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L’arringa dell’avvocato dell’atomo
POLITICA L’ARRINGA DELL’AVVOCATO DELL’ATOMO
STEFANO ROVERE, 4D
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Sabato 25 settembre, Porta Venezia, Milano. Alla manifestazione dello Stand Up For Nuclear, movimento per l’informazione riguardo l’energia nucleare, ho avuto il piacere di parlare con Luca Romano. Divulgatore italiano presente sui social sotto il nome de L’Avvocato dell’Atomo, egli è spesso presente a dibattiti sulla sostenibilità e sull’ecologia su canali di informazione come quelli di Ivan Grieco e di Marco Crepaldi. Gli ho posto nove domande sull’energia nucleare, parlando della ricerca e dei nuovi reattori adottati dalle nazioni del mondo. tenere, in quanto l’unico modo per vincere questa repulsione sarebbe portare la materia a temperature altissime - parliamo di centinaia di milioni di gradi - in modo che le particelle siano così veloci da riuscire a vincere questa forza. É ovviamente un caso di sfide tecnologiche non indifferenti. Se si riuscisse a raggiungere la fusione, avremmo una serie di vantaggi, tra i quali il fatto che il combustibile della fusione, l’idrogeno e i suoi isotopi, è abbastanza abbondante in natura e si potrebbe ottene-
Tra le altre cose, la ricerca sul nucleare in questo periodo sta puntando al raggiungimento della fusione nucleare. Perché è così difficile da ottenere e quali sarebbero i vantaggi rispetto alla fissione?
É presente una repulsione elettromagnetica tra i nuclei atomici. Questo rende la fusione molto difficile da ot-
re con relativa facilità. La fusione inoltre, a differenza della fissione, non produce rifiuti radioattivi di alto livello, quindi sarebbe un’ulteriore forma di energia pulita su cui potremmo puntare. Detto questo, la ricerca nucleare oggi non punta solo alla fusione. La ricerca sulla fissione è molto viva con moltissimi fronti di ricerca aperti che spaziano tra reattori veloci, reattori modulari, reattori fission fragment e molto altro.
Di recente si è parlato di una quarta generazione di reattori nucleari. Di cosa si tratta e perché sarebbe migliori rispetto alle precedenti?
Il salto tra la seconda e la terza generazione, avvenuto in seguito al disastro di Chernobyl, è stato soprattutto in termini di sicurezza. La quarta generazione di reattori nucleari è quella che invece promette una serie di avanzamenti tecnologici enormi. I reattori di quarta generazione potrebbero fare cose come generare idrogeno utilizzando il calore di scarto, riciclare le scorie radioattive tramite i neutroni veloci e molto altro. Andrebbero quindi a risolvere molti di quelli che sono ancora i problemi del nucleare di terza generazione. ed era un reattore dual purpose: serviva a produrre sia energia che plutonio per le bombe. Oggi questi reattori non esistono più e non sono mai esistiti al di fuori dell’Unione Sovietica. La causa dell’incidente fu una catena di errori umani che, combinandosi alla scarsa sicurezza del reattore, andarono a creare l’incidente. A Fukushima l’incidente è stato causato da un terremoto di proporzioni bibliche: parliamo del 4° terremoto più violento della storia, seguito da uno tsunami. Nonostante ciò le misure di contenimento c’erano e hanno fatto il loro lavoro. In quanto a Fukushima, non ci sono state vittime dovute al fallout. Fukushima era comunque una centrale ancora più vecchia di Chernobyl, costruita negli anni 60. Già i reattori i reattori di 3a generazione e di 3a generazione avanzata, costruiti a partire dalla fine degli anni ‘80 e i primi anni ‘90, hanno dei margini di sicurezza tali per cui eventi del genere non si potrebbero ripetere. Detto questo, andrebbe fatto un confronto con i disastri legati alle altre forme di energia. Oggi sembra che il nucleare sia l’unico che può causare incidenti. Ecco, non è proprio così.
Molte critiche che vengono rivolte a questo metodo di produzione di energia sono dovute all’appena nominato disastro di Chernobyl del 1986 e a quello di Fukushima del 2011. Quali sono i motivi per cui sono avvenuti e in che modo si riuscirebbero ad evitare oggi?
Chernobyl era un reattore di modello molto obsoleto, con misure di sicurezza insufficienti. Esisteva solo in Unione Sovietica
Per quanto riguarda i materiali che vengono utilizzati nella produzione di energia, l’Italia ne sarebbe indipendente o dovrebbe necessariamente fare riferimento ad altre nazioni? C’è la possibilità che le miniere si esauriscano?
In Italia abbiamo delle riserve di uranio, non enormi ma ad oggi non sfruttate, poichè è sempre un discorso di prezzo. Se estrarre dalla miniera costa 20 lo si può
fare solo se il prezzo del materiale è 21. Al momento conviene di più comprare sul mercato internazionale, ma, nel caso in cui il prezzo dell’uranio sul mercato internazionale dovesse salire, a quel punto diventerebbe per l’Italia conveniente estrarselo da sola. In più, in un anno ne servirebbe poco: un reattore richiede solamente 25 tonnellate all’anno, una quantità irrisoria. Quanto al il rischio che possa terminare, si tratta di un rischio che non sussiste. Le miniere già conosciute e prezzate ci bastano per i prossimi 100 anni e se consideriamo la possibilità di riciclare le scorie, la possibilità di scoprire nuove miniere e la possibilità di estrarre l’uranio dall’acquamarina, che è di nuovo un processo che si potrebbe fare - oggi non cost effective ma possibile- abbiamo riserve per alcune decine di migliaia di anni.
Per ricollegarmi all’aspetto economico, un muro contro cui lo sviluppo del nucleare si sta scontrando è proprio quello del costo della creazione di nuove centrali. L’aumento del prezzo dell’energia elettrica e i fondi europei per la transizione ecologica potrebbero giocare un ruolo negli investimenti dello Stato italiano nel nucleare?
Investire non è mai conveniente nel momento in cui investi. Un investimento ha sempre dei tempi di rientro - e quelli del nucleare sono più lunghi rispetto ad altri investimenti- ma sul lungo periodo diventa poi conveniente. Il nucleare come forma di energia ha infatti dei costi capitali, dei costi iniziali più elevati ma anche dei costi vivi più bassi, proprio perché ci serve poco uranio. Il motivo per cui il nucleare sembra sconveniente è che le persone tendono a confondere il costo dell’impianto con quello di generazione dell’energia, il costo del kilowattora con quello della bolletta, tutte cose diverse. L’economia energetica è complicata. (esterno) Posso fare un’appendice a
questa domanda e chiedere se il nucleare in generale è una cosa di cui se ne deve occupare lo stato o solo un privato? Se ci fosse bisogno di costruire delle centrali, in Italia chi se occuperebbe?
Nessuno stato costruisce centrali. Al massimo ci sono delle aziende controllate dallo Stato che costruiscono centrali, per esempio Rosatom in Russia o le due aziende cinesi, China General Nuclear e China National Nuclear Corp; altre aziende come Westinghouse o Ontario Power Generation sono private. É quindi possibile in tutti e due i modi, ma si tratta sempre di un’azienda specializzata, con competenze. Uno stato potrebbe al massimo controllare un’azienda specializzata che si occupa di generazione di energia nucleare.
-Che fa tutto, dalla produzione all’installazione…
Dipende, dipende. Ovviamente in alcuni casi ci sono delle sussidiarie, come ad esempio EDF in Francia, gruppo che controlla i 56 reattori nucleari francesi, controlla anche la Framatome, che si occupa della costruzioni di nuovi reattori, e l’Orano, che si occupa del riprocessamento del ciclo combustibile. Ogni parte della filiera è divisa in piccole aziende sussidiarie.
Dieci anni fa, nel 2011, per la seconda volta è stato bocciato l’utilizzo del nu-
cleare in Italia con referendum [dall’opinione pubblica, ndr]. Greenpeace è sta-
ta una delle organizzazioni che si sono opposte. Uno dei punti per cui Greenpeace si è schierata contro è la produzione di energia con metodi alternativi, come possono essere il fotovoltaico o l’eolico. Perché si sbagliavano?
Punto uno. Nel 2011 non è stato bocciato il nucleare per la seconda volta bensì per la prima volta, in quanto il referendum dell’87 non era sull’adozione del nucleare, ma sugli incentivi ai Comuni che ospitavano gli impianti nucleari. Si è trattato di una questione tecnica. C’erano anche altri quesiti, come la possibilità per Enel di gestire impianti nucleari all’estero; non era per l’uso delle centrali nucleari o meno. Quel referendum non bocciava il nucleare. Detto questo, le energie rinnovabili si dividono in due categorie: le rinnovabili “continue”,quindi l’idroelettrico e il geotermico, e le rinnovabili aleatorie o intermittenti, come solare o eolico. Il problema di queste ultime è che, come suggerisce il nome, non producono energia sempre, ma solo in determinati momenti della giornata e dell’anno, quindi seguono anche una stagionalità. Ad oggi non esistono sistemi di accumulo in scala di rete e di grandi sistemi di accumulo a batteria nel mondo c’è ne sono solo da pochi gigawattora. I più grandi bacini idroelettrici di accumulo sono da qualche terawattora, ma non li abbiamo in Italia. Non c’è assolutamente la possibilità di accumulare quest’energia. Questo vuol dire che, se non hai il nucleare e non ci sono il sole o il vento, il solo metodo che hai per produrre energia è bruciare combustibili fossili.
Nel caso in cui un possibile disegno di legge sul nucleare ne approvasse l’utilizzo sul suolo italiano, dove si potrebbero posizionare le centrali? Lei sarebbe disposto ad accettarne una vicina a casa, ad una decina o ventina di chilometri?
Io ci vivrei anche dentro a una centrale nucleare. I primi siti che si potrebbero sfruttare sono quelli delle vecchie Centrali Italiane, che hanno ancora la licenza per impianti di trattamento di materiale radioattivo, quindi quelli di Trino a Caorso, Garigliano e Montalto di Castro. Per quanto riguarda me, io personalmente sarei felicissimo di avere una centrale nucleare vicino alla mia città.