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RUBRICA - LA LIBERTÀ DELLA DIVERSITÀ
LA LIBERTÀ DELLA DIVERSITÀ
di Martina Campanelli
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Le migliori risposte alle domande più difficili spesso arrivano dalla letteratura e alcuni dei temi sociali più attuali trovano proprio una rappresentazione incisiva e che suscita riflessione nella stessa, tra le pagine delle grandi opere del patrimonio letterario italiano e non; la letteratura ha permesso infatti all’uomo di trattare un’infinità di argomenti. Attraverso essa si ha la possibilità di ampliare la propria esperienza esistenziale acquisendo nuovi strumenti per far fronte alle sfide della vita reale: il fine delle opere letterarie è un po’ quello di aiutarci a vivere. Abbiamo deciso di affrontare quindi alcune tematiche sociali importanti e tipiche del nostro tempo, attraverso il colore del racconto letterario, senza cronaca di notizie specifiche dei nostri giorni ma con la loro rappresentazione data in alcuni testi e da cui si possono trarre spunti di confronto con il nostro presente e di riflessione. In questo primo numero dell’anno parleremo del “diverso”, dal latino diversus, divertere cioè che non rientra in quelli che sono i canoni della normalità stabiliti dalla società. “Ogni uomo è fatto in un modo diverso, dico nella sua struttura fisica. È fatto in un modo diverso anche nella sua combinazione spirituale.” Questo il pensiero espresso da Ungaretti ma molto spesso la Storia non guarda benevolmente alla diversità, forse perché difficile da gestire. La diversità è un concetto che da un lato suscita timore e pregiudizio, dall’ altro presenta ricchezza e crescita. Viviamo in un mondo che ama definirsi tollerante ed egualitario nonostante aumenti sempre più la paura verso chi, per lingua, cultura religione e pelle è diverso e dove l’individuo tende ad uniformarsi alla massa, escludendo coloro che si differenziano. La saggezza popolare sostiene che “le apparenze ingannano” eppure nel presente, come anche nel passato, le apparenze sono spesso il parametro di giudizio per etichettare una persona. La paura che le differenze possono generare e il metro di giudizio delle apparenze sono impersonificate nel famoso personaggio nato dalla penna di Verga che però ha fatto della sua diversità la sua libertà. Rosso Malpelo aveva la gravissima colpa di essere nato con i capelli rossi, visti quasi come segno del demonio, di un’indole incontrollabile e pericolosa. I suoi capelli simboleggiano la sua estraneità e sembrano legittimare la persecuzione sociale di cui ne è vittima; la sua diversità si riconosce in un particolare fisico, i suoi capelli rossi, in cui il popolo vede un segno di malvagità con la conseguenza della sua emarginazione sociale. Ma Malpelo ha compreso che la diversità può essere un valore, una lente attraverso cui guardare il mondo; come scrive Verga, «era avvezzo a tutto lui, agli scapaccioni, alle pedate, ai colpi di manico di badile, o di cinghia da basto, a vedersi ingiuriato e beffato da tutti, a dormire sui sassi, colle braccia e la schiena rotta da quattordici ore di lavoro […] Non si lamentava però». Anzi, con una profondità sconvolgente, diceva: «A che serve? Sono malpelo!». Dopo la scomparsa nell’oscurità della miniera in cui lavorava, una leggenda rimane a turbare le vite dei lavoratori della cava: che Malpelo risalga ogni tanto dalle profondità e mostri i suoi “capelli rossi e occhiacci grigi”. Non è un caso: la diversità fa estremamente paura e la superstizione è un efficace modo per non affrontarla. Ma la vera libertà non risiede nel rifuggirla e nel rifugiarci nelle nostre convinzioni. Chi sperimenta la libertà autentica è proprio Malpelo che rimane saldo nella sua unicità. E anche nel momento più tragico, quello della morte, Malpelo sembra rifiutare di consegnarsi ai suoi carnefici, scomparendo nel nulla e lasciando di sé soltanto un ricordo, che prende vita come un monito verso un mondo che non lo ha mai piegato del tutto e che non ha saputo annullare la sua specificità. Ma a volte la diversità può essere vissuta come una prigione, proprio come la corazza dello scarafaggio in cui si trasforma Gregor Samsa ne “Le Metamorfosi” di Kafka. L’insetto in cui si trasforma Gregor e che lo imprigiona è una metamorfosi sia fisica che interiore; è la storia del diverso che vive nell’ isolamento in cui coloro che gli stanno intorno l’hanno relegato, un isolamento esteriore ed umano. È la storia di chi cerca affetto e calore da una comunità che lo respinge (rappresentata nel caso specifico dalla famiglia che lo ritiene responsabile, a causa della sua diversità, di tutte le sue disgrazie). Solo il rispetto dell’altro permette a tutti gli uomini di sentirsi tali e di uscire dalle prigioni in cui sono confinati, siano esse ideologiche, concrete o esistenziali. Nell’era dell’omologazione, vista come soluzione dell’esclusione, è invece l’accettazione della nostra ed altrui diversità a renderci liberi.
