazioni albinesi, afferma: «Tutta una vita per l’oratorio». Il vescovo mons. Roberto Amadei, in visita ad Albino lo definì “un santo locale”».

Diventiamo prossimo La Caritas Parrocchiale ripropone l’iniziativa del fondo di solidarietà “Diventiamo prossimo” per sostenere e accompagnare le famiglie in difficoltà economica. MODALITÀ PER CONTRIBUIRE

 Autotassazione mensile: si stabilisce una cifra che viene versata mensilmente per il periodo indicato  Presso il Centro di Primo Ascolto alla Casa della Carità in piazza San Giuliano 5 al mercoledì dalle 20,45 alle 22  Con bonifico bancario tramite il Credito Bergamasco Agenzia di Albino Iban: IT 79 Z 05034 52480 000000010735 c/c intestato Parrocchia San Giuliano, Conto Caritas indicando la causale: FONDO DI SOLIDARIETÀ DIVENTIAMO PROSSIMO  Con libere offerte anche utilizzando la cassetta all’entrata della chiesa parrocchiale

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ORATORIO CRE 2019

“Bella storia!” UN’ESTATE PER FARE STORIA, E STORIE Bella l’estate, belle le vacanze, bello questo tempo insieme, da vivere e da inventare. Un tempo della storia che ognuno di noi è, della storia che possiamo costruire insieme, che vogliamo e possiamo riconoscere come nostra; e quindi farla, e raccontarla. Nel gesto meraviglioso, riconoscente, generoso e consapevole, di ricevere, portare, passare la fiaccola accesa della vita. Mettiamoci all’opera, allora, nuovamente, in questa storia della vita che è nascere, crescere, avere desideri, fare progetti, realizzarli, fare realtà. Lo speriamo per noi tutti: per i più piccoli, per gli adolescenti che si spenderanno come animatori, per i coordinatori e per noi tutta comunità adulta. Ci vediamo al CRE! PROGRAMMA 4 settimane dal 17 giugno al 12 luglio 2019 da lunedì a venerdì: ELEMENTARI _ 9.00-17.00 MEDIE _ 14.00-18.30 (*) * per i ragazzi delle medie c’è la possibilità dell’interna giornata 6 coordinatori (2 per ogni fascia d’età: 1-2-3 elementare | 4-5 elementare | medie) animatori volontari

COSTI D’ISCRIZIONE E FACILITAZIONI

Ogni settimana una gita e una piscina Attività educative di diverso tipo: grandi accoglienze, laboratori, animazione, tornei, storia e tante altre da scoprire. La preghiera: sempre presente un momento di preghiera durante ogni giorno. ISEE - tempo pieno elementari (o facoltativo medie) dalle 9.00 alle 17.00 e tempo pieno medie dalle 9.00 alle 18.30 1A Fascia 2A Fascia 3A Fascia 4A Fascia 5A Fascia

da 0,00 € a 6.000,00 € da 6.000,01 € a 10.000,00 € da 10.000,01 € a15.000,00 € da 15.000,01 € a 22.000,00 € da 22.000,01 € in poi

€. 25.00 / settimana €. 35.00 / settimana €. 40.00 / settimana €. 50.00 / settimana €. 55.00 / settimana

ISEE - tempo pomeridiano medie | dalle 14.00 alle 18.30 1A Fascia 2A Fascia 3A Fascia 4A Fascia 5A Fascia

da 0,00 € a 6.000,00 € da 6.000,01 € a 10.000,00 € da 10.000,01 € a15.000,00 € da 15.000,01 € a 22.000,00 € da 22.000,01 € in poi

€. 20.00 / settimana €. 25.00 / settimana €. 30.00 / settimana €. 40.00 / settimana €. 45.00 / settimana

Sono previste riduzioni per la partecipazione di più fratelli: nella misura di € 5,00 a settimana per 2 fratelli e € 10,00 a settimana per 3 o più fratelli. La retta verrà calcolata sulla base della certificazione ISEE (redditi 2018) da presentare all’atto dell’iscrizione. La mancanza dell’SEE (redditi 2018) comporta l’applicazione della retta massima. La presentazione dell’UNICO comporta l’applicazione della retta massima. INFO UTILI CONTATTI 035.751288 - oratorioalbino@gmail.com

estate 2019 FESTA DELL’ORATORIO june edition 6-7-8-9 giugno CRE 2019 17 giugno - 12 luglio CAMPO 4a-5a ELEMENTARE 14-17 luglio @ Colere CAMPO 1a-2a-3a MEDIA 25-30 luglio @ Ponte di Legno CAMPO ADO 1-6 agosto @ mare e città MINI-VACANZA FAMIGLIE 8-11 agosto @ casa in autogestione sulle montagne bergamasche FESTA DELL’ORATORIO 30 settembre - 8 settembre


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FRA IL MARZO E IL GIUGNO DELLA VITA Appunti a margine di un incontro

Domenica 31 marzo in Seminario preti e coordinatori sono stati convocati per la presentazione del CRE 2019: il tema, la proposta, i materiali. Serata “da grandi” in cui provare a raccontare qualcosa di più a riguardo dell’ordito che sta dentro e sotto il CRE. Sul palco, a metà della serata, ecco apparire il prof. Raffaele Mantegazza. A lui è consegnato il compito di riprendere alcuni passaggi più pedagogici a riguardo del tema del CRE. E lui il suo pezzo lo fa e lo fa splendidamente. Tanto che dopo pochissimo vedo giovani recuperare una penna e appuntarsi alcuni passaggi per tenerli lì e non perderli. Quasi a disegnare una cartografia giovane che ha una sete grande di parole che aiutino a “dire la vita e il suo senso”. Perché davvero, come dice il profe, “non se ne può più di una pedagogia che tralascia l’umano. Il centro di ogni attività educativa è il corpo”. E dire corpo significa dire storia. Non idee, concetti, teorie… ma storia! E non una storia generica ma la mia storia. Questa qua! Come cantava il buon Venditti: “che fantastica storia è la vita!”. Una consapevolezza che nasce da uno sguardo che non perde tutta la promessa e tutta la speranza che la vita stessa è e porta con sé. Insieme alla concretezza, insieme al limite, insieme al finito. E solo dentro questo finito è possibile vivere una storia che sia bella! Di una bellezza che sappia stare tra la leggerezza e la profondità, tra il respiro e il radicamento, tra Dio e l’uomo. Ecco: lì, in quello spazio, è possibile costruire e dare corpo ad una storia che abbia i tratti dell’umano. “L’adolescente che diventa adulto attraversa il territorio della gioventù come un inizio, una novità, un capodanno: guidare il giovane a celebrare questo inizio di una

nuova fase della sua vita è il compito entusiasmante che attende l’adulto”. Noi cristiani, che di celebrazioni dovremmo essere esperti frequentatori, abbiamo ancora oggi la possibilità di celebrare laicamente ed evangelicamente la costruzione di uno spazio che è un’occasione di crescita e di comunità. Continuiamo allora a dare credito a questi adolescenti e giovani perché inventino, fuori da ogni logica di prestazione e di serialità, la strada paziente e concreta della “ricerca dei «loro» oggetti, delle cose e delle situazioni che li fanno sentire «a casa propria»”. I cristiani questa cosa la chiamano discernimento. In un intreccio di memoria e di passione, di affetto e di scelta, di gioia e di fatica. Quello lì è l’umano. Quella lì è la vita. Quella lì è la sfida bella. Perché sia una bella storia! “Se vogliamo una gioventù splendente, se vogliamo giovani che sappiano davvero essere primizia del mondo nuovo, dobbiamo investirli di un progetto educativo, sociale e politico. Consegnare loro le persone che amiamo perché se ne prendano cura. E soprattutto far sentire a ciascuno di loro che essere prediletti non significa affatto avere la vita facile o avere dei vantaggi sugli altri; come ben comprese un altro giovane adulto che, nel momento della scelta radicale che lo avrebbe portato alla morte, sentì una voce adulta pronunciare le parole: «questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto»”. dA PS i corsivi sono stralci di articoli del prof. Raffaele Mantegazza

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ALTRI MONDI

Essere testimoni di Gesù in un mondo altro… di don Massimo Rizzi1

Che cosa significa essere testimoni di Gesù in un mondo musulmano? Mi è stata posta questa domanda nei giorni scorsi… come rispondere? Ho provato a leggere alcune testimonianze di autori spirituali che hanno vissuto tutta una vita in mezzo ai musulmani; ho provato a cercare articoli che mi potessero aiutare a rispondere, ma poi mi sono detto che la cosa migliore era fare di questa domanda l’oggetto della mia preghiera. Proprio così, perché penso che uno dei segni significativi della presenza cristiana in ambito musulmano sia proprio la preghiera. Una preghiera che risuona 5 volte al giorno nella chiamata alla preghiera per i musulmani e che a volte si intreccia con la nostra preghiera, sicuramente più silenziosa (non si tratta semplicemente della mancanza delle campane…), certamente meno vista e riconosciuta, ma non per questo assente. “I padri stanno pregando, per questo non rispondono al campanello”, così alcuni vicini a quanti arrivano alla porta per le più diverse ragioni. Una presenza di preghiera che alimenta il servizio. La realtà che ho la fortuna di incontrare in questi giorni è molto particolare nel panorama della chiesa in Marocco. Si tratta di un centro culturale dedito a corsi di lingue straniere per quanti non hanno avuto la possibilità di studiare, oppure per coloro che desiderano migliorare le loro capacità comunicative. Adolescenti e giovani che senza questo sostegno faticano a portare a termine il loro percorso scolastico in modo positivo, mamme che trovano in questo luogo un’occasione di incontro, ma forse anche di riscatto sociale, volontari che si alternano a dare corsi perché quello che si fa qui è unico in Marocco (stando a quanto dicono alcuni volontari che si sono accostati per caso al centro culturale s. Antonio, anche un po’ incuriositi). Così due frati francescani portano avanti le attività di questo centro, nell’adempimento delle cose più semplici quali la pulizia dei locali, o piuttosto organizzative come trovare un sostituto a un volontario che oggi non può arrivare, ma soprattutto nel costruire relazioni buone con tutti i frequentatori del centro. Una presenza silenziosa, all’apparenza, ma non per questo inutile, quasi mistica potremmo dire, perché non può basarsi sugli abituali modi di annunciare Gesù, nei sacramenti, o attraverso una presenza visibile ed esplicita nel mondo della cultura e dei mass media. Presenza quotidiana, che diventa un saluto semplice al vicino di casa, ai bambini e ai giovani che abitano la via e che vedono che i frati entrano in una porta di una casa come tutte le altre, ma che ha come segno una croce in legno sullo stipite… croce per altro che è stata fatta proprio da un falegname della via, quando quella precedente era stata danneggiata. Certo i cristiani (sostanzialmente tutti stranieri) godono di tutti i diritti nel professare la loro fede: non mancano le chiese in Marocco, se si tiene conto della presenza numerica dei cristiani oggi: è una chiesa quella che abita questo territorio che cambia continuamente volto. Se fino a pochi anni fa la maggior parte dei credenti erano europei, eredi del periodo della colonizzazione, oppure dipendenti di grandi compagnie o nelle rappresentanze diplomatiche, oggi la presenza sempre più significativa è quella africana, con il duplice volto degli studenti da un lato e dei migranti dall’altro. Studenti sostenuti dalle loro famiglie oppure da borse che gli stati di provenienza forniscono ai migliori per intraprendere un percorso scolastico universitario all’estero; migranti che trovano in Marocco un luogo di passaggio, che spesso diventa dimora stabile.

Anche nei loro confronti possiamo e dobbiamo essere testimoni di Gesù, animando la loro fede entusiasta (partecipare a una messa animata dalla corale della parrocchia di Notre Dame a Casablanca è qualcosa di davvero particolare) e al tempo stesso segnata dalla fatica di vivere all’estero, a volte senza punti di riferimento, ed in una società che non vive di tempi cristianamente connotati: il giorno di Natale, ad esempio, non è giorno festivo, ma lavorativo. Alcuni anni è capitato che fosse giorno di esami all’università… La testimonianza del Signore in Marocco è segnata anche dalla realtà ecumenica. L’incontro con le varie comunità cristiane presenti avviene in diversi luoghi, e a diversi livelli: ci sono animatori pastorali cattolici e protestanti che si formano nella stessa scuola, scuola voluta dall’arcivescovo e dal responsabile delle chiese protestanti; ci sono i “vertici” della Chiesa che si ritrovano frequentemente per gestire questioni comuni (spesso il culto protestante è ospitato in ambienti cattolici). Quest’anno i francescani stanno celebrando gli 800 anni di presenza in Marocco. Ed anche la Chiesa locale è stata segnata in modo significativo ed inequivocabile da questa presenza: non c’è chiesa in Marocco che non sia stata “francescana”, o perché costruita dai francescani, o perché per un periodo da loro abitata e custodita. Al termine di un testo redatto in questa occasione per ricordare attraverso alcune figure significative questa presenza, l’autore riposta questo passaggio: “L’altro che incontriamo appare a sua volta come il fratello


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PADRE LANCELLOTTI minacciato di morte a San Paolo del Brasile

di cui ho bisogno per adempiere la mia Eucaristia, come l’infanzia cristica di cui sono responsabile davanti a Dio e come colui che rifiuta la mia fede e per la quale mi offro legato a Cristo che prende su di lui Il “No” dell’Islam per disegnare fiumi d’acqua viva. L’Eucaristia che celebriamo diventa il luogo in cui riecheggiano come eco il nostro ringraziamento e il dhikr dei nostri fratelli, ma anche il luogo in cui portiamo l’altro e le sue preghiere per offrirle sull’altare e permettere a Cristo di realizzarli. È infine il luogo in cui noi ci offriamo con Cristo in un fino alla fine che solo lui può donare e che viene incontro al “No” dell’altro.” Un detto tibetano afferma: “ho guardato lontano ed ho visto qualcosa che si muoveva… mi sono avvicinato ed ho visto un animale. Mi sono avvicinato ancora ed ho visto che era mio fratello”. Ci sono diversi modi per essere testimoni di Gesù, anche in luoghi in cui, apparentemente sembra negato o quantomeno assente. Ma forse, qui meglio che altrove, possiamo sentirlo e riconoscerlo (proprio perché assume il volto di un fratello che rischiamo di vedere solo come altro), come il Totalmente Altro che ha voluto divenire nostro fratello.

«Morte al prete Julio» e minacce simili sono comparse sui “so­ cial” in Brasile: l’opera di p. Giulio Lancellotti, vicario della pa­ storale di strada per la diocesi di S. Paolo, è malvista. Minaccia­ to è anche un laico che lo affianca, Daniel Feitosa. La quantità e il livello delle minacce è arrivata a un punto tale che la stessa Organizzazione degli Stati Americani è intervenu­ ta presso il governo brasiliano per chiedere misure di protezio­ ne. La notizia è stata pubblicata su www.cruznow.com e ripresa da www.ilsismografo.blogspot.it Tuttavia lo stesso p. Julio ha detto a “Cruz” che nessuna misura è stata finora presa e anzi «lo stato brasiliano, particolarmente il governo federale, vedrebbe con favore se qualcuno mi ucci­ desse». Quello che importa alle istituzioni dello stato e alle loro forze dell’ordine in questo momento in Brasile non è togliere dalla miseria le persone di strada, compresi i ragazzi, ma farle sparire con qualsiasi mezzo. Legge e ordine è il nuovo motto della bandiera brasiliana. Per maggiori informazioni su p. Lacellotti si può vedere nel sito parrocchiale www.sagrato.it in Pubblicazioni l’ebook Lorenzo Moroni un storia nel solo albinese. Sotto, padre Giulio Lancellotti all’oratorio Giovanni XXIII di Albino nel 2009 con alcuni ragazzi di Casa Vida, dal 2007 cittadini onorari di Albino per delibera unanime del consiglio comunale, nella cui sala una pergamena ancora ricorda l’evento.

1. Nipote di don Giuseppe Rizzi, già cappellano del Pianto. Don Massimo, dopo studi della lingua e del mondo arabo e anni di pastorale dei migranti a Bergamo è ora nei paesi arabi. Ha inviato questo testo al mensile “L’Amico” della parrocchia di don Valentino, che ce lo ha dato.

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MEMORIA 25 APRILE FESTA DELLA LIBERAZIONE

“Nota sulla Resistenza”

Testo di Mario Cuminetti (1965)1 letto dal professor Carlo Sala di Milano a Premolo sabato 9 marzo 2019 in occasione dell’apertura del GIARDINO DEI GIUSTI e della posa della lastra dedicata a DON ANTONIO SEGHEZZI Prima cosa: coloro che sono morti, sono con noi. Con noi non solo perché la nostra vita è mutata per il loro sacrificio, ma perché i loro ideali, quindi la parte migliore di loro è con noi e deve essere la nostra, se noi siamo uomini. È il pensiero di tutti coloro che sono caduti per la Resistenza, anche degli atei, di chi non crede in una sopravvivenza: “Sarò sempre con voi”. “Oggi muoio - scrive un giovane ceco2 - è maggio, siamo quattro nella cella, aspettiamo di separarci. Sarò da voi, in mezzo a voi, mi siederò con voi sulla panchina del giardino, il mio spirito sarà sempre con voi... Al mattino con l’ aurora vi sorriderò, con l’imbrunire vi saluterò. Che l’amore e non l’odio domini il mondo...”. E un giovane danese3: “Io non sono che una piccola cosa e il mio nome sarà presto dimenticato, ma l’idea, la vita e l’aspirazione che mi pervasero continueranno a vivere. Le incontrerai ovunque, sugli alberi in primavera, negli uomini sul tuo cammino, in un breve e dolce sorriso. Incontrerai ciò che ebbe un valore per me, l’amerai e non mi dimenticherai. Crescerò e diventerò maturo, vivrò in voi, i cui cuori ho occupato, e voi continuerete a vivere, perche sapete che mi trovo davanti a voi e non dietro di voi, come forse eri portata a credere... Non sono vecchio, non dovrei morire, ma tuttavia mi pare naturale e semplice. E’ soltanto il modo brusco che ci spaventa in un primo mo­ mento. Il tempo e breve, i pensieri sono molti. Non capisco il perchè, ma il mio animo è sereno....”. Perdonatemi se non so trattenermi di fronte a “questo morire per vive­ re” di ricordare il Mistero Pasquale. C’e il pericolo di essere accusa­ to da una parte di integrismo e dall’altra di essere, non dico blasfemo, ma irriguardoso; ma non so trattenermi dal ricordare che io sono prete e voi cristiani perché c’e uno che è morto e risuscitato. E come la sua persona “universale” abbia vissuto anticipatamente una esperienza universale, di chi resiste. C’è un modo di avvicinare Gesù che chiamerò laico, non completo se volete, ma che ha il suo valore. La figura di uno che ha resistito con una violenza che diremo “sovrumana”. Lui stesso è resistenza nel suo essere contraddittorio in modo radicale alla vita come si sta

configurando all’uomo moderno; alla sua grigia orgia di cinismo, ironia, brutalità pratica, compromesso, conformismo, glorificazione della propria identità nei connotati della massa, odio per ogni diversità, rancore teologico senza religione. Alla vita di noi che veniamo dopo infinite “resistenze”, dopo morti per ciò che pure posse­ diamo, anche se non viviamo, dopo lezioni che sono diventate nostre perchè scritte nei nostri muri, nella nostra carne, nel volto di tante per­ sone che accanto a noi vivono e pe­ nano; che accanto a noi o lontano da noi muoiono perche non hanno ciò che noi sprechiamo. Ma allora, se ci confrontiamo con Cristo o con gli altri che sono morti, e vero ciò che abbiamo sentito ora nel docu­ mentario proiettato: “Noi fingiamo di riprendere speranza da queste immagini che si allontanano come se si potesse guarire questa peste e fingiamo di credere che tutto ciò appartenga a un certo periodo, a un certo paese, e non pensiamo a guardarci, e non sentiamo quel gri­ do senza fine che ci avverte che for­ se accanto a noi è seduta una spia, un uomo che domani ci tradirà”. Ma noi ci ribelliamo a questo pes­ simismo, noi vogliamo guarire da


MEMORIA

questa peste, noi vogliamo “resistere”, perché vogliamo essere uomini. Poi non vogliamo rendere vano il sacrificio di tanta gente che ha lottato per la libertà, la nostra libertà; vogliamo tenerli accanto a noi, seduti sulla stessa panchina, non dietro di noi, ma avanti a noi per poter continuare a vivere ed essere perciò pronti a morire. Ma per vivere bisogna continuare con loro a resistere, contro ciò che è contro la vita: la passività di fronte all’ingiustizia, perché la vita è atti­ vità e giustizia; la violenza irrazio­ nale, l’ignoranza, il compromesso, l’egoismo, l’io posto sopra tutto e tutti, perché la vita è ordine, razio­ nalità, amore, rispetto degli altri. E non è vita, ma bestemmia contro la vita, se noi viviamo e altri muoiono; se noi possediamo e altri non posseggono; se noi uomini viviamo accanto ad altri uomini che si sentono inferiori a noi; se noi abbiamo un’idea e non rispet­ tiamo chi ne ha una diversa, se di­ mentichiamo ciò che al di là delle differenze ci accomuna tutti in una stessa umanità sofferente. Per questo hanno “resistito”, per questo dobbiamo”resistere”; perche mai la vita può restare ferma; per­

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ché mai conquista è statica; ma vita e conquista sono solo là dove si continua a conquistare, a vivere nel modo sempre più pieno. Ed è per questo che in questa atmosfera “libertà” è non solo frutto di “resisten­ za”, ma la “resistenza” diventa la forma in cui assicuriamo la nostra libertà contro ciò che cerca di schiacciarci, sarà lo Stato, il capitalismo e lo statalismo assoluto, l’industrializzazione preoccupata solo della produzione e non dell’uomo, sarà il partito per un altro verso, la radio o la stampa, sarà questa civiltà di massa che tenta costantemente di uccidere la nostra personalità per renderci automi nelle mani del più forte, qualsiasi identità esso abbia. E questa resistenza che si identifica a un certo punto con libertà, vie­ ne ad identificarsi con la rivoluzione che ad ogni momento, in modo non drammatico, se si vuole, ma ugualmente reale, chiede che sia realizzata per salvare l’uomo. Perché è dell’uomo che in fondo si trat­ ta; è per l’uomo che resistiamo, è per l’uomo che sono morti altri uomini, che sono in fondo, benché distanti nel tempo e nello spa­ zio, un unico grande uomo che muore per far vivere un unico grande uomo, che costantemente deve morire, per resistere a ciò che tende ad uccidere la sua umanità. 1. (Per Mario Cuminetti it 1965 è l’anno della pubblicazione da parte della Gregoriana della sua tesi di laurea che lo rendeva noto come giovane ecclesiologo ecumenico, il testo che presentiamo è la trascrizione ottobre 2004 - di una pagina manoscritta conservata fra appunti di lezioni e conferenze tenute nell’Italia centrale (Colleferro, Bibbiena, Firenze), prima del suo incarico in Università Cattolica e del suo impegno nella Corsia dei Servi. 2. L’autore di queste parole è JAROSLAV ONDROUSEK detto Ivan di diciannove anni, la sua lettera del 10 maggio 1943 è raccolta in Lettere di condannati a morte della resistenza europea a cura di P. Malvezzi e G. Pirelli, Torino, Einaudi, 1963 a pag. 192. 3. Queste parole sono invece di KIM MALTHE-BRUNN, ventunenne marinaio fucilato il 6 aprile 1945, la sua lettera si trova a pag. 256 dell’ opera citata.

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Memorie albinesi della Resistenza La Medaglia d’oro Vittorio Gasparini, il 6 aprile scorso, presente la figlia signora Angiola, è stata ricordata con l’inaugurazione di una targa all’imbocco della via che porta il suo nome. Infatti quello che era il Viale delle Rimembranze, ordinato con alberi di tiglio e, fra mezzo, con aste recanti, alla sommità, targhe nominative a ricordo dei caduti albinesi della prima guerra mondiale, dal 15 febbraio 1948 è dedicato alla Medaglia d’Oro al V. M. Vittorio Gasparini, esponente della Resistenza al nazi-fascismo. La famiglia Gasparini abitò lì dal 1919 al 1932. E Vittorio fu chierichetto in S. Anna e frequentò le scuole elementari con Libio Milanese e altri ragazzi albinesi. Formatosi poi nella Federazione Universitaria Cattolica Italiana, capitano degli Alpini, dirigente industriale, sposato con due figli, dopo l’8 settembre 1943, contro la guerra nazi-fascista si mette a disposizione del Servizio Strategico della 5A Armata statunitense, istituendo un centro radio a Milano e assolvendo a missioni di collegamento fra truppe alleate e partigiani in Alta Italia. Scoperto nel maggio 1944, resiste nel carcere di S. Vittore, ma viene fucilato nei Quindici di Piazzale Loreto a Milano il 10 agosto 1944. Il breve saluto scritto ai figli alle ore 6 del mattino si conclude con il suo: «Viva l’Italia». Una targa analoga è stata inaugurata a Vall’Alta per Ercole Piacentini: operaio a Milano, militante del partito comunista clandestino durante il fascismo, è

condannato al confino e al carcere; in quello di Turi (Bari), dal 1928 al 1932 ha come maestro Antonio Gramsci, di cui è uno dei due fedeli compagni. Antonio Gramsci, proprio in quegli anni, prigioniero e isolato dai comunisti staliniani, scriveva i suoi Quaderni che renderanno perenne il suo pensiero teorico. L’ANPI di Albino unitamente all’Amministrazione comunale, vuole così ricordare alcuni dei partigiani albinesi che si sono distinti nella Resistenza al nazifascismo per la conquista della libertà e della democrazia, di cui oggi è garante e stimolo la nostra Costituzione, ponendo una targa nei luoghi in cui sono nati o vissuti. Le targhe sono simili a quelle storiche già realizzate dal Comune di Albino. La memoria dei partigiani albinesi potrà parlare dai luoghi in cui sono vissuti (dei caduti sono indicati il luogo e la data di morte): Vittorio Gasparini: inizio viale Gasparini, lato est (Piazzale Loreto di Milano, 10 agosto 1944); Ercole Piacentini: alla casa di Vall’Alta in via Monte Grappa 56; Bruno e Mimma Quarti: presso il Ponte romanico e la loro casa natale; Dante Spinelli: a margine del vecchio municipio; Mario Calegari: in via Tribulina, incrocio con via Brugali (Passo della Manina, 27 settembre 1944); Serafina Consoli: su Piazza Caduti;

Franco Carrara: in via Vittorio Veneto (Baitone della Pianca, 30 dicembre 19 44); Battista Zanga: via Gotte, inizio est (Carona, 2 marzo 1945); Giuseppe Selvinelli: via C. Marini 3 (Trescore, 4 novembre 1944); I Comendunesi: via degli Alpini Famiglia Signori: via Chiesa Vecchia 34 a Fiobbio; I fratelli Begnigna: via mons. Camillo Carrara 12. Una targa a sè è prevista per Camillo Mismetti, reduce dalla guerra di Spagna del 1936, alla casa natale in via Patrioti a Comenduno. Il testo delle targhe, con una breve storia di ciascuno, vuole invitare la cittadinanza, specie i giovani, alla vigilanza e alla difesa dei principi democratici costituzionali, alla nostra identità democratica. La memoria dei nostri padri può dare un messaggio ai giovani viandanti sulle strade di Albino, che, in tempi non meno difficili, altri giovani avevano saputo guardare «oltre il ponte che è in mano nemica» e cantare che esisteva «tutto il bene del mondo oltre il ponte», «oltre il fuoco comincia l’amore». (Italo Calvino) «Coloro che sono morti sono con noi, non solo perché la nostra vita è mutata con il loro sacrificio, ma perché i loro ideali, la parte migliore di loro è con noi e deve essere nostra». (Mario Cuminetti).


DISAGIO GIOVANILE

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Moderni graffitari Se scendete dai giardinetti di via Donizetti e imboccate il sottopasso che porta alla Cà del Fatur venite avvolti da un affollamento di messaggi tracciati sui muri da improvvisati graffitari che vi svelano pensieri ed impulsi di una generazione adolescenziale che lì si ritrova in orario notturno a socializzare. Il fenomeno si sta consolidando a rotazione: infatti la scritta più vecchia porta la data dell’agosto 2010 e alcuni messaggi più recenti si sono sovrapposti ai precedenti, cancellandoli in parte o completamente. È così un libro aperto su cui leggere le pulsioni, i pensieri, gli sfoghi che gli adolescenti proiettano sul muro per affermare se stessi e, forse, per reagire a quanto si presenta nella loro vita. Ad uno sguardo superficiale il luogo appare in condizioni di degrado, perché il condominio ha lasciato le pareti del sottopasso alla evoluzione spontanea delle forme espressive, senza mai intervenire, o per incuria o per evitare con una ripulitura di fornire una tavolozza immacolata ai sedicenti artisti. Solo di recente sono apparsi gli avvisi di “Area videosorvegliata”: una minaccia che potrebbe avere avuto effetti di deterrenza sui frequentatori di questo angolo comunicativo spingendoli a cercare altri luoghi dove la privacy è assicurata. Ma lo spettacolo comunicativo rimane ed è nata così la voglia di catalogare, seppure in modo grossolano, le espressioni tracciate sui muri seguendo diversi filoni, ciascuno tipico di quell’età che precede l’impegno responsabile e maturo nella vita sociale. Ci sono indizi delle pulsioni sessuali che prorompono in età adolescenziale, come lo schizzo del fallo eretto e la scritta “culo bello”. Alcuni messaggi hanno carattere dispregiativo ed emarginante nei confronti di qualche soggetto del gruppo come “Fede gay” o “Rocco puzza”. Si leggono accenni di rivolta contro tut-

to e contro tutti come “trozzi, gabber… ora basta!”, “Colora il tuo mondo, fai dei disegni sulla pelle visibili agli altri che disprezzano la tua personalità”, “Ciao, ciao! Fottetevi tutti”. La stagione degli amori si manifesta in tutta la sua delicatezza e il suo carico affettivo: “Pikkola special girl”, “Daniel ti amo”, “02/03/2018 R + L”, “Andrea + Lori”, “Non so cosa dire: grazie perché ci sei”, “Adesy 4 ever”, ciascuno affiancato da un cuore che manifesta i sentimenti più di ogni parola. Ma c’è anche qualche dichiarazione più brutale: “Ti amo tanto … Troia”. Vi sono messaggi gentili e poetici: “Stammi bene, avremmo fatto l’invidia al mondo noi due insieme!”, “Se il mondo non è magico puoi renderlo tale”, “Heidi ti sorridono i monti”, “Sorridi che ti passa”, “Latte col cacao sorrido sempre ciao”. C’è anche il disegno di un teschio con il sigaro in bocca, la parola “Branko”, e la scritta sbiadita dal tempo “i negri” su cui è tracciata una linea di cancellatura che potrebbe essere letta come un messaggio di rifiuto. Prolificano poi le sigle personali identificative composte da più lettere intrecciate, alcune con presunti tratti estetici, disseminate a ripetizione anche su altri muri della nostra città, che si potrebbero interpretare come manifestazione di narcisismo o di un impulso simile a quello degli animali che ad ogni angolo segnano il loro territorio. Oggi, tempo di social, le persone si mettono in mostra e le esternazioni viaggiano in rete a disposizione di tutti, pronte a raccogliere i

like dei followers. In questo sottopasso i messaggi si impongono a tutti, anche se le persone che transitano rapide per i fatti loro non vi fanno più caso; i loro autori non ricevono né plauso né critica, se non forse nel ristretto gruppo che frequenta di notte il luogo. Queste, come le altre scritte sparse su alcuni muri del nostro centro storico, restano tuttavia una nota stonata del nostro convivere. Disseminare sui muri della città le proprie esternazioni è segno di una non adeguata educazione e di non rispetto dei luoghi pubblici e della proprietà altrui, oppure solo sfogo liberatorio di esperienze di vita che possono precedere la maturazione o devastare gli anni giovanili? Manifestazioni come queste sembrano rivelare un mondo giovanile che chiede ascolto. Ci si può interrogare se questa è una conseguenza di mancanza di spazi aggregativi autogestiti, adatti a ragazzi che si allontanano dall’Oratorio in quel periodo di autoaffermazione che li porta a mettere in questione valori, strutture e contesti in cui hanno vissuto la loro crescita. Sarebbe auspicabile che questi gruppi fossero raggiunti da operatori capaci di allacciare un dialogo rispettoso e non invasivo, che permetta di tenerli agganciati alle opportunità offerte dal contesto sociale, così che l’affermazione della propria individualità vada ad accrescere le risorse della comunità, e si evitino per quanto possibile i rischi della marginalità. Giampiero Tiraboschi

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CONFLITTI SOCIALI La «pedagogia nera» e la sua alternativa

Logica delle armi e rifiuto della diversità Quali messaggi sono sottesi a certi gesti, quali valori o disvalori ven­ gono così veicolati in particolare ai più giovani? E quali possono esserne le conseguenze sullo sviluppo della loro personalità? «Che sia in galera un imprenditore che si è difeso e sia fuori un ra­ pinatore in attesa di un risarcimento dei danni significa che bisogna cambiare le leggi. Cercheremo di fare di tutto perché stia in galera il meno possibile». Sono state le prime parole del ministro dell’Interno Salvini all’uscita dal carcere di Piacenza, sabato 23 febbraio, dove è andato a espri­ mere la sua solidarietà ad Angelo Peveri un imprenditore condannato in via definitiva perché, con un dipendente, una notte del 2011 ha im­ mobilizzato, sparato e ferito gravemente una persona ormai inerme, un cittadino europeo, un romeno residente in Italia, che aveva cercato di rubare del gasolio da un escavatore della sua ditta, più volte presa di mira dai ladri. Per Salvini un caso di legittima difesa. Per i giudici (ma anche secondo le ricostruzioni balistiche) il tentativo di farsi giu­ stizia da sé. Per questa ragione, Angelo Peveri dovrà scontare 4 anni e mezzo di carcere (l’accusa è di tentato omicidio). E il ministro dell’Interno non ci sta. Non c’è da stupirsi. Fatto salvo che non sono certo io a sostenere la detenzione come giusta punizione, non voglio neppure che sia difeso il diritto di uccidere. È solo l’ul­ timo episodio che vede Matteo Salvini affermare uno stile, una visione del mondo, che va ben oltre una generica linea politica e si concretiz­ za, nei gesti, nel linguaggio perfino nell’abbigliamento, in una vera e propria pedagogia nera. Quella descritta dalla psicoanalista svizzera Alice Miller in saggi come ‘La persecuzione del bambino’, una pedagogia basata sulla paura e sulla mortificazione, che infonde nei bambini il senso della loro colpevolezza e cattiveria, li rende fragili, dipendenti. Una pedagogia della paura perché questa è la linea politica: paura del diverso, dello straniero, di chi ha la pelle nera; bisogno di possedere e usare un’arma, chiusura dei porti ai poveracci e dei cen­ tri di accoglienza ai senza potere: sono tutte diverse declinazioni di quest’unica, perversa, pedagogia che, purtroppo, sta avendo molta presa sulle giovani generazioni. Ecco perché noi adulti dobbiamo fermarci a riflettere sul fatto che considerare le armi ‘la base della sicurezza’ o ritenere un ‘diritto’ quello di uccidere un ladro, sono due convinzioni che ci fanno precipitare indietro nel tempo, ci fanno torna­ re dritti all’epoca dei duelli. Generando mancanza di lucidità e di pen­ siero critico. Non solo. Si tratta di una visione che affonda le sue radici nella più retriva cultura patriarcale, maschilista, dispotica. Non a caso diversi esponenti del partito di Salvini si sono distinti per le

loro dichiarazioni sessiste, anch’es­ se figlie di questa stessa mentalità, che rifugge dalle differenze e che, per sostenersi, ha bisogno di trova­ re sempre nuovi nemici. Gli stranie­ ri, quelli con la pelle nera, i romeni, i cinesi, le donne, i rom, gli omo­ sessuali e così via. Matteo Salvini, che stupido non è, ricorre a questa filosofia perché sa che la caccia al nemico è un tema forte, che uni­ sce, compatta. E attira gli elettori. Purtroppo, però, rischia anche di segnare le menti dei più giovani, ragazze e ragazzi che stanno cre­ scendo, quindi meno strutturati e, per via dell’età, già fisiologicamente propensi a vedere le cose in modo un po’ estremo, ‘bianco o nero’. Sal­ vini semplifica, e le semplificazioni piacciono, un po’ come nei video­ giochi, dove è sempre molto chiaro chi sono quelli da distruggere. Oggi, nel nostro panorama politi­ co, sono stati via via sdoganati i peggiori comportamenti della natura umana, ci si fa vanto di spa­ rare sentenze a raffica, di attaccare questo o quello, di ‘cantarle chiare’, urlare, aggredire. Ripeto: è una pedagogia nera, contro la quale opporsi con forza. Come? Non con un


SOCIETÀUN LIBRO21

“La persecuzione del bambino” Un libro di Alice Miller

eccesso di mitezza. Ma opponendo resistenza, rigore civile e mora­ le, e aiutando le giovani generazioni a cogliere le sfide del nostro tempo, anziché averne paura. Contribuen­ do tutti a una società in cui si parla­ no più lingue, dove culture diverse entrano in contatto e si mescolano dando origine a nuove espressioni culturali, dove possano convivere religioni diverse, nel rispetto delle donne e dei bambini. I giovani non devono avere paura del futuro. E non devono temere i conflitti, che sempre si generano nell’incontro tra diversi. Educatori, genitori, e insegnanti possono contrapporre al pensiero unico della pedagogia nera la capacità di gestire le contrarietà e viverle come sfide, opportunità, occasioni di crescita, apprendimento e felicità. In una pa­ rola, dobbiamo sforzarci di impara­ re, tutti insieme, una nuova cittadi­ nanza. Daniele Novara Avvenire del 26 febbraio 2019 Con Daniele Novara del Centro Pedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti, è in contatto il Comitato genitori “Solari”.

Attraverso una rassegna di testi pedagogici degli ultimi due secoli, la Miller illustra i raffinati metodi di persuasione occulta messi in opera nella civiltà occidentale per piegare l’impetuosità e la caparbietà del bambino e indurlo a identificarsi con il progetto educativo dei genitori. Il bambino, costretto a reprimere la propria aggressività, non saprà da adulto reagire alle ingiustizie sociali e potrà accettare senza opporsi le imposizioni di sistemi totalitari. Tratto comune a coloro che hanno subito un’educazione repressiva è la necessità di riempire con esperienze abnormi il vuoto lasciato dalla rimozione emotiva e dalla perdita dell’identità. La Miller rievoca qui le vicende di tre personaggi a diverso titolo esemplari: Adolf Hitler; il criminale degli anni sessanta Jürgen Bartsch, assassino e seviziatore di bambini; Christiane F., autrice del libro “Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino”, in cui ha raccontato la propria esperienza dell’emarginazione e della droga. In definitiva, l’educazione costituisce sempre - per la Miller un mascheramento di reali rapporti di potere e di bisogni propri dei genitori; l’unica possibilità, per il bambino, di crescere senza traumi e di sviluppare le proprie potenzialità creative, rimane legata a un comportamento empatico e “rispettoso” dei genitori nei suoi confronti. Con un introduzione del prof. Paolo Perticari dell’Università di Bergamo.


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ESPERIENZA

Quando l’arte si può toccare e “vedere” con uno “sguardo” particolare

N

ella mattinata di sabato 23 marzo un gruppo di non vedenti e ipovedenti della Sezione UICI di Bergamo è salito in località Piazzo ad Albino, dove Remo Ponti, ottant’anni suonati e non sentirli, dal settembre 2013 ha realizzato oltre 900 piccoli capola­ vori, scolpendo le pietre di un muro di circa 35 metri, un normale muro di sostegno lungo una strada che porta fuori dall’abitato, in una zona ideale per una salutare passeggiata nel bosco o per salire verso il Monte Cereto. È lì che ogni giorno Remo si reca con sulle spalle uno zainetto con i vari scalpelli che si prepara lui stesso e pietra dopo pietra sta por­ tando avanti questo singolare pro­ getto, unico nel suo genere per nu­ mero e valore artistico delle opere. Ad attendere il gruppo dei non vedenti c’era Remo stesso che li ha accompagnati lungo il muro, facen­ doli partecipi di una esperienza tat­ tile sensoriale unica nel suo gene­ re, in quanto il muro è praticamente scolpito in tutta la sua lunghezza e

quindi è bastato appoggiare le mani qua e là per trovare sculture in qualsiasi punto e contando sulle loro doti di sensibilità essi hanno potuto rendersi conto della bellezza di queste opere e soprattutto del grande lavoro che Remo pone in ogni dettaglio, con migliaia di colpi di scalpello, frutto della sua eccezionale manualità e tecnica affinata negli anni. Inoltre Remo, con la sua consueta disponibilità, è stato ben felice di poter spiegare il significato delle varie opere, man mano che venivano “scoperte”, per come le ha create, illustrandone anche i più piccoli particolari, ai quali lui attribuisce grande importanza, per­ chè, come è solito dire, lui non fa nessun disegno preparatorio, ma realizza le sue opere come l’ispirazione gli suggerisce al momento e poi via a colpi di scalpello finchè l’opera non è finita come piace a lui. Alcuni esempi di questa sua eccezionale bravura erano presenti an­ che in opere singole disposte su un paio di tavoli nei pressi del muro, con opere realizzate in vari tipi di pietre da lui raccolte in giro per cave o sul greto di un fiume, ma anche soggetti in legno, in radici trovate nei boschi, in pezzi di ferro o lamiera e altri materiali, a testimoniare che per Remo la scultura non ha segreti o limiti... E anche con queste opere è stato possibile apprezzare la bellezza delle forme e della raf­ finatezza dei vari particolari, in modo da poter scoprire con il tatto ogni linea, ogni curva, ogni incavo, ogni singolo colpo di scalpello. All’iniziativa era presente anche Emanuela Testa, Assessore alla Cul­ tura di Albino, in rappresentanza dell’Amministrazione Comunale, che in questa occasione ha concesso il Patrocinio, ma già a fine giugno scorso aveva conferito a Remo Ponti un attestato di benemerenza, con la collocazione inoltre di una targa con la denominazione “La via delle Pietre”, come riconoscimento al suo lavoro fatto su quel muro, che sta diventanto una vera attrazione turistica, in quanto la sua fama ha ormai varcato i confini della nostra provincia, attraverso i socials e il passaparola, con gente che arriva anche da molto lontano, cosa che rende Remo particolarmente felice, perchè è questo che più lo soddisfa: poter condividere con tante persone questa sua passione per la scultura. Erano presenti anche alcuni Alpini del Gruppo di Albino per una specie di servizio d’ordine qualora ci fosse stato bisogno in caso di difficoltà e anche alcuni rappresentanti di un gruppo di cammino che, come altri gruppi, passa spesso da quelle parti durante le varie escursioni e per tutti ogni volta la sosta al muro di Remo è ormai d’obbligo. Ritornando alla giornata dell’esperienza tattile degli associati UICI, nelle parole di Paolo Parimbelli, consigliere referente per arte e cul­ tura della sezione UICI di Bergamo: “Anzittutto abbiamo avuto la for­ tuna di beneficiare di una bella giornata di sole e poi abbiamo potuto partecipare a qualcosa di unico, di singolare, una possibiltà che ci ha permesso di usufruire dell’Arte in questa particolare forma, noi che


ARTE spesso andiamo a visitare mostre nei vari musei, mostre di artisti fa­ mosi che ci vengono spiegati e possiamo immaginare, ma ci è spesso vietato toccare (anche se per la verità in sempre più numerosi musei si stanno rimuovendo queste barriere e si allestiscono anche specifici percorsi tattili) , e mai avremo la possibiltà di poter avere a disposizione tante opere in così breve spazio, restando comodamen­ te in piedi, senza alcun pericolo per la nostra persona. E poi abbia­ mo apprezzato tantissimo la disponibilità di Remo e il suo fervore nel parlarci delle sue opere, di spiegarcele in maniera così convincente da farcele vivere, come se oltre a toccarle potessimo realmente “ve­ derle”. Ci ha descritto il suo lavoro come una sorta di “work in pro­ gress” nel senso che da un lato l’aspetto del muro muta nel corso del­ la giornata con il variare della luce solare dato che il colore delle pietre cambia e le ombre portate si muovono; dall’altro lato l’opera muta nel tempo perchè si “arricchisce di concrezioni vegetali che, secondo le parole di Remo, colonizzandole, portano vita alle pietre e le mettono in rapporto con la natura. Al momento del congedo mi ha commosso il fatto che Remo mi abbia voluto abbracciare quasi per trasmettermi fisicamente il suo “bagaglio” artistico ed umano. Era come se avesse un fuoco dentro e ci trasmettesse questo suo ca­ lore e questa passione per la scultura, l’arte che coltiva da una vita”... Perchè è questa grande passione che Remo si porta dietro fin da bambino, quando ha iniziato ad aiutare suo padre nel lavoro di attrez­ zista che poi lo ha portato a lavorare qualsiasi pezzo di metallo o di legno o di di pietra, trasformandoli in opere d’arte, in monumenti fune­ rari su tombe e cappelle, in portali di chiese, in calci di fucili o di pistole personalizzati e cesellati, in opere realizzate in peltro o altri metalli e varie altre lavorazioni artistiche di pregio. Il tutto grazie alla sua tec­ nica sopraffina, da vero maestro onorario della scultura, che non ha frequentato accademie, nè scuole d’arte o corsi o masters vari, ma la scultura ce l’ha nel Dna, fa parte di lui stesso e e dello stesso spirito che lo anima e che lo seguirà sempre, finchè la sua mano sarà ancora in grado di reggere uno scalpello... Sergio Moioli

Nelle foto di Vittorino Balini: sopra Francesco tocca una scultura in legno e paragona le opere toccate ai fossili; a sinistra Marianna, dice che prova una bellissima sensazione nel toccare la perfezione delle pietre di Remo. Impressioni raccolte da Pierluigi Pezzoli

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ASSOCIAZIONISMO

ACLI ALBINESI

Rubrica a cura del Circolo “Giorgio La Pira”

Siano graditi ai lettori del “Bollettino” gli Auguri di una Buona Pasqua da parte delle Acli albinesi. Il Signore, morto e risorto, porti al mondo intero pace e fraternità.

COSTUME E SOCIETÀ

Uno dei frequenti scontri fra il nostro Governo e Bruxelles, è la cosiddetta “spending review”, la revisione della spesa pubblica. Negli ambienti della Commissione dell’Unione Europea ci rimproverano una scarsa incisività nel contenimento del debito che è enorme, perché supera i 2400 miliardi di euro! Se c’è infatti una promessa che il Governo italiano fatica a rispettare, va proprio cercata in questo campo. Nei prossimi anni è infatti previsto un ulteriore aumento della spesa. Nel nostro Paese negli ultimi quattro anni si sono avvicendati ben sei commissari incaricati di ridurre il debito ma i risultati sono stati sempre piuttosto deludenti. Ed è quindi logico chiedersi il perché sia così difficile aggredire una così grande mole di uscite dal Bilancio dello Stato. Negli ultimi anni i vari governi hanno puntato il dito specialmente contro le spese di Regioni ed Enti locali. Ed è vero anche se dopo ci pensa lo Stato nazionale a ripianare i debiti! Ma anche i privilegi, i cosiddetti diritti acquisiti, non possono essere toccati in alcun modo. In Italia è diffuso il principio che… tocca sempre agli altri fare sacrifici, anche quando è evidente l’ingiustizia di mantenere certi sprechi che tolgono preziose risorse allo Stato. Perciò non meravigliamoci quando il nostro enorme debito è ritenuto una “palla al piede” dall’Unione Europea!

IN BREVE DALLE ACLI NAZIONALI Legittima difesa Acli: siamo tutti meno tutelati

La sicurezza è un bene e un diritto della comunità e va affrontata rafforzando la legislazione, le azioni e le strutture di prevenzione e di contrasto oltre che di repressione dei reati predatori. Per questo crediamo che la nuova legge sulla legittima difesa, appena approvata dall’aula del Senato, apra ad una pericolosa interpretazione da parte dei cittadini e cioè che ci si possa difendere con ogni mezzo, comprese le armi, in qualsiasi situazione. La vera giustizia non è certamente quella fai da te, e non si risolve il problema della sicurezza dei cittadini rendendoli tutti giustizieri. Ci trova d’accordo invece l’inasprimento delle pene per chi compie furti e rapine.

Nasce eQUItà rivista di sistema delle ACLI

Nasce con un’impronta multidisciplinare e multifunzionale la rivista di sistema ACLI eQUItà, per rispondere ad un duplice obiettivo e per promuovere conoscenza e interlocuzione attorno a quattro ambiti fondamentali. Perchè – come scrive il presidente nazionale Roberto Rossini nell’editoriale che presenta la rivista – “fare ACLI significa mettersi in gioco ogni giorno, come volontari, soci, operatori, responsabili, dirigenti, tecnici. Ma questo richiede prima di tutto formazione e informazione, a partire dalle nostre classi dirigenti” e significa sentire la necessità di attivare “uno scambio fecondo, con il mondo politico, universitario, ecclesiale, senza preconcetti, puntando sull’approfondimento e lo studio per costruire una visione comune e progetti concreti per il nostro Paese”. Quel QUI posto al centro del nome della testata dice dunque la volontà di farne un luogo di incontro per soggetti diversi: dai dirigenti territoriali delle ACLI e dei Servizi alla rete degli esperti e delle organizzazioni partner, agli interlocutori sociali, politici, istituzionali, che dialogheranno idealmente tra loro attraverso i Quaderni; dagli operatori ai volontari dei Servizi che nei Numeri Tecnici troveranno occasione di formazione e aggiornamento. Sarà, come scrive ancora Rossini, “uno strumento semplice e diretto per trasmettere in maniera chiara i quattro assi che caratterizzano l’azione delle ACLI: società e democrazia, lavoro e formazione professionale, assistenza e previdenza, fisco e redditi. I due format previsti (Quaderni e Numeri Tecnici) avranno dunque in comune gli ambiti, ma anche l’approccio – affrontare questioni di interesse generale che vanno ad inscriversi nei nostri apparati normativi, attraverso il punto di avvistamento offerto dai tre maggiori Servizi delle ACLI – e la


ASSOCIAZIONISMO struttura, che vedrà il contributo dei tre Servizi (Patronato, CAF ed ENAIP) distribuirsi nelle sezioni fisse della rivista. Due uscite sono previste in questo anno per i Quaderni – a maggio e a settembre – e tre invece saranno i Numeri Tecnici, attesi per marzo, luglio e novembre..

La primavera dell’Europa

Bandiere dell’Europa e dell’Italia appese alle finestre, sulle pareti dei circoli, ma soprattutto bandiere in mano agli aclisti e ai cittadini nelle piazze di tutta Italia. È stata una giornata di sole e sorrisi quella del 21 marzo, un inizio di primavera che segna anche la rinascita di una speranza per il nostro continente. Fanno ben sperare soprattutto i volti di tanti giovani, gli stessi che qualche giorno fa erano scesi in piazza per la difesa del nostro pianeta e che ancora una volta si sono spesi insieme ai membri dell’associazione, nei circoli cittadini e nelle sedi provinciali delle Acli di tutta Italia, per dire che il futuro è l’Europa. “Se sul tema delle identità si stabiliranno gli equilibri del prossimo Parlamento europeo, – afferma Matteo Bracciali, responsabile Esteri delle Acli – noi rivendichiamo con orgoglio il processo di integrazione europea che, nonostante sia incompleto e spesso di difficile comprensione, rimane l’unica strada per garantire a questo continente la pace e al mondo intero un riferimento politico che mette al centro l’uomo e non il denaro”. Da nord a sud, l’adesione all’appello lanciato da Romano Prodi di appendere una bandiera dell’Europa e una dell’Italia ha raccolto una grandissima adesione da parte delle Acli che, insieme alla Fondazione Achille Grandi ed altre associazioni, sono state coinvolte anche nell’organizzazione di evento social, “21 marzo, bandiere per il futuro”. “Vedere migliaia di bandiere al vento, tantissimi volti, dai più piccoli agli anziani, nelle piccole comunità e nelle piazze delle grandi città di questa Italia che ha festeggiato la primavera con nel cuore il sogno di un Europa più giusta, più buona e senza odio, – ha detto Santino Scirè, Presidente della Fondazione Achille Grandi – è stato un bel segnale per ribadire che valori come uguaglianza, solidarietà e democrazia sono i veri capisaldi del futuro Europeo delle nuove generazio-

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ni.” Per l’occasione, anche le finestre di Palazzo Grandi, sede nazionale delle Acli in via G. Marcora a Roma, sono state riempite con le bandiere dell’Europa e dell’Italia insieme a dei palloncini blu che riportavano il logo scelto per la campagna “Animare l’Europa”, un cuore disegnato dalle stelle gialle accanto al simbolo dell’associazione “Il sorriso dei ragazzi che chiedevano le bandiere europee e gridavano “viva l’Europa” di fronte ai nostri gazebo – ha detto il Presidente nazionale delle Acli, Roberto Rossini – è il segno che i giovani, pur non avendo vissuto direttamente i conflitti, hanno chiaro cosa significhi la pace, che si consolida con il dialogo e il rispetto tra i popoli, e che confida nella legalità, nella multiculturalità, nell’umanesimo condiviso”.

PROGETTO

Quello della cooperativa “Controluce” è un progetto ambizioso. Con “Mani in pasta”, volontari, medici e pazienti non vogliono solamente sperimentare l’inserimento lavorativo di persone affette da disabilità psichica all’interno di un pastificio. In programma c’è anche il lancio di un marchio etico che non trascuri il consumo critico e il sostegno sociale ai soggetti svantaggiati. Il primo passo è compiuto. A San Cataldo, nell’entroterra di Caltanisetta, ha aperto “InSemola”, un laboratorio di pasta fresca dove 15 disabili psichici avranno la possibilità a gruppi di cinque e per nove mesi continuativi, di impastare a fianco di due “tutor- chef”, confezionando e vendendo al pubblico i loro prodotti. In tal modo il volontariato in Sicilia si sostituisce allo Stato, che ha lasciato scoperto di servizi socio-sanitari specifici un vasto territorio. Il pastificio artigianale ha aperto i battenti grazie al sostegno di “Fondazione con il Sud” e rappresenta ciò per cui molti psichiatri hanno lottato tutta la vita : la liberazione dei pazienti con gravi patologie. “Mani in pasta” coinvolge naturalmente anche le famiglie degli utenti, che seguono il progetto con grande partecipazione, poiché vedono in questa sperimentazione un aiuto e un sostegno socio-assistenziale ai loro gravi problemi.

COMUNITÀ EDUCANTE

Un buon formaggio, prodotto da persone che hanno fatto del male. È con questa presentazione che è stato regalato a Papa Francesco “il formaggio del perdono”. Una squisitezza confezionata dai carcerati coinvolti nel progetto CEC, una sigla che sta per Comunità educante con carcerati, messo a punto dalla comunità Giovanni XXIII. È la più bella dimostrazione che anche chi ha commesso una brutta azione può riflettere, pentirsi e dedicarsi alla bontà ! Segnali come questo vanno divulgati, perché mettono in evidenza il fatto che anche chi sbaglia, magari anche gravemente, può rendersi conto degli errori compiuti e riabilitarsi.

RINASCITA

Questa toccante e sincera partecipazione per un assurdo delitto è talmente profonda da sembrare una poesia. Ed è di uno scrittore russo, Eugenij Evtushenko, in memoria di Martin Luter King, il martire della non violenza. “Era un negro, ma con un’anima pura come neve bianca. Venne ucciso da un bianco con un’anima nera. Quando ricevetti la notizia quella stessa pallottola colpì anche me. Quella pallottola lo uccise ma da quella pallottola io sono rinato. E sono rinato negro”. Sono parole che denotano un sentimento e un dolore talmente profondi che sarebbe difficile descriverne il valore, se non partecipandovi attraverso la condivisione. Per le Acli Albinesi Gi.Bi.

Aprile 2019


CASA FUNERARIA di ALBINO GENERALI ONORANZE FUNEBRI pcp srl, società di servizi funebri che opera con varie sedi attive sul territorio da più di 60 anni, nata dalla fusione di imprese storiche per offrire un servizio più attento alle crescenti esigenze dei dolenti, ha realizzato ad Albino la nuova casa funeraria. La casa funeraria nasce per accogliere una crescente richiesta da parte dei famigliari che nel delicato momento della perdita di una persona cara si trovano ad affrontare una situazione di disagio oltre che di dolore nell’attesa del funerale. Il disagio potrebbe derivare dalla necessità di garantire al defunto un luogo consono, sia dal punto di vista funzionale che sanitario e permettere alle persone a lui vicine di poter manifestare il loro cordoglio con tranquillità e discrezione. Spesso si manifesta la necessità di trasferire salme in strutture diverse dall’abitazione per ragioni di spa-

zio, climatiche igienico sanitarie. Ad oggi le strutture ricettive per i defunti sono poche ed il più delle volte improvvisate, come ad esempio le chiesine di paese, che sono state realizzate per tutt’altro scopo e certamente non garantiscono il rispetto delle leggi sanitarie in materia. Dal punto di vista tecnico la casa funeraria è stata costruita nel rispetto delle più attuali norme igienico-sanitarie ed è dotata di un sistema di condizionamento e di riciclo dell’aria specifico per creare e mantenere le migliori condizioni di conservazione della salma. La struttura è ubicata nel centro storico della città di Albino, in un edificio d’epoca in stile liberty che unisce funzionalità e bellezza estetica. Gli arredi interni sono stati curati nei minimi dettagli; grazie alla combinazione di elementi come il vetro e il legno, abbiamo ottenuto un ambiente luminoso e moderno, elegante ma sobrio. Lo spazio è suddiviso in 4 ampi appartamenti, ognu-

no dei quali presenta un’anticamera separata dalla sala nella quale viene esposta la salma, soluzione che garantisce di portare un saluto al defunto rispettando la sensibilità del visitatore. Ogni famiglia ha a disposizione uno spazio esclusivo contando sulla totale disponibilità di un personale altamente qualificato in grado di soddisfare ogni esigenza.

FUNERALE SOLIDALE Il gruppo GENERALI ONORANZE FUNEBRI, presente sul territorio con onestà e competenza, mette a disposizione per chi lo necessita un servizio funebre completo ad un prezzo equo e solidale che comprende: - Cofano in legno (abete) per cremazione e/o inumazione; - Casa del commiato comprensiva di vestizione e composizione della salma, carro funebre con personale necroforo; - Disbrigo pratiche comunali.

Antonio Mascher  335 7080048 ALBINO - Via Roma 9 - Tel. 035 774140 - 035 511054 - info@centrofunerariobergamasco.it


DALL’ANAGRAFE PARROCCHIALE Defunta

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Anniversario

Carmelina Aristolao

Antonio Milanese

Anni 87 Gesù, confido in Te!

20° anniversario Il ricordo di te e l’amore che ci hai donato, sono sempre nei nostri cuori.

Volantino della Mostra-mercato di arredo andino organizzata presso il nostro oratorio dall’Operazione Mato Grosso di cui fa parte l’albinese Jacopo Manara. Jacopo è stato vicino, per due anni, ai ragazzi più poveri del Perù, quelli accolti all’interno dei Taller (scuole in cui ricevono gratuitamente vitto, alloggio e viene insegnato loro il mestiere del falegname) aiutandoli nel lavoro quotidiano e condividendo con loro la fatica e le soddisfazioni di un mestiere buono e concreto. Gli arredi esposti sono tutti pezzi unici, fatti a mano e il ricavato della loro vendita tornerà interamente a questi ragazzi poveri e alle loro famiglie.

Per la pubblicazione in questa pagina delle fotografie dei propri cari defunti, rivolgersi alla portineria dell’oratorio.

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Febbraio 2018


Per essere informato sulle attivitĂ proposte dalla nostra comunitĂ parrocchiale, iscriviti alla NEWSLETTER sul sito

www.sagrato.it


INFO UTILI

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RECAPITI UTILI Casa parrocchiale Tel. e fax: 035 75.10.39 albino@diocesibg.it Oratorio Giovanni XXIII Tel. 035 75.12.88 oratorioalbino@gmail.com Santuario del Pianto 035 75.16.13 - www.piantoalbino.it Convento dei Frati Cappuccini Tel. 035 75.11.19 Scuola dell’infanzia Centro per la famiglia “San Giovanni Battista” Tel. 035 75.14.82 - 035 02.919.01 Padri Dehoniani Tel. 035 75.87.11 Suore delle Poverelle alla Guadalupe Tel. 035 75.12.53 Caritas Parrocchiale Centro di Primo Ascolto Tel. 035 75.52.33 aperto al mercoledì (ogni 15 giorni) dalle ore 20.30 alle 22.00 e al sabato dalle ore 9.30 alle 11.30

ORARI delle SANTE MESSE FESTIVE

FERIALI

In Prepositurale

In Prepositurale

ore 18.00 al sabato (prefestiva) ore 8.00 - 10.30 - 18.00 Per i battesimi come da calendario alle ore 10.30 o alle 15.00

Al santuario del Pianto

ore 8.30 - 17.00

Quando si celebra un funerale (in Prepositurale): se è al mattino, è sospesa la S. Messa delle 8.30; se è al pomeriggio, è sospesa la S. Messa delle 17.00.

ore 7.30 - 17.00

Alla chiesa dei Frati ore 6.45

Al santuario della Guadalupe

Al santuario del Pianto ore 7.15

ore 9.00

Al santuario della Concezione

ore 10.00 (sospesa nei mesi di luglio e agosto)

Alla chiesa dei Frati Cappuccini

ore 7.00 - 9.00 - 11.00 - 21.00 (ad agosto è sospesa quella delle 21)

Alla Guadalupe ore 8.00 Sulla frequenza 94,7 Mhz in FM è possibile ascoltare celebrazioni liturgiche e catechesi in programma nella nostra chiesa Prepositurale

PER COPPIE E GENITORI IN DIFFICOLTÀ Consultorio familiare via Conventino 8 - Bergamo Tel. 035 4598350 Centro di Aiuto alla Vita Via Abruzzi, 9 - Alzano Lombardo Tel. 035 4598491 - 035 515532 (martedì, mercoledì e giovedì 15-17) A.C.A.T. (metodo Hudolin) Ass.ne dei Club Alcologici Territoriali Tel. 331 8173575 PER CONIUGI IN CRISI Gruppo “La casa” (don Eugenio Zanetti) presso Ufficio famiglia della Curia diocesana Tel. 035 278111 - 035 278224 GIORNALE PARROCCHIALE info@vivalavita.eu

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Opere parrocchiali ... il tuo aiuto è importante

È possibile fare offerte - anche deducibili fiscalmente nella dichiarazione dei redditi in misura del 19% - a sostegno dei lavori autorizzati dalla Soprintendenza per i beni Architettonici. In particolare segnaliamo il debito che rimane dei lavori effettuati alla chiesa del Pianto (70.500 €); al campanile, agli affreschi nella sacristia della Prepositurale, alla chiesa della Concezione e ai tetti dell’Oratorio fin’ora sistemati (250.400 €); per l’adeguamento del CineTeatro (71.100 €). Per le aziende è possibile detrarre totalmente la cifra devoluta. Grazie per quello che riuscirai a fare. PER DONAZIONI - Bonifico bancario tramite Credito Bergamasco di Albino, Parrocchia di San Giuliano: IBAN IT91 R050 3452 480000000000340 Per la ricevuta ai fini fiscali, rivolgersi in casa parrocchiale.

Il Silenzio... virtù da coltivare in questo anno pastorale Stampato in abbinamento editoriale con il n. 4/2019 di LAIF - In copertina: “Vetrata di Pasqua”.

Aprile 2019


Narra un midrash della tradizione rabbinica: Quando ogni famiglia ebrea ebbe arrostito sul fuoco l’agnello, Dio chiamò i quattro venti che soffiavano in Eden e ordinò: «Soffiate verso oriente e verso occidente verso mezzogiorno e verso settentrione». Essi soffiarono e il profumo della Pasqua si sparse su tutta la terra. Domandarono i popoli della terra: «Che cos’è questo buon profumo?». Risposero gli angeli: «È Israele che prepara la salvezza per tutta la terra».


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