Theriaké Maggio/Giugno 2023

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Theriaké

Anno VI n. 45 Maggio - Giugno 2023 Theriaké

RIVISTA BIMESTRALE

TECNOLOGIE DIGITALI APPLICATE AL CONTROLLO DI PROCESSO NELLA PREPARAZIONE DI ESTRATTI OLEOSI DI CANNABIS TERAPEUTICA IN FASE UNICA di Paolo Bongiorno et al.

BIATTIVITÀ DI BERBERIS VULGARIS di Carmen Naccarato

PER UNA STORIA DEGLI ARTISTI DIMENTICATI III parte di Rodolfo Papa

ECCE HOMO, LA CHIESA DI S. ANTONIO ABATE A PALERMO di Ciro Lomonte

STORIA DELLA DIGITALE di Giusi Sanci

[online]: ISSN 2724-0509

4 Tecnologie farmaceutiche

TECNOLOGIE DIGITALI APPLICATE AL CONTROLLO DI PROCESSO NELLA PREPARAZIONE DI ESTRATTI OLEOSI DI CANNABIS TERAPEUTICA IN FASE UNICA

12 Fitoterapia & Nutrizione BIOATTIVITÀ DI BERBERIS VULGARIS

16 Delle Arti PER UNA STORIA DEGLI ARTISTI DIMENTICATI III parte

24 Cultura

ECCE HOMO, LA CHIESA DI S. ANTONIO ABATE A PALERMO

34 Apotheca & Storia STORIA DELLA DIGITALE

Responsabile della redazione e del progetto gra1ico: Ignazio Nocera

Redazione:

Valeria Ciotta, Elisa Drago, Christian Intorre, Francesco Montaperto, Carmen Naccarato, Giusi Sanci.

Contatti: theriakeonline@gmail.com

In copertina: Cupola della chiesa di S. Antonio Abate, Palermo. Foto di Giuseppe Marchese.

Questo numero è stato chiuso in redazione il 02-07-2023

In questo numero:

Paolo Bongiorno, Antonella Casiraghi, Nunzio Denora, Ciro Lomonte, Antonio Lopalco, Angela Assunta Lopedota, Paola Minghetti, Carmen Naccarato, Rodolfo Papa, Alessandro Pitruzzella, Giusi Sanci, Antonio Spennacchio.

Collaboratori:

Pasquale Alba, Giuseppina Amato, Carmelo Baio, Francisco J. Ballesta, Vincenzo Balzani, Francesca Baratta, Renzo Belli, Irina Bembel, Paolo Berretta, Mariano Bizzarri, Maria Laura Bolognesi, Elisabetta Bolzan, Paolo Bongiorno, Samuela Boni, Giulia Bovassi, C. V. Giovanni Maria Bruno, Paola Brusa, Lorenzo Camarda, Fabio Caradonna, Carmen Carbone, Alberto Carrara LC, Letizia Cascio, Antonella Casiraghi, Matteo Collura, Alex Cremonesi, Salvatore Crisafulli, Fausto D'Alessandro, Gabriella Daporto, Gero De Marco, Nunzio Denora, Irene De Pellegrini, Corrado De Vito, Roberto Di Gesù , Gaetano Di Lascio, Danila Di Majo, Claudio Distefano, Clelia Distefano, Vita Di Stefano, Domenico DiVincenzo, Carmela Fimognari, Luca Matteo Galliano, Fonso Genchi, Carla Gentile, Laura Gerli, Mario Giuffrida, Andrew Gould, Giulia Greco, Giuliano Guzzo, Ylenia Ingrasciotta, Maria Beatrice Iozzino, Valentina Isgrò , Pinella Laudani, Anastasia Valentina Liga, Vincenzo Lombino, Ciro Lomonte, Antonio Lopalco, A. Assunta Lopedota, Roberta Lupoli, Irene Luzio, Erika Mallarini, Diego Mammo Zagarella, Giuseppe Mannino, Bianca Martinengo, Massimo Martino, Paola Minghetti, Carmelo Montagna, Giovanni Noto, Roberta PaciWici, Roberta Palumbo, Rodolfo Papa, Marco Parente, Fabio Persano, Simona Pichini, Irene Pignata, Annalisa Pitino, Alessandro Pitruzzella, Valentina Pitruzzella, Renzo Puccetti, Carlo Ranaudo, Lorenzo Ravetto Enri, Salvatore Sciacca, Luigi Sciangula, Alfredo Silvano, Antonio Spennacchio, Carlo Squillario, Pierluigi Strippoli, Eleonora Testi, Gianluca TriWirò , Elisa Uliassi, Emidia Vagnoni, Elena Vecchioni, Fabio Venturella, Margherita Venturi, Fabrizio G. Verruso, Aldo Rocco Vitale, Diego Vitello.

Sommario Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno VI n. 45 – Maggio – Giugno 2023 3

Tecnologie digitali applicate al controllo di processo nella preparazione di estratti oleosi di Cannabis terapeutica in fase unica

Lda ?iore a ciclo annuale appartenente alla famiglia delle Cannabinaceae.

Canapa e Marijuana sono la stessa pianta, la distinzione fra la prima e la seconda è semplicemente

di tipo lessicale, dovuta all’uso comune dei termini, infatti ci riferiamo alla prima per l’uso tessile ed alla seconda per quello medico.

La pianta è nota per contenere più di ottocento composti chimici e tra questi le classi più importanti di

noidi.

I cannabinoidi sono una classe di terpenofenoli, prodotti in abbondanza nei tricomi ghiandolari sui ?iori femminili attraverso una rete molto complessa di processi enzimatici.

Tra questi, i due composti più rappresentativi sono l'acido Δ9-tetraidrocannabinolico (THCA) e l'acido cannabidiolico (CBDA) (Figura 1).

Gli acidi cannabinolici sono acidi carbossilici dotati di scarsa attività terapeutica, questi perdono le loro

1 Farmacia Dott. Paolo Bongiorno, Via Vittorio Veneto 17/19, 92026 Favara (AG), Italy; farmacia.pbongiorno@gmail.com (P.B.);

2 Department of Pharmacy – Pharmaceutical Sciences, The University of Bari Aldo Moro, Via Orabona 4, 7012 Bari (BA), Italy; antonio.lopalco@uniba.it (A.L.); antonio.spennacchio@uniba.it (A.S.); angelaassunta.lopedota@uniba.it (A.A.); nunzio.denora@uniba.it (N.D.);

3 Department of Pharmaceutical Sciences, The University of Milano, Via G. Colombo 71-20133 Milan, Italy; antonella.casiraghi@unimi.it (A.C.); paola.minghetti@unimi.it (P.M.)

4 Biomedicine, Neuroscience and Advanced Diagnostics, (BIND) University of Palermo I-90127; alessandro.pitruzzella@unipa.it (A.P.)

# These authors contributed equally to the work.

* Correspondence: nunzio.denora@uniba.it; Tel.: +39-080-544-2767.

Nota: per la bibliogra^ia si faccia riferimento al testo integrale dell’articolo disponibile al link: https://www.mdpi.com/ 1999-4923/15/3/870

Tecnologie farmaceutiche
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Strutture molecolari dei principali cannabinoidi: Δ9tetraidrocannabinolo (THC), acido Δ9-tetraidrocannabinolico (THCA), cannabinolo (CBD) e acido cannabinolico (CBDA) e del monoterpene β-myrcene e del sesquiterpene β-cariofillene.

caratteristiche acide attraverso un processo chiamato decarbossilazione che consiste nella perdita del gruppo carbossilico.

Questa trasformazione che avviene spontaneamente con il tempo, la luce ed il calore, può essere accelerata riscaldando le in?iorescenze a temperature superiori ai 100 °C e porta ai cannabinoidi neutri capaci di importanti attività terapeutiche.

Il THC, principale costituente psicoattivo, è responsabile delle attività antidolori?iche, antinausea, antiemetiche, rilassanti e stimolanti dell’appetito attribuite alla cannabis. Anche il CBD mostra diverse attività farmacologiche come l’attività antiossidante, antin?iammatoria, anticonvulsivante, antimicrobica e neuroprotettiva, inoltre, contribuisce alla riduzione della pressione endoculare, sinergizza e modula l’azione del THC.

I terpeni sono un'ulteriore classe ben rappresentata di composti attivi prodotti nelle in?iorescenze di cannabis. Tra i terpeni, il mircene (Figura 1), il limonene, il trans-ocimene e il terpinolene sono i monoterpeni più rappresentati nella pianta, mentre il cario?illene (Figura 1) e l'umulene sono i sesquiterpeni più abbondanti.

Raphael Mechoulam, rinomato chimico israelita della cannabis, descrisse per la prima volta l’effetto entourage, cioè il risultato della complessa interazione fra i vari costituenti chimici della pianta che ne migliorerebbe l’ef?icacia rispetto a quanto essi stessi possano fare separatamente.

La possibilità che la Cannabis debba realmente le sue proprietà terapeutiche all'effetto entourage rimane uno dei concetti più discussi della scienza. Infatti, il ?itocomplesso dif?icilmente può essere studiato analiticamente con metodiche che ne rompono l'unità e il dinamismo (mutua relazione tra molteplici componenti), e non esistono prove a livello recettoriale della partecipazione di tutte le sostanze attive presenti nella Cannabis

Gli effetti del ?itocomplesso possono però essere ef?icacemente testati attraverso gli effetti clinici che produce nei soggetti che lo utilizzano, infatti, diverse evidenze scienti?iche dimostrano come estratti che preservano il ?itocomplesso siano maggiormente attivi rispetto ad analoghi estratti meno conservativi. Negli anni questa divisione concettuale si è tradotta nello studio di una varietà di tecniche estrattive che pur con qualche eccezione hanno privilegiato in maniera alternativa o un alto contenuto di cannabinoidi o un alto contenuto di terpeni ovvero delle componenti più volatili già a basse temperature.

Fra questi studi, nel 2016, la Società Italiana dei Farmacisti Preparatori (SIFAP) ha sviluppato e proposto un metodo per la preparazione di estratti galenici di olio di Cannabis caratterizzati da rese elevate. Il metodo SIFAP è una procedura in due fasi, descritta per la preparazione di un piccolo lotto di estratto oleoso, in particolare 5 g di in?iorescenze estratte in 50 mL di olio di oliva di qualità farmaceutica, che non consente di controllare l'intero processo di decarbossilazione dei cannabinoidi né consente di mantenere la frazione terpenica. Lo studio, comunque, per la sua importanza rappresenta un riferimento nel campo delle preparazioni galeniche a base di Cannabis terapeutica e pertanto è stato utilizzato come riferimento nel presente studio.

I limiti più evidenti delle metodiche estrattive ?in qui studiate e applicate agli oleoliti di Cannabis riguardavano la mancanza di standardizzazione e riproducibilità del metodo su quantità diverse da quelle studiate, lo stress ossidativo dell’olio per via del riscaldamento e dell’esposizione all’ossigeno, la possibilità di cross inquinamento nel caso dell’uso di bagno maria, la perdita della frazione terpenica, l’impossibilità di controllare in progress il processo di decarbossilazione e l’elevata possibilità di errore umano.

Il metodo Bongiorno

Attraverso questo studio sviluppato in collaborazione con l’Università di Bari, e che per gli approfondimenti può essere consultato al seguente indirizzo: https://www.mdpi.com/1999-4923/15/3/870 , si è voluto sperimentare un metodo ?lessibile per la preparazione dell’olio di Cannabis che rappresenti un punto di convergenza fra le metodiche conservative, senza o con moderato passaggio termico, che mirano

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CH3 CH3 CH3 H3C H H CH3 CH3 CH3 CH3 CH3 H3C H H Δ9 tetrahydrocannabinol (THC) OH O Δ9 tetrahydrocannabinolic acid (THCA) OH OH HO OH H2C CH3 Cannabidiolic acid (CBDA) CH3 CH3 HO OH H2C CH3 OH O Cannabidiol (CBD) β-Myrcene H H β-Caryophyllene
Figura 1.

a mantenere la frazione terpenica e quelle che invece fanno ampio uso del calore, che sono meno conservative puntano ad ottenere alte rese di cannabinoidi.

Il paradigma di analisi e risoluzione dei limiti appena evidenziati è stato aggiornato alla luce delle nuove tecnologie elettroniche a supporto di misurazioni estremamente accurate (realizzate con una sonda al platino direttamente nell’ambiente di reazione) e di un sistema di riscaldamento controllato da un software appositamente realizzato.

Ej stato possibile in questo modo applicare una potenza di riscaldamento proporzionale alla massa da riscaldare, ottenendo una grande riproducibilità del metodo.

La soluzione ai problemi di mantenimento della frazione terpenica, di cross inquinamento e di ossidazione dell’olio è stata trovata nel riscaldamento in reattore chiuso e sotto vuoto; poiché inoltre da una mole di un cannabinoide acido (es. THCA) per decarbossilazione si ottengono una mole di cannabinoide neutro (es. THC) ed una mole di CO2 , questa scelta permette (attraverso apposita sonda per CO2) di misurare l’anidride carbonica prodotta nell’ambiente di reazione e di calcolare facilmente i mg di THC decarbossilati.

Il monitoraggio in progress della decarbossilazione permette inoltre di controllare il processo e di spingere più o meno il grado di decarbossilazione in funzione di quanto richiesto dal medico.

In sintesi, il processo prevede una preparazione in fase unica, nella quale il processo di estrazione è ottenuto sotto vuoto per macerazione e riscaldamento delle in?iorescenze in olio di oliva F.U. (rapporto 1:10), in reattore chiuso ermeticamente, ad una temperatura di 110 °C per due ore e di una fase di decarbossilazione in continuo, nel medesimo reattore, portando la temperatura a 146 °C per 90 minuti.

Apparato Pharmagear® e strumentazione Per l’applicazione del metodo è stato costruito uno strumento apposito denominato Pharmagear® (Energicamente srl, Favara, Agrigento, Italia; Nebiolo Ht, Assoro, Enna, Italia), (Figura 2). Lo strumento riunisce un evaporatore a pressione ridotta, un estrattore di olio essenziale costituito da un maceratore accoppiato con un agitatore magnetico intelligente e un reattore (Figura 2a-c). I processi di estrazione e decarbossilazione sono controllati da un sistema di controllo elettronico automatizzato, che invia in tempo reale tutti i dati acquisiti ad un software di un PC.

L’attrezzatura è stata completata con la costruzione di un apposito sistema ?iltrante per pompa da vuoto. Lo strumento è stato ideato per eseguire il metodo Bongiorno, ma riunendo in uno, forno statico, evaporatore rotante e maceratore, può essere utilizzato in luogo delle attrezzature convenzionali per eseguire tutte le metodiche allo stato dell’arte conosciute. Per la preparazione si sono rese necessarie queste altre attrezzature:

• Sonicatore Baoshishan Fs-600n Ultrasonic Homogenizer 600 W Lab Sonicator Processor; Turbo emulsore Miccra Homogenizer;

• Pompa VidaXL per vuoto ad un solo stadio 50 L potenza 120 W;

• Sistema ?iltrante per pompa da vuoto appositamente costruito.

Descrizione dei Metodi (TGE - TGE-PE)

Indipendentemente dalle quantità di Cannabis da estrarre, per lotto minimo: sono stati pesati 5 g di Cannabis flos e misurati 50 mL di olio di oliva Ph. Eur. che è stato precedentemente raffreddato ad una temperatura compresa tra 2 e 8 °C.

Il reattore è stato avvolto con gel di ghiaccio, un'aliquota di 10 mL dell'olio è stata accantonata e aggiunta alla ?ine dell'intero processo per il lavaggio del reattore. I restanti 40 ml di olio di oliva Ph. Eur. sono stati introdotti nel reattore insieme alle in?iorescenze, precedentemente micronizzate, e disperse nell'olio mediante omogeneizzatore.

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Figura 2. Apparato Pharmagear®.

PRE RAFFREDDAMENTO DELL’OLIO - 5/8 °C

CONSERVAZIONE FRAZIONE DI LAVAGGIO (10 ml) - TRITURAZIONE IN OLIO A MEZZO TURRAX

SONICAZIONE – 5 min. Potenza 250 W Frequenza 20 Khz

VUOTO – REATTORE COLLEGATO A POMPA DA VUOTO

ESTRAZIONE – 2 h 110 °C e DECARBOSSILAZIONE – 1,5 h 146 °C – FASE UNICA IN CONTINUO RAFFREDDAMENTO FINO A 40 °C e FILTRAZIONE

LAVAGGIO REATTORE (10 ml) FILTRAZIONE FRAZIONE DI LAVAGGIO E UNIONE AL PRIMO FILTRATO

AGGIUNTA DI TOCOFEROLO ALFA 0,05 %

CONSERVAZIONE IN FLACONI IN VETRO AMBRATO

Eventuali in?iorescenze di Cannabis rimanenti, bloccate nella testa del rotore/statore dell'omogeneizzatore, sono state spostate utilizzando una spatola ed è stato eseguito un secondo ciclo di miscelazione per alcuni minuti.

Quindi la miscela nel reattore avvolto in gel di ghiaccio è stata sonicata con una sonda (Baoshishan FS-600N Sonicator Ultrasonic Homogenizer 600 W Lab Sonicator Processor) a una potenza erogata di circa 200 W per 5 minuti e una frequenza di 20 kHz.

Un'ancora magnetica è stata inserita nel reattore, che a sua volta è stato chiuso con un coperchio ermetico. La pompa del vuoto è stata collegata alla testa del reattore e l'ossigeno eliminato per ridurre lo stress ossidativo dell'olio durante le successive fasi di riscaldamento. Il reattore è stato introdotto nel sistema di controllo (Figura 2c).

Il sistema di controllo e riscaldamento denominato Pharmagear® può essere programmato per eseguire un processo estrattivo diretto in fase unica (TGE Tolotto Gear Extraction - Temp. di estrazione 110 °C per 120 minuti e temperatura di decarbossilazione di 146 °C per 90 minuti) o per eseguire una pre-estrazione (TGE-PE, Tolotto Gear Extraction From Pre Extraction) di 12 ore a temperatura ambiente seguita dall’estrazione diretta (TGE).

Al termine del processo, il reattore è stato rimosso dallo strumento e la sua temperatura è stata ridotta a 40 °C con un impacco di gel di ghiaccio. L'olio di Cannabis estratto è stato ?iltrato utilizzando un sistema di ?iltri a membrana in nylon alimentare (dimensione dei pori 37 mm) collegato alla pompa del vuoto (Vi-

daXL50L/minpower 120 W, grado di vuoto 50 Pa) (Figura 2f).

Il reattore e l'ancora magnetica sono stati lavati con la frazione oleosa conservata, che è stata aggiunta alla restante preparazione oleosa. L'olio di Cannabis ottenuto è stato conservato in una bottiglia di vetro ambrato ed è stato aggiunto alfa-tocoferolo allo 0,05% v/v per prevenire l'ossidazione. Per il lotto con 10 e 15 g di materiale vegetale è stato utilizzato rispettivamente un volume di solvente di 90 e 140 mL di olio d'oliva per il processo di estrazione nel reattore. Alla ?ine dell'intero processo per il lavaggio del reattore è stata aggiunta un'aliquota di 10 mL dell'olio precedentemente accantonata. In tutti gli esperimenti il rapporto in volume droga:solvente, dopo diluizione con 10 mL di frazione di olio di lavaggio, si è sempre mantenuto pari a 1:10.

Risultati

Attraverso il metodo proposto la resa estrattiva di prodotti decarbossilati è sempre prossima al 100% del risultato ottenibile, nel complesso i metodi TGE e TGE-PE appaiono quasi equivalenti in termini di cannabinoidi estratti ma il metodo con pre-estrazione, evidenzia un incremento di terpeni estratti pari al 6% circa.

Per testarne la riproducibilità i metodi TGE e TGE-FP sono stati applicati a tre varietà di Cannabis, due di esse ad alta concentrazione di THC (Bedrocan e Pedanios) e una bilanciata (FM2), preparate mantenendo costante il rapporto 1:10 ma a volumi diversi di 5:50, 10:100 e 15:150, i risultati sono riportati nella Tabella 1.

Come accennato, questi risultati sono stati confrontati con quelli ottenuti utilizzando il metodo SIFAP, uno dei più diffusi metodi di estrazione ad alta capacità . Il confronto è stato effettuato sulla base dei dati riportati in letteratura e di un nuovo set di dati sperimentali.

Nel periodo dal 2017 al 2019, centinaia di campioni sono stati preparati dai farmacisti e analizzati dall'Università degli Studi di Milano. Nonostante un contenuto di THC vicino o superiore al 20% p/p, è stata

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Figura 3. Schema di preparazione. Figura 4. Confronto tra le fasi di preparazione delle due metodiche.

Tabella 2. La tabella mostra i risultati applicando le due metodiche allo stesso lotto di Cannabis flos varietà Bedrocan. NQ = Non Quantificabile.

ottenuta un'estrazione media di 12.236 ± 3.31 mg/ mL utilizzando Cannabis ^los varietà Bedrocan e Pedanios (N=800) mentre il THCA residuo era inferiore a 1.8 mg/mL. Nel caso di FM2 (N=350), il valore medio di THC era 5,06 ± 1,01 mg/mL e il CBD era 7,268 ± 1,84 mg/mL

In Figura 4 un raffronto schematico fra le fasi di preparazione nelle due metodiche.

Terpeni

Il profumo tipico della Cannabis è il risultato della presenza di circa 140 diversi terpeni e terpenoidi. I terpeni sono una miscela di diversi composti costituiti da multipli dell'unità chimica isoprene (C5H8). β-myrcene, limonene, trans-ocimene e α-terpinolene sono i monoterpeni più abbondanti nelle in?iorescenze di cannabis, mentre β-cario?illene e α-umule-

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Compound Bedrocan (mg/mL) (Mean ± S.D.) FM2 (mg/mL) (Mean ± S.D.) Pedanios (mg/mL) (Mean ± S.D.) TGE TGE-PE TGE TGE-PE TGE THC 21.084 ± 0.066 23.940 ± 2.310 7.811 ± 1.640 6.686 ± 0.810 20.784 ± 0.701 21.704 ± 2.170 23.215 ± 0.380 7.107 ± 0.535 6.894 ± 0.960 19.584 ± 1.420 22.259 ± 1.420 23.986 ± 0.900 7.223 ± 0.880 7.758 ± 0.590 19.590 ± 0.481 THCA 1.000 ± 0.416 1.126 ± 0.470 0.172 ± 0.170 N.Q. 0.548 ± 0.434 1.526 ± 1.130 1.555 ± 0.120 0.218 ± 0.380 N.Q. 2.521 ± 0.130 1.140 ± 0.323 0.254 ± 0.260 N.Q. N.Q. 2.012 ± 1.460 CBD N.Q. N.Q. 8.093 ± 1.480 12.126 ± 0.430 N.Q. N.Q. N.Q. 10.712 ± 0.740 11.847 ± 0.830 N.Q. N.Q. N.Q. 12.424 ± 0.280 13.217 ± 0.830 N.Q. CBDA N.Q. N.Q. 1.386 ± 1.220 N.Q. N.Q. N.Q. N.Q. 0.768 ± 1.350 0.685 ± 1.190 N.Q. N.Q. N.Q. 0.396 ± 0.690 N.Q. N.Q. CBN 0.150 ± 0.136 0.214 ± 0.370 N.Q. 0.264 ± 0.460 0.390 ± 0.265 10:100 0.169 ± 0.140 0.299 ± 0.520 N.Q. 0.485 ± 0.420 0.301 ± 0.065 15:150 0.260 ± 0.133 N.Q. N.Q. N.Q. 0.298 ± 0.084 TGE (mg/mL)(Mean ± S.D.) SIFAP (mg/mL)(Mean ± S.D.) Compound 23.037 ± 1.956 16.719 ± 1.330 THC 1.263 ± 0.871 1.711 ± 0,504 THCA N.Q. N.Q. CBD N.Q. N.Q. CBDA 0.376 ± 0.342 0.320 ± 0.231 CBN
Tabella 1.

vegetale medicinale utilizzando metodi TGE e TGE-PE. Le quantità (valori medi utilizzando misurazioni duplicate) sono state determinate mediante analisi GC-MS di una formulazione di olio con volumi finali di 50 mL

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Terpenes Concentration (mg/Kg) TGE method TGEFPE method α-copaene 9.14 18.82 nerolidol 17.9 25.64 cis-geraniol 20.96 37.83 ylangene 25.63 45.67 α-bergamotene 29.26 42.6 τ-gurjunene 30.95 48 borneol 38.54 48.16 iso-caryophyllene 40.09 59.06 α-gurjunene 41.08 48 α-selinene 47.23 72.7 eremophilene 49.04 104.72 trans-3-caren-2-ol 49.53 83.68 α-farnesene 55.27 47.43 β-farnesene 66.83 728.77 β-selinene 69.9 139.93 τ-selinene 71.88 72.7 fenchol 85.03 108.87 β-phellandrene 85.86 112.17 2-pinanol 105.75 193.08 p-mentha-1,3,8-triene 106.46 199.73 β-trans-ocimene 112.94 111.49 aromadendrene 118.34 249.64 α-thujene 129.13 129.14 δ-guaiene 245.52 374.41 τ-terpinene 271.95 299.21 α-pinene 307.47 371.09 3-carene 308.99 313.79 selina-3,7-diene 350.59 532.26 α-humulene 354.81 677.37 β-pinene 373.57 439.82 guaia-3,7-diene 377.59 560.34 cis-carveol 393.69 557.7 α-terpinene 402.4 371.84 myrtenol 418.47 460.76 α-phellandrene 443.89 482.53 p-cymene 501.84 493.83 linalol 595.96 689.23 p-cymen-8-ol 738.33 1421.52 α-terpineol 1109.98 1507.06 caryophillene 1224.36 1762.26 limonene 1358.72 1431.7 β-cis-ocimene 3650.65 3821.75 β-myrcene 5144.46 5457.31 α-terpinolene 8544.46 9038.39 cis-p-menth-2,8-dienol - 71.71 α-limonene dieposside - 82.25 α-guaiene - 109.64 5 caranol - 117.39 Total Concentration 28,524.44 33,945.96
Tabella 3. Terpeni nelle formulazioni oleose di Bedrocan flos. Concentrazioni dei principi attivi (mg/Kg) dopo l'estrazione di 5 g di materiale

ne sono i sesquiterpeni più rappresentati. Questi composti hanno proprietà antiossidanti, antin?iammatorie, ansiolitiche e antibatteriche. Durante il processo di preparazione della maggior parte degli oleoliti prodotti con vari metodi, il riscaldamento applicato al materiale vegetale per convertire i cannabinoidi acidi in composti neutri riduce notevolmente la percentuale di terpeni più leggeri (monoterpeni).

L'utilizzo di alte temperature aumenta la concentrazione dei sesquiterpeni a scapito dei monoterpeni. Per ovviare a questo problema, il metodo TGE è stato progettato per eseguire un'estrazione in un ambiente ermetico tale da consentire la condensazione dei terpeni dopo il raffreddamento e sotto vuoto al ?ine di eliminare lo stress ossidativo dell'olio durante il riscaldamento. In questo studio è stata condotta un'indagine preliminare sulla capacità dei metodi TGE e TGE-PE di estrarre e preservare i terpeni utilizzando l'innovativa tecnologia Pharmagear®. TGEPE si differenzia dal primo perché utilizza una preestrazione di 12 ore ad una temperatura di 30 °C. Le concentrazioni in mg/Kg dei terpeni estratti da Bedrocan ^los sono presentate nella Tabella 3. Le concentrazioni di terpeni sono state trovate in linea con i dati disponibili in letteratura per i preparati oleosi. La quantità di terpeni conservati può essere utilizzata come indicazione di conservazione dei ?itocomplessi.

Conclusioni

Per armonizzare le condizioni di estrazione per le preparazioni oleose di Cannabis terapeutica, SIFAP ha proposto ai farmacisti una procedura idonea. Sono stati proposti e adottati anche diversi metodi, ma tutti si basano su due fasi separate: processi di estrazione e decarbossilazione. I metodi TGE e TGEPE, basati su un'innovativa piattaforma automatica, hanno permesso l'estrazione del ?itocomplesso in un unico passaggio, controllando l'intero processo di decarbossilazione dei cannabinoidi. Le analisi HPLC effettuate sulle formulazioni oleose hanno mostrato che le capacità estrattive dei due metodi proposti utilizzando la piattaforma innovativa erano quasi doppie rispetto a quelle ottenute utilizzando la procedura SIFAP. Il contenuto di THC nelle formulazioni di olio era superiore a 21 mg/mL per la varietà Bedrocan e vicino a 20 mg/mL per la varietà Pedanios applicando TGE, mentre con TGE-PE la concentrazione di THC era superiore a 23 mg/mL per la varietà Bedrocan.

Non sono state osservate differenze signi?icative tra i contenuti di THC nelle formulazioni di olio prodotte utilizzando diverse quantità di Cannabis ^los e olio d'oliva (5:50, 10:100 e 15:150, Tabella 2). I risultati dei test effettuati con tre diverse quantità di materiale vegetale supportano che i metodi sono adatti anche per lotti multipli. Alcune differenze in termini di

quantità di THCA e CBDA determinate dall'analisi HPLC utilizzando diverse quantità di Cannabis ^los e olio potrebbero essere attribuite ai contenuti residui di questi cannabinoidi nei diversi lotti di materiali vegetali acquistati da diversi fornitori.

Per la varietà FM2, le quantità di THC nelle formulazioni di olio ottenute utilizzando TGE e TGE-PE erano superiori a 7 mg/mL. Le analisi GC-MS nelle formulazioni oleose ottenute da Bedrocan ^los estratto con TGE-PE hanno mostrato un pro?ilo distintivo altamente ricco di terpeni e privo di prodotti volatili ossidati. Pertanto, l'applicazione dei metodi di estrazione TGE e TGE-PE ha permesso di produrre formulazioni oleose standardizzate con una maggiore composizione in cannabinoidi e concentrazioni totali di mono-di-tri-terpeni e sesquiterpeni.

I risultati ottenuti sono rilevanti e permettono di esplorare un nuovo modo di pensare alle preparazioni nel laboratorio galenico. Il moderno ed accurato sistema di controllo del processo di preparazione sancisce l'ingresso della Tecnologia dell'Industria 4.0 o “Fabbrica Intelligente” nel laboratorio galenico e si presta ad ulteriori sviluppi applicativi. L'automazione e la precisione del sistema non richiedono un controllo continuo dell'operatore durante le fasi di preparazione e consentono accuratezza, ripetibilità ed evitano errori umani. L'attrezzatura messa a punto si è rivelata utile non solo per la preparazione dell'olio ma anche per quella delle capsule decarbossilate a base di Cannabis medica. Sulla base della prima valutazione dei risultati ottenuti attraverso questa nuova tecnologia, ulteriori studi saranno condotti in considerazione del fatto che la letteratura sui pro?ili terpenici presenti negli estratti di Cannabis medica oleosa è molto scarsa.

Le analisi quantitative sui cannabinoidi sono state effettuate presso il laboratorio della Farmacia del dr. Paolo Bongiorno mediante cromatogra?ia liquida ad alta prestazione, mentre le analisi sui terpeni sono state effettuate presso il Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II di Napoli, responsabile scienti?ico prof. Raffaele Romano.

Al ?ine di rendere più leggibile la sintesi di questo lavoro, la trattazione della parte analitica è stata appositamente omessa, ma come accennato può essere studiata consultando l’intero lavoro disponibile al seguente link : https://www.mdpi.com/ 1999-4923/15/3/870

Tecnologie farmaceutiche 10 Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno VI n. 45 – Maggio – Giugno 2023
Per info: accademiaurbanadellearti@gmail.com e su Whatsapp 348 7123383

Bioattività di Berberis vulgaris

Berberis vulgari s , volgarmente chiamato crespino o spina santa, appartiene al genere tipico della famiglia delle Berberidaceae, che comprende oltre cinquanta specie, largamente distribuite nelle regioni temperate e fredde d'Europa, d'Asia e d'America [1].

EI un arbusto caduco con portamento pi ù o meno eretto e compatto. Le foglie sono semi-persistenti, ellittiche, si restringono alla base in un corto picciolo e arrotondate all’apice; la superNicie è larga e lucida, il margine è dentellato, sono alterne sui rami lunghi oppure sono riunite in fascetti su dei rametti molto corti, alla base di ognuno dei quali è presente una spina composta da tre a sette aculei pungenti.

I Niori sono gialli con sei petali, sono piccoli e riuniti in mazzetti, compaiono ad inizio primavera, a cui seguono bacche oblunghe prima verdi poi rosse traslucide. In estate, a luglio, i frutti hanno un sapore aspro-acido e non sono molto buoni. Dopo le prime gelate, in autunno, i frutti si addolciscono e possono venire usati per preparare marmellate, confetture e sciroppi dal sapore forte e gradevole. Sono molto ricchi di acido malico e di vitamina C. In Russia e soprattutto in Iran, i frutti vengono utilizzati spesso per bevande gassate e succhi, ma anche per piatti di carne. Un noto piatto della tradizione iraniana, lo zereshk polo, si prepara utilizzando i frutti secchi.

La pianta è resistente e rustica, tollera abbastanza le potature, non teme il freddo e resiste a brevi periodi

Fitoterapia & Nutrizione
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*Farmacista
Figura 1. Berberis vulgaris. Infiorescenza e foglie. Foto dal web.

l'insetto stesso. Il legno del crespino, di colore giallo vivo, serve per lavori al tornio e di ebanisteria; la corteccia della radice si usa per estrarne la berberina [3], principio attivo che, come meglio speciNicheremo in avanti, è caratterizzato da molteplici effetti farmacologici.

Studi condotti sulla composizione chimica della pianta mostrano che i costituenti più importanti sono alcaloidi isochinolinici come la berberina, berbamina e palmatina [4].

La berberina è un costituente comune nella medicina cinese caratterizzato da molti effetti farmacologici. Una recente pubblicazione di Imenshahidi e Hosseinzadeh raccoglie oltre 1200 studi che mostrano le proprietà e gli usi clinici della berberina e B. vulgaris per il trattamento di tumori, diabete, malattie cardiovascolari, iperlipidemia, inNiammazioni, infezioni batteriche e virali, ischemie cerebrali traumatiche, malattie mentali, malattia di Alzheimer, osteoporosi e cosı̀ via [5].

di circa 350 articoli mostra brevemente contiene un grandissimo numero di itochimici, incluso l’acido ascorbico, la vitamina K, molti triterpenoidi, più di 10 composti di 30 alcaloidi, aventi le proprietà sopra

Il principale costituente, la berberina, subisce demetilazione, riduzione e idrolisi del gruppo diossimetilene durante la prima fase del metabolismo. La seconda fase include glucuronidazione, sulfatazione e metilazione. Il fegato è il principale sito della distribuzione della berberina e il suo principale sito di escrezione è a livello fecale (11-23%), rispetto a quello urinario e biliare. Di contro, il principale metabolita della berberina è escreto maggiormente a livello urinario che fecale. L’uso concomitante con altri farmaci quali la metformina, ciclosporina, digossina etc, pu ò portare ad importanti interazioni [7].

Numerosi clinical trials randomizzati mostrano gli effetti della berberina nella diminuzione dei trigliceridi e un miglioramento nella resistenza insulinica. Inoltre, è stata dimostrata bassa tossicità alle dosi usuali, si è infatti manifestato il beneNicio senza alcun effetto collaterale. Solo in taluni pazienti si sono veriNicate blande reazioni gastrointestinali [8].

Sono stati condotti studi sugli estratti cloridrici della berberina su formazioni di specie reattive cellulari in

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B. vulgaris. Foto dal web. Figura 2. a) berberina; b) berbamina; c) palmatina. a) b) c)

acido barbiturico (TBARS), ossidazioni di difenil-apicrilidrazile (DPPH), capacità di induzione di specie radicaliche da ossido nitrico (NO) e sono state determinate spettrofotochimicamente attività di superossido dismutasi (SOD), glutatione perossidasi (GPx), acetilcolinesterasi (AChE) e a-glucosidasi. L’effetto anticancro della berberina è stato stimato in tre differenti linee cellulari quali MCF-7, HepG-2 e Caco2 mediante uso del saggio del rosso neutro che compara le cellule malate con cellule di controllo normali (PBMC). In particolare, l’estratto di berberina mostra potente capacità antiossidante attraverso il decremento di TBARS, NO e ossidazioni di DPPH associate a iperattivazione di GPx e SOD. Diverse concentrazioni degli estratti cloridrici ed etanolici mostrano avere effetto inibitorio nella crescita delle PBMC. Inoltre, entrambi gli estratti mostrano avere effetti inibitori sulla riproduzione delle cellule cancerose del tumore al seno, al fegato e al colon (rispettivamente MCF7, HepG2 e Caco-2), a differenti tempi di incubazione, da 24 a 72 ore e l’effetto inibitorio aumenta in maniera tempo e dose dipendente [9].

Uno studio di Tomosaka mostra ulteriormente che gli estratti EtOAc e MeOH della corteccia delle radici di

Berberis vulgaris, mediante il saggio di rilevazione dei radicali idrossilici, permettono l’isolamento e l’identiNicazione di tre composti fenolici: N-(p-transcoumaroil)tiramina, cannabis G e (+/-)-lioniresinolo. Di questi, cannabis G e (+/-)-lioniresinolo esibiscono attività antiossidante. EI stato dimostrato inoltre che cannabis G ha attività citoprotettiva nei confronti delle colture cellulari MCF-7 indotte da perossido d’idrogeno [10].

Ulteriori proprietà beneNiche della pianta di B. vulgaris vengono provate da studi che dimostrano attività positiva nei confronti di patologie cardiovascolari. Una review del 2017 evidenzia le attività antiaritmica, antipertensiva, anticolinergica ed effetti cardioprotettivi. Nello speciNico su un totale di 37 articoli, vengono riscontrati 12 studi che dimostrano attività antipertensiva, 7 studi ricercano gli effetti antiaritmici, mentre gli effetti inotropi e cardioprotettivi vengono valutati in 4 e 8 studi rispettivamente. EI possibile pertanto affermare che, B. vulgaris produce effetti beneNici riducendo la pressione sanguigna, migliorando la contrattilità cardiaca e proteggendo da lesioni da riperfusione. Il meccanismo di questi effetti è ancora oggetto di studi, indubbiamente po-

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Figura 4. B. vulgaris, infruttescenza Foto dal web.

trebbero essere coinvolti i maggiori fattori di rischio di malattie cardiovascolari, quali lo stress ossidativo, l’iperglicemia e l’iperlipidemia [11].

Uno studio del 2022 di Kapitonova dimostra che gli estratti dalle foglie della pianta contengono 0,07% di alcaloidi, 0,48% di Nlavonoidi e 8,05% di sostanze tanniniche. Questi estratti secchi alla concentrazione di 50 mg/kg riducono le ulcere e le lesioni microscopiche aumentando la concentrazione della prostaglandina E2 nella parete gastrica, molto meglio rispetto all’atropina o alla concentrazione di B. vulgaris estratto secco delle foglie 10 mg/kg. All’effetto gastroprotettivo di alte dosi di estratto secco delle foglie di B. vulgaris, dovuto alla stimolazione della secrezione della prostaglandina E2 nello stomaco, si sommano le proprietà antiossidanti, antinNiammatorie del complesso polifenolico di Nlavonoidi e tannini [12].

Bibliografia

1. Voce Berberis in Enciclopedia Treccani. https://www.treccani.it/

2. https://allasiaplantmg.it/prodotto/berberis-2/

3. Voce Berberis in Enciclopedia Treccani. https://www.treccani.it/

4. Imanshahidi M., Hosseinzadeh H., Pharmacological and therapeutic effects of Berberis vulgaris and its active constituent, berberine . Phytother Res. 2008 Aug;22(8):999-1012. doi: 10.1002/ptr.2399. PMID: 18618524.

5. Imenshahidi M., Hosseinzadeh H., Berberis Vulgaris and Berberine: An Update Review. Phytother Res. 2016 Nov;30(11):1745-1764. doi: 10.1002/ptr.5693. Epub 2016 Aug 16. PMID: 27528198.

6. Rahimi-Madiseh M., Lorigoini Z., Zamani-Gharaghoshi H., RaNieian-Kopaei M., Berberis vulgaris: speciDications and traditional uses. Iran J Basic Med Sci. 2017 May;20(5):569-587. doi: 10.22038/IJBMS.2017.8690. PMID: 28656092; PMCID: PMC5478785.

7. Khoshandam A., Imenshahidi M., Hosseinzadeh H., Pharmacokinetic of berberine, the main constituent of Berberis vulgaris L.: A comprehensive review. Phytother Res. 2022 Nov;36(11):4063-4079. doi: 10.1002/ ptr.7589. Epub 2022 Oct 11. PMID: 36221815.

8. Imenshahidi M., Hosseinzadeh H., Berberine and barberry (Berberis vulgaris): A clinical review. Phytother Res. 2019 Mar;33(3):504-523. doi: 10.1002/ptr.6252. Epub 2019 Jan 13. PMID: 30637820.

9. Abd El-Wahab A.E., Ghareeb D.A., Sarhan E.E., Abu-Serie M.M., El Demellawy M.A., In vitro biological assessment of Berberis vulgaris and its active constituent, berberine: antioxidants, anti-acetylcholinesterase, anti-diabetic and anticancer effects. BMC Complement Altern Med. 2013 Sep 5;13:218. doi: 10.1186/1472-6882-13-218. PMID: 24007270; PMCID: PMC4016550.

10. Tomosaka H., Chin Y.W., Salim A.A., Keller W.J., Chai H., Kinghorn A.D., Antioxidant and cytoprotective compounds from Berberis vulgaris (barberry). Phytother Res. 2008 Jul;22(7):979-81. doi: 10.1002/ptr.2443. PMID: 18389483.

11. Abushouk A.I., Salem A.M.A., Abdel-Daim M.M., Berberis vulgaris for cardiovascular disorders: a scoping literature review. Iran J Basic Med Sci. 2017 May;20(5):503-510. doi: 10.22038/IJBMS.2017.8674. PMID: 28656085; PMCID: PMC5478778.

12. Kapitonova M., Gupalo S., Alyautdin R., Ibrahim I.A.A., Salim N., Ahmad A., Talip S.B., Nwe T.M., Morokhina S., Gastroprotective effect of Berberis vulgaris on ethanolinduced gastric mucosal injury: Histopathological evaluations. Avicenna J Phytomed. 2022 Jan-Feb;12(1):30-41. doi: 10.22038/AJP.2021.18113. PMID: 35145893; PMCID: PMC8801213.

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Per una storia degli artisti dimenticati III parte

Tra le questioni importanti che riguardano le immagini artistiche, dipinti o sculture, oltre alle questioni storiche, alla cronologia ed al contesto culturale e politico, alla forma ed allo stile, c’è anche la necessità di comprendere la relazione iconograFica che lega inscindibilmente una determinata immagine con una serie di altre immagini, in una sequenza di relazioni dal profondo valore culturale, religioso e spirituale.

Chiariamo la questione. A volte accade di trovarci di fronte ad un dipinto o ad una scultura, che magari apparentemente non ha grandi qualità stilistiche o

artistiche, ma che è conservata con grande cura dalla comunità di appartenenza, perché ritenuta di grande pregio, spesso e principalmente dal punto di vista spirituale. Alcune immagini sono, infatti, preziose per un gruppo di fedeli e, sebbene magari poco stimate dagli storici dell’arte e dalla critica, svolgono comunque un ruolo molto importante per la spiritualità di un intero popolo. E queste immagini sono tra di loro collegate da Fili non sempre facili da com-

Quale atteggiamento è giusto adottare di fronte a questo tipo di immagini? Ignorarle ed escluderle dagli studi storico-artistici, evitare di considerarle an-

Delle Arti
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prendere. Figura 1. Roma, 5 ottobre 1947. Processione della statua lignea della Madonna della Divina Rivelazione, da piazza S. Pietro fino alla Grotta delle Tre Fontane. Per il trasporto venne utilizzata una berlina reale con tiro a sei cavalli.

Rodolfo Papa, PhD. Pittore, scultore, teorico, storico e Filosofo dell'arte. Esperto della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Accademico Ordinario della PontiFicia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon. Docente di Arte Sacra, Tecniche Pittoriche nell’Accademia Urbana delle Arti. Presidente dell'Accademia Urbana delle Arti.

docente di Storia delle teorie estetiche, Storia dell’Arte Sacra, Traditio Ecclesiae e Beni Culturaia dell’Arte Sacra (Istituto Superiore di Scienze Religiose Sant'Apollinare, Roma; Master II Livello di Arte e Architettura Sacra della Università Europea, Roma; Istituto Superiore di Scienze Religiose di Santa Maria di Monte Berico, Vicenza; PontiFicia Università Urbaniana, Roma; Corso di Specializzazione in Studi Sindonici, Ateneo PontiFicio Regina Apostolorum). Tra i suoi scritti si contano circa venti monograFie, molte delle quali tradotte in più lingue e alcune centinaia di articoli (“Arte Cristiana”; “Euntes Docete”; “ArteDossier”; “La vita in Cristo e nella e Vita”, “Frontiere”, “Studi cattolici”; “Zenit.org”, “Aleteia.org”; “Espiritu”; “La Società ”; “Rogate Ergo”; “Theriaké ” ).

Collaborazioni televisive: “Iconologie Quotidiane” RAI STORIA; “Discorsi sull’arte” TELEPACE.

Come pittore ha realizzato interi cicli pittorici per Basiliche, Cattedrali, Chiese e conventi (Basilica di San Crisogono, Roma; Basilica dei SS. Fabiano e Venanzio, Roma; Antica Cattedrale di Bojano, Campobasso; Cattedrale Nostra Signora di Fatima a Karaganda, Kazakistan; Eremo di Santa Maria, Campobasso; Cattedrale di San PanFilo, Sulmona; Chiesa di san Giulio I papa, Roma; San Giuseppe ai Quattro Canti, Palermo; Sant'Andrea della Valle, Roma; Monastero di Seremban, Malesia; Cappella del Perdono, SS. Sacramento a Tor de'schiavi, Roma …)

che negli studi storico-sociali? Ma se una immagine possiede una grandissima fama, è considerata “miracolosa” e davanti ad essa pregano decine o centinaia o migliaia o addirittura milioni di persone in tutto il mondo, come possiamo non guardarla con una certa attenzione e studiarne l’iconograFia, il messaggio, ed anche la forma e lo stile? Ignorare queste opere in una ricognizione storico-artistica apparirebbe una mancanza grave, una gravissima omissione.

Tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta del Novecento nacque un movimento storico-artistico su base antropologico-culturale, che pose attenzione verso gli ex voto dipinti, in modo particolare quelli con una dimensione “popolare” o, come si diceva allora, “folklorica”. Tanto più è necessario, allora, studiare e prendere in considerazione nel computo dell’analisi storico-artistica anche immagini “devozionali”, non solo perché , come abbiamo già evidenziato, hanno rilevanza sociale e spirituale per molte persone, ma proprio perché hanno in sé qualcosa di particolare, che deve essere studiato e che può recare contributi importanti alla comprensione dello sviluppo “iconograFico” dell’immagine sacra.

In questa prospettiva, possiamo affrontare ad esempio una storia di immagini sacre legate a diverse apparizioni mariane, realizzate da artisti, più o meno importanti, nell’arco di oltre cento anni, tra la prima metà dell’Ottocento e la seconda metà del Novecento, concatenate le une alle altre.

A partire dalla apparizione della Vergine a suor Caterina Labouré , della Compagnia delle Figlie della Carità , il 27 novembre del 1830, peraltro nel difFicile periodo della epidemia a Parigi, si diffonde l’immagine della medaglietta che ben presto il popolo parigino cominciò a chiamare “miracolosa”, medaglietta che la Vergine chiese di coniare e di distribuire come mezzo di conversione morale e spirituale.

Dieci anni dopo, si diffonde l’immagine dello scapolare del Cuore Immacolato, a seguito di una apparizio-

ne ad una suora della medesima Congregazione, suor Justine Bisqueyburu. Di fatto non è un vero scapolare, ma due immagini cucite su un unico panno verde, da portare appeso al collo con un nastro verde, anch’esso da diffondere presso i non credenti; la Vergine, infatti, aveva rivelato a suor Giustina: «Se lo sca-

polare verrà portato con 1iducia darà origine a un gran numero di conversioni e procurerà una buona morte per gli infedeli». Questa devozione verrà approvata ufFicialmente da Pio IX nel 1870.

La medaglietta miracolosa viene indossata dall’ateo anticlericale di origine ebrea Alphonse Marie Ratisbonne, come sFida per una scommessa fatta con l’amico cattolico barone Thé odore de Bussiè res, ed il 20 gennaio 1842 Ratisbonne si converte in maniera inaspettata e immediata a Roma nella Chiesa di Sant’Andrea delle Fratte a seguito di una apparizione di Maria [1] che darà poi luogo ad un’altra immagine.

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Figura 2. Cappella di Notre-Dame de la Mé daille Miraculeuse, Rue du Bac, Parigi.

Secondo alcuni, l’apparizione e la conseguente con versione di Ratisbonne contribuirono al processo di proclamazione del dogma della Immacolata Concezione da parte di Pio IX con la bolla Ineffabilis Deus dell’8 dicembre 1854.

Nel 1858, Maria si presenta come “Immacolata Concezione” ad una bambina povera e analfabeta dei Pirenei francesi, Bernadette Soubirous, a Lourdes, da cui parte ben presto un intenso culto legato ad una determinata iconograFia.

Quasi un secolo dopo, ancora a Roma, il 12 aprile del 1947, la Vergine appare all’anarchico ed anticlericale Bruno Cornacchiola, il quale aveva coltivato una aspra inimicizia verso la Chiesa Cattolica durante la guerra civile in Spagna ed era poi divenuto avventista obbligando la moglie a seguirlo in questa scelta, promettendole però in cambio l’osservanza della pratica dei primi nove venerdı̀ del mese al Sacro Cuore di Gesù . Peraltro l’apparizione avviene durante il sabato in albis proprio mentre Cornacchiola stava scrivendo un discorso contro l’immacolatezza di Maria, ed anche da questa apparizione segue la diffusione di una immagine molto tipica.

Dai fatti storici, infatti, delle apparizioni mariane, in particolare di queste citate che sono tra le più importanti degli ultimi due secoli, deriva una tradizione artistica. Dopo ogni apparizione, artisti, scultori, pittori, architetti, oraFi, vengono chiamati a realizzare

che all’arricchimento del repertorio iconograFico. Questi artisti per lo più rimangono sconosciuti, generalmente non sono menzionati nei racconti e nelle ricostruzioni storiche, eppure, senza il loro lavoro artistico, non ci sarebbe la possibilità di pregare davanti alle immagini delle apparizioni.

Una delle cause non speciFiche di questa disattenzione è l’iconofobia [2] contemporanea, che paradossalmente accomuna atei e credenti, laici e religiosi, nel mondo della “civiltà delle immagini”: la saturazione da immagini di consumo inibisce la comprensione del valore delle opere d’arte, anche nel contesto religioso, spirituale e liturgico.

Una generale condizione di soggiogamento ad istanze estranee alla tradizione della fede cattolica contribuisce alla rapida dispersione del patrimonio artistico e cultuale bimillenario, che purtroppo sta accadendo. Anche quando le immagini vengono usate con grande devozione, non vengono comprese e rimane ignorato il lavoro di chi con fatica ha cercato di tradurre in immagine il racconto di un evento miracoloso.

Per esempio, non è facile conoscere il nome dello scultore della prima immagine scolpita della Vergine della Medaglia Miracolosa per la Cappella a Rue du Bac a Parigi, statua che fu incoronata da papa Leone

Delle Arti 18 Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno VI n. 45 – Maggio – Giugno 2023
Figura 3. Marcello Piacentini, Cappella della Madonna del Miracolo, 1950-54, Basilica di S. Andrea delle Fratte, Roma. A destra: Natale Carta, Madonna del Miracolo, olio su tela, 1842.

XIII nel 1897. L’ignorato artista è stato abile nel realizzare un capolavoro di sintesi tra quanto raccontato dalla veggente e la tradizione iconograFica che ha portato a deFinire l’immagine dell’Immacolata, cosı̀ come la conosciamo oggi.

Si conosce invece il nome dell’artista che ha eseguito la grande tela rafFigurante la Vergine cosı̀ come è apparsa a Ratisbonne, ovvero il pittore messinese Natale Carta, che la realizzò sulla base della descrizione dello stesso Ratisbonne, secondo l’iconograFia dell'Immacolata Concezione diffusa dalla medaglia miracolosa di s. Catherine Labouré . Seguendo la volontà della comunità dei fedeli e con il sostegno economico del principe Marino Torlonia, tra il 1842 e il 1849 viene restaurata la cappella dell’apparizione in Sant’Andrea delle Fratte, su disegno di Antonio Sarti da Budrio, per valorizzare la grande immagine, già oggetto di devozione. Ai lati della tela, vengono posti due dipinti del pittore romano Domenico Bartolini, che ricordano i due momenti principali dell’evento miracoloso: la visione e il successivo battesimo del convertito. Un secolo dopo, negli anni 1950-54, nel contesto di una promozione del culto mariano da parte di Pio XII, che coinvolge anche Sant’Andrea delle Fratte che è meta di numerosi pellegrinaggi e della pratica devozionale dei primi nove venerdı̀ del mese al Sacro Cuore, viene rifatta l’architettura della cappella ad opera di Marcello Piacentini [3], un architet-

to “razionalista”, moderno, di fama internazionale, che sostituisce gli stucchi preesistenti con marmi e vi colloca le statue degli arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele realizzati dallo scultore Alfredo Biagini [4], e fa riorganizzare la decorazione dell’imbotto dell’arco della cappella, introducendovi una serie di simboli mariani, desunti dall’interpretazione dei testi biblici da parte dei Padri della Chiesa. Piacentini ha mostrato una grande capacità di parlare un linguaggio molteplice: in chiesa sa adottare la lingua plurimillenaria dei repertori iconograFici, e fuori mostra di essere capace di realizzare un registro di sintesi tra antico e moderno. I simboli iconograFici mariani inseriti a stucco riescono ad offrire un quadro teologico ricco di sfumature per l’apparizione della Vergine a Ratisbonne, offrendo un commento mariologico con alcune delle principali litanie lauretane: Rosa mistica, Vas onorabile, Domus aurea, Regina sanctorum, Turris davidica, Speculum iustitiae, Stella matutina, Sedes sapientiae, Oliva speciosa, Electa ut sol, Fons aquae vivae. Viene anche appositamente coniato un nuovo appellativo mariano per l’occasione, ovvero Palma in Cades. La palma è simbolo delle virtù praticate, inondate dalla Grazia che danno abbondanti frutti spirituali, come leggiamo nel salmo 91, 13-16: «Il giusto 1iorirà come palma,/ crescerà come cedro del Libano;/ piantati nella casa del Signore,/ 1ioriranno negli atri del nostro Dio./ Nella vecchiaia daranno ancora frutti,/ saranno vegeti e rigogliosi,/ per annunziare

Delle Arti 19 Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno VI n. 45 – Maggio – Giugno 2023
Figura 4. Domenico Bortolini, Visione di Ratisbonne, 1842-49. Cappella della Madonna del Miracolo. Figura 5. Roma, Piazza di Spagna, Colonna dell’Immacolata, 1857

quanto è retto il Signore:/ mia roccia, in lui non c'è ingiustizia».

Cades [5] è il luogo della morte e sepoltura della sorella di Mosè , Maria, la quale lo sorvegliò nella cesta dove era stato deposto, e sulla cui tomba a Cades viene appunto piantata una palma. La terra di Cades ricorda il lungo cammino dell’Esodo, che passa attraverso terre straniere, che vengono gradualmente piantumate e irradiate di Grazia. Quindi l’appellativo, Palma in Cades, è un riferimento profondo e preciso a quanto Maria ha operato nella vita di Ratisbonne e a quanto opera, con l’ausilio delle preghiere dei fedeli, in tante anime lontane e in difFicoltà Nella tela rappresentante il Miracolo, Domenico Bartolini rappresenta la Beata Vergine Maria come Kecharitoméne, ovvero come "piena di grazia" utilizzando i colori tradizionali dell’Annunziata, ovvero il blu ed il rosso. Tuttavia questi colori non corrispondono a quelli della pala d’altare di Natale Carta, dipinta, come abbiamo già sottolineato, secondo il racconto di Ratisbonne.

La tela di Natale Carta rappresenta Maria come una Immacolata Concezione, secondo il repertorio iconograFico desunto dall’interpretazione del passo giovanneo dell’Apocalisse 12, 1-2 «Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle», che come testimonia il testo di Francisco Pacheco del Rio, Arte de la Pintura, edito nel 1649, era stata deFinitivamente tradotta come l’immagine di una giovane donna vestita di bianco, immersa in una grande luce, con una corona di dodici

Delle Arti Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno VI n. 45 – Maggio – Giugno 2023 20
Figura 6. Grotta di Lourdes con la statua dello scultore Joseph-Hugues Fabisch. Sotto: Antonio Ciseri, L’Apparizione della Madonna a Bernadette di Lourdes, olio su tela 1879, Firenze

stelle sul capo a ricordare le dodici tribù di Israele. Solitamente nell’iconograFia dell’Immacolata, il manto, quando è presente, è azzurro o blu, ma Natale Carta lo dipinge, in modo insolito, di verde. Ho potuto veriFicare l’autenticità del colore, che non è effetto di ossidazioni ma è il colore originario. Questo può essere veriFicato anche dal fatto che Piacentini ha realizzato le decorazioni della cappella con marmi di colore verde, con coerenza cromatica rispetto alla originalità del colore del mantello, ma anche rispetto alla decorazione con i simboli a stucco. Piacentini, dunque, comprende e sottolinea la scelta del pittore Carta. Il colore verde è apparentemente fuori luogo, quasi in dissonanza con la tradizione iconograFica mariana.

Dopo la proclamazione del dogma dell’Immacolata, l’apparizione a Lourdes della Vergine a Bernadette viene tradotta in una scultura nel 1864 ad opera di Joseph-Hugues Fabisch di Lione, e l’opera viene collocata proprio nella nicchia, dove la Vergine apparve a Bernadette. La statua è interamente bianca con una cinta azzurra, sulla base della descrizione fornita da Bernadette. L’iconograFia dell’Immacolata, del resto, si era andata consolidando dopo la bolla Ineffabilis

Deus, come si può

anche vedere nella colonna dell'Immacolata eretta a Roma in piazza Mignanelli, accanto a piazza di Spagna e vicino al palazzo di Propaganda Fide, progettata dall'architetto Luigi Poletti ed inaugurata l’8 dicembre 1857. La statua sulla colonna rappresenta l’Immacolata come una giovane donna con una corona in testa, i piedi sulla luna e vestita con tunica, cinta e manto, con la mano sinistra indica la strada che separa piazza di Spagna dalla chiesa di sant’Andrea delle Fratte, come a indicare il luogo dove era apparsa, poco distante, ad Alphonse Ratisbonne, solo quindici anni prima della inaugurazione.

Si diffonde ovunque l’abitudine di realizzare grotte con la statua dell’Immacolata di Lourdes, o in alternativa cicli pittorici in chiese e cappelle. Solo per citare alcuni esempi a cavallo tra Ottocento e Novecento, tra i centinaia possibili, possiamo ricordare l’Apparizione della Madonna a Bernadette di Lourdes realizzata da Antonio Ciseri nel 1879 a Firenze; l’Apparizione della Vergine a Bernadette e la Processione e miracolo a Lourdes entrambe ad opera di Domenico Bruschi nel 1907 per la chiesa di N.S. di Lourdes a Narni; Nostra Signora di Lourdes appare a Bernadet-

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Figura 7. Napoli, interno della chiesa di S. Nicola da Tolentino. Sullo sfondo la pala d’altare della Immacolata di Lourdes, opera di Vincenzo Galloppi.

te, affresco di G. Ferraboschi nel 1903 a Bergamo; la pala d’altare Immacolata Lourdes di Vincenzo Galloppi nella chiesa di San Nicola da Tolentino a Napoli, trasformata in santuario mariano.

In ognuna di queste tele, alcune delle quali ancora oggi molto note tra i fedeli, la Vergine è vestita con abito bianco e cintura o mantello azzurri.

Alla luce di questa tradizione, la scelta di Natale Carta di dipingere la Vergine del Miracolo di colore verde risulta del tutto incomprensibile, a meno che non glielo abbia suggerito lo stesso Ratisbonne. Occorre anche considerare che lo scapolare legato alle apparizioni mariane alle Figlie della Carità , è verde, come il simbolo della palma introdotto da Piacentini nella decorazione della Cappella della Madonna del Miracolo, come il mantello verde dipinto da Natale Carta. Si tratta di elementi iconograFici che recano tutti la medesima indicazione di signiFicato iconologico. Il verde rimanda alle piante rigogliose, come per esempio è indicato nel Salmo 1:3 «E sarà come un albero piantato presso corsi d'acqua, che dà il suo frutto nella sua stagione, e la sua foglia è verde e non cade; perciò, tutto ciò che fa prospererà nel nome del Signore». Nella Bibbia, il verde simboleggia la vita eterna promessa da Dio ed è simbolo della restaurazione spirituale che rende Figli dell'Altissimo. Per questo il Paradiso è rappresentato anche come giardino rigoglioso. Il verde è , quindi, il simbolo della

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Figura 8. Grotta della Vergine della Rivelazione alle Tre Fontane, Roma. Sotto: particolare della statua lignea eseguita da Domenico Ponzi, 1947.

Carità di Dio, ottenuta attraverso la rigenerazione dell’anima, è allegoria della rivelazione delle virtù divine all’intelligenza umana. Dunque il colore verde rimanda immediatamente alla conversione di un ateo, come promesso nella pratica degli scapolari e come accade allo stesso Ratisbonne secondo il suo racconto. Egli scrive: «Fissai le di Lei mani, e vidi in esse l’espressione del perdono e della misericordia» e poi ancora più avanti «Quantunque Ella non mi dicesse nulla compresi l’orrore dello stato in cui mi trovavo, la deformità del peccato, la bellezza della religione cattolica, in una parola capì tutto» e conclude «Sono caduto ebreo e mi sono alzato cristiano» [6]. La storia del verde, delle apparizioni e dell’arte sacra cristiana continua nel Novecento soprattutto con la già nominata apparizione delle Tre Fontane a Roma all’anarchico anticlericale, che aveva in animo di uccidere il Papa, Bruno Cornacchiola. La Vergine rivela a Bruno Cornacchiola: «Sono colei che sono nella Trinità divina, sono la Vergine della Rivelazione. Scrivi subito queste cose e meditale sempre. Tu mi perseguiti, ora basta! Rientra nell’Ovile santo, l’eterno miracolo di Dio, dove Cristo posò la prima pietra, quel fondamento sulla roccia eterna, Pietro» e anche «Io convertirò i più ostinati, con miracoli che opererò con questa terra di peccato».

La Vergine della Rivelazione appare a Cornacchiola con il mantello verde, mentre lo esorta alla conversione, rigenerando il suo cuore e la sua anima. Lo scultore Domenico Ponzi, chiamato a realizzare la statua sulla base del racconto di Cornacchiola, ha faticato molto a realizzare il modello in gesso dal quale è poi stata tratta la statua deFinitiva, lignea, trasportata il 5 ottobre 1947 su una berlina reale con tiro a sei cavalli e seguita da una grande folla, da piazza San Pietro Fino alle Tre Fontane, dove tuttora si trova nella grotta della Rivelazione.

Tutte queste immagini dipinte o scolpite che rappresentano apparizioni approvate dalla Chiesa, immagini che sono state esse stesse approvate dalle autorità ecclesiastiche, che sono state incoronate ufFicialmente, e che sono tuttora oggetto di devozione, possono essere ignorate, considerate stilisticamente superate, oppure occorre considerarle per il loro contributo alla iconograFia sacra e valutarle anche come eventuali modelli iconograFici per nuove opere d’arte sacra?

L’incessante ed instancabile lavoro degli artisti nel corso dei secoli non costituisce una semplice decorazione delle pareti degli ediFici ecclesiastici, ma una costante ricerca iconograFica, in relazione alla glossa ufFiciale della Chiesa, al lavoro dei teologi, alla corretta interpretazione dei messaggi delle apparizioni, proprio con il Fine di approfondire e migliorare nel percorso di elaborazione di una materia viva come l’iconograFia e l’iconologia teologica.

Tutto questo lavoro, tutta questa sapienza, tutto questo linguaggio non possono essere ignorati o perduti, solo perché il mondo ha deciso di percorrere altre strade riguardo le arti.

Lo studio di questi artisti e delle loro opere non deve essere condotto in una prospettiva tradizionalista o addirittura revisionista, ma come un contributo alla visione reale ed efFicace della dinamicità e della vitalità di una Chiesa sempre contemporanea ai tempi.

Bibliografia

1. Raponi P., La Madonna di Alfonso Ratisbonne. Sant’Andrea delle Fratte e la Medaglia Miracolosa. Tau editrice, Todi 2017.

2. Cfr. Papa R., Discorsi sull’arte sacra. Cantagalli, Siena, 2012, pp. 131-137; Collinson P., From Iconoclasm to Iconophobia. The Cultural Impact of The Second Reformation. Stenton Lecture, Reading, London 1986, p. 8; Popper K.R., Condry J., Cattiva maestra televisione. Donzelli, Milano 1994; Sartori G., Homo videns. Televisione e post-pensiero. Laterza, Roma-Bari 2010.

3. Marcello Piacentini, (Roma, 8 dicembre 1881 – Roma, 18 maggio 1960) architetto e urbanista italiano, grande esponente del razionalismo italiano, progettista del E.U.R e della sede della Sapienza, tra molti altri progetti importanti.

4. Salvagnini F.A., La Basilica di Sant’Andrea delle Fratte in Roma. III edizione, Genova, 2006.

5. Nu, 20,1 «Veneruntque 1ilii Israël et omnis congregatio in desertum Sin mense primo, et mansit populus in Cades. Mortuaque est ibi Maria et sepulta in eodem loco».

6. Ratisbonne A.M., Conversione di un israelita. Ed. Amicizia Cristiana, Chieti 2023; Messori V., Ipotesi su Maria. Fatti, indizi, enigmi. Ed. Ares Milano, 2009.

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Figura 9. La Grotta alle Tre Fontane in una foto del 1947.

Ecce Homo, la chiesa di S. Antonio Abate a Palermo

APalermo è frequente che strade, piazze e luoghi di vario genere vengano identiGicati con un appellativo diverso da quello ufGiciale. EJ il caso della chiesa di S. Antonio Abate, nota a quei palermitani più radicati nella storia della città come l’Ecce Homo La chiesa, di cui si hanno notizie dal 1220, ma probabilmente risale ad un periodo precedente, fu parrocchia del Senato. Era stata costruita sopra le mura dell’antica Torre di Pharat che, insieme alla Torre di Baich (e all’omonima porta urbica detta anche di Patitelli), faceva parte della cinta muraria della città medievale. L’ediGicio, in un assetto topograGico profondamente mutato dopo il taglio della via Roma (questo tratto fra il corso Vittorio Emanuele e la via

Cavour fu eseguito negli anni 1895-1899, trecento anni dopo il taglio di via Maqueda, ma con esiti molto diversi), appare in posizione sopraelevata rispetto al piano stradale e a questo raccordato tramite una scalinata eseguita negli anni della realizzazione della strada.

Ai piedi della scalinata d’ingresso è un Ecce Homo di cartapesta assai venerato. Risale alla sistemazione successiva ai lavori per via Roma. Alla base dell’edicola marmorea è la scritta CRISTO DIO RE DEI RE VI RICONOSCO E VI AMO, riscoperta nel 1998, perché occultata da una lastra di marmo apposta con l’avvento della Repubblica. Il 9 novembre 1733 il Senato di Palermo dichiarò l’Ecce Homo patrono ordinario della città

Cultura
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Ciro Lomonte Figura 1. Facciata della chiesa di S. Antonio Abate, Palermo. Foto di Giuseppe Marchese.

Ciro Lomonte (Palermo 1960) è un architetto, personaggio pubblico e politico, esperto in arte sacra.

Dopo la maturità ha studiato presso le facoltà di architettura dell’Università di Palermo e del Politecnico di Milano.

Dopo la laurea ha iniziato a lavorare presso studi privati di architettura; in uno di essi conobbe l’architetto Guido Santoro, con il quale strinse amicizia e sodalizio professionale.

Dal 1987 al 1990 ha partecipato all’elaborazione del piano di recupero del centro storico di Erice.

Nel 1988 inizia le sue ricerche nel campo dell’arte sacra. Ha partecipato alla rideGinizione di molte chiese, in particolare Maria SS. delle Grazie a Isola delle Femmine, Maria SS. Immacolata a Sancipirello, Santo Curato d’Ars a Palermo ed altre. Attualmente, insieme a Guido Santoro, sta adeguando l’interno della chiesa di Santa Maria nella città di Altofonte vicino Palermo.

Dal 1990 al 1999 ha diretto la Scuola di Formazione Professionale Monte Grifone (attuale Arces) a Palermo.

Dal 2009 è docente di Storia dell’Architettura Cristiana Contemporanea nel Master di II livello in Architettura, Arti Sacre e Liturgia presso l’Università Europea di Roma.

Nel 2017 e nel 2022 è stato candidato sindaco di Palermo per il partito indipendentista Siciliani Liberi, di cui è stato eletto Segretario Nazionale nel 2018.

EJ autore e traduttore di numerosi libri e articoli dedicati alla architettura sacra contemporanea.

Nel 2009, insieme a Guido Santoro, ha pubblicato il libro “Liturgia, cosmo, architettura” (Edizioni Cantagalli, Siena).

Pure all’esterno anticamente era collocato un Ecce Homo settecentesco attribuito a frate Umile da Petralia, attualmente presso l’ingresso, all’inizio della navata di destra. Pare che la Girma dell’autore sia la spina che trapassa il sopracciglio sinistro.

Il territorio parrocchiale di S. Antonio Abate era piuttosto esteso. Per questo comprendeva anche l’attuale Palazzo delle Aquile, la sede del Senato. Si sa che Palermo è stata caratterizzata dalla presenza di un numero notevole di ordini religiosi. Le chiese diocesane erano e sono una minoranza.

S. Antonio da Qumans (251-356) fu pioniere dell’organizzazione degli eremiti, dei monaci. Anche la sua chiesa palermitana è una sorta di monade in un contesto molto mutato rispetto a quello originario. Ed è ignorata dai palermitani, quasi fosse un ediGicio imbruttito, perché rimaneggiato in modo peggiorativo. La sua bellezza è velata. Risulta emblematico che sia conosciuta come la chiesa dell’Ecce Homo e non con il suo vero nome. Richiama in qualche modo le parole del profeta Isaia (53, 2-3), che preannunciano la Passione del più bello fra i Gigli degli uomini.

«Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per provare in lui diletto.

Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia, era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima».

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L’originario accesso avveniva da un portone su vicolo di S. Antonio, posto di fronte a vicolo degli Schioppettieri. Dall’ingresso si passava ad una strada coperta.
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Figura 2. Ecce Homo attribuito a frate Umile da Petralia.

La chiesa attuale

Il prospetto fu ricostruito nel 1833 dall’architetto comunale Nicolò Raineri, dopo i danni subiti nel terremoto del 1823. Operando secondo precisi riferimenti all’architettura tardo-gotica e cinquecentesca locale (la chiesa di S. Maria della Catena), l’architetto articola il prospetto in due ordini scanditi da una cornice marcapiano; nel partito inferiore si aprono tre portali archiacuti di cui quello centrale ha una lunetta decorata da motivi a traforo. Nella parte superiore, il rosone, in asse con la porta principale, è afGiancato da due Ginestre. Le due statue di S. Pietro e di S. Paolo, che serrano il portale, erano elementi della tribuna con Storie della Vita di Cristo eseguita per il presbiterio della chiesa da Antonino Gagini nel 1551 e poi smontata nel 1588.

L’interno è caratterizzato da una pianta a croce greca iscritta in un quadrato e chiusa dalla cupola emisferica voltata nel 1536 e inserita in un ottagono. Ottimo esempio di plastica ornamentale sono i capitelli a stucco che ornano le colonne anch’esse a stucco, liberamente ispirati per vivacità decorativa a quelli del chiostro del duomo di Monreale. Interessante l’asset-

to in stile neomedievalista ideato da Raineri, il quale ripropone alla lettera la decorazione musiva degli ediGici siculo normanni, riprendendone i motivi nei rivestimenti marmorei dipinti con palmette e stelle. Fra le opere d’arte che si conservano in chiesa, a sinistra dell’ingresso è il Fonte battesimale rocaille, eseguito nel 1755 da Filippo Pennino su disegni del Sanseverino e del Marabitti, chiuso da un coperchio ligneo. La decorazione a tempera che sovrasta il fonte è del pittore mosaicista Giuseppe La Manna. Il piccolo dipinto su ardesia con il Battesimo di Cristo è di Vito D’Anna (1757). Posta accanto è una Madonna col Bambino, inserita in una cornice marmorea (XV sec.). La statua della Immacolata Concezione, nell’altare di sinistra, è della bottega dei Bagnasco.

Nel 1709 fu aggiunto il presbiterio con degli stalli e due seggi, atti ad ospitare i membri del Senato palermitano ed il suo presidente (nel seggio di destra) ed il parroco, insignito dal titolo di Protonotaro Apostolico (nel seggio di sinistra).

Sull’arcone absidale sono i resti della cona (reinterpretazione dei retablos iberici) che Antonino Gagini aveva scolpito per il presbiterio nel 1551 e che fu

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Figura 3. Edicola dell’Ecce Homo prima e dopo la scoperta della targa.
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Anno VI n. 45 – Maggio – Giugno 2023 Figura 4. Interno della chiesa. Foto di Giuseppe Marchese. Figura 6. Fonte battesimale. Foto di Giuseppe Marchese.

chitetto Giuseppe Fama Bussi, il cui progetto riguardò l’arcone, le decorazioni in stucco, dovute a Francesco Alajmo, il pavimento e il coro ligneo, scolpito in noce dall’intagliatore Pietro Marino, autore anche di un bel tabernacolo in legno e cristallo. Il presbiterio fu ristrutturato ancora nel 1805 secondo i disegni dell’architetto Nicolò Puglia. Le due tele delle pareti del vano sono di Gaspare Serenario (1757): Cristo e il centurione e, a sinistra, Cristo e la Maddalena. L’altare

maggiore risale al 1789 e fu realizzato su progetto di Carlo Chenchi. La pala d’altare, opera di Vincenzo La Barbera e Nicasio Azzarello, rafGigura La processione di S. Carlo Borromeo contro la peste a Milano (1618). Sull’altare a destra del presbiterio è un S. Antonio abate attribuito a Gaspare Bazzano (prima metà del XVII sec.). Il Dio Padre benedicente posto sull’arco appartiene alla già citata opera di Antonino Gagini. Nell’altare a destra è un CrociAisso ligneo, opera di Matteo Cinquemani (1780).

Nella sacrestia, progettata dal Fama Bussi nel 1739, si conserva una Addolorata di Vito D’Anna (1757). Nell’ufGicio parrocchiale si segnalano, tra i dipinti, la Madonna delle Grazie di Gaetano Mercurio (1757) e il Cristo e S. Rosalia del pittore francescano Pasquale Sarullo (1860). Le porte interne dell’ediGicio, realizzate da Giuseppe Marabitti, furono decorate nel 1757 da Giuseppe Di Noto.

A Gianco della chiesa si trovava il campanile che, secondo la testimonianza di Agostino Inveges, fu costruito tra il 1302 e il 1313, grazie ai Ginanziamenti della famiglia Chiaramonte. Nella torre si trova la

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Figura 7. Presbiterio. Foto di Giuseppe Marchese. Figura 9. S. Antonio abate. Foto di Giuseppe Marchese. Figura 8. Balaustra a marmi mischi. Foto di Giuseppe Marchese.

campana chiamata “Pretoria”, attualmente non funzionante, la quale veniva utilizzata dal Senato cittadino per convocare il popolo. Restaurato nel 1441, il campanile fu accorciato per problemi statici nel 1595.

L’ediGicio verrà restaurato nel 1888 dall’architetto palermitano Salvatore Li Volsi.

Un gioiello gaginesco

Dietro l’attuale altare del SS. Sacramento si trova quanto rimane dell’originaria cona marmorea. Bella opera di Antonino Gagini del 1551, fa da fondale alla cappella sinistra dell’abside. Il tema è il Trionfo dell’Eucarestia, con Scene della Passione nelle formelle laterali.

Il centro visivo è dato dal calice con l’ostia circondato da angeli adoranti (sei a Gigura intera e sei testine), al di sopra dei quali è la mistica Colomba ad ali spiegate, sovrastata da una corona da cui scende un padiglione legato ai quattro angoli, vero Tabernacolo di

Dio con gli uomini, sullo sfondo di un arco a tutto sesto, sorretto da due paraste.

La Ginta porticina del ciborio si potrebbe benissimo utilizzare per riporvi l’Eucaristia, rimuovendo il tabernacolo sottostante e rendendo funzionale l’antica Custodia.

La tenda marmorea si raccoglie ai lati di otto formelle rappresentanti scene della Passione del Cristo, il cui apice è il suo Corpo glorioso nella Risurrezione, presente nel mirabile Sacramento dell’Altare. Il ciclo va da sinistra a destra:

1) l’orazione nell’orto del Getsemani;

2) il bacio di Giuda;

3) Cristo davanti ad Anna;

4) Cristo davanti a Pilato;

5) l’andata al Calvario;

6) la crociAissione;

7) la deposizione;

8) la sepoltura

EJ ancora in situ un’antica targa con la scritta “Altare privilegiatum perpetuum”. Sotto la cona gaginesca è

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Figura 10. Altare del SS Sacramento e resti della cona marmorea di Antonino Gagini. Foto di Giuseppe Marchese.
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Figura 11. Cupola. Foto di Giuseppe Marchese. Figura 12. Immacolata Concezione. Bottega dei Bagnasco. Foto di Giuseppe Marchese. Figura 13. Matteo Cinquemani, Crocifisso ligneo. Foto di Giuseppe Marchese.

un ciborio del 1700 circa, con la porticina marmorea e l’interno d’argento, dorato e arricchito da un cuore su lamina d’argento.

Metafora di Palermo?

La chiesa si trovava originariamente all’estremità fortiGicata del cosiddetto piede punico, quella punta della città che si affacciava sul mare, sul grande porto di allora. Era la chiesa del Senato Palermitano. Eppure è stata condannata all’oblio dall’assetto conferitole dopo il taglio di via Roma.

Risulta emblematico che essa non venga chiamata con il suo nome, bensı̀ Ecce Homo. In qualche misura essa è sGigurata e velata agli occhi degli uomini, partecipando a quanto avvenne nella Passione al Messia, del quale qui viene celebrato il SacriGicio Redentore. EJ lo stesso destino di Palermo. Qualunque viaggiatore la visiti rimane folgorato dalla sorprendente densità di storia e di opere d’arte della capitale della Sicilia. Allo stesso tempo prova dolore e sdegno per le condizioni di degrado in cui versa la città attuale, in particolare le sue bruttissime periferie, abbandonate al loro destino.

Certi fenomeni, peraltro non più antichi di duecento anni, non capitano per caso. C’è chi li governa. Eppure nella nostra Terra rimane un’anima indomita, che fatica a liberarsi e manifestarsi ma è tuttora viva.

Uno spirito vivo che ci induce a guardare con occhi nuovi all’Ecce Homo, al Sofferente, a Colui che si è Incarnato per redimere gli esseri umani da perfetto Dio e perfetto Uomo.

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Figura 14. Organo sull’ingresso. Foto di Giuseppe Marchese. Figura 15. , inserita in una cornice marmorea (XV sec.). Foto di Giuseppe Marchese.

Guardando a Lui vediamo l’uomo e il cittadino, vediamo chi anela alla vera dignità della persona umana: Ecce Civis! Ecco il punto di riferimento migliore dei cittadini palermitani e della loro civiltà ! E comprendiamo meglio quale fosse la risposta alle domande che il giovane Ippolit rivolse in punto di morte al principe Myš kin:

«EJ vero, principe, che una volta avete detto che il mondo sarà salvato dalla bellezza? Quale bellezza salverà il mondo?» (F. M. Dostoevskij, L’Idiota).

La bellezza di questa chiesa, la bellezza di questa città , è uno dei traguardi a cui possono tendere le persone sensibili, consapevoli che non viviamo nel Paradiso Terrestre. EJ successo qualcosa all’alba della storia dell’umanità che ha infranto l’armonia. Nell’Eden il godimento estetico non conosceva ostacoli. Noi invece dobbiamo combattere il peccato. Con la grazia ottenuta sulla Croce da Gesù Cristo sappiamo che possiamo vincere. Che possiamo raggiungere la Città di Dio ediGicando la città dell’uomo più bella possibile. Senza presumere mai di essere cittadini perfetti. La bellezza che salverà il nostro mondo contraddittorio è contraddistinta dalla Croce. Ciò che la caratterizza è il segno +

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Figura 16. Ingresso da via Roma. Foto di Giuseppe Marchese. Figura 17. Portale principale. Foto di Giuseppe Marchese.
Per info: accademiaurbanadellearti@gmail.com e su Whatsapp 348 7123383

Storia della digitale

La digitale è una pianta erbacea diffusa in tutta Europa appartenente alla famiglia delle Scrophulariaceae. Il nome Digitalis, derivante dal latino, attribuito alla pianta da Leonhart Fuchs, allude alla forma del Hiore che ricorda quella di un ditale o un dito di guanto.

Fra le varie specie, quelle di interesse terapeutico sono la Digitalis purpurea (con Hiori rossi e grandi) e la Digitalis lanata (con Hiori piccoli e bianchi). Tutta la pianta di Digitalis è velenosissima. Sono particolarmente tossiche le foglie del secondo anno. Le foglie delle piante selvatiche sono più ricche di principi attivi di quelle coltivate. Si raccolgono le foglie al momento della Hioritura, possibilmente dopo mezzogiorno e con il tempo asciutto. Le foglie di ambedue le piante sono ricche di principi attivi chiamati glucosidi (es. digitossina e digossina) e devono essere raccolte durante il secondo anno di vita, prima della Hioritura. Queste piante contengono in quantità variabile, a seconda della parte della pianta considerata, dei principi di natura glicosidica ad azione cardiotonica, il cui effetto principale è quello di aumentare la contrattilità cardiaca. I glucosidi che si estraggono dalle foglie si usano in piccolissime dosi perché , a dosi elevate, sono velenosi e mortali. Mai portare i Hiori di Digitalis purpurea in bocca!

Secondo le ricerche effettuate da Dafert, il contenuto in glucosidi raggiunge la massima concentrazione nelle ore pomeridiane, perché sono utilizzati dalla stessa pianta durante la notte. Il contenuto di glicosidi cardioattivi della digitale dipende da molti fattori che ne inHluenzano la biogenesi. Tra i più importanti sembra siano da annoverarsi la stagione della raccolta, i mutamenti di temperatura, l'esposizione alla luce e specialmente l’età della pianta. Sono state osservate variazioni della percentuale di glicosidi nelle varie ore del giorno, con valori massimi verso mezzogiorno e minimi nella notte. Le foglie sono state a lungo impiegate per la preparazione di un infuso che ormai da tempo non viene più utilizzato, sia perché si decompone rapidamente sia perché la sua composizione in principi attivi può variare in funzione delle foglie utilizzate.

Le principali differenze fra i vari glucosidi digitalici riguardano la rapidità e la durata d'azione. In ambito scientiHico, la Digitalis purpurea è l’unica pianta ap-

partenente al suo genere che può essere utilizzata a scopo terapeutico. In medicina, infatti, è molto nota per all’estrazione di attivi cardiotonici, il cui meccanismo provoca un aumento della contrazione miocardica, con effetti inotropi positivi. La digitale o meglio i suoi glucosidi hanno una pre cisa indicazione nel trattamento del cuore scompen sato o insufHiciente. Il cuore in questa situazione non è più capace di mantenere una gittata adeguata ai fabbisogni dell'organismo e come conseguenza il soggetto presenta gonHiore agli arti inferiori, dilatazione cardiaca, difHicoltà respiratorie (dispnea) e colorazione bluastra della pelle (cianosi). La somministrazione di glucosidi digitalici determina un aumento della velocità e della forza di contrazione del muscolo cardiaco e di fatto il cuore immette in circolo più sangue senza aumentare il consumo di ossigeno necessario alla contrazione. Con trattamento digitalico, si ha generalmente dopo pochi giorni una condizione di riequilibrio e il paziente può ritornare, con cautela, alle normali attività . La digitale comunque ha un indice terapeutico (rapporto tra dose terapeutica e dose tossica) molto basso, il che necessita un continuo monitoraggio nell’uso.

Questa pianta è conosciuta da secoli per le sue proprietà farmacologiche. Anticamente le proprietà medicinali della digitale non erano conosciute, anche se Ovidio la cita ne Le Metamorfosi. In Italia, in Grecia ed in Asia Minore le piante di diverse specie di Digitalis crescevano frequentemente, tuttavia non furono utilizzate dai medici greci e latini. Le antiche cognizioni mediche si basavano quasi esclusivamente sui testi di Dioscoride e di Plinio, perciò , per tutto il Medioevo (dove il suo estratto veniva utilizzato per avvelenare le punte delle frecce e le lame delle spade) ed il Rinascimento, le virtù medicinali della digitale rimasero ignorate.

Apotheca & Storia
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Giusi Sanci* *Farmacista

La digitale è una pianta che nella medicina popolare veniva usata per curare le ferite, ma in epoca classica, ai tempi degli antichi greci e romani, l’aspetto grazioso ha condizionato il suo utilizzo per scopi solamente ornamentali. Le sue proprietà farmacologiche vennero scoperte solamente alla Hine del 1500 grazie al medico francese Jodocus Marchius Montesio di Berg a Strasburgo, autore del libro De simplicium medicamentorum facultatibus dove la Digitalis purpurea era annoverata come pianta dalle virtù cardioattive. Questa qualità fu confermata da alcune ricerche cliniche condotte nel 1700 dal medico italiano Giovanni Rasori che ne scoprı̀ anche un ulteriore effetto diuretico. Le applicazioni medicinali degli estratti della Digitalis purpurea, per il trattamento dello scompenso cardiaco, furono scoperte per la prima volta dall’inglese William Withering nel 1785 e illustrate nel suo libro An account of the foxglove and some of its medical uses; with practical remarks on the dropsy, and some other diseases (Un resoconto sulla digitale e alcuni impieghi in medicina; con note pratiche sulla congestione e su altre malattie). Foxglove è il nome popolare inglese di questa pianta. Nel 1775 Withering visitò una paziente affetta da scompenso cardiaco; avendola trovata molto grave, era convinto che sarebbe morta presto, ma quando ripassò , dopo qualche tempo, la donna era viva e stava meglio. Aveva utilizzato un infuso erboristico che conteneva, tra l’altro, digitale. Il dottor Withering si impegnò nello studio di questa pianta e dopo averla sperimentata per dieci anni, nel 1785 ne introdusse ufHicialmente l’uso per la cura dello scompenso cardiaco. Il suo libro ne è la testimonianza: sono citati oltre 100 casi trattati, con un’accurata descrizione degli effetti favorevoli e indesiderati, e con suggerimenti per l’utilizzo.

Negli anni successivi la terapia digitalica non raggiunge un rilevante sviluppo, anzi cade in discredito e questo è dovuto al fatto che il farmaco viene impiegato fuori dalle indicazioni terapeutiche, ristrette ma corrette, di Whirtering, sia perché viene utilizzato a dosaggi inadeguati (troppo bassi o troppo alti e quindi tossici), e inHine perché vengono utilizzate con molta probabilità preparazioni inattive.

Fino al 1880 la digitale viene quindi impiegata in modo generalizzato spesso a dosaggi tossici e per un'ampia varietà di stati morbosi; il risultato è che

Apotheca & Storia Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno VI n. 45 – Maggio – Giugno 2023
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Figura 2. Infiorescenza di Digitalis purpurea L.
a) b)
Figura 1. a) digossina; b) digitossina. Figura 3. Rosetta fogliare di Digitalis purpurea L.

acquista una cattiva fama e praticamente non viene più utilizzata.

Solo nel 1842 R.P. Debreyne lo indicò deHinitivamente come cardiotonico. Da questo momento in poi si avviarono ulteriori studi clinici che portarono ad isolare il principio attivo della pianta. Si tratta del glicoside, chiamato anche digitalico. Sono necessarie decine di anni per valutare esattamente la digitale e per precisare il corretto impiego del farmaco. Impiego fondamentalmente indirizzato al trattamento dell'insufHicienza cardiaca e delle aritmie. Contemporaneamente si riesce ad isolare i principi attivi e ad individuarne la struttura chimica.

Le ricerche chimiche sui principi attivi della Digitalis purpurea furono iniziate da autori francesi sin dai primi decenni del secolo scorso. Verso il 1869 Nativelle riuscı̀ per primo a preparare la “digitalina cristallizzata”, che è stata successivamente denominata digitossina da Schmiedeberg. Indagini successive furono condotte alla Hine del XIX ed all'inizio del XX secolo da Kiliani, da Cloetta e specialmente da Windaus.

Ancora oggi la digitale è l’unico farmaco inotropo (cioè che aumenta la contrattilità cardiaca) sommini-

strabile per bocca, ed è indicato in molti pazienti con insufHicienza cardiaca e Hibrillazione atriale.

Oggi i farmaci contenenti glicosidi digitalici sono prodotti industriali, molto sicuri perché puriHicati, ma soprattutto perché dosabili con assoluta precisione.

Bibliografia

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2. Wilkins M.R., Kendall M.J., Wade O.L., William Withering and digitalis, 1785 to 1985. Br Med J (Clin Res Ed). 1985 Jan 5;290(6461):7-8. doi: 10.1136/bmj.290.6461.7. PMID: 2578077; PMCID: PMC1415366.

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6. Nativelle C.A., J. Pharmacodyn., 1869, 9, 255-62.

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8. Kiliani H., Ueber Digitoxin. Arch. Pharm., 1896, 234.7, pp. 481-89.

9. Cloetta M., Arch. f. exp. Path. u. Pharm., 1898, 41, 421; 1920, 88, 113; 1926, 112, 261.

36 Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno VI n. 45 – Maggio – Giugno 2023 Apotheca & Storia
Per info: accademiaurbanadellearti@gmail.com e su Whatsapp 348 7123383
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