Albino comunità viva - aprile 2018

Il giornale della ComunitĂ parrocchiale di San Giuliano - N. 4 / APRILE 2018

Calendario Appuntamenti

Aprile 28 Sab 29 Dom 30 Lun

u 18.00 - Catechesi 1a e 2a media in Oratorio

S. Gianna Beretta Molla

5A di Pasqua In settimana visita e comunione agli ammalati

Maggio Festa civile del lavoro

S. Giuseppe lavoratore 20.00 - Alla Casa della Carità

riunione coordinamento Caritas

S. Atanasio

u 16.00 - Adorazione eucaristica e S. Messa

S. Floriano

u 20.30 - Catechesi in Oratorio ragazzi 3A media u 20.45 - Formazione animatori CRE

S. Irene

u Dalle 9.30 alle 16.30 Ritiro dei comunicandi, confessioni, pranzo al sacco e prove in chiesa. u 18.00 - Catechesi 1a e 2a media in Oratorio

6A di Pasqua

Celebrazione della Santa Messa di Prima Comunione

S. Ida

Inizio settenario Madonna del Pianto 17.00 - Santa Messa e affidamento dei

Comunicati a Maria al Santuario della

Madonna del Pianto 20.30 - In Oratorio, incontro con i genitori dei

ragazzi che si preparano alla Cresima. u 20.30 - Gruppi di ascolto della Parola di Dio

nelle case

S. Pacomio

S. Alfio

S. Fabio

S. Mattia Apostolo

S. Ubaldo

20.30 - In Oratorio, incontro con i genitori

dei bambini che si preparano alla

Prima Confessione. u 16.00 - Adorazione eucaristica e S. Messa u 20.30 - Catechesi in Oratorio ragazzi 3A media u 20.45 - Formazione animatori CRE

u 9.30 e 14.15 - Catechesi elementari u 18.00 - Catechesi 1a e 2a media in Oratorio 20.30 - Processione Santuario del Pianto S. Leopoldo Mandić con i bambini della Prima Comunione

20.00 - Alla Casa della Carità riunione Caritas u 20.45 - In S. Anna “Il discepolo che Gesù amava”: incontro di preghiera di comunità ricordando i cresimandi.

20.45 - Presentazione CRE 2018 in Oratorio

per i genitori dei ragazzi di Elementari

e Medie S. Pasquale Baylon u 16.00 - Adorazione eucaristica e S. Messa

u 20.30 - Catechesi in Oratorio ragazzi 3A media S. Felice da Cantalice u 20.45 - Formazione animatori CRE

S. Celestino V

20.30 - S. Messa alla Guadalupe

per i bimbi non nati 20.30 - Confessioni per i genitori dei bambini Ss. Filippo e Giacomo App. che si preparano alla Prima Comunione

S. Flavia v.

Ascensione

S. Severino v.

S. Giuseppe B. Cottolengo

1 Mar 2 Mer 3 Gio 4 Ven 5 Sab 6 Dom 7 Lun 8 Mar 9 Mer 10 Gio 11 Ven 12 Sab

13 Dom 14 Lun 15 Mar 16 Mer 17 Gio 18 Ven 19 Sab 20 Dom 21 Lun 22 Mar 23 Mer 24 Gio 25 Ven 26 Sab 27 Dom 28 Lun 29 Mar

Festa miracolo Madonna del Pianto 10.30 - S. Messa a Pianto 15.00 - Eucaristia con celebrazione Battesimi 16.30 - Concerto Corale a San Rocco

u 18.00 - Catechesi 1a e 2a media in Oratorio u 18.30 - InvitI a cena in Oratorio

aperto a tutti Prime Confessioni 15.00 - In Prepositurale

pentecoste

S. Fermo

20.45 - Presentazione CRE 2018 in Oratorio

per i genitori degli animatori e verifica

anno adolescenti

Memoria del beato palazzolo u 16.00 - Adorazione eucaristica e S. Messa

alla Guadalupe B. L.M. Palazzolo u 20.30 - Gruppi di ascolto della Parola di Dio u Ritiro dei cresimandi dai Cappuccini

S. Desiderio 20.30 - In Prepositurale, confessioni per i

genitori, padrini e madrine dei ragazzi

che si preparano alla Cresima.

Maria SS. Ausiliatrice Iscrizioni CRE: 16-17.30 dal 24 al 30 maggio u 16.00 - Adorazione eucaristica e S. Messa u 20.30 - Catechesi in Oratorio ragazzi 3A media u 20.45 - Formazione animatori CRE S. Beda Iscrizioni CRE 2018: 16.00-17.30 u 9.30 e 14.15 Catechesi elementari - 14.30 Prove Cresimandi - 18.00 Catechesi 1a e 2a media u 20.30 - Veglia allo Spirito Santo per ragazzi della S. Filippo Neri Cresima, con i loro genitori, i padrini e le madrine. u 9.30 - Preghiera cresimandi in S. Bartolomeo 15.30 - Eucaristia con il

sacramento della SS. Trinità Confermazione In settimana visita e comunione agli ammalati Iscrizioni CRE 2018: 16.00-18.00

S. Emilio m.

Iscrizioni CRE 2018: 16.00-17.30

S. Massimino v.

Per essere informato sulle attività proposte dalla nostra comunità parrocchiale iscriviti alla newsletter mensile dal sito www.sagrato.it o www.vivalavita.eu/albino Puoi seguirci su facebook mettendo “mi piace” alla pagina Parrocchia di Albino

1 “Da questo tutti vi riconosceranno come miei discepoli” (Giovanni 13,35)

In questo anno che abbiamo dedicato alla virtù dell’umiltà; in questo periodo che vede rinnovarsi il dono di alcuni sacramenti ai nostri ragazzi; in questo tempo dedicato da Papa Francesco ai giovani, vado cercando approfondimenti e collegamenti. Condivido così queste considerazioni.

Da tempo mi sono soffermato sulla figura del discepolo nei riguardi del maestro, forse perché sono sempre stato colpito da Pietro che ad un certo punto si atteggia da maestro nei riguardi di Gesù e lo rimprovera e gli dice quello che deve dire e quello che non deve dire. E Gesù ricorda a Pietro quello che è il suo posto: dietro a lui; perché i discepoli di Gesù - a differenza di quelli dei rabbini che a loro volta diventavano rabbini – restano discepoli, sempre.

Inoltre, il fatto che il Padre decida lui a chi manifestarsi e a chi nascondersi, sta alla base della risposta che Pietro può dare alla domanda di Gesù: “E voi, chi dite che io sia?”. Gesù riconoscerà che il Padre l’ha “rivelata” a Pietro; questo Padre che rovescia le solite logiche e supera anche la sapienza dell’Antico Testamento, per la quale era il sapiente, che aveva studiato la Parola di Dio, ad essere vicino a Dio; e il semplice, non istruito, ad essere lontano. Ma, guai se poi il semplice si ritenesse intelligente! Perché deve essere chiaro che la conoscenza di Dio è un suo dono, una sua rivelazione, e non una conquista della nostra intelligenza.

Ed è così che mi sono imbattuto in un approfondimento del libro di Daniele, relativo al racconto di Susanna, che anticamente concludeva l’Antico Testamento, quasi a preparare il Vangelo di Matteo.

Questo libro presenta spunti importanti riguardo al rapporto maestro-discepolo e ha sottolineature interessanti riguardo all’identità del fedele quando non ha più una terra, un tempio, un re, ma molte sono le terre nelle quali si è dispersi, molte le dottrine, le culture e le religioni con le quali si convive, molti i governanti che si avvicendano al potere. Così succede che il tempo in cui non c’è più un re in Israele è anche il tempo in cui non ci sono anziani saggi; l’assenza di un maestro è facilmente assenza di maestri.

La società è dominata da persone che governano solo in apparenza, prigioniere dei propri interessi e delle proprie passioni. La loro posizione li rende sicuri di agire impunemente: “9 persero il lume della ragione, distolsero gli occhi per non vedere il Cielo e non ricordare i giusti giudizi”.

Già in questa premessa ho trovato assonanze con la nostra situazione. Ma quello che più mi ha affascinato è stata quella che doveva essere la conclusione di questo libro. Attualmente il racconto di Susanna è al capitolo 13, che termina con il versetto 64; tutto il libro di Daniele, invece, termina con il capitolo 14 con Daniele nella fossa dei leoni.

Bene! C’è uno studio che ha ricostruito così la conclusione: il capitolo 14 non c’era e il capitolo 13 terminava con due versetti spariti, e precisamente il 62 A e 62 B (senza i versetti 63 e 64). Mi scuserai questi dettagli, ma era per arrivare a quello che mi ha affascinato. Questi due versetti, che ora mancano, dicevano così: “62A Per questo i giovani sono i diletti di Giacobbe per la loro semplicità. 62B Noi dobbiamo custodire i giovani come figli capaci, i giovani saranno pii e in loro ci sarà sempre uno spirito di scienza e di intelligenza”.

Non potevo non chiedermi come mai questi due versetti fossero spariti; senza comunque trovare una risposta, se non delle supposizioni, che lascio però alla tua fantasia.

Questa semplicità rende potente la loro richiesta a Dio, come Susanna; li rende giusti, senza secondi fini, onesti verso Dio e verso il re; prediletti per la loro generosità; capaci di assumersi importanti responsabilità. I giovani saranno dunque oggetto di speciale custodia perché destinati ad assumere le redini della società; le qualità individuate faranno di loro guide ideali. Anche se, come nel racconto di Susanna, dovranno aspettarsi prove, invidie e magari la morte. Ma per questa testimonianza saranno un riferimento importante per i loro fratelli.

Un augurio ai discepoli che pur diventando a loro volta guide sanno di essere sempre discepoli: avvenga come quel bambino, nel Vangelo di Matteo, della casa di Davide su cui scese lo Spirito, come colomba, e divenne Maestro.

Auguri anche ai piccoli che diventano grandi, accompagnati da grandi con un cuore grande vs. dongiuseppe

Aprile 2018

2

Vita della chiesa Presentazione dell’Esortazione di Papa Francesco “Gaudete et exsultate”.

Cammini di santità per gente comune di Paola Bignardi su L’Osservatore Romano del 9-10 aprile 2018

La prima cosa che colpisce in questo documento è la determinazione con cui si sostiene che la santità appartiene alla gente comune, che ha un’ordinaria vita quotidiana fatta delle cose semplici che sono la struttura dell’esistenza di tutti. Dunque una santità che non è per pochi eroi o per persone eccezionali, ma che rappresenta il modo ordinario di vivere l’ordinaria esistenza cristiana. La conseguenza di questo è subito detta: se non vi è vocazione o condizione esistenziale incompatibile con la chiamata alla santità, allora non vi è vita cristiana possibile al di fuori di questo quadro esigente e appassionante: la vita cristiana non può realizzarsi pienamente se non nella prospettiva della santità, non vi sono percorsi intermedi o accomodamenti con lo sconto.

La regola di essa è presentata nel terzo e quarto capitolo del documento. La carta di identità del cristiano è data dalle beatitudini e da quella che Papa Francesco chiama la «grande regola di comportamento» proposta nel capitolo 25 del Vangelo di Matteo: la concreta misericordia verso il povero.

Nelle beatitudini vi è la carta di identità del cristiano perché in esse si delinea il volto del Maestro, che il cristiano è chiamato a far trasparire nella quotidianità della sua vita (n. 63). La parola “felice”, o beato, è sinonimo di santo. Chi vive nel dono di sé perché vive secondo la parola di Gesù, è santo e raggiunge la vera beatitudine.

Papa Francesco però mette in guardia dalla tentazione di considerare le beatitudini come belle parole poetiche: esse vanno controcorrente e delineano uno stile diverso da quello del mondo. Basta leggerne la semplice declinazione che viene fatta al termine della descrizione di ciascuna di esse: il santo è colui che è povero nel cuore; il santo è chi reagisce con umile mitezza; santo è chi sa piangere con gli altri; santo è chi cerca la giustizia con fame e sete; santo è chi guarda e agisce con misericordia; santo è chi mantiene il cuore pulito da tutto ciò che sporca l’amore; santo è chi semina pace attorno a sé; santo è chi accetta ogni giorno la via del Vangelo nonostante questo gli procuri problemi.

La «grande regola di comportamento» traduce in modo concreto le beatitudini, soprattutto quella della misericordia. L’esempio che viene riportato al n. 98 è proprio molto concreto e mostra il discrimine tra l’essere cristiani e non esserlo. «Quando incontro una persona che dorme alle intemperie, in una notte fredda» (n. 98) posso considerarlo un imprevisto fastidioso o riconoscere in lui un essere umano con la mia stessa dignità, come me infinitamente amato dal Padre: dal mio atteggiamento passa il confine tra l’essere cristiano e no.

Le beatitudini delineano il volto del Signore Gesù e non possono essere vissute se non conservando un’intensa unione con Lui. Ma non è sulla via della santità nemmeno colui che diffida dell’impegno sociale «considerandolo qualcosa di superficiale, mondano, secolarizzato, immanentista, comunista, populista» (n. 101); e conclude il testo: «Non possiamo proporci un ideale di santità che ignori l’ingiustizia di questo mondo». Perché se la santità è vi-

Vita della chiesa

vere l’amore, il dono di sé come lo ha vissuto il Signore Gesù, fino in fondo, in maniera radicale e totale, non si potrà passare distratti e indifferenti accanto al fratello; e per fare questo, il cristiano avrà bisogno che sia il Signore Gesù a renderlo capace di amare come Lui ha amato.

Vivere la santità richiede di aver realizzato nella propria vita quella unità per cui si passa dalla contemplazione del volto del Signore al concreto gesto di carità, e dal gesto al volto.

Il capitolo quarto delinea cinque grandi manifestazioni dell’amore per Dio e per il prossimo; cinque forme attuali, perché la santità ha forme concrete diverse nei diversi tempi.

Il documento è uno strumento per cercare le forme della santità per l’oggi. Le cinque caratteristiche proposte intendono misurarsi con alcuni rischi e limiti della cultura di oggi: «l’ansietà nervosa e violenta che ci disperde e debilita; la negatività e la tristezza; l’accidia comoda, consumista ed egoista; l’individualismo, e tante forme di falsa spiritualità senza incontro con Dio che dominano nel mercato religioso attuale» (n.

111).

3

Per questo, c’è bisogno di fermezza e solidità interiore per resistere all’aggressività che è dentro di noi, alla tentazione di partecipare a quelle forme moderne di violenza quali quelle costituite dalla rete, per non lasciarsi suggestionare dal male che si annida sottile nelle relazioni con gli altri e le avvelena...

Il santo vive con gioia e ha il senso dell’umorismo; la sua non è la gioia spensierata e superficiale, ma quella che nasce dalla consapevolezza di essere infinitamente amati e si esprime nella comunione fraterna.

Inoltre la santità è parresia, è coraggio apostolico, è capacità di osare, di sperimentare, di prendere l’iniziativa, di muoversi verso la novità. È osare di andare verso le periferie e le frontiere, per scoprire che il Signore è già lì «Gesù ci precede nel cuore di quel fratello, nella sua carne ferita, nella sua vita oppressa, nella sua anima ottenebrata. Lui è già lì» (135).

Santità è sfidare l’abitudinarietà e lasciarsi smuovere da ciò che succede attorno a noi e dalla Parola del Risorto.

Santità è un cammino da fare in comunità, come testimoniano tanti santi, e tra essi i monaci trappisti di Tibhirine, che si sono preparati insieme al martirio. La vita comunitaria - in famiglia, in parrocchia, nella comunità religiosa... - è «fatta di tanti piccoli dettagli quotidiani» (n. 143). La via dell’unità desiderata da Gesù nel discorso di addio passa dai piccoli gesti di ogni giorno.

Infine la santità è preghiera, fatta di silenzio, del lasciarsi guardare dal Signore, dal lasciar alimentare da Lui il calore dell’amore e della tenerezza; è «la contemplazione del volto di Gesù morto e risorto che ricompone la nostra umanità». La santità è lasciarsi trasformare dal Signore e dalla potenza del suo Spirito.

Anche oggi, dunque, la via della santità è la via della gioia.

L’Esortazione di Papa Francesco “Gaudete et exsultate” è pubblicata integramente, nella versione sfogliabile in internet, sul sito parrocchiale www.sagrato.it.

Aprile 2018

4

Vita della chiesa Storie di donne

Suor Lucia Mazzoleni, a Bergamo fra cultura dell’incontro e sorrisi. di Simone M. Varisco su Migranti-press del gennaio 2018 www.caffestoria.it/donne Suor Lucia Mazzoleni – entusiasmo e sguardo vivace – mi accoglie nel suo ufficio sotto un cielo che minaccia pioggia. «Più che un ufficio, un magazzino – scherza – anzi, un “ufficio operativo”!». All’esterno, nel complesso che oltre al Segretariato Migranti della diocesi di Bergamo ospita la Caritas diocesana, i Consultori familiari diocesani ed altri organismi, il via vai di migranti è intenso. Giovani soli e famiglie, per lo più originari dell’Africa subsahariana. Suor Lucia, però, si occupa di altro, settori pastorali spesso dimenticati, eppure importanti: rom, sinti, circensi e giostrai. Situazioni talvolta critiche, ma soprattutto persone che «portano il sorriso di Dio».

Rom, Sinti, circensi e gente dello spettacolo viaggiante: settori della mobilità che spesso si confondono, ma che in realtà si caratterizzano per profonde differenze. Qual è la strategia di suor Lucia per seguire tutti? (ride) “Seguire tutti” è una parola grossa! Sono in questo Ufficio migranti da ormai quattro-cinque anni e sono sola. Uno fa quello che può! Rispetto a rom e sinti la mia attenzione si concentra su due campi che nella diocesi di Bergamo sono autorizzati dai comuni di Trescore e di Romano di Lombardia. Nei due campi – abitati esclusivamente da sinti – sono presenti anche due operatori per un progetto della Caritas che ha lo scopo di integrare, di osservare, di “creare ponte” con le istituzioni.

L’obiettivo è il superamento del campo. […]

La comunità cristiana risponde?

Sì, in molte situazioni ho trovato collaborazione, anche se la sensibilizzazione è sempre fondamentale. È più facile creare occasioni di incontro se la sosta di giostrai e circensi si protrae più a lungo. Ad esempio, alcune famiglie di giostrai sono solite fermarsi per la stagione invernale, da novembre ad aprile, in un’area nel comune di Bagnatica. Durante questi mesi la collaborazione di alcune catechiste ci permette di organizzare un corso di catechesi all’interno dell’area sosta e di provare ad introdurre le famiglie di giostrai nella vita della parrocchia. Per loro – per il loro tipo di lavoro e per i loro ritmi – è difficile “sentire” la comunità parrocchiale. Alcune volte, però, ci sono sorprese inaspettate.

Ad esempio?

A causa della confusione che c’è attorno alle famiglie di giostrai, che vengono spesso etichettate semplicemente come di “zingari”, di “ladri”, alcuni mesi fa si sono verificati momenti di difficoltà. Dopo alcuni furti, un messaggio su Twitter aveva accusato i giostrai, famiglie presenti e conosciute da anni. Inutile dire che si sono sentite fortemente offese. Il Comune è intervenuto in loro difesa e anch’io sono stata interpellata. Ho coinvolto la parrocchia perché manifestasse la propria vicinanza. Si era in tempo di Quaresima e ne è scaturita l’idea di organizzare la tradizionale Via Crucis all’aperto nella zona industriale dove sostavano i giostrai, con la partecipazione di tutti. È stato un momento significativo.

Nel suo Messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2018 papa Francesco ha proposto una riflessione articolata su quattro parole:

accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Cosa significa accogliere nel lavoro fra i circensi e i giostrai? […] Molto spesso il campo è ai margini non solo del territorio, ma anche della vita sociale di una comunità. Prima di tutto, quindi, promuovere significa far prendere consapevolezza ai sinti di avere tutti i diritti di ogni persona, di non essere inferiori ai gage (i non romaní, NdR), pur non venendo meno in niente rispetto alla propria cultura. È questo un loro grande timore. Rispetto a noi, invece, promuovere vuol dire impegnarci a mantenere il nostro ruolo di “ponte” fra loro, le istituzioni e il resto della società. Negli ultimi quattro-cinque anni, ad esempio, ci siamo adoperati per sostenere l’inserimento scolastico dei bambini sinti. I ragazzi sinti quest’anno hanno conseguito il diploma di terza media senza essere stati aiutati e tre di loro si sono iscritti alle superiori. Per noi è un successo del quale andare orgogliosi, soprattutto perché significa che hanno percepito anche un’accoglienza positiva. Promuovere è anche stimolare in loro il desiderio di migliorare, di non essere passivi. Un altro progetto riguarda l’inserimento lavorativo, tramite cooperative. Certo non si regala niente, contano le competenze, le capacità, la fedeltà nel lavoro. Promuovere, poi, vuol dire anche far conoscere.

Lo facciamo anche attraverso un docu-film

testimoni

5

Integrare. Integrare nella comunità cristiana?

Innanzitutto integrare significa rompere i pregiudizi che – come spesso dico – abbiamo installati nel nostro DNA! (ride) Saper andare oltre, vedere che le persone sono persone. Un primo luogo di integrazione in parrocchia è l’oratorio, soprattutto per i bambini e i ragazzi: il gioco, l’accompagnamento durante i compiti, la partecipazione alle diverse iniziative che l’oratorio propone. Quest’anno, con nostra meraviglia, tre ragazzi sinti ci hanno chiesto di frequentare il CRE (il Centro ricreativo estivo, NdR).

La famiglia era contraria, ma noi li abbiamo sostenuti. La parrocchia ha contribuito all’integrazione accettando alcune delle mamme nel servizio di pulizia dell’oratorio – ore retribuite, non solo di volontariato.

I sinti che vivono nei due campi sono in maggioranza cristiani?

Sono cristiani, ma soprattutto in un campo sono evangelisti e hanno un proprio pastore. Rispettiamo questa diversità, ma vediamo che non gli impedisce di partecipare ad alcune iniziative. La cosa principale è la fiducia: se ci danno fiducia tutto è più semplice. Anche alcune piccole o grandi soddisfazioni aiutano.

realizzato da un giovane operatore bergamasco e intitolato Opre Roma (si tratta del film-documentario dello stezzanese Paolo Bonfanti, autore e regista, NdR). Per noi è uno strumento prezioso, che utilizziamo sia con gli abitanti dei campi sia con il resto della popolazione e le istituzioni per mettere in evidenza non solo le problematiche – che conosciamo benissimo – ma anche gli aspetti positivi di questa cultura. Il rischio, altrimenti, è di darla vinta ai pregiudizi e alla contrapposizione.

Me ne racconti una.

Tempo fa abbiamo celebrato una Messa per dei circensi. Al termine della Messa la responsabile del circo si è avvicinata e ci ha detto che un signore, già adulto, aveva il desiderio di ricevere la cresima. Avrebbero sostato a Bergamo per un mese e l’occasione gli sembrava propizia. Ho pensato che fosse una battuta, invece era un’intenzione seria. La richiesta è stata valutata, abbiamo organizzato un breve percorso di preparazione e alla fine h ricevuto la cresima. Non è finita qui, però! La cresima è stata celebrata in un monastero di Clarisse, qui a Bergamo. Il circo, infatti, era fermo di fronte a questo monastero. Tempo prima una signora del circo aveva cercato conforto proprio dalle Clarisse. In seguito altre donne hanno seguito il suo esempio e con le suore si è creato un rapporto di fiducia reciproca che sembrava impossibile: un circo, in continuo movimento, e la comunità di un monastero, ferma per definizione! È stata una scoperta anche per le Clarisse, che non conoscevano la vita circense e la fatica che richiede. Ecco perché la cresima si è fatta nel monastero.

Al termine della celebrazione c’è stato anche un buffet comune, separati dalla grata, ma con una comunione ed una sintonia profondissime. Anche questa è Chiesa che si incontra. D’altronde, loro sono Clarisse e san Francesco era il “giullare di Dio”…

La fantasia dello Spirito Santo non ha limiti! Suore e circensi, oltre ad una preghiera per il viaggio, si sono scambiati anche i numeri di telefono! (ride)

Il crocifisso mitragliato, in una chiesa di Aleppo in Siria, ci ricorda quanto sia importante non arrendersi alla violenza e alla guerra.

Il crocifisso dalle braccia spezzate ci invita a usare le nostre braccia per lavorare per la riconciliazione, l’accoglienza, l’abbraccio quotidiano...

Il crocifisso di Aleppo ci guarda, e ci invita a far risorgere nel cuore l’impegno per la pace.

Aprile 2018

6

Vita della chiesa

Giornata del lavoro Messaggio per la Giornata del Lavoro del 1°maggio 2018 della Commissione Episcopale per i problemi sociali: lavoro, giustizia e pace, custodia del creato.

“Il lavoro è il centro di ogni patto sociale: non è un mezzo per poter consumare, no” Dal Discorso di Papa Francesco all’Ilva di Genova 27 maggio 2017 La quantità, qualità e dignità del lavoro è la grande sfida dei prossimi anni per la nostra società nello scenario di un sistema economico che mette al centro consumi e profitto e finisce per schiacciare le esigenze del lavoro. I due imperativi del benessere del consumatore e del massimo profitto dell’impresa hanno risolto il problema della scarsità dei beni e delle risorse necessarie per investimenti, innovazione e progresso tecnologico nella nostra società. Ma hanno finito per mettere in secondo piano le esigenze della dignità del lavoratore indebolendo il suo potere contrattuale, soprattutto nel caso delle competenze meno qualificate.

Questi meccanismi sono alla radice di quella produzione di scartati, di emarginati così insistentemente sottolineata da Papa Francesco. E ci aiutano a capire perché ci troviamo di fronte a tassi di disoccupazione così elevati, ancor più tra i giovani, e al fenomeno inedito dei lavoratori poveri. Se un tempo il lavoratore povero era una contraddizione in termini oggi l’indebolimento della qualità e della dignità del lavoro porta al paradosso che avere lavoro (che molte volte rischia di essere un lavoretto saltuario) non è più condizione sufficiente per l’uscita dalla condizione di povertà.

Gli ultimi dati sulla distribuzione del lavoro, dei salari e della ricchezza confermano che la frattura tra Nord e Sud del mondo non è più una frattura geografica ma è delimitata dal confine delle competenze. Ci sono tanti Nord e Sud dentro ciascun paese, città, quartiere. Nei paesi ad alto reddito come nei paesi emergenti assistiamo a crescenti diseguaglianze interne tra un ceto istruito e preparato alle sfide dell’economia globale e un ceto con minori competenze che rischia di finire tra i “vinti” del progresso, abbandonato sulla riva.

Di fronte a questo scenario è innanzitutto necessario innovare il nostro metodo di azione. Farsi prossimo agli ultimi, comprendere e condividere le loro urgenze non è solo un compito pastorale ma diventa un’esigenza fondamentale per l‘intera società in tutte le sue componenti (art. 2 della Costituzione) e un compito ineludibile per la classe politica. Abbiamo bisogno sempre più di forme di sussidiarietà circolare di solidarietà che vedano nuove configurazioni di collaborazione fra tutti i soggetti, senza particolarismi o primogeniture, ma come fondamento e fine del convivere responsabilmente insieme per un futuro di speranza a partire dal lavoro ‘centro di ogni patto sociale’.

Con il percorso che ci ha portato alle Settimane Sociali di Cagliari abbiamo camminato per le strade del nostro paese andando sui territori, individuando migliori pratiche e problematiche. Da questo viaggio nel paese abbiamo individuato tre urgenze fondamentali.

La prima è rimuovere gli ostacoli per chi il lavoro lo crea come sottolineato dal pontefice nel suo discorso all’Ilva di Genova. Creare buon lavoro (lavoro libero, cre-

ativo, partecipativo e solidale (EG n. 192) è oggi una delle più alte forme di carità perché genera condizioni stabili per l’uscita dal bisogno e dalla povertà. I mondi della pubblica amministrazione e della giustizia non possono essere distanti e separati da questa sfida e devono porsi l’obiettivo di rimuovere lacci e ostacoli evitando di essere un peso ed un freno.

La seconda è avere istituzioni formative (scuole, università, formazione professionale) all’altezza di queste sfide. In grado innanzitutto di suscitare nei giovani desideri, passioni, ideali, vocazioni senza le quali non esiste motivazione né sforzo verso l’acquisizione di quelle competenze fondamentali per risalire la scala dei talenti. Sogniamo un mondo nel quale i nostri giovani non si domandino semplicemente se potranno trovare un lavoro ma lavorino con passione e costanza per raggiungere l’obiettivo della loro generatività domandandosi quanto lavoro, valore sostenibile, quanto bene comune possono creare per la società in cui vivono. A questo fine l’incontro con il mondo del lavoro sin dai tempi della scuola, il confronto con le sue esigenze, lo stimolo allo sviluppo di competenze e al discernimento del proprio percorso di vita rappresentano elementi fondamentali per un sistema formativo che vuole aiutare i giovani ad inserirsi nella società ed evitare che finiscano nel vicolo cieco di coloro che non lavorano né studiano.

EffettoBibbia

testimoni

5

Per una riflessione sul sacro e il potere, la politica, il male.

Ha come titolo generale Donne forti e strani eroi. Il Libro dei Giudici l’edizione 2018, la nona, della rassegna Effettobibbia, promossa come negli scorsi anni da un comitato per la cultura biblica a cui aderiscono le Acli, il Centro culturale delle Grazie, il Centro culturale protestante, la Fondazione Adriano Bernareggi, la Fondazione Serughetti La Porta, i Gruppi biblici di Bergamo e l’Ufficio diocesano per l’Apostolato biblico. Tutti gratuiti gli eventi del programma, che comprenderà conferenze, letture, concerti e rappresentazioni teatrali a Bergamo e in provincia fino al 28 aprile, con due repliche il 10 e l’11 maggio (il flyer può essere scaricato dal sito www.effettobibbia.it).

«Il Libro dei giudici – affermano gli organizzatori della manifestazione – è uno dei libri più contraddittori della Bibbia. Parla di una comunità che non è più una comunità, di giudici che non sono in grado di giudicare, in una terra che è apparentemente loro ma che non possono possedere pienamente. È il racconto di persone che gradualmente ma inesorabilmente diventano “vuote”, di una marginalità che è politica, morale, spirituale e fisica. Eppure questo libro non ha mai cessato di affascinare per i personaggi che presenta, per la cruda riflessione sul potere, per il clima da “delitto e castigo” che vi domina».

La terza è una rete di protezione per i soggetti più deboli, uno strumento efficace di reinserimento e di recupero della dignità perduta per gli scartati, gli emarginati che desiderano reinserirsi nel circuito di diritti e doveri della società. Su questo punto chiediamo alle nostre forze politiche di superare contrapposizioni strumentali e convergere su un comun denominatore di una rete di protezione universale efficace.

Tenendo ben presente che dignità della persona non significa essere destinatari di un mero trasferimento monetario ma piuttosto essere reinseriti in quel circuito di reciprocità nel dare e avere, nei diritti e doveri che è la trama di ogni società. Se è vero che la mancanza di lavoro uccide, poiché genera “un’economia dell’esclusione e della inequità” (Evangelii gaudium 53) e produce inevitabilmente conflitti sociali la risposta al problema non può non essere ambiziosa. I giovani, gli imprenditori, noi tutti, credenti e uomini di buona volontà dobbiamo impegnarsi a riscoprire la «“vocazione” al lavoro», intesa come «il senso alto di un impegno che va anche oltre il suo risultato economico, per diventare edificazione del mondo, della società, della vita». Un buon lavoro è infatti dimensione fondamentale per svolgere il nostro ruolo di con-creatori e chiave fondamentale per la generatività, ricchezza di senso e fioritura della vita umana.

La nostra comunità parrocchiale, anche quest’anno, ospita un appuntamento di EffettoBibbia.

Lunedì 23 aprile, alle ore 20.45, nella chiesa di San Bartolomeo, sarà proposta la figura di «Debora la mediatrice: giudice e profetessa», lettura del testo biblico alternata a testi di poesie, immagini e musica. L’ingresso è libero.

Aprile 2018

8

educazione

“DISCESE AGLI INFERI...”

Dopo essere stato deposto dalla croce ed adagiato nel sepolcro, Gesù riposa.

Tutto sembra essere tornato come prima: sono cessati gli eventi che hanno accompagnato la sua morte, quando si fece buio su tutta la terra e si verificarono segni terribili nel cielo e sulla terra. Sono passate solo poche ore dalla crocifissione. Ora Gesù giace. È il grande silenzio.

Ma la vita ha un sussulto, non si spegne del tutto; non muore nel grembo della terra e non si rassegna all’immobilità forzata della tomba. Gesù, nella notte del sabato, scende agli Inferi armato della croce ‒con segno di vittoria coronato1‒ e, abbattute le porte e vinta ogni resistenza, libera quanti giacevano schiavi della morte. Li prende per mano e li porta con sé a condividere la libertà definitiva della vita eterna. È l’antico racconto del “descensus ad inferos”, la discesa di Cristo agli Inferi, tradizione di grande carica simbolica oltre che articolo del Simbolo apostolico.

Da sempre l’uomo ha sognato di poter vincere la morte per non arrendersi all’evidenza razionale che rappresentasse la fine di tutto. È iniziato dalle prime sepolture, che con il culto dei morti, hanno scandito i primi passi della civiltà umana. Da tempi remoti prende forma il racconto dell’impresa gloriosa di un eroe tanto coraggioso da affrontare il viaggio nelle viscere della terra, nel regno dei morti e delle ombre, da dove nessuno poteva tornare; il viaggio dell’eroe non è di sola andata, come quello dei più, ma deve essere di andata e ritorno, come quello che i più sperano anche per loro e per i loro cari.

Ecco allora i miti pagani di Eracle, Orfeo, Ulisse, Enea, ma anche il racconto dei Salmi e dei miracoli di Gesù a dare corpo a questa speranza. Da ultimo l’evento decisivo, la resurrezione di Gesù, a certificare che il nostro Dio non è un dio dei morti ma dei viventi... perché non abbandonerai la mia vita negli inferi, né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.

Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra.2 Secoli dopo anche Dante si accinge all’impresa di scendere agli Inferi. Ma per Grazia non per ardimento; tanto che inizialmente non crede neppure di essere all’altezza del compito. Rischia di rassegnarsi alla morte della speranza, alla convinzione

che dall’errore non ci sia via d’uscita. Nella selva oscura sembra che la morte abbia l’ultima parola...

Egli attraversa, come ogni uomo, l’esperienza della caduta, del traviamento, della condanna e dell’abbandono.

Ma ecco l’inaspettato: il farsi incontro di un’ombra, Virgilio, flebile personificazione della speranza, che lo invita a riprendere il cammino; Dante dovrà affrontare il suo “descensus ad inferos”. Lo compirà per volere del Dio misericordioso, che non vuole la morte del suo fedele: perché Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi.

Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano3; Come Enea in compagnia della Sibilla, Dante scenderà agli inferi in compagnia di Virgilio perché tutti noi abbiamo bisogno di essere accompagnati, proprio come gli sfiduciati discepoli che si allontanano da Gerusalemme verso Emmaus.

Sarà però la presenza femminile, quella di Beatrice ‒insieme a Maria e a Lucia‒ a propiziare il suo “descensus” e a rendere possibile la sua risalita: lo aspetterà nel paradiso terrestre, tappa intermedia del viaggio da dove, riconciliatosi con se stesso e con lei, Dante potrà proseguire nel suo “ascensus” verso il Paradiso Celeste, fino all’incontro definitivo con Dio. Enzo Noris

1. Inferno IV, 54 2. Salmo 16 (15), 10 ss.

3. Sapienza 1, 13 s.

vita parrocchiale

9

Sulle tracce di Chiara Luce “Credo che più del timore sia importante amare” Chiara Luce Badano era solo una bambina quando scrive questo pensiero che ancora oggi può e dovrebbe essere un esempio per grandi e piccoli.

Noi scolte del fuoco Chiara Luce Badano del gruppo Albino I abbiamo deciso di fare la nostra route invernale nei luoghi dove Chiara ha vissuto e dove ha potuto trasmettere e vivere questo suo insegnamento, così che anche noi potessimo sentirlo (e sentirla) più vicino a partire dai luoghi dove ha lasciato maggiormente la sua impronta.

Durante l’intera route ci siamo “fermate a guardare” l’esempio

di alcune donne che per noi sono dei modelli di vera Donna per poi raggiungere la figura di Chiara conoscendola sempre meglio riscoprendo il suo essere una donna nonostante la giovane età.

Abbiamo davvero sentito il suo amore derivante da quello ancora più grande di Dio durante quei giorni di raccoglimento, di comu-

nità, di crescita e di amicizia.

Abbiamo sentito questo amore nella sua storia che ci ha insegnato come questo sia più forte della paura e della sofferenza, nelle parole e nella gentilezza dell’amico Giuliano che ci ha raccontato di lei facendola sembrare ancora tra di noi, nei nostri sguardi mentre ascoltavamo di una ragazza come noi, nei fiori lasciati alla sua tomba da persone che hanno provato le nostre stesse emozioni sentendosi vicino a lei e nella sua genuina fiducia verso Dio. Probabilmente il disegno divino le sarà sembrato indecifrabile ma ci ha insegnato proprio ad avere fiducia perché senza questa non c’è amore.

Fianco a fianco al suo dolore ha avuto fede e per questo è diventata beata, dal latino “beatus” che letteralmente significa felice.

Chiara ci chiama anche alla felicità, a quella vera che si raggiunge nel cammino verso Dio. Tutto questo lo abbiamo sentito e lo custodiremo sempre come un insegnamento prezioso che ci è stato dato da una ragazza come noi.

Cervo Sensibile

Aprile 2018

Fotoracconto di Maurizio Pulcini

10

vita parrocchiale - La settimana santa

vita parrocchiale - la veglia pasquale

11

12

vita parrocchiale

Ricordando Clara alla Casa della Carità Anni fa (2007) il Centro di Primo Ascolto e Coinvolgimento ha stipulato un accordo con la Società dei Servizi (ASL) e più tardi con l’ambito dei Comuni, per l’accoglienza di donne solo o con bambini in situazioni di difficoltà nella nostra CASA DELLA CARITA’, per altro già aperta da alcuni anni (2004).

Questo accordo prevedeva la presenza di un’educatrice, figura responsabile della gestione della Casa e dei rapporti con gli Enti Pubblici, che seguisse le persone accolte.

Il C.P.A.C., in accordo con don Gian Luca e il Coordinamento Caritas, ha pensato a Clara, conoscendo la sua preparazione, avendo lei una laurea in Scienze dell’Educazione, il suo impegno in Oratorio, la sua sensibilità.

Ricordo che una domenica sera, dopo la Messa delle 18, fuori dalla parrocchiale le chiesi se fosse disponibile a ricoprire questo ruolo: Clara senza troppi ripensamenti e domande, ma con il “cuore in mano” ci disse di “sì”. È così iniziata una bella collaborazione che è durata fino a quando la malattia lo ha permesso.

Quante situazioni, anche d’emergenza, richiedevano la sua presenza, persino di notte e lei c’era!

Clara accoglieva queste donne, dopo aver preparato loro una casa dignitosa: stanze adeguate, una cucina attrezzata, giochi e vestiti per bambini… Un ambiente insomma che fosse il più accogliente possibile ad ospitare persone già in difficoltà.

La sua presenza però non era solo di tipo pratico: accompagnare l’ospite nella quotidianità per far conoscere il territorio, ( per esempio per far la spesa) o far da tramite con gli Enti e con la scuola… Clara sapeva leggere oltre i bisogni materiali evidenti di queste donne e dei loro piccoli; lei sapeva entrare nelle loro storie, nelle loro fatiche, nei loro drammi, per riconoscere quei disagi non espressi e con empatia camminava accanto a loro.

Con intelligenza gestiva il rapporto, non sempre facile, con le istituzioni. Sapeva dire anche dei “no”quando erano necessari.

Quando insieme cercavamo una possibile soluzione a situazioni di sfratto, di allontanamento dal marito o di solitudine Clara chiedeva che ognuno facesse la propria parte, noi come volontari e le istituzioni come tali.

Ecco “Il progetto di accoglienza nella CASA DELLA CARITÀ” steso da Clara:

Finalità

È un intervento rivolto a donne sole o con minori che vivono situazioni di disagio familiare. L’accoglienza temporanea

Clara Acerbis I cartelli realizzati da Clara per l’inaugurazione della Casa della carità

nella “Casa della carità” è funzionale all’attivazione di un progetto di autonomia e di crescita delle persone accolte.

Obiettivi

Permettere alle donne e ai loro figli di vivere un luogo diverso da quello precedente del nucleo familiare problematico.

Sostenere la donna nel suo ruolo di madre, aiutandola nello sviluppo e nel mantenimento delle proprie capacità genitoriali nella cura dei figli, ad esempio offrendole un aiuto per la loro custodia durante le ore lavorative.

Sostenere la donna nella identificazione di un’autonoma collocazione abitativa o nel consolidamento di condizioni che le permettano di ritornare alla abitazione famigliare precedente.

Offrire ai minori la possibilità di vivere esperienze e relazioni significative condividendo con altri ragazzi momenti di gioco, di studio e di crescita accompagnati da figure educative adulte.

Creare una rete sociale di supporto tra i soggetti accolti e tra loro e le altre famiglie che risiedono nella Comunità di Albino, che momentaneamente li accoglie.

Modalità di accesso Alla Casa si accede, previa valutazione del Centro di Primo Ascolto e Caritas dopo la richiesta diretta del soggetto che vive la situazione di disagio o dopo la segnalazione da parte degli Enti (Comuni, Società dei servizi, ASL, …) che hanno in carico il caso.

Durata della permanenza

La durata della permanenza viene valutata e concordata dagli operatori del C.P.A.C. in accordo con gli enti e i servizi territoriali nell’ambito del progetto individuale previsto per persone accolte. In ogni caso il tempo massimo di accoglienza presso la struttura non può superare i 6 mesi.

Costi

La permanenza nella “Casa della carità” prevede la partecipazione alle spese per gli ospiti che dispongono di un reddito, secondo criteri stabiliti all’interno del progetto individualizzato. Inoltre, essendo prevista una forma di autogestione della Casa, è richiesta la collaborazione di ciascun

vita parrocchiale

ospite per tutti gli aspetti attinenti alla vita e all’organizzazione quotidiana della casa (pulizia ambienti, riordino sale comuni, …), nelle modalità e nei tempi concordati in fase di accoglienza.

Figura operativa è...

... un’educatrice responsabile con funzione di referente della “Casa della carità” nelle relazioni con gli ospiti e il territorio.

Con gli ospiti per far da riferimento nella quotidianità, sostegno nel raggiungimento degli obiettivi concordati nel progetto individualizzato, tramite con il C.P.A.C. e il servizi territoriali.

Con l’Ente pubblico e servizi territoriali come supporto all’ospite nell’incontro con i servizi, supporto agli operatori pubblici nella promozione e realizzazione del progetto individualizzato di ciascun ospite accolto.

Con le agenzie educative del territorio (scuole, oratori, …) e le realtà di volontariato, come promotrice di iniziative che favoriscano, nella comunità locale, lo sviluppo di una cultura di attenzione ai bisogni delle donne accolte nella Casa e dei loro figli, e promotrice di interventi concreti di aiuto da parte delle famiglie disponibili ad affiancare le situazioni di disagio degli ospiti a diversi livelli».

Nella nostra Casa della Carità sono passate tante donne con i loro volti con le loro storie: tra le numerose situazioni ricordiamo quella di tre donne nigeriane e dei loro figli, giunte in Italia nel 2007 con un barcone in cerca dei loro mariti.

Dal bollettino di Luglio 2007 queste le parole di Clara con l’obiettivo di coinvolgere anche la comunità: “Sono donne, cattoliche, due di loro sono mamme di bambine molto piccole, di 4 e 8 mesi. Settimanalmente vedremo di segnalare particolari loro bisogni. Per questa settimana: un passeggino, una borsa per riporre cambio bambina, pannolini 4/9 kg, omogeneizzati frutta/carne. Per segnalare le disponibilità Clara 035…… oppure Centro di Primo Ascolto…”.

E ancora...

“Una bella notizia! All’inizio della scorsa settimana, una mamma e la sua piccola si sono trasferite a Treviso per ricongiungersi al marito che in questa città aveva trovato accoglienza presso una comunità della Caritas. Ora vivono insieme in un piccolo appartamento.

Per l’altra mamma ospite chiediamo omogeneizzati di frutta, pannolini 9/18 kg”.

Quante cose ci ha insegnato Clara, sempre con delicatezza e garbo, sono convinta che la Comunità di Albino abbia perso una parte importante di sé.

Negli anni della malattia Clara, appena le era possibile, non faceva mancare la sua presenza alla Casa della Carità dando testimonianza di forza, di coraggio e di fede nella certezza che la Carità è l’elemento fondamentale per una vita vissuta in pienezza.

Per questo e tanto altro ancora “Grazie, Clara”.

Marina

11

Donne e bambini accolti nella Casa della carità

Elenco incompleto, con indicazione della sola nazionalità, delle donne e dei bambini che dal 2004 ad oggi sono stati accolti nella Casa della carità in piazza San Giuliano: - Somalia

maggio 2004

- Senegal

giugno 2004

- Italia

ottobre 2004

- Francia

luglio 2005

- Kenia, con 2 figli

ottobre 2005

- Brasile con 2 figli

gennaio 2006

- Marocco con 1 figlio

gennaio 2006

- Marocco con 3 figli

novembre 2006

- Marocco con 3 figli

settembre 2007

- Senegal con 1 figlio

gennaio 2008

- Marocco con 2 figli

gennaio 2008

- ? con 3 figli

gennaio 2008

- Perù

luglio 2008

- Senegal

luglio 2008

- Senegal

settembre 2008

- Senegal

2009 per 2 mesi

- Marocco con 2 figli

ottobre 2009

- Marocco

novembre 2009

- Marocco con 3 figli - Marocco con 1 figlio - Algeria con 3 figli

maggio 2012

- Senegal con 1 figlio - Ghana con 3 figli - Costa d’Avorio con 3 figli novembre 2016 - Senegal

ottobre 2017

- Marocco

marzo 2018

Aprile 2018

14

oratorio

NON SOLO CRE CAMPO 4a-5a ELEMENTARI | a Colere (BG) dal 12 al 22 luglio

CAMPO MEDIE | da definire dal 22 al 28 luglio

CAMPO ADO | a Cesenatico (FC) dal 29 luglio al 3 agosto

PELLEGRINAGGIO ADO/GIO | da Ortona a Roma dal 3 al 12 agosto

... estate 2018

15

CRE 2018 PER CHI

| elementari + medie

COME

| giornaliero o pomeridiano (solo medie)

SERVIZI

| mensa + servizio anticipo

PERIODO

| 4 settimane | dal 18 giugno al 13 luglio

PRESENTAZIONE#1

| giovedì 17 maggio ore 20.45 in oratorio _per i genitori dei ragazzi delle elementari e delle medie

PRESENTAZIONE#2

| lunedì 21 maggio ore 20.45 in oratorio _ per i genitori degli adolescenti (animatori) e verifica anno adolescenti

ISCRIZIONI

| giovedì 24/5 ore 16.00-17.30 + venerdì 25/5 ore 16.00-17.30 + lunedì 29/5 ore 16.00-18.00 + martedì 29/5 ore 16.00-17.30 + mercoledì 30/5 ore 9.00-12.00 + 16.00-18.00 presso ex-sala mostre

Aprile 2018

16

scuola oratorio 2-3-4 aprile 2018 | Pellegrinaggio Cresimandi ad Assisi

Sui passi di Francesco

Insieme con amicizia ad Assisi alla ricerca del segreto per essere felici Lunedì 2 aprile, ore 5.15. Ed eccoci pronti con le nostre valigie nell’atrio dell’oratorio, forse ancora un poco assonnati, ma tutti presenti nella nostra Chiesina dell’oratorio per una intima e raccolta Santa Messa. Negli occhi dei ragazzi tanta gioia e voglia di partecipare, negli occhi dei genitori un po’ di malinconia che inevitabilmente accompagna il distacco anche se di pochi giorni dai nostri figli.

Tutto funziona a meraviglia, orari rispettati ed un bel sole ci accoglie nella bellissima Assisi e subito si parte sulle orme di San Francesco e per tre giorni non ci si ferma più.

I ragazzi con il loro brio e la loro gioia giocano, pregano e imparano a conoscere più profondamente San Francesco, questa figura di Santo carismatico che affascina e fa riflettere ancora oggi, oseremmo dire ancora di più nei nostri giorni.

Il suo messaggio giunge appropriato: l’amore per il creato, per l’uomo, per il povero, l’ammalato, l’ultimo e quel sa-

luto “Pace e bene” che richiama alla pace nel mondo di cui abbiamo tanto bisogno.

Queste sono alcune riflessioni che i ragazzi hanno condiviso: - San Francesco somiglia molto a noi ragazzi perché voleva la gloria, sognava di diventare cavaliere, alcuni di noi vorrebbero essere calciatori di successo… era un ragazzo come noi perché voleva essere felice. Poi capisce che per essere felice doveva seguire Gesù.

- San Francesco era più felice povero ma con Gesù Cristo.

- San Francesco, parlando con Gesù crocifisso si pose l’obiettivo di ricostruire la comunità cristiana, ma non solo rivolta ai ricchi, ma anche ai poveri, agli ammalati, agli ultimi.

- Mi ha colpito la vita semplice di San Francesco, tutta rivolta a Dio. - Di questo pellegrinaggio ricorderemo: tutto perché è stato bellissimo, l’amore per Cristo di San Francesco, i momenti bellissimi passati in compagnia, la grandezza e la bellezza della Basilica di San Francesco, l’amicizia con cui abbiamo vissuto, la gioia di tanti momenti.

Tutti noi catechisti abbiamo vissuto questo Pellegrinaggio insieme con tantissima amicizia e gioia e siamo riusciti a percepire il segreto della vita di San Francesco, sempre rivolta a Dio come un girasole verso il sole. Ringraziamo tutti coloro che ci hanno accompagnato, rendendo questi tre giorni ancora più belli e il nostro don Andrea. Che possa essere la tappa di un cammino fatto di semplicità e profondità e lo auguriamo con queste parole di San Francesco: “Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile”.

I catechisti

oratorio

17

Non pensiamo solo ai regali!

Tra poco sarà maggio e scatterà, per molte famiglie, il momento di accompagnare i propri figli o nipoti al secondo appuntamento importante dopo il Battesimo: la Prima Comunione e la Cresima. Questi eventi segnano la crescita dei nostri ragazzi, facendoli entrare a far parte della ampia comunità della Chiesa, rappresentata dalla Parrocchia e dall’Oratorio, luoghi di ritrovo, di divertimento e di formazione.

Noi genitori abbiamo un ruolo molto importante, come quello delle catechiste e dei sacerdoti. Dobbiamo insegnare ai nostri figli, con l’esempio prima di tutto, l’importanza di questo momento. È però innegabile: Cresima e Comunione sono anche un’occasione per fare dei regali.

Questo succede da sempre: una volta si regalavano penne, orologi, catenine e anelli. Oggi forse si esagera un po’, orientandosi su macchine fotografiche ultramoderne, console, cellulari e tablet. Un po’ come se fosse un compleanno, ma ancora più ricco e sontuoso. Il rischio è che questi regali così tecnologici distolgano dal vero obiettivo: il pensiero all’incontro con Gesù e con lo Spirito Santo. È ovvio, il regalo ci deve essere e deve rappresentare anche il simbolo di una tappa che nostro figlio o nipote raggiunge, di una svolta spirituale verso un’interiorità più adulta. E in questo senso i regali di una volta erano più educativi: penne, gioiellini e orologi simboleggiavano l’essere umano adulto, più responsabile e maturo, che si diventava, anche attraverso il passaggio ai sacramenti.

Oggi, invece, non è infrequente sentire dire: – Che bello! Faccio la Comunione e mi regalano la “wii”! – Consentitemi: se un bambino pronuncia una frase del genere, significa che qualche errore è stato commesso. Probabilmente da noi genitori. Essere felici per un regalo che si riceve è comprensibile: in fondo si tratta di bambini e ragazzi. Se però tutta l’attenzione è spo-

stata dall’evento al regalo, beh… allora vuol dire che c’è stato un piccolo fallimento. Non è il regalo a essere protagonista: il regalo è il momento che si vive. È la gioia di stare con i propri compagni, con i propri cari a condividere un giorno speciale. Quindi, se possibile, riserviamo i regali materiali al giorno in cui è legittimo riceverlo: il compleanno, per esempio. E cerchiamo qualcosa che sia più significativo, che coincida idealmente con il giorno che si sta vivendo: una edizione per ragazzi della Bibbia, per esempio, un bel libro, magari una penna con incisa la data di questo giorno speciale. E non abbiamo paura di mostrarci diversi, e coerenti, anche se i figli dei nostri amici riceveranno un tablet o una console.

Silvia Bergamelli

Diventiamo prossimo La Caritas Parrocchiale ripropone l’iniziativa del fondo di solidarietà “Diventiamo prossimo” per sostenere e accompagnare le famiglie in difficoltà economica.

MODALITÀ PER CONTRIBUIRE

 Autotassazione mensile: si stabilisce una cifra che viene versata mensilmente per il periodo indicato  Presso il Centro di Primo Ascolto alla Casa della Carità in piazza San Giuliano 5 al mercoledì dalle 20,45 alle 22  Con bonifico bancario tramite il Credito Bergamasco Agenzia di Albino Iban: IT 79 Z 05034 52480 000000010735 c/c intestato Parrocchia San Giuliano, Conto Caritas indicando la causale: FONDO DI SOLIDARIETÀ DIVENTIAMO PROSSIMO  Con libere offerte anche utilizzando la cassetta all’entrata della chiesa parrocchiale

Aprile 2018

18

esperienze educative EDUCAZIONE INTERGENERAZIONALE

Bimbi e anziani insieme di Silvia Bergamelli

«With neither past nor future in common, what do relationships that exist entirely in the present look like?» (Come appaiono le relazioni che esistono solo nel presente, se non hanno niente in comune, né nel passato né nel futuro?)

Con questo interrogativo si apre la pagina di presentazione di “Present Perfect”, un film-documentario realizzato in America, dalla cineasta Evan Briggs, in una scuola materna alloggiata all’interno di una casa di riposo, con l’intenzione di cogliere e descrivere, nell’arco di un anno, la leggerezza e la complessità delle interazioni tra i bambini e gli anziani residenti .

L’esperienza di convivenza tra anziani e bambini è sicuramente innovativa: negli ultimi

anni si stanno studiando e sperimentando tutte le caratteristiche positive che questa possibilità comporta: anziani e piccini stanno bene insieme e imparano gli uni dagli altri.

L’educazione intergenerazionale può rappresentare così una possibilità di incontro e un fattore “protettivo” per il benessere psichico di entrambe le generazioni.

Questo esperimento sociale, dopo aver ottenuto ottimi risultati in Usa, in Europa, in particolare in Francia, è partito anche nel nostro Paese.

A Piacenza, dallo scorso anno, è in attività un asilo nido all’interno di una casa di riposo con risultati sorprendenti, dove ciascuna età si giova della presenza dell’altra.

Infatti, se si analizza l’esperienza da un punto di vista pedagogico,

si evince che i bambini, soprattutto quelli molto piccoli, da zero a tre anni, non hanno pregiudizi, non vedono le differenze; a loro volta gli anziani non hanno bisogno di dare spiegazioni sulla loro condizione che non sempre li vede attivi, socievoli ed esteticamente “perfetti”.

Il contatto con gli anziani costringe i piccoli a ritmi più lenti. Questo li rende molto più tranquilli, oltre che capaci di una concentrazione straordinaria per questa età; imparano a rispettare chi ha un handicap e, potendo nel quotidiano incontrarsi, sono più aperti e meno concentrati su loro stessi.

A loro volta, nel rapporto con i bambini, gli anziani tornano adulti responsabili, si risvegliano.

La gioia è vedere anziani e bam-

esperienze educative

bini che si incontrano e realizzano laboratori di cucina creativa, di natura, di lettura, di ballo e di condivisione di pranzi e merende, festeggiando magari i loro compleanni.

In questo senso, la nostra scuola materna parrocchiale “San Giovanni Battista” non è da meno.

La logistica delle strutture e la loro gestione generale non permettono di accorpare gli edifici della Casa Albergo per anziani con la scuola, ma la vicinanza delle due realtà, unita all’impegno e alla volontà del corpo docenti e degli operatori socio-sanitari, ha permesso l’avvio di un progetto comune fra nonni e piccoli.

La condivisione di alcuni momenti fra gli anziani, che si spostano all’interno della struttura

dei piccoli per eseguire attività predisposte ed organizzate, e i piccoli, che vanno a trovare i nonni, anche per un pranzo insieme, rappresenta sicuramente una moderna prospettiva di crescita intergenerazionale.

L’educazione viene così concepita non solo come tempo e luogo delle spiegazioni, della trasmissione del conoscere, ma anche come ascolto reciproco tra soggetti narranti, seppur ognuno a modo proprio.

Tutto ciò rappresenta un modello virtuoso per il futuro, superando le barriere culturali e sociali che ancora oggi separano le strutture dedicate alla cura degli anziani e dei bambini.

Creare una connessione tra

19

generazioni è vantaggioso per entrambe le parti. L’educazione intergenerazionale combatte l’isolamento sociale e la depressione delle persone anziane attraverso l’interazione con i bambini che, dal canto loro, beneficeranno di un ambiente più familiare e meno strutturato, aumentando sia il loro livello di confort nell’ambiente scolastico, sia le loro capacità relazionali con gli adulti, gli anziani e i portatori di disabilità.

Da questo scambio e dialogo si sviluppano esperienze significative per gli uni e per gli altri, percorsi di crescita e di benessere che documentano come tutte le età della vita abbiano qualcosa da donare vicendevolmente.

Aprile 2018

20

altri mondi

Padre Taddeo è tornato in Perù

Ha salutato la comunità parrocchiale, invitato da don Giuseppe, il lunedì dell’Angelo a S. Rocco.

Dopo un periodo di cure in Italia, si è sentito di nuovo chiamato come gli apostoli nella sua Galilea, il Perù, dove “la messe è molta”, come aveva scritto su queste pagine a novembre 2017, pagine che si possono ancora leggere sul nostro sito parrocchiale www.sagrato.it “La messe è molta perché molti sono i problemi, le ingiustizie, le sfide, i bisogni”.

“Più delle metà della mia vita l’ho trascorsa in missione, e sempre in realtà periferiche e tra persone molto povere, spesso al limite della miseria pura e cruda”.

Per chi potesse e volesse condividere la sua missione e il suo stile di vita i cantieri aperti di p. Taddeo sono le chiesette della vallata del Monzon, il centro disabili “Angelo Longhi”, il Centro contro la violenza e in difesa della vita, e altri ancora che hanno bisogno anche di volontari.

I suoi parenti in via mons. Camillo Carrara ad Albino sono il primo riferimento per che vuol condividere con i suoi poveri.

Padre Taddeo è partito il 10 aprile “riaffermando il proposito di essere un pastore vicino e dedicato ai poveri, sempre con l’aiuto della vostra amicizia e preghiera”.

Burundi

Flebili messaggi di speranza Un vescovo del Burundi ha recentemente visitato Paesi europei ricordando al mondo la complessità della situazione del piccolo e dimenticato Paese africano: la maggioranza della sua popolazione ha meno di vent’anni (17 anni di media), il 48% della popolazione vive nell’estrema povertà e il 90% vive di agricoltura. Da qui l’importanza dello sviluppo di un’agricoltura non volta all’esportazione.

Ad aggravare la situazione è la tensione politica causata dalla volontà del presidente in carica di mantenere oltre misura il potere; gli oppositori sono per lo più fuggiti all’estero.

In questo contesto la Chiesa cerca di mantenere un equilibrio: prende regolarmente posizioni forti, mettendo in primo luogo l’Uomo e la sua dignità, rischiando di essere accusata di fare il gioco dell’opposizione. La Chiesa organizza sinodi diocesani sulla pace e la riconciliazione, anche perché il rischio di una polarizzazione fra le due principali etnie, hutu e tutsi, è sempre presente, dopo il genocidio del 1972 e la guerra civile 1993-2005.

Senza dialogo, solo con le violenze, non ci saranno né giustizia né pace sulle verdi colline.

Questa estate anche noi avremo la possibilità di incontrare e ascoltare direttamente, a proposito di questo dimenticato Paese, simbolo della globalizzazione dell’indifferenza e dell’economia predatoria, il nostro padre Giovanni Carrara, saveriano, per alcuni mesi ad Alzano e a casa del fratello, Mario ‘Bossi’.

società - sanità

21

Da un’intervista al dott. Guido Marinoni

che non nasconde la sua preoccupazione per una fase particolare che stiamo vivendo: c’è un ricambio generazionale che rischia di aprire un vuoto di presenze dei medici di base e in ospedale.

Presidente Marinoni, perché assistiamo a questo ricambio generazionale? “È in atto un importante ricambio generazionale sia in ospedale sia nell’ambito della medicina generale che ricade su tutto il territorio. In ospedale il ricambio è più complesso perché cambiano reparti ospedalieri, cambiano le articolazioni delle specializzazioni e conseguentemente definire il ruolo di medici è più difficile.

Sul territorio la situazione è più facilmente analizzabile poiché oggi, in media, un medico di famiglia assiste all’incirca 1500 abitanti. Gli attuali medici di famiglia hanno un’età che si aggira attorno ai 65/70 anni poiché la gran parte è entrata con la legge 833 del 1978, la riforma sanitaria che ha di fatto creato la figura del medico di famiglia com’è conosciuta al giorno d’oggi. Tutto ciò li ha portati ad entrare nel mondo del lavoro nello stesso periodo, ma al contrario li spinge anche ad uscire nello stesso frangente di tempo. A livello europeo un medico di famiglia assiste all’incirca 2000 pazienti e questo livello lo si potrebbe raggiungere anche nel nostro Paese, però per poterlo fare occorrerebbero studi organizzati con un personale di supporto amministrativo ed infermieristico, cosa che esiste molto parzialmente e soltanto in alcune realtà”. […]

Quali sono i cambiamenti dell’attività professionale nella riforma sanitaria lombarda ?

“La principale novità della riforma sanita-

ria lombarda è il progetto lombardo della gestione della cronicità. La Lombardia è la prima regione che attua su larga scala il piano della cronicità che consiste nel seguire il paziente con patologia cronica in tutto il percorso di cronicità, sia sotto l’aspetto sanitario che sotto quello sociale. Per esser seguito ha bisogno di un piano di assistenza individuale in cui annualmente viene definito tutto ciò di cui ha bisogno e questo comporta che venga sottoscritto un patto di cura tra paziente e medico curante. Non basta perché occorre un centro di servizi che definisca tutto il percorso di cura, con una persona che aiuti il paziente su come e dove compiere gli accertamenti richiesti nei tempi adeguati e che ricordi a quest’ultimo di assumere i medicinali prescritti qualora non lo facesse. Inoltre il paziente deve esser in possesso delle necessarie informazioni per potersi gestire la propria situazione di cura. Se tutto ciò funzionerà, questo progetto potrà esser molto utile per i pazienti poiché ad oggi molto spesso essi sono abbandonati nelle operazioni”.

Come nasce questo progetto e da chi verrà gestito ?

“Già in passato esistevano esperienze all’estero, ma Regione Lombardia ha compiuto un’ampia sperimentazione di cui Bergamo con il progetto CREG era capofila e nel quale 25.000 pazienti bergamaschi sono stati seguiti in questa maniera ottenendo risultati buoni. Altre regioni ci hanno provato come Toscana ed Emilia Romagna con risultati non clamorosi vista la difficoltà di organizzare

un sistema di questa tipologia e lo hanno fatto utilizzando i distretti, strutture organizzate che gestivano questo tipo di attività per il paziente con il medico di medicina generale che stilava il patto di cura.

In Lombardia i distretti non esistono più quindi si è creata la figura del gestore, che può essere o un erogatore pubblico (ASST), oppure un erogatore privato come casa di riposo o casa di cura o ancora può svolto da una cooperativa di medicina generale, sempre con un centro servizi ed una filiera di erogazione concordata con erogatori locali.

Il problema più gravoso è trovare persone in grado di svolgere il ruolo di clinical manager ed in provincia di Bergamo il 60 % dei medici di medicina generale ha sottoscritto ciò, il 40 % no per via di opposizioni oppure perché medici prossimi alla pensione. Secondo delibere regionali che dovrebbe essere una figura di clinical manager diversa dal medico specializzato in medicina generale, ma ciò è impossibile. Questo 40 % di pazienti è ancora da definire, nonostante ciò il 60 % di adesione fra medici di famiglia, molti dei quali vicini all’età pensionabile, è un successo clamoroso, non essendo questi nemmeno obbligati ad aderire per contratto. Nelle provincie di Mantova e Sondrio si sono registrati picchi di adesione del 70 %, però al contrario nella provincia di Milano il dato è del 20 %”.

Marco Cangelli per BergamoNews Foto Colleoni da L’Eco di Bergamo

Aprile 2018

22

scuola società - accoglienza Come sarebbe l’Italia senza stranieri?

Cominciamo a chiedercelo Combattere la solidarietà verso profughi e «stranieri» non la rafforza tra i «nativi», ma distrugge anche quella: promuove sospetto, invidia, insensibilità per le sofferenze altrui, crudeltà. E affida «pieni poteri» a chi governa: non solo per reprimere e tener lontane le persone sgradite, ma anche per giudicare sgradite tutte quelle che non obbediscono. La società che respinge e perseguita gli stranieri non può che essere autoritaria, intollerante, violenta. La storia del secolo scorso ci ha insegnato che questo è un piano inclinato da cui è sempre più difficile risalire.

Ma che risultati possono raggiungere i governi impegnati a fare «piazza pulita» di profughi e migranti? Nessuno. La pressione dei profughi sull’Europa continuerà, perché continueranno a peggiorare le condizioni ambientali dei paesi da cui centinaia di migliaia di esseri umani sono costretti a fuggire a causa del saccheggio delle loro risorse e dei cambiamenti climatici che colpiscono soprattutto i loro territori. Quel degrado ambientale è anche la causa principale delle guerre che creano ulteriori «flussi» di profughi: quando le risorse disponibili si riducono, la lotta per accaparrarsele si fa più feroce.

«Aiutiamoli a casa loro» non vuol dire niente: chi mai li dovrebbe aiutare?

Le multinazionali che saccheggiano le loro risorse? I tiranni e i governi corrotti che si appropriano di quel che resta? Le popolazioni locali che non hanno la forza per scrollarsi di dosso quei gioghi? Nessuno di loro, ovviamente; solo la volontà di far ritorno nel proprio paese può rendere coloro che ne sono dovuti fuggire i «catalizzatori» di una rigenerazione sociale e ambientale delle terre dove sono rimaste le loro comunità d’origine.

A condizione che profughi e migranti siano accolti bene; messi in condizione di collegarsi tra loro, di organizzarsi, di consolidare legami con cittadini e

cittadine europee, di mettere a punto e far valere insieme a loro programmi di pacificazione dei rispettivi paesi e di contenimento e di inversione del loro degrado. […]

Respingere i profughi significa renderli schiavi e schiave di bande locali o spingerli a farsi reclutare nelle loro armate; il che moltiplicherà i conflitti e renderà tutti i territori dell’Africa e del Medio Oriente infrequentabili per gli europei, sia turisti che tecnici o uomini d’affari.

Il modo più sicuro per strangolare sia l’economia europea che le loro.

Ma che sarà, poi, di coloro che sono già in Italia, o in Europa, come «clandestini»? Espellerli tutti è impossibile: costerebbe troppo e chi continua a prometterlo lo sa benissimo.

D’altronde, nessun governo dei paesi di provenienza è disposto ad accoglierli e anche quelli che firmano accordi in tal senso (in cambio molto denaro) non li rispetteranno: quei rimpatriati a forza creerebbero solo problemi. Quei respingimenti li si può fare, o far fare, solo verso la Libia o verso paesi ridotti nello stesso stato: campi di prigionia e tortura a disposizione di un’Europa trasformata in fortezza.

Per questo i migranti «irregolari» resteranno qui, condannati a una clandestinità permanente, che significa costringere centinaia di migliaia di uomini e donne a delinquere, prostituirsi, farsi reclutare dalla criminalità organizzata di casa in molti ambienti politici (soprattutto quelli che più strillano contro il loro arrivo) e anche tra non pochi addetti all’ordine pubblico. È questo, e

non l’arrivo di nuovi profughi, a creare quello stato di insicurezza che i nemici dell’accoglienza e della solidarietà dicono di combattere. Essere sempre più feroci con i profughi non fa che peggiorare la situazione; il che fa molto comodo a quei governi europei che già contano di usare l’Italia come discarica dei migranti che non vogliono accogliere, come noi stiamo usando la Libia.

Ma in Europa ci sono già decine di milioni di immigrati, recenti e no, molti anche già «naturalizzati», cioè cittadini e cittadine europee, che da ogni nuova manifestazione di razzismo, o anche di semplice «rifiuto» dello straniero, sono indotti a viversi sempre più come un «corpo estraneo» nella società; e a covare quello spirito di rivalsa che porta alcuni a voler vendicare in qualsiasi modo le sofferenze inflitte ai loro connazionali o correligionari.

Non è un caso che foreign fighters e terroristi vengano quasi tutti da comunità già insediate in Europa.

Per fermarli non basta la polizia; non si possono controllare tutti. Bisogna prevenire; e lo si può fare solo con più rispetto sia per loro che per i loro connazionali in cerca di una vita nuova in Europa. […] È dalla pratica attiva della solidarietà che nasce un nuovo modo di vivere.

Guido Viale su Il manifesto del 04.04.2018 “Il riconoscimento dei migranti come soggetto inviolabile di diritto sarà la cartina di tornasole per la democrazia e i diritti dei cittadini dei Paesi ospitanti” (dal Tribunale Permanente dei Popoli di Barcellona - luglio 2017).

appuntamenti associazioni

ACLI albinesi

Costume e socieTÀ

A 28 anni dalla caduta del muro di Berlino e dagli entusiasmi di allora per la “riunificazione del mondo”, una nuova politica della separazione tra i popoli ha subito un’impressionante accelerazione in questi ultimi anni.

“Un terzo del mondo vive blindato all’ombra di un muro”. È la denuncia di Caritas italiana, contenuta in un documento presentato recentemente a Roma.

Quando il muro di Berlino venne abbattuto, afferma Caritas italiana in base ad uno studio della University of Quebec, si potevano contare in tutto il pianeta 16 recinzioni tra Paese e Paese. Oggi sono 63, completate o in fase di progettazione.

La globalizzazione, che avrebbe dovuto portare ad un progressivo abbattimento delle barriere rimaste, è stata in realtà la causa di rinati timori sulla sicurezza.

I dati raccolti lasciano pochi dubbi su quale sia l’effettiva tendenza del nuovo secolo.

In Africa si contano 12 muri, 2 in America, mentre sono 36 quelli che fanno di Asia e Medio Oriente un vero mosaico. E la nostra vecchia Europa conta bel 16 recinzioni, la maggior parte delle quali nella sua parte orientale. Un vero boom della “frontiera fortificata” che ha raggiunto il suo apice in questi ultimi anni. Infatti 13 di queste recinzioni sono databili a partire dal 2013.Nel 2015, in tutto il mondo, sono iniziati i lavori di 17 recinzioni, a cui si devono aggiungere i 4 avviati nel 2016.

Sono barriere che, oltre che fisiche, diventato psicologiche .

“Ogni muro” afferma Paolo Beccegato, vice-direttore di Caritas italiana “documenta un fallimento collettivo. Le maggiori responsabilità sono politiche, frutto di relazioni internazionali fallimentari”. Se non ci sarà un deciso ripensamento delle relazioni tra i Popoli, mettendo al centro l’uomo, la solidarietà tra le nazioni, la costruzione di relazioni e non di muri, le speranze di uscire da una così pesante situazione saranno poche”.

E chi potrà dare corso ad un simile ripensamento ? Solo le Nazioni Unite lo possono fare. Ma ci vuole la volontà politica, C’è da sperare, per il bene dell’umanità intera, che ciò avvenga.

23

Rubrica a cura del Circolo “Giorgio La Pira”

SOLIDARIETÀ A FAVORE DELLA “CITTÀ DEI RAGAZZI” DI DON GIAN LUCA

Pasqua è la ricorrenza religiosa più importante per la Chiesa Cattolica e per tutti i cattolici del mondo. È una ricorrenza che esalta i valori fondamentali della nostra Fede fornendoci anche l’occasione per attuare iniziative di solidarietà, amicizia e amore per il prossimo.

Una di queste, ormai “collaudata” nel tempo, riguarda la bancarella dei biscotti il cui ricavato è destinato a contribuire alla gestione della “Città dei Ragazzi” di don Gianluca in Bolivia. (vedi foto sopra)

DICHIARAZIONE DEI REDDITI

È iniziato il periodo utile per la Dichiarazione dei Redditi 2017 attraverso il modello 730. Informiamo perciò gli interessati che, come sempre, è possibile concordare un appuntamento con il nostro Patronato telefonando al numero unico 199.199.730. È importante sapere che tutte le dichiarazioni dei redditi da noi espletate godono di una copertura assicurativa totale. Ciò vuol dire che il dichiarante è completamente tutelato da eventuali errori di compilazione in quanto a risponderne saranno le “Acli Service Bergamo srl”.

Invitiamo anche a devolvere l’8 per mille alla Chiesa Cattolica, apponendo la propria firma nell’apposito spazio. Al contribuente non costa nulla, ma così facendo è possibile aiutare le popolazioni tra le più povere del nostro pianeta. Si potrà esprimere anche la propria scelta a chi destinare il cinque e il due per mille dell’Irpef.

Aprile 2018

associazioni DONNE E COSTITUZIONE

Durante un incontro al Quirinale, in occasione della ricorrenza del 70esimo di entrata in vigore della Costituzione italiana, “sono state pronunciate parole profonde e cariche di elogio verso il lavoro svolto dalle donne in tutti questi anni” afferma Agnese Ranghelli, Responsabile Nazionale delle Donne Acli.

Nel suo intervento pubblico, Sergio Mattarella ha evidenziato come le donne siano state artefici della Repubblica: “sono loro che hanno dato compiutezza al lungo percorso. La nostra società, le nostre istituzioni, il nostro modello sociale, non sarebbero quelle che sono senza il contributo creativo e fondativo delle donne italiane”.

Le parole del Presidente della Repubblica si sono poi trasformate in un monito sulle molestie e le violenze inaccettabili, che ancora le donne sono costrette a subire. “Occorre puntare sull’educazione al rispetto – continua Mattarella – inoltre in questi anni è vero che le donne sono diventate più presenti e consapevoli in ogni settore della politica e della cultura, ma rimane ancora molta strada da compiere”. Alla Cerimonia era presente anche l’esperta di statistiche di genere Linda Laura Sabbadini “Nonostante la crescita economica, soltanto il 49% delle donne lavora – spiega la Sabbadini – siamo ben lontane dai livelli europei. E il divario del Sud, dove le donne lavoratrici raggiungono solo un 30%, è molto significativo”.

Non solo violenze e molestie colpiscono ancora, dopo un secolo di lotta al divario di genere, le donne italiane – e di tutto il Mondo – ma anche il cosiddetto gender pay gap, la disparità salariale uomo-donna rispetto alla stessa posizione professionale. In questa statistica, l’Italia viaggia a una differenza media salariale tra donna e uomo di circa il 23% in meno, per non parlare delle ulteriori diminuzioni di stipendio dovute all’età.

Si parte da una base del 12,2% per le retribuzioni orarie nel settore privato, che cresce all’aumentare dello status quo professionale, sino ad arrivare al 28% in meno di stipendio per una donna che ricopre mansioni nel settore finanziario. Il divario si accresce ulteriormente considerando i redditi annuali e la difficoltà di ingresso nel mercato del lavoro e la precarietà dell’occupazione.

Crescono le professioni non qualificate e spesso le competenze femminili non sono valorizzate. Si diffonde la precarietà del lavoro e il part-time si trasforma da strumento di conciliazione dei tempi di vita, in una scelta obbligata davanti alla quale vengono poste le cittadine italiane. Un quarto delle madri lascia il lavoro alla nascita dei figli, ed è elevato lo scarto tra il numero di figli desiderato – 2 perloppiù – e quello che le donne riescono effettivamente ad avere – in media 1,3.

“Non essere discriminate non è solo un sacrosanto diritto – aggiunge la ricercatrice statistica – presuppone l’agire del criterio del merito, basato su reali pari opportunità di accesso, senza incrostazioni e privilegi, l’ unico che può garantire il progresso sociale ed economico dell’intero Paese. Il sovraccarico di lavoro di cura sulle spalle delle lavoratrici è elevato.

– prosegue e conclude Sabbadini – Il 67% del lavoro familiare della coppia è opera di donne, anche quando queste lavorano.

Non bastano i servizi ancora troppo scarsi e costosi, specie al Sud. Occorre agire, perché coloro che hanno bisogno di aiuti rischiano di riceverne sempre meno da donne troppo sovraccariche. La Francia, i Paesi nordici e altri hanno affrontato questo nodo da vari anni. Bisogna ridare centralità alla cura nelle politiche”. Ancora tanta strada resta da fare per le donne… ma siamo sicuri che la percorreranno a passo deciso e senza mai guardarsi indietro.

TECNOLOGIA

Sono state tante le ere della terra dalla preistoria ad oggi.

Quella attuale è l’età della tecnologia. E lo si vede. Computer, cellulari, smartphone, tablet sono la riprova, perché la scienza cammina. È un bene? È un bene se usati con parsimonia, perché se adoperati senza criterio finiscono per renderci soli e infelici.

Passare troppo tempo in compagnia esclusiva della tecnologia intristisce. Lo dimostra una ricerca condotta su un milione di adolescenti americani dagli scienziati della San Diego University negli Stati Uniti. Chiedendo ai ragazzi quanto tempo trascorressero sui loro dispositivi, quanto ne dedicassero alle relazioni con amici e parenti e, infine, quanto si sentissero felici è apparso chiaro che con il crescere delle ore passate davanti a un video cresce anche il grado di insoddisfazione dei ragazzi.

Ma, chiariscono i ricercatori, anche l’astinenza totale dalle tecnologie non porta alla felicità. Come spesso capita la, la giusta via sta nel mezzo : gli adolescenti in pace con se stessi –conclude la ricerca – usano i media digitali per un’ora al giorno, al massimo due. Poi escono, incontrano gli amici, fanno sport, leggono libri…

Martirio di Sant’Ignazio d’Antiochia

24

DA CONDIVIDERE

Sant’Ignazio d’Antiochia disse questa frase: “È meglio essere cristiano senza dirlo che dirlo e non esserlo”. Come non condividere questa affermazione! Dire di essere cristiani e in realtà non esserlo è solo frutto di uno dei vizi più negativi di cui si possa macchiare un uomo: l’ipocrisia.

Essere ipocriti, infatti, riduce la persona che la coltiva ad una povertà priva di umanità.

Per le Acli albinesi Gi.Bi.

in breve Il Centro Eirene, in collaborazione con Associazione Mosaico organizza la prima edizione del PREMIO FULVIO CESARE MANARA, concorso per il conferimento, per l’anno 2018, di un premio per la pubblicazione di testi inediti in ricordo del prof. Fulvio Cesare Manara, sul tema “percorsi formativi e nonviolenza” nei progetti di Servizio Civile Nazionale e Leva Civica Regionale.

«Formarsi alla nonviolenza non vuol dire dotarsi di buone intenzioni. Vuol dire cercare azioni e relazioni nuove» (Fulvio Cesare Manara da La nonviolenza si impara: metodi e strategie, 1995) A poco più di due anni dalla scomparsa del prof. Fulvio Cesare Manara, un premio in sua memoria, è finalizzato alla pubblicazione di testi inediti, inerenti i percorsi formativi alla nonviolenza all’interno dei progetti di Servizio Civile Volontario in Italia ed all’estero e Leva Civica Regionale Volontaria.

L’intento, nel ricordo sempre vivo del professor Manara, è duplice: da un lato valorizzare un ambito di ricerca e interesse in linea con l’attività del professore, dall’altro, promuovere tra i giovani, studenti, ricercatori e lavoratori, un’attività di studio e ricerca su temi sempre più importanti nel mondo complesso e globalizzato in cui viviamo. La nonviolenza, come valore a cui formare in vista di un cambiamento personale e sociale, trova spazio nei percorsi formativi di due istituti nati e radicati nella lunga storia dell’obiezione di coscienza italiana (Servizio Civile Nazionale e Leva Civica Regionale). Ma in che modo? È possibile immaginare percorsi formati-

vi in grado di raggiungere l’ambizioso obiettivo di educare alla nonviolenza?

Parole chiave del Premio: nonviolenza, formazione, diritti, obiezione di coscienza, servizio civile, leva civica, cittadinanza, solidarietà, difesa civile non armata, difesa popolare nonviolenta, volontariato, questione giovanile, federalismo, partecipazione, senso civico, gestione dei conflitti, democrazia, educazione.

Possono partecipare all’assegnazione del premio tutti i giovani tra i 18-35 anni (ovvero 36 non compiuti alla data di uscita del presente bando). Possono partecipare inoltre, solo ai fini della pubblicazione gratuita del proprio elaborato, tutti i cittadini italiani o residenti in Italia senza limiti d’età. Potranno rispondere tutti coloro che a vario titolo - nel mondo accademico, nell’associazionismo, nell’impresa profit e no profit - fanno ricerca sulle tematiche proposte, oppure operano in questo campo a titolo professionale o amatoriale. Le proposte, ben argomentate, con un taglio rigoroso ma divulgativo, saranno accettate in italiano. Saranno accettati sia elaborati di un singolo autore sia opere collettive.

Nello specifico, riprendendo le tematiche in più occasioni affrontate dal prof. Manara facenti perno su nonviolenza e formazione, l’argomento chiave degli elaborati dovrà essere un’analisi, ovvero una proposta,

25

una riflessione sui percorsi formativi all’interno dei progetti di Servizio Civile Volontario e Leva Civica Regionale.

Tali percorsi, costitutivi di un’esperienza annuale che coinvolge ogni anno decine di migliaia di giovani tra i 18 e i 28 anni, prevedono un cospicuo monte ore di formazione d’aula in cui sono affrontate varie tematiche dal punto di vista teorico, storico e metodologico, con l’esplicito obiettivo di costruire competenze pratiche, spendibili, non solo nell’esperienza di Servizio civile, ma anche in ambito educativo, formativo sociale o lavorativo. Questo ambito di indagine specifico, va incardinato nella evoluzione storica della nonviolenza, tenendo conto della sua ampiezza e complessità: esperienza storica e politica capace di costituire per i giovani partecipanti ai progetti di servizio civile e leva civica una scuola di cittadinanza attiva.

La prima edizione del Premio Fulvio Cesare Manara prevede il finanziamento dei costi di pubblicazione dei testi meritevoli, in accordo con una casa editrice individuata da Centro Eirene e Associazione Mosaico, e una borsa di studio di € 2.000 all’autore/trice dell’elaborato vincitore.

Bando e scheda di partecipazione sono fin d’ora online, aggiornamenti e ulteriori informazioni saranno disponibili sui siti www. centrostudieirene.it e www.mosaico.org

recapito di zona

di Mazzoleni, Acerbis & C. s.a.s.

Albino (Bg) - viale Aldo Moro 2/p - Tel. 035.75.25.59 - Fax 035.77.57.839 - info@centroservizicasasnc.it

• Amministrazione condomini • Contratti di locazione & Gestione affitti • Redazione e registrazione telematica contratti di locazione • Gestione contenzioso (solleciti, sfratti,vertenze, ecc.)

• Pratiche recupero 50% IRPEF per ristrutturazioni edilizie Mazzoleni Juri Associato ANACI n. 9334

Acerbis Mirko Associato A.N.AMM.I. n. U460

Aprile 2018

CASA FUNERARIA di ALBINO GENERALI ONORANZE FUNEBRI pcp srl, società di servizi funebri che opera con varie sedi attive sul territorio da più di 60 anni, nata dalla fusione di imprese storiche per offrire un servizio più attento alle crescenti esigenze dei dolenti, ha realizzato ad Albino la nuova casa funeraria.

La casa funeraria nasce per accogliere una crescente richiesta da parte dei famigliari che nel delicato momento della perdita di una persona cara si trovano ad affrontare una situazione di disagio oltre che di dolore nell’attesa del funerale. Il disagio potrebbe derivare dalla necessità di garantire al defunto un luogo consono, sia dal punto di vista funzionale che sanitario e permettere alle persone a lui vicine di poter manifestare il loro cordoglio con tranquillità e discrezione.

Spesso si manifesta la necessità di trasferire salme in strutture diverse dall’abitazione per ragioni di spa-

zio, climatiche igienico sanitarie.

Ad oggi le strutture ricettive per i defunti sono poche ed il più delle volte improvvisate, come ad esempio le chiesine di paese, che sono state realizzate per tutt’altro scopo e certamente non garantiscono il rispetto delle leggi sanitarie in materia.

Dal punto di vista tecnico la casa funeraria è stata costruita nel rispetto delle più attuali norme igienico-sanitarie ed è dotata di un sistema di condizionamento e di riciclo dell’aria specifico per creare e mantenere le migliori condizioni di conservazione della salma.

La struttura è ubicata nel centro storico della città di Albino, in un edificio d’epoca in stile liberty che unisce funzionalità e bellezza estetica.

Gli arredi interni sono stati curati nei minimi dettagli; grazie alla combinazione di elementi come il vetro e il legno, abbiamo ottenuto un ambiente luminoso e moderno, elegante ma sobrio.

Lo spazio è suddiviso in 4 ampi appartamenti, ognu-

no dei quali presenta un’anticamera separata dalla sala nella quale viene esposta la salma, soluzione che garantisce di portare un saluto al defunto rispettando la sensibilità del visitatore.

Ogni famiglia ha a disposizione uno spazio esclusivo contando sulla totale disponibilità di un personale altamente qualificato in grado di soddisfare ogni esigenza.

FUNERALE SOLIDALE Il gruppo GENERALI ONORANZE FUNEBRI, presente sul territorio con onestà e competenza, mette a disposizione per chi lo necessita un servizio funebre completo ad un prezzo equo e solidale che comprende: - Cofano in legno (abete) per cremazione e/o inumazione; - Casa del commiato comprensiva di vestizione e composizione della salma, carro funebre con personale necroforo; - Disbrigo pratiche comunali.

Antonio Mascher  335 7080048 ALBINO - Via Roma 9 - Tel. 035 774140 - 035 511054 - pcp@generalipcp.it - www.generalipcp.it

dall’anagrafe parrocchiale

Anniversario

27

Da febbraio ad aprile... ... sono rinati nel Battesimo - Martino Carrara - Agnese Clara Cometti - Alessandro Maria Bonfanti - Giulia Bonati - Alice Giulia Dentella

... sono tornati alla casa del Padre Mario Birolini

18° anniversario

Per la pubblicazione delle fotografie dei propri cari defunti, rivolgersi all’edicola “Buona stampa”.

- Clara Acerbis - Silvana Riva - Pierina Cuminetti - Anna Brigatti - Margherita Suardi - Bruno Birolini - Fidelia Bellagamba

Febbraio 2018

Per essere informato sulle attivitĂ proposte dalla nostra comunitĂ parrocchiale, iscriviti alla newsletter mensile sul sito

www.sagrato.it

Info utili

29

Recapiti utili Casa parrocchiale Tel. e fax: 035 75.10.39 albino@diocesibg.it Oratorio Giovanni XXIII Tel. 035 75.12.88 oratorioalbino@gmail.com

orari delle sante messe

Santuario del Pianto 035 75.16.13 - www.piantoalbino.it

FESTIVE

FERIALI

Convento dei Frati Cappuccini Tel. 035 75.11.19

In Prepositurale

In Prepositurale o in S. Bartolomeo

Scuola dell’infanzia Centro per la famiglia “San Giovanni Battista” Tel. 035 75.14.82 - 035 02.919.01

ore 18.00 al sabato (prefestiva) ore 8.00 - 10.30 - 18.00 Per i battesimi come da calendario alle ore 10.30 o alle 15.00

Padri Dehoniani Tel. 035 75.87.11

Al santuario del Pianto

Suore delle Poverelle alla Guadalupe Tel. 035 75.12.53

Al santuario della Guadalupe

Caritas Parrocchiale Centro di Primo Ascolto Tel. 035 75.52.33 aperto al mercoledì (ogni 15 giorni) dalle ore 20.30 alle 22.00 e al sabato dalle ore 9.30 alle 11.30

ore 7.30 - 17.00 ore 9.00

Al santuario della Concezione ore 10.00

Alla chiesa dei Frati Cappuccini ore 7.00 - 9.00 - 11.00 - 21.00

ore 8.30 - 17.00

Quando si celebra un funerale (in Prepositurale): se è al mattino, è sospesa la S. Messa delle 8.30; se è al pomeriggio, è sospesa la S. Messa delle 17.00.

Alla chiesa dei Frati ore 6.45 Al santuario del Pianto ore 7.15 Alla Guadalupe ore 8.00 Sulla frequenza 94,7 Mhz in FM è possibile ascoltare celebrazioni liturgiche e catechesi in programma nella nostra chiesa Prepositurale

Per coppie e genitori in difficoltà Consultorio familiare via Conventino 8 - Bergamo Tel. 035 4598350 Centro di Aiuto alla Vita Via Abruzzi, 9 - Alzano Lombardo Tel. 035 4598491 - 035 515532 (martedì, mercoledì e giovedì 15-17) A.C.A.T. (metodo Hudolin) Ass.ne dei Club Alcologici Territoriali Tel. 331 8173575 Per coniugi in crisi Gruppo “La casa” (don Eugenio Zanetti) presso Ufficio famiglia della Curia diocesana Tel. 035 278111 - 035 278224 Giornale parrocchiale info@vivalavita.eu

www.sagrato.it

Opere parrocchiali ... il tuo aiuto è importante

È possibile fare offerte - anche deducibili fiscalmente nella dichiarazione dei redditi in misura del 19% - a sostegno dei lavori autorizzati dalla Soprintendenza per i beni Architettonici. In particolare segnaliamo il debito che rimane dei lavori alla chiesa del Pianto (70.500 €); al campanile, agli affreschi nella sacristia della Prepositurale, alla chiesa della Concezione e ai tetti dell’Oratorio fin’ora sistemati (250.400 €); per l’adeguamento del CineTeatro (71.100 €). Per le aziende è possibile detrarre totalmente la cifra devoluta. Grazie per quello che riuscirai a fare.

Per donazioni - Bonifico bancario tramite Credito Bergamasco di Albino, Parrocchia di San Giuliano.

Causale: opere parrocchiali - Codice IBAN: IT91 R050 3452 480000000000340

L’ Umiltà... virtù da coltivare in questo anno pastorale

Stampato in abbinamento editoriale con il n. 4/2018 di LAIF - In copertina: Veglia Pasquale presieduta dal Vescovo Carlo Mazza (foto di M. Pulcini).

Aprile 2018

Manda, Signore, ancora Profeti di David Maria Turoldo

Manda, Signore, ancora profeti, uomini certi di Dio, uomini dal cuore in fiamme.

E tu a parlare dai loro roveti sulle macerie delle nostre parole, dentro il deserto dei templi: a dire ai poveri di sperare ancora.

Che siano appena tua voce, voce di Dio dentro la folgore, voce di Dio che schianta la pietra.