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Il governo Draghi, tra colori giravolte e ritorni inattesi
POLITICA IL GOVERNO DRAGHI
TRA COLORI, GIRAVOLTE E RI TORNI INATTESI
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FRANCESCO VACCARO, 5aa “Pronto? Mario, sei tu?... Ciao Mario, sono Sergio, come stai?... Si, dai, anche io sto bene. Certo, non è facile tenere a bada quei bambini che gridano e frignano in Parlamento, ma se non ci fossi io... Senti Mario, vado dritto al punto: Conte è saltato, Renzi ha fatto di nuovo la crisi di governo... Guarda, non dirlo a me: me lo trovo sempre tra i piedi, ormai abita i miei peggiori incubi... Senti Mario: l’Italia è in un macello e non me la fido a dare il timone del Paese a quelli lì... Lo so che tu non sei fatto per queste cose, ma c’è davvero bisogno di te, sei l’ultimo a cui io possa rivolgermi... Grazie, davvero, ti aspetto Mario. Insieme metteremo al loro posto i due Matteo. “ Così mi immagino sia andata la conversazione, prima telefonica e poi in presenza, tra il Presidente della Repubblica Mattarella e il neo-premier Mario Draghi, invocato da tutti, ma proprio tutti (solo la Meloni ha tenuto il broncio), come salvatore del Paese dall’emergenza politica, economica e sanitaria del Covid. Più che dal Covid, Draghi ci dovrebbe salvare dai due Matteo, ma quei due sono delle schegge impazzite, chi li controlla!
Così, dopo il governo gialloverde tra Lega e M5S, e il governo giallorosso tra PD e M5S, ora abbiamo una novità tutta originale: il governo multicolor con dentro tutti, rossi, viola, gialli, blu e verdi. L’unico elemento di continuità è costituito dalla presenza nel governo del Movimento: ormai i grillini sono una giostra valida per tutte le stagioni. Per dirla con le parole di un grande insegnante del nostro Liceo: nuovo giro nuova corsa! Vista la fortuna dei due precedenti esecutivi, che sono durati ben un anno, e la creatività quasi pittorica dei nostri politici, ci sono concrete possibilità che l’anno prossimo nasca il governo rossoverde tra PD e Lega!
Draghi ha avuto un incarico molto difficile da Mattarella: formare un governo che tenesse conto della pre-
senza di tutti questi partiti e al contempo elaborare un Recovery Plan impeccabile, migliore di quello varato dall’ex-premier Conte (un minuto di silenzio, per favore). Un’impresa ardua, considerando la fame con cui i nostri politici si fiondano per occupare questo piuttosto che quel ministero, e così il banchiere italiano ha deciso di affidarsi alla Bibbia della politica (degenerata) italiana, il cosiddetto manuale Cencelli, un utile opuscolo che ti permette di governare in un Paese... unico come il nostro. Draghi ha adottato la formula dell’esecutivo tecnico-politico: i ministeri più importanti, come quello dell’economia, delle infrastrutture e dell’istruzione (già, è ancora importante a quanto pare), li ha affidati a persone di “alto profilo”; non poteva mica lasciarli a Renzi, Salvini e Zingaretti! Per quanto riguarda l’aspetto politico dell’esecutivo.... Beh, diciamo che il profilo si fa un po’ più basso (...). Dovendo accontentare i partiti e rispettare il loro peso in Parlamento, Draghi ha dovuto scorporare quanto più possibile ogni ministero, per arrivare a un esecutivo di ben 23 ministeri. Che dire, il neo-premier non saprà moltiplicare i pani e i pesci, ma la poltrone senz’altro! Bene, dopo questa bella infarinatura generale possiamo fare un’analisi sulle grandi scelte di Draghi per quanto riguarda il versante politico.
IL GRANDE RITORNO DELLE BERLUSCA-GIRLS (PIÙ BRUNETTA) Il titolo si commenta da solo: dopo ben 11 anni di astinenza politica, in cui il povero Silvio si è dovuto sorbire Renzi, Salvini e Grillo, finalmente può portare Forza Italia a fare di nuovo dann... L’interesse del paese! Berlusconi vanta una storica amicizia con Draghi, che gli ha permesso di avere nell’esecutivo un numero di 3 ministri, uguale a quello del PD e della Lega. C’è solo una nota dolente: i ministri forzisti non hanno portafoglio, quindi non potranno in alcun modo sostenere attivamente le grandi imprese italiane (che solo per pura casualità coincidono con quelle gestite dai Berlusconi). A Silvio va però riconosciuto
il merito di aver portato un po’ di quote rosa con le ministre Gelmini e Carfagna, che comunque in questo esecutivo scarseggiano. Se non l’avesse fatto lui, grande sostenitore delle donne, sarebbe stata la fine di ogni valore! E poi, c’è lui, Renato. Quest’uomo è riuscito a tornare nello stesso ministero che aveva lasciato nel 2011, mostrando agli invidiosi la sua grande perseveranza e la sua alta (lo so cosa starete pensando, ma non posso non farlo) caratura.
ELENA BONETTI, CHI NON DUOLE SI RIVEDE

Ministro alla Famiglia e alle Pari opportunità del governo Conte-II (incredibile come gli esecutivi italiani si basino su numeri e colori) in quota Italia Viva, Elena Bonetti è stata al centro del grande gesto eroico fatto da Renzi a gennaio, e cioè dimettersi e finalmente togliere dai piedi Italia Viva. Nel nuovo esecutivo Draghi, che spero non abbia un bis o un ter ma duri fino alla fine come in qualsiasi altro paese normale, Bonetti è riuscita a sedersi esattamente nello stesso ministero che aveva lasciato. In pratica è uscita dalla porta per rientrare dalla finestra: il maestro stregone Matteo ne sarà davvero orgoglioso!
L’AVENGER VITTORIO COLAO Un’altra persona che è stata protagonista durante l’era Conte ha trovato posto nel governo del dragone d’Italia, ovvero Vittorio Colao, ex ad di Vodafone. Colao era stato convocato dal precedente esecutivo per dirigere i lavori di un comitato (uno dei tanti) per il rilancio digitale del Paese. Ed effettivamente il suo lavoro era stato egregio: aveva creato un documento sostanzioso ed interessante sulle criticità strutturali dell’Italia e sulle soluzioni per superarle. Ma si sa, il Movimento 5 Stelle, nei confronti del quale Conte ha un grande debito, ha una naturale allergia contro il termine infrastrutture, quindi Colao era stato gentilmente accompagnato alla porta e il suo duro progetto bruciato al rogo per eresia. Bene, ora quest’uomo ha ottenuto il Ministero per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale. Tiè Giuseppi!

LA DELEGAZIONE GRILLINA, I TUTTOFARE (O I PIGLIATUTTO) D’ITALIA< Veniamo infine a loro, che con grande coraggio sono riusciti a sopravvivere ai tentativi di Renzi e Salvini di farli fuori. È incredibile comunque la consonanza
che c’è tra i due Matteo: si amano, è palese, ma ancora non ce la fanno a dichiarare i loro sentimenti.
Tornando ai 5 Stelle, è quasi ammirevole la disinvoltura con cui sono riusciti a rimanere al governo dal 2018 ad oggi: sono passati dall’aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno ad una alleanza con la Lega, dal mai con il Partito di Bibbiano all’alleanza semi-strutturale con questo e dal “a morte Berlusconi!” all’amicizia con Brunetta e Gelmini. Che dire, roba da far impallidire le manovre del fior fiore dei democristiani! Certo, i loro elettori hanno gradito un po’ meno, ma questo e altro per il bene delle potro..... della Repubblica! Sicuramente è stata valorizzata la competenza dei 4 ministri presenti nel nuovo governo. In particolare, Patuanelli è passato dal Ministero dello sviluppo economico a quello dell’agricoltura e Dadone da quello della transizione tecnologica a quello delle Politiche giovanili. Un segno di elasticità mentale! Lui però, lui no. È grillino, ma in una forma evoluta tale da ricevere l’apprezzamento di politici di lunga data. Di chi sto parlando? Di Giggino ovviamente. Di Maio, pur non essendo più capo politico, è riuscito ad accompagnare i suoi colleghi sulla retta via della responsabilità e per premiarlo Draghi lo ha lasciato al Ministero degli Affari esteri. L’Italia non ha più bisogno di lui, la sua saggezza è ormai necessaria altrove!
