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ALLA SCOPERTA DEL VINO BIODINAMICO
di Michela Viola
Settembre è il mese che saluta l’estate e che dà il benvenuto all’autunno, è il mese della zucca e delle castagne. Ma, parlando di vino, settembre vuol dire una sola cosa: vendemmia! La vendemmia è un momento cruciale per ogni viticoltore, in cui si raccolgono tutti gli sforzi fatti durante l’anno per ottenere grappoli d’uva sani che sappiano dare vita a vini di qualità.
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Quando si vendemmia?
La vendemmia avviene nel momento in cui il grappolo d’uva raggiunge lo stato ottimale di maturazione, che si misura analizzando il grado zuccherino degli acini e l’acidità degli stessi, e rapportando poi tra loro questi due parametri. Il periodo di raccolta dei grappoli d’uva differisce leggermente in base alla zona di produzione del vino: nel Sud Italia, per esempio, solitamente si vendemmia già verso fine agosto, questo perché se l’uva matura più del dovuto si rischia che la concentrazione di zuccheri negli acini aumenti più del dovuto, e che diminuiscano invece i livelli di acidità. Al contrario, una vendemmia che avviene troppo presto rispetto al processo di maturazione dell’uva, porterà ad avere acini con bassi livelli di zuccheri, un alto livello di acidità e un gusto che potremmo definire “erbaceo”.
Cambiamento nelle abitudini di consumo di vino
Come riportato nei rapporti ISMEA, gli ultimi anni sono stati segnati da un cambiamento delle abitudini dei consumatori, attenti sempre più a uno stile di vita sano e alla ricerca di cibi e bevande quanto più possibile salutari, e che hanno sempre più a cuore il tema della sostenibilità. Questa propensione si è rafforzata ancor di più post-pandemia. Anche il settore del vino è stato colpito da questa tendenza: i vini biologici sono infatti fortemente richiesti dal mercato. Un’indagine condotta da Nomisma, società di consulenza strategica e aziendale, ha evidenziato come la percentuale di italiani che nel 2021 abbia avuto almeno un’occasione di consumo di vino biologico sia pari al 51%, valore in continua crescita rispetto al passato (si pensi che nel 2015 la percentuale era pari al 17%): il consumatore riconosce quindi un valore aggiunto nel vino biologico, rispetto ai vini convenzionali. Seppur a ritmo inferiore rispetto al biologico, stanno pian piano prendendo sempre più piede anche altre due tipologie di vini strettamente connessi al concetto di sostenibilità: parliamo di vini biodinamici e di vini naturali.
Innanzitutto, è bene chiarire che vini biologici, biodinamici e naturali non sono termini sinonimi! Di queste tre categorie, l’unica riconosciuta a livello legislativo è quella del biologico (Regolamento Europeo 203/2012, art.29). Nel 2012 la Commissione Europea ha infatti approvato la messa in vigore di norme che consentono l’applicazione dell’etichetta “vino biologico” sulle bottiglie di vini che soddisfino parametri precisi, dopo un’apposita approvazione da parte di enti certificati. In questo modo, anche il consumatore viene tutelato e orientato nel riconoscimento di cantine che producano vini che siano effettivamente biologici.
Dopo questa breve ma doverosa differenziazione, scopriamo ora insieme una di queste tre macrocategorie, in cui sostenibilità e connessione con il territorio sono due pilastri imprescindibili: la viticoltura biodinamica!
Viticoltura biodinamica
Il metodo biodinamico nasce negli anni ’20 per opera di Rudolf Steiner, fondatore dell’antroposofia. I tre principi di fondo dell’agricoltura biodinamica sono (Fonte: www.rudolfsteiner.it): - mantenere la fertilità della terra; - rendere sane le piante in modo che possano resistere a malattie e parassiti; - produrre alimenti di qualità più alta possibile.
Un vino biodinamico è prodotto seguendo, per l’appunto, i principi dell’agricoltura biodinamica, ancora più legata al concetto di sostenibilità rispetto a quella biologica, frutto di una stretta connessione con il territorio e di una sintonia profonda con la natura. Un vino biodinamico è caratterizzato da un colore carico e vivace, oltre che da un sapore molto deciso.
Le pratiche connesse alla viticoltura biodinamica puntano a creare un ecosistema perfettamente in equilibrio, basato su un terreno forte e ricco di sostanze nutrienti, a beneficio della vigna. L’obiettivo della biodinamica è infatti proprio quello di rafforzare in modo naturale l’ambiente, e quindi il suolo su cui crescono, in questo caso, le vigne, riducendo così al minimo l’intervento umano sul processo di crescita della vite e quindi di formazione dei grappoli d’uva.
Per fare in modo che il suolo su cui cresce la vite sia fertile e ricco di sostanze nutritive vengono preparati, e quindi poi utilizzati, dei composti ottenuti da scarti organici o vegetali, mentre è invece severamente proibito l’utilizzo di qualsiasi agente chimico di sintesi (Fonte: www.winesommelier.it). Tra questi composti, il più utilizzato è il compost (insieme di resti vegetali, cenere, acqua, terra ecc.), fertilizzante naturale che rafforza la biodisponibilità di elementi nel terreno, e allo stesso tempo ne aumenta la biodiversità in termini di microflora. Oltre a questo, vengono poi impiegati alcuni preparati che hanno il compito di rafforzare l’effetto del compost stesso: uno tra i più famosi, è il cosiddetto cornoletame (o “preparato 500”). Il corno deve essere riempito con letame di mucca, e poi sotterrato per circa sei mesi durante l’inverno, momento in cui la terra si ricarica in vista dell’arrivo della primavera. Una volta estratto, viene poi miscelato con acqua piovana, mescolato e riversato al suolo: il terreno si arricchirà così di humus e microrganismi che rinforzano le radici della vite. È inoltre di fondamentale importanza preservare e promuovere la biodiversità. Infatti, un vigneto biodinamico è riconoscibile per la presenza di una grande quantità di fiori e piante spontanee che crescono tra i filari delle viti, di insetti, api e spesso anche pecore che pascolano tra i vigneti. In questo modo il suolo, rafforzandosi, riesce a rinvigorire la vite stessa, che sarà quindi in grado di difendersi da parassiti e agenti patogeni: ciò farà in modo che essa non si ammali, senza bisogno di trattarla con agenti chimici di vario tipo (il cui utilizzo è peraltro Un altro concetto importante in agricoltura biodinamica è quello delle fasi lunari che influenzano i processi di sviluppo della vite, ed è per questo motivo che alcuni procedimenti, come per esempio la semina, vengono effettuati tenendone conto.
Parlando invece di vendemmia, la viticoltura biodinamica prevede che le uve siano raccolte esclusivamente a mano, senza quindi l’utilizzo di macchinari.
In cantina: non è concessa l’aggiunta di lieviti esterni durante il processo di fermentazione del vino, che avviene invece solo grazie all’azione esercitata dai lieviti indigeni già presenti nell’uva (chiamati anche lieviti autoctoni). L’unico additivo ammesso riguarda l’anidride solforosa, che è possibile utilizzare rispettando però i seguenti limiti: 70 mg/l nei vini rossi, 90 mg/l nei vini bianchi e 60 mg/l in quelli frizzanti (quantità ridotta rispetto ai vini biologici).
Ad oggi, tuttavia, il vino biodinamico non possiede una specifica legislazione di riferimento che ne regolamenti l’ambito operativo (la produzione è regolamentata dall’associazione Demeter), mentre invece disciplinari riconosciuti a livello europeo sono ancora in fase di elaborazione.
Nonostante la filosofia biodinamica sia ancora vista con scetticismo e considerata più una pratica esoterica che non una metodologia valida e rigorosa di produzione, è innegabile il suo stretto legame con i concetti di “sano” e di “sostenibile”. Il lavoro del viticoltore biodinamico è guidato da un rispetto e da una connessione profonda con la natura, la quale ha un proprio equilibrio e i propri ritmi, che devono essere rispettati e preservati con cura, pazienza, e dedizione. Il vino frutto di questo operato saprà regalare a chi lo beve un’esperienza gustativa molto profonda, oltre a essere un prodotto che potremmo definire “sano” e realizzato in modo sostenibile.
