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Il coraggio di Martino

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Le Olimpiadi

Le Olimpiadi

Il disastro del Vajont si è verificato il 9 ottobre del 1963, quando una grande frana precipitò nel lago artificiale sul torrente Vajont e sollevò un’onda gigantesca. Quest’onda distrusse molti paesi del fondovalle, tra cui Longarone. Morirono 1917 persone.

Uno schianto improvviso, terribile, lo fece sobbalzare.

Sentì il suono di una voce immensa, spaventosa. Una voce straniera che proveniva dal cielo.

Martino si voltò.

La voce del cielo aveva urlato la sua frase incomprensibile. E ora Martino vedeva una lama di luce calare dal cielo. Era un’onda immensa che avanzava velocissima verso Longarone.

– È crollata la diga! – urlò.

Afferrò gli amici per le braccia e li tirò a sé, costringendoli a correre. Prima di abbattersi su Longarone e sulle frazioni circostanti, l’ondata colpì i pali dell’alta tensione. Un lampo illuminò per un attimo, a giorno, l’intera vallata. Poi la corrente elettrica andò via e tutto cadde nel buio più nero di una notte senza stelle.

Martino quella notte aveva sognato che un mostro a tre teste aggrediva il suo paese. Si era trattato, quindi, di un sogno premonitore, un sogno capace, cioè, di preannunciare un evento futuro.

Quell’evento ora stava accadendo di fronte a lui. Fu grazie a quel sogno se Martino capì tutto prima degli altri. Urlò più forte degli altri e per primo montò in sella alla bicicletta per allertare i suoi concittadini.

– Fuggite, la diga è crollata! – urlava sfrecciando davanti alle case, ai palazzi, ai caffè, ai ristoranti. – Mettetevi in salvo!

Una violenta corrente d’aria fece esplodere i vetri di tutte le finestre.

“Non morirò in un mercoledì qualsiasi” si ripeté Martino, mentre pedalava con una potenza che non aveva mai sospettato d’avere, prima di quel giorno. Spingeva sui pedali, Martino, e per la prima volta dall’inizio di quella lunga giornata, aveva la mente sgombra. A un tratto un pensiero lo raggiunse e lo motivò a mettere ancora più energia nelle sue pedalate: “Non ho nessuna voglia di diventare un’altra fotografia sulla mensola di cristallo”.

Martino si ripeté che non sarebbe morto in un qualsiasi mercoledì di ottobre. Lui non sarebbe morto a causa della diga del Vajont.

E allora pedalò più forte, assieme ai suoi amici Diana e Cosimo che lo seguivano a breve distanza. Tagliarono il paese in volata, urlando a più non posso. Fu in questo modo che quei ragazzi riuscirono a dare l’allarme.

C Omprensione C

L’idea principale di un testo è l’argomento centrale del racconto.

Qual è l’idea principale di questo testo?

La paura di fronte a un terribile disastro.

La paura e il coraggio in una situazione di pericolo reale.

Quale informazione implicita puoi dedurre da questa frase?

“Non ho nessuna voglia di diventare un’altra fotografia sulla mensola”. Martino: non vuole essere un eroe. non vuole morire.

La voce del cielo aveva urlato la sua frase incomprensibile” significa che: molte persone si erano messe a urlare contemporaneamente perché spaventate dal crollo della diga. c’era un gran rumore e non se ne capiva l’origine e il motivo.

Life Skills

Avere il coraggio di sbagliare vuol dire mettersi alla prova e capire che si possono affrontare e vincere le proprie paure. Proprio come fa Jordi, il protagonista di questo racconto.

Il sette

Jordi era nato in una famiglia di artisti circensi. Gli piaceva guardare i suoi cugini lanciarsi nel vuoto e afferrare il trapezio-altalena.

Jordi sbagliava spesso: era un bambino.

Ma anche i cugini grandi sbagliavano. Per questo, prima di ogni salto mortale, nel tendone del circo stendevano una rete, perché nessun acrobata, cadendo, si facesse male.

– Non devi avere paura dei tuoi errori, Jordi – gli dicevano i cugini.

Jordi ogni giorno provava e riprovava: aveva iniziato a cinque anni a far volteggiare tre palline. A sei era passato a cinque. Adesso, a otto anni, era pronto per affrontare il sette. Sette birilli da lanciare e rilanciare, senza farli cadere.

E se cadevano, bisognava ricominciare.

Jordi la sera del suo debutto indossava un abito trapunto di lune e stelle, e sui capelli aveva una polvere d’oro che, alla luce dei proiettori, lo faceva brillare come un astro del cielo.

Quella sera aveva respirato a lungo per vincere l’emozione, aveva stretto il suo orso di pezza, aveva asciugato a lungo le mani, perché gli attrezzi non gli scivolassero dalle dita.

Erano stati i tre cugini a presentare Jordi.

– Signore e Signori, per la prima volta nel cerchio magico del circo, ecco a voi Jordi!

Jordi si inchinò.

Jordi fece un nuovo e profondo respiro, tra squilli di trombe e rullio di tamburi.

Il numero era iniziato e tre palline volteggiavano in aria. Dopo il primo applauso, passò a cinque palline e quindi a cinque birilli. Fu quando cadde il primo birillo che il bambino sentì un tuffo al cuore. Raccolse il birillo e ricominciò, ma aveva appena iniziato di nuovo l’esercizio che un altro birillo gli scivolò dalle mani.

Jordi riprovò.

Quando finalmente i cinque birilli volteggiarono in aria senza cadere, decise di inchinarsi e uscire.

Era stanco e avvilito. La sua prima esibizione era stata un disastro, pensava. E gli applausi che udiva non gli davano nessun sollievo. Aveva solo voglia di correre ad abbracciare il suo orso di pezza. Fu allora che i cugini all’improvviso gridarono: – Sette, sette!

Jordi non aveva finito. Doveva uscire, ringraziare, ma anche terminare il suo numero con l’esercizio del sette.

Jordi, nato e cresciuto in un circo, capì per la prima volta cosa volesse dire avere il coraggio di sbagliare.

Ce ne voleva molto di coraggio, per uscire di nuovo e tentare un esercizio che persino durante le prove lo faceva rabbrividire.

Ma tornò in pista e dopo due nuovi squilli di trombe lanciò in aria, uno dopo l’altro, i sette birilli. Avvenne il prodigio.

L’esercizio riuscì subito. Non ci fu bisogno di rifarlo.

C Omprensione C

Qual è lo scopo dell’autrice?

Far capire che è possibile: diventare abili giocolieri. affrontare con coraggio le proprie paure e difficoltà.

L’idea principale è parlare di paura, coraggio e sostegno reciproco raccontando: l’esibizione di un giovane artista. la vita nel circo.

L’autrice ha scelto il titolo “Il sette” per indicare che “arrivare a sette” significa: terminare lo spettacolo con un’esibizione straordinaria. arrivare a un traguardo e superare la paura di sbagliare.

Janna Carioli, Nato straniero, Fatatrac

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