Albino comunità viva - Febbraio 2020

IL GIORNALE DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE DI SAN GIULIANO - N. 2 / FEBBRAIO 2020

CALENDARIO APPUNTAMENTI

Febbraio 9.30 e 14.15 Catechesi Elementari 18.00 Cate 1a-2a Media 20.30 Itinerario fidanzati #6 Cattedra di S. Pietro Serata PreAdo #5 (AGDM) - Carnevale Medie

22 Sab 23 Dom 24 Lun 25 Mar 26 Mer 27 Gio 28 Ven 29 Sab

7A Tempo ord.

SFILATA E FESTA DI CARNEVALE per le vie del paese

S. Sergio di Cesarea Martedì grasso Carnevale elementari 20.30 Gruppi di ascolto della Parola nelle case S. Cesario 21.00 Rassegna film di qualità [CineTeatro] INIZIO DI QUARESIMA Giorno di astinenza e digiuno ore 8.30 / 17.00 / 20.30 Celebrazioni penitenSACRE CENERI ziali con rito delle ceneri [Prepositurale] 20.30 Tutte le sere Preghiera di Quaresima alla radio (94,7 FM)

S. Gabriele dell’Addolorata 16.00 Adorazione eucaristica e S. Messa 20.30 CateTerzaMedia | 20.45 CateAdo

S. Romano abate

S. Ilario

18.00 Cate 1a-2a Media 19.30 Serata PreAdo #5 20.30 Itinerario fidanzati #7

Dom

1A di Quaresima In settimana visita e comunione agli ammalati INIZIO ESERCIZI SPIRITUALI 16.15 Abitiamo l’Oratorio Esercizi spirituali dei ragazzi S.Angela d.Croce 20.30 Meditazione in San Bartolomeo ESERCIZI SPIRITUALI PARROCCHIALI 16.15 Abitiamo l’Oratorio Esercizi spirituali dei ragazzi S. Cunegonda 20.30 Meditazione in San Bartolomeo ESERCIZI SPIRITUALI PARROCCHIALI 20.30 Meditazione in San Bartolomeo

S. Casimiro

S. Lucio

S. Giordano

S. Domenico Savio 20.30 Gruppi di ascolto della Parola nelle case 21.00 Rassegna film di qualità [CineTeatro]

S. Simplicio papa 15.00 Catechesi degli adulti [Oratorio]

S. Costantino 16.15 Laboratori di Quaresima per elementari e medie

S. Luigi Orione

S. Leandro v.

17.00 Via Crucis in Prepositurale 20.30 Via Crucis nei quartieri 20.30 CateTerzaMedia | 20.45 CateAdo 18.00 Cate 1a-2a Media 20.30 Itinerario fidanzati #9

S. Matilde regina di Ger. Scrutinio Cresimandi #1

3A di Quaresima

Marzo

1 2 Lun 3 Mar 4 Mer 5 Gio 6 Ven 7 Sab

8 9 Lun 10 Mar 11 Mer 12 Gio 13 Ven 14 Sab 15 Dom 16 Lun 17 Mar 18 Mer 19 Gio 20 Ven 21 Sab 22 Dom 23 Lun 24 Mar

CONVEGNO MISSIONARIO DIOCESANO 9.00 Catechesi familiare 2A di Quaresima 11.00 S. Messa (a seguire pranzo condiviso)

Dom

ESERCIZI SPIRITUALI PARROCCHIALI 16.15 Abitiamo l’Oratorio Esercizi spirituali dei ragazzi 20.30 Meditazione in San Bartolomeo 16.00 Adorazione eucaristica e S. Messa 16.15 Abitiamo l’Oratorio - Esercizi spirituali ragazzi 20.30 CateTerzaMedia | 20.45 CateAdo 20.30 Meditazione e Confessioni 20.30 Itinerario fidanzati #8

Ss. Perpetua e Felicita

S. Eriberto v.

21.00 Rassegna film di qualità [CineTeatro]

S. Patrizio 15.00 Catechesi degli adulti [Oratorio]

S. Salvatore

S. Giuseppe

16.15 Laboratori di Quaresima elem. e medie 20.30 Formazione vicariale dei catechisti [oratorio Albino]

17.00 Via Crucis in prepositurale 19.30 Preghiera di digiuno per i missionari martiri del 2019 [partendo da S. Anna] S. Claudia e c. 20.30 CateTerzaMedia | 20.45 CateAdo Scrutinio Prima Comunione #1 Catechesi: 9.30 e 14.15 el. | 18.00 1a-2a media 20.30 Itinerario fidanzati #10 S. Nicola di Flue Serata PreAdo #6 (AGDM) Scrutinio Cresimandi #2

4A di Quaresima

S. Rebecca Pierrette 20.30 Gruppi di ascolto della Parola nelle case 21.00 Rassegna film di qualità [CineTeatro]

S. Oscar Romero

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«Bene, servo buono e fedele, … prendi parte alla gioia del tuo padrone» (Mt 25,21)

Stiamo entrando nel tempo quaresimale; stiamo iniziando questo lungo cammino dove ci auguriamo il Signore ci trovi in un fedele servizio.

In questi giorni, continuando la preparazione dei chierichetti al loro prezioso servizio, ci siamo imbattuti in una parola presente più volte (19) nel libro delle Cronache (nella Bibbia). L’abbiamo incontrata per la prima volta lì dove si diceva: “Quanto a noi, il Signore è nostro Dio; non l’abbiamo abbandonato. I sacerdoti, che prestano servizio al Signore, sono discendenti di Aronne …”. Coloro che prestano servizio qui sono chiamati “mesaretim”: uomini liberi che prestano servizio a una persona. Mai sta ad indicare il servizio di uno schiavo; e quasi sempre, invece, indica un servizio liturgico nel tempio; un servizio a Dio, con gioia, perché non si è più obbligati a servire un faraone che non è Dio. E ci è sembrato bello attribuire questo termine a quei ragazzi che hanno scelto liberamente di servire il Signore nella liturgia.

A questo proposito, colui che nella storia degli ebrei è stato il vero servo del Signore è stato Mosè: il grande mediatore tra Dio e il suo popolo. Anzi tra i grandi mediatori rimane unico, proprio per il profondo legame con Dio, visto che parlava con lui faccia a faccia.

Può sembrare strano, però, scoprire come all’inizio Mosè si fosse ribellato a lui come nessun altro personaggio dell’Antico Testamento, fino a provocare addirittura la sua ira: per ben cinque volte si è rifiutato di obbedire, accampando mille scuse. Alla fine accetterà liberamente questa chiamata alla quale si manterrà fedele per tutti i quarant’anni seguenti e che faranno di Mosè l’esempio per il suo popolo. Allora, una fiducia incondizionata nel suo Dio e una totale sottomissione gli permetteranno di costruire un rapporto interpersonale unico, tanto che nessuno riuscirà a far cambiare idea a Dio come lui.

Qui si manifesteranno le qualità del suo essere servitore.

Dopo aver ricevuto sul Sinai le due tavole di pietra con i comandi di Dio, mette per scritto la legge, benedice il suo successore – Giosuè -, secondo la tradizione dei patriarchi benedice non i suoi figli, ma le tribù d’Israele e conclude la sua esistenza di servitore di Dio e del popolo in silenzio. Rinuncia addirittura a rivendicare il diritto di portare a termine il compito per cui era stato scelto: guidare il popolo a prendere possesso della terra. Il buon servitore rinuncia alla sua realizzazione purché si realizzi il compito che gli era stato affidato.

Nello stesso tempo, è capace di accettare un rapporto estremamente personale con il suo signore, ma non per questo ne fa una questione di prestigio e sa anche mettersi in secondo piano nel momento in cui non è più necessario.

Inoltre, Mosè non è vecchio e stanco: “Gli occhi non gli si erano spenti e il vigore non gli era venuto meno”. Dopo le lunghissime vite dei patriarchi, dopo il diluvio, Dio pone il limite di 120 anni alla vita dell’uomo. Nella Bibbia, da allora, Mosè è l’unico che vive esattamente 120 anni, vale a dire raggiunge il limite massimo e fa esperienza della completezza concessa da Dio. Mosè muore perché anche in questo momento è fedele servo di Dio e spetta solo a Dio decidere il suo termine.

Da ultimo, troviamo particolarmente significativo il silenzio che accompagna la sua morte. Lui che all’inizio aveva dichiarato a Dio di non saper parlare e che, invece, si era mostrato un oratore provetto, capace non solo di conquistare gli uomini, ma anche di saper dialogare con Dio; lui, sappiamo, avrebbe condotto molto volentieri il popolo d’Israele alla terra promessa. Eppure, dopo aver riconosciuto l’impossibilità, è capace di accettare in silenzio la volontà di Dio. Mosè viene condotto da Dio sulla cima del monte Nebo (nella foto, vista dal monte Nebo), da cui può contemplare la terra promessa, nella quale non potrà entrare. Lo fa senza dire una parola. Nel suo silenzio non c’è traccia di protesta, di orgoglio, di disapprovazione o di malcontento. Qui soprattutto Mosè manifesta la sua grandezza di servo. Essere al servizio vuol dire riuscire a riconoscere la bontà delle scelte del Signore, indipendentemente dai propri piani e desideri.

Quanto vorrei assomigliare a Mosè!

Lo auguro anche a te, all’inizio di questo cammino, anche per noi un po’ nel deserto; che certamente ci riserverà qualche contrarietà, qualche delusione. Mosè, al di là di quanto ha detto o dei suoi discorsi, ci ha però mostrato come si vive da buoni servitori del Signore, ma anche dei fratelli.

Allora, auguri; possa essere un cammino fedele. Buona Quaresima vs. dongiuseppe

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VITA DELLA CHIESA PAPA FRANCESCO

Conversione

«Gesù cominciò a predicare» (Mt 4,17). Così l’evangelista Matteo ha introdotto il ministero di Gesù. Egli, che è la Parola di Dio, è venuto per parlarci, con le sue parole e con la sua vita. In questa prima Domenica della Parola di Dio andiamo alle origini della sua predicazione, alle sorgenti della Parola di vita. Ci aiuta il Vangelo odierno (Mt 4,1223), che ci dice come, dove e a chi Gesù incominciò a predicare.

1. Come iniziò? Con una frase molto semplice: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino» (v. 17). Questa è la base di tutti i suoi discorsi: dirci che il regno dei cieli è vicino. Che cosa significa? Per regno dei cieli si intende il regno di Dio, ovvero il suo modo di regnare, di porsi nei nostri confronti. Ora, Gesù ci dice che il regno dei cieli è vicino, che Dio è vicino. Ecco la novità, il primo messaggio: Dio non è lontano, Colui che abita i cieli è sceso in terra, si è fatto uomo. Ha tolto le barriere, ha azzerato le distanze. Non ce lo siamo meritato noi: Egli è disceso, ci è venuto incontro. E questa vicinanza di Dio al suo popolo è un’abitudine sua, dall’inizio, anche dall’Antico Testamento.

Diceva Lui al popolo: “Pensa: quale popolo ha i suoi dei così vicini, come io sono vicino a te?” (cfr Dt 4,7). E questa vicinanza si è fatta carne in Gesù. È un messaggio di gioia: Dio è venuto a visitarci di persona, facendosi uomo. Non ha preso la nostra condizione umana per senso di responsabilità, no, ma per amore. Per amore ha preso la nostra umanità, perché si prende quello che si ama. E Dio ha preso la nostra umanità perché ci ama e gratuitamente ci vuole dare quella salvezza che da soli non possiamo darci. Egli desidera stare con noi, donarci la bellezza di vivere, la pace del cuore, la gioia di essere perdonati e di sentirci amati.

Allora capiamo l’invito diretto di Gesù: “Convertitevi”, ovvero “cambiate vita”. Cambiate vita perché è iniziato un modo nuovo di vivere: è finito il tempo di vivere per sé stessi, è cominciato il tempo di vivere con Dio e per Dio, con gli altri e per gli altri, con amore e per amore. Gesù ripete oggi anche a te: “Coraggio, ti sono vicino, fammi posto e la tua vita cambierà!”. Gesù bussa alla porta. Per questo il Signore ti dona la sua Parola, perché tu l’accolga come la lettera d’amore che ha scritto per te, per farti sentire che Egli ti è accanto.

La sua Parola ci consola e incoraggia. Allo stesso tempo provoca la conversione, ci scuote, ci libera dalla paralisi dell’egoismo. Perché la sua Parola ha questo potere: di cambiare la vita, di far passare dall’oscurità alla luce. Questa è la forza della sua Parola.

2. Se vediamo dove Gesù cominciò a predicare, scopriamo che iniziò proprio dalle regioni allora ritenute “oscure”. La prima Lettura e il Vangelo ci parlano infatti di coloro che stavano «in regione e ombra di morte»: sono gli abitanti della «terra di Zabulon e di Neftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti» (Mt 4,15-16; cfr Is 8,23-9,1). Galilea delle genti: la regione dove Gesù iniziò a predicare veniva chiamata così perché era abitata da genti diverse e risultava un vero e proprio miscuglio di popoli, lingue e culture. Vi era infatti la Via del mare, che rappresentava un crocevia. Lì vivevano pescatori, commercianti e stranieri: non era certo il luogo dove si trovava la purezza religiosa del popolo eletto. Eppure

Gesù cominciò da lì: non dall’atrio del tempio di Gerusalemme, ma dalla parte opposta del Paese, dalla Galilea delle genti, da un luogo di confine. Cominciò da una periferia.

Possiamo cogliervi un messaggio: la Parola che salva non va in cerca di luoghi preservati, sterilizzati, sicuri. Viene nelle nostre complessità, nelle nostre oscurità. Oggi come allora Dio desidera visitare quei luoghi dove pensiamo che Egli non arrivi. Quante volte siamo invece noi a chiudere la porta, preferendo tener nascoste le nostre confusioni, le nostre opacità e doppiezze. Le sigilliamo dentro di noi, mentre andiamo dal Signore con qualche preghiera formale, stando attenti che la sua verità non ci scuota dentro. E questa è un’ipocrisia nascosta. Ma Gesù, dice oggi il Vangelo, «percorreva tutta la Galilea […] annunciando il vangelo e guarendo ogni sorta di infermità» (v. 23): attraversava tutta quella regione multiforme e complessa. Allo stesso modo non ha paura di esplorare i nostri cuori, i nostri luoghi più aspri e difficili.

Egli sa che solo il suo perdono ci guarisce, solo la sua presenza ci trasforma, solo la sua Parola ci rinnova. A Lui che ha percorso la Via del mare, apriamo le nostre vie più tortuose – quelle che noi abbiamo dentro e che non vogliamo vedere o

VITA DELLA CHIESA nascondiamo –, lasciamo entrare in noi la sua Parola, che è «viva, efficace, […] e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore» (Eb 4,12).

3. Infine, a chi cominciò a parlare Gesù? Il Vangelo dice che «mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli […] che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori.

E disse loro: “Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini”» (Mt 4,1819). I primi destinatari della chiamata furono dei pescatori: non persone accuratamente selezionate in base alle capacità o uomini pii che stavano nel tempio a pregare, ma gente comune che lavorava.

Notiamo quello che Gesù disse loro: vi farò pescatori di uomini. Parla a dei pescatori e usa un linguaggio loro comprensibile. Li attira a partire dalla loro vita: li chiama lì dove sono e come sono, per coinvolgerli nella sua stessa missione. «Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono» (v. 20). Perché subito?

Semplicemente perché si sentirono attratti. Non furono veloci e pronti perché avevano ricevuto un ordine, ma perché erano stati attirati dall’amore. Per seguire Gesù non bastano i buoni impegni, occorre ascoltare ogni giorno la sua chiamata.

Solo Lui, che ci conosce e ci ama fino in fondo, ci fa prendere il largo nel mare della vita. Come fece con quei discepoli che lo ascoltarono.

Perciò abbiamo bisogno della sua Parola: di ascoltare, in mezzo alle migliaia di parole di ogni giorno, quella sola Parola che non ci parla di cose, ma ci parla di vita.

Cari fratelli e sorelle, facciamo spazio dentro di noi alla Parola di Dio! Leggiamo quotidianamente qualche versetto della Bibbia. Cominciamo dal Vangelo: teniamolo aperto sul comodino di casa, portiamolo in tasca con noi o nella borsa, visualizziamolo sul cellulare, lasciamo che ogni giorno ci ispiri. Scopriremo che Dio ci è vicino, che illumina le nostre tenebre e che con amore conduce al largo la nostra vita.

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I quattro sogni nell’Esortazione di Papa Francesco sull’Amazzonia Nei punti 5, 6 e 7 del documento “Querida Amazonia”, Papa Francesco così anticipa i quattro sogni di cui poi parla nei capitoli seguenti.

5. L’Amazzonia è una totalità multinazionale interconnessa, un grande bioma condiviso da nove paesi: Brasile, Bolivia, Colombia, Ecuador, Guyana, Perù, Suriname, Venezuela e Guyana Francese. Tuttavia, indirizzo questa Esortazione a tutto il mondo. Lo faccio, da una parte, per aiutare a risvegliare l’affetto e la preoccupazione per questa terra che è anche “nostra” e invitarli ad ammirarla e a riconoscerla come un mistero sacro; dall’altra, perché l’attenzione della Chiesa alle problematiche di questo luogo ci obbliga a riprendere brevemente alcuni temi che non dovremmo dimenticare e che possono ispirare altre regioni della terra di fronte alle loro proprie sfide.

6. Tutto ciò che la Chiesa offre deve incarnarsi in maniera originale in ciascun luogo del mondo, così che la Sposa di Cristo assuma volti multiformi che manifestino meglio l’inesauribile ricchezza della grazia. La predicazione deve incarnarsi, la spiritualità deve incarnarsi, le strutture della Chiesa devono incarnarsi. Per questo mi permetto umilmente, in questa breve Esortazione, di formulare quattro grandi sogni che l’Amazzonia mi ispira.

7. Sogno un’Amazzonia che lotti per i diritti dei più poveri, dei popoli originari, degli ultimi, dove la loro voce sia ascoltata e la loro dignità sia promossa. (Capitolo 1) Sogno un’Amazzonia che difenda la ricchezza culturale che la distingue, dove risplende in forme tanto varie la bellezza umana. (Capitolo 2) Sogno un’Amazzonia che custodisca gelosamente l’irresistibile bellezza naturale che l’adorna, la vita traboccante che riempie i suoi fiumi e le sue foreste.

(Capitolo 3) Sogno comunità cristiane capaci di impegnarsi e di incarnarsi in Amazzonia, fino al punto di donare alla Chiesa nuovi volti con tratti amazzonici. (Capitolo 4)

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VITA DELLA CHIESA Sembra prossima a novembre la pubblicazione del nuovo Messale per la celebrazione della Messa. Ci saranno chiaramente delle novità che presenteremo.

La più evidente, che troverà qualche difficoltà all’inizio, riguarda una parte del Padre Nostro, che presentiamo qui nel suo significato spiegato da don Oliviero Giuliani

«... e non abbandonarci alla tentazione» Una preghiera di infinita tenerezza La preghiera del «Padre nostro», che abbiamo imparato in tenera età dalla voce dei genitori o di altre persone care, evoca un’atmosfe­ra di grande tenerezza e familia­rità. È per eccellenza «l’orazione domenicale», cioè l’invocazione del Signore. Prima ancora che a catechismo, molti credenti sono venuti a contatto con l’idea di Dio, l’infinitamente buono, che prima di tutto è padre, anzi, il papà di tutti. In seguito avremmo appreso che è grande, eterno, potente...

Questa implorazione al Padre, nata dall’amore del Signore Gesù, è proposta a tutti gli uomini perché ognuno assapori la gioia di esser­ne figlio. È una specie di concen­trato del Vangelo, la bella notizia in assoluto, il cuore di tutto il lieto annuncio.

Ed è la sintesi di tutte le cose belle e desiderabili per la vita: «Il Padre nostro — ha scritto Simone Weil, filosofa, pensatrice e appassio­nata all’idea di Dio - è il compendio di tutte le domande possibili; non possiamo pensare ad alcun’altra preghiera che non sia contenuta in esso». San Francesco d’Assisi ha proposto una signifi­cativa parafrasi per ogni richiesta della preghiera domenicale. All’in­vocazione “Sia santificato il tuo nome”, ad esempio, commentava: «Padre nostro... si faccia luminosa in noi la conoscenza di te, affinché possiamo conoscere l’ampiezza dei tuoi benefici, l’estensione del­le tue promesse, la sublimità della tua maestà e la profondità dei tuoi giudizi».

Così nel corso dei secoli sono tan­tissimi i santi e i mistici che ap­paiono rapiti dallo stupore e dalla sorpresa della paternità di Dio da rimanere quasi senza parola di fronte al mistero divenuto tanto familiare e che di colpo ci avvol­ge di fraternità davanti al Padre di tutti. San Cipriano, uno dei padri della Chiesa del III secolo, ricordava che questa non è una preghie­ ra per sé stessi, ma per tutti, non «Padre mio», ma

«Padre nostro». Santa Teresa d’Avila (carmelitana spagnola, riformatrice di mona­steri e contemplativa del XVI seco­lo) spesso si soffermava per un’ora sulle prime due parole del Padre nostro in atto di riverenza e con amore.

Una modifica nella traduzione dall’originale greco

Eppure questa invocazione, così straordinariamente bella, sta per avere una correzione di traduzio­ ne: là dove finora si diceva «... non ci indurre in ten-

«PREGATE COSÌ» tazione» a breve si pregherà «.., non abbandonarci alla tentazione». L’ha deciso l’Assem­blea generale della Conferenza episcopale il 14 novembre scorso, approvando la traduzione italiana della terza edizione del Messale Romano, nel quale è riportata la preghiera domenicale. La scelta conclude un percorso di studi e confronti tra pastori e biblisti du­rato oltre 16 anni, Per essere ope­rativa è ormai arrivata la prevista autorizzazione finale della Santa Sede. Di fatto il nuovo Messale doveva entrare in vigore nel 2019: il 2020 dovrebbe compiersi l’attesa.

Ma a richiamare l’attenzione sulla traduzione dall’originale greco alle lingue moderne è intervenuto più volte il Papa stesso. Nel corso del­la settima puntata del programma di Tv2000 sul “Padre nostro”, Fran­cesco ha infatti sottolineato come l’espressione italiana secondo cui «Dio induce in tentazione» non sia una buona traduzione». «Anche i francesi — aveva aggiunto il Pon­tefice — hanno cambiato il testo con una traduzione che dice “non lasciarmi cadere nella tentazione”. Sono io a cadere - ha sottolineato con forza papa Bergoglio Non è lui che mi butta nella tentazione per poi vedere come sono caduto. Un padre non fa questo, un padre aiuta ad alzarsi subito».

Ma perché, ci si chiede, si è preferi­ta proprio quella traduzione?

A questa domanda risponde il card. Giuseppe Betori, arcivescovo di Fi­renze e apprezzato biblista, che ha potuto seguire i lavori di traduzio­ne della Bibbia già dal 2001: «... “Non abbandonarci alla tentazio­ne” — scrive Betori - non è la tra­duzione più letterale, ma quella più vicina al contenuto effettivo della preghiera, In italiano, infatti, il ver­bo indurre non è l’equivalente del latino inducete o del greco eisferein, ma qualcosa in più. Il nostro verbo è costrittivo, mentre quelli latino e greco hanno soltanto un valore concessivo: in pratica lasciar en­trare».

Anche due grandi studiosi, il bibli­sta card, Carlo Maria Martini e il teologo card. Giacomo Biffi, ave­ vano, a loro tempo, auspicato la traduzione del passo in questione con la formula «non abbandonarci alla tentazione».

La preghiera al Padre per l’unità di tutta la famiglia di Dio

La riformulazione del «Padre no­stro» con l’ultima modifica non abbandonarci alla tentazione» cui si deve aggiungere il cambio di espressione del Gloria della Messa «... e pace in terra agli uomini, ama­ti dal Signore» - entreranno ufficial­mente in vigore con l’approvazione della Santa Sede quest’anno. Sarà da attendersi, come sempre accade ad ogni mutazione piccola o grande nella storia della Chiesa, la

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“Discorso della montagna”, dipinto di Carl Heinrich Bloch.

resistenza di qualche settore nella grande famiglia della Chiesa. Tanto più è necessario allora capi­re il senso della nuova traduzione (dall’originale greco) con intelligen­za e docilità, come insegna anche il relativo riferimento del Catechi­smo della Chiesa Cattolica, nello spirito della Parola di Dio e del ma­gistero ecclesiale, perché Dio rivela a noi, suoi figli, la tenerezza di Pa­dre e ci dona la gioia d’appartenere alla sua famiglia.

La preghiera che ci ha insegnato Gesù, nella riformulazione indica­ta, non può essere deturpata da screzi o malintesi, ma attende una straordinaria, filiale, gioiosa docili­tà.

Questa è anche un’occasione pri­vilegiata per i credenti del nostro Paese di riscoprire la bellezza del­la supplica al Padre che illumina la nostra identità di figli di Dio. È anche l’opportunità per accogliere con gratitudine la terza edizione del Messale romano, con l’inesau­ribile ricchezza di preghiere e pro­ poste.

Questa può davvero essere una stagione ecclesiale nella quale è dato di rivivere lo spirito rigene­ ratore del Concilio Vaticano II, che scardina le nostre resistenze e ci apre più compitamente alla fre­schezza, alla gioia e allo stupore del Vangelo di Gesù.

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EDUCAZIONE

A PROPOSITO DI VOCAZIONE… Leggiamo nella Christus vivit (25 marzo 2019) a proposito di cammini personali di discernimento e di vocazione: 297. Poiché «il tempo è superiore allo spazio», dobbiamo suscitare e accompagnare processi, non imporre percorsi. E si tratta di processi di persone che sono sempre uniche e libere.

Per questo è difficile costruire ricettari, anche quando tutti i segni sono positivi, perché «si tratta di sottoporre gli stessi fattori positivi ad attento discernimento, perché non si isolino l’uno dall’altro e non vengano in contrasto tra loro, assolutizzandosi e combattendosi a vicenda. Altrettanto si dica dei fattori negativi: non sono da respingere in blocco e senza distinzioni, perché in ciascuno di essi può nascondersi un qualche valore, che attende di essere liberato e ricondotto alla sua verità piena».

Il passo dell’esortazione apostolica post-sinodale di papa Francesco mi ha richiamato, in ambito letterario, quello che nei Promessi sposi (d’ora in avanti PS) Alessandro Manzoni racconta della travagliata vocazione-conversione di LudovicoFra Cristoforo.

Ludovico, figlio di un ricco mercante, inizialmente vive un atteggiamento oppositivo nei confronti dei nobili -perché in fondo vuole imitarli- ed arriva a superare questa logica, grazie alla conversione; dopo l’omicidio del rivale per vendicarsi e punire il torto subito, scelta che -nella logica simmetrica avrebbe provocato una catena infinita di vendette- la conversione aiuta Ludovico-Cristoforo a compiere il passaggio dalla vendetta al perdono e a superare così l’antagonismo oppositivo.

Da una situazione gravemente negativa, preceduta da un percorso non certo lineare, Ludovico trae motivo per una radicale revisione del suo stato di vita ed approda ad una conversione che lo libera e lo conduce ad una piena verità su se stesso: diviene Fra Cristoforo e si avvia risolutamente e gioiosamente nella via della vocazione religiosa (PS, X): «È una delle facoltà singolari e incomunicabili della religione cristiana, il poter indirizzare e consolare chiunque, in qualsivoglia congiuntura, a qualsivoglia termine, ricorra ad essa.

Se al passato c’è rimedio, essa lo prescrive, lo somministra, dà lume e vigore per metterlo in opera, a qualunque costo; se

non c’è, essa dà il modo di far realmente e in effetto, ciò che si dice in proverbio, di necessità virtù. Insegna a continuare con sapienza ciò ch’è stato intrapreso per leggerezza; piega l’animo ad abbracciar con propensione ciò che è stato imposto dalla prepotenza, e dà a una scelta che fu temeraria, ma che è irrevocabile, tutta la santità, tutta la saviezza, diciamolo pur francamente, tutte le gioie della vocazione. È una strada così fatta che, da qualunque laberinto, da qualunque precipizio, l’uomo capiti ad essa, e vi faccia un passo, può d’allora in poi camminare con sicurezza e di buona voglia, e arrivar lietamente a un lieto fine».

Se anche prima della conversione in Ludovico regnava un malinteso senso della giustizia (“costretto a vivere co’ birboni per amore della giustizia” PS, IV), dopo la conversione Cristoforo persegue e cerca di realizzare la giustizia confidando nella forza del perdono e della carità cristiana, invocando l’aiuto della Grazia perché solo così si possono mutare le questioni.

Cristoforo sa riformulare completamente la vecchia relazione con gli altri: se inizialmente finiva per somigliare sempre al proprio nemico, ora crea un nuovo territorio, i cui abitanti non saranno condizionati inesorabilmente dal passato; anche se l’insanguinata mano degli avi ha seminato l’ingiustizia, la terra può dare altra messe.

Così Cristoforo può mutare il desiderio di vendetta che i parenti dell’ucciso nutrono verso di lui in stima e ammirazione e, quel che più gli importa, in perdono: e l’annullamento di questa contrapposizione giunge dopo che egli ha saputo trasformare la propria agonistica ansia di giustizia terrena, tanto somigliante alla vendetta, in ansia di perdono.

Così Fra Cristoforo potrà insegnare il medesimo tragitto a Renzo attraverso la sua testimonianza, quella di una conversione che ha significato un mutamento di logica, una paradossale capacità di mutare le questioni terrene, senza la pretesa di risolverle.

Anche a noi è richiesta la stessa conversione, la stessa disponibilità di Fra Cristoforo a metterci in cammino, a cambiare atteggiamento nei confronti delle persone che incontriamo, a partire dalla condizione in cui si trovano.

Enzo Noris

EDUCAZIONE

SCOUT - AL RIFUGIO CAMPIONE ASCOLTANDO PAPA FRANCESCO E I GRANDI DELL’EUROPA Domenica 12 gennaio, ore 7.30, siamo partiti verso Schilpario, alla ricerca di quel panorama invernale che quest’anno si fa tanto desiderare, dove la neve colora le montagne, rendendole soffici e pure.

La nostra meta era posta poco dopo il passo dei Campelli, al rifugio Campione, situato al limite dei 2000 metri di altitudine.

Quella era la nostra meta, quello il nostro obiettivo, il traguardo del nostro fare strada insieme, un traguardo condiviso, in quanto il far strada insieme non deve diventare un vagabondare, ma un cammino verso un punto di arrivo ben preciso.

Già nei pressi della partenza abbiamo capito che la meta scelta era quella giusta, la temperatura era ampiamente sotto gli zero gradi e la neve già ricopriva i prati circostanti.

Allora abbiamo iniziato il nostro cammino, inizialmente insieme, chiacchierando tra di noi, del più e del meno. Poi, a partire dal rifugio Bagozza, ci siamo fatti accompagnare dalle parole che Papa Francesco ha regalato quest’estate ai nostri Rover e Scolte, in occasione dell’ultimo giorno di Euromoot (per chi fosse interessato il testo dell’intervento è presente sul sito del vaticano).

Grazie al nostro smartphone e ad un paio di cuffie, abbiamo riascoltato le parole del Papa mentre camminavamo. Ognuno di noi si è isolato, e mentre avanzavamo su quel tappeto bianco preparato per noi, i nostri sguardi spaziavano per le montagne innevate che si aprivano davanti a noi, le nostre orecchie e il nostro cuore si riempivano delle parole del Santo Padre.

La nostra meta si stava avvicinando, e dopo circa 2 ore di cammino siamo arrivati al rifugio Campione.

Arrivati alla meta, ci siamo trasformati in artisti. La nostra tela

era il manto colorato sotto i nostri piedi: ognuno di noi ha disegnato il passo, il messaggio o quella parola che più l’ha colpito del discorso di Papa Francesco.

Dopo un momento di condivisione abbiamo preso i nostri fornellini e abbiamo pranzato insieme.

La strada del ritorno è stata anche più divertente: tra scivolate con bob improvvisati e corse nella neve siamo arrivati velocemente al rifugio Bagozza, dove ci siamo presi del tempo per un secondo momento di riflessione: il tema è stato quello dell’Europa: non tanto Europa come insieme politico di stati che formano un continente, quanto Europa come continente dalle origini e dai valori Cristiani che tanto permeano la nostra quotidianità che quasi non ce ne rendiamo conto. L’Europa è un tema che per noi, Scout d’Europa, deve essere centrale, ma che spesso rischiamo di lasciare ai margini delle nostre attività.

Così, con l’aiuto dei Grandi del passato e del presente abbiamo riscoperto un’Europa che “deve essere intesa come costituita da popoli piuttosto che da nazioni, un’Europa dinamica e multiculturale, che deve sempre mettere al centro la persona umana lasciando che essa esprima liberamente il proprio volto e la propria creatività, sia a livello di singolo che di popolo: come una famiglia, che è tanto più unita quanto più ciascuno dei suoi componenti può essere fino in fondo sé stesso senza timore”.

Siamo poi rientrati alle auto consapevoli di aver gustato quanto il Signore ci aveva donato.

Alla prossima avventura. Buona strada Orso Laborioso

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VITA PARROCCHIALE ORATORIO DI ALBINO

La mobilitazione dei ragazzi ha aiutato a nascere 16 bimbi con i progetti Gemma di Chiara Savio - www.santalessandro.org “La vita è la vita, difendila”. L’inno alla vita di Madre Teresa di Calcutta si conclude così, con un invito a difendere ciò che di più caro abbiamo. Una vita che riceviamo in dono da Dio e che è da vivere a pieno senza riserve. Nell’oratorio di Albino questa ricchezza viene trasmessa a piccoli e grandi per sottolinearne il valore. Anche quest’anno, i ragazzi che riceveranno la cresima si sono messi in gioco per raccogliere fondi a sostegno dei progetti Gemma. L’oratorio e la parrocchia di Albino, insieme all’associazione ‘Difendere la vita con Maria’, hanno aiutato ben quattordici mamme in difficoltà grazie alla celebrazione della giornata della vita a cui tutti partecipano in un modo o nell’altro.

L’organizzazione della giornata per la vita inizia con il coinvolgimento dei ragazzi della Cresima. A loro vengono spiegati i vari progetti dell’associazione e, in particolare, il progetto Gemma. “Il progetto Gemma è quello che ci sta più a cuore perché ci permette di sostenere una mamma in difficoltà -racconta Francesca Pegurri, responsabile della giornata-. Le mamme che si rivolgono ai centri per la vita, grazie a questi progetti, non si trovano costrette a rinunciare alla loro maternità e riescono a trovare un sostegno per crescere il proprio figlio”.

“Ogni richiesta d’aiuto viene analizzata per comprendere quale sia il modo più efficace con cui intervenire. Solitamente l’aiuto è di tipo economico ed è una piccola cifra mensile che viene erogata a partire da sei mesi prima della nascita fino all’anno di vita del bambino”. I ragazzi sono spronati dalle storie di grande umanità che ascoltano anche se non possono conoscerle da vicino. Spesso, infatti, la mamma a cui si dona il proprio aiuto è dall’altra parte dell’Italia.

una persona in difficoltà che nemmeno conoscono e nel loro piccolo donano il proprio tempo agli altri.

Oltre alla vendita, i preadolescenti sono coinvolti in momenti di comunità come l’incontro con gli anziani delle case di riposo sul territorio. Un modo per celebrare la vita in tutte le sue stagioni.

“Il movimento per la vita italiano quando riceve queste segnalazioni contatta uno dei centri per la vita in una sede diversa rispetto a quella della richiesta – spiega Francesca -. Così facendo la mamma non si lega ai donatori con delle relazioni di dipendenza e non si sente in dovere di restituire i soldi che le sono stati donati. Ad Albino sono tredici anni che portiamo avanti questa iniziativa e abbiamo sostenuto quattordici progetti Gemma grazie a cui sono nati sedici bambini perché l’ultimo era un parto trigemellare, però oltre al nome del bambino sappiamo davvero poco”.

“Ai ragazzi della cresima chiediamo di darci una mano con le bancarelle e con i fiori per raccogliere fondi durante la giornata della vita tramite la vendita delle primule. Con i volontari e i ragazzi seguiamo tutte le messe del fine settimana dedicato alla vita. Le persone sono sempre molto generose e non ringrazieremo mai abbastanza per ciò che fanno. Quest’anno abbiamo raccolto 2640 € solo nella parrocchia di Albino. Teniamo molto alla trasparenza perché così la gente si sente più partecipe e comprende il valore e l’importanza dell’aiuto di ciascuno”.

I ragazzi della Cresima partecipano alla giornata della vita vivendolo come atto di responsabilizzazione. Si mettono in gioco per aiutare

Se in prima linea ci sono i cresimandi, la giornata della vita coin-

GIORNATA EDUCAZIONE PER LA VITA 20209

Grazie!

Domenica 2 febbraio, con la quarantaduesima Giornata nazionale per la Vita, si è conclusa un’importante settimana di sensibilizzazione, sostegno e preghiera per la vita. Ripercorriamo le iniziative promosse e condivise dall’intera comunità parrocchiale di Albino.

LA PREGHIERA - Pregare è il nostro mezzo principale per vedere Dio operare nella nostra vita e in quella degli altri. Per questo nel rosario quotidiano che precedeva la S. Messa delle 8 al santuario della Guadalupe, abbiamo pregato per la vita, ogni giorno con una particolare intenzione: per la vita nascente, per gli anziani, per i giovani, per gli operatori sociali, per i sofferenti, per i fidanzati e per le famiglie. Una preghiera semplice e di cui abbiamo bisogno affinché i nostri cuori si aprano alla grazia.

volge tutta la comunità. “A ogni fiore viene associata una frase tratta da una preghiera di madre Teresa di Calcutta -conclude Francesca-. È un modo per lasciare un bel messaggio a chi prende la primula, ma anche per rendere partecipi anche i bambini delle elementari. A dare una mano ci sono anche gli scout e numerosi volontari che si mettono in gioco. Le suore poverelle, ad esempio, nella settimana che precede la giornata della vita fanno un rosario meditato. Ogni giorno celebrano una fase diversa della vita. È un vero e proprio rosario per la vita”.

A SOSTEGNO DELLA VITA - E siamo a Domenica. Guidati dall’invito Aprite le porte alla Vita, la comunità parrocchiale di Albino con tutte le comunità religiose in essa operanti ha promosso una campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi a sostegno di progetti in favore della vita offrendo primule in cambio di una libera offerta.

Attuata sabato 1 e Domenica 2 febbraio 2020 in concomitanza delle Messe celebrate nelle chiese della Parrocchia (Prepositurale di San Giuliano, Frati Cappuccini, Madonna del Pianto, Madonna della Concezione e Madonna di Guadalupe) e nel porticato della chiesa di Sant’Anna, l’iniziativa ha coinvolto alcuni volontari, il gruppo Scout di Albino e i ragazzi di seconda media con i loro catechisti, tutti uniti all’attenzione e promozione della Vita.

Durante le Messe si è pregato e riflettuto sul valore della vita e fuori dalle chiese sono state offerte le piantine di primule, il primo fiore che sfida l’inverno.

Sabato 1 febbraio, sono state donate le primule alle coppie di fidanzati che si stanno preparando al matrimonio. Oggi, domenica 9 febbraio, i Cresimandi hanno incontrato gli ospiti della Casa Albergo e dell’Infermeria Honegger donando loro i fiori simbolo di questa giornata.

Da questo impegno è sbocciato un “utile” di 2.650 euro così impiegato: 1.600 euro per il finanziamento di parte di un Progetto Gemma per l’adozione prenatale a distanza di una mamma in difficoltà, salvando il suo bambino; 600 euro a sostegno di progetti del Centro Aiuto alla Vita di Alzano Lombardo; 450 euro alla locale Associazione Difendere la Vita con Maria che si occupa di dare una dignitosa sepoltura ai bambini non nati.

Un grande grazie a tutta la comunità di Albino.

Questa tradizione dell’oratorio di Albino riesce a far comprendere il valore della vita a tutti e anche ai più piccoli. Bastano dei semplici gesti per far capire che “La vita è amore” e va donata. È proprio grazie a questo amore che Pantaleo, Jamila, Giuseppe, Giada, Salvatore, Chiara, Letizia, Sabrin, Rachel, Viola, Maria Antonietta, Success, Kmar, Baya e Nourane sono venuti al mondo.

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65, 64, 62, 61 ANNI FA IN ORATORIO

UNA RICOSTRUZIONE, IL CROLLO EVITATO DAI MORTI DELLA PESTE, LA DEDICA E LA VISITA A PAPA GIOVANNI. Nel dopoguerra anche l’oratorio di Albino fu ricostruito.

L’8 dicembre 1955 era esposto un plastico del progetto per il nuovo oratorio, realizzato dall’architetto Elia Acerbis su indicazioni del direttore don Domenico Gianati, da 10 anni ad Albino.

Don Domenico più volte ripetè: «Se lasciamo passare queste generazioni e la generazione che ha conosciuto don Cristoforo Rossi, sarà sempre più difficile parlare dell’Oratorio. Dobbiamo approfittare di quest’eredità di esempi, di meriti e di prestigio che lui ha dato all’oratorio».

«Prima dell’inizio dei lavori, un gruppo di giovani, convocato, partecipava all’ultima Messa nella chiesa dei morti. Il Direttore dell’Oratorio invitava a pregare per l’Oratorio, per la sua costruzione e la sua ripresa, e che, pur nella gioia dell’inizio, bisognava pensare alle difficoltà che l’opera avrebbe incontrato» (Numero unico Dall’oratorio S. Filippo Neri all’oratorio Giovanni XXIII, 1964).

Nella ‘”chiesina dei morti’” in piazza S. Giuliano, la cui struttura esterna è ancora oggi visibile, «al primo scavo per collocare le colonne di sostegno dei piani ricavativi, ci si imbattè nell’ossario, dell’altezza di 4 m. e 20 cm. È evidente l’apprensione di chi lavorava e della popolazione che venne a conoscenza del fatto. Apprensione comprensibile, però da alcuni anche eccessivamente drammatizzata: “I morti non si devono toccare!’”.

Però, quei morti fecero riparlare di sé più tardi, ad opera completata, perché proprio nella settimana posteriore all’inaugurazione, quando ormai tutto

era sgomberato e ripulito, il pavimento dell’ex chiesina dei morti, di notte, improvvisamente sprofondò di circa mezzo metro. Anche allora si riparlò di quei morti e ancor più di prima, ma con pareri più o meno marcati nella discordanza: chi parlava di morti che di vendicavano (!?), chi invece poteva sostenere: ‘”I morti ci hanno assistito e han collaborato”.

Difatti, mentre il medesimo pavimento era servito al puntellamento di sostegno delle solette dei due piani superiori ed era stato nel frattempo caricato da un media di 150 quintali di cemento, non aveva mai dato segni di cedimenti: guai se questo fosse avvenuto! Sarebbe stata la fine della chiesina e avrebbe potuto portare con sé perdite umane.

Quindi ancor oggi a quei morti pensiamo non soltanto con i sensi del rispetto e della fratellanza cui ci lega la Comunione dei Santi, ma anche con i sensi della riconoscenza di chi ha in loro trovato protezione».

Così si scriveva, con la penna di don Domenico, nel numero unico del 1964.

E, a illustrazione dei fatti, si pubblicava una sequenza di disegni, opera dell’architetto Elia Acerbis: - la chiesina dei morti all’inizio dei lavori; - il sostegno dato dall’ossario durante la costruzione dei piani (la sala mostre, le aule, l’aula magna con la volta della chiesa); - l’affossamento del pavimento al termine dei lavori; - la nuova soletta dell’edificio, rinforzata da colonne di sostegno.

Nella attuale sala mostre, leggermente ridotta per la realizzazione del passaggio dal porticato di piazza S. Giuliano agli edifici dell’oratorio con accesso da via don Cristoforo Rossi e allo stadio Kennedy, su ideazione dell’architetto Franco Acerbis del 1996-1997, è ancora visibile una piccola croce in legno che ricorda l’origine dell’edificio, una chiesa, e i morti della peste di Albino, Selvino e plaga, il cui resti giacciono coperti di calce bianca.

L’8 dicembre 1958, l’oratorio di Albino fu il primo ad essere dedicato a Giovanni XXIII, a poco più di un mese dalla nomina del primo papa del Concilio Vaticano II: «Le grandi omelie rivelarono nel neo pontefice freschezza di vita, limpidezza di concetti di ispirazione evangelica». Parole di don Domenico. Una lapide in piazza S. Giuliano, al di sopra dell’ingresso centrale segna la dedica “ORATORIO GIOVANNI XXIII”, accompagnata da un motto programmatico, una frase di Gesù nel vangelo di Marco: «Credite Evangelio»; in italiano «Credete al Vangelo».

Il 30 settembre 1959 una rappresentanza dell’oratorio entrò nella basilica di San Pietro per l’udienza di papa Giovanni e furono scandite le seguenti parole che davano presente l’«Oratorio Giovanni XXIII, Albino, Bergamo».

Il Papa ebbe un attimo, come di commossa sorpresa, e verso la rappresentanza che applaudiva, «compì un ampio gesto di compiacenza salutando con le mani aperte».

COLORATORIO

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Come da qualche anno gli Oratori di Albino, Bondo, Comenduno e Desenzano hanno condiviso il percorso per organizzare il Carnevale ed insieme hanno realizzato i carri che accompagneranno la sfilata di domenica 23 febbraio! In caso di pioggia, festa rimandata alla domenica successiva.

ALBINO - DOMENICA 23 FEBBRAIO - PROGRAMMA Ore 13.45 RITROVO NELLE AREE STABILITE DA OGNI ORATORIO E PARTENZA DELLE 4 SFILATE

...da ALBINO - Piazza San Giuliano ...da BONDO - Casa della Comunità

...da COMENDUNO - Oratorio ...da DESENZANO - chiesa di San Pietro

Ore 14.30 INCONTRO DELLE QUATTRO SFILATE IN PIAZZA LIBERTÀ (MUNICIPIO)

La sfilata continuerà percorrendo insieme via Mazzini come indicato nel percorso Ore 16.00 ARRIVO IN PIAZZA SAN GIULIANO E...

GRANDE FESTA! Intrattenimento con musica, balli e giochi.

Area ristoro (torte, frittelle, the, pà e strinù, vin brulé ...)

Come tradizione Albino brucerà il suo personaggio!

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percorso della sfilata

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Si avvisano quanti volessero raggiungere con mezzi propri il punto d’incontro delle 4 sfilate (piazzale del Municipio), che nelle vicinanze vi sono apposite aree a parcheggio.

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SIAMO TUTTI INVITATI A PARTECIPARE ... COLORATISSIMI!

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ALTRI MONDI

Buone notizie dall’Africa, dai Piccoli fratelli.

Lorenzo, da 35 anni vive, in un piccolo villaggio della Tanzania, in una comunità dei Piccoli Fratelli di Gesù, una delle piccole famiglie religiose nate da Charles de Foucauld e R. Voillaume.

“In stretta comunione con la gente” Hervé mi chiede ancora una volta di scrivere un diario.

1. Vorrei elevare un inno di lode al paese che mi ha accolto da così tanto tempo: la Tanzania! I mezzi di comunicazione più potenti (BBC, Tv americane) continuano a molestarci: vorrebbero vederci alla mercè della logica del mercato e dei “liberi” scambi (in realtà dipendenti!) mentre noi invece difendiamo fermamente le nostre radici di un sistema originale di “socialismo” democratico, dove forte è il ruolo normativo dello Stato, per guidare il popolo secondo equità e giustizia nei settori chiave come le infrastrutture, l’istruzione, la salute, le risorse minerarie ed energetiche, ecc Lo dico apertamente e con convinzione: tutto questo è merito innanzitutto del Partito della rivoluzione C.C.M. del nostro padre fondatore Nyerere che ha saputo rinnovarsi e combattere, anche al suo interno, contro la corruzione (che è una pandemia mondiale!), difendendo, nello stesso tempo, i nostri valori culturali contro la pressione di ideologie

corruttrici. La coesistenza pacifica unita alla collaborazione attiva tra numerose etnie e tra le due religioni più diffuse, Islam e Cristianesimo, insieme alla sana laicità del Partito e dello Stato non è affatto un merito piccolo del nostro paese!

Ma allarghiamo il nostro sguardo: la Tanzania si è posta in prima linea nel sostenere l’emancipazione dall’apartheid e dalla colonizzazione di molti paesi del sud dell’Africa e adesso si sta preparando ad accogliere il summit della SADC (Comunità di sviluppo dell’Africa Australe) che riunisce 16 paesi. [ ] Debolezze? Ne abbiamo: al primo posto coloro che ricevono grossi contratti e incassano tanti soldi senza terminare i lavori, ma anche molte autorità locali (bisogna però dire che, a livello locale, non hanno nessun emolumento !).

2. Veniamo al mio villaggio, Murugaragara. Come ha scritto giustamente fratel Edouard che ha vissuto qui per molto tempo: il villaggio è molto cambiato! Chi pensa che qui non facciamo progressi, si sbaglia: noi andiamo avanti con i nostri ritmi e con i nostri passi. Nel 1983, quando sono attivato qui, dov’era la nostra strada? Era un sentiero! Dove i due solidi ponti che ci collegano con la cittadina di Rulenge? Dove l’ambulatorio e la clinica per bambini a mezz’ora a piedi da qui? Dove la scuola elementare con quasi 700 alunni proprio qui a Murugaragara? Dove il nostro “Ufficio” del

villaggio che è un po’ la nostra piccola gloria? Dove il progetto dell’acqua potabile per caduta che nonostante le difficoltà di realizzazione, assicura l’acqua alla scuola e al centro del villaggio? Inoltre con un piccolo pannello solare, nelle case c’è la luce ed è possibile caricare i cellulari. La sola schiavitù rimane la zappa. Speriamo di passare presto ad un’agricoltura meccanizzata. Alleluja!

La Tanzania avanza pacificamente con fermezza e determinazione!

3. Vengo alla fraternità, che è stata fortemente voluta verso la fine degli anni ‘70 dal vescovo Mwoleka di illustre memoria: desiderava ardentemente dei religiosi e delle religiose che vivessero in mezzo alla gente, in una stretta convivenza con i laici. Non sono le separazioni che ci tutelano, bensì una salutare vita comune con le sue sfide ma anche con le sue grandi opportunità. Non avrei mai immaginato di arrivare, un giorno, a vivere in una così stretta comunione con questa gente: come spazio “privato” non mi resta che la piccola cappella per la preghiera silenziosa e, naturalmente la mia camera! [ ] La prossima volta vi parlerò della nostra piccola comunità cattolica del villaggio.

Ciao!

Lorenzo o come dicono qui: Laurenti!

Un nuovo Piccolo Fratello di Gesù Nel mese di luglio 1019, Carlo della fraternità di Brossasco, ha fatto la sua professione perpetua - il suo impegno definito nella fraternità.

La chiesetta nel centro del villaggio: a destra, finiti i lavori, si potranno accogliere i più piccoli, sempre più numerosi. A fianco, l’ufficio del villaggio, unico in tutta la regione.

(dal Bollettino semestrale “I Piccoli Fratelli di Gesù” - II 2019, Brossasco (Cn), pfgvaraita@gmail.com)

MEMORIA

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Albino ricorda, dopo 75 anni, i Quarti. È stato annunciato che, per iniziativa del Comune e dell’ANPI, ad Albino si avrà finalmente un riconoscimento pubblico, per la famiglia Quarti, in cui figli Bruno e Cornelia “Mimma” furono due dei più illustri esponenti della Resistenza bergamasca al fascismo.

Ne scrivevamo già nel novembre 2013 come “i due più famosi partigiani albinesi sconosciuti ad Albino”.

Il riconoscimento consisterà nello scoprimento di una targa commemorativa, come quelle già poste per la M.O. Vittorio Gasparini, Ercole Piacentini e i partigiani comendunesi, presso la casa natale dei Quarti, al ponte romanico e alla roggia del fiume Serio. Lì infatti sono nati Bruno il 21 luglio 1918 e Cornelia il 7 aprile 1923. La cerimonia è stata fissata a sabato 7 marzo.

Una fotografia li ritrae proprio in quella zona, poco prima della guerra mondiale, con al centro l’amica di “Mimma”, Vittorina Testa, che abitava vicino alla casa dei Quarti, al di là della ferrovia della Valle Seriana: la foto è conservata dai figli di Vittorina e Guido Acerbis.

Vittorina chiamava “Mimma” la settima figlia, Irma, nata nel 1953, dopo Carlo, Benvenuto, Maria, Franco, Alba, Dante e prima di Teresa e Anna.

Vittorina ricordava con affetto questa amica che si era trasferita a Bergamo nel 1931 e nel primo dopoguerra a Milano per la laurea in medicina e a Parigi per la successiva specializzazione in neuropsichiatria.

“Mimma” Quarti resterà a vivere in Francia dove divenne docente universitaria e ricevette la Legion d’Onore per meriti scientifici. Dopo che là, nel 1984, morì, fu sepolta, come desiderava, a Scanzorosciate accanto alla madre Maria Taino, anch’ella partecipe della resistenza. La loro casa a Bergamo, in via S. Lucia 16, era una covo antifascista, in barba ai tedeschi che ne occupavano una parte.

Ad Albino il padre, Pietro, era stato custode del sistema idraulico e dei canali che da lì partivano, dopo il padre, Giovanni, che l’aveva preceduto dal 1879.

Della partecipazione di “Mimma” alla resistenza, Angelo Bendotti, nel libro Il giorni alti dà questa sintesi: «assolse importanti incarichi in collegamento con la Special Force, il servizio informazioni militare e per l’espatrio dei prigionieri».

In un’intervista da lui raccolta “Mimma” ne dà un assaggio: «Nell’autunno del ‘44 io ho fatto qualcosa di speciale perché non c’era più nessuno che faceva il corriere con la Svizzera tutti erano stati arrestati, e molte volte fucilati sul posto E mi sono successe delle cose abbastanza spaventose».

E sarebbe lungo il racconto del suo eroismo, che comprende anche un arresto, gli interrogatori con tanto di percosse.

Come sarebbe lunghissimo, e meno monotono…, quello del fratello Bruno, anch’egli medico, solo leggendo la sua dichiarazione del 18 maggio 1945, custodita nell’archivio dell’Isrec di Bergamo e riportata ne I giorni alti: cominciò la sua attività antifascista a 16 anni «facendo il corriere clandestino fra gli antifascisti delle varie città; lavoravo per i fondatori di Giustizia e libertà». Poi «du-

rante tutta la guerra svolsi professionalmente attività rivoluzionaria clandestina come luogotenente del Prof. Ferruccio Parri e del Dott. Ugo La Malfa Capo del Partito d’Azione». Per uscire dal carcere fascista il 25 aprile 1945, per volontà del comandante tedesco Langer che voleva trattare la resa incondizionata dei tedeschi della città e della provincia di Bergamo. Della città fu il primo questore, ma lasciò presto l’incarico.

Come dichiarò “Mimma”: «Dopo la guerra lui ha cercato di ritrovarsi, perché tutti noi eravamo molto speduti. Credo sia stato deluso, deluso da quello che accadeva, siamo stati terribilmente delusi, avevamo arrischiato la vita, avevamo arrischiato tutto per fare dell’Italia qualcosa di nobile, di bello e niente di tutto ciò si era avverato».

La memoria che si fa, oggi e da oggi, dei Quarti cerca di ripagare la delusione di tanti che non giudicarono realizzato quanto pure promettevano gli articoli programmatici della Costituzione nata dalla Resistenza, innanzitutto il comma 2 dell’art. 3.

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ALTRI MONDI Questa pagina è dedicata a padre Rufino Carrara che ci invitò, alla fine della sua vita, a ricordare questo massacro.

Un libro fa luce sul più grave crimine di guerra italiano

Per non dimenticare

Debre Libanos

di Lucio Brunelli - L’Osservatore Romano, 8-9 febbraio 2020 «La più sanguinosa strage di religiosi cristiani compiuta in Africa, il più grave crimine di guerra dell’Italia». Non ha dubbi lo storico Paolo Borruso, autore di Debre Libanos 1937. Il più grave crimine di guerra dell’Italia, 1937 (Bari, Laterza, 2020, pagine 272, euro 20) il primo libro interamente dedicato alla ricostruzione del brutale massacro di monaci, diaconi e pellegrini copti compiuto in Etiopia su ordine del viceré Rodolfo Graziani, quando l’Italia vestiva la camicia nera. Un eccidio su cui per troppo tempo nel paese è gravato un silenzio imbarazzante, nonostante la sua gravità fosse già nota agli studiosi grazie alle prime ricerche di Angelo Del Boca.

Ci provò una piccola emittente, Tv2000, tre anni fa, in occasione degli ottant’anni dalla carneficina, ad alzare il velo doloroso della me-

moria su questa strage e muovere l’opinione pubblica con un reportage coraggioso e struggente, che raccoglieva testimonianze sul posto e documenti d’archivio. Uscirono articoli e commenti sui maggiori quotidiani. Il ministero della difesa pubblicò una nota ufficiale in cui ricordava con rammarico l’accaduto e annunciava una commissione di studio; sembrò il primo passo verso un riconoscimento ufficiale delle responsabilità e un atto pubblico di scuse alla Chiesa copta e alla nazione etiope, atto doveroso e mai

Diventiamo prossimo La Caritas Parrocchiale ripropone l’iniziativa del fondo di solidarietà “Diventiamo prossimo” per sostenere e accompagnare le famiglie in difficoltà economica.

MODALITÀ PER CONTRIBUIRE

 Autotassazione mensile: si stabilisce una cifra che viene versata mensilmente per il periodo indicato  Presso il Centro di Primo Ascolto alla Casa della Carità in piazza San Giuliano 5 al mercoledì dalle 20.45 alle 22  Con bonifico bancario tramite

Nuovo Iban: IT06 JO3111 5248 0000 0000 77181 c/c intestato Parrocchia San Giuliano, Conto Caritas indicando la causale: FONDO DI SOLIDARIETÀ DIVENTIAMO PROSSIMO

 Con libere offerte anche utilizzando la cassetta all’entrata della chiesa parrocchiale

MEMORIA

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nale. L’operazione punitiva fu affidata al generale Pietro Maletti che si servì, per il “lavoro sporco”, di un battaglione di ascari musulmani.

Il primo atto della carneficina si consumò il 21 maggio 1937 presso l’altipiano di Laga Wolde. Caricati su dei camion militari, tutti i monaci furono legati a gruppi di 5-6 e portati sul greto di un fiumiciattolo: «stesero su di loro un lungo telo nero, che li univa e copriva il capo di ciascuno, infine si procedette alla fucilazione dei prigionieri che caddero riversi nel letto del fiume e furono finiti ad uno ad uno con un colpo di grazia». Esecuzioni sommarie, senza alcun processo, uomini colpevoli solo di essere monaci e di amare la loro patria.

Una rarissima immagine che documenta l'eccidio di Debre Libanos

pronunciato finora. In realtà la commissione non venne mai insediata e dell’iniziativa si perse ogni traccia.

Ora è il libro di Borruso a mordere le nostre coscienze. La meccanica della strage è ricostruita con rigore e crudezza. L’ordine di “liquidare” il monastero di Debre Libanos, centro spirituale della antichissima Chiesa copta, partì da Graziani in persona: un atto di rappresaglia contro l’attentato da lui subito pochi mesi prima ad Addis Abeba e nel quale aveva riportato ferite in tutto il corpo provocate dalle schegge delle granate. Si volle a tutti i costi vedere una “connivenza” tra i due attentatori e il clero etiope; in realtà le prove erano deboli e Graziani sfruttò l’occasione per infliggere una punizione esemplare a una comunità religiosa sentita come una spina nel fianco dagli occupanti in quanto custode dello spirito nazio-

Il secondo atto si consumò il 26 maggio in località Debre Berhan; dopo l’annientamento del clero si procedette contro i diaconi e i pellegrini giunti al monastero in occasione di una importante festività religiosa (occasione sfruttata con lucido cinismo per eliminare il maggior numero di persone legate al monastero). Anche qui la cronaca è agghiacciante: «fatti allineare i prigionieri uno dopo l’altro davanti ai fossati scavati, venne aperto il fuoco con le mitragliatrici, i corpi che non erano caduti nei fossi vi furono spinti, e chi mostrava ancora segni di vita fu finito con un colpo di pistola».

Secondo le fonti ufficiali ad essere giustiziate furono in totale 452 persone, ma Borruso tende a ritenere più attendibili le stime dello storico Ian Campbell, basate su numerose testimonianze oculari e oscillanti tra 1432 e 2033 morti. Non pago di tanto sangue Graziani si accanì anche contro i parenti più stretti delle vittime, fatti internare nel campo di concentramento di Danane, forse anche per occultare il più possibile la memoria del massacro. Perfino nel regime fascista infatti, nei mesi successivi, si sollevarono dubbi se non sull’orrore morale di questi eccidi almeno sulla loro reale efficacia politica, in quanto si temeva che finissero con l’accrescere l’odio anti-italiano.

Un capitolo delicato e amaro del libro di Borruso riguarda l’atteggiamento della Chiesa e dei missionari cattolici di fronte alla repressione cruenta della comunità copta. Viene evidenziato un “vuoto documentale” negli archivi delle principali congregazioni missionarie operanti nella ex colonia italiana. Non risultano insomma parole né di giustificazione né di condanna. È un fatto che la spedizione africana segnò uno dei momenti di maggior consenso al regime in Italia. L’odierna sensibilità ecumenica era ben lontana dal formarsi e per molti uomini di Chiesa, anche in buona fede, la conquista coloniale era vista come un’opportunità per diffondere la “vera” religione cattolica in quei territori. Anche su autorevoli riviste, come «Civiltà Cattolica», era possibile leggere giudizi sprezzanti verso il clero copto, ritenuto “corrotto” e “scismatico”.

Il silenzio della Chiesa cattolica aprì una ferita dolorosa nei rapporti con la Chiesa ortodossa copta. C’è un cammino di verità e di riconciliazione da fare insieme. Fu significativa, alla proiezione del documentario di Tv2000 nella filmoteca vaticana, nel dicembre 2016, la presenza fraterna di un rappresentante ufficiale del patriarcato copto accanto a un delegato del cardinale di Addis Abeba. Quello etiope è un popolo nobile. Nel libro di Borruso sono riportate le parole pronunciate dall’imperatore Haile Selassie nel momento della disfatta degli italiani. Rivolgendosi alle sue truppe ordinava di non lasciarsi sopraffare da sentimenti di vendetta: «Non rimproverate loro le atrocità che hanno fatto subire al nostro popolo. Mostrate loro che siete dei soldati che possiedono il senso dell’onore e un cuore umano».

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SOCIETÀ - SCUOLA SCUOLA

Bocciato in 1a media ma promosso in seconda dai giudici di Valentina Santarpia - Corriere della sera

Il Consiglio di Stato ha stabilito che il padre del ragazzo, bocciato in prima media, aveva ragione. Non basterebbe un solo anno a sancire la mancata acquisizione dei livelli di apprendimento, hanno spiegato i giudici.

Il protagonista è uno studente cremonese che lo scorso anno frequentava la prima media in provincia di Cremona. A «riabilitare» l’alunno, che non era stato ammesso alla seconda, sono stati i giudici del Consiglio di Stato, che hanno accolto il ricorso presentato dal legale del padre contro il Miur e l’istituto scolastico, a cui in primo grado il Tar di Brescia aveva dato ragione. Secondo la Provincia di Cremona, che ha pubblicato per prima la notizia, ora il ragazzino potrebbe cambiare classe e tornare in seconda con i suoi ex compagni, anche se l’anno scolastico è iniziato già da due mesi.

«Servono più anni per bocciare» Lo stabilisce l’ordinanza della sesta sezione del Consiglio di Stato, che sancisce come principio che non è giuridicamente possibile bocciare in prima media. Almeno, non per ragioni attinenti al rendimento scolastico. «L’ammissione alla classe successiva nella scuola secondaria di primo grado deve fondarsi su un giudizio che faccia riferimento a periodi più ampi rispetto al singolo anno scolastico, anche nel caso di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento attesi in una o più discipline», scrivono i giudici amministrativi.

Come funziona Ma cosa prevede effettivamente la legge? È il decreto dell’aprile del 2017 a chiarire che «nel caso di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline, il consiglio di classe può deliberare, con adeguata motivazione, la non ammissione alla classe successiva o all’esame conclusivo del primo ciclo». Quindi in realtà l’alunno può essere bocciato, tant’è vero che l’Indire certifica che l’anno scorso la media degli ammessi alla classe successiva alle medie è stata del 98%, quindi c’è stato un 2% di bocciati. Ma questi casi devono essere considerati eccezioni, come chiarisce la circolare n. 1865/17, secondo cui l’ammissione alle classi successive nella scuola secondaria di primo grado «è disposta, in via generale, anche nel caso di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline, riconosce infatti di poter valutare sulla base di periodi più ampi di un singolo anno scolastico l’alunno che, nella prima classe della scuola secondaria di primo grado, non abbia conseguito in tutto o in parte quei livelli». L’espressione «disposta, in via generale» sta a indicare che, nel caso di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline, la

regola è l’ammissione alla classe successiva, mentre l’eccezione è la non ammissione, che può disporsi solo se siano stati adottati senza successo tutti gli accorgimenti previsti per evitare tale conclusione, quali appunto l’attivazione delle specifiche strategie per il miglioramento dei livelli di apprendimento, e soltanto se l’esito dell’esame predittivo e ragionato delle possibilità di recupero in un più ampio periodo scolastico sia irrimediabilmente sfavorevole. Quindi è compito della scuola «provvedere a segnalare tempestivamente ed opportunamente alle famiglie degli alunni eventuali livelli di apprendimento parzialmente raggiunti o in via di prima acquisizione» ed è soprattutto la scuola a attivare «specifiche strategie e azioni che consentano il miglioramento dei livelli di apprendimento».

Se non ci riesce, è anche sua responsabilità. Ed è probabilmente uno dei punti a cui si è appigliato il papà del ragazzo.

SOCIETÀ - ATTENZIONI

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Chiamiamola “Casa Honegger” non “Casa albergo”

Nel parlare comune è ancora invalso l’uso del nome “Casa albergo” per indicare l’edificio principale in cui risiedono insieme i nostri anziani che non possono più vivere con i loro familiari. Così come chiamiamo ancora “Infermeria Honegger” quello che porta il nome di “Struttura protetta Honegger”, che non è più un’infermeria come nell’anteguerra. (Così come si continua ad usare il nome “catechismo” per gli incontri di catechesi per le giovani generazioni, identificandoli con un libro e una scuola, e non, dal 1970, con una “catechesi” esperienziale per l’iniziazione cristiana).

Il nome “Casa albergo” fu scelto dai benemeriti che la idearono dal 1950 al 1970, in sostituzione della “Casa di riposo” o di “ricovero” per anziani, che era posta nell’attuale via don Cristoforo Rossi. I nomi “Casa di riposo e “ricovero” non sono più in uso; ora dobbiamo smettere l’uso del nome, pur comune e glorioso, di “Casa albergo”: “il destino è nel nome”, “nomen omen” come si diceva in latino.

Il nome “Casa albergo” ha infatti in sé l’idea che l’anziano sia ospite di un albergo (già meglio di un ricovero), sia il cliente pagante e ben servito della struttura, ospite per il personale della stessa. Ma gli anziani che la vivono vanno pensati non come utenti paganti, ma come residenti in un loro nuova casa, la “Casa Honegger”.

Gli anni e le persone hanno portato a prendere consapevolezza della natura di questo edificio e a chiamarlo “Casa Honegger”: quegli anziani sono residenti a casa loro, pur diversa da quella familiare, perché collettiva.

Scriveva il Consiglio di amministrazione della Fondazione Honegger, nel luglio 2018 in una pubblicazione illustrativa: non è “una RSA (Residenza Sanitaria Assistenziale) come casa di riposo o casa di ricovero e cura, ma una vera e propria “casa”. Ecco, spiegato perché preferiamo chiamare la struttura Casa Honegger” “Il nostro operare, in sinergia con il personale medico, sanitario e assistenziale, con gli specialisti e con i volontari, ha come obiettivo la centralità del residente, ma anche il benessere del personale, dei familiari e dei volontari. È la nostra convinzione che Casa Honegger deve avere un’atmosfera familiare, deve riprodurre in grande il modello flessibile e ricco di affetti tipico di una famiglia, in cui non è il residente a rientrare nei ritmi organizzativi, ma sono questi ultimi che si modellano sulle esigenze e le necessità dei residenti, mettendoli sempre al centro delle attenzioni. Quindi, si continui a lavorare sul “Progetto Gentlecare”, di miglioramento degli ambienti e degli arredi (inserimento di quadri, fotografie e oggetti di vita familiare), di personalizzazione delle camere”.

Anche se le abitudini sono difficili da cambiare, così sia per tutti.

Febbraio 2020

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ASSOCIAZIONISMO

ACLI ALBINESI

Rubrica a cura del Circolo “Giorgio La Pira”

ACLI BERGAMASCHE A CONGRESSO

L’appuntamento, volto ad eleggere il Consiglio provinciale del prossimo quadriennio 2020-2024, è fissato per sabato 7 e domenica 8 marzo, presso l’Auditorium del Liceo Mascheroni di Bergamo.

“Più eguali. Viviamo il presente, costruiamo il domani” è il tema dell’anno per tutte le sezioni territoriali delle Acli italiane. Per le Acli bergamasche – che compiono 75 anni – si tratta del XXVIII congresso provinciale.

Il movimento aclista è fortemente radicato nella nostra provincia: sono ben 9.367 gli iscritti, suddivisi nei 41 circoli territoriali. L’attività del movimento, oltre che socio-politica e culturale, esprime anche servizi essenziali per tutta la popolazione in materia di assistenza fiscale e patronato, così come di formazione professionale attraverso l’Enaip.

Il XXVIII congresso è un’occasione di confronto sul futuro dell’Associazione e di riflessione interna per affrontare i rapidi cambiamenti che coinvolgono l’intera società in cui viviamo. Già in questi mesi, precedenti l’assise provinciale, le Acli stanno organizzando momenti e incontri di scambio e sviluppo delle tematiche congressuali, a partire dalle istanze dei territori.

Con il titolo del congresso, le Acli vogliono porre particolare attenzione all’uguaglianza e alla giustizia sociale, temi fondamentali del movimento, per declinare al presente e al futuro quelle politiche sociali che si rivolgono agli ultimi e ai penultimi, ad un ceto popolare sempre più schiacciato verso il basso a causa di anni di crisi e di scarsa attenzione da parte della politica.

In attesa di scoprire i dettagli del programma del congresso, si ricorda che il 7 e 8 marzo gli aclisti bergamaschi eleggeranno il nuovo Consiglio provinciale e i delegati per i congressi regionale e nazionale che si terranno nei mesi immediatamente successivi a quelli provinciali. Nei giorni che seguiranno il congresso bergamasco, il nuovo Consiglio provinciale sarà chiamato ad eleggere il futuro Presidente provinciale.

10 verbi dagli Orientamenti del XXVIII Congresso provinciale delle ACLI di Bergamo il 7-8 marzo. “Congresso” significa incontrarsi, convenire per camminare insieme, procedere insieme. Nell’introduzione all’incontro natalizio, nel ricordo di Vincenzo Bonandrini, il presidente Daniele Rocchetti ha richiamato “il fiore rosso” della testimonianza, il “tizzone ardente” che, come nella storia della Bibbia, si consegna da persona a persona.

Lo si può riassumere in 10 verbi, nella fedeltà alla nostra vocazione al lavoro, alla democrazia ed al Vangelo.

1. CONTEMPLARE - Sentiamo l’urgenza di tornare costantemente ad una dimensione contemplativa-spirituale della vita. Siamo convinti infatti che il cambiamento di ciò che sta “fuori” di noi inizia sempre dalla conversione del “dentro” di noi. C’è bisogno di formare la coscienza e le coscienze.

2. CONVOCARE - Convocare le comunità per le ACLI ha significato, e significa, immergersi nella “pancia” delle comunità, porsi in ascolto, con spirito critico e costruttivo, di ciò che avviene vicino e lontano da noi, tessere reti, promuovere alleanze, mettere al lavoro le energie presenti.

3. ANIMARE - Animare significa riportare l’azione dei Circoli ad essere sentinelle sul territorio capaci di convocare, leggere i bisogni, comunicare, fare rete, elaborare, consegnare.

4. DISCERNERE - Impegnare le persone, i gruppi, gli aclisti e le comunità in un me-

todo ispirato ai tre passi del discernimento sempre presente nel magistero di Papa Francesco: vedere e riconoscere – interpretare e giudicare – scegliere e agire.

5. VIGILARE - L’esperienza di fedeltà alla democrazia, responsabilmente praticata dalle ACLI di Bergamo e dai Circoli, mira alla diffusione di conoscenza e discernimento nella politica locale, nazionale ed europea.

6. CONSEGNARE - Deve essere impegno delle ACLI quello di promuovere azioni che, da un lato, sappiano trasmettere alle nuove generazioni saperi, pratiche e strumenti per poter essere agenti di cambiamento.

7. CUSTODIRE E COLTIVARE - Custodire e coltivare significa pertanto prendere parte al mondo con la consapevolezza di essere abitanti di una casa comune. Per questo l’impegno costante nelle politiche del lavoro non può prescindere da una rigorosa attenzione alla sempre più contingente questione ambientale.

8. ACCOGLIERE - Condividiamo, insieme a tanti altri cittadini, la volontà di vivere in un mondo che non sia fondato sull’odio e sulla paura, ma sulla solidarietà, sull’uguaglianza e sulla libertà, dove a tutti gli esseri umani, a prescindere dal colore della pelle, dalla religione e dalla provenienza, siano riconosciuti pari dignità ed eguali diritti perché, ne siamo convinti, non c’è altra strada che quella della convivialità delle differenze.

9. ORGANIZZARE - Attualmente i Circoli nella provincia di Bergamo sono 41 e tanti contatti sono avvenuti con associazioni sul territorio vicine alle ACLI. Il nostro movimento interloquisce infatti con il mondo del terzo settore, dell’associazionismo, della politica, delle parti sociali, del mondo produttivo e delle comunità cristiane.

10. INTRAPRENDERE - Le ACLI di Bergamo, in collaborazione con altri attori di Terzo Settore della provincia, hanno promosso esperienze di intrapresa per i giovani che si stanno man mano diffondendo sui territori.

ASSOCIAZIONISMO ATTUALITÀ

A certificare lo stato di salute dell’economia italiana nel contesto europeo è l’Eurostat (Ufficio Statistico dell’Unione Europea).

Ha molte ombre il ritratto del governo e dell’amministrazione pubblica dell’Italia che emerge dal rapporto. Lo spettro della bassa crescita s’aggira per l’Europa, ma per l’Italia fa più paura perché si presenta nelle forme di una lunga stagnazione e una gelata dei consumi che non accenna a finire. Quindi non siamo messi bene con la crescita. E purtroppo non và meglio sul fronte di un’altra serie di parametri economici e sociali rilevanti. Conti pubblici in cattivo stato, investimenti in calo, grande disparità sociale, scarsa fiducia nel governo e insoddisfazione dei cittadini che si sentono tagliati fuori dalle decisioni delle Istituzioni.

E l’Ocse (Organizzazione Cooperazione e Sviluppo Economico), che passa ai raggi x la gestione pubblica dei 36 Paesi che aderiscono all’organizzazione, comincia il suo giudizio dalle finanze statali e l’Italia si trova subito a mal partito con il terzo maggior debito del mondo, dopo il Giappone e la Grecia. Infatti il nostro Paese è terzo al mondo per il peso del debito pubblico pro capite, con 57 mila euro a testa. E poi, il deficit dei conto pubblici nel 2017 era al 2,4%, ma nel 2018 era sceso al 2,1% e la situazione finanziaria netta dell’Italia è negativa nella misura del 125% del Prodotto interno lordo contro la media Ocse del –70%.

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doverosa è sempre la stessa : e se fossimo noi al loro posto non faremmo altrettanto? Perciò, come cristiani, cerchiamo se non di amarli almeno di capirli e accettarli.

STRANIERO A CHI? Tre incontri sulle Seconde generazioni

Poche migliaia vent’anni fa, quasi due milioni di persone oggi. Basta il confronto tra questi due dati su scala nazionale per comprendere l’importanza crescente sulla scena socio-demografica nazionale delle cosiddette “seconde generazioni”, ossia della popolazione formata dai figli di immigrati nel nostro Paese. È partendo da questo dato che la Fondazione Serughetti-La Porta e le Acli provinciali di Bergamo promuovono il ciclo di incontri “Straniero a chi? Seconde generazioni in Italia e a Bergamo”.

Gli obiettivi sono di far conoscere ed emergere una realtà articolata e complessa ma ormai stabile, articolata per struttura d’età, per luogo di nascita ed età di arrivo in Italia e per genere. Così come di indagare l’aspetto dei diritti politici e civili delle giovani generazioni straniere, riflettere sui temi della cittadinanza, dell’appartenenza e dell’identità, studiare in modo specifico le differenze di genere e mettere a confronto la realtà di Bergamo con quella italiana, per individuare eventuali specificità locali. In ogni incontro, infatti, è previsto un breve focus sulla situazione locale.

RAZZISMO

Più della metà degli italiani giustifica il razzismo. È quanto esce dall’aggiornamento annuale condotta da SWG (istituto di ricerca triestino) al Convegno “Metamorfosi” indetto dalla Fondazione Feltrinelli di Milano.

Se il 45% degli italiani è contro ogni atto di razzismo, il 55% in qualche modo alla fine li giustifica. Il trend di crescita è evidente, perché l’odio contro i migranti registra un +15,1% rispetto all’anno scorso.Sono in modo particolare i musulmani i più malvisti.

Ma nel mirino c’è un pò di tutto: gli stranieri in genere, i disabili, gli ebrei, gli omosessuali.

Noi siamo del parere che chi lascia la propria casa e la propria patria abbia motivi seri, quelli di un disperato che rischia la vita.

Per cui pensiamo che queste persone vengano capite, possibilmente aiutate e non discriminate. Perché la domanda eterna e

RIFLESSIONE

Uno dei più forti desideri dell’uomo è quello di diventare ricco, vedendo nella ricchezza la soluzione di tutti i suoi problemi. E allora proviamo a meditare in proposito il pensiero di un grande e famoso pensatore: “Essere ricchi non vuol dire essere più liberi, ma essere più indaffarati”.

E allora è forse meglio essere meno ricchi, ma avere un po’ più di pace e tranquillità.

Per le Acli Albinesi Gi.Bi.

Febbraio 2020

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ASSOCIAZIONISMO UN SOGNO?

“Lei è mia madre: la mia patria Palestina” Oggi di fronte al contesto destabilizzato dell’intero Medio Oriente Pax Christi, da anni impegnata con iniziative di solidarietà e denuncia nell’ambito della Campagna Ponti e non Muri, stigmatizza con forza il fatto che sulle popolazioni della Palestina storica piuttosto che il presunto “accordo del secolo” fra israeliani e palestinesi cada la “bomba del secolo”.

Lo sgancio dell’ordigno, come usa oggi, viene pilotato da remoto, dalla Casa Bianca e sono seduti ai comandi due capi di stato e di governo: Trump e Netanyahu. Ad essi viene concesso, di fronte all’audience mondiale, di fare strame del Diritto Internazionale, sia di quello sancito dopo i due terribili conflitti mondiali, sia di quello faticosamente costruito dall’ONU nei suoi 75 anni di storia attraverso le Risoluzioni dell’Assemblea e del suo Consiglio di Sicurezza.

Vengono infatti cancellati d’un colpo: - il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese sulla propria terra; - il divieto assoluto di procedere a conquiste territoriali con mezzi militari; - l’obbligo della Potenza occupante, in questo caso Israele, di garantire alla popolazione sotto occupazione i diritti umani fondamentali dal diritto alla vita, all’acqua, al cibo, al lavoro, alla salute, alla libertà di movimento e perfino al diritto di resistere con ogni mezzo legittimo alla prevaricazione ed all’abuso che accompagnano ogni occupazione.

Viene negato il diritto a tornare alle proprie case dopo esserne stati espulsi con le armi e le azioni intimidatorie e terroristiche.

Viene negato il diritto al risarcimento per le espropriazioni subite.

Viene legittimato il fatto che un muro lungo 700 km rinchiuda 5 milioni di persone private di diritti e di possibilità di vita dignitosa in una condizione di “apartheid” peggiore del modello sudafricano del XX secolo.

Viene sequestrata, a puro beneficio di uno stato che definisce se stesso con la denominazione religiosa di “ebraico”, la città di Gerusalemme, patrimonio comune alle tre religioni monoteiste.

La questione riguardante il riconoscimento di questi diritti e la cessazione di ogni violazione in atto viene ridotta a mercimonio: si propone ad un popolo intero la rinuncia a tutto questo in cambio di denaro o beni materiali con-

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di Mazzoleni, Acerbis & C. s.a.s.

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COMUNICAZIONE UNITALSI23

cessi oggi ad arbitrio dell’occupante.

Viene in tal modo alimentato un malcontento dovuto alla perdurante e confermata offesa alla dignità delle persone foriero di tumulti che saranno come al solito repressi dalla Potenza occupante con la consueta sproporzionata violenza, sempre utilizzata, nonostante le denunce ed i moniti dell’ONU. Pax Christi pone quindi all’attenzione di chi ha a cuore la pace fondata sulla giustizia ed il rispetto del Diritto, l’esistenza di una “questione israeliana”, che determina conseguenze destabilizzanti ben oltre lo scenario geopolitico mediorientale.

Una questione che ci riguarda perché non può essere consentito che vi sia al mondo una “zona franca” dove il diritto viene impunemente e gravemente violato e quindi delegittimato di fronte al mondo intero Deve essere chiaro che chi si pone fuori dal concerto delle Nazioni che si sono date un Diritto Internazionale da rispettare, costituisce per la pace nel mondo un fattore di rischio globale.

Tavarnuzze, 30 Gennaio 2020 Pax Christi Italia CONTATTI Segreteria Nazionale di Pax Christi: 055/2020375 info@paxchristi.it www.paxchristi.it

Pellegrinaggio a Lourdes Lo spunto per proporre la partecipazione al Pellegrinaggio a Lourdes che, anche quest’anno l’UNITALSI - sottosezione di Bergamo - organizza in collaborazione con L’UNITALSI Lombarda, mi è venuto dopo aver letto un pensiero, che, lo scrittore Sergio Barbarén ha scritto nel suo libro “Il piccolo libro del sognatore”: «Il significato della vita non può essere espresso in parole. È qualcosa che si sente in certi momenti: quando si è vicini a una persona cara, o a un’albero che ci incanta con la sua bellezza, o quando si è in completa comunione con se stessi e la Natura. Il significato della vita è un’esperienza, non un concetto e non lo si può fermare nel tempo...». Un pellegrinaggio credo sia, senza alcun dubbio, un’esperienza che dà un forte significato alla nostra vita; anche se non è l’unico modo. Quest’anno le date sono: dal 27 maggio al 2 giugno in autobus da Bergamo: dal 28 maggio al 1° giugno in aereo da Orio al Serio. Per maggior informazioni e iscrizioni, potete rivolgervi alla signora Rosangela Carrara, piazza S. Giuliano 11 ad Albino (tel. 035 752392).

Un altro momento che può dare significato al nostro vivere, è quello di donare... anche una semplice piantina di ulivo. Come ormai proponiamo da diversi anni, ci troverete fuori dalla Prepositurale di San Giuliano e al Santuario della Madonna del Pianto in Albino, nei giorni 21 e 22 marzo.

“La tua piantina per donare solidarietà” è lo slogan della Giornata Nazionale Unitalsi, nata per testimoniare la gioia di essere al servizio di chi ha bisogno di aiuto. L’inizitiva si rinnova ogni anno in oltre 3 mila piazze in Italia nel periodo che precede la Pasqua. È l’occasione per incontrare la gente, raccogliere le loro emozioni, confrontarsi e crescere. È il momento giusto per raccontare a chi ancora non conosce l’UNITALSI cosa significa essere volontario, quali sono e come sostenere i progetti che mettono al centro le persone, con le loro difficoltà e preoccupazioni della vita, progetti concreti che aiutano a contrastare l’esclusione sociale, l’emarginazione e l’abbandono.

Una solidarietà che significa amicizia, soccorso, accoglienza, ospitalità, calore, entusiasmo, emozione, trasporto, ascolto, sostegno, aiuto…

Vi ringrazio di cuore a nome mio e di tutti gli amici Unitalsiani.

Maurizio

Febbraio 2020

CASA FUNERARIA di ALBINO CENTRO FUNERARIO BERGAMASCO srl, società di servizi funebri che opera con varie sedi attive sul territorio da più di 60 anni, nata dalla fusione di imprese storiche per offrire un servizio più attento alle crescenti esigenze dei dolenti, ha realizzato ad Albino la nuova casa funeraria.

La casa funeraria nasce per accogliere una crescente richiesta da parte dei famigliari che nel delicato momento della perdita di una persona cara si trovano ad affrontare una situazione di disagio oltre che di dolore nell’attesa del funerale. Il disagio potrebbe derivare dalla necessità di garantire al defunto un luogo consono, sia dal punto di vista funzionale che sanitario e permettere alle persone a lui vicine di poter manifestare il loro cordoglio con tranquillità e discrezione.

Spesso si manifesta la necessità di trasferire salme in strutture diverse dall’abitazione per ragioni di spazio, climatiche igienico sanitarie.

Ad oggi le strutture ricettive per i defunti sono poche ed il più delle volte improvvisate, come ad esempio le chiesine di paese, che sono state realizzate per tutt’altro scopo e certamente non garantiscono il rispetto delle leggi sanitarie in materia.

Dal punto di vista tecnico la casa funeraria è stata costruita nel rispetto delle più attuali norme igienico-sanitarie ed è dotata di un sistema di condizionamento e di riciclo dell’aria specifico per creare e mantenere le migliori condizioni di conservazione della salma.

La struttura è ubicata nel centro storico della città di Albino, in un edificio d’epoca in stile liberty che unisce funzionalità e bellezza estetica.

Gli arredi interni sono stati curati nei minimi dettagli; grazie alla combinazione di elementi come il vetro e il legno, abbiamo ottenuto un ambiente luminoso e moderno, elegante ma sobrio.

Lo spazio è suddiviso in 4 ampi appartamenti, ognuno dei quali presenta un’anticamera separata dalla sala nella quale viene esposta la salma, soluzione che garantisce di portare un saluto al defunto rispettando la sensibilità del visitatore.

Ogni famiglia ha a disposizione uno spazio esclusivo contando sulla totale disponibilità di un personale altamente qualificato in grado di soddisfare ogni esigenza.

FUNERALE SOLIDALE Il gruppo CENTRO FUNERARIO BERGAMASCO, presente sul territorio con onestà e competenza, mette a disposizione per chi lo necessita un servizio funebre completo ad un prezzo equo e solidale che comprende: - Cofano in legno (abete) per cremazione e/o inumazione; - Casa del commiato comprensiva di vestizione e composizione della salma, carro funebre con personale necroforo; - Disbrigo pratiche comunali.

Antonio Mascher  335 7080048 ALBINO - Via Roma 9 - Tel. 035 774140 - 035 511054 info@centrofunerariobergamasco.it

ANAGRAFE PARROCCHIALE

Defunto

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Da dicembre a febbraio...

Aurelio Testa anni 81

... sono rinati nel Battesimo

“Non si perdono mai coloro che amiamo, perché possiamo amarli in Colui che non si può perdere”.

(Sant’Agostino)

- Elia Locatelli - Aurora Pierro - Alvin Etiosa Musa - Matteo Moroni

... sono tornati alla casa del Padre - Elisabetta Pezzotta - Rosa Noris

Anniversario

- Aldo Carrara - Lucia Belotti - Giuseppe Spinelli - Milina Remondi - Laura Gregis - Vittorina Baleri - Aurelio Testa - Lucio Biffi - Rosa Schena - Giovanni Cattelan

Giacoma Lia Carrara 27° anniversario Gesù, confido in Te!

Per la pubblicazione in questa pagina delle fotografie dei propri cari defunti, rivolgersi alla portineria dell’oratorio.

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Febbraio 2020

Per essere informato sulle attività proposte dalla nostra comunità parrocchiale, iscriviti alla NEWSLETTER sul sito

www.sagrato.it

Opere parrocchiali ... il tuo aiuto è importante

È possibile fare offerte - anche deducibili fiscalmente nella dichiarazione dei redditi in misura del 19% - a sostegno dei lavori autorizzati dalla Soprintendenza per i beni Architettonici. Per le aziende è possibile detrarre totalmente la cifra devoluta.

Innanzitutto possiamo dire con riconoscenza di aver estinto il debito relativo al Santuario della Madonna del Pianto e il restauro del campanile.

In questi giorni abbiamo avuto una visita imprevista agli affreschi nella sacristia della Prepositurale da parte del Soprintendente; ci auguriamo che sblocchi la situazione. Siamo in fase di conclusione del rifacimento del tetto del CineTeatro. Dovremo quanto prima iniziare la sistemazione del tetto dell’ex Ragioneria; poi quello della Casa della Carità.

Un grande impegno che sta dando fondo alle nostre risorse.

Grazie per quello che riuscirai a fare.

PER DONAZIONI - Bonifico bancario tramite Credito Bergamasco di Albino, Parrocchia di San Giuliano: IBAN IT91 R050 3452 480000000000340 Per la ricevuta ai fini fiscali, rivolgersi in casa parrocchiale.

RECAPITI

INFO UTILI

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Casa parrocchiale Tel. e fax: 035 75.10.39 albino@diocesibg.it Oratorio Giovanni XXIII Tel. 035 75.12.88 oratorioalbino@gmail.com Santuario del Pianto 035 75.16.13 - www.piantoalbino.it

ORARI delle SANTE MESSE FESTIVE

FERIALI In Prepositurale

Scuola dell’infanzia Centro per la famiglia “San Giovanni Battista” Tel. 035 75.14.82 - 035 02.919.01

In Prepositurale

Per i battesimi come da calendario alle ore 10.30 o alle 15.00

Padri Dehoniani Tel. 035 75.87.11

Al santuario del Pianto

Quando si celebra un funerale (in Prepositurale): se è al mattino, è sospesa la S. Messa delle 8.30; se è al pomeriggio, è sospesa la S. Messa delle 17.00.

Suore delle Poverelle alla Guadalupe Tel. 035 75.12.53

Al santuario della Guadalupe

Convento dei Frati Cappuccini Tel. 035 75.11.19

Caritas Parrocchiale Centro di Primo Ascolto aperto il 1° e il 3° sabato del mese dalle ore 9.30 alle 11.30 PER COPPIE E GENITORI IN DIFFICOLTÀ Consultorio familiare via Conventino 8 - Bergamo Tel. 035 4598350

ore 18.00 al sabato (prefestiva) ore 8.00 - 10.30 - 18.00

ore 8.30 - 17.00

Alla chiesa dei Frati ore 6.45

ore 7.30 - 17.00

Al santuario del Pianto ore 7.15

ore 9.00

Alla Guadalupe ore 8.00

Al santuario della Concezione

Sulla frequenza 94,7 Mhz in FM è possibile ascoltare celebrazioni liturgiche e catechesi in programma nella nostra chiesa Prepositurale

ore 10.00

Alla chiesa dei Frati Cappuccini ore 7.00 - 9.00 - 11.00 - 21.00

Amarcord

Centro di Aiuto alla Vita Via Abruzzi, 9 - Alzano Lombardo Tel. 035 4598491 - 035 515532 (martedì, mercoledì e giovedì 15-17) A.C.A.T. (metodo Hudolin) Ass.ne dei Club Alcologici Territoriali Tel. 331 8173575 PER CONIUGI IN CRISI Gruppo “La casa” (don Eugenio Zanetti) presso Ufficio famiglia della Curia diocesana Tel. 035 278111 - 035 278224 GIORNALE PARROCCHIALE info@vivalavita.eu

www.oratorioalbino.it

1953, passa il Carnevale da via Mazzini.

Il SERVIZIO... virtù da coltivare in questo anno pastorale Stampato in abbinamento editoriale con il n. 2/2020 di LAIF - In copertina: con le “Sacre Ceneri” inizia il tempo di Quaresima.

Febbraio 2020

Senza silenzio e senza ascolto Questo è un mondo senza misura e senza gloria, perché si è perso il dono e l’uso della contemplazione... civiltà del frastuono.

Tempo senza preghiera.

Senza silenzio e quindi senza ascolto...

E il diluvio delle nostre parole soffoca l’appassionato suono della sua Parola.

(David Maria Turoldo)