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GLI EFFETTI DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI OGGI

di Davide Tremante

Sentiamo spesso dire che nel 2100 il mare si sarà innalzato abbastanza da sommergere le città costiere, i terreni coltivabili non saranno sufficienti a sfamare la popolazione e tutta una serie di eventi che sembrerebbero aspettarci nei decenni a seguire. Ma oggi, come siamo messi? È davvero solo un problema del futuro? Gli effetti dei cambiamenti climatici sono già visibili ad occhio nudo: assistiamo quotidianamente a fenomeni sempre più estremi, siccità, alluvioni, caldo estremo, incendi e chi più ne ha più ne metta! Vediamo più nel dettaglio cosa sta succedendo. Ogni anno ci fanno notare quanto sia più caldo del precedente, quest’anno abbiamo avuto una delle estati più calde di sempre in Italia, dai grafici possiamo notare come la temperatura negli ultimi 40 anni stia continuando a salire. Difatti, tolte alcune eccezioni, l’andamento delle temperature continua a salire mostrandoci come questo fenomeno sia destinato a peggiorare nei prossimi anni. Ma dobbiamo assolutamente evitare che questo accada! Perché già oggi la situazione è critica: quest’anno gli interventi del 112 per malori correlati al caldo hanno segnato un record e questo deve farci riflettere sul rischio che il riscaldamento globale comporta. In particolare, nelle zone polari il riscaldamento climatico sembrerebbe andare ben 4 volte più veloce rispetto al resto del mondo. Basti pensare che negli ultimi anni si stanno registrando casi in cui le temperature superano di 30°C / 40°C le medie e che per la prima volta in Groenlandia è piovuto. Lo scioglimento dei ghiacci, tuttavia, non è solo un problema dei poli, perché è ben visibile anche in Italia dove questi giganti azzurri cominciano a cedere sotto al loro stesso peso causando tragedie come quella a cui abbiamo, purtroppo, assistito sulla Marmolada. Se volessi verificare con i tuoi occhi il cambiamento dei ghiacciai in Italia, recandoti sul ghiacciaio Morteratsch potrai seguire un percorso organizzato che ti mostrerà il ritiro del ghiacciaio decennio per decennio. La scarsa capacità di immagazzinare acqua nei ghiacciai e le precipitazioni sempre più rare e meno cariche sono due delle principali cause delle sempre più frequenti siccità (argomento su cui trovate un articolo dedicato). Inoltre, l’innalzamento delle temperature misto alle frequenti siccità ed incendi stanno facendo sì che le zone desertiche avanzino sempre più rendendo vaste porzioni di territorio inospitali. In Italia, per esempio, il 28% del territorio è ad alto rischio di desertificazione: in particolare Sicilia e Molise dove la superficie a rischio è rispettivamente del 70% e del 58%. Questo dato fa paura perché significa che nel giro di pochissimi anni il 28% del nostro Paese potrebbe non essere più adatto alle nostre esigenze portandoci a perdere non solo miliardi di euro in fatturato ma anche molta della biodiversità che caratterizza il nostro Paese. Ovviamente, cambiando il territorio, cambiano anche le specie che lo abitano: negli ultimi anni, più di 900 specie sono arrivate nel Mediterraneo e no, non è affatto un bene. Essendo specie non autoctone (o aliene) queste non trovano un posto ben preciso nella catena alimentare andando ad occupare quasi sempre le posizioni più alte di quest’ultima andando quindi ad alterare

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gli equilibri (già precari per migliaia di altri fattori) che governano l’ecosistema. Per esempio, quest’anno è arrivata la caravella portoghese che, di norma, abiterebbe acque tropicali o, al limite, sub tropicali ma a causa del riscaldamento globale queste specie si stanno diffondendo anche nel nostro mare. Sempre in questi anni abbiamo assistito all’arrivo della caulerpa, un’alga velenosa che nasce come decorazione per acquari tropicali ma che, arrivata nel Mediterraneo ha trovato un terreno fertile per crescere, o come il pesce scorpione, un pesce velenoso anch’esso di origini tropicali ma che negli ultimi anni conta sempre più avvistamenti sulle nostre coste. E di esempi ce ne sarebbero a migliaia, sia in mare che sulla terra ferma dove riescono a trovare casa anche insetti, rettili, anfibi e mammiferi che in Italia non dovrebbero esserci. Non solo, anche alcune specie locali trovano, in alcuni casi, condizioni più favorevoli... sempre più spesso sentiamo parlare, infatti, di vere e proprie invasioni di cinghiali, cavallette e zanzare che recano danni alle coltivazioni, alla biodiversità e a noi! Seppure non si possa attribuire il problema esclusivamente al riscaldamento globale, questo rimane uno dei principali attori in questa vicenda permettendo ad alcune specie invasive di riprodursi più velocemente. Un esempio tra tutti è quello delle cavallette che negli ultimi anni rappresentano una vera e propria piaga in alcune zone del nostro Paese rovinando colture ed habitat. E non dobbiamo dimenticarci degli eventi atmosferici estremi che ormai sono quasi all’ordine del giorno: si alternano mesi di caldo torrido a giorni di pioggia intensa, accompagnati da eventi senza precedenti con frequenze allarmanti. Ormai in Italia ne abbiamo per tutti i gusti, dalla grandine grande come arance, al caldo africano, alle alluvioni e ai tornado improvvisi. I danni all’agricoltura sono dell’ordine dei miliardi, tonnellate di raccolto vanno buttate ogni anno a causa del meteo sempre più avverso, secondo le stime della Coldiretti in alcune zone le condizioni meteo hanno causato la distruzione dell’80% del raccolto danneggiando gli agricoltori e causando un aumento del costo al consumatore. Ogni anno la situazione peggiora e tutto questo, ovviamente, non vale solo per l’Italia: in moltissime zone del mondo ormai si verificano di queste catastrofi. A fronte di questi eventi sono nate nuove ondate migratorie composte da persone che hanno perso la propria casa, il proprio lavoro o i propri averi in seguito ad eventi correlati al clima. Nei prossimi anni si prevedono centinaia di milioni di migranti verso zone più ospitali, questo problema è così reale che esiste addirittura uno status di “rifugiato climatico” e non è escluso (anzi è molto probabile) che nei prossimi anni anche noi italiani dovremo abbandonare le nostre terre poiché il nostro Bel Paese potrebbe non essere più bello ed ospitale come lo vediamo oggi, specialmente determinate zone. In un periodo storico come quello che stiamo attraversando tra Covid-19, Vaiolo delle scimmie e febbre del Nilo credo sia obbligo dirvi che sì, il riscaldamento globale ha a che vedere con le malattie. Probabilmente avrete già sentito che, man mano che si scioglieranno i ghiacciai, “scongeleremo” virus risalenti a decine di migliaia di anni fa ma questo non ci interesserà per almeno un paio di anni (si, è molto poco tempo) ma ora stiamo già affrontando malattie che han trovato un terreno fertile grazie al cambiamento climatico. In questo momento storico ci troviamo ad affrontare due nuove emergenze sanitarie (Covid e Vaiolo delle scimmie sono ufficialmente due emergenze sanitario secondo l’OMS) ed una terza sembrerebbe essere sulla buona strada per diventarlo! Queste malattie, seppure facciano parte di ceppi già conosciuti, sono malattie che si sono meritate il titolo di emergenza sanitaria perché si propagano molto più facilmente di quanto ci si aspettasse. Il Covid, per esempio, sembrerebbe essere più infettivo nelle zone più inquinate e, seppure il caldo diminuisca i contagi gli inverni tiepidi che stiamo attraversando ultimamente garantiscono al virus le condizioni ideali per la sua diffusione. Nei prossimi anni (o mesi, perché no) potremo assistere all’arrivo di nuovi virus e batteri che troverebbero un mondo molto diverso da quello cui erano abituati ma molto più ospitale in quanto meno freddo e più densamente popolato. A tutti quelli che sostengono la “teoria” de “Il mondo ha sempre avuto ere calde anche più calde di ora” vorrei far notare che gli sbalzi di temperatura in questione fossero molto più graduali. Per fare un esempio semplice lo possiamo un po’ paragonare al passaggio estate inverno che è graduale, mentre il passaggio cui stiamo assistendo sarebbe più paragonabile ad un passaggio da agosto a gennaio, senza stagioni di mezzo: capirete che può essere abbastanza traumatico. Possiamo dire che il mondo sta finendo? Sì, ma non è il caso di andare nel panico. C’è ancora una piccola speranza. Se ognuno facesse la propria parte e i governi si impegnassero alla lotta al cambiamento climatico potremmo sperare di limitare il danno a quel che vediamo oggi o poco più. Il guaio sorge nel momento in cui il problema viene ignorato perché si pensa sia lontano, che non riguarderà noi direttamente mentre già lo fa, siamo già costantemente influenzati dal cambiamento climatico.

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