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Luca Attanasio, il ricordo della gentilezza
ATTUALITÀ LUCA ATTANASIO
IL RICORDO DELLA GENTILEZZA
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MYRIAM CERLIANI, 5bb “Il ruolo dell’ambasciata è innanzitutto quello di stare vicino agli italiani, ma anche contribuire al raggiungimento della pace. La nostra è una missione, a volte anche pericolosa, ma abbiamo il dovere di dare l’esempio”. Così aveva raccontato lo scorso anno l’ambasciatore Luca Attanasio alla cerimonia di consegna del Premio internazionale Nassiriya per la Pace, ottenuto “per il suo impegno volto alla salvaguardia della pace tra i popoli”. Queste parole, ad oggi così difficili da ascoltare, testimoniano l’effettiva sensibilità e l’autentica passione che l’ambasciatore Attanasio, estremamente attivo in molti programmi di aiuto promossi nel continente africano, provava nei confronti del suo lavoro.
UNA VITA TRA LA BRIANZA E L’AFRICA Nato a Saronno nel 1977,
VIOLA BONFANTI, 5aa dopo aver frequentato il liceo scientifico nel nostro istituto, Attanasio si laurea nel 2001 con il massimo dei voti all’Università Bocconi di Milano e nel 2003 intraprende la carriera diplomatica. Dopo aver ricoperto alcuni importanti incarichi all’Ambasciata italiana di Berna e in Marocco, nel 2015 diventa primo consigliere all’ambasciata d’Italia ad Abujia, in Nigeria. In seguito Attanasio, che a soli quarant’anni era uno dei più giovani ambasciatori italiani nel mondo, ricopre il grado di consigliere di legazione e diventa capo missione a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo. Fortemente sensibile alle varie emergenze sociali del continente africano, insieme alla moglie Zakia Seddiki, faceva parte di numerose associazioni umanitarie tra cui quella fondata dalla moglie stessa, l’associazione “Mama Sofia”, che si adopera per aiutare migliaia di madri e bambine di strada.
L’AGGUATO Lo scorso 22 febbraio, l’ambasciatore Attanasio, insieme al carabiniere della scorta Vittorio Iacovacci e all’autista di una delle vetture, Mustapha Milambo, venne ucciso da quattro colpi all’addome in un agguato avvenuto sulla strada verso il villaggio di Kanya Mahoro, a 25 km dalla città di Goma. La dinamica dell’evento rimane, però, ancora parzialmente confusa. Secondo quanto dichiarato dal Ministro degli Esteri, Luigi di Maio, Attanasio e Iacovacci viaggiavano su due auto blindate in compagnia di altre cinque persone facenti parte del WFP (ovvero lo Word Food Program dell’Onu). Inoltre, i sette viaggiavano senza scorta: infatti la strada che essi stavano
percorrendo rientrava nello status “giallo” a rischio moderato, dove volontari e diplomatici possono viaggiare senza l’esigenza di una scorta al seguito. Tuttavia, come afferma il governatore della provincia del North Kivu, da tempo la zona era preda di aggressioni da parte di gruppi armati appartenenti alle FDLR (Forze Democratiche per la liberazione del Ruanda), principali indiziati nell’indagine sull’omicidio dell’ambasciatore.
Grazie alla testimonianza di Rocco Leone, vicedirettore del Programma Alimentare Mondiale in Congo, sopravvissuto all’attentato, è possibile ricostruire in parte la vicenda: verso le ore 10:15, il convoglio era stato fermato da degli ostacoli appositamente posti sul sentiero in modo da rallentare le due vetture. In seguito, i sei assalitori, con la minaccia di aprire il fuoco, avrebbero costretto i passeggeri a scendere dall’auto, con l’obiettivo di rapirli al fine di chiedere poi un cospicuo riscatto. Dopo aver sparato a Milambo per convincere il gruppo ad eseguire gli ordini, li avrebbero fatti entrare nella foresta circostante e obbligati a intraprendere un sentiero. Allertati dal rumore degli spari, i ranger della zona, precipitandosi subito sul posto, avrebbero intimato al gruppo di assalitori di deporre le armi. A quel punto essi avrebbero aperto il fuoco su Attanasio e Iacovacci. Attanasio, rimasto ferito, fu abbandonato sul posto mentre Iacovacci fu costretto a proseguire il cammino per un altro chilometro prima di essere ucciso definitivamente dopo che i rapitori si fossero resi conto di essere completamente circondati dai rangers. Attanasio poi, trasportato d’urgenza all’ospedale Monusco di Goma, sarebbe morto per le gravi ferite riportate.
Luca Attanasio, così vivamente appassionato al suo lavoro, diventa dunque il primo ambasciatore italiano ad essere ucciso nell’adempimento delle sue funzioni e, come spiega Baraa Al Obeidi, imam della moschea di Milano, “Attanasio va considerato a tutti gli effetti un martire secondo la definizione islamica, questo in quanto è stato ucciso da innocente e in quanto ucciso nell’ambito del suo impegno umanitario”.
IL RITRATTO DELL’AMBASCIATORE NELLE PAROLE DEI SUOI COMPAGNI AL MAJO Abbiamo voluto ricordare Luca, persona buona e gentile, attraverso le persone che l’hanno conosciuto, i compagni della 5G 1995/96: Alessandra Bortolotti, Daniela Cerutti, Carla Citterio, Davide Colombo, Massimo Colzani, Silvia Corti, Andrea Galbiati, Matteo Longoni, Davide Mattiacci, Edoardo Mazza, Andrea Mucci, Marta Pizzasegola, Chiara Santambrogio. Li ringraziamo tutti per i ricordi che hanno voluto condividere con noi.
Com’era l’ambasciatore Attanasio da giovane? Chiara: “Io ricordo Atta dalle mille sfaccettature ed è per
Foto della classe 5G, anno scolastico 1995/96. Luca Attanasio è il secondo in alto da sinistra.
questo che per creare un suo ritratto è bello buttare giù aggettivi e appellativi a raffica: come un uragano quale era Luca. Travolgentemente simpatico, logorroico nelle descrizioni dei suoi mille aneddoti, riflessivo quanto basta, esuberante ma consapevole dei limiti oltre i quali ci si deve fermare. Questo era Luca: un pochino tamarro con il Booster taroccato (con il quale una volta mi diede uno strappo a scuola perché lungo la strada avevo forato una gomma della mia bici… inutile dire che arrivammo in ritardo!) oppure il ciuffo ossigenato biondo per sbaglio e… il ragazzo con la croce di legno al collo. Poi come non parlare della sua mitica Panda rossa.” Massimo: “Di Luca mi accompagnerà sempre la sua vitalità incredibile, la sua capacità di farci ridere, la sua voglia di vivere con gli altri, la sua innata attitudine a creare gruppo e gioia attorno a sé...” Alessandra: “Luca era un compagno di classe divertente ed esuberante, molto diretto e sincero.” Davide M.: “Non si dimenticava mai di nessuno anche nelle ricorrenze e non dava mai nulla per scontato come se ogni avvenimento fosse speciale e unico.” Daniela: “Io amo ricordare il Luca logorroico e casinista
che si presentava a casa mia ad orari intempestivi. Passava sempre senza avvisare e se non c’ero chiacchierava con mia madre… Era un gran ritardatario, che venisse in moto o in auto era sempre tra gli ultimi. All’epoca se si arrivava tardi bisognava restare fuori fino alla 2ª ora di lezione. Un anno la nostra classe si trovava al primo piano e lui, in ritardo per l’ennesima volta, entrò dalla finestra!” Marta: “Luca era un amico, un compagno, una persona entusiasta, piena di vita, contagiava tutti con la sua energia ed era un “distributore di risate”, non c’era momento con lui che non fosse contornato da un gran divertimento.
Quando eri con lui, aveva la capacità di farti sentire importante, si interessava sinceramente a quello che ti accadeva e non mancava mai di chiederti con vero e profondo interesse “Ehi, come stai?”. Non giudicava gli altri anche se non ne condivideva le idee. Era istintivo, lui faceva/diceva quello che gli passava in testa e per questo a volte faceva cose veramente buffe. Luca da giovane aveva una grande energia, un entusiasmo strabordante ed è stato bello vedere come con la maturità sia riuscito a veicolarlo, a domarlo e a renderlo la forza motrice del suo lavoro e della sua vita.”
Manifestava già il suo interesse per questo tipo di carriera? Tutti: “Diremmo di no. Al liceo non aveva mai condiviso questo tipo di desiderio, ma con il senno di poi alcune caratteristiche personali che lo hanno reso quello che è diventato erano già evidenti come l’altruismo, l’interesse per gli altri, l’infinita energia, l’entusiasmo per la vita...”
E la sua generosità di cui si parla tanto al telegiornale? Alessandra: “Non posso dimenticare un giorno in cui arrivò molto in ritardo e tutti gli chiedemmo cos’era successo, allora Luca iniziò a raccontare che aveva assistito ad un incidente e che i due conducenti, che non erano feriti, avevano iniziato a litigare. Io preoccupata gli dissi che doveva stare attento e che forse sarebbe stato meglio chiamare qualcuno o i carabinieri piuttosto che fermarsi e mettersi in mezzo e lui mi rispose prontamente che era quello il momento di intervenire, che il suo aiuto magari qualche minuto dopo non sarebbe più servito a nessuno. È con questo spirito che Atta ha sempre vissuto, lo stesso con il quale ha intrapreso la sua carriera diplomatica perché consapevole che le cose devono essere fatte subito e non dopo. Grazie a questa sua convinzione che oggi posso continuare a raccontare di lui alle generazioni future, attraverso quello che ha fatto e creato in pochi anni perché non ha mai perso un attimo del prezioso tempo che ha avuto a disposizione. È riuscito a diventare un diplomatico, un ambasciatore senza aiuti, senza scorciatoie, senza sconti, con solo la sua determinazione, in-
telligenza e capacità.” Chiara: “Per quanto riguarda la generosità, io ricordo la sua cristianità genuina, autentica, concreta e sul campo. Non la cristianità bigotta che puzza di incenso e cera! Nel gruppo oratoriano di Limbiate era coinvolto o promotore di varie iniziative. Sempre su questo filone, ricordo che al Liceo Majorana era stato organizzato un incontro informativo riguardante Taizé al quale Luca aveva partecipato.” Daniela: “Luca era altruista sempre, anche nelle cose piccole. Quando ero malata prima di tornare a casa passava da me e mi portava tutti gli appunti e i compiti, messi in ordine e già fotocopiati. Noi non avevamo WhatsApp, se ti perdevi qualcosa dovevi telefonare e per gli appunti aspettare di tornare a scuola. Una volta mi portò anche una scatola di biscotti: lo ricorderò per sempre, era l’unico che faceva queste cose!”
Potreste raccontarci un episodio significativo, qualche evento importante che nessuno di voi ha dimenticato? Tutti: “Qui siamo tutti d’accordo: l’episodio della barca. Eravamo a lezione di filosofia, la nostra insegnante era la professoressa Faccin. In questi giorni l’abbiamo ricordata come molto brava, ma era davvero severa riguardo alla disciplina. Erano le tipiche lezioni in cui non si sentiva volare una mosca nell’aula, sapevamo che lei non ce lo avrebbe permesso. Ma allo stesso tempo con lei parlavamo spesso di questioni non strettamente inerenti alla lezione, era un po’ la nostra maestra di vita in un certo senso. Con lei esistevano dei limiti e non si poteva sgarrare.
Un giorno Luca cominciò a raccontare di una gita in barca fatta in Liguria. La storia era francamente assurda e lui aveva cominciato dal nulla. Aveva un dubbio e voleva proprio che la prof. gli rispondesse. Raccontò che dalla barca aveva visto dei bagliori nel cielo, una luce accecante all’orizzonte e si chiedeva se fosse possibile che avesse avvistato un UFO. Si alzò dal banco, senza permesso, andò alla lavagna e cominciò a disegnare per farci capire meglio la situazione. Noi ricordiamo il silenzio di tomba in classe, non avevamo neanche il coraggio di fiatare. Ci aspettavamo tutti che la professoressa da un momento all’altro lo cacciasse dall’aula o lo fulminasse in qualche modo. E invece quando finí la sua storia, dopo una pausa che sembrò eterna, lei cominciò a rispondergli molto seriamente e analizzammo in classe le possibilità di vita nello spazio.
Forse alle altre persone non fa molto ridere, ma per noi che l’abbiamo vissuta la situazione è stata davvero esilarante. Solo Luca, e lo diciamo senza nessuna retorica né esagerazione, era capace di fare una cosa del genere e farla sembrare perfettamente normale. Un altro episodio di cui abbiamo parlato un milione di volte riguarda il suo zaino. Arrivato in ritardo come sempre, con l’insegnante
già in classe e tutti seduti si alzò di botto ed esclamò: ‘Scusi prof, devo andarmene a casa perché ho dimenticato la cartella. Vado a prenderla e torno subito’. Risate generali della classe, soprattutto perché lo zaino in realtà non lo aveva dimenticato a casa, ma lo aveva solo abbandonato nel cortile di fianco al motorino.”
Infine, vorremmo sapere cosa vi raccontava del suo ruolo e dei paesi in cui viveva, se condivideva con voi queste informazioni. Tutti: “Da quando è stato in missione all’estero ci ha sempre resi partecipi della sua vita, chiaramente i contatti di persona non erano più così frequenti ma in questo fortunatamente la tecnologia ci ha aiutato, ci mandava video, messaggi, messaggi vocali in cui descriveva i posti che frequentava e le loro particolarità con il suo solito umorismo. Per esempio, dal Congo ci aveva mandato una foto di un autista con un elmo da centurione romano e un’altra foto con un ragazzo con un cappellino con su scritto Milano. Di quando era in Vietnam ricordiamo le storie dei suoi giri in motorino nel traffico. Però, almeno per quanto riguarda il gruppo, non è mai entrato nel dettaglio delle missioni specifiche, ci raccontava più episodi personali, quando ha conosciuto Zakia, quando sono nate le bambine, come si erano organizzati in ambasciata per la vita tutti insieme...ci faceva sentire sempre un po’ con lui. Ci mandava però i video delle sue interviste di lavoro e ci aveva informato dell’associazione che aveva fondato con Zakia, “Mama Sofia” e ci aveva comunicato anche che aveva vinto il premio Nassiriya per la Pace, ne era molto orgoglioso.”
Anche la professoressa Patrizia Proserpio, docente nella classe di Attanasio, ha voluto condividere con noi il momento in cui ha appreso la terribile notizia: “Quando al telegiornale ho sentito la terribile notizia dell’uccisione dell’ambasciatore del Congo Luca Attanasio, qualcosa mi ha colpito. Non ho grande memoria dei cognomi dei tantissimi alunni che ho conosciuto in questi lunghi anni al Majorana ma questo nome e cognome mi ricordavano un sorriso allegro e cordiale. Un brivido nella schiena e la sicurezza che mi sbagliavo è stata la prima reazione.”
E aggiunge: “L’immagine del Tg descriveva un uomo serio, elegante ed impegnato e quindi non poteva essere lui. Non appena ho visto il suo dolce sorriso nelle foto che piano piano apparivano in internet, ho avuto la certezza che fosse quell’alunno un po’ speciale. Già ai tempi del Liceo era convinto che avrebbe raggiunto tutti i suoi obiettivi e lo diceva con semplicità. Interessato a tutto ciò che è discussione e confronto con gli altri, studiava con il piacere di imparare e senza paura, con una determinazione invidiabile. Quando penso al Luca studente mi viene in mente un
ragazzo un po’ uomo per la sua voglia di crescere in fretta e lasciare il segno. Quando penso all’ambasciatore Luca vedo un uomo un po’ ragazzo e leggo nei suoi occhi un cuore ancora giovane. L’ho incontrato dopo più di vent’anni al Liceo, mi disse con orgoglio che ce l’aveva fatta, con quell’espressione di chi porta sempre buoni ricordi delle persone che ha incontrato nel suo cammino. Nel mio cuore resta malinconia e un po’ di rabbia ma un ricordo importante di una persona speciale.”
Il funerale ha rispecchiato l’affetto che la comunità dell’ambasciatore e i suoi colleghi provavano per lui, tanto che il centro sportivo in via Tolstoj a Limbiate non è riuscito a raccogliere tutti.
Alessandra, compagna di classe di Luca, che è insegnante e parla spesso ai suoi studenti dell’ambasciatore con cui ha condiviso gli anni al Majo, ha mandato al gruppo una lettera che si chiude così: “(Luca) ha costruito parecchi ponti solidi grazie ai quali potrò raccontare di lui parlandone non al passato, ma al presente e futuro”. Mentre Davide Colombo riassume chi è stato Luca così: “Luca ha avuto la capacità di creare molte cerchie attorno a sé, molte vite, tutte vissute appieno. Questo sarà uno dei ricordi che porterò con me di lui. Assieme al concetto essenziale che non dobbiamo dare per scontato ciò che riceviamo dalla vita.”
IL TRIBUTO DEL MAJO AL SUO AMBASCIATORE SCOMPARSO Proprio di questi giorni è la notizia che la nostra nuova palestra, la tensostruttura non ancora inaugurata, porterà il suo nome, omaggio della Provincia per ricordarlo. Noi però, che abbiamo sentito le storie e i ricordi di chi gli voleva bene siamo certi di una cosa: anche senza che il suo nome sia scritto su un’anonima placca, Luca Attanasio sarà sempre ricordato e con lui saranno ricordati la sua gentilezza, la sua generosità e il suo entusiasmo, che metteva in ogni ambito della sua vita, perché ha donato troppo amore per essere dimenticato.
IL MESSAGGIO DEI COMPAGNI DI LUCA AI MAJORANI “Vorremmo aggiungere una cosa, anche se non ce l’avete chiesta – aggiungono i compagni di classe di Attanasio - Luca all’epoca del liceo non era il primo della classe. Non era tra gli ultimi, ma neanche tra i primi. Era il tipico ragazzo nella media, con punti di forza e difficoltà, come tutti. Il messaggio che vogliamo mandare ai ragazzi del Liceo E. Majorana di Desio è che Luca era senza dubbio una persona di grandissimo talento, ma il talento viene a galla in modi e tempi insospettati. Molti tra di voi faranno grandi cose, anche se magari in questo momento non le riuscite nemmeno a immaginare.”