5 minute read

Storia della digitale

La digitale è una pianta erbacea diffusa in tutta Europa appartenente alla famiglia delle Scrophulariaceae. Il nome Digitalis, derivante dal latino, attribuito alla pianta da Leonhart Fuchs, allude alla forma del Hiore che ricorda quella di un ditale o un dito di guanto.

Fra le varie specie, quelle di interesse terapeutico sono la Digitalis purpurea (con Hiori rossi e grandi) e la Digitalis lanata (con Hiori piccoli e bianchi). Tutta la pianta di Digitalis è velenosissima. Sono particolarmente tossiche le foglie del secondo anno. Le foglie delle piante selvatiche sono più ricche di principi attivi di quelle coltivate. Si raccolgono le foglie al momento della Hioritura, possibilmente dopo mezzogiorno e con il tempo asciutto. Le foglie di ambedue le piante sono ricche di principi attivi chiamati glucosidi (es. digitossina e digossina) e devono essere raccolte durante il secondo anno di vita, prima della Hioritura. Queste piante contengono in quantità variabile, a seconda della parte della pianta considerata, dei principi di natura glicosidica ad azione cardiotonica, il cui effetto principale è quello di aumentare la contrattilità cardiaca. I glucosidi che si estraggono dalle foglie si usano in piccolissime dosi perché , a dosi elevate, sono velenosi e mortali. Mai portare i Hiori di Digitalis purpurea in bocca!

Advertisement

Secondo le ricerche effettuate da Dafert, il contenuto in glucosidi raggiunge la massima concentrazione nelle ore pomeridiane, perché sono utilizzati dalla stessa pianta durante la notte. Il contenuto di glicosidi cardioattivi della digitale dipende da molti fattori che ne inHluenzano la biogenesi. Tra i più importanti sembra siano da annoverarsi la stagione della raccolta, i mutamenti di temperatura, l'esposizione alla luce e specialmente l’età della pianta. Sono state osservate variazioni della percentuale di glicosidi nelle varie ore del giorno, con valori massimi verso mezzogiorno e minimi nella notte. Le foglie sono state a lungo impiegate per la preparazione di un infuso che ormai da tempo non viene più utilizzato, sia perché si decompone rapidamente sia perché la sua composizione in principi attivi può variare in funzione delle foglie utilizzate.

Le principali differenze fra i vari glucosidi digitalici riguardano la rapidità e la durata d'azione. In ambito scientiHico, la Digitalis purpurea è l’unica pianta ap- partenente al suo genere che può essere utilizzata a scopo terapeutico. In medicina, infatti, è molto nota per all’estrazione di attivi cardiotonici, il cui meccanismo provoca un aumento della contrazione miocardica, con effetti inotropi positivi. La digitale o meglio i suoi glucosidi hanno una pre cisa indicazione nel trattamento del cuore scompen sato o insufHiciente. Il cuore in questa situazione non è più capace di mantenere una gittata adeguata ai fabbisogni dell'organismo e come conseguenza il soggetto presenta gonHiore agli arti inferiori, dilatazione cardiaca, difHicoltà respiratorie (dispnea) e colorazione bluastra della pelle (cianosi). La somministrazione di glucosidi digitalici determina un aumento della velocità e della forza di contrazione del muscolo cardiaco e di fatto il cuore immette in circolo più sangue senza aumentare il consumo di ossigeno necessario alla contrazione. Con trattamento digitalico, si ha generalmente dopo pochi giorni una condizione di riequilibrio e il paziente può ritornare, con cautela, alle normali attività . La digitale comunque ha un indice terapeutico (rapporto tra dose terapeutica e dose tossica) molto basso, il che necessita un continuo monitoraggio nell’uso.

Questa pianta è conosciuta da secoli per le sue proprietà farmacologiche. Anticamente le proprietà medicinali della digitale non erano conosciute, anche se Ovidio la cita ne Le Metamorfosi. In Italia, in Grecia ed in Asia Minore le piante di diverse specie di Digitalis crescevano frequentemente, tuttavia non furono utilizzate dai medici greci e latini. Le antiche cognizioni mediche si basavano quasi esclusivamente sui testi di Dioscoride e di Plinio, perciò , per tutto il Medioevo (dove il suo estratto veniva utilizzato per avvelenare le punte delle frecce e le lame delle spade) ed il Rinascimento, le virtù medicinali della digitale rimasero ignorate.

La digitale è una pianta che nella medicina popolare veniva usata per curare le ferite, ma in epoca classica, ai tempi degli antichi greci e romani, l’aspetto grazioso ha condizionato il suo utilizzo per scopi solamente ornamentali. Le sue proprietà farmacologiche vennero scoperte solamente alla Hine del 1500 grazie al medico francese Jodocus Marchius Montesio di Berg a Strasburgo, autore del libro De simplicium medicamentorum facultatibus dove la Digitalis purpurea era annoverata come pianta dalle virtù cardioattive. Questa qualità fu confermata da alcune ricerche cliniche condotte nel 1700 dal medico italiano Giovanni Rasori che ne scoprı̀ anche un ulteriore effetto diuretico. Le applicazioni medicinali degli estratti della Digitalis purpurea, per il trattamento dello scompenso cardiaco, furono scoperte per la prima volta dall’inglese William Withering nel 1785 e illustrate nel suo libro An account of the foxglove and some of its medical uses; with practical remarks on the dropsy, and some other diseases (Un resoconto sulla digitale e alcuni impieghi in medicina; con note pratiche sulla congestione e su altre malattie). Foxglove è il nome popolare inglese di questa pianta. Nel 1775 Withering visitò una paziente affetta da scompenso cardiaco; avendola trovata molto grave, era convinto che sarebbe morta presto, ma quando ripassò , dopo qualche tempo, la donna era viva e stava meglio. Aveva utilizzato un infuso erboristico che conteneva, tra l’altro, digitale. Il dottor Withering si impegnò nello studio di questa pianta e dopo averla sperimentata per dieci anni, nel 1785 ne introdusse ufHicialmente l’uso per la cura dello scompenso cardiaco. Il suo libro ne è la testimonianza: sono citati oltre 100 casi trattati, con un’accurata descrizione degli effetti favorevoli e indesiderati, e con suggerimenti per l’utilizzo.

Negli anni successivi la terapia digitalica non raggiunge un rilevante sviluppo, anzi cade in discredito e questo è dovuto al fatto che il farmaco viene impiegato fuori dalle indicazioni terapeutiche, ristrette ma corrette, di Whirtering, sia perché viene utilizzato a dosaggi inadeguati (troppo bassi o troppo alti e quindi tossici), e inHine perché vengono utilizzate con molta probabilità preparazioni inattive.

Fino al 1880 la digitale viene quindi impiegata in modo generalizzato spesso a dosaggi tossici e per un'ampia varietà di stati morbosi; il risultato è che acquista una cattiva fama e praticamente non viene più utilizzata.

Solo nel 1842 R.P. Debreyne lo indicò deHinitivamente come cardiotonico. Da questo momento in poi si avviarono ulteriori studi clinici che portarono ad isolare il principio attivo della pianta. Si tratta del glicoside, chiamato anche digitalico. Sono necessarie decine di anni per valutare esattamente la digitale e per precisare il corretto impiego del farmaco. Impiego fondamentalmente indirizzato al trattamento dell'insufHicienza cardiaca e delle aritmie. Contemporaneamente si riesce ad isolare i principi attivi e ad individuarne la struttura chimica.

Le ricerche chimiche sui principi attivi della Digitalis purpurea furono iniziate da autori francesi sin dai primi decenni del secolo scorso. Verso il 1869 Nativelle riuscı̀ per primo a preparare la “digitalina cristallizzata”, che è stata successivamente denominata digitossina da Schmiedeberg. Indagini successive furono condotte alla Hine del XIX ed all'inizio del XX secolo da Kiliani, da Cloetta e specialmente da Windaus.

Ancora oggi la digitale è l’unico farmaco inotropo (cioè che aumenta la contrattilità cardiaca) sommini- strabile per bocca, ed è indicato in molti pazienti con insufHicienza cardiaca e Hibrillazione atriale.

Oggi i farmaci contenenti glicosidi digitalici sono prodotti industriali, molto sicuri perché puriHicati, ma soprattutto perché dosabili con assoluta precisione.

Bibliografia

1. Caprino L., Il farmaco, 7000 anni di storia, dal rimedio empirico alle biotecnologie. Armando editore 2011, pp. 146-150

2. Wilkins M.R., Kendall M.J., Wade O.L., William Withering and digitalis, 1785 to 1985. Br Med J (Clin Res Ed). 1985 Jan 5;290(6461):7-8. doi: 10.1136/bmj.290.6461.7. PMID: 2578077; PMCID: PMC1415366.

3. Fulton J.F., Charles Darwin and the history of the early use of digitalis. In Bull N Y Acad Med, vol. 10, n. 8, agosto 1934, pp. 496-506.

4. Couplan F., Le piante e i loro nomi. Storie insolite. Eo ditions Quae, 2012 p. 47.

5. Walz G.F., Ueber Digitalis purpurea. Neues Jahrbuch fü r Pharmacie und verwandte Fä cher, 1858, 302-15.

6. Nativelle C.A., J. Pharmacodyn., 1869, 9, 255-62.

7. Schmiedeberg O., Arch. f. exp. Path. u. Pharm., 1875, 3, 16.

8. Kiliani H., Ueber Digitoxin. Arch. Pharm., 1896, 234.7, pp. 481-89.

9. Cloetta M., Arch. f. exp. Path. u. Pharm., 1898, 41, 421; 1920, 88, 113; 1926, 112, 261.

This article is from: