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Nucleare: risorsa o pericolo?

NUCLEARE:

RISORSA O PERICOLO?

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GABRIELE REDAELLI, 4C

In questo ultimo periodo abbiamo sentito molto parlare di energia atomica, in Italia e all’estero (in modo particolare in Ucraina a causa delle contese sulla centrale di Zaporizhia, l’impianto con la maggiore produzione di elettricità d’Europa), perciò penso sia necessario fare un po’ di chiarezza sul tema. Innanzitutto, una centrale nucleare è uno stabilimento dove si produce energia elettrica usando come combustibile i nuclei di atomi molto pesanti (come l’uranio 235, torio e plutonio) che, colpiti da neutroni ad alta energia si rompono, sprigionando grandi quantità di energia. Oltre a questa, danno origine ad altri nuclei (più leggeri) e ad altri neutroni che poi andranno a colpire altri nuclei pesanti, innescando così la cosiddetta “reazione a catena” – no, non il programma trasmesso su Rai 1, bensì un processo che si ripete in sequenza. La centrale nucleare è composta da diverse parti, la cui fondamentale è il nocciolo: qui avviene la fissione del combustibile nucleare sagomato in barre. Queste sono immerse in una sostanza moderatrice, come l’acqua pesante, che rallenta la velocità dei neutroni; la presenza delle delle barre di controllo, disseminate in tutto il nocciolo, servono a ridurre il numero di tali particelle. La fissione produce energia, sotto forma di calore, che scalda i tubi circostanti dove scorre acqua, che si trasforma in vapore che a sua volta fa ruotare le turbine del generatore di corrente, collegato poi a un trasformatore e alla rete elettrica. E infine si ha la parte

caratteristica in tutta la struttura della centrale, che è la torre di raffreddamento, per abbassare la temperatura dell’acqua che verrà poi riutilizzata nel processo. L’ufficiale inventore di tale procedura è Enrico Fermi, che durante il progetto Manhattan costruì il primo reattore sperimentale; ma se l’inventore è italiano, perché non abbiamo centrali nucleari in Italia? Nel nostro Paese lo sfruttamento dell’energia nucleare ha avuto luogo tra il 1963 e il 1990. I cinque impianti, quattro funzionanti, (in Piemonte, in Emilia-Romagna e due in Lazio), e uno che doveva essere costruito in provincia di Viterbo, sono stati chiusi o cancellati a seguito del referendum del 1987, e quello abrogativo del 2011, con cui sono state abrogate diverse disposizioni che favorivano l’insediamento di centrali nucleari. La prima centrale realizzata fu quella di Latina, alla quale seguirono quella si Sessa Aurunca, Trino e Caorso, iniziata il 1° gennaio 1970. In totale questi quattro impianti contribuivano alla produzione nazionale del quasi 5%, e al 1966 l’Italia era terza per produzione di energia atomica dopo Stati Uniti d’America e Inghilterra. Poi giunse la crisi petrolifera del 1973, quando il prezzo del greggio e dei suoi derivati schizzò alle stelle, e l’Italia fu tra le nazioni più colpite, siccome nel decennio precedente la quota di energia elettrica ricavata dall’olio combustibile passò dal 23% (1963) al 59% (1973). Dopo la crisi l’Enel si accorse della vera vulnerabilità del sistema energetico italiano e, perciò, propose un ambizioso piano che prevedeva la costruzione di 10 centrali ciascuna con due reattori da 1000 MW. In vista dell’ampliamento del piano nucleare, l’Italia contribuì alla costruzione di un impianto per l’arricchimento dell’uranio in Francia, oltre a pre-acquistare uranio arricchito, che poi rivendette in perdita. Quindi a partire dal 1976 vennero potenziate le centrali ma, a seguito del l’incidente di Three Mile Island (USA) del 1979, le centrali vennero chiuse per migliorarne la sicurezza. E arriviamo al fatidico anno del 1986 quando, a seguito dell’incidente nucleare di Cernobyl, l’Italia intera fu sconvolta e si fece largo l’idea che il nucleare, in tutte le sue forme, era una sventura, infatti un anno dopo, il referendum abrogativo, che proponeva

di fermare la produzione di energia elettrica dal nucleare, ha avuto uno schiacciante successo del 80%. L’abbandono del nucleare portò a un maggiore utilizzo di fonti fossili, soprattutto gas e petrolio, ovviamente di importazione straniera. Questo, oltre al non estrarre nel territorio gas naturale, è il principale avvenimento che ci ha portato alla situazione attuale, cioè di totale dipendenza da enti stranieri per l’approvvigionamento di metano. Ma cosa è successo veramente a Cernobyl, e perché? La centrale sovietica non era solo uno stabilimento di produzione di energia: infatti si solevano condurre esperimenti anche di carattere militare, per questo motivo si accese il reattore numero 4 ad ora tarda per condurre un esperimento in modalità manuale, disattivando i sistemi di sicurezza e limitando il numero di barre di controllo presenti nel nocciolo a 6 (quando il limite imposto era di 15). Queste sono le cause umane, ma numerosi altri fattori hanno contribuito in maniera più o meno grande, per esempio le barre di controllo erano rivestite di grafite, che inizialmente provoca un incremento della reazione, ma soprattutto la mancanza della struttura di contenimento del nocciolo. Questo avvenimento in totale provocò quasi 60 morti diretti (dall’esplosione o da esposizione alle radiazioni) ma le vittime delle radiazioni sono stimate tra 4000 e 60000, anche se a questo numero andrebbero aggiunte le quasi 5000 tra gli abitanti delle zone europee contaminate in misura inferiore. Questo fu il disastro nucleare definito come il più grave, che in Italia portò all’abbandono dell’energia atomica, ma un secondo incidente è avvenuto, questa volta in Giappone: l’incidente di Fukushima. l’11 marzo 2011 il paese del sol levante fu colpito da un violentissimo terremoto, che ha subito fatto spegnere i reattori e acceso il sistema di raffreddamento ausiliario a diesel, siccome il sisma aveva staccato la corrente a quello regolare. Il vero problema è stato quando uno tsunami di 14 metri ha scavalcato il muro di 9 metri allagando il piano dove si trovava il generatore. Dunque, 3 generatori si sono fusi, ma essendoci la struttura di contenimento non uscirono le radiazioni direttamente dal nocciolo; d’altra parte, le alte temperature provocarono la formazione di idrogeno che fece reazione con del materiale fissile che era sul tetto a raffreddare. Il risul-

tato fu uno spargimento di radiazioni in aria e acqua notevole, ma pur sempre un decimo di quelle di Cernobyl. Le vittime dell’incidente furono nulle, a causa della esposizione troppo bassa dalle radiazioni. Su internet si trovano moltissime informazioni sul tema ma quali sono le FAQ (frequently asked questions)? Ma una centrale non rischia di esplodere come una bomba atomica? In realtà no. L’uranio usato nelle centrali è industriale, cioè fissile al 5%, mentre quello inserito nelle testate lo è al 95%. Inoltre la centrale, con tutti gli apparecchi di sicurezza, non rischia nemmeno lontanamente di esplodere come un missile atomico, nemmeno se nella centrale ci lavorassero delle scimmie particolarmente stupide. Le scorie dove vanno a finire? Ogni anno produciamo rifiuti radioattivi da medicina, ricerca e industria, ed essi sono classificati tra i rifiuti pericolosi insieme ai rifiuti chimici. Le scorie radioattive si dividono in a bassa, media e alta intensità; ogni anno una centrale nucleare produce quasi 3 metri cubi e vengono inseriti in contenitori schermati, che poi vengono portati in depositi temporanei (dei capannoni) in attesa di una sistemazione definitiva. A differenza dei rifiuti chimici, però, quelli radioattivi decadono e diventano meno pericolosi, possono essere riciclati e, per la stessa quantità di energia prodotta, sono nettamente di meno di quelli di una centrale a gas. Il nucleare è controllato in ogni passo, dalla costruzione alla gestione, e deve superare numerosi test e verifiche seguiti da osservatori internazionali; si tratta di controlli costanti, ben diversi da quelli sporadici di manutenzione che coinvolgono strade e ponti di interesse solo nazionale. Infatti l’IAEA (International Atomic Energy Agency) garantisce che tutto sia svolto nella maniera più corretta e sicura possibile. Ma se la attaccano si rischia molto. Bisogna partire dal presupposto che una centrale nucleare non è un obbiettivo strategico per dei bombardamenti, anche perché con una fuga di radiazioni rischia di ritorcersi contro, e in un paese ci sono dei punti attaccabili molto più facilmente e molto più vulnerabili, come centri produttivi e centri cittadini; a meno che non venga lanciata una bomba nucleare e allora non c’è più problema se un edificio è strategico o no, tanto butti giù tutto. Ma nell’ultimo caso rischia di

essere molto un pericolo perché con la situazione attuale potrebbe portare a una guerra atomica, ma quello è un altro discorso. È possibile usare solo le rinnovabili? Le fonti rinnovabili sono necessarie per uno sviluppo sostenibile ma la loro efficienza dipende dalle condizioni di ogni Paese (soprattutto per quanto riguarda geotermico e idroelettrico) e dalle condizioni atmosferiche (come nel caso di solare e eolico). In Italia l’idroelettrico arriva a produrre il 17% del fabbisogno ma non può crescere più di molto, le uniche ancora largamente sfruttabili sono fotovoltaico e eolico, che però sono intermittenti e, per avere una certa autonomia, necessitano di una mole di batterie molto costose e attualmente ancora inefficienti Inoltre se iniziassimo a usare solo fotovoltaico e eolico per coprire il restante 83% del fabbisogno italiano, si inizierebbe ad avere un impatto ambientale considerevole soprattutto perché le fonti sopra citate richiedono di una grande quantità di materiali soprattutto, come detto, per le batterie. In definitiva, quanto è rischioso e conveniente il nucleare? questo grafico rappresenta i morti per terawatt ora di energia prodotta (i dati variano in base a anno di raccolta e in base alla zona) e sono compresi tutti i disastri che ci sono stati nella storia dell’uomo di ogni tipo di fonte di energia. se notiamo il carbone, petrolio e biomassa hanno causato più morti in assoluto, anche a causa dei numerosi secoli di utilizzo, ma quello che ci colpisce di più è che il nucleare ha un numero di morti di 0,07, poco superiore all’eolico, idroelettrico e fotovoltaico. Questi dati ci sembrano contro-intuitivi perché si parla poco dei vari disastri delle altre fonti (come quello del Vajont o di Banquiao) e delle emissioni a parità di energia prodotta (non solo nella produzione di energia ma comprendendo tutte le fasi della produzione a partire dalla produzione dei materiali fino alla costruzione dello stabilimento. Ed è proprio sulle emissioni che vi è una grande differenza tra l’usare solo fonti rinnovabili, e fonti rinnovabili insieme al nucleare. Infatti l’impatto ambientale, sia visivo che di gas serra, sarebbe molto superiore alla seconda opzione e tra l’altro anche a un costo più alto (secondo l’Agenzia Inter-

nazionale dell’Energia quasi il 35% in più). Il nucleare fa paura perché ci appare ancora misterioso, per questo ci ricordiamo di quei due disastri successi in 70 anni di attività mentre non abbiamo quasi mai sentito dell’incidente idroelettrico di Banquiao, con stime che vanno dalle decine di migliaia a 240000 vittime; evento più unico che raro, come Chernobyl ma molte volte più devastante, eppure non abbiamo abbandonato l’idroelettrico, nonostante incidenti mortali come il Vajont, il Gleno e il Molare. Le centrali a fonti fossili versano nell’ambiente tonnellate di sostanze tossiche che rimarranno dannose per l’eternità eppure ci preoccupiamo di poche scorie stoccate in barili a prova di bomba che in 70 anni di attività di un Paese occupano un solo capannone. Ci spaventa l’eventualità, statisticamente bassa, della fuoriuscita di radiazioni poiché invisibili, mortali e inquinanti, ma non ci spaventa la certezza dell’emissione quotidiana di gas inquinanti, anch’essi invisibili e mortali (come si evince dal grafico), causa non solo di malattie ma anche del riscaldamento climatico, a sua volta causa di eventi catastrofici sempre più pericolosi. Dopo tutte queste considerazioni vorrei concludere con una frase di Albert Einstein, scritta un po’ di tempo fa ma ancora attuale: “il vero problema non è l’energia nucleare, ma il cuore dell’uomo”