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Il Significato dei Fiori

LETIZIA ZABADNEH, 3bb

“Felice la ragazza che ignora le folli gioie del mondo, e non desidera altra dol¬ce occupazione che lo studio delle piante! Semplice e ingenua, chiede alle pra¬terie i più leggiadri manti; ogni primavera le offre gioie mai provate, e ogni mat¬tina un mazzo di fiori ripaga di gioia la sua dedizione. Un giardino è per lei una fonte inesauribile di sapere e felicità. Talvolta con un’arte che incanta, i fiori le si trasformano fra le dita in liquori profumati, in essenze preziose, o in conserve benefiche…” - Charlotte de La Tour, “Il linguaggio dei fiori”. Ultimamente, tornando a casa da scuola, non posso fare a meno di buttare l’occhio sulle migliaia di fiori che incontro per strada, nei giardini dei condomini, in quelli delle ville o su quelli che si intravedono dietro al vetro di una piccola finestra. I fiori risultano una sorta di consolazione, una fonte di felicità. Oggi tutto potrebbe andare storto, ma tra un caffè e l’altro mi fermerei a guardare le orchidee, frutto della cura di anni, sul davanzale della mia cucina e tutto si farebbe più leggero e insignificante. Spesso consideriamo i fiori solamente come un dono d’amore o un simbolo di femminilità, ma quasi tutti hanno un significato preciso, una storia alle spalle. Colgo dunque l’occasione per raccontarvi qualche curiosità riguardo alcuni dei miei fiori preferiti. D’altronde, quale momento migliore per parlare di un argomento simile,

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se non l’arrivo di un mese primaverile come quello di aprile?

L’ORCHIDEA

Il nome deriva dal greco “ ”, il cui significato è “testicolo”: il suo aspetto ne ricorda infatti la forma. Nella Signatura Rerorum, dottrina elaborata da medici e botanici del Medioevo per cui la forma degli elementi naturali ne rivelava la funzione terapeutica, il fiore veniva erroneamente considerato un potente afrodisiaco, oltre che un medicinale contro la sterilità femminile. L’origine di questo fiore è antichissima, tant’è che la mitologia greca, forse per prima, cercò una spiegazione alla sua nascita. Secondo il mito, Orchis era un giovane greco, figlio di una ninfa e di un satiro dei boschi, che, invaghitosi di una sacerdotessa di Dioniso, aveva tentato di violentarla. Il dio del vino e dell’ebbrezza allora, considerando il misfatto come un atto sacrilego, diede Orchis in pasto a delle belve feroci. Gli dei dell’Olimpo, dispiaciuti per l’accaduto, crearono dai resti del ragazzo un fiore che ne riproduceva l’incredibile bellezza e che richiamava il suo apparato riproduttivo, “causa” della sua morte. Tutt’oggi l’orchidea rimane simbolo di bellezza ed erotismo.

LA CAMELIA

La camelia è un arbusto ornamentale, in passato diffuso in Cina e Giappone. Fu proprio il famoso naturalista Linneo ad attribuirle questo nome in onore di Joseph Kamel, missionario e botanico che aveva a lungo studiato la flora orientale e che per primo aveva importato il fiore in Europa. Benché fosse già da tempo conosciuta in Oriente, la camelia si diffuse in Francia e negli altri paesi occidentali solo a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, grazie alla pubblicazione del celebre romanzo di Alexandre Dumas figlio “La Signora delle camelie”. Il titolo dell’opera allude

all’abitudine della protagonista, Marguerite, di portare con sé durante le uscite pubbliche delle camelie rosse o bianche. Questa, essendo una cortigiana, si serviva di quel simbolo floreale per indicare ai clienti i giorni in cui fosse “disponibile” e quelli in cui fosse “indisposta”. La scelta di questo fiore per il romanzo di Dumas non fu affatto frutto del caso: per i Giapponesi infatti la camelia era simbolo di una vita stroncata, poiché durante la sua sfioritura i petali non cadono uno dopo l’altro, ma il fiore si stacca intero dallo stelo. La nascita e il significato della camelia vengono spiegati dalla mitologia giapponese attraverso la storia di Susanowo, dio del vento, delle piogge e degli uragani. Susanowo era costretto a vivere in un regno governato da un terribile serpente, il quale pretendeva che ogni anno gli venisse offerta in sacrificio la giovane più bella del paese. Il dio, non potendo più sopportare la tirannia del serpente, creò una spada, all’interno della quale imprigionò un raggio di sole, e si recò alla grotta del mostro con l’intenzione di ucciderlo. Una giovane ragazza stava per essere sacrificata, quand’ecco che Susanowo cominciò a combattere il serpente fino a colpirlo mortalmente. Il dio del vento allora chiese alla giovane di sposarlo, poggiando a terra la spada insanguinata. Da quelle gocce di sangue nacque l’arbusto della camelia, simbolo del sacrificio di ogni giovane vita, in ricordo di tutte le ragazze uccise dalla terribile creatura.

IL PAPAVERO

La parola “papavero” potrebbe aver avuto origine dal sanscrito e il suo significato letterale sarebbe, in tal caso, “fiore dal succo cattivo”. Si pensa che anticamente gli sia stato attribuito questo nome a causa degli effetti provocati dalla sua consumazione. Il papavero è un fiore la cui storia affonda le radici in un passato molto lontano,

infatti già le civiltà mesopotamiche e quella egizia erano solite utilizzarlo come sedativo. Per gli antichi greci questo fiore era il simbolo dell’oblio e del sonno, tant’è che Morfeo, il dio dei sogni, veniva talvolta rappresentato con un mazzo di papaveri fra le mani. Sempre nella mitologia greca, era associato a Demetra, dea della terra e delle messi, e simboleggiava, insieme alle spighe di grano, la rinascita e la fertilità della terra. I papaveri sono inoltre da sempre associati, per il colore rosso, al sangue e alle guerre. Nella tradizione mongola si narra che Gengis Khan portasse con sé semi di papavero da spargere sui campi di battaglia dopo le vittorie, in modo da ricordare i caduti. Ancora oggi il papavero è un simbolo delle catastrofi legate alla guerra: in Inghilterra, per esempio, è tradizionalmente associato alla prima e alla seconda guerra mondiale e tutti gli anni, durante il Remembrance Day, le vittime sono ricordate portando all’occhiello un papavero rosso.