Theriaké Gennaio/Febbraio 2023

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Theriaké

LA TRANSIZIONE ENERGETICA RICHIEDE UNA RIVOLUZIONE CULTURALE di Vincenzo Balzani e Margherita Venturi

BIOATTIVITÀ DEI FIORI E DELLE FOGLIE DI ALCUNE SPECIE DEL GENERE JASMINUM di Carmen Naccarato e Ignazio Nocera

PER UNA STORIA DEGLI ARTISTI DIMENTICATI Introduzione di Rodolfo Papa

I MOSAICI DI MONREALE, NELLA PENOMBRA DELLA RIVELAZIONE di Ciro Lomonte

LA SCOPERTA DELLA VITAMINA B3 di Giusi Sanci

RIVISTA BIMESTRALE
[online]: ISSN 2724-0509
Anno VI n. 43 Gennaio - Febbraio 2023 Theriaké

4 Energia & Ambiente

LA TRANSIZIONE ENERGETICA RICHIEDE UNA RIVOLUZIONE CULTURALE

14 Fitoterapia & Nutrizione

BIOATTIVITÀ DEI FIORI E DELLE FOGLIE DI ALCUNE

SPECIE DEL GENERE JASMINUM

18 Delle Arti

PER UNA STORIA DEGLI ARTISTI DIMENTICATI Introduzione

30 Cultura

I MOSAICI DI MONREALE, NELLA PENOMBRA DELLA RIVELAZIONE

36 Apotheca & Storia

LA SCOPERTA DELLA VITAMINA B3

Responsabile della redazione e del progetto gra1ico:

Ignazio Nocera

Redazione:

Valeria Ciotta, Elisa Drago, Rossella Giordano, Christian Intorre, Federica Matutino, Giorgia Matutino, Francesco Montaperto, Carmen Naccarato, Silvia Nocera, Giusi Sanci.

Contatti:

theriake@email.it

Theriaké via Giovanni XXIII 90/92, 92100 Agrigento (AG).

In copertina:

Giulio Aristide Sartorio, La Gorgone e gli eroi, 1890-99 ca., Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea, Roma.

Questo numero è stato chiuso in redazione il 26 – 2 – 2023

In questo numero:

Vincenzo Balzani, Ciro Lomonte, Carmen Naccarato, Ignazio Nocera, Rodolfo Papa, Giusi Sanci, Margherita Venturi.

Collaboratori:

Pasquale Alba, Giuseppina Amato, Carmelo Baio, Francisco J. Ballesta, Vincenzo Balzani, Francesca Baratta, Renzo Belli, Irina Bembel, Paolo Berretta, Mariano Bizzarri, Maria Laura Bolognesi, Elisabetta Bolzan, Paolo Bongiorno, Samuela Boni, Giulia Bovassi, C. V. Giovanni Maria Bruno, Paola Brusa, Lorenzo Camarda, Fabio Caradonna, Carmen Carbone, Alberto Carrara LC, Letizia Cascio, Matteo Collura, Alex Cremonesi, Salvatore Crisafulli, Fausto D'Alessandro, Gabriella Daporto, Gero De Marco, Irene De Pellegrini, Corrado De Vito, Roberto Di Gesù , Gaetano Di Lascio, Danila Di Majo, Claudio Distefano, Clelia Distefano, Vita Di Stefano, Domenico DiVincenzo, Carmela Fimognari, Luca Matteo Galliano, Fonso Genchi, Carla Gentile, Laura Gerli, Mario Giuffrida, Andrew Gould, Giulia Greco, Giuliano Guzzo, Ylenia Ingrasciotta, Maria Beatrice Iozzino, Valentina Isgrò , Pinella Laudani, Anastasia Valentina Liga, Vincenzo Lombino, Ciro Lomonte, Roberta Lupoli, Irene Luzio, Erika Mallarini, Diego Mammo Zagarella, Giuseppe Mannino, Bianca Martinengo, Massimo Martino, Carmelo Montagna, Giovanni Noto, Roberta Paciaici, Roberta Palumbo, Rodolfo Papa, Marco Parente, Fabio Persano, Simona Pichini, Irene Pignata, Annalisa Pitino, Valentina Pitruzzella, Renzo Puccetti, Carlo Ranaudo, Lorenzo Ravetto Enri, Salvatore Sciacca, Luigi Sciangula, Alfredo Silvano, Carlo Squillario, Pierluigi Strippoli, Eleonora Testi, Gianluca Triairò , Elisa Uliassi, Emidia Vagnoni, Elena Vecchioni, Fabio Venturella, Margherita Venturi, Fabrizio G. Verruso, Aldo Rocco Vitale, Diego Vitello.

Sommario Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno VI n. 43 – Gennaio – Febbraio 2023 3

La transizione energetica richiede una rivoluzione culturale

L’ENERGIA E LE FONTI ENERGETICHE

L’energia è un’entità onnipresente nella nostra vita, ma è un concetto solo in apparenza intuitivo, cosa che vale per altri concetti importanti come quelli di tempo e di spazio. Il concetto di energia è cosı̀ complesso e, allo stesso tempo, cosı̀ sfuggente che per millenni gli studiosi ne hanno dato deIinizioni molto vaghe. Richard Feynman, uno dei più grandi Iisici moderni, ha addirittura scritto [1]: «It is important to realize that in physics today, we have no knowledge what energy is».

L’energia è tutto quello che permette di fare qualcosa o di generare un cambiamento: senza energia non si può fare nulla. L’energia si manifesta in forme diverse inter-convertibili e, nel trasformarsi, la sua quantità si conserva, mentre la sua qualità degrada. L’energia è il vero potere che governa il mondo ed è causa di guerre che, allo stesso tempo, alimenta. L’energia è un qualcosa di natura universale che non si può ridurre a nulla di più elementare.

Il termine energia è stato coniato dalla lingua greca unendo la preposizione «en» (in) al sostantivo «érgon» (lavoro, opera, azione). Si può , quindi, deIinire il concetto di energia partendo da quello di lavoro, che è semplice e intuitivo: è un lavoro, ad esempio, sollevare un oggetto pesante dal pavimento e metterlo su uno scaffale. Per fare un lavoro, pertanto, ci vuole energia che, nell’esempio sopra riportato, può essere fornita da una persona, ma anche da un sollevatore meccanico. L’energia può allora essere deIinita come la capacità di un corpo o di un sistema a compiere un lavoro e la misura di questo lavoro è la misura dell’energia che esso richiede.

Le più importanti forme di energia (energie di uso Iinale) sono l’energia termica, l’energia elettrica e l’energia meccanica che l’uomo ottiene sfruttando le fonti energetiche a disposizione.

Nel linguaggio corrente si chiamano energie non rinnovabili quelle forme di energia che si esauriscono a mano a mano che vengono usate come, ad esempio, i combustibili fossili. Si utilizza, invece, il termine energie rinnovabili per quelle forme di energia le cui

fonti non si esauriscono in seguito all’uso: l’esempio tipico è l’energia solare.

I combustibili fossili

I combustibili fossili (carbone, petrolio e gas) quando vengono utilizzati (bruciati) forniscono energia termica (calore) che può essere usata come tale o convertita, con bassa efIicienza, in altre forme di energia, per esempio energia meccanica o elettrica.

Fino alla metà del secolo scorso si pensava che i combustibili fossili fossero la soluzione ideale per soddisfare i bisogni energetici dell’umanità e, ancora oggi, circa l’80% dell’energia è ottenuta dai combustibili fossili: ogni secondo, al mondo si consumano circa 250 tonnellate di carbone, 160.000 litri di petrolio e 100.000 metri cubi di gas, riversando nell’atmosfera, sempre ogni secondo, circa 1.000 tonnellate di CO2

I fattori che hanno spinto al massiccio uso dei combustibili fossili si devono principalmente alla loro iniziale abbondanza (seppure distribuita geograIicamente in modo non uniforme), alla possibilità di trasportarli e conservarli Iino al momento dell’uso e alla loro elevata densità energetica [2, 3]. I combustibili fossili, però , sono una fonte di energia non rinnovabile, fatalmente destinata a esaurirsi, cosa che si sta chiaramente evidenziando in questi ultimi anni. Inoltre, da alcune decine di anni, ci si è accorti che l’uso dei combustibili fossili causa problemi molto gravi su scala globale.

Anzitutto, bruciando producono sostanze inquinanti, dannose per la salute dell’uomo. Petrolio, gas naturale e carbone sono sempre mescolati a quantità più o meno rilevanti di altre sostanze (composti solforati, metalli, composti aromatici) che soltanto in parte vengono separate dal combustibile prima del suo uso. Sostanze inquinanti (in particolare, ossidi di azoto NOx) si formano anche quando i combustibili fossili bruciano ad alta temperatura usando l’aria come comburente.

Inoltre, cosa ancor più preoccupante, la grande quantità di CO2 immessa nell’atmosfera dalla loro combustione avvolge il globo terrestre come un mantello che permette ai raggi solari di raggiungere il suolo,

*Dipartimento di Chimica “Giacomo Ciamician”, Alma Mater Studiorum Università di Bologna. E-mail: vincenzo.balzani@unibo.it; margherita.venturi@unibo.it

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ma impedisce al calore cosı̀ generato di disperdersi. L’accumulo di questo gas attorno alla Terra provoca, quindi, un aumento dell’effetto serra, responsabile del cambiamento climatico e di tutte le conseguenze che esso comporta: riduzione dei ghiacciai, innalzamento del livello dei mari, avanzamento della siccità in molte regioni del mondo, eventi meteorologici estremi e altri fenomeni, causando danni (chiamati esternalità ) che ricadono sulla collettività oltre che sugli utilizzatori. Il costo reale dell’energia ottenuta dai combustibili fossili è , quindi, decisamente più alto di quello che viene fatto pagare al consumatore. La proposta di ENI e di altre compagnie petrolifere di catturare (solo parzialmente!) e stoccare la quantità di CO2 prodotta dall’uso dei combustibili fossili (tecnologia CCS) è un alibi per continuare a estrarre combustibili fossili, compromettendo cosı̀ il percorso di decarbonizzazione e lasciando alle prossime generazioni l’onere di sorvegliare e controllare questi ipotetici depositi di CO2 che potrebbero venir danneggiati da eventi sismici.

Nel 1988 sotto l’egida dell’ONU è stato costituito un gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) per valutare, su una base globale, obiettiva, aperta e trasparente, le informazioni scientiIiche, tecniche e socioeconomiche rilevanti per comprenderne i rischi del cambiamento climatico, i potenziali impatti e le opzioni di adattamento e mitigazione. Negli anni seguenti si è giunti alla ratiIica, da parte di molti paesi, della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici e, con cadenza annuale, si sono svolte conferenze (COP, Conference of the Parties) per esaminare l’evolvere del fenomeno e adottare provvedimenti.

Nella COP21, tenutasi di Parigi nel dicembre del 2015, le 195 nazioni presenti si sono impegnate ad agire per mantenere l’innalzamento della temperatura sotto 2 °C e se possibile sotto 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali. Sempre nel 2015 Papa Francesco, nell’Enciclica Laudato si’, scritta con la consulenza di molti scienziati, ha affermato [4]:

«I combustibili fossili devono essere sostituiti senza indugio, ma la politica e l’industria rispondono con lentezza, lontane dall’essere all’altezza delle sIide» (n. 165).

Dall’inizio della rivoluzione industriale a oggi la concentrazione di CO2 nell’atmosfera è aumentata da 275 a oltre 400 ppm (parti per milione) e si prevede che, se non saranno presi provvedimenti opportuni, potrà superare il valore di 550 ppm alla Iine di questo secolo, con conseguenze che potrebbero essere disastrose. Secondo l’IPCC, una tale concentrazione di CO2 nell’atmosfera causerebbe un aumento medio globale della temperatura di circa 3 °C, ben oltre il

limite di 2 °C, che era già considerato molto pericoloso.

In questi ultimi 7 anni, però , non si sono fatti grandi progressi e alla COP27 il segretario dell’ONU Guterres ha ammonito: «Siamo su un’autostrada diretti verso l’inferno climatico con il piede sull’acceleratore; stiamo lottando per la nostra vita e stiamo perdendo». Ha inoltre lanciato un appello afIinché nasca uno storico Patto tra economie sviluppate ed economie emergenti: Un Patto di Solidarietà Climatica, perché ormai si sa cosa bisogna fare e ci sono anche gli strumenti Iinanziari e tecnologici per farlo; è tempo che le nazioni si uniscano per agire.

Le energie rinnovabili

Come già detto, le energie rinnovabili sono quelle le cui fonti non si esauriscono in seguito all’uso; l’esempio tipico è rappresentato dall’energia solare che viene usata per generare energia elettrica direttamente (fotovoltaico) o indirettamente tramite il vento (eolico), o il ciclo dell’acqua (idroelettrico). Eh stupefacente rendersi conto che queste fonti energetiche sono le stesse di cui parla San Francesco nel Cantico delle Creature: frate Sole che, oltre al calore, ci fornisce luce che i pannelli fotovoltaici convertono in elettricità ; frate Vento che, attraverso il movimento meccanico delle pale eoliche, genera anch’esso elettricità ; sor’Acqua che si può accumulare con dighe per poi farla cadere in apposite condotte per produrre, ancora una volta, elettricità

Le energie rinnovabili nel loro insieme soddisfano sostanzialmente i requisiti richiesti per una fonte energetica ideale. Sono, infatti, ben distribuite e, alcune, anche molto abbondanti: il Sole, ad esempio, in un’ora manda sulla Terra una quantità di energia pari a quella che l’umanità consuma in un anno. Però , per utilizzare le energie rinnovabili del Sole, del vento e dell’acqua è necessario convertirle in energia elettrica (energia di uso Iinale) mediante dispositivi, congegni o apparati (pannelli fotovoltaici, pale eoliche, bacini e dighe) che vanno costruiti con le risorse materiali ottenibili dalla Terra che sono limitate, date le dimensioni Iinite del nostro pianeta. Pertanto, le energie rinnovabili che abbiamo a disposizione vengono sfruttate solo in parte.

Il vantaggio delle energie rinnovabili sta nel fatto che l’elettricità è una forma di energia molto più utile del calore generato dai combustibili fossili. L’elettricità generata dalle rinnovabili ha, però , un difetto: a causa dell’alternanza giorno/notte, il fotovoltaico non può produrre energia in modo continuo e anche vento e pioggia non sono fenomeni continui. Quindi, l’energia elettrica rinnovabile è intermittente e, allora, per renderla continua bisogna accumularla con batterie, pompaggi o altri metodi [5, 6].

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L’uso delle energie rinnovabili a livello globale è in forte espansione, ma ad oggi è ancora limitato: l’idroelettrico fornisce il 4% dell’energia utilizzata e tutte le altre assieme circa il 3%. Il loro contributo, però , non è affatto trascurabile per quanto riguarda la produzione di elettricità , dove le energie rinnovabili forniscono il 28% del totale (in Italia, circa il 40%) [7].

Per ragioni di spazio, si riportano solo alcuni dati e qualche considerazione sullo sviluppo recente delle energie rinnovabili; fra queste, volutamente, non sono stati inclusi i biocombustibili perché , nonostante attualmente se ne parli molto anche nei mezzi di informazione, non sono una fonte rinnovabile efIicace per attuare la transizione energetica sia per motivi energetici che etici [2].

L’energia idroelettrica

L’energia ottenuta dalla caduta dell’acqua è la più nota, usata e collaudata forma di energia rinnovabile. Si stima che nei paesi sviluppati circa il 70% del potenziale sfruttabile per grandi impianti sia già operativo, mentre ampie possibilità di crescita sono ancora presenti in Asia e Africa.

Nuove prospettive, sia per i Paesi sviluppati che per le zone rurali del terzo mondo, riguardano l’idroelettrico basato su piccoli impianti che possono sfruttare Ilussi idrici ridotti, ma costanti.

La potenza idroelettrica installata, che era di 715 GW nel 2004, ha raggiunto 1.200 GW nel 2021 [7], però la scarsità di pioggia e neve degli ultimi anni, causata dal cambiamento climatico, ha ridotto il contributo dell’idroelettrico in molti Paesi, fra cui l’Italia.

L’energia eolica

Gli impianti eolici comportano un uso ridotto del territorio, si possono installare anche in mare, richiedono una manutenzione minima, restituiscono in pochi mesi l’energia utilizzata per costruirli e si possono costruire e smantellare in tempi brevi con riciclo quasi totale (80-90%) dei materiali usati. Poiché il vento è intermittente su base giornaliera e stagionale, la capacità annuale effettiva di un impianto eolico si aggira attorno al 30%.

Nonostante ciò , la potenza installata è passata da 48 GW del 2004 a 845 GW nel 2021 [7], producendo un’energia paragonabile a quella generata da 150 centrali nucleari da 1.000 MW. In particolare, l’eolico offshore e il micro-eolico crescono a un ritmo annuo superiore al 20% e contribuiscono già alla produzione di elettricità con percentuali molto alte sia in paesi piccoli, come la Danimarca (44%), che nelle grandi potenze industriali, come la Germania (20%).

L’energia fotovoltaica

Il fotovoltaico è in fortissima espansione: la potenza installata, che nel 2004 era di 2,6 GW, è infatti salita a

ben 942 GW nel 2021 [7] (energia paragonabile a quella generata da oltre 160 centrali nucleari da 1.000 MW) e continuerà ad aumentare esponenzialmente nei prossimi anni.

La produzione di energia elettrica fotovoltaica necessita di ampi spazi di raccolta, ma non cosı̀ estesi come si potrebbe pensare. Nel caso dell’Italia sarebbe sufIiciente utilizzare lo 0,8% del territorio, un’estensione poco più grande dell’area che occupano,

comprese le zone di pertinenza, i 700.000 capannoni già presenti sul territorio, che sono luoghi ideali per collocare pannelli fotovoltaici. Occorre poi considerare che altri posti adatti per posizionare i pannelli fotovoltaici sono i tetti degli ediIici pubblici, i laghi e anche il mare (Figura 1).

Recentemente, poi, si sta sviluppando l’agrivoltaico [8, 9] che consiste nel posizionare su un terreno coltivabile pannelli fotovoltaici inclinati, a opportuna distanza l’uno dall’altro e a un’altezza dal suolo di un paio di metri (Figura 2); in questo modo si ottengo-

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Figura 1. Pannelli fotovoltaici off-shore Figura 2. Posizionando su un campo coltivabile i pannelli fotovoltaici con appropriata inclinazione, distanza e altezza dal suolo si ottengono con buona efficienza cibo ed energia.

no con buona resa sia i prodotti agricoli che elettricità , un risultato di enorme valore: cibo ed energia, le risorse più importanti per la vita, dallo stesso campo illuminato dal Sole.

In Italia, che gode di un’ottima insolazione, nel 2021 il fotovoltaico ha coperto il 10% dei consumi elettrici e ha ormai raggiunto e superato la grid parity (cioè la competitività economica) con le centrali elettriche a carbone e anche con le turbine a gas a ciclo combinato, che sono quelle usate per produrre elettricità nelle ore di più alto consumo.

Il fotovoltaico è una tecnologia ormai collaudata: i pannelli hanno una durata di 25-30 anni, in 2-3 anni generano l’energia spesa per produrli e i materiali usati per costruirli possono essere riciclati per il 90%.

In futuro le celle fotovoltaiche saranno sempre più sottili e, sfruttando nuovi materiali, sarà possibile produrre, con tecnologie simili a quelle oggi usate per la stampa, pannelli Ilessibili, più facili da installare; inoltre sarà anche possibile ottenere pannelli fotovoltaici trasparenti per realizzare Iinestre a doppio uso, capaci di far passare la luce e di convertirne una parte in elettricità (Figura 3).

Forse non tutti sanno che l’efIicienza di conversione dell’energia solare in energia elettrica da parte di un pannello fotovoltaico (circa il 20%) è più di 100 volte maggiore di quella con cui il processo fotosintetico naturale converte l’energia solare in energia chimica.

L’energia nucleare

Verso la metà del secolo scorso, ancor prima dello sviluppo delle energie rinnovabili, si è riusciti a ottenere energia elettrica dal calore emesso in una reazione nucleare, facendo nascere la speranza di fornire a tutto il mondo energia elettrica abbondante e a basso prezzo.

Nucleare da Sissione

Le centrali nucleari attualmente in uso sfruttano la reazione di Iissione dell’uranio-235; dopo una crescita durata una ventina d’anni, verso l’inizio degli anni Novanta del secolo scorso lo sviluppo del nucleare si è arrestato e attualmente esso fornisce il 10% dell’energia elettrica mondiale, che a sua volta rappresenta circa il 20% del consumo di energia Iinale. Si tratta, infatti, di una tecnologia economicamente non conveniente in un regime di libero mercato, per cui si costruiscono centrali a Iissione solo nei Paesi dove lo Stato si fa direttamente carico dei costi e dei rischi d’impresa e dove c’è un forte collegamento con il nucleare militare.

Recentemente, però , in sede europea il nucleare è stato considerato fondamentale per combattere il cambiamento climatico in quanto non genera CO2. In realtà la quantità di CO2 emessa dal nucleare dovrebbe essere calcolata tenendo conto di tutte le fasi del ciclo di vita degli impianti dall’estrazione dell’uranio Iino alla dismissione delle centrali senza tralasciare le emissioni legate al trasporto e allo stoccaggio delle scorie radioattive.

Inoltre, per valutare la sostenibilità ecologica, economica e sociale dell’energia nucleare non ci si può basare solo sulla quantità di CO2 emessa; è , infatti, necessario considerarne tutte le criticità , che possiamo cosı̀ riassumere: 1) le centrali nucleari producono scorie radioattive pericolose per decine di migliaia di anni, la collocazione delle quali è un problema non risolto e forse irrisolvibile; 2) il combustibile nucleare, l’uranio, è una risorsa, oltre che non rinnovabile, limitata e quindi contesa; 3) la dismissione di una centrale nucleare a Iine vita è un problema di difIicile soluzione sia dal punto di vista tecnico che economico, tanto che lo si lascia in eredità alle prossime generazioni; 4) un incidente nucleare grave non è delimitabile nello spazio e nel tempo e, pertanto, coinvolge direttamente o indirettamente milioni di persone; 5) Chernobyl, Fukushima e, ancora prima, Three Mile Island hanno dimostrato che gravi incidenti nucleari possono accadere anche in Paesi tecnologicamente avanzati e che siamo impotenti di fronte a tali drammatici eventi; 6) il nucleare civile è connesso alle applicazioni militari e può essere obiettivo o fonte di attività terroristiche; 7) il timore di incidenti o di contaminazioni con sostanze radioattive rendono difIicile il reperimento di siti in cui

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Figura 3. Nuove tecnologie permetteranno di ottenere pannelli fotovoltaici flessibili, ma anche pannelli fotovoltaici trasparenti.

costruire le centrali; 8) l’esperienza dimostra che la costruzione di una centrale nucleare richiede più di 20 anni e che il costo Iinale supera di molte volte quello inizialmente previsto.

Quindi, l’attuale tecnologia nucleare è molto costosa, pericolosa, complessa da gestire e socialmente non accettabile; lascia pesanti fardelli sulle spalle delle prossime generazioni e genera anche complicati problemi politici e sociali difIicili da risolvere.

Si deve, poi, aggiungere che la prospettiva dei “mini e micro” reattori nucleari, di cui tanto si sta discutendo in questo periodo, è ancora più dannosa, perché produrrebbe una diffusione sul territorio di impianti a rischio, con accresciute difIicoltà a esercitare un controllo efIicace sulle scorie radioattive e, quindi, a garantire la sicurezza delle popolazioni e dell’ambiente. InIine, per quanto riguarda l’Italia, i cui cittadini, con ben due referendum, nel 1987 e nel 2011, avevano dato a larga maggioranza parere negativo sullo sviluppo dell’energia nucleare, un ritorno a questa fonte energetica sarebbe una vera follia. Lo sarebbe non solo per tutti i motivi prima evidenziati, ma anche perché l’Italia è un territorio densamente popolato e sismico, non ha riserve di uranio e, ormai, non ha più neanche le competenze per costruire e gestire una centrale nucleare, cosa che renderebbe il nostro Paese dipendente dalle Nazioni che ci danno uranio e tecnologia.

La fusione nucleare: futuro o utopia?

Come è noto, si possono generare enormi quantità di energia non solo dalla Iissione di atomi pesanti, ma anche dalla fusione di atomi leggeri. La possibilità di ottenere energia elettrica dalla fusione nucleare controllata (quella incontrollata è già stata messa in opera nelle cosiddette bombe all’idrogeno) è stata annunciata per la prima volta nel 1955, preconizzando che ci sarebbero voluti due decenni per realizzarla e quindi per risolvere deIinitivamente il problema

energetico su scala mondiale. Questa previsione (fra due decenni ...) è stata riproposta più volte, dal 1955 ad oggi, da diversi scienziati. In realtà , nonostante i grandi capitali investiti, Iinora non sono stati fatti passi in avanti signiIicativi, anche se la spasmodica attesa di questo successo ha portato all’esaltazione sui mezzi di comunicazione di alcuni esperimenti molto preliminari.

L’episodio più eclatante è avvenuto il 13 dicembre dello scorso anno, quando i giornali di tutto il mondo hanno riportato che la National Ignition Facility (NIF) del Laurence Livermore National Laboratory in California (USA) aveva ottenuto un importante risultato: focalizzando l’energia di 192 laser su una sferetta (pellet) contenente deuterio e trizio (due isotopi dell’idrogeno) ha generato in pochi nanosecondi la loro fusione con formazione di elio, un neutrone e una quantità di energia (3,15 MJ) leggermente maggiore di quella iniettata dai laser nella sferetta (2,05 MJ) (Figura 4).

C’è da notare, però , che i 192 laser hanno consumato circa 400 MJ, ai quali va aggiunta l’energia richiesta dalle altre apparecchiature costruite e utilizzate nel preparare e seguire l’esperimento. Oltre a vincere la sIida energetica (produrre più energia di quella consumata), per generare energia su scala commerciale si deve vincere un’altra sIida praticamente impossibile: modiIicare l’apparecchiatura per far sı̀ che produca energia non per una piccolissima frazione di secondo, ma in modo continuo, cosa che richiede, rispetto all’esperimento compiuto, un miglioramento di almeno 500.000 volte. Ad altri difIicili problemi pratici, che sarebbe necessario risolvere, si aggiunge poi la necessità di disporre dei due isotopi dell’idrogeno. Mentre il deuterio è abbondante, il trizio non è presente in natura perché è radioattivo (decade con un tempo di dimezzamento di soli 12 anni). La maggioranza degli esperti concorda sul fatto che con questo metodo cosı̀ complicato è impossibile genera-

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Figura 4. Grazie all’energia fornita da 192 laser, in una sferetta contenente deuterio e trizio avviene la reazione di fusione con formazione di elio.

re elettricità a costi commerciali competitivi. Bisogna anche sottolineare che il compito primario del NIF non è quello di studiare la fusione per ottenere energia, ma di sfruttarla a Iini bellici.

Un altro metodo per costruire centrali nucleari a fusione per scopi paciIici si sta studiando a Cadarache in Francia da parte di un folto gruppo di Paesi, compresi USA, UE, Cina e India. Questo secondo metodo è basato sul conIinamento magnetico per intrappolare atomi di deuterio e trizio in modo che possano dare la reazione di fusione generando energia. Sono già stati spesi 20 miliardi di euro senza essere ancora riusciti a produrre quantità di energia maggiori di quelle utilizzate.

In conclusione, la storia della fusione nucleare, dagli anni Cinquanta del secolo scorso ad oggi, dimostra che questa tecnologia non riuscirà a produrre elettricità a bassi costi e in modo attendibile in un futuro ragionevolmente vicino. Quindi, non potrà essere di aiuto per raggiungere il traguardo emissioni zero di CO2 entro il 2050: spendere miliardi di dollari nel tentativo di sviluppare la fusione genera il solo risultato di togliere risorse alle tecnologie efIicienti e già in uso basate sulle energie rinnovabili.

LA TRANSIZIONE ENERGETICA

La transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili è inevitabile e anche urgente se vogliamo custodire il pianeta e noi stessi che lo abitiamo. Eh una transizione che richiede tempo perché è complessa dal punto di vista tecnico, economico, politico e anche culturale.

L’uso dei combustibili fossili, oltre alla nascita e al perpetrarsi di disuguaglianze all’interno di ciascuna Nazione e fra le Nazioni, ha fatto sı̀ che si instaurassero equilibri internazionali molto complessi, basati sulla potenza economica e militare, che neppure l’avvento dell’energia nucleare a metà del secolo scorso ha sostanzialmente modiIicato. Tali equilibri, per quanto consolidati, verranno inevitabilmente sconvolti passando dai combustibili fossili alle energie rinnovabili. Si tratta, infatti, di sostituire fonti energetiche concentrate, localizzate in pochi Paesi, pericolose, inquinanti, causa di controversie economiche e commerciali, esposte ad attentati e particolarmente adatte ad alimentare le guerre, con fonti energetiche diffuse su tutta la Terra, non inquinanti e non pericolose [2, 3, 10]. InIine, ma non ultimo elemento come importanza, bisogna ricordare che nei paesi sviluppati l’abbondanza di energia ha forgiato la società consumistica dello spreco e dell’usa e getta, che non sarà facile modiIicare.

La transizione energetica, quindi, ancor più che un complesso problema tecnico, implica una vera rivoluzione culturale [11, 12], perché riguarda il modo di vivere e di affrontare il futuro, interessa tutti i livelli organizzativi della società e ha profondi effetti eco-

nomici e politici. La transizione che stiamo affrontando è, pertanto, una grande sIida che deve essere accettata senza indugi perché ci permetterà di vivere in un mondo più giusto, più equo e più paciIico. La transizione energetica comporta grandi cambiamenti non solo nel modo di produrre energia, ma anche nel modo di trasportarla, distribuirla e utilizzarla. Come si è visto, le energie primarie rinnovabili del Sole, del vento e dell’acqua, con le quali dobbiamo sostituire i combustibili fossili, oltre a non produrre CO2 e a non causare inquinamento, hanno un’ulteriore importante caratteristica: generano energia elettrica e non calore. L’energia elettrica è particolarmente pregiata perché può essere convertita con alta efIicienza in altre forme di energia come luce, calore ed energia meccanica e, quindi, l’economia basata sulle fonti rinnovabili ha un’efIicienza energetica molto maggiore dell’economia basata sui combustibili fossili.

Le energie rinnovabili hanno anche altri vantaggi rispetto a quelle fossili. I combustibili fossili sono presenti allo stato grezzo, sotto la crosta terrestre e solo in certe regioni del mondo: vanno estratti scavando miniere o pozzi, poi devono essere rafIinati e inIine trasportati nei luoghi d’uso, operazioni tutte pericolose e spesso causa di incidenti. Invece, l’energia primaria per produrre elettricità con il fotovoltaico, l’eolico e l’idroelettrico piove dal cielo (anche se richiede, come vedremo “l’intervento” della Terra), non va trasportata né rafIinata, dobbiamo solo raccoglierla, convertirla in elettricità , operazioni che non presentano pericoli (a parte l’idroelettrico), e distribuirla tramite cavi, senza eccessivi problemi. Gli scienziati hanno dimostrato che la transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili si può fare e che, oltre a eliminare inquinamento e frenare il cambiamento climatico, è anche vantaggiosa perché crea molti nuovi posti di lavoro [13]. Stime concordi di svariati economisti, fra i quali Joseph Stiglitz, vincitore del premio Nobel per l’economia nel 2001, valutano infatti che le energie rinnovabili, a parità di capitale investito, creano tre volte più occupati delle fonti fossili, per cui investire nelle energie rinnovabili è utile anche per rilanciare l’economia.

Inoltre, è stata condotta una dettagliata indagine [13] sui beneIici che la transizione porterà in vari Paesi e, per quanto riguarda l’Italia, lo studio afferma che l’energia necessaria si può ricavare essenzialmente da fotovoltaico, eolico e idroelettrico, con un piccolo contributo di geotermico. Ha anche valutato che, per la costruzione degli impianti necessari, si occuperà non più dello 0,26% del territorio, che si creeranno 138.000 posti di lavoro per la loro costruzione e altri 140.000 per il loro funzionamento.

Nonostante ciò , oggi stiamo vivendo una strana situazione: il futuro, cioè le energie rinnovabili, è già presente, ma il passato, cioè i combustibili fossili,

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non vuole tramontare. Questa transizione energetica è , infatti, fortemente ostacolata dalle lobby dei combustibili fossili (in Italia, da ENI e SNAM) secondo le quali le energie rinnovabili non sarebbero ancora mature. Per smentire questa falsità basta ricordare quanto detto in precedenza e cioè che la fotosintesi naturale converte l’energia solare in energia chimica con un’efIicienza energetica dello 0,2%, mentre il fotovoltaico converte l’energia solare in energia elettrica con un’efIicienza di circa il 20% e, quindi, 100 volte maggiore.

Le energie del Sole, del vento e dell’acqua, però , come già anticipato, hanno due problemi: (a) vanno convertite in energia elettrica, cosa che richiede la costruzione di congegni e strutture materiali (pannelli fotovoltaici, pale eoliche, dighe, ecc.) e (b) sono intermittenti, difetto che si ripercuote sull’elettricità che esse generano, per cui occorre utilizzare sistemi di accumulo.

Quindi, sia in un caso che nell’altro, abbiamo bisogno di risorse materiali che dobbiamo estrarre dalla Terra: gli elementi chimici e i loro composti. Come è noto, alcuni elementi sono molto abbondanti (idrogeno, carbonio, ossigeno), altri sono presenti in minor quantità e altri ancora sono relativamente scarsi [14].

L’INEVITABILE COLLO DI BOTTIGLIA DEI MATERIALI

Dopo aver esaminato tutti i vantaggi che offrirebbe il passaggio dai combustibili fossili alle energie rinnovabili, è giusto esaminare quali possono essere i problemi che questa transizione comporta. Sarà possibile alimentare la crescente fame di energia della società umana con le energie rinnovabili? Per quanto tempo? Quali conseguenze porterà la transizione dal punto di vista ecologico e sociale?

La fonte primaria delle energie rinnovabili non ha problemi: il Sole continuerà a brillare mantenendo le sue caratteristiche almeno per alcuni miliardi di anni, inviandoci in un’ora una quantità di energia più o meno equivalente a quella che l’umanità consuma in un anno. Quindi la fonte primaria di energia è abbondante, continua, e inesauribile (cioè , rinnovabile, nella nostra scala di tempo).

Come la conversione dell’energia solare in energia elettrica, anche l’uso, il trasporto, l’accumulo e l’ulteriore conversione dell’energia elettrica in altre forme di energia di uso Iinale richiedono strutture, dispositivi, congegni che dobbiamo costruire utilizzando i materiali estratti dalla Terra. Il nostro pianeta è , infatti, un “deposito” (Figura 5), anche se molto particolare, di elementi chimici e dei loro composti.

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Figura 5. Una versione moderna della Tavola Periodica che rappresenta schematicamente l’abbondanza relativa sul nostro pianeta degli elementi naturali.

I materiali richiesti per la transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili sono molteplici, alcuni abbondanti, comunque sempre presenti in quantità limitata, e altri scarsi; inoltre, la loro distribuzione sulla superIicie del pianeta è molto disomogenea e la loro estrazione spesso è problematica per motivi tecnici, ecologici e sociali.

Un’ulteriore complicazione deriva dal fatto che la superIicie della Terra è occupata, in modo disomogeneo, da più di 200 Nazioni che hanno tradizioni, usi, sensibilità ambientale diversi e che spesso sono in concorrenza, se non in conIlitto, per accaparrarsi le risorse.

Il sistema energetico basato sull’energia elettrica richiede, come appena detto, quantità grandi e diversiIicate di materiali, in particolare, molti metalli [15]: litio, nichel, cobalto, manganese e graIite sono di importanza cruciale per le prestazioni delle batterie; alcuni elementi delle Terre Rare sono importanti per i magneti permanenti delle turbine eoliche e delle auto elettriche; il rame è in assoluto il metallo più usato (ad es. per un’auto elettrica ne occorrono più di 200 kg, per i pannelli fotovoltaici circa 60 quintali per MW e per le turbine eoliche offshore circa 160 quintali per MW).

Per raggiungere l’obiettivo Iissato dall’Accordo di Parigi (aumento della temperatura minore di 1,5 °C nel 2050) sarà , quindi, necessario superare numerosi ostacoli [15], di seguito brevemente riassunti.

• Le risorse minerarie più utilizzate sono localizzate in pochi Paesi; ad esempio, il 70% del cobalto è prodotto nel Congo e il 60% delle Terre Rare in Cina.

• La sempre più bassa qualità dei minerali richiede l’utilizzo di crescenti quantità di energia per l’estrazione e, di conseguenza, crea maggiori emissioni di CO2 e maggior volume di riIiuti.

• Le comunità locali possono creare problemi a causa dei danni provocati al territorio dalle estrazioni.

• L’aumentata esposizione a rischi climatici (scarsità di acqua, ondate di calore estreme, inondazioni) può ostacolare una produzione di materiali certa e sostenibile.

Per far fronte a queste difIicoltà si dovrà sempre più ricorrere a innovazioni tecnologiche che permettano di utilizzare minori quantità di materiali e ridurre i costi. Per esempio, negli ultimi dieci anni lo spettacolare sviluppo del fotovoltaico è stato possibile grazie alla riduzione nell’uso di silicio e di rame nelle celle solari.

Il recente aumento dei prezzi di rame, di litio e di altri metalli strategici è stato preso come buon pretesto da chi si oppone alla transizione energetica. Secondo IRENA [16, 17] si tratta di preoccupazioni esagerate perché le risorse necessarie ci sono: bisogna solo aumentare la produzione, tenendo anche conto

che, per certi scopi, si possono usare materiali alternativi e che un riciclo efIiciente può ridurre signiIicativamente l’uso della produzione primaria.

Un aspetto più complesso, che dovrà essere tenuto in attenta considerazione con appropriate iniziative economiche e politiche, è quello della disomogenea distribuzione geograIica dei materiali. Sarà , quindi, sempre più necessaria una visione globale dei vari problemi che non potranno essere risolti da accordi bilaterali, ma solo attraverso mediazioni condotte da agenzie internazionali; l’aumentata consapevolezza che in un mondo globalizzato nessuno è autosufIiciente dovrebbe indurre a instaurare collaborazioni proIicue fra le Nazioni e, cosa ancora più importante, a rafforzare la pace.

DALL’ECONOMIA LINEARE ALL’ECONOMIA CIRCOLARE E DAL CONSUMISMO ALLA SOBRIETÀ Oltre alla transizione dai combustibili fossili alle fonti energetiche rinnovabili, per raggiungere la sostenibilità ecologica e sociale è necessaria un’altra transizione: quella dall’economia lineare (Figura 6, sinistra), caratterizzata dall’usa e getta, all’economia circolare [3, 11, 18] (Figura 6, destra). L’usa e getta è una pratica insostenibile: da una parte causa l’esaurimento delle risorse e, dall’altra, genera l’accumulo di quantità enormi di riIiuti, spesso dannosi. Questo tipo di sviluppo economico ci sta portando sull’orlo del baratro ecologico e, indirettamente, è l’origine delle crescenti, insostenibili disuguaglianze sociali. Papa Francesco, nella già citata Enciclica Laudato si’, ha lanciato un appello accorato [4]: «Ciò che sta accadendo ci pone di fronte all’urgenza di procedere in una coraggiosa rivoluzione culturale» (n. 114).

Uno dei punti cardine di questa rivoluzione culturale è proprio il passaggio dall’economia lineare all’economia circolare, nella quale le risorse vengono usate in quantità il più possibile limitate (risparmio) e in modo intelligente (efIicienza) per fabbricare oggetti programmati non solo per essere usati, ma anche per essere riparati, riusati, raccolti e riciclati in modo da fornire nuove risorse [3, 11, 13]. Una differenza fondamentale fra l’economia lineare e l’economia circolare riguarda l’energia: l’economia lineare è alimentata dai combustibili fossili, mentre l’economia circolare deve utilizzare l’energia generata direttamente e indirettamente dal Sole, che è rinnovabile, ben distribuita, non nociva per l’uomo e non dannosa per l’ambiente. Quindi, la transizione dall’economia lineare all’economia circolare non può realizzarsi completamente se non si porta a termine la transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili. L’attuale economia, come già detto, è caratterizzata da un esagerato consumo dell’energia e, allora, bisognerà convincere le persone a cambiare stile di vita. Chi studia questo problema indica due strategie [18].

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è basata sul falso presupposto che le risorse naturali siano infinite, che non ci siano problemi per la collocazione dei rifiuti e che si possa continuare a usare l’energia fornita dai combustibili fossili (sinistra); mentre l’economia circolare, partendo dalla giusta constatazione che le risorse naturali sono limitate, è basata su alcune parole chiave come risparmio, riutilizzo, riciclo e uso di fonti energetiche rinnovabili (destra).

La prima è agire sulle cose, cioè aumentare l’efIicienza energetica di tutte le apparecchiature che usiamo: automobili, caldaie, lampadine, ecc. L’esperienza dimostra, tuttavia, che l’aumento dell’efIicienza spesso non porta a una riduzione del consumo di energia per diversi motivi, fra cui il cosiddetto effetto rimbalzo; può , infatti, accadere che un aumento dell’efIicienza incoraggi un maggiore utilizzo dei servizi energetici.

La seconda strategia dice, invece, che, se si vuole realmente consumare meno energia per contribuire alla sostenibilità ecologica e sociale, bisogna agire sulle persone, prima che sulle cose. Occorre partire dal concetto di sufSicienza, convincendo, sollecitando e, in casi estremi, anche obbligando le persone, con leggi e sanzioni, a ridurre l’uso non necessario dei servizi energetici. Per risparmiare realmente energia non basta fare con meno, bisogna fare meno: meno viaggi, meno luce, meno riscaldamento, minor velocità e cosı̀ via. Se poi l’apparecchiatura che si usa è più efIiciente, si avrà un risparmio ancora maggiore: è il fare meno (sufIicienza) con meno (efIicienza). Ovviamente, questi concetti possono essere applicati all’uso di qualsiasi risorsa, perché tutte le risorse della Terra sono, più o meno, limitate. Quindi, occorre attuare un’altra transizione per raggiungere la sostenibilità ecologica e sociale, quella dal consumismo alla sufIicienza, o, meglio, alla sobrietà, una virtù quasi dimenticata, che è la qualità essenziale di ogni tipo di relazione: con le risorse, con i riIiuti, con gli altri e con sé stessi. Senza adottare stili di vita ispirati alla sobrietà precipiteremmo nel collasso ecologico e sociale perché , come dice anche Papa Francesco [4]:

«Le previsioni catastroIiche ormai non si possono più

guardare con disprezzo e ironia. Potremmo lasciare alle prossime generazioni troppe macerie, deserti, sporcizia» (n. 161).

IL FUTURO È SULLE NOSTRE SPALLE

Siamo in un periodo difIicile della storia. Dopo aver goduto per più di un secolo dell’energia dei combustibili fossili, abbondante e a basso prezzo, abbiamo capito che il suo uso causa la degradazione del pianeta e che, quindi, dobbiamo smettere di utilizzarla. Dopo esserci tanto esaltati per il progresso, ci stiamo accorgendo che l’attuale modello di sviluppo basato sul consumismo è insostenibile per il nostro pianeta. Lo è anche dal punto di vista sociale perché promuove la competizione, induce a non curarsi degli altri, a perdere l’idea di bene comune e ad allargare sempre più la forbice della disuguaglianza dalla quale derivano disagio, malessere, migrazioni, rivoluzioni e guerre.

La situazione in cui ci troviamo è ben espressa dalla frase di un grande Iilosofo, Hans Jonas [19]:

«Eh lo smisurato potere che ci siamo dati, su noi stessi e sull’ambiente, sono le immani dimensioni causali di questo potere a imporci di sapere che cosa stiamo facendo e di scegliere in quale direzione vogliamo inoltrarci».

Eh una frase che riassume il passato, stabilisce il compito che ci assegna il presente e ricorda che siamo gli arteIici del nostro futuro.

Purtroppo, non sembra che molti siano consapevoli della sIida che abbiamo di fronte [20]. La prima cosa da fare, quindi, è non solo informare, ma anche e soprattutto educare le persone per costruire una solida base culturale o meglio, per usare le parole già citate di Papa Francesco, per attuare una coraggiosa rivoluzione culturale.

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Figura 6. L’economia lineare

Non possiamo continuare a costruire muri e conIini, perché dobbiamo vivere tutti assieme sulla Terra dalla quale nessuno se ne può andare. Dobbiamo custodire il nostro pianeta, perché deve servire anche alle prossime generazioni, porre Iine a comportamenti irresponsabili per quanto riguarda il consumo di risorse e la produzione di riIiuti e adoperarci afIinché vengano realizzate idee e attuate strategie politiche capaci di proiettarci verso un mondo sostenibile.

Non si tratta di un impossibile ritorno al passato, né di rinnegare scoperte e invenzioni; si tratta, anzi, di ampliare le nostre conoscenze e di utilizzare nel modo migliore le grandi capacità che ci vengono fornite dalla scienza e dalla tecnologia. Bisogna farlo rispettando i limiti e i conIini planetari di cui oggi abbiamo piena consapevolezza, imparando a riciclare le risorse della Terra e a usare sempre di più e sempre meglio l’energia solare, la risorsa fondamentale che abbiamo riscoperto negli ultimi anni. Se sfrutteremo con cura i beni comuni, cioè le limitate risorse del nostro pianeta e l’abbondante e inesauribile Ilusso di energia che ci viene dal Sole, se svilupperemo con intelligenza le conoscenze scientiIiche e le innovazioni tecnologiche e, soprattutto, se riusciremo a far emergere le nostre preziosissime fonti di energia spirituale saggezza, creatività , responsabilità , collaborazione, amicizia, sobrietà e solidarietà riusciremo a raggiungere gli obiettivi di sostenibilità ambientale, economica e sociale.

C’è tanto da fare per migliorare questo mondo. Molte decisioni devono essere prese a livello politico, ma ciascuno di noi è tenuto a fare la sua parte, ricordando quanto ha detto Papa Francesco: «Dio sempre perdona, gli uomini perdonano a volte, la Terra non perdona mai» [21].

Bibliografia e sitografia

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3. Balzani V., Venturi M., Energia, risorse, ambiente. Zanichelli, Bologna, 2014.

4. Francesco, Litt. Enc. Laudato si’, (24 Maii 2015), AAS 107 (2015), 847-945.

5. Abbotto A., Idrogeno. Tutti i colori dell’energia. Edizioni Dedalo, Bari, 2021.

6. Armaroli N., Emergenza energia. Non abbiamo più tempo. Edizioni Dedalo, Bari, 2020.

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8. Agrivoltaics, Fraunhofer ISE (https://www.ise.fraunhofer.de/en/key-topics/integrated-photovoltaics/agrivoltaics.html)

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11. Butera F.M., Affrontare la complessità. Edizioni Ambiente, Milano, 2021.

12. Bardi U., Extracted: How the Quest for Mineral Wealth is Plundering the Planet. Chelsea Green, White River Junction, Vermont (USA), 2014.

13. Jacobson M.Z., 100% Clean, Renewable, Energy and Storage for Everything. Cambridge University Press, Cambridge (UK), 2021.

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15. The role of critical minerals in clean energy transitions, World Energy Outlook Special Report. International Energy Agency, 2022 (https://www.iea.org/events/therole-of-critical-minerals-in-clean-energy-transitionsworld-energy-outlook-special-report).

16. Materials shortage will not stop the energy transition, if we plan ahead. IRENA, 2021 (https://www.irena.org/ News/expertinsights/2021/Nov/Materials-shortagewill-not-stop-the-energy-transition).

17. World energy transition outlook: 1.5 °C pathway. IRENA 2021 (https://fsr.eui.eu/event/world-energy-transitions-outlook-1-5c-pathway-fsr-talk-with-irena/).

18. Balzani V., Salvare il pianeta per salvare noi stessi. Lu::ce edizioni, 2020.

19. Jonas H., Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica. Einaudi, Torino, 2002.

20. Olmi F., La sSida del secolo. Aracne editrice, Roma, 2022.

21. Francesco, Discorso alla FAO, 24 nov. 2014, AAS 106 (2014), 982-985, p. 985.

13 Theriaké [online]: ISSN 2724-0509 Anno VI n. 43 – Gennaio – Febbraio 2023 Energia & Ambiente

Bioattività dei +iori e delle foglie di

Il genere Jasminum, afferente alla famiglia delle Oleaceae, comprende diverse specie molto apprezzate nel mondo come piante ornamentali e per l’intensa profumazione dei Ciori.

Le piante di gelsomino sono conosciute anche nell’ambito della medicina tradizionale, sia in Asia che nel bacino del Mediterraneo. In particolare, i Ciori e le foglie sono stati impiegati nel trattamento di vari disturbi. Solo per fare un esempio, le parti aeree di J. grandi1lorum L. sono state utilizzate dalle tribù dell’India per trattare mal di denti, mal di stomaco, ulcere ed impotenza [1]. Per questo motivo le specie di Jasminum hanno attirato l’attenzione e la curiosità di numerosi studiosi, che negli ultimi anni hanno riscontrato nei Ciori e nelle foglie la presenza

di notevoli quantità di sostanze antiossidanti, come secoiridoidi, Clavonoidi, terpenoidi e tannini [2]. In uno studio di El-Hawary e colleghi [3], l’estratto di Ciori di J. multi1lorum (Burm. F.) ha mostrato, in vitro su cellule di carcinoma epatocellulare, una signiCicativa attività antivirale nei confronti del virus dell’epatite C (HCV), riducendone la replicazione di oltre il 90%. Ciò si attribuisce alla diminuzione dei livelli di proteina virale NS5A e cellulare EphA2. Responsabili di tale effetto sono in particolare il multiCloroside, lo jasCloroside A e lo jasCloroside B.

L’oleuropeina, isolata dai Ciori di J. of1icinale L. var. grandi1lorum, è stata studiata da Zhao [4] per valutare l’effetto contro la replicazione del virus dell’epatite B (HBV), inizialmente su linee cellulari HepG2 2.2.15 in vitro, e successivamente, in vivo, su anatroc-

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Jasminum
*Farmacista
Figura 1. Jasminum grandiflorum. Foto di Ignazio Nocera.

coli affetti da virus di epatite B da anatra (DHBV). Mediante metodo ELISA sono stati identiCicati gli antigeni HBeAg (extracellulari) e HBsAg (di superCicie). Dai risultati ottenuti si è dimostrato che l’oleuropeina blocca la secrezione di HBsAg nelle cellule HepG2 2.2.15 in modo dose dipendente, inoltre riduce la viremia nelle anatre infette da DHBV. Pertanto, l’oleuropeina potrebbe avere un potenziale terapeutico nelle infezioni da HBV.

Come è emerso da un recente lavoro [5], l’estratto di Ciori di gelsomino presenta un potenziale ruolo contro la nefrotossicità postchemioterapica indotta da cisplatino, potente agente chemioterapico, il cui utilizzo è limitato proprio a causa degli effetti collaterali a carico del rene. Alqahtani e colleghi [6] hanno isolato i costituenti dell’estratto di Ciori di J. grandi1lorum, mediante cromatograCia liquida ad alta prestazione e spettroscopia di massa (HPLC-PDA-MS/MS), e studiato il possibile meccanismo d’azione contro l’insufCicienza renale acuta in un modello in vivo di nefrotossicità causata da cisplatino. Sono stati identi-

Cicati in totale 112 metaboliti tra i quali 55 potenziali target correlati alla nefrotossicità . Gli animali trattati con cisplatino esibiscono un’iperespressione di livelli di MAP-chinasi e tirosin-chinasi comparati al gruppo di controllo. Esperimenti in vivo hanno confermato che l’estratto in studio inibisce l’espressione dei segnali delle MAP-chinasi e tirosin-chinasi, confermando il ruolo protettivo nei riguardi della nefrotossicità indotta da cisplatino.

I Ciori di gelsomino, nella medicina tradizionale asiatica, vengono adoperati anche nel trattamento di dermatiti e disturbi derivati dall’invecchiamento cutaneo [7]. La validità di tale rimedio risiede proprio nella presenza di notevoli quantità di sostanze antiossidanti, in grado di contrastare gli effetti della radiazione ultravioletta e di ridurre lo stress ossidativo cellulare. Com’è noto, infatti, i raggi UV e gli ioni superossido causano danni irreversibili al DNA cellulare, stress ossidativo e degradazione di collagene, inducendo nelle cellule un’eccessiva produzione di specie altamente reattive dell’ossigeno e attivazione

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Figura 2. J. multiflorum. Foto dal web.

di MAP-chinasi, causa di invecchiamento precoce. L’estratto di Ciori di J. sambac fermentati da Lactobacillus rhamnosus ha mostrato la capacità di inibire la formazione di radicali liberi e di ridurre i danni causati dai raggi UV-B nei Cibroblasti, mediante una maggiore espressione di geni antiossidanti e Nrf2, fattore di trascrizione genica che regola le principali risposte di protezione della cellula, associato anche alla protezione negli stati inCiammatori. Ciò dimostra l’azione determinante nel trattamento di patologie dermatologiche e correlate all’invecchiamento cutaneo [8].

Come detto, anche le foglie sono usate tradizionalmente nel trattamento di inCiammazione, febbre e dolore, ulcere, stomatiti, disturbi dermatologici e ferite.

In uno studio di El-Hawary [9] è stata dimostrata un’elevata attività antiossidante, antinCiammatoria e citotossica, nei confronti di linee cellulari cancerose di mammella (MCF-7) e colon-retto (HCT 116), dell’estratto di foglie di J. multi1lorum (Burm. F.). Il proCi-

lo fenolico è stato caratterizzato mediante HPLC insieme a PDA e spettroscopia di massa, e l’identiCicazione dei composti isolati è avvenuta mediante metodi spettroscopici ed NMR. Sono stati identiCicati 39 composti tra cui kampferolo, glicosidi della quercetina e derivati feniletanolici. A concentrazioni di 75 µg/ml viene evidenziato un alto potere antiossidante dell’estratto, usando concentrazioni di 24,81 µg/ml e 11,38 µg/ml si osserva un’alta attività citotossica per le linee cellulari MCF-7 e HCT116 rispettivamente. L’estratto metanolico di foglie essiccate di J. grandi1lorum [10] è in grado di inibire signiCicativamente la perossidazione lipidica indotta da ferro, ioni superossido e radicali idrossilici. Queste proprietà sono state testate in colture primarie di macrofagi peritoneali di ratto e in edemi indotti da carragenina nelle zampe di ratto. Nello speciCico si è ottenuta una sostanziale riduzione di rilascio di ossido nitrico e della formazione di edema nelle zampe di ratto. Risultati attribuibili all’elevato contenuto fenolico ad alto potere riducente.

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Figura 3. J. sambac. Foto dal web.

Uno studio [11] su modelli in vivo ha valutato l’attività antiulcera dell’estratto etanolico al 70% delle foglie di J. grandi1lorum, ipotizzando l’esistenza sia di un’attività antisecretoria che citoprotettiva. Si è notato un decremento importante dell’indice di lesioni ulcerose in ratti trattati con l’estratto contro un gruppo di controllo trattato con famotidina (20 mg/ kg). La riduzione di volume del Cluido gastrico, la riduzione di acidità totale e l’aumento di pH del Cluido gastrico hanno provato l’attività antisecretoria. In soli 20 giorni di trattamento, inoltre, le ulcere risultarono completamente guarite.

A partire dall’osservazione dell’uso tradizionale, come antielmintico, delle parti aeree di J. grandi1lorum, un gruppo di ricercatori egiziani [12] ha testato in vitro un estratto metanolico delle parti aeree di J. grandi1lorum subsp. 1loribundum, nei confronti di due nematodi, uno stato larvale di cestode e un artropode. Tra i composti isolati dalla frazione più attiva, la rutina ha presentato la più alta attività antielmintica dose-dipendente con IC50 di 41,04 µg/ml contro la forma adulta del nematode Habronema muscae, seguita da ligstroside con IC50 di 50,56 µg/ml.

Un altro versante, su cui si lo stesso gruppo di ricerca ha investigato, riguarda l’attività antipertensiva, ACE e renina inibitoria. Anche in questo caso è stato utilizzato l’estratto metanolico delle parti aeree di J. grandi1lorum subsp. 1loribundum, e le rispettive frazioni in diclorometano e n-butanolo. I risultati hanno evidenziato che la frazione in n-butanolo è dotata di una potente azione ACE e renina inibitoria, paragonabile a quella di lisinopril e aliskiren (24,66 ± 2,41 ng/ml vs. 18,37 ± 1,21 ng/ml e 141,14 ± 5,28 ng/ml vs. 447,87 ± 3,2 ng/ml, rispettivamente) [13].

Come emerge da questa rapida ricognizione della più recente letteratura scientiCica, i Ciori e le foglie di svariate specie afferenti al genere Jasminum costituiscono una fonte interessante di composti aventi attività antiossidante. Inoltre, i rilevanti risultati ottenuti testando la bioattività degli estratti in molteplici modelli in vivo ed in vitro suggeriscono approfondimenti ulteriori per nuove possibili applicazioni.

Bibliografia

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2. Ibid.

3. El-Hawary S.S., et al., The role of active metabolites isolated from Jasminum multi1lorum 1lowers against hepatitis C virus infection and related hepatocellular carcinoma Nat Prod Res. 2022 May;36(10):2625-2629. doi: 10.1080/14786419.2021.1913588.

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6. Ibid.

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8. Ibid.

9. El-Hawary S.S., et al., Antioxidant, Anti-In1lammatory and Cytotoxic Activities of Jasminum multi1lorum (Burm. F.) Andrews Leaves towards MCF-7 Breast Cancer and HCT 116 Colorectal Cell Lines and Identi1ication of Bioactive Metabolites . Anticancer Agents Med Chem. 2021;21(18):2572-2582. doi: 10.2174/1871520621666210901103440. PMID: 34488594.

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12. Hussein D., et al., Unravelling the anthelmintic bioactives from Jasminum grandi1lorum L. subsp. Floribundum adopting in vitro biological assessment. J Ethnopharmacol. 2021 Jul 15;275:114083. doi: 10.1016/ j.jep.2021.114083.

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Per una storia degli artisti dimenticati

Introduzione

Quanti percorsi artistici nella contemporaneità intrecciano strade, si separano e poi si rincontrano più avanti, ediBicano monumenti, idealità , possibili immaginari comuni e poi si perdono nelle nebbie fumose delle scelte operate per la costruzione dei manuali d’arte? proprio quei manuali d’arte, che nel voler essere omnicomprensivi, poi alla Bine, escludono gran parte dell’esistente sotto la mannaia di scelte discutibili operate principalmente nell’assenza di una deBinizione del “concetto di arte”. Se facciamo una stima di tutti i manuali d’arte esistenti, dai più antichi ai nuovissimi, osserviamo alcune costanti, che potremmo quasi dire che evidenziano una metodologia acquisita. Chi più chi meno cita

un certo numero di artisti, più o meno sempre gli stessi; sempre gli stessi movimenti artistici e sempre nelle medesime condizioni di narrazione complessiva. I manuali, poi, si differenziano molto negli apparati, alcuni veramente molto ben concepiti, altri con una grande quantità di informazioni anche sulla società , sui dati storici paralleli, ma complessivamente il numero degli artisti è chiuso, poche centinaia, contro i reali numeri degli attori in gioco nella storia. La scelta solitamente viene giustiBicata sulla base di due criteri guida: da una parte la fama e l’inBluenza operata nelle arti di quel determinato movimento o singolo artista, e dall’altra la sua originalità . Certamente sono, o possono essere, dei parametri utili per dire alcune cose, forse per rintracciare una linea rossa tra le tante possibili, ma il problema risiede proprio in

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Figura 1. Michele Pietro Cammarano, Battaglia di Dogali. 1896, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea (GaNAMC), Roma.

Rodolfo Papa, PhD. Pittore, scultore, teorico, storico e Bilosofo dell'arte. Esperto della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Accademico Ordinario della PontiBicia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon. Docente di Arte Sacra, Tecniche Pittoriche nell’Accademia Urbana delle Arti. Presidente dell'Accademia Urbana delle Arti.

docente di Storia delle teorie estetiche, Storia dell’Arte Sacra, Traditio Ecclesiae e Beni Culturaia dell’Arte Sacra (Istituto Superiore di Scienze Religiose Sant'Apollinare, Roma; Master II Livello di Arte e Architettura Sacra della Università Europea, Roma; Istituto Superiore di Scienze Religiose di Santa Maria di Monte Berico, Vicenza; PontiBicia Università Urbaniana, Roma; Corso di Specializzazione in Studi Sindonici, Ateneo PontiBicio Regina Apostolorum). Tra i suoi scritti si contano circa venti monograBie, molte delle quali tradotte in più lingue e alcune centinaia di articoli (“Arte Cristiana”; “Euntes Docete”; “ArteDossier”; “La vita in Cristo e nella e Vita”, “Frontiere”, “Studi cattolici”; “Zenit.org”, “Aleteia.org”; “Espiritu”; “La Società ”; “Rogate Ergo”; “Theriaké ” ).

Collaborazioni televisive: “Iconologie Quotidiane” RAI STORIA; “Discorsi sull’arte” TELEPACE.

Come pittore ha realizzato interi cicli pittorici per Basiliche, Cattedrali, Chiese e conventi (Basilica di San Crisogono, Roma; Basilica dei SS. Fabiano e Venanzio, Roma; Antica Cattedrale di Bojano, Campobasso; Cattedrale Nostra Signora di Fatima a Karaganda, Kazakistan; Eremo di Santa Maria, Campobasso; Cattedrale di San PanBilo, Sulmona; Chiesa di san Giulio I papa, Roma; San Giuseppe ai Quattro Canti, Palermo; Sant'Andrea della Valle, Roma; Monastero di Seremban, Malesia; Cappella del Perdono, SS. Sacramento a Tor de'schiavi, Roma …)

questa scelta che si vuole presentare come scientiBica, analitica, quasi unica, e che invece a guardar bene è solo una tra le tante che nell’ideologia di una narrazione “progressista” delle arti è divenuta imperativa, Bino a cancellare la registrazione di alcuni dati storici comunque rilevanti.

Eppure, tanti studi si sono moltiplicati sul metodo della storia dell’arte, sulla idea stessa di storia o storie da raccontare nelle ricostruzioni macrostoriche e microstoriche; Bin dai tempi di Burkhardt [1] e W fBlin [2] si sono accesi dibattiti sulle interpretazioni possibili di alcune epoche storiche, con proposte di valutazione stilistica, psicologistica, sociale o storicista. Ci sono state, ad esempio, le proposte metodologiche di Emile Mâ le [3] di studiare l’arte attraverso repertori iconogra messi in relazione con la patristica come fonte e quindi l’elusione della creatività coma azione “assoluta” e sempre uguale a sé stessa nel corso dei millenni; ci sono state le giuste lamentele di Hans Sedlmayr [4] sul l’assenza di una storia dell’arte co struita sul tema della luce che inve ce è stata soppiantata da una storia dello spazio, spazio che peraltro viene raccontato in storie della pro spettiva che non evidenziano mai la nascita di questa in ambito cattoli co, con motivazioni e Bini teologicoliturgici [5].

La pluralità viene oggi riconosciuta in alcune ricostruzioni saggistiche, come, ad esempio, l’interessantis simo volume La storia delle storie dell’arte nel quale la curatrice Oriet ta Rossi Pinelli, nella introduzione

scrive: « la caduta dei muri, delle ideologie, l’espansione dei “plurali”(“le storie” che costituiscono “la Storia”), i nuovi paradigmi imposti dalla rete, l’equivalenza immateriale delle immagini digitalizzate, l’espansione di alcuni modelli forti di ricerca come le neuroscienze, l’antropologia culturale, le scienze della comunicazione, la sociologia, la stessa economia, tutto questo ha creato una liquidità di frontiere di-

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cerazioni» [6], e poi sottolinea che alcune deBinizioni periodizzanti, come Rinascimento, Manierismo, Barocco, Neoclassicismo e tante altre ancora «hanno subito critiche altrettanto incalzanti e perentorie per la pretesa di caratterizzare la produzione di un secolo, in virtù di un hegeliano “spirito del tempo”» [7]. La pluralità è la nostra condizione contemporanea: questo lo affermano BilosoBi e sociologi già da molto tempo. Lyotard [8] colloca in alcuni strappi nei rapporti tra scienza e tecnica, le condizioni delle applicazioni socio-economico-politiche che già nell’Ottocento hanno posto le basi per la creazione di una “condizione postmoderna” caratterizzata dall’assenza della verità , dalla pluralità dei linguaggi e da possibili soluzioni pragmatiche. Bauman ha ulteriormente aggiunto che la nostra società è liquida, caratterizzata anch’essa da una assenza deBinitoria, incapace di individuare concetti veritativi, e dunque condannata al moltiplicarsi della pluralità centrifuga. Quindi la pluralità viene riconosciuta come condizione della società contemporanea e come condizione della produzione artistica contemporanea. Eppure, abbiamo ancora macro-storie dell’arte costruite su un ipotetico “spirito del tempo” univoco che, come su un letto di Procuste, taglia via parti indiscriminatamente. Si

assiste alla paradossale condizione della storiograBia artistica contemporanea che afferma l’impossibilità deBinitoria del “concetto di arte” e nello stesso tempo costruisce una storia dell’arte che discrimina opere e artisti in base ad un concetto univoco e strettissimo di arte che però ci si riBiuta di “deBinire” teoricamente: un vero paradosso!

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Figura 3. Giulio Aristide Sartorio, La Gorgone e gli eroi. Dittico La Gorgone e gli eroi / Diana di Efeso e gli schiavi, 1890-1899 ca., GaNAMC, Roma. Figura 4. Giulio Aristide Sartorio, Studio per La Gorgone e gli eroi, 1895, GaNAMC, Roma.

Per esempio non viene generalmente storicizzata in termini concettuali adeguati quella forma di pluralità che dal XVIII secolo si esprime nella forma dei revival diatopici, diacronici, utopici, eucronici: infatti nel momento in cui alcuni sentirono l’esigenza di sovvertire l’ordine costituito, idealizzando un mondo antico ormai perduto da millenni, tentarono un recupero, un vero e proprio “revival” [9], nelle intenzioni, capace non solo di rievocare l’antico, ma di riportare il paganesimo, i suoi valori, le sue forme di comportamento sociale e la visione religiosa nella vita quotidiana. Tra Settecento e Ottocento si acuisce uno scontro frontale tra cattolici e rivoluzionari, tra cristiani e neopagani o laicisti, e se vogliamo raccontare veramente quei secoli non possiamo limitarci solo a una parte delle esperienze artistiche prodotte, o peggio condannare all’oblio una parte di artisti, opere e monumenti, solo perché non rispondono all’ipotetico “spirito del tempo”, che in questi casi coincide con coloro che hanno vinto. Questa visione progressiva e progressista della storia dell’arte genera un senso di vuoto, di mancato racconto, di incipiente bisogno di conoscere “tutte le storie dell’arte” e non solo alcune, in nome di una vera e reale pluralità storica.

Un esempio editoriale contemporaneo è quello che Alfredo Accatino ha proposto in singole storie di artisti perduti nell’oblio e poi ritrovati, pubblicate su riviste di storia dell’arte ed in seguito radunate in tre bei volumi dal titolo signiBicativo di Outsiders. Gli Outsiders possono essere letti in molti modi, ovvero come storie di artisti “eccezionali”, oppure come racconti di strani personaggi “eccentrici”, o ancora come regesti di artisti “fuori catalogo” letteralmente “fuori luogo”, ma l’unico risultato è raccontare le tante tantissime vite di artisti “dimenticati” del Novecento. Accatino, pur non distaccandosi da una linea analitica interna allo “spirito del tempo”, racconta di alcuni uomini e donne che, forse troppo avanti per il tempo in cui hanno vissuto, sono stati in qualche modo marginalizzati, oppure di taluni che, seppure famosi o al centro di molti crocevia, poi sono stati trascurati dalla storiograBia.

Ma esiste anche la storia di artisti mai comparsi nelle narrazioni storiograBiche e neanche riconosciuti negli elenchi “ufBiciali”, quindi perduti nel buio del tempo, senza una collocazione spazio-temporale, ma soprattutto senza un ruolo culturale attivo nella nostra contemporaneità . Sono oramai molti anni che viag-

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Figura 5. Giulio Aristide Sartorio, Diana di Efeso e gli schiavi. Dittico La Gorgone e gli eroi / Diana di Efeso e gli schiavi, 1890-1899 ca., GaNAMC, Roma.

giando mi imbatto in notevoli opere d’arte i cui arteBici in vario modo non sono stati considerati all’altezza di essere inseriti nella storiograBia ufBiciale. Si tratta di artisti, talvolta anche geniali, che seppur avendo realizzato tanto, seppur avendo raggiunto vette di tecnica e di poetica, sono poi stati condannati all’oblio, scartati dal racconto, dalla narrazione nella contemporaneità . Proprio cosı̀ si costruisce quella storia dell’arte che induce a pensare che esista solo quello che è raccontato, e che sia realmente inBluente nel percorso d’arte contemporaneo solo ciò che è narrato nei manuali e in alcune mostre retrospettive di epoche passate. Poi si incontrano opere sconosciute di artisti non raccontanti e comincia il desiderio di scrivere storie dell’arte realmente plurali.

Ma mettiamo ordine. Ci sono diversi tipi di distonia narrativa nella nostra contemporaneità , più o meno colpevoli di pregiudizio.

Abbiamo tre gruppi distinti di artisti sommersi, tre realtà che hanno avuto trattamenti storici molto diversi tra loro, e che però in qualche modo sono stati rimossi e non fanno parte della maggioritaria riBlessione sull’arte nel-

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Figura 6. Domenico Morelli, Le tentazioni di Sant’Antonio, 1878, GaNAMC, Roma. Figura 7. Vittorio Matteo Corcos, Sogni, 1896, GaNAMC, Roma.

l’oggi.

Il primo gruppo è fatto di grandi campioni, ai quali sono stati dedicati in altri tempi montagne di studi specialistici, ma oggi sono inseriti nei manuali di storia dell’arte in modo marginale, come se non fossero più ritenuti degni di narrazione. Mi riferisco a quegli artisti, che hanno avuto un ruolo politico fondamentale per la nascita dell’Italia moderna, in quanto protagonisti attivi del Risorgimento, che si sono impegnati in politica e che in alcuni casi hanno svolto incarichi importanti come artisti, ma anche come politici o soldati. Artisti che hanno raccontato il cambiamento politico, le battaglie risorgimentali, i luoghi, le idee, la quotidianità , i miti letterari, paesaggi marini, agricoli, montani ed urbani dell’Unità Nazionale. Artisti che hanno rappresentato i temi delle questioni sociali tra Ottocento e Novecento, che hanno raccontato cruente battaglie o massacri, le sconBitte delle guerre coloniche, sogni e illusioni di una Italia che pian piano stava crescendo e che seppur in mille contraddizioni era in grado di esprimere grandissimi artisti Bigurativi di fama internazionale. Le opere di questi artisti sono state raccolte e musealizzate nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, ma in tempi recenti sono state messe in magazzino e non sono più esposte. Lascio qui tra parentesi la questione delle opere che hanno preso il loro spazio espositivo, ovvero quelle mostre di installazioni, peluche e oggetti vari, che già hanno invaso tutti i musei italiani in esposizioni temporanee e che certo non avevano bisogno di ulteriore spazio espositivo. Mi voglio concentrare invece proprio sugli artisti messi in magazzino. Si tratta di grandi nomi, come Francesco Hayez, Massimo D’Azeglio, Eleuterio Pagiano, Girolamo e Domenico Induno, Gioacchino

Toma, Federico FarufBini, Silvestro Lega, Vincenzo Cabianca, Vincenzo Camuccini, Giovanni Fattori, Giulio Aristide Sartorio, Michele Cammarano, Domenico Morelli, Stefano Ussi, Bernardo Celentano, Francesco Paolo Michetti, Adriano Cecioni, Giacomo Favretto, Antonio Mancini, Vittorio Corcos, Giacomo Grosso, Antonio Fontanesi, Tranquillo Cremona, Luigi Serra, Giacomo Balla, Cristiano Banti, Giovanni Boldini, Umberto Boccioni, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Bino a De Chirico, Casorati, Cagnaccio di San Pietro e per-

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Figura 8. Cesare Maccari, interno del Santuario Pontificio della Santa Casa di Loreto, affreschi della cupola, 1895-1907.

Bino Renato Guttuso, solo per citare alcuni nomi tra i tanti conservati in questo museo splendido, ma che ora sono stati sottratti alla vista, allo studio ed all’ammirazione.

Assistiamo ad un altro paradosso. Mentre si riconosce il valore fondativo dell’Ottocento per le battaglie combattute in nome della libertà e della storia istituzionale italiana, però , nel contempo, una certa critica storico- artistica sta progressivamente marginalizzando e condannando all’oblio l’esperienza Bigurativa artistica che ne è parte integrante. Sembra essere un attacco speciBico alle radici dello sviluppo Bigurativo italiano tra Ottocento e Novecento.

In altre nazioni europee, penso alla Francia per prima e poi alla Gran Bretagna o alla Spagna, gli artisti dell’Ottocento sono invece valorizzati, promossi ed esportati in centinaia di mostre in giro per il mondo.

Tutti conoscono gli Impressionisti, ma pochi conoscono i Macchiaioli o le varie scuole di paesaggisti sparse in giro per l’Italia, dagli artisti siciliani ai campani radunati nella scuola di Posillipo, con a capo Giacinto Gigante. Poche cose vengono proposte della nostra immensa arte ottocentesca in giro per il mondo. Oggi, ad esempio, vediamo che in Spagna un artista come Joaquı́n Sorolla, è stato riproposto al grande pubblico con retrospettive e mostre internazionali, riscontrando un enorme successo ovunque. Tutti conoscono Monet, Manet, Degas o Henri de Tou-

louse-Lautrec, ma pochi o nessuno Lega, Cabianca o quello di artisti, che pur avendo lavorato tanto, pur di rilievo con ruoli prestigiosi nel campo dell’arte sacra

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Figura 9. Cesare Maccari, interno del Santuario Pontificio della Santa Casa di Loreto, particolare degli affreschi della cupola, 1895-1907. Figura 10. Cesare Maccari, interno del Santuario Pontificio della Santa Casa di Loreto, affreschi della cupola, 1895-1907.
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Figura 11. Ludovico Seitz, Cappella dei Tedeschi, 1892-1902, Santuario Pontificio della Santa Casa di Loreto. Figura 13. Ludovico Seitz, Cappella dei Tedeschi, 1892-1902, Santuario Pontificio della Santa Casa di Loreto. Cristo deposto nel sepolcro. Figura 12. Ludovico Seitz, Cappella dei Tedeschi, 1892-1902, Santuario Pontificio della Santa Casa di Loreto. In alto: l’Annunciazione. In basso: la Visitazione.

a cavallo tra Ottocento e Novecento, non sono affatto presenti nei manuali di storia dell’arte. Un grandissimo Cesare Maccari con le sue decorazioni della cupola del santuario della Santa Casa a Loreto, luogo dove dipinsero anche Modesto Faustini e Ludovico Seitz, oggi è del tutto dimenticato e neanche preso in considerazione come possibile modello per studiare soluzioni compositive e tecniche per la nuova realizzazione di opere d’arte sacra. Maccari aveva una grandissima tecnica sia nel disegno che nella pittura e una facilità nel comporre lunette, riquadri e spicchi di cupola, con una capacità creativa enorme anche

nella ideazione di decorazioni innovative. Certo oggi difBicilmente potremmo usare quella dimensione retorica tipica di un certo linguaggio artistico a cavallo del Novecento, ma si potrebbe benissimo studiarne le idee organizzative dei cicli pittorici, per esempio, realizzati a Loreto o a Genova nella chiesa della Consolazione o ancora a Nardò nella basilica cattedrale di Santa Maria Assunta. Maccari non è peraltro un artista che ha lavorato solo per la Chiesa, anzi i suoi più importanti lavori sono realizzati nel Palazzo di Giustizia di Roma, e soprattutto nel Palazzo del Senato a Roma, ed era un artista peraltro entrato in

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Figura 14. Ludovico Seitz, Cappella dei Tedeschi, 1892-1902, Santuario Pontificio della Santa Casa di Loreto. Cristo risorto incontra Sua Madre. Figura 15. Ludovico Seitz, Cappella dei Tedeschi, 1892-1902, Santuario Pontificio della Santa Casa di Loreto. A sinistra: la crocifissione, la deposizione dalla croce, la deposizione nel sepolcro. A destra: Cristo, caricato della croce incontra Maria e S. Giovanni.

Massoneria nel 1888 [10]. Nonostante questo, difBicilmente viene ricordato se non negli studi specialistici. Un altro caso molto importante è quello di Biagio Biagetti. Infatti, gli incarichi vaticani che Biagio Biagetti [11] ebbe nel corso della sua vita furono numerosi; assieme alle nomine di Reggente della PontiBicia Insigne Accademia dei Virtuosi al Pantheon, di Commissario PontiBicio per l’Arte Sacra, di Docente presso l’Istituto Beato Angelico per l’Arte Sacra a Milano, fu Direttore dei Musei Vaticani, Direttore dei Laboratori di Restauro e Direttore dello Studio del Mosaico Vaticano; inoltre fu artista colto e rafBinato, dipinse capolavori ammirati da tutti i suoi contemporanei. Ricostruire il lavoro di un grande maestro quale Biagio Biagetti, che ha operato al Bianco di altri grandi artisti, quali per esempio i già citati Ludovico Seitz e Cesare Maccari, oltre a Francesco Ferranti, Alessandro Franchi, Guido Guidi, Tommaso Minardi, Luigi Mussini, è interessante sia per comprendere cosa accadde tra XIX e XX secolo, sia per comprendere l’identità dell’artista cristiano e la Binalità dell’arte sacra cristiana nella vitalità della storia della Chiesa, al Bine di creare una continuità seppur nell’innovazione artistica e stilistica.

Nonostante tutto questo, è assente dai manuali di storia dell’arte, anche da quelli di storia dell’arte cristiana.

Il terzo gruppo di artisti è forse il più numeroso, ovvero artisti che pur avendo fatto grandi cose, ma in una dimensione regionale e provinciale, non sono stati considerati, se non appunto in una dimensione

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Figura 16. Biagio Biagetti, Apoteosi di San Pio X, 1914-1915, Duomo di Treviso. Figura 17. Biagio Biagetti, Il sacrificio dei combattenti, bozzetto per la decorazione della Cappella dei Caduti nel Duomo di Parma. Pinacoteca Civica, Ascoli Piceno.

locale e che pure invece hanno inventato grandi composizioni artistiche in tutta Italia, migliorato le tecniche artistiche, sviluppato repertori artistici ed iconograBici e soprattutto sono tuttora ammirati ed amati dalle popolazioni locali, che li ammirano da sempre. Di fatto è una strana condizione, quella di questa categoria di artisti, bravi, capaci, per certi versi schivi, ma sempre attenti a cosa accadesse di nuovo in giro per il mondo, reagendo spesso anche in maniera organizzata e intelligente al progredire della disciplina pittorica, ma rimanendo saldamente fedeli ad essa, senza smanie di protagonismo, di aderire a ideologie alla moda, solo per emergere dal gruppo o per vanagloria. Tra questi ovviamente i più trascurati, rimossi e dimenticati dai libri di storia dell’arte sono proprio gli artisti che hanno affrontato temi di arte sacra in una dimensione artistica Bigurativa. Un

nome tra tanti è Amedeo Trivisonno [12] molisano e arteBice di moltissime opere in moltissime chiese del suo territorio. Figurativo realista dallo stile sobrio ed elegante, prediligeva l’affresco, ma anche la pittura ad olio che ha utilizzato in tante grandi tele collocate ad esempio nelle cappelle del Santuario di Castelpetroso o anche l’Ultima Cena nella chiesa parrocchiale nel comune di Rocca San Giovanni in Abruzzo. Suoi lavori si trovano nella cattedrale di San Pietro a Isernia realizzati nel 1927; a Campobasso nella Cattedrale dipinti tra il 1933 ed il 1935, o ancora nella cappella del Convitto nazionale "Mario Pagano" e nella chiesa di Santa Maria del Monte; nella chiesa di San Giovanni Battista a San Giovanni in Galdo realizzati nel 1949; nella chiesa madre di Santa Cristina di Sepino nel 1968. Fu chiamato a dipingere per molte chiese dei paesi tra le montagne e le valli molisane,

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Figura 18. Amedeo Trivisonno, affreschi della cupola della Cattedrale di Isernia, 1928.

luoghi quali Baranello, Venafro, Colle che custodiscono gelosamente le sue opere. Poi superato il conBine regionale prima verso nord giunse in Abruzzo, dove lavorò a Tocco da Casauria e a Pollutri, poi verso ovest giunse in Campania a Benevento, e poi verso sud giunse in Puglia a San Marco in Lamis e Serracapriola. Dal 1952 Trivisonno ebbe l’incarico dal Ministero della Pubblica Istruzione di insegnare [13] presso la Scuola d'Arte italiana “Leonardo da Vinci” al Cairo, in Egitto, dove ebbe in qualche modo un riconoscimen-

to, seppur parziale, delle sue grandi competenze tecniche e artistiche. Continuò comunque a tornare in Italia, nel suo territorio natio, per continuare a realizzare opere nelle chiese del centro e del sud Italia, e morı̀ nel 1995 a Firenze, città nella quale si era stanziato deBinitivamente di ritorno dal Cairo. Sulla porta del suo studio Biorentino aveva scritto questa frase emblematica: il mio è un duro lavoro; non chiedetelo in regalo perché mi fate male [14].

La pluralità che contraddistingue la nostra realtà sociale e culturale dunque non viene rispettata dalla storiograBia artistica, anzi viene elusa al Bine di mostrare in una monolitica contemporaneità visuale, un’altra presunta pluralità , tutta interna ad un discorso monocorde sul presente, con un evidente intento ideologico didattico.

Si tratta forse del tentativo di negare che esista una continuità Bigurativa che si è sviluppata nella modernità , nella postmodernità ed arriva Bino ad oggi?

Bibliografia e note

1. Burkhardt J., La civiltà del Rinascimento in Italia. Sansoni editore, Firenze, 1984.

2. Wö lfBlin H., Concetti fondamentali della storia dell’arte. Longanesi, Milano 1984.

3. Mâ le E., Le origini del Gotico. L’iconograQia medioevale e le sue fonti. Jaca Book Milano, 1986.

4. Sedlmayr H., La luce nelle sue manifestazioni artistiche, a cura di Pinotti A., Aestetica Palermo, 2009; Sedlmayr H., La morte della luce. L’arte nell’epoca della secolarizzazione. Rusconi editore, Milano 1970.

5. Papa R., Discorsi sull’arte sacra. Cantagalli Siena, 2012 pp. 143-150; Papa R., La nascita della prospettiva e i suoi sviluppi: Dante, Leonardo e Raffaello, in Dante, Leonardo, Raffaello: La divina consonanza di arte e poesia, a cura di Fagiolo M., Gangemi Editore, Roma 2022, pp. 104-115.

6. Rossi Pinelli O. ed., La storia delle storie dell’arte. Einaudi, Torino, 2014, p. X.

7. Ivi, p. XII.

8. Lyotard JF., La condizione postmoderna. Feltrinelli, Milano 1981.

9. Papa R., Discorsi sull’arte sacra, op. cit., pp. 69-118.

10. Gnocchini V., L'Italia dei Liberi Muratori. Erasmo ed., Roma, 2005, pp. 171-172.

11. Ondarza P., Verità e bellezza. La via pulchritudinis in Biagio Biagetti. Presentazione di Papa R., Aracne, Roma 2014.

12. Carano C., Sognando il Rinascimento: Amedeo Trivisonno. Società TipograBica, Campobasso 1992.

13. Insegnava le seguenti discipline: Bigura disegnata, Bigura dipinta, nudo, anatomia artistica, storia dell’arte, disegno architettonico, geometria teorica e pratica.

14. Carano C., op. cit., p. 17.

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Figura 19. Amedeo Trivisonno, L’Annunciazione e La Visitazione, 1935-1938, affreschi della Cattedrale della SS. Trinità , Campobasso. Figura 20. Amedeo Trivisonno, La moltiplicazione dei pani e dei pesci, 1935-1938, affreschi della Cattedrale della SS. Trinità , Campobasso.

I mosaici di Monreale, nella penombra della Rivelazione

opinione diffusa che attualmente l’interno del Duomo di Monreale sia il luogo più bello del mondo in cui un vescovo possa sedere in cattedra, per immedesimarsi con Gesù Cristo, Mediatore unico fra Dio e il proprio popolo. L’apparato musivo che si stende su tutte le sue pareti lo rende un’icona quadridimensionale. Un capolavoro di arte sacra assolutamente unico. Anche la sua genesi è più unica che rara.

La Montagna del Re dominava Palermo con i suoi boschi e la sua ricca selvaggina. Nessuna traccia di antropizzazione nella riserva di caccia dei Re di Sicilia, Sino al 1173, quando il giovane Guglielmo II (1153-1189) decise di rendere il luogo sede principale di una nuova diocesi, con una nuova cattedrale ad appena 8 km da quella di Palermo. Poteva farlo e lo fece, in virtù della legazia apostolica concessa dalla Santa Sede al suo bisnonno Ruggero I d’Altavilla. Nacque cosı̀ un monumento di fede viva, la cui luminosità diafana rischia di essere oscurata da fraintendimenti maliziosi. Il primo equivoco: ci sarebbe già stato qui un luogo di culto islamico trasformato poi in chiesa? A parte il fatto che lı̀ in precedenza c’era soltanto natura incontaminata, i musulmani non avevano prodotto nulla di originale prima di episodi come la moschea di Cordoba. E anche dopo, l’arte islamica sarà frutto di rielaborazione di stilemi generati da altre civiltà . Il secondo inganno: l’enorme complesso monastico sarebbe una ostentazione di potere per schiacciare velleità di ribellione da parte dei sudditi? Si tratta di una visione orizzontale, materialista, sociologica, che non spiega affatto il prodigio di un cantiere di brevissima durata, una maragma trasSigurata in un batter d’occhio, che fece tesoro di tutta la creatività di molti cristiani esemplari del millennio precedente nel produrre cultura ed arte. Per essere oggettivi occorre ammettere che la basilica, in sé , non è architettura in senso pieno. Forse per la fretta oppure perché lo scopo prioritario era quello di rendere protagonista il programma iconograSico musivo, la costruzione è una composizione di due vasti volumi: uno pressocché a croce greca (il santuario); l’altro basilicale a tre navate. Di realmente signiSicativo ci sono, all’interno ed all’esterno, le tre absidi. Resta insuperato il modello architettonico quasi perfetto della Basilica di Santa SoSia a Costantinopoli, forse la cattedrale più riuscita della storia dell’umanità

distinguere il giorno dalla notte; servano da segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni/ e servano da luci nel firmamento del cielo per illuminare la terra». E cosı̀ avvenne:/ Dio fece le due luci grandi, la luce maggiore per regolare il giorno e la luce minore per regolare la notte, e le stelle./ Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra/ e per regolare giorno e notte e per separare la luce dalle tenebre. E Dio vide che era cosa buona./ E fu sera e fu mattina: quarto giorno (Genesi 1, 14-19).

Guglielmo il Buono dimostrò di essere mosso da una fervida fede. Ordinò di erigere un monastero che si occupasse della pastorale nell’ultima enclave musulmana di Sicilia (sparirà anche questa nel 1246) e una chiesa cattedrale nella quale si celebrasse con il massimo decoro possibile, chiedendo ai monaci di pregare per la sua anima, come attesta in particolare la supplica alla Beatissima Vergine Odigitria mosaicata sopra il portale principale, quello ad ovest. Lı̀ si può leggere in latino SPONSA SUÆ PROLIS, O STELLA PUERPERA SOLIS, PRO CUNCTIS ORA, SED PLUS PRO REGE LABORA (“Sposa della sua Prole, o Stella puer-

Cultura
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Figura 1. Dio disse: «Ci siano luci nel firmamento del cielo, per

Ciro Lomonte (Palermo 1960) è un architetto, personaggio pubblico e politico, esperto in arte sacra.

Dopo la maturità ha studiato presso le facoltà di architettura dell’Università di Palermo e del Politecnico di Milano.

Dopo la laurea ha iniziato a lavorare presso studi privati di architettura; in uno di essi conobbe l’architetto Guido Santoro, con il quale strinse amicizia e sodalizio professionale.

Dal 1987 al 1990 ha partecipato all’elaborazione del piano di recupero del centro storico di Erice.

Nel 1988 inizia le sue ricerche nel campo dell’arte sacra. Ha partecipato alla rideSinizione di molte chiese, in particolare Maria SS. delle Grazie a Isola delle Femmine, Maria SS. Immacolata a Sancipirello, Santo Curato d’Ars a Palermo ed altre. Attualmente, insieme a Guido Santoro, sta adeguando l’interno della chiesa di Santa Maria nella città di Altofonte vicino Palermo.

Dal 1990 al 1999 ha diretto la Scuola di Formazione Professionale Monte Grifone (attuale Arces) a Palermo.

Dal 2009 è docente di Storia dell’Architettura Cristiana Contemporanea nel Master di II livello in Architettura, Arti Sacre e Liturgia presso l’Università Europea di Roma.

Nel 2017 e nel 2022 è stato candidato sindaco di Palermo per il partito indipendentista Siciliani Liberi, di cui è stato eletto Segretario Nazionale nel 2018.

E5 autore e traduttore di numerosi libri e articoli dedicati alla architettura sacra contemporanea.

Nel 2009, insieme a Guido Santoro, ha pubblicato il libro “Liturgia, cosmo, architettura” (Edizioni Cantagalli, Siena).

pera del Sole, per tutti quanti prega, ma di più per il Re sii prodiga”).

Il criterio di base fu quello identiSicato dal contemporaneo Onorio di Autun: lo scopo dell’arte sacra è rendere gloria a Dio, servire degnamente alle celebrazioni, fare da libro aperto per i laici. I 6.350 mq di mosaico sono proprio questo, i volumi delle Scritture srotolati sulle pareti, a partire dal Pantocratore del catino absidale, che ricapitola tutto in Sé . Immagine sindonica, tiene sulla mano sinistra il vangelo aperto al versetto 13 del capitolo 8 di Giovanni: IO SONO LA LUCE DEL MONDO; CHI SEGUE ME, NON CAMMINERÀ NELLE TENEBRE, in latino ed in greco.

Secondo studi recenti la cattedrale venne orientata al sorgere del sole il 15 agosto, festa liturgica dell’Assunzione di Maria, e fu proprio in tale giorno del 1176 che Guglielmo II offrı̀ la chiesa alla Madonna nell’ediSicio ancora in costruzione. Questa dedicazione è rappresentata nel pannello musivo che si trova di fronte alla tribuna del Re, luogo eminente del legato apostolico del Papa.

Tutta l’architettura obbediva qui, come consueto nel Medioevo, all’esigenza di fare da orologio solare, generando le condizioni migliori afSinché il cosmo collaborasse alla celebrazione dei tempi liturgici collegati alle stagioni dell’anno e la luce favorisse l’impegno dei monaci a vivere l’opus Dei benedettino nelle ore del giorno indicate. Tutto ciò è oggi meno percepibile di allora, a causa dell’introduzione dell’anno bisestile con il calendario gregoriano, nel 1582. C’è circa una settimana di slittamento rispetto alle origi-

è ottenuta con l’intreccio di archi ad ogiva, di ispirazione normanna, in conci di calcarenite locale, e decorazioni di pietra lavica.

ni. Sempre secondo questi studi, il sole tramontava in asse con la Sinestra della controfacciata il 2 febbraio,

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Figura 2. Esterno dell’abside principale. La fine composizione

donna Odigitria con una fiduciosa invocazione in latino.

il Duomo di Monreale alla Madonna assisa in trono.

la festa della Presentazione al Tempio, detta Candelora.

I raggi solari entravano a mezzogiorno dalle Sinestre della parete meridionale della navata principale, illuminando le basi delle colonne nel lato settentrionale il 24 giugno, festa di S. Giovanni Battista (janua inferi, perché da allora in poi le giornate si accorciano) ed i capitelli il 25 dicembre, Natale di Gesù Cristo (janua cœli, tappa dell’anno a partire dalla quale le giornate si allungano), mentre formavano una striscia di luce al centro della navata il 15 agosto, solennità dell’Assunzione della Madonna. Poi, il 25 aprile del 1267, la cattedrale venne consacrata e dedicata alla Natività di Nostra Signora, divenendo cosı̀ S. Maria la Nuova. Sotto il Pantocratore, nell’abside principale, era stata rafSigurata sin dall’inizio la Vergine Theotókos (Madre di Dio) Panachrantos (tutta priva di macchia), assisa in trono come una Regina, Sedes Sapientiæ, con il Bambino in braccio ed un puriSicatoio in mano, partecipe della liturgia celeste. Qual era pertanto l’impiego della luce naturale agli inizi del Duomo di Monreale? Le Sinestre, ben collocate rispetto all’irraggiamento solare, consentivano diversi tipi di carezze luminose che risvegliavano delicatamente, rivelandola agli occhi dei fedeli, l’ani-

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Figura 3. Mosaici della controfacciata, con storie di S. Castrenze. Nella nicchia ogivale, sopra il portale di Bonanno Pisano, mosaico della Ma- Figura 4. Guglielmo II d’Altavilla, vestito in abiti diaconali come spettava al Re di Sicilia in cattedrale per il suo ruolo di legato apostolico, offre

Figura 5. L’immenso Dio Figlio Pantocratore del catino absidale, con il nimbo (aureola con la croce inscritta) che lo distingue da Dio Padre, il vangelo di Giovanni aperto al capitolo 8 nella mano sinistra e la mano destra benedicente, in modo che le dita ricordino i due misteri principali della fede.

Figura 6. E Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra» (Genesi 1, 26). Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente (Genesi 2, 7).

ma delle superSici dorate e policrome, secondo le necessità . Era la penombra della Rivelazione, era la corrispondenza alla pedagogia divina, mai prevaricatrice nei confronti della libertà degli esseri umani. Del resto le celebrazioni avvenivano solitamente al mattino e la liturgia delle ore richiedeva soltanto l’illuminazione circoscritta degli stalli del coro.

L’impiego della luce artiSiciale è attestato dalla presenza di ganci metallici nelle cornici marcapiano delle absidi e sulla sommità dei pulvini della navata. Ci dovevano essere carrucole nel presbiterio, a sostenere lampadari a grappolo, per più candele, uno sopra all’altro in alcune zone.

Il tutto doveva sicuramente obbedire alla gerarchia dei luoghi. Il santuario aveva maggiore bisogno di illuminazione rispetto alla navata. Anche la differenza di pavimentazione lo attestava. Quella originaria della navata era in semplici basole grigie.

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Anche i bracci del transetto erano fondamentali: quello meridionale è ricco di scene selezionate per celebrare la liturgia quaresimale; quello settentrionale serviva da Pasqua a Pentecoste. Al momento sono parzialmente oscurati dalle ingombranti canne dell’organo realizzato nel 1968.

Oggi la tecnologia ha fatto passi da gigante. A maggior ragione dobbiamo fare grande attenzione alla modulazione della luce. L’inquinamento luminoso, come quello acustico, tipici delle chiassose mode attuali, nuoce alla liturgia. Bisogna evitare soluzioni psichedeliche: ridurrebbero le celebrazioni ad intrattenimento insigniSicante, trasformerebbero le cattedrali in parchi per il divertimento ed il consumo di emozioni. L’occhio umano non può sopportare i bagliori accecanti della luce piena.

«Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto»,

cosı̀ leggiamo nella prima lettera di S. Paolo ai Corinzi (13, 12). I viandanti della fede, in cammino verso la meta fra i tormenti del mondo e le consolazioni del Cielo, saranno resi capaci di contemplare la Luce assoluta del Sommo Bene e della Bellezza per Essenza se avranno corrisposto con amore all’Amore di Dio.

è stata inserita una decorazione barocca a marmi mischi e tramischi nel contesto dell’architettura siculo normanna.

Un progetto di illuminazione, per essere all’altezza delle straordinarie caratteristiche peculiari del Duomo di Monreale, dovrà tenere conto di alcuni criteri. Innanzitutto vanno ripristinate le Sinestre nella loro posizione originaria, a ridosso della fascia mosaicata del vano. Quelle attuali, con lastre di vetro poco eleganti, sono state spostate verso l’esterno, lasciando a vista una parte del vano in conci di nuda calcarenite. Gli inSissi andrebbero sostituiti con lastre traforate, lapidee o metalliche, come quella dell’abside principale. In tal modo Siltrerebbero la luce naturale che piove sui mosaici, le cui tessere d’oro consunte si auspica vengano sostituite in un futuro non troppo lontano. Dai davanzali delle Sinestre nelle navatelle vanno rimossi tutti i vistosi corpi illuminanti attuali. Con una luce ben distribuita l’occhio percepirebbe l’unità dell’insieme, soffermandosi su di una o un’altra zona solo in relazione alla gerarchia dei luoghi ed ai tempi dell’anno. Nel caso del santuario, per esempio, la luminosità dovrebbe essere abitualmente maggiore di quella della navata e le scene delle pareti dedicate al Vangelo dell’Infanzia andrebbero illumi-

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Figura 8. La parte bassa del diaconicon è stata trasformata nella cappella della venerata Madonna del Popolo. Con grande garbo, Figura 7. Dall’immagine della Sapienza Divina, mosaicata in cima all’arco trionfale, prende avvio tutta la narrazione della storia della salvezza.

nate di più nel Tempo di Avvento e in quello di Natale. I due lati del transetto dovrebbero essere illuminati maggiormente in Quaresima l’uno, nel Tempo Pasquale l’altro.

Protesis e diaconicon (le due absidi minori) non richiedono molta luminosità . Invece nella navatella meridionale occorre dare risalto alla preziosa icona di Guglielmo (la venerata tavola lignea, collocata con un supporto appositamente disegnato a Sianco della torre meridionale), che rappresenta la Madonna Odigitria; come pure alla nicchia con quella meraviglia della scultura bronzea rinascimentale che è il S. Giovanni Battista.

Nel caso della navata, molto buia durante le celebrazioni, bisognerebbe migliorare la luminosità con luce riSlessa o diffusa, non diretta. E5 meglio evitare sospensioni. Il coronamento dei pulvini è sufSicientemente largo per ospitare corpi illuminanti. Per quanto riguarda le coperture si potrebbe ipotizzare di alloggiare dei fari nelle Sinestre della navata, in quanto resterebbero nascosti alla vista. Bisogna tenere conto del fatto che ogni parte della basilica ha sofSitti differenti, a capriate, a cassettoni, a stalattiti.

In tal modo il Duomo di Monreale verrà sapientemente goduto dai celebranti e dai fedeli nella penombra della Rivelazione. Anche i visitatori consapevoli saranno guidati dalla luce, alla scoperta di un racconto che parte dall’immagine della Sapienza Divina, rafSigurata sulla chiave dell’arco trionfale, e poi, dall’alba della Creazione, va ben oltre i tempi di un Regno di Sicilia che lasciava i contemporanei storditi per l’ammirazione. Perché lo sguardo del Pantocratore abbraccia e ricapitola in sé tutte le cose.

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Figura 9. Registri inferiori della navata centrale. In alto parete settentrionale, dalla promessa di Dio ad Abramo alla lotta di Giacobbe con l’angelo. In basso parete meridionale, dalla costruzione dell’arca di Noè alla visita dei tre ospiti ad Abramo. Figura 10. Capriate della navata centrale. Figura 11. Icona di Guglielmo, XII secolo.

La scoperta della vitamina B3

Con i termini vitamina B3, PP o niacina vengono indicati sia l'acido nicotinico che la sua amide, la nicotinamide. La scoperta di tali composti è legata alle ricerche svolte sulla causa della pellagra. Fa parte delle cosiddette vitamine idrosolubili, quelle cioè che non possono essere accumulate nell’organismo, ma devono essere regolarmente assunte con l'alimentazione. Sotto forma di coenzimi partecipano a numerose reazioni di ossidoriduzione, sia a livello dei processi catabolici sia di quelli anabolici, quali sintesi di acidi grassi e aminoacidi. Favorisce la crescita, la digestione, la circolazione del sangue, gli ormoni sessuali e una bella pelle. Necessaria per la salute mentale, del sistema nervoso e delle articolazioni. Viene usata in dosi massicce (Qino a 50 g al giorno) nella cura delle psicosi. Una delle due forme di questa vitamina, la niacina o acido nicotinico, ha inoltre la notevole capacità di “stanare” i veleni accumulati nei tessuti grassi (residui di: medicine, droghe, additivi alimentari, inquinamento ambientale, ecc...), di mobilizzarli e di favorirne l’eliminazione. Inoltre elimina radiazioni di vario tipo (gamma, X, solari, ecc...), anche se assorbite molti anni prima. Date le imponenti reazioni che può dare (rossori, pruriti, vasodilatazione, aumento del Qlusso sanguigno cerebrale, ipotensione, nausea), va usata sotto la guida di persone esperte.

La niacina può essere sintetizzata a partire dal triptofano, un aminoacido essenziale. Il fabbisogno di triptofano e di niacina viene quindi espresso globalmente come "niacina equivalenti". La niacina, introdotta nella dieta sotto forma dei coenzimi NAD e NADP, viene assorbita dopo idrolisi da parte degli enzimi intestinali, e in parte dopo deaminazione. La niacina è molto diffusa negli alimenti di origine animale, e, poiché come già detto viene sintetizzata dall’organismo a partire dall’aminoacido triptofano, una dieta a base di proteine ne garantisce un apporto sufQiciente.

In particolare, troviamo la vitamina PP nel lievito, negli alimenti di origine animale (soprattutto fegato, rene, cuore, carne di manzo, carni bianche), in alcuni pesci (salmone, spada, tonno); e risulta sufQicientemente stabile ai processi di cottura, alla luce ed al calore. Tra gli alimenti di origine vegetale, ricordiamo gli spinaci, le arachidi e soprattutto la farina di

frumento integrale; mentre nella farina di mais, al contrario, è presente una forma legata di nicotinamide, che non risulta essere biodisponibile. Verdura e frutta presentano uno scarso contenuto in niacina, come anche il latte e le uova, i quali, tuttavia, contengono il triptofano, suo precursore.

Una insufQiciente assunzione di niacina e triptofano porta nel tempo all'insorgenza della pellagra, una malattia caratterizzata da lesioni a carico della cute (dermatite), dell'apparato digerente (diarree) e del sistema nervoso centrale (demenza), mentre dosi elevate di acido nicotinico dell’ordine di 500 mg/die provocano danni al fegato, e dosi ancora più elevate (3-6 g/die) provocano vasodilatazione con conseguente ipotensione.

Il fabbisogno giornaliero è di 13-18 mg, tendente ad aumentare nelle diete ipercaloriche.

L'acido nicotinico è stato sintetizzato nel 1867, ma il suo ruolo vitaminico sarà preso in considerazione soltanto settant'anni dopo. La scoperta della niacina come vitamina deriva da ricerche condotte sulle cause della patologia nota come pellagra e fu C. Punk che nel 1912 avanzò l'ipotesi che la malattia fosse dovuta alla carenza di un fattore nutrizionale.

La pellagra è una malattia molto diffusa nelle zone povere, osservata anche del nostro Paese Qino all’inizio del ‘900, soprattutto nelle zone in cui si consuma farina di mais, povera di niacina e ricca di antivitamina PP, una sostanza che si combina con la vitamina PP e la rende non disponibile per l’organismo. Tipici sintomi della pellagra sono dermatiti, macchie e desquamazioni epidermiche, disturbi intestinali, diarrea, Qino ad alterazioni neurologiche, come la demenza.

La pellagra (da "pelle agra” ovvero "pelle ruvida”), per la prima volta identiQicata tra i contadini spagnoli da Don Gaspar Casal nel 1735, è descritta nel XVIII

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*Farmacista

secolo in America del Nord e in Italia, nel Veneto, dove la dieta, specialmente fra i più poveri, è costituita quasi esclusivamente da granturco.

Il mais si diffuse rapidamente per la sua grande resa colturale rispetto all’orzo, al grano e alla segale, e sotto certi punti di vista salvò le popolazioni dalle grandi carestie. Il suo uso quasi esclusivo aveva però come conseguenza il manifestarsi della pellagra (senza contare che esso è mancante di alcuni amminoacidi essenziali).

Nel secolo scorso la pellagra era stata inizialmente considerata una malattia infettiva. Tuttavia, nel 1914 Joseph Goldberger, ufQiciale medico del servizio sanitario pubblico degli Stati Uniti, su incarico del Congresso, veriQicò l’ipotesi che la patologia potesse essere causata da una deQicienza alimentare e scoprı̀ che, con una dieta a base di latte fresco e carne, essa veniva prevenuta e curata. Infatti uno dei primi trattamenti anti-pellagra era considerato il consumo di 1,5-2 pinte di latte bovino. Gli studi di Goldberger considerati pionieristici nell’ambito dell’epidemiologia vennero condotti in due orfanotroQi del Mississippi, in due reparti femminili del più grande manicomio della Georgia, e, successivamente, tra gli addetti alla lavorazione del cotone in South Carolina. A conforto del carattere non infettivo della malattia, vi era ad esempio il fatto che questa fosse largamente diffusa tra le pazienti internate nel manicomio, mentre risparmiava del tutto il personale che viveva a stretto contatto con esse; o ancora, che fosse strettamente correlata a fattori socio-economici, presente infatti nella popolazione povera, risultava assente nel ceto più agiato.

Ventitré anni più tardi, Conrad Arnold Elvehjem ed i suoi collaboratori dell'Università del Wisconsin Madison, dopo aver ottenuto, da un estratto deproteinizzato di fegato, una frazione di acido nicotinico e nicotinamide, dimostrarono che queste molecole avevano la proprietà di guarire una malattia dei cani conosciuta per la sua sintomatologia come black tongue (lingua nera), nota da tempo per essere equivalente alla pellagra umana. Pertanto, fu introdotto il termine vitamina PP (Pellagra Preventing) che scaturisce proprio da queste ricerche, in quanto esse rivelano l’azione di prevenzione della vitamina nei confronti della pellagra.

Successivi studi metabolici identi namide quale componente strutturale fondamentale dei coenzimi NADH/NAD

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Figura 2. ossidata (NAD nella forma ossidata (NADP Figura 1. a) acido nicotinico o niacina; b) amide dell’acido nicotinico o niacinamide. a) b) b) a)

tre usato da altre classi d’enzimi che lo impiegano come substrato in reazioni coinvolte nella riparazione del DNA, nel controllo dell’espressione genica, nella regolazione del metabolismo energetico e nella mobilizzazione degli ioni Ca2+ intracellulare. Il NAD è da considerarsi uno dei metaboliti più abbondanti negli organismi viventi ed il suo rapido consumo da parte degli enzimi che lo usano come substrato ne stimola il costante rifornimento. Nei soggetti affetti da pellagra la diminuzione dei livelli cellulari di NAD e NADP è il risultato di una dieta carente dei suoi precursori, infatti dallo stesso Elvehjem fu dimostrato come animali affetti da pellagra presentavano una signiQicativa diminuzione dei livelli di NAD e NADP nei muscoli e nel fegato.

Tra le patologie da carenze vitaminiche, la pellagra rimane senz’altro quella più diffusa del passato: si stima che, solo negli Stati Uniti, oltre 100.000 persone sono morte a causa della pellagra tra il 1900 e il 1940, quando la malnutrizione dovuta alla povertà ha rappresentato la principale causa della malattia.

La pellagra è stata deQinita come la malattia delle 4 D (Dermatitis, Diarrhea, Dementia, Death) e mostra sintomi come la disepitelizzazione (desquamazioneperdita della pelle) delle mani e del collo, diarrea, perdita di appetito e di peso, lingua arrossata e gonQia, depressione e ansia.

Oggi la deQicienza di vitamina B3 è un evento molto raro nei Paesi industrializzati, tuttavia diverse situa-

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Figura 5. Segni dermatologici della pellagra. Figura 4. Conrad Arnold Elvehjem (1901-1962).

zioni Qisiopatologiche, come varie malattie neurodegenerative (Parkinson, Alzheimer), sindrome metabolica, HIV, malattie autoimmuni, dipendenza da alcol, anoressia, nonché numerose patologie legate all’invecchiamento sembrano riprodurre una o più manifestazioni pellagra-simili. Inoltre disturbi pellagra–simili (dermatite, disturbi psichici) sono tipici di una malattia metabolica nota come malattia di Hartnup, causata da un’anomalia nel trasporto gastrointestinale e renale di alcuni amminoacidi tra cui il triptofano (precursore della vitamina B3). Tali sintomi vengono alleviati ed in alcuni casi prevenuti dalla somministrazione della vitamina.

La pellagra umana è oggi rara anche in Italia, nella forma di carenza primaria del fattore speciQico o dei suoi vettori. Come problema sociale, il problema della pellagra, in tempi di normale approvvigionamento, ha cessato di esistere. I casi che qua e là si osservano non sono dovuti a carenza di introduzione, ma a difetto di utilizzazione (avitaminosi e ipovitaminosi secondarie). Enterocoliti croniche, Qistole gastrodigiunocoliche, tumori gastrici, ecc. rendono talvolta non assorbibile la vitamina normalmente assunta o la alterano nel tratto digerente; compare in tal caso il quadro della pellagra o una sindrome pellagrosimile. Va inQine ricordato che parte del fabbisogno di vitamina PP è coperto anche nell'uomo dall'attività sintetizzatrice della Qlora batterica intestinale, pertanto, anche le perturbazioni qualitative e quantitative del-

la Qlora intestinale possono essere causa d'ipovitaminosi.

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Figura 6. Segni dermatologici della pellagra.
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