Economia
Economia
Quando il proprio diventa comune
Orologeria
Orologeria
Arte ancestrale, virtuosità artigianale
Aziende Finanza
Tracciare la strada progettando il futuro
Finanza
Se la dipendenza si dimostra una forza
Speciale Vino
Speciale Vino
Cantine d’autore
Società
Ventimila leghe sopra i mari
Estero: Ume 10 Euro Anno XXXV n. 9 • Settembre 2023 Regno Unito: Gbp 9,00; Us: Usd 10,00 Svizzera: Fr. 12.Greenwashing
Parolieri di sostenibilità Greenwashing Parolieri di sostenibilità Aziende
Società
Start up to new heights
Connecting smart capital with innovative ideas
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Emanuele Pizzatti epizzatti@eidosmedia.ch
Maria Antonietta Potsios - mapotsios@eidosmedia.ch
Eleonora Valli evalli@eidosmedia.ch
Hanno collaborato a questo numero
Ettore Accenti, Achille Barni, Michele Blasucci, Ignazio Bonoli, Andrea Conconi, Simona Galli, Simone Gianini, Carole Haensler, Viola Könz, David Mülchi, Frank Pagano, Stelio Pesciallo, Carlo Secchi, Anna Valli
Progetto e coordinamento grafico
Veronica Farruggio grafica@eidosmedia.ch
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Chiusura redazionale: 8 settembre 2023
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ISSN 1664-3798
Editoriale
BRERA SOFA, DESIGN JM MASSAUD POLIFORM.IT
L’arte di... inverdire
La piaga del Greenwashing è dilagante, ben oltre quanto si potrebbe immaginare, eppure anche molto difficile da sradicare. Del resto, tutto è sostenibile, e tutti vogliono diventarlo. I rischi sono però immensi, meglio ricordarlo.
Opinioni
14 Ettore Accenti. La Guerra dei chip è iniziata già da qualche tempo, ma è anche impossibile da vincere.
16 Stelio Pesciallo (in foto). Quali potrebbero essere le conseguenze delle direttive sulla sostenibilità dell’Asb?
18 Ignazio Bonoli È difficile stare dietro alle dinamiche demografiche specie quando l’immigrazione ne è il vero motore.
20 Simone Gianini. A dieci anni dalla sua introduzione è già tempo di rivedere la Lpt. Ma con quali obiettivi?
22 Nicolas Besson. Sarà un errore politico a determinare la fine dell’attuale cico. Ci sono però buone speranze.
24 Carlo Secchi. Lo sviluppo tecnologico non rende obsolete le skills tipicamente umane, anzi
Economia
44 Aziende. Pianificare in maniera strategica le M&A può consentire una crescita organica e armoniosa, e la nascita di Gruppi solidi, innovativi e ben preparati per competere sul mercato globale. Unire aziende specializzate in ambiti diversi ma molto specialistici, come l’ingegneria, è possibile, com’è il caso.
Da sinistra, Markus Stierli, Responsabile Esg di Vontobel, Luciano Monga, Partner di Deloitte Svizzera, Deia Markova, Responsabile servizi sostenibili di Société Générale, e Andrew Mason, Head of Active Ownership di Abrdn.
Osservatorio
75 Sfama. Il mercato svizzero dei fondi in estate.
76 Settori. La transione energetica è la principale sconfitta del conflitto ucraino.
78 Settori (in foto, Jennifer Boscardin-Ching).Utility ed energia, quando la transizione è un’opportunità.
80 Strategie. Le logiche dei Private Market dovrebbero essere prese in considerazione anche dagli altri investitori.
82 Settori. Come muoversi tra i mattoni in questa delicata fase di mercato? Pur tra le difficoltà, a non mancare sono anche le opportunità. Meglio coglierle!
84 Macro. L’economia rallenta, la Bns gode.
84 Veicoli. Il mercato degli Etf nel corso degli ultimi anni è quello che è maggiormente cresciuto.
Eureka
51 Editoriale. Il terzo capitolo della rubrica dedicata all’innovazione.
52 L’imprenditore . Una buona istruzione finanziaria è un asset prezioso anche per lo Startupper più valido e innovativo
54 Start up Anche la logistica può ambire a diventare circolare e sostenibile, ha solo bisogno di aiuto.
56 L’esperto. Il processo che porta alla nascita di un’impresa è lungo e impegnativo, quindi che fare?
57 Start up. Garantire l’integrità dei dati può rivelarsi un lavoro a tempo pieno, e molto complesso.
58 Lo studente. Il passato coloniale si conferma molto ingombrante.
60 Il consulente Le dinamiche previdenziali restano astruse, ma ora della fine chi paga davvero?
6 · TM Settembre 2023
Cover
p. 26
Story
sommario /settembre 2023
in proprio p. 36
E se i veri assi nella manica della grande distribuzione fossero sempre stati sullo scaffale di casa? Sono le marche proprie a fidelizzare i consumatori. A lato, Andrea Kramer, Capo direzione Marketing e Acquisti di Coop.
La lunga marcia di Satoshi
Speciale Vino p. 91
Mentre si fa il bilancio di un’annata difficile, si guarda però al futuro che passa tanto dalla sostenibilità - finanziaria ed ecologica - quanto dalla comunicazione della passione per il vino. Dall’enoturismo alle cantine d’autore.
Mestieri d’arte
Il vantaggio del tempo
Negli anni della sostenibilità a tutti i costi, a poter fare la differenza rispetto alla concorrenza è la competenza maturata in materia. Difficile da mistificare. A lato, Manuel Dalla Corte, responsabile Svizzera di Eurizon Capital.
p. 70
Finanza
64 Analisi. La fase congiunturale che stanno vivendo le imprese svizzere non è delle migliori. Ma...
66 Studi. Nonostante il dollaro scaldi sempre meno gli animi, e in molti preferirebbero non usarlo, al momento non si vedono grandi concorrenti. Si tratta solo di pazientare, o non c’è alternativa?
Cultura
Mnata difficile, con una prima-te da piogge frequenti ed eventi anche estremi che hanno messo a dura prova viticoltori favorendo le problematiche fitosanitarie, in Ticino ci si interroga anche più lungo termine sul futuro del vino, guardando in direzione della produzione integrata e del biologico, non evidente però da applicare al suo Merlot, sperimentando varietà intraspecifiche più resistenti alle malattie. Ma il futuro del vino passa anche dalsua cultura: una passione un’arte da trasmettere sicuramente da parte di chi il vino lo produce, ma anche da chi lo comunica. Sommelier ed enoturismo diventano due risorse per promuovere le tante eccellenze
Cantina Château Faugères,
ma anche le proposte più originali del settore. A interpretare lo spirito dell’arte della vinificazione scendono in campo anche grandi architetti, chiamati disegnare le cantine dove, con una ritualità ancora primigenia malgrado l’apporto delle più avanzate tecnologie, si celebra la trasformazione dell’uva nel suo nettare. Costruzioni che sanno lasciare un segno ma al contempo inserirsi nel paesaggio con il rispetto profondo di un prodotto che alla sua terra resta radicato, antesignano di sostenibilità, in un ambito in cui da tempi immemori tutto si regge sull’equilibrio fra
Tra le massime espressioni del virtuosismo artigianale, è un saper fare che tramanda un patrimonio storico e culturale straordinario. Il contributo delle Manifatture orologiere.
A lato, Patek Philippe, ‘Coppa delle Alpi-1956’
A gonfie vele p. 122
A Saint-Tropez, si è appena tenuta la terza tappa del Sail Gp, la ‘Formula 1 dei mari’. Sotto, l’F50 Eiger, imbarcazione di gara del Team svizzero.
Società 98 Architettura. Cantine d’autore per interpretare l’arte della vinificazione e la sua simbiosi col territorio. 106 Gioielli. L’ingrato compito di trasportare i preziosi cosa cela?
108 Hotellerie. I Grand Hotel sono spettatori silenti della storia.
112
Mostre. L’archivio di Orio Galli. 114 Mostre. Il giro del mondo di Balli. 124 Sport. Esplorando la Cantabria. Rubriche 8
Settembre 2023 TM · 7
&
Appuntamenti
110 Arte. Cos’è un museo e quale dovrebbe essere la sua funzione? Lac
118
128 Auto
Forze
Nel bel mezzo della Grandi Crisi del 2008, è venuta alla luce un’innovazione che sconvolgerà il mondo tecnologico nei prossimi anni, la blockchain. A lato, Frank Pagano, Senior Partner di Jakala. p. 62 Speciale Vino
p. 102
Cover story Opinionisti
Sostenibilità cos’è? Una definizione non esiste, dunque greenwashing!
Le voci degli esperti che accompagnano i lettori con costanza.
Economia Eureka
Tutti gli articoli dedicati all’analisi di temi economici dalle aziende alla consulenza.
La nuova sezione dedicata all’innovazione, alla tecnologia e al Venture Capital.
Finanza Osservatorio
Riflettori accesi su indipendenti, banche e asset management.
Cultura Eventi
I protagonisti del grande mondo dell’arte, della cultura e del lifestyle.
Speciali
Lo speciale di settembre, dedicato al vino e alle sue interpretazioni.
La rubrica di approfondimento finanziario si amplia.
La sezione web-only dedicata a pre e post eventi.
Patek Philippe, Ref. 992/177J-001 Vista del monte Kilimangiaro
contenuti studiati appositamente per essere nativamente digitali.
sommario digitale /settembre 2023
La perfetta guida dell’internauta. Un vivace dialogo è iniziato, da un lato Ticino Management cartaceo dall’altro suo fratello minore digitale, l’obiettivo? Che siano sempre più connessi. Tra l’uscita di un’edizione e la successiva tutti gli articoli del cartaceo saranno pubblicati a cadenza regolare, insieme a
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Parmigianino, Ritratto di Galeazzo Sanvitale, 1524, olio su tela, 108 x 80 cm, tra i capolavori del Museo di Capodimonte ospiti d’eccezione al Louvre per sei mesi di una spettacolare mostra.
forza drammatica ed espressiva come Jusepe de Ribera, Francesco Guarino e Mattia Preti. Tra i capolavori assoluti la toccante Crocifissione di Masaccio, maestro assente dalle collezioni del Louvre; un importante dipinto storico di Giovanni Bellini, La Trasfigurazione, di cui il Louvre non ha un equivalente; e tre dei più magnifici dipinti del Parmigianino.
In particolare, nella prestigiosa Grande Galerie si assiste a uno spettacolare dialogo tra due collezioni di pittura italiana tra le più importanti al mondo; nella Salle de la Chapelle vengono raccontate le origini e la diversità delle collezioni di Capodimonte, riunite principalmente dai Farnese e dai Borbone; infine, nella Salle de l’Horloge sono esposti i quattro capolavori di disegno dell’ex collezione
Farnese: un cartone autografo di Michelangelo, uno di Raffaello e altri due di collaboratori accanto a quelli di Raffaello e dei suoi allievi del Louvre. Il tutto accompagnato da un ricco programma musicale e cinematografico.
Musée du Louvre
Me-Lu, 9-18
Fino all’8 gennaio 2024
Coira
Napoli
a Parigi. Il Louvre invita il museo Capodimonte
Per la prima volta il Louvre dedica una mostra a un altro museo: ospite speciale Capodimonte. Un tempo residenza di caccia dei sovrani borbonici, questa Reggia ospita oggi uno dei più grandi musei italiani e una delle pinacoteche più importanti d’Europa, sia per il numero che per l’eccezionale qualità delle opere custodite, tra i pochi della Penisola le cui collezioni coprono tutte le scuole pittoriche italiane. Con più 30mila opere, la sua Sala delle Stampe e dei Disegni ospita il secondo più grande gabinetto di disegni in Italia dopo gli Uffizi, in parte grazie ai tesori di Fulvio Orsini, umanista, grande studioso e bibliotecario del cardinale Alessandro Farnese. Inoltre custodisce una notevole collezione di porcellane.
La storia di questo museo è inseparabile da quella del Regno di Napoli, proprio come quella del Louvre lo è dalla Rivoluzione francese, entrambi palazzi reali trasformati in musei, ricchi di collezioni ereditate dai più grandi sovrani, simboli dei legami storici tra Francia e Italia.
Per i visitatori sarà una sorpresa ricollegare capolavori come la Danae e il Ritratto di Paolo III Farnese di Tiziano o l’Antea del Parmigianino a Capodimonte, un museo famoso per gli intenditori ma ancora da scoprire per un pubblico più ampio.
Trentuno dipinti di Capodimonte, tra i più grandi della pittura italiana, dialogano con le collezioni del Louvre (opere di Tiziano, Caravaggio, Carracci e Guido Reni, solo per citarne alcune) o le integrano con scuole poco o per nulla rappresentatein particolare, naturalmente, la singolare scuola napoletana, con artisti di grande
Alberto Giacometti. Ritratto dell’artista da giovane
Il Museo d’arte dei Grigioni dedica ad Alberto Giacometti una mostra che si concentra interamente sui suoi inizi e sul suo sviluppo artistico. Mentre finora le prime opere sono sempre state considerate in relazione allo sviluppo successivo di Alberto Giacometti evidenziandone il talento giovanile, questa mostra è la prima a concentrarsi interamente sui primi lavori e a sottolinearne la sorprendente portata e le varie sfaccettature.
Nata in stretta collaborazione con il Kunsthaus Zürich e la Fondazione Giacometti, l’esposizione intende illustrare l’evoluzione del giovane artista, come si staccò gradualmente dalla collaborazione inizialmente stretta con il padre Giovanni Giacometti, ma anche come l’artista dise-
10 · TM Settembre 2023
Parigi
appuntamenti
Per gentile concessione del Mic-Museo e Real Bosco di Capodimonte.
di Mirta Francesconi
Caspar David Friedrich, Il sorgere della luna in riva al mare, 1822, olio su tela, Staatliche Museen zu Berlin, Nationalgalerie. Il maestro del Romanticismo tedesco è protagonista al Kunst Museum Winterthur, che ne possiede la maggiore collezioni fuori dalla Germania.
gnò e dipinse il suo ambiente personale: in famiglia, a Stampa, durante gli anni della scuola a Schiers, a Ginevra e a Roma. Non da ultimo, in questo periodo iniziò anche un intenso confronto con opere della storia dell’arte. Alberto Giacometti divenne così consapevole del suo ruolo quale artista. Ne sono testimonianza gli autoritratti, già a partire dal 1916, quando era solo quindicenne. Lo si vede anche nei ritratti del giovane artista dipinti da Giovanni Giacometti. Già in gioventù Alberto produsse le prime sculture, le quali mostravano il percorso che avrebbe intrapreso. L’allestimento inizia con opere dell’artista dodicenne e arriva ai suoi primi anni a Parigi, quando si occupò dei suoi mondi iconografici cubisti e realizzò le prime mostre.
Museo d’arte dei Grigioni Coira
Ma-Do, 10-17, Gi fino alle 20 Fino al 19 novembre
Winterthur
Caspar David Friedrich e i precursori del romanticismo
Nel 2024 il mondo dell’arte celebrerà il 250esimo compleanno di Caspar David Friedrich, più importante pittore del Romanticismo tedesco. Nell’attesa, il Kunst Museum Winterthur gli dedica una grande retrospettiva. Le sue opere iconiche, come Il viaggiatore che contempla un mare di nuvole e le famose Scogliere di gesso sull’isola di Rügen, per la prima volta sono poste in dialogo con i primi esponenti del paesaggio dell’anima, araldi del Romanticismo. Si tratta dei paesaggisti del Secolo d’oro olandese, di maestri come Claude
Lorrain e dell’arte dei piccoli maestri del XVIII secolo. Un attento confronto permette di riscoprire l’opera di Friedrich. Con i suoi suggestivi stati d’animo paesaggistici e le sue sensazionali invenzioni pittoriche, ridefinì il genere della pittura di paesaggio alle soglie dell’era moderna e gli diede nuove dimensioni in termini di contenuto. Finora è stata prestata poca attenzione a quali artisti ammirasse e a come questi abbiano influenzato il suo lavoro.
Grazie alla Fondazione Oskar Reinhart, il Kunst Museum Winterthur possiede il più importante gruppo di opere sul Romanticismo tedesco al di fuori della Germania, il che lo ha predestinato a questa mostra innovativa, prima e unica grande esposizione dedicata a Friedrich in Svizzera, e una delle più importanti nella storia del Kunst Museum Winterthur, organizzata in stretta collaborazione con il Georg Schäfer Museum di Schweinfurt, dove è stata presentata in forma diversa fino al giugno 2023.
Alberto Giacometti, Autoritratto con berretto blu, 1916, acquerello su matita di grafite su carta, 30,8 x 23,8 cm, Kunsthaus di Zurigo, Collezione di arti grafiche, lascito Bruno Giacometti, 2012.
Il pezzo forte della collezione, l’emblematico dipinto Scogliere di gesso sull’isola di Rügen, sarà esposto qui insieme ad altri capolavori, tra cui Il viaggiatore che contempla un mare di nuvole della Kunsthalle di Amburgo e Uomo e donna che contemplano la luna della Nationalgalerie di Berlino.
Kunst Museum Winterthur
Ma-Do, 10-17, Gi fino alle 20 Fino al 19 novembre
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Lugano
Simone Pellegrini
Una geografia anarchica
L’indagine pittorica di Simone Pellegrini (Ancona, 1972) è volta alla ricerca di un nuovo alfabeto fatto di forme e di segni impressi su grandi fogli di carta da spolvero con delle matrici prodotte dall’artista stesso. Fonti della sua ispirazione creativa sono scritti filosofici, mistici, scientifici e poetici che liberano l’immaginario del suo mondo interiore.
L’esposizione del Musec presenta 12 sue opere di grandi dimensioni realizzate tra il 2007 e il 2022. Le grandi carte di Pellegrini sono il lento sviluppo di una grammatica simbolica in cui ogni elemento entra in dialogo con gli altri. Scie di organismi cellulari, forme di vita fitomorfe, segmenti di creature antropomorfe si frammentano o si fondono trasformandosi in una nuova vita.
Il processo compositivo inizia già dalla creazione del supporto delle opere, che l’artista realizza partendo dalla carta vergine, ridotta in piccole parti poi ricomposta con la colla, per ottenere una nuova e sempre irripetibile base di lavoro. Ogni matrice cartacea - disegnata a carboncino, colorata con pigmento e infine unta a olio per permettere la corretta trasposizione dei motivi - crea una singola forma ed è utilizzata una sola volta e poi gettata, generando così elementi unici.
Accostati gli uni agli altri, i segni impressi sui grandi fogli formano cartografie visionarie e atemporali che evocano
iconografie mistiche, paesaggi arcaici, cosmogonie, antichi codici alchemici, esoterici, mitologici. L’opera di Pellegrini invita l’osservatore a espandere la propria percezione, lasciando campo libero all’immaginazione.
La mostra allestita nello Spazio Maraini del Musec presenta, oltre alle 12 opere a parete, un’installazione composta da numerose matrici poste a terra sotto l’opera più grande e allestite come se fossero cadute dopo aver trasposto il segno sul supporto.
L’esposizione è il terzo capitolo del progetto Global Aesthetics del Musec, dedicato all’esplorazione del rapporto tra l’arte contemporanea e il contesto ideologico e culturale in cui essa si muove. Museo delle Culture - Musec Lu-Ve, 11-18, Sa-Do, 10-18, Ma, chiuso Fino al 26 novembre
Locarno Una Szeemann: Continuiamo a tornare in quel luogo
Le opere dell’artista svizzera Una Szeemann, figlia del grande storico dell’arte e curatore Harald (*1975, nata a Locarno, vive e lavora a Zurigo e Tegna), si basano sempre su ricerche che si nutrono dei campi della psicoanalisi, in particolare dell’autoipnosi, della biologia e dell’antropologia e delle loro sovrapposizioni.
La mostra presso il Museo Casa Rusca presenta una selezione di opere degli ultimi dieci anni, accompagnate da una nuova importante scultura creata appositamente per l’esposizione. Una negozia il rapporto tra invisibile e visibile, presenza e assenza dei corpi, natura e imitazione, nonché le questioni connesse di temporalità e processualità. In parallelo viene presentata una mostra dell’artista messicano Martín Soto Climént (*1977, Città del Messico), accomunata a questa da un forte interesse per il ‘processuale’, che occupa un ruolo importante nella pratica di entrambi e si collega alle pitture processuali dell’artista svizzero Xanti Schawinsky (1904-1979), di cui è in corso una interessante retrospettiva, tutte e tre fino al 5 novembre.
Museo Casa Rusca
Ma-Do, 10.00-16.30 Fino al 5 novembre
12 · TM Settembre 2023
© Simone Pellegrini
A fianco, Una Szemann, The Birds Said You Move, 2021/23, bronzo.
A fianco, Simone Pellegrini, Chiavarda atta, 79X145 cm, 2020.
A B C D E F G A Audi Q4 40 e-tron Prezzo lordo 58 400.–Compensazione del 4,2% – 2450.–11% EnterprisePlus (dopo compensazione) * – 6150.–Il vostro prezzo speciale 49 800.–Il vostro vantaggio di prezzo 8600.–Tasso d’interesse annuo leasing 1,99% Rata di leasing al mese 259.–
La guerra dei Chip
Dopo anni di felici pennichelle infine sta scoppiando il nuovo ‘bubbone’ dei chip, e della loro pericolosa concentrazione produttiva in un’unica isola. Ma esistono reali contromisure?
mente analizzato quanto a quei tempi si stava rilevando con osservazioni attente e ne trasse delle conclusioni che meritarono, molto dopo, l’appellativo di ‘rivoluzione copernicana’.
Incredibilmente, oggi, con tutta la tecnologia a disposizione, con una sterminata potenza di mezzi d’analisi, non ci si è ancora resi conto che, quasi senza accorgersi, si è lentamente scivolati in quella che qualcuno definisce già ‘Guerra dei chip’ o che detta altrimenti si potrebbe definire ‘la rivoluzione copernicana dei chip’.
Ettore Accenti, esperto di tecnologia.
Blog: http://bit.ly/1qZ9SeK
Pare che il mondo per riconoscere i veri problemi debba sempre parlare di guerre. E ora, nonostante sia un po’ tardi per svegliarsi, si scopre che un’infinità di prodotti dipendono da microscopici rettangolini di silicio che solo in pochi riescono a produrre e che per fabbricarli occorrono molte decine di miliardi di dollari e specializzazioni difficili da reperire.
Nicolaus Copernico scuserà se in questa breve nota si ricorrerà alla sua impareggiabile rivoluzione per farne un confronto con qualcosa che sta accadendo oggi, quasi 600 anni dopo. Con il modello eliocentrico era riuscito a sconvolgere il mondo dell’epoca, abbattendo credenze millenarie e rischiando il rogo.
In fondo Copernico aveva semplice -
E non è una rivoluzione nata oggi, ma inizia nell’anno 1958, quando un giovane neolaureato di nome Jack Kilby, e premio Nobel nell’anno duemila, lavorando in un laboratorio della Texas Instruments riuscì a creare il primo circuito elettrico funzionante con componenti tutti immersi in un cristallo di germanio senza separarli: era nato il circuito integrato, oggi chiamato ‘chip’. Il processo fu poi reso industrializzabile da Robert Noyce fondatore della Fairchild Semiconductor e poi di Intel.
Avvenne poi che un certo Gordon Moore, cofondatore di Intel, nel 1965 pubblicasse un’innocua osservazione in cui prospettava di come la densità dei componenti in un chip sarebbe raddoppiata ogni due anni a parità di costo.
Così come l’osservazione di Copernico ha scatenato una rivoluzione dalle incredibili conseguenze, l’osservazione di Moore su un processo industriale esponenziale sta mettendo oggi alla prova tutta
Come la rivoluzione copernicana ha messo al centro dell’astronomia il Sole anziché la Terra, così la legge di Moore ha messo al centro dello sviluppo moderno un processo esponenziale contro la storica abitudine dei lineari. Questo fatto, accompagnato dalla pervasività dei chip, col loro andamento esponenziale sta stravolgendo l’intero mondo industriale. Contemporaneamente la competitività per produrre i chip, seguendo la curva di Moore, per produrli ha portato il costo delle fonderie a costi stellari, mai toccati.
l’industria. Il lettore osserverà certo che le due osservazioni abbiano impatti profondamente diversi e le due epoche non siano nemmeno vagamente paragonabili. E non si potrà che condividere tale osservazione perché quella di Copernico fu qualcosa che non impattò il mondo produttivo di allora, ci fu qualche prete un po’ arrabbiato, il vecchio Tolomeo si sarà rigirato nella tomba, ma agricoltori e scrittori di pergamene continuarono come prima la loro pacifica attività.
Quella di Moore è invece un qualcosa che sta stravolgendo l’intera industria mondiale, senza nemmeno accorgersene, quelle minuscole termiti, dette chip, si sono infilate ovunque, nelle carte di credito, nei telefoni, nelle auto, nelle armi e, presto, anche sotto la pelle.
Qualcuno potrà affermare che non c’è nulla di strano: nel mondo moderno l’industria dei semiconduttori ha dimostrato
14 · TM Settembre 2023
opinioni / l’esperto di tecnologia
Santa Clara, Museo Intel. Così è qui riportata la legge di Moore: Nel 1965, Gordon Moore fece una previsione sul numero di transistor che potrebbero essere inseriti su un singolo chip di silicio, un ‘intuizione successivamente ribattezzata “Legge di Moore”. Nel 1975, Moore aggiornò la sua previsione affermando che il numero di transistor collocati su un chip raddoppierà circa ogni due anni. Di conseguenza, le dimensioni diventeranno sempre più piccole, mentre la capacità di integrare più funzionalità su un chip aumenterà. Le osservazioni di Gordon Moore sul ritmo della tecnologia del silicio hanno stabilito uno standard per lo sviluppo e creato un modello di business per l’industria dei semiconduttori. Il numero di transistor incorporati in un chip raddoppia circa ogni due anni
di essere vitale, anzi una delle più effervescenti e floride passata dai 26 miliardi dollari del 1984 agli attuali 600!
Ma questa industria ha un piccolo dettaglio che la rende unica e al cui confronto anche il buon Copernico rischierebbe di impallidire: è un’industria che, per la prima volta da quando l’Homo Sapiens esiste, segue un processo esponenziale anziché lineare. Per i non matematici questo significa che rapidamente punta all’infinito, e infatti dai dieci componenti per chip di Kilby si è oggi già oltre i dieci miliardi, senza contare che nel 2030 si sarà tagliato il traguardo dei 30 miliardi, e così andare negli anni successivi.
Molti affermano oggi, come spesso prima, che comunque la legge di Moore si fermerà e che questo è un evento naturale e facilmente gestibile. Allora perché mai parlare della guerra dei chip per il controllo di un’unica fabbrica sul globo?
E qui va subito precisato che l’intera industria in cui quelle care termiti si sono infilate, praticamente in tutti i prodotti di largo consumo, è seduta su un vulcano pronto ad esplodere. Ecco un esempio facilmente comprensibile: Apple, la più grande società al mondo in termini di capitalizzazione, deve il suo successo al fatto che ogni due o tre anni vende una nuova generazione di iPhone a vecchi e nuovi utenti. Una legge di mercato vuole che le performance di una nuova generazione per poter sostituire la precedente deve
essere da due a quattro volte superiore alla precedente. Questo è avvenuto con l’iPhone perché attraverso i suoi chip contenuti ha seguito la curva esponenziale di Moore passando da qualche centinaio di milioni di transistor del primo ai ben oltre dieci miliardi dell’ultimo. E se la legge di Moore si fermasse, che farà Apple?
«L’industria dei semiconduttori ha una piccola peculiarità che la rende pressoché unica nella storia: segue un processo di sviluppo esponenziale, anziché lineare, il che non è immune da sensibili problemi»
Tutta l’industria di prodotti finali è legata direttamente o indirettamente a questo processo esponenziale; chi si ferma perde competitività e rischia di fallire. Persino l’industria automobilistica da una presenza quasi nulla di chip vent’anni fa oggi è giunta a dipenderne per il 30% del suo valore aggiunto.
È stata sufficiente una crisi di mancanza di qualche chip per qualche mese e il mondo occidentale si è spaventato, persino inviando portaerei a difesa della più avanzata fonderia del silicio che si trova a Taiwan, la Tmsc, che ebbi la fortuna di veder nascere a Taipei nella seconda metà
degli anni Ottanta, allora nata come produttore offshore degli Stati Uniti.
Ma si dirà: “Che problema c’è, al costo di una qualche decina di miliardi spruzzati con generosità qua e là, e di quelle fonderie se ne possono fare dove si vuole”.
Peccato però non si tratti di fonderie di acciaio! E no, le cose non sono così semplici e i soldi non bastano, tanto che anche la potente macchina militare americana non può permettersi questi rischi per il semplice motivo che sottostante c’è la miccia accesa della legge di Moore.
Quella fonderia che è in grado di utilizzare la più avanzata tecnologia di oggi è la sola che può sfornare chip competitivi. Se Tmsc non rifornisse più Apple, addio al suo progresso. Per mantenersi al passo con lo sviluppo di questa tecnologia si sarebbe dovuto iniziare anni fa, almeno dieci; se oggi si duplicasse Tmsc, e questo è solo un esempio, quando la nuova Tmsc sarà davvero a regime, la prima sarà già avanti sulla curva esponenziale di Moore e questa seconda non sarà competitiva.
Nella mia vita con i semiconduttori ho già vissuto i problemi enormi persino della grande Intel nel duplicare le sue produzioni in nuovi siti: il dramma era sempre lo stesso, e cioè quanti fossero i ‘chip buoni’ ottenibili da ogni fetta di silicio. Detto altrimenti, se non si raggiunge un livello accettabile di ‘chip buoni’ la nuova fabbrica diventa rapidamente inutile, anzi dannosa per i conti finali.
Settembre 2023 TM · 15
I vincoli della sostenibilità
L’ondata della finanza sostenibile ha raggiunto anche la Svizzera. Sulla scorta dell’accordo sul clima raggiunto a Parigi nel 2015, al quale la Svizzera ha aderito, e dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite su uno sviluppo sostenibile, il Consiglio federale a partire dal 2016 ha dichiarato il concetto di ‘finanza sostenibile’ come uno degli obiettivi strategici da conseguire nella sua politica sul mercato finanziario.
Sinora l’attività governativa, per conseguire questi fini, non si è ancora spinta a dotarsi di norme legali vincolanti per tutti gli attori della piazza finanziaria, contrariamente a quanto avvenuto nella legislazione dell’Ue.
Aderendo al principio di sussidiarietà in ambito legislativo il nostro Governo, e con lui il Parlamento, hanno lasciato alle associazioni di categoria degli attori finanziari della piazza elvetica l’iniziativa di eventualmente adottare a tal fine norme vincolanti per il loro settore di competenza. Il Consiglio federale si è quindi limitato a emanare modalità di comportamento, mettendo un accento soprattutto sulla lotta e la prevenzione del greenwashing a sostegno di una conoscenza trasparente e oggettiva dei prodotti finanziari ritenuti ‘sostenibili’.
È così che nel 2023 l’Associazione Svizzera delle Banche (Asb) ha emanato norme vincolanti per tutte le banche aderenti, chiamate “Direttive per i fornitori di servizi finanziari in materia di inclusione delle preferenze e dei rischi Esg nelle attività di consulenza d’investimento e di gestione patrimoniale”, laddove l’acronimo Esg sta per Environmental (Ambiente), Social (Sociale) e Governance (Gestione dell’impresa). Queste disposizioni devono essere applicate sulla scorta della Legge
sui servizi finanziari (LSerFi). È così che in futuro, a partire dal 2024 per i nuovi clienti e dal 2025 per le relazioni esistenti, oltre a quanto disposto nella citata LSerFi, dovrà essere chiesto di indicare le proprie preferenze Esg. Prodotti e servizi offerti dovranno essere pertanto in linea con tali indicazioni. In relazione al rilevamento delle preferenze Esg sussistono anche obblighi specifici di informazione, documentazione e rendiconto.
I membri dell’Asb sono inoltre tenuti a integrare le tematiche Esg nei programmi didattici di formazione e perfezionamento professionale dei propri consulenti alla clientela. Analoghe norme vincolanti sono state emanate dall’Asset Management Association Switzerland per i suoi membri che si occupano della gestione di patrimoni collettivi.
Gli intermediari finanziari che non siano banche restano invece esenti da una normativa vincolante, non potendo la Finma procedere in tal senso in mancanza di una regolamentazione legislativa in materia. Come previsto nelle direttive dell’Asb, possono comunque aderirvi volontariamente. Un contributo apparso recentemente nella Rivista svizzera di diritto economico (vedi Szw/Rsda 2/2023 da p.120) sottolinea però come in futuro il giudice civile, non solo nelle controversie tra banche e clienti, ma anche in controversie che dovessero sorgere tra intermediari indipendenti e i loro clienti, potrebbe fare capo alle normative dell’Asb quali standard minimo applicabile a tutto il settore finanziario per valutare il grado di diligenza che deve osservare ogni mandatario (intermediario) nei confronti del proprio mandante (cliente) nell’espletamento del proprio mandato anche in campo di “finanza sostenibile”.
Come accennato, le direttive dell’Associazione Svizzera delle Banche stabiliscono che l’intermediario finanziario dopo essersi accertato delle preferenze in materia di finanza sostenibile, e ciò nell’ambito dell’esame dell’adeguatezza e appropriatezza del servizio offerto per rapporto a ogni cliente, debba integrare queste preferenze nella valutazione degli obiettivi di investimento, venendo le stesse quindi a fare parte integrante del profilo del cliente. Nel caso in cui, nell’ambito della gestione patrimoniale o nel rapporto di consulenza, determinati prodotti finanziari atti a perseguire gli obiettivi di investimento fossero in urto con le preferenze in materia di sostenibilità espresse dal cliente, quest’ultimo dovrà esserne adeguatamente informato.
In tal senso gli obblighi così stabiliti vanno oltre a quelli validi per tutti gli intermediari finanziari, contenuti nella citata LSerfi.
La violazione ripetuta di questi obblighi da parte dell’intermediario finanziario banca può portare non solo a conseguenze nei confronti dell’Asb, che potrebbe escluderlo dall’associazione, ma anche nei confronti della Finma che potrebbe sottoporlo a un procedimento disciplinare e adottare misure per violazione dell’obbligo di irreprensibilità.
Da sottolineare poi le conseguenze in campo civilistico che il giudice potrebbe anche estendere all’intermediario finanziario non banca, nel caso in cui la violazione degli obblighi contenuti nella direttiva dell’Asb possa avere arrecato danno agli interessi del cliente.
16 · TM Settembre 2023
Le direttive in materia di Esg emanate di recente dall’Asb sono obbligatorie per i suoi membri, ma non può essere escluso il loro influsso anche sugli intermediari finanziari indipendenti.
Stelio Pesciallo, avvocato e notaio presso lo Studio 1896, Lugano.
opinioni / il consulente legale
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Se i milioni ...aumentano
Il diffondersi della notizia secondo cui la Svizzera avrebbe superato i 10 milioni di abitanti nel 2050 ha suscitato parecchie discussioni, anche a livello politico. Le revisioni dell’Ufficio federale di statistica (Ufs) avevano modificato di parecchio le precedenti previsioni. Queste ultime davano comunque ragione a coloro che stimavano un aumento superiore a quanto l’Ufs avesse valutato. Lo scenario di riferimento prevedeva, nel 2005, un saldo migratorio annuo (entrate meno uscite) di 10mila persone, per cui la popolazione residente, nel 2050, sarebbe stata di circa 8 milioni di abitanti.
Nel frattempo, le proiezioni sono state corrette e nel 2020 si prospettava, per il 2050, una popolazione di 10,4 milioni. In altri termini, la soglia dei 10 milioni potrebbe essere raggiunta già nel 2040. Per i prossimi 15 anni la previsione media è stata quindi corretta di 2,3 milioni di persone e, per i prossimi 20, di ben 3,3. Gli scenari di riferimento pubblicati nel 2015 e nel 2020 hanno, quindi, leggermente sovrastimato la crescita demografica.
Più recentemente la specialista immobiliare zurighese Wüest Partner ha però previsto che la popolazione residente dovrebbe aumentare già quest’anno di 148mila persone. Si tratterebbe di un record, che va ad aggiungersi ad altri primati demografici degli ultimi anni, come le 74mila registrate nel 2022.
Questi ritmi di crescita hanno già portato la popolazione residente a 8,8 milioni di abitanti, senza tener conto di profughi e richiedenti l’asilo. Il che avvicina ulteriormente il traguardo dei 10 milioni, anche più di quanto le previsioni annunciassero.
Lo scenario di riferimento dell’Ufficio federale di statistica prevedeva per quest’anno un aumento di popolazione,
ma limitato a 70mila persone. In realtà l’aumento potrebbe essere più che doppio, sulle ali di ‘circostanze eccezionali’, pandemia, disordini in Europa orientale...
Indubbiamente, in Svizzera, uno dei maggiori fattori di attrazione di immigranti è il mercato del lavoro, come dimostra anche il netto aumento di forze lavoro. Il numero di occupati dovrebbe crescere, secondo la Wüest Partner, del 2%. Il modello indica, infatti, un aumento netto di ben 91mila occupati, dovuto soprattutto a un mercato del lavoro interno prosciugato e all’ormai cronica mancanza di personale specializzato.
«Secondo gli esperti la Svizzera sarebbe poco preparata a far fronte all’aumento di popolazione previsto. Le stesse previsioni di crescita demografica sono sempre state troppo prudenti e hanno rinviato di parecchi anni il traguardo dei 10 milioni di abitanti»
Un simile ritmo di crescita potrebbe creare problemi già sul mercato immobiliare, ma poi sulle infrastrutture in generale e sul traffico in particolare. Per quanto concerne il mercato immobiliare, l’indagine prevede un aumento del numero di abitazioni dell’ordine di 90/100mila appartamenti. Una cifra che potrebbe anche modificare l’aspetto di alcuni fra i maggiori agglomerati urbani.
In un momento in cui l’attività edilizia nel settore delle abitazioni sta rallentando.
Gli esperti valutano per quest’anno un aumento di 42mila nuovi appartamenti. Si
tiene, però, conto del fatto che i profughi dall’Ucraina comincino a tornare in patria e che la situazione economica potrebbe rallentare l’afflusso di mano d’opera estera. Fattori che potrebbero rimanere nel 2024, al pari di guerra e recessione, con conseguenze molto più imprevedibili.
Secondo gli esperti zurighesi la Svizzera sarebbe poco preparata a far fronte all’aumento di popolazione previsto. Le stesse previsioni di crescita demografica sono sempre state troppo prudenti e hanno rinviato di parecchi anni il traguardo dei 10 milioni di abitanti. Così, se il primato storico di quest’anno dovesse confermarsi anche nei prossimi anni, il limite dei 10 milioni di abitanti potrebbe essere raggiunto molto prima del previsto.
Ma proprio di questi tempi si stanno applicando regole urbanistiche riduttive che impediscono una futura espansione del territorio edificabile e favoriscono, quindi, le concentrazioni e le edificazioni in altezza, soprattutto negli agglomerati urbani. Per questo le previsioni di sviluppo si basano sulla crescita di agglomerati urbani, generalmente vicini al maggior numero di posti di lavoro.
Probabilmente l’Ufs ha sottovalutato l’immigrazione. In particolare non si era valutato correttamente l’effetto dell’allargamento dell’Ue e dell’applicazione delle norme sulla libera circolazione delle persone. Quindi, sulla base delle nuove valutazioni e del metodo di ricerca della Wüest Partner, è probabile che il traguardo dei 10 milioni di abitanti sia anche più vicino di quanto si pensi. Il che, sul piano politico e della preparazione delle infrastrutture, esige un rapido adeguamento.
18 · TM Settembre 2023
È bene iniziare a pensare a una Svizzera da 10 milioni di abitanti, prima di quanto le previsioni non dicessero sarà realtà. Meglio prepararsi, ma come?
Ignazio Bonoli, economista.
opinioni/ l’economista
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Lpt: una legge da rivedere
A dieci anni dalla sua introduzione, la Legge federale sulla pianificazione del territorio (Lpt) inizia a mostrare i propri limiti nella considerazione delle caratteristiche dei singoli Cantoni.
La Svizzera è uno Stato fondato sul rispetto delle peculiarità dei Cantoni che lo compongono. Caratterizzato da importanti differenze geografiche, culturali e linguistiche, per il suo buon funzionamento e per l’effettiva messa in pratica delle decisioni statali è fondamentale che sia quindi autenticamente federale e rispettoso della ripartizione del potere tra Confederazione, cantoni e comuni. Soprattutto nella gestione e pianificazione del territorio, questi principi sono stati però in questi ultimi anni sminuiti da un’evoluzione più da Stato centralista che federale.
L’esempio dei rustici ticinesi, paragonabile - non però per l’intensità e la rigidità dell’intervento della Berna federale - ai mazot vallesani e ai maiensässe grigionesi, è emblematico. La Legge federale sulla pianificazione del territorio (Lpt), entrata in vigore nel 2014, e il Piano di utilizzazione cantonale dei paesaggi con edifici e impianti protetti (Puc-Peip) hanno ristretto - di molto - le possibilità di recupero di edifici non più necessari all’agricoltura, ma degni di protezione già solo per scongiurare l’inselvatichimento dei nostri monti e la distruzione di un patrimonio storico, in cui affondano le nostre radici. Il risultato è quindi quello di una miriade di stabili che stanno diventando degli inutili edifici diroccati e altri colpiti da ordini di ripristino, anche magari per aver agito secondo principi di conservazione del territorio e della nostra memoria storica, ma lievemente al di fuori di quel quadro giuridico restrittivo o in comparti esterni al Puc-Peip.
Un segnale incoraggiante, in controtendenza, è giunto lo scorso mese di giugno dal Consiglio nazionale, che ha approvato nella revisione in corso della Lpt - che
per altre possibilità di costruzione al di fuori delle zone edificabili è invece previsto diventi ancor più restrittiva - l’introduzione della particolarità degli edifici degni di protezione, nel senso che siano ‘conservate’ (e non che debbano restare ‘immutate’) le caratteristiche essenziali dell’aspetto esterno, della struttura edilizia e dei dintorni.
Su questa base, ancora da approvare dal Consiglio degli Stati, bisognerà poi lavorare anche all’attualizzazione del Puc-
«Soprattutto nella gestione e pianificazione del territorio, il principio del federalismo, su cui si fonda il sistema politico svizzero, è stato in questi ultimi anni sminuito da un’evoluzione più da Stato centralista. L’esempio dei rustici ticinesi è emblematico»
Peip e sul rapporto del Cantone Ticino con l’Ufficio federale dello sviluppo territoriale (Are), in modo da arrivare a un’effettiva protezione del nostro territorio e non continuare con una sterile disputa che si sta dimostrando, per quello scopo, inefficace.
Lo stesso discorso vale per lo spinoso tema del dimensionamento delle zone edificabili, che la legge federale impone di adattare tenendo conto dell’effettiva necessità in base alle previsioni statistiche di sviluppo demografico su 15 anni. Con l’approvazione della relativa scheda (R6) del Piano direttore cantonale, sottoposta il 27 giugno 2018 dal Consiglio di Stato al Gran Consiglio per decisione sulle op-
posizioni che erano state presentate (da quest’ultimo evase dopo quasi tre anni), il Consiglio federale ha imposto al Canton Ticino di far capo ai nuovi scenari demografici pubblicati dall’Ufficio federale di statistica nel 2020, che sulla base dell’andamento degli anni precedenti prevedevano un aumento della popolazione cantonale più contenuto rispetto alle proiezioni del 2015, utilizzate per l’allestimento, nel 2017, della scheda del Piano direttore.
Il risultato potrebbe quindi essere quello di una paralisi del potenziale di sviluppo di diverse zone del Cantone Ticino, che fossero confrontate con l’esigenza di ridurre le capacità edificatorie prima di poter modificare in modo sostanziale il Piano regolatore, mentre Oltralpe, ad esempio, Zurigo, Berna, Losanna e Ginevra continuano con la loro espansione, attirando in tal modo sempre più iniziative economiche e abitanti (che, per inciso, a seguito di altro effetto perverso della Lpt faticano ormai a trovare alloggio), grazie a situazioni geografiche e sociali sostanzialmente diverse da quelle di un piccolo cantone alpino di frontiera qual è il Ticino.
Come detto, si tratta di una gestione viepiù centralistica di temi che invece necessitano anche di tenere in debita considerazione le caratteristiche regionali, se non si vuole acuire il divario tra cantoni ricchi e cantoni poveri, tra città e campagne o tra montagna e pianura, a tutto svantaggio della coesione nazionale e dell’autenticità del nostro Stato federale.
20 · TM Settembre 2023
opinioni / lo studio legale
Simone Gianini, avvocato e notaio, partner studio legale Barchi Nicoli Trisconi Gianini, Lugano.
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Rimbalzo ciclico
Nicolas Besson, Cio di Reyl Intesa Sanpaolo. Nonostante una fase congiunturale complessa, la fiducia dei consumatori sembra stia tornando a farsi vedere. A fare la differenza una abbondante liquidità sul mercato.
Le principali economie continuano la loro tendenza al rallentamento, nonostante i recenti segnali di miglioramento. Si è trattato di un ciclo insolito, esacerbato dalla crisi pandemica e dalle sue conseguenze, nonché dalle politiche monetarie e fiscali iper-aggressive che ne sono seguite. Il surplus di risparmio accumulato ha aiutato le famiglie, e ora la forza del mercato del lavoro, la decelerazione dell’inflazione e l’aumento dei salari sembrano nuovamente sostenere i consumi.
Si potrebbe quindi assistere a un mini-rimbalzo ciclico nei prossimi trimestri. Inoltre, l’ingente liquidità ancora nel sistema funge da cuscinetto contro il ciclo rialzista dei tassi di interesse, che potrebbe dover essere esteso per risultare veramente efficace. I fattori sfavorevoli sono ancora presenti, ma lenti a emergere: standard di prestito più rigidi e tassi di insolvenza più elevati, oltre a politiche fiscali meno generose. Finora non si intravede una vera e propria recessione, ma è probabile che si verifichi una fase di contrazione, necessaria per riequilibrare i fondamentali
della domanda e dell’offerta. Il peggio non è alle spalle, ma si è guadagnato tempo, aspettando un ‘errore politico’ che finirà con l’uccidere il ciclo.
La maggior parte degli economisti continua a non prevedere una recessione globale, e un atterraggio morbido rimane lo scenario più gettonato. Per di più, l’Eurozona è già in recessione tecnica, con due trimestri di crescita del Pil negativi (4° trimestre 22 e 1° trimestre 23), pari a -0,1% ciascuno. L’inflazione continua a scendere, ma la rigidità delle misure core e i loro livelli assoluti restano una sfida.
La forza (e gli squilibri) del mercato del lavoro sostengono la crescita dei salari, che si attesta su livelli ben superiori alla media storica. L’inflazione salariale rimane solida (5,6% negli Stati Uniti e 4,3% in Europa). Questo, a sua volta, sostiene i consumi delle famiglie, con un aumento dei salari in termini reali. Fattori positivi, che spingerebbero a un atterraggio morbido, ma è improbabile possano brillare senza scatenare nuove pressioni inflazionistiche, a meno di un ingente aumento della disoccupazione, oggi non nei radar.
La fiducia dei consumatori è di nuovo in crescita e la propensione al consumo sembra intatta. Questo dovrebbe riflettersi nei dati reali delle vendite al dettaglio, che potrebbero rilanciare la produzione manifatturiera e industriale, settori che sono stati deboli rispetto al settore dei servizi. Anche gli indicatori anticipatori, come il rapporto Ism Pmi manifatturiero tra i nuovi ordini e le scorte, sono incoraggianti. Infatti, in presenza di un indice Ism che indica un livello di scorte troppo basso Un livello di scorte troppo basso, potrebbe esserci una spinta alla produzione futura, che potrebbe ridare forza al mercato del lavoro. Nonostante la continua riduzione della liquidità delle Banche Centrali, questa è stata minore rispetto a quella del 2022. La liquidità rimane chiaramente abbondante, con livelli nei bilanci combinati delle tre principali banche centrali ancora superiori del 60% rispetto ai quelli pre-Covid. Senza un prelievo più aggressivo della liquidità, gli asset rischiosi dovrebbero rimanere ben sostenuti dall’abbondanza di denaro
È plausibile uno scenario Goldilocks?
Probabilmente no, la piena occupazione è incompatibile con una riduzione sostenuta dell’inflazione. Solo un aumento della disoccupazione combatterebbe l’inflazione salariale, mentre c’è il rischio di un riaccendersi dei prezzi delle materie prime e dell’energia, che ridarebbero fiato proprio all’inflazione.
22 · TM Settembre 2023
opinionisti / l’esperto di investimenti Questione di fiducia Indici di fiducia americani (sx) ed europei (dx) a confronto Fonte: Reyl 120 80 60 40 20 0 Consumer Sentiment Index Uni Michigan European Commission Consumer Confidence 100 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 2023 -5 -10 -15 -20 -25 -30 -35
Il peggio non è passato, sarà infine un ‘errore politico’ a uccidere l’attuale ciclo, nonostante ci siano tutte le premesse per una ripresa, seppur non Goldilocks.
Manager tecno-umani
Nel nuovo scenario, il balzo in avanti generato dal progresso tecnologico non ha reso obsolete creatività, curiosità, pensiero strategico e capacità di valorizzare le risorse aziendali.
La trasformazione digitale viene spesso indicata come una grande opportunità per le aziende. Per lo meno, nella misura in cui il management è in grado di interpretarne le dinamiche e identificare i vettori che possono fornire un valore aggiunto all’organizzazione che è chiamato a dirigere. Associare il fenomeno in questione con la tecnologia, induce molte persone a ritenere che solo chi dispone di elevate competenze tecniche, può svolgere adeguatamente questo ruolo. Ma non è detto che sia così, anzi.
Pur riconoscendo il ruolo della tecnologia, spesso l’ideazione di modelli di business dirompenti, processi aziendali più efficaci ed esperienze d’uso innovative, derivano da una cooperazione tra competenze tecniche e creative, tra hard- e soft skills, tra ingegneria ed esperienza commerciale. Non è un caso, ad esempio, se apprendiamo spesso di promettenti startup che finiscono nel nulla, perché prive di una strategia commerciale e nonostante la genialità tecnica della loro idea.
Ecco perché, nel corso della rivoluzione digitale che stiamo vivendo in questi anni, è molto importante comprendere l’importanza della ‘digital leadership’.
Le organizzazioni che la valorizzano tendono ad attribuire valore alla comunicazione, alla creatività e alla volontà di esplorare nuovi modi in cui la tecnologia e le informazioni digitali possono essere utilizzate per affrontare con successo progetti aziendali.
Nelle organizzazioni più strutturate, il Chief Information Officer (Cio) è sicuramente il primo ruolo a cui si affida l’uso strategico delle risorse digitali dell’azienda. Ma a ben vedere, chiunque, indipendentemente dalla propria qualifica
lavorativa, può essere leader digitale se è capace di concentrarsi sulla qualità e sul valore funzionale delle risorse aziendali. Anche un’intera azienda può essere leader digitale nel proprio mercato, sfruttando con successo le proprie risorse digitali per ottenere e mantenere un vantaggio competitivo.
Nelle odierne organizzazioni It, stanno emergendo nuovi ruoli per gestire il business digitale, tra cui il chief data officer (Cdo), il chief trust officer, il responsabile
«Pur riconoscendo il ruolo della tecnologia, spesso l’ideazione di modelli di business dirompenti, processi aziendali più efficaci ed esperienze d’uso innovative derivano da una cooperazione tra competenze tecniche e creative, tra hard- e soft skills, tra ingegneria ed esperienza commerciale»
della gestione dei dati e il responsabile della governance delle informazioni. Ma puntare sulla digital leadership esclusivamente secondo il classico modello gerarchico (top down) potrebbe non essere sufficiente. Ciascuno di noi può assumere il ruolo di leader digitale nell’ambito delle proprie mansioni, sfruttando al meglio le risorse digitali dell’azienda per raggiungere i propri obiettivi.
Nelle organizzazioni di vendita, ad esempio, molto spesso il Crm (customer relationship management) viene vissuto come un’imposizione dei ‘capi’, per controllare il lavoro dei venditori. Se utilizzato correttamente, il Crm è invece uno
strumento digitale formidabile in grado di aiutarci nell’organizzare la nostra attività e ottimizzarla. Il digital leader è consapevole del valore delle informazioni contenute e regolarmente aggiornate nel Crm. Anche l’utilizzo efficace delle soluzioni di comunicazione e collaborazione offre uno spunto utile in questo senso. L’adozione incompleta o inefficace degli strumenti a disposizione non è infatti legata esclusivamente alla preparazione tecnica individuale, bensì a evidenti lacune nel metodo di lavoro. Dall’organizzazione delle riunioni (on-line o in presenza), alla condivisione dei documenti (evitando ad esempio l’invio di allegati di posta elettronica), dalla gestione dei compiti individuali (chi, cosa, entro quando) e di team, alla pianificazione strutturata delle attività settimanali.
Essere leader digitali significa infine conoscere anche il lato ‘oscuro’ della trasformazione digitale, non solo sul lavoro ma anche nella vita privata. Questo concetto coinvolge l’uso consapevole dei social media, un approccio attento e prudente in tutti quei casi in cui abbiamo a che fare con documenti e informazioni sensibili. Tanto per rispetto della recentissima revisione della Legge Federale sulla protezione dei dati, quanto per evitare spiacevoli incursioni di criminali informatici nella nostra vita privata. Se l’azienda per cui lavoriamo non ha già previsto un programma di apprendimento, ci comportiamo da leader digitali anche se predisponiamo in proprio un percorso di autoapprendimento. Le risorse non mancano e dopotutto, sappiamo anche dove trovarle.
24 · TM Settembre 2023
opinioni / l’esperto di telecomunicazioni
Carlo Secchi, Head of Sales Ticino di Sunrise Business.
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Parolieri di sostenibilità
Il principale problema alla base delle molte e troppe ambiguità intorno all’intero comparto della sostenibilità, che siano investimenti o che siano prodotti poco cambia, è la mancanza di una definizione condivisa del cosa sia, e quanto. Una semplice unità di misura. Le ampie libertà che hanno dunque le imprese spalancano le porte al curioso fenomeno del greenwashing, la sottile arte di inverdire qualunque cosa. Ma quali sono i rischi, e come limitarlo?
Trecento metri, trenta yarde, tre miglia, quattro litri, due galloni, sette tonnellate, otto once, nove libbre… misure, misure, e ancora misure. Seppur certo con una certa ragionevole chiarezza. Le unità di misura di ogni sistema sono note, e univoche, parametrate a un unico coerente sistema internazionale che considera quelle che in tutti i sensi sono peculiarità nazionali, retaggi storici, seppur in progressiva estinzione. Da qui gli Stati Uniti con il loro gallone di benzina, gli inglesi con le loro 30 miglia orarie, o i cinesi con il loro lì o jin, senza inoltrarsi nei meandri dei calendari non gregoriani.
Come destreggiarsi in tale giungla?
Semplice, ovviamente tavole di conversione per ogni dubbio o necessità. Ma se non ci fossero per semplice questione di scarso utilizzo, e si dovesse compilarle in-
vece da zero? Evidentemente si finirebbe con l’incappare in qualche problema in più, scavando alle origini di qualunque sistema nazionale, peggio se regionale, e disquisendo di quelle che ora della fine sono e rimangono definizioni. Un litro è… un litro, dieci decilitri, ma quant’è? Più semplice, un metro è un metro, dieci decimetri, cento centimetri e così via, ma poi all’atto pratico?
Un problema serio se si ha a che fare con molti Paesi, tutti diversi e tutti insieme, trascurabile in caso di contatti isolati e sporadici. Una questione cui si trovò presto confrontata Roma, che nel fare ordine qualche soddisfazione se l’è sempre levata. Erano del resto tempi complessi, dati anche dall’estrema geopardizzazione del quadro politico del Mediterraneo allargato, in cui convivevano quindi a distanza di pochi giorni di navigazione unità
di misura apparentemente identiche, almeno nel nome, ma all’atto pratico ben poco omogenee, com’è ad esempio il caso del piede, che a dipendenza della località poteva essere dorico, attico, romano, osco italico… solo per rimanere tra Italia e Grecia. A questi si affiancavano in Africa e Oriente il piede siriano, microasiatico, fenicio o rodio, e nel loro caso si trattava prevalentemente di unità di peso.
A fare ordine, a impero ormai costituito, il solito Augusto, con il ‘Pes monetalis’, traducibile in piede monetale, pari a 29,65 cm dunque identico a quello attico, la cui unità campione era conservata a Roma nel tempio di Iuno Moneta, al pari di molte altre, pratica andata poi diffondendosi in molte altre località.
Ma quali erano le differenze tra tutti gli altri piedi? Apparentemente non enormi, pochi grammi o pochi centimetri, ma
26 · TM Settembre 2023
cover/ finanza a
cura di Federico Introzzi
proporzionalmente molto significative. Il piede osco-italico misurava 27,5 cm e peggio erano le unità di peso, legate però a doppio filo con il sistema monetario.
Se i fenici sono stati per centinaia d’anni i mercanti per antonomasia dell’intero Mediterraneo, non si può certo affermare in chiarezza volutamente abbondassero. Quindi un piede a Tiro, nell’attuale Libano, aveva un peso compreso tra gli 8,29 e i 9,91 g, ma il piede fenicio era di 7,76 g, quello siriano di 9,4 e quello attico di appena 4,36 con riflessi particolarmente importanti al crescere dei multipli di quello che rimaneva pur sempre un ‘piede’. Evidentemente accanto al piede, a dipendenza che si trattasse di liquidi (vino), aridi (grano) e lunghezze (strade), le unità di misura erano molte altre che davano vita sistemi di misurazione e comparazione decisamente complessi. Un problema anche molto pratico, se si considera che era proprio lo Stato a farsi garante di queste ‘unità’, in primis per riscuoterne tasse e dazi commerciali.
Sia nel caso delle distanze, ad esempio per viaggi di centinaia di km, sia per i pesi, l’importazione di derrate alimentari dall’Africa a Roma, la chiarezza era un elemento logisticamente ed economicamente fondamentale. Da qui, nel caso delle strade, un preciso sistema di misurazione con cippi posti ai bordi delle arterie consolari ogni mille passi (da qui le pietre miliari), e mappe dettagliate, gli ‘itineraria’, a disposizione dei viaggiatori con tanto di stazioni di servizio e locande dove sostare tra una località e l’altra.
Se dunque sino ad Augusto uno dei principali problemi che ancora affliggeva il Mediterraneo, e il nascituro impero, erano state le unità di misura, almeno quello era stato facilmente risolto: la Libbra era l’unità fondamentale dei pesi, il modio dei prodotti secchi, l’anfora dei liquidi, il piede delle lunghezze, lo iugero delle superfici. Tutta una questione di definizioni, per certi versi di semplice semantica, quella che manca ad esempio in un ambito di stretta attualità e particolare interesse. Cosa è sostenibile, e quanto? Qual è un investimento verde, e soprattutto di quale delle molte tonalità?
Essere tutti in chiaro. Anche in un ambito molto specifico e tecnico come può esserlo la finanza, in cui non si nega un acronimo a nulla e nessuno, in questo ambito si viaggia a vista nella migliore delle ipotesi. Il che non è ovviamente privo di
conseguenze, tutto sommato accettabili dato il contesto di profonda incertezza. «La sostenibilità dovrebbe essere vista come una mentalità, mentre molto spesso è percepita come un obiettivo molto complesso e astratto. La principale sfida è che non ha una definizione riconosciuta e accettata, non mancano quindi le interpretazioni, che chiaramente ostacolano i tentativi del mondo finanziario di farsene promotore e sostenerla. Darle una definizione condivisa sarebbe un traguardo storico, l’inizio di qualcosa di nuovo, con la possibilità per gli interessati di posizionarsi o classificarsi all’interno di una tassonomia ampiamente riconosciuta. È però altrettanto importante essere consci che si tratti di una transizione, il che implica inevitabilmente che i risultati non siano istantanei, ma graduali, con alcuni in una fase già abbastanza avanzata», esordisce così Andrea Biscia, analista Private Markets & Esg di Decalia Group.
A una certa ambiguità di fondo, si somma spesso una seconda ambiguità,
L’esazione di dazi e gabelle da parte dello Stato, nel passato è sempre stata la miglior garanzia a che vi fosse una certa precisione nel determinare le unità di misura. Oggi che tutto è diventato intangibile il discorso è radicalmente cambiato.
legata invece agli obiettivi da raggiungere, e sui risultati desiderati. Altro capitolo complesso. «In linea di principio tutti concordano che un investimento sostenibile dovrebbe avere ambizioni chiare e trasparenti. All’atto pratico è evidente che questo non avvenga molto spesso, il che è riconducibile alla metodologia con cui sono stati costruiti i veicoli dedicati, secondo un’ampia gamma di approcci diversi. Si passa dunque dall’esclusione di settori controversi a schemi ‘best in class’, per spingersi poi ai tematici puri. In genere è il ‘marketing del di più’ a essere problematico; anche a patto di escludere settori controversi, ma con una
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Bilanci impalpabili
Fonte: Nordea 2023 ■ Intangibile ■ Tangibile 17 32 68 80 84 90 83 68 32 20 16 10 0% 20% 40% 60% 80% 100% 1975 1985 1995 2005 2015 2020
Rapporto tra asset tangibili e intangibili delle quotate dello S&P500 (in %)
Principali città Campi legionari Arterie comm.
Le principali rotte commerciali dell’impero romano
«Un’analisi condotta dalla Commissione Europea nel 2020 aveva rilevato che, pur stando entro i confini dell’Unione, il 53,3% delle asserzioni ambientali rilasciate dalle aziende fossero vaghe, fuorvianti o infondate, e che invece un altro 40% fosse del tutto infondato»
Elena Guglielmin, Cio di Ubs Wealth Management
Il perché degli sforzi in investimenti Esg
Se i Paesi avanzati, in una fase successiva di sviluppo, e dunque molto meno industriale, possono cercare di aggirare il problema dell’impronta climatica, la forte componente industriale degli Emergenti solleva altri problemi, confliggenti con le pie illusioni climatiche tutte occidentali. Ma perchè le imprese sono sempre più sensibili alle tematiche Esg?
certa tolleranza, e di applicare un filtro ‘best in class’ che elimini il 10% inferiore dell’universo investibile, il risultato sarà un portafoglio pressoché identico a uno tradizionale, senza tali filtri», rileva Markus Stierli, responsabile della strategia Esg di Vontobel Multi Asset.
Se non mancano le difficoltà da un lato, applicare con una certa coerenza i principi d’investimento concordati in una materia vaga e indefinita, dall’altro anche l’uni-
verso investibile fa il suo. «La sostenibilità in tutte le sue possibili declinazioni, tra cui chiaramente ambientale, negli ultimi anni ha spopolato, acquisendo una rilevanza sempre maggiore. Con la crescente attenzione verso il cambiamento climatico e la sensibilità dei consumatori verso le tematiche green, la tentazione da parte delle aziende produttive o finanziarie di un’immagine verde per attirare clienti è molto alta. Se però le dichiarazioni non corrispondono alla sostanza il rischio è quello di scivolare nella pratica del Greenwashing. Il che riporta al problema della definizione, o della sua assenza», precisa Elena Guglielmin, Cio di Ubs Wealth Management.
Anche a patto di sgombrare il tavolo da questa ingombrante ‘definizione’, il problema si sposta semplicemente più a valle. Investire sì, ma con quali finalità? «La strategia d’investimento di un determinato veicolo sostenibile dovrebbe essere quanto più possibile precisa ed essenziale, con un focus sui risultati da raggiungere, e metriche oggettive per monitorarli. Una strategia allineata con i propositi degli Accordi di Parigi è un ottimo esempio, obiettivi ambiziosi ma dimostrabili con un track record di decarbonizzazione. O ancora, prodotti azionari con un focus sull’impact investing e sui risultati da esso ottenuti. In assenza di obiettivi sostenibili chiari è chiave invece il concetto di propensione al rischio dell’investitore, concentrandosi sul come e quanto mitigare i rischi connessi pur ottenendo risultati ambientali o sociali rilevanti, e migliori del benchmark di mercato», prosegue l’esperto di Vontobel.
Il giro di vite. Il re degli acronimi degli ultimi anni, in testa a tutte le classifiche, è certamente l’Esg. Il frutto, in parte anche avvelenato, della finanza verde, e di tutta la sua prosopopea mediatica annessa. Anche in questo caso capire e discriminare sin dove e quanto lo sia è abbastanza complesso, e avventuroso. «L’Esg vuole essere un quadro di riferimento che stabilisce parametri indicativi per le aziende utili a misurare i loro sforzi nell’ambito della sostenibilità in tre dimensioni fondamentali: l’impatto ambientale, la responsabilità sociale e le pratiche di Governance. Si tratta dunque di un approccio strutturato che fornisce al mercato un quadro più chiaro di come le aziende si stiano allineando agli obiettivi di sostenibilità, distinguendole da chi invece sta solo facendo finta.
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Investimenti fissi Formazione di capitale fisso pro capite negli Emergenti (2010: 100, in usd) Fonte: Un Desa 2022 60 80 100 120 140 160 180 200 2021 2020 2019 2018 2017 2016 2015 2014 2013 2012 2011 2010 Africa America Latina Est Asia Ovest Asia Sud Asia
Principali ragioni dell’impegno per settore (% del campione, 100 max) Crescita ricavi Rispetto normative Soddisfare consumat. Reputaz. azienda Soddisfare invest. Soddisfare personale Settore energetico ed elettrico 53 32 49 11 18 24 Beni di consumo e retail 51 32 40 22 7 18 Alta tecnologia e telecomunicazioni 49 36 23 16 27 36 Business, legal, e servizi professionali 48 21 31 32 9 26 Health e Pharma, beni medicali 40 51 24 17 36 19 Settore pubblico e sociale 34 45 20 23 6 19 Servizi finanziari 32 46 23 23 32 13 Impegno complessivo 44 38 31 24 20 19 Fonte: McKinsey 2023
L’Esg rimane però una semplice ‘lista di controllo’, dice cosa le aziende stanno evitando o diminuendo, ma non quali misure proattive stiano implementando per ottenere un reale impatto positivo», sintetizza Paolo Rossi, Senior Relationship Manager di responsAability.
Il crescere di attenzione e rilevanza della tematica è destinato però a sollevare non poche reazioni, che in alcuni casi hanno già visto la luce, in entrambi i sensi. «Nonostante il forte consenso che l’Esg riesce a coagulare, si contano anche alcuni oppositori, ad esempio negli Stati Uniti, dove nel tentativo di frenare o invertire la rotta sono state proposte leggi che limiterebbero la capacità degli investitori di presentare proposte degli azionisti in materia. A muoversi sono però anche le grandi organizzazioni internazionali, come il Sustainability Accounting Standards Board e la Task Force on Climate-related Financial Disclosures, che stanno invece lavorando per creare standard globali che rendano più facile e oggettivo comunicare e valutare le performance Esg delle aziende. Un po’ come la direttiva Sfdr in Europa», chiarisce Stefano Capone, Senior Investment Advisor di Bg Valeur.
I piani di gioco rimangono molti, con diversi livelli di difficoltà spesso determinati anche dallo stato dell’arte delle normative già in essere, e dalla sensibilità di investitori e popolazione in materia, il che inevitabilmente facilita determinate pratiche poco limpide. «Nell’ottobre 2022 la Financial Conduct Authority ha iniziato a proporre di introdurre a livello globale etichette di sostenibilità per i prodotti d’investimento, e requisiti più stringenti di divulgazione delle comunicazioni sull’Esg. Analogamente si sono mosse le autorità di Stati Uniti, Australia e Singapore, allineandosi con i passi compiuti nel Vecchio Continente negli ultimi anni. Già nel 2020 il Parlamento Europeo aveva adottato la Tassonomia Ue con l’intento di definire univocamente l’attività economica ambientalmente sostenibile, estendendo progressivamente le aziende soggette alla direttiva Eu Nfdr (non finance reporting directive), con dunque l’obbligo di rendicontare i risultati raggiunti realmente, e assoggettando i fondi comuni d’investimento alla Sfdr (sustainable finance disclosure regulation), con l’obbligo di comunicare il proprio grado di allineamento alla tassonomia Ue», mette in evidenza il Cio di Ubs.
«Il programma che abbiamo lanciato in Svizzera, nell’ambito del trading di materie prime, mette a in diretta correlazione l’erogazione di credito a condizioni vantaggiose al raggiungimento di obiettivi concordati nel sostenibile. Anche gli istituti di credito possono giocare un ruolo»
Deia Markova, Responsabile svizzera dei servizi finanziari sostenibili di Société Générale
Il Global Green Finance Index
Il greenwashing del Ggfi 2023
Valutazioni dei soli addetti ai lavori nella finanza sostenibile
Dimostrazioni concrete, al di là dei risultati raggiunti, dell’attenzione riservata all’argomento anche da parte del legislatore, e più in generale della galassia pubblica, con tutte le sue pletoriche emanazioni. «Diversamente da quanto si possa pensare gli enti regolatori stanno diventando rapidamente sempre più proattivi in materia, facendo la loro parte. Pur con una certa inorganicità nei tentativi, sono stati fatti progressi significativi nel
La finanza verde è un nuovo filone emergente che molte Piazze stanno cercando di cavalcare in un po’ tutte le regioni del mondo. La Svizzera sta cercando di ritagliarsi un ruolo, specie con Ginevra. A dipendenza del come si guardino le classifiche, anche in questo caso può emergere un’importante componente di greenwashing, nel quanto bene tali Piazze riescono a vendersi ‘verdi’.
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Nuovo Ranking
Fonte: Ggfi 2023 Centre Ranking ufficiale Londra 643 1 1 New York 619 2 2 Stoccolma 599 16 3 Ginevra 594 24 4 Lussemburgo 615 3 5 Amsterdam 614 4 6 Zurigo 607 8 12 Edimburgo 602 13 14 Monaco di Baviera 587 28 22 Francoforte 559 41 36 Parigi 613 5 17 Bruxelles 568 37 39 Amburgo 572 35 45 Milano 552 50 54 Rating
Ranking dei singoli Hub nella finanza sostenibile Fonte: Ggfi 2023 Centre Ggfi 2023 Ggfi 2022 Londra 1 642 1 590 New York 2 641 3 578 Stoccolma 3 621 8 550 Ginevra 4 620 7 551 Lussemburgo 5 616 4 554 Amsterdam 6 615 2 580 Zurigo 12 609 11 547 Bruxelles 39 572 43 514 Copenaghen 8 613 9 549 Parigi 17 604 14 543 Monaco di Baviera 22 599 30 527 Madrid 30 581 39 518 Francoforte 36 575 40 517 Rank Rating Rank Rating
definire politiche che spingano le aziende nella giusta direzione. Evolvono quindi rapidamente le regole del gioco, ma è altrettanto importante, laddove non primario, che siano le aziende a recepire il messaggio dimostrando agli investitori di stare facendo qualcosa di positivo e tangibile», rileva l’esperto di Decalia.
La crescente severità di applicazione delle normative, e più in generale l’inasprirsi dei criteri stessi, anche considerata singolarmente è comunque una presa di posizione importante, e per certi versi non scontata. «Le difficoltà riscontrate da molti veicoli nel superare i test di so-
Settore che vai...
«Ogni azionista in assemblea ha diritto di esprimere il suo voto, per influenzare decisioni aziendali molto importanti, dalla composizione del board, alle questioni Esg. Tra gli azionisti vi sono certo gli istituzionali, ma anche i più piccoli possono rivelarsi molto incisivi, come dimostra ExxonMobil»
Stefano Capone, Senior Investment Advisor di Bg Valeur
stenibilità dei regolatori, o la radiazione di strategie e approcci sino a ieri accettati, dovrebbero essere salutate dagli investitori con un certo favore. Contabilmente un’informazione è rilevante se la sua assenza può cambiare la decisione degli interessati, e con il miglioramento delle informazioni societarie messe a disposizione degli investitori non c’è ragione per cui qualcuno dovrebbe ragionevolmente ignorare elementi rilevanti in ambito sociale e ambientale. Al pari, l’assenza completa di una strategia destinata a mitigare i potenziali rischi connessi dovrebbe dissuadere gli investitori da decisioni affret-
…normative che trovi? Se nel corso degli ultimi anni, la natalità di nuove regole non ha certo stagnato, è facile capire perché qualche dubbio continui a sopravvivere anche nel caso dei più volenterosi nel voler rispettare le direttive delle autorità, anche in ambito Esg. «In risposta agli accordi di Parigi del 2015, i requisiti normativi Esg imposti dalle autorità di regolamentazione si sono moltiplicati. Se a fare la parte del leone è certo l’Unione Europea, con interventi iniziati nel 2018 ma già calendarizzati sino a oltre il 2024, anche la Svizzera si sta muovendo. Già nel 2020 il Consiglio Federale si era pronunciato con l’obiettivo dichiarato di rendere più sostenibile la Piazza finanziaria. Nel 2022 gli obiettivi sono stati rivisti e aggiornati, e attualmente si vuole consolidarne il ruolo quale hub finanziario leader a livello mondiale in ambito Esg. Come? Ad esempio imponendo l’obbligo di comunicazioni extrafinanziarie per banche, assicurazioni e aziende pubbliche», sottolinea Luciano Monga, il Partner di Deloitte. Nel calderone delle ‘extrafinanziarie’ gli ambiti sono andati rapidamente ampliandosi, e già oggi includono comunicazioni di natura ambientale, sociale, diritti umani e anticorruzione, con impegni crescenti sino al 2025. «L’obbligo di rendicontare tali materie sarà in vigore già alla fine di quest’anno, mentre dal 2024 quello di comunicare. Parimenti l’introduzione del
tate. A prescindere dalla sostenibilità avere determinate informazioni è comunque meglio che non averle», precisa Stierli. Ma quanto utile? Produrre documentazione, e almeno provare a ‘venderla bene’, di per sé non costituisce reato. Laddove poi la materia sia impalpabile, e la relativa regolamentazione non proprio chiarissima, il confine tra lecito e illecito si fa particolarmente grigio. «Almeno stando a quanto dichiarato da Hans Hoogervorst, presidente dell’International Accounting Standards Board, lo scorso anno è abbastanza improbabile che l’aumento degli obblighi di reporting possa sortire effetti straordinari, ad esempio spingere le aziende a essere più ecologiche o sostenibili. È bene muovere da aspettative molto contenute, e lasciarsi poi stupire che non il contrario, ma del resto è improbabile riesca a indurre le aziende a dare la priorità al benessere della collettività e del pianeta, rispetto al profitto. Il 90% delle aziende che compongono l’indice Fortune 500 producono una qualche forma di rendicontazione della sostenibilità, ma il greenwashing si conferma una piaga dilagante», rileva Andrew Mason, Head of Active Ownership di Abrdn.
L’estensione del fenomeno, ossia il vendere per sostenibile quanto non lo è
quadro Tcfd impone a queste imprese la divulgazione di informazioni, ed eventualmente l’adeguamento di strutture e regolamenti interni, relative a: Governance, di opportunità e rischi legati al clima; metriche e obiettivi per valutarli e gestirli; strategia e risk management», prosegue Monga. Obblighi normativi non destinati a passare sotto silenzio. Ma con quali effetti sull’Audit interno? «Un primo imprescindibile passo è un’analisi Esg olistica dell’impresa, anche oltre il perimetro aziendale, identificando gli stakeholder coinvolti, un secondo un’accurata documentazione di tutte le informazioni raccolte utilizzando diagrammi di flusso, e implementando i controlli interni necessari. Man mano si tratterà invece di testare tali protocolli, colmando le lacune e monitorando i progressi», conclude il Partner.
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0 100 200 300 400 500 149 525 41 46 1990 1995 2000 2005 2010 2015 2020 Asia Europa Nord America Sud America Natalità normativa N. di normative Esg per regione (dati 2022) Fonte: Pri 2022
molto, se idealmente si ritiene possa essere comunque molto estesa, i dati sembrano dimostrare l’opposto, dell’opposto. «Un’analisi condotta dalla Commissione Europea nel 2020 aveva rilevato che, pur stando entro i confini dell’Unione, il 53,3% delle asserzioni ambientali rilasciate dalle aziende fossero vaghe, fuorvianti o infondate, e che invece un altro 40% fosse del tutto infondato. Gli sforzi di molte istituzioni europee, dalle Esa (European Supervisory Authority), all’European Financial Reporting Advisory Group, ha portato la Commissione a presentare lo scorso marzo nuovi criteri comuni per contrastare il fenomeno, poi approvati dal Parlamento a maggio, oltre a stilare norme più specifiche in materia di asserzioni ambientali e un divieto generale di pubblicità ingannevole», nota Guglielmin.
Un problema significativo per le dimensioni che il relativo mercato ha assunto nel corso degli ultimi anni, e tale da sollevare qualche perplessità sull’efficacia di molti controlli, e fiumi d’inchiostro, specie in quella che dovrebbe essere la macroregione più avanguardista in materia. «Solo un decennio fa sarebbero stati relativamente pochi investitori a riservare un minimo di attenzione ai rapporti di sostenibilità, oggi l’Esg è mainstream e spesso al centro del processo d’investimento, seppur sulla base di questi dati. Secondo Morningstar tra aprile e giugno di quest’anno a livello globale i fondi sostenibili hanno raccolto 71,1 miliardi di dollari, spingendo il gestito oltre la soglia del trilione, con una forte accelerata. Nel Regno Unito la raccolta tra aprile e luglio ha già superato i flussi aggregati dei cinque anni precedenti, secondo Calastone. Ad accendere l’interesse degli investitori sta contribuendo la consapevolezza che avere e raggiungere obiettivi ambientali ambiziosi in molti casi sia anche sinonimo di una buona gestione aziendale», sintetizza il responsabile di Abrdn.
Il Greenwashing. Forte domanda, un’offerta reale molto limitata e ancora acerba, inevitabilmente porta a ingentilire molti numeri, e nel caso del mercato a prenderli anche per buoni senza eccessivi controlli. A patto poi di dimostrarne la reale efficacia. Dunque, come fare? «Mentre la finanza verde continua a evolvere, distinguere gli sforzi e gli impegni seri presi da alcune aziende da semplici misure di marketing sta diventando via via sempre più arduo. Del resto, a fronte
«Il greenwashing è un rischio, quello degli investitori di essere ingannati circa le caratteristiche verdi di un dato prodotto finanziario. Il dibattito che alimenta questo fenomeno tende a far credere che gli investimenti sostenibili siano una disciplina incomprensibile, il che non è vero»
Markus Stierli, Responsabile della strategia Esg di Vontobel Multi Asset
dell’incredibile sostegno popolare che tale sensibilità sta riscontrando anche le pratiche di semplice marketing si stanno affinando, e molte aziende decidono di proiettare un’immagine di sé particolarmente responsabile ambientalmente. All’atto pratico si stanno diluendo gli sforzi autentici, rendendo più difficile anche per i consumatori orientarsi», nota l’esperto di responsAability.
Ma almeno in questo caso, e dunque
Apparenza e realtà sono un serio problema, in primis di comunicazione, tra imprese e mercato, in cui rientrano sia i consumatori che i clienti. In molti casi la percezione che questi hanno della dimensione sostenibile dell’impresa è radicalmente diversa dalla realtà, il che presta il fianco sì a interessanti dinamiche competitive, ma anche a notevoli rischi reputazionali.
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Fonte: PwC Governance Insights Center 2022 ■ Proposte E+S ■ Proposte G 20 25 30 35 40 2018 2019 2020 2021 2022
Il supporto degli azionisti Supporto % Esg in assemblea (Russell 3000)
Fonte: PwC Governance Insights Center 2022 ■ Iniziative proposte dagli azionisti 10 12 14 16 18 2018 2019 2020 2021 2022 20 22 24
Il supporto degli azionisti Iniziative Esg approvate (%, Russell 3000)
Fonte: Brand Finance Plc 2023 Area di opportunità Area di rischio 8.0 7.5 7.0 6.5 6.0 5.5 5.0 4.5 4.0 Percezione
del consumatore Performance reale della sostenibilità 3.0 3.5 4.0 4.5 5.0 5.5
Questione di scollamento Divario tra sostenibilità reale dell’azienda e percepita dal consumatore
della sostenibilità da parte
Settore
Distribuzione
«Se si pensa alla sostenibilità e all’ambiente d’istinto si dovrebbe uscire dalle Big Oil. Ma ha davvero senso?
E se invece fossero parte della soluzione? Nel caso dell’Europa, già oggi stanno investendo pesantemente in rinnovabili, e solo rimanendo investito si potrebbe influenzarle ad accelerare gli sforzi»
Andrea
supporto, seppur spacciati per certificati da autorevoli terzi, e di questi vengono enfatizzate singole caratteristiche o informazioni sufficientemente generiche da generare solo confusione nei consumatori», sintetizza il Cio di Ubs.
Group
- 2022)
Se per certi versi è comprensibile che un consumatore possa risultare raggirato dalla pubblicità ingannevole di un’impresa più o meno famosa e insospettabile, è pur vero che spesso vittime del raggiro siano quelle persone che un po’ più specializzate, invece, dovrebbero essere. Il che è decisamente peggio. «Il greenwashing è un rischio, quello degli investitori di essere ingannati circa le caratteristiche verdi di un dato prodotto o servizio finanziario. Il dibattito che alimenta questo fenomeno tende sempre più spesso a far credere che gli investimenti sostenibili siano una disciplina incomprensibile che delude puntualmente le aspettative, il che non è vero. Ad esempio, prefissandosi risultati chiari, una propensione al richio coerente, e accettando di scendere a compromessi tra obiettivi sostenibili e risultati finanziari accettabili, la barra può essere tenuta facilmente dritta e la trappola evitata», sottolinea l’esperto di Vontobel.
Gli indici e le metriche che cercano di catturare la probabilità di rischio di incapparre in pratiche più o meno palesi di greenwashing si sprecano, e al pari della materia nel suo complesso giungono a conclusioni opposte. Risulta però intuitivo che a dipendenza dei settori i rischi siano molto diversi, al pari delle difficoltà che ci si trova a dover affrontare, con quali margini di manovra.
diversamente dal settore e dal concetto stesso di sostenibilità, c’è una chiara definizione del fenomeno? «Con greenwashing si intende una tecnica di comunicazione o marketing perseguita al fine di proporre le proprie attività come ecosostenibili, esaltandone gli aspetti positivi, occultando l’impatto ambientale negativo di altre, o dell’impresa nel suo insieme. Nei casi più frequenti le informazioni comunicate sono prive di dati puntuali a
In larga misura il fenomeno vive e prospera grazie alla frammentazione del piano normativo, nella peggiore delle ipotesi all’interno degli stessi Paesi, nella migliore a livello intergovernativo, per quanto restino in ogni caso regole frammentarie e facilmente manipolabili. «Le aziende godono di ampia discrezionalità sul cosa e quanto rivelare, e quanto invece semplicemente non rendere pubblico. Esistono standard molto diversi, e sono indispensabili molto lavoro e analisi accurate, ma è anche vero che oggi è più difficile per un’azienda presentare opinioni qualitative credibili in assenza di misure quantitative che mostrino la sua impronta. Si tratta di un primo grande cambiamento. Più sottilmente si può però guardare a piccoli indicatori, alla struttura di Governance per capire quanto seriamente sia istituzionalizzata la sostenibilità, verificando se sia il board a supervisionare la materia, o se la remunerazione dei dirigenti dipenda dal raggiungimento di determinati obiettivi ad esempio di emissioni», riflette Mason.
Un ruolo possono però averlo anche i regolatori, deframmentando il quadro sarebbe forse chiedere troppo, ma già anche inasprendo norme e controlli. «Ob-
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Distribuzione del rischio Indicatore di rischio di greenwashing per area Esg (dati 2009
Fonte: Covalence 2023 Ambiente Sociale Governance 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% N.d. Basso Medio Alto 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% N.d. Basso Medio Alto 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% N.d. Basso Medio Alto 12% 71% 5% 12% 15% 55% 10% 20% 23% 52% 7% 18%
Biscia, Analista Private Markets & Esg di Decalia
che vai... rischio che trovi
del
di
per settore Fonte: Covalence 2023 0% 10% 20% 30% 40% 50% Immobiliare Hardware & tecnologie Software & Servizi informatici Assicurazioni Servizi di consumo Commercio e beni professionali Casalinghi e prodotti personali Automotive e componentistica Media e intrattenimento Sistema finanziario Pharma e biotecnologie Beni retail Trasporti Beni durevoli e abbigliamento Agroalimentare Utility Materiali Energia
rischio
greenwashing
bligare i gestori a classificare le strategie sulla base delle reali posizioni presenti nel portafoglio, in linea con la Sfdr, è un primo passo per promuovere l’onestà e la trasparenza nel settore, ma presuppone anche un reale allineamento tra strategie e obiettivi di sostenibilità, che in ultima analisi porterebbe all’estinzione del fenomeno. Solo pochi Paesi si stanno però ponendo davvero il problema e stanno cercando soluzioni, e si tratta dell’Europa, già gli Stati Uniti in questa materia sono molto più indietro, e considerate le dimensioni del mercato americano non è un dato irrilevante. Solo un impegno serio da parte di tutti potrebbe accelerare in misura significativa un cambiamento», mette in evidenza Biscia.
Al di là dei singoli confini interni, sicuramente più numerosi nel Vecchio Continente, che non oltre Atlantico, anche la Svizzera sta facendo la sua parte. «Si può dire Berna si stia muovendo in una direzione sempre più europea in questo ambito, come mostra la Comunicazione 05/2021 di Finma, in cui viene ripresa abbastanza puntualmente la direttiva europea Sfdr, sia in termini di prodotto che di emittente. Pur esistendo alcune differenze, sono infatti abbastanza marginali nella portata e di fatto non ne alterano lo spirito. Tra queste: nessun obbligo di divulgazione per i prodotti che non abbiano la sostenibilità quale obiettivo; nessun riferimento diretto al principio del ‘non nuocere in modo significativo’; assenza di riferimenti diretti alla tassonomia europea e ai relativi criteri di valutazione, o alla politica di remunerazione. Altresì, ribadisce che i criteri Esg dovrebbero iniziare dall’alto, implementando la sostenibilità a livello di Governance, integrandola nel processo d’investimento, nei relativi controlli, e soprattutto nel risk management», precisa Luciano Monga, Partner di Deloitte Svizzera, a Lugano.
Avere i dati di prima mano e poterli analizzare è probabilmente la soluzione definitiva, la vera garanzia della bontà di ogni mossa in questo ambito. «Solo rimanendo investiti, e avendo quindi la possibilità di porre domande al management, si può far luce su quello che c’è dietro molti numeri. Nello specifico rispettare o meno gli obiettivi prefissati non è indicativo degli sforzi compiuti, del resto qual è la differenza tra un’azienda che li raggiunge sempre e una che invece li manca di poco? La prima potrebbe averli fissati
«In risposta agli accordi di Parigi, i requisiti normativi Esg imposti dalle autorità di regolamentazione si sono moltiplicati. Se a fare la parte del leone è certo l’Unione Europea, con interventi iniziati nel 2018 ma già calendarizzati sino a oltre il 2024, anche la Svizzera si sta muovendo»
I rating Esg in Asia e nel Pacifico
troppo ambiziosi, l’altra troppo morbidi. Solo potendo dialogare con le persone chiave dell’azienda si può avere un quadro sufficientemente chiaro per farsi un’idea realistica delle dinamiche interne, oltre che delle strategie in essere per mitigare i rischi Esg materiali, e dunque disinnescare il problema greenwashing», nota il responsabile di Abrdn.
In molti casi può però rivelarsi necessaria una terapia d’urto, per contrastare
Nel corso degli ultimi anni, a gran richiesta, sono nati i primi rating di sostenibilità certificati da autorevoli enti terzi, che cercano di comunicare informazioni trasparenti al mercato. L’unico problema è che Casa che scegli, rating che vuoi, con gli stessi titoli valutati in misura opposta, senza apparente grado di correlazione. Anche ammettendo la buona fede il risultato lascia...
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Luciano Monga, Partner di Deloitte Svizzera a Lugano
Copertura % del totale delle aziende quotate dotate di rating Fonte: Ocse, Refinitiv Paesi
Giappone
0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% 14% 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 16% Rating in libertà Grado di correlazione tra rating Esg della stessa azienda, ma di Case diverse Fonte: Ocse, Refinitiv, Bloomber, Msci 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 ■ Msci-Refinitiv ■ Bloomberg-Msci ■ Refinitiv-Bloomberg
scelti
(Aus, Ind, KoS, Mal, Nze, Sin, Tha)
Mondo
Alla base del fenomeno del greenwashing si possono però celare le più svariate delle possibili risposte, con in alcuni casi delle difficoltà oggettive da parte delle imprese di adeguarsi alle normative. Casi sicuramente residuali, a fronte della marea di scandali che attanagliano imprese di ogni ordine e grado. Ma del resto, cosa è sostenibile? Nessuno lo sa.
«L’Esg vuole essere un quadro di riferimento che stabilisce parametri indicativi per le aziende utili a misurare i loro sforzi nell’ambito della sostenibilità in tre dimensioni fondamentali: l’impatto ambientale, la responsabilità sociale e le pratiche di Governance»
Paolo Rossi, Senior Relationship Manager di ResponsAbility
Latina; facilitando l’inclusione finanziaria di micro e piccole imprese in Asia, mettendo a loro disposizione strumenti e risorse finanziarie; o anche dando accesso a fonti di energia pulita e affidabile alle comunità dell’Africa subsahariana, così da sostenerne lo sviluppo», chiarisce Rossi. Quale ruolo per la finanza? Le società avanzate sono sempre più attanagliate dal dilemma della sostenibilità, vissuta quale un’irrinunciabile necessità più ideologica che pratica, come il greenwashing del resto dimostra, ma cosa può fare a proposito l’industria che più di tutte è pervasiva nel tessuto sociale ed economico? «La finanza dovrebbe svolgere un ruolo centrale nel guidare la transizione della società verso un modello diverso. Esercita del resto un’influenza significativa già solo determinando l’allocazione di fondi consistenti, esercitando il diritto di voto in assemblea, o impegnandosi con le aziende, indirizzandole verso pratiche più sostenibili. È però altrettanto decisivo che la finanza resti pragmatica, vagliando con oggettività le decisioni d’investimento, senza ideologismo, evitando ad esempio la pericolosa tendenza di escludere i titoli petroliferi e interi settori dai portafogli. Decisioni che in molti casi denotano semplicemente l’inconsistenza dell’analisi sottostante», rileva l’analista di Decalia.
il fenomeno. «L’Esg si limita a seguire quelle che sono linee guida, soddisfacendo requisiti considerati minimi, l’impact investing sostiene attivamente gli sforzi dell’impresa, supportandola nel lanciare progetti ad esempio nelle rinnovabili o nella riforestazione. Società come la nostra si prefiggono di avere un impatto positivo sul pianeta, investendo in progetti rurali con metodi di coltivazione rispettosi dell’ambiente in America
In questa direzione il colosso bancario francese ha già fatto una scelta di campo importante, iniziando a ricoprire un ruolo proattivo all’interno di quella che si conferma essere un’equazione ricca di incognite. «Sono ormai diversi anni che offriamo ai nostri clienti dell’investment banking finanziamenti legati a obiettivi di sviluppo sostenibile. Il programma che abbiamo lanciato in Svizzera, nell’ambito del trading di materie prime, mette ad esempio in diretta correlazione l’erogazione di credito a condizioni vantaggiose al raggiungimento di obiettivi concordati nel sostenibile, come può esserlo il superamento di soglie ambiziose di taglio delle emissioni nella produzione di metalli o prodotti agricoli. A patto di mantenere una performance positiva costante nell’arco di un anno, e di raggiungere determinati traguardi, raccomandiamo ai nostri clienti di investire in nuovi progetti così da innescare un nuovo ciclo con nuove ricadute positive sull’azienda, e sull’ambiente. È un semplice esempio di come anche gli istituti di credito possano fare la propria parte», evidenzia Deia
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Licenze poetiche? Episodi di comunicazioni Esg fuorvianti al mercato per area geografica Fonte: RepRisk Esg 0 100 200 300 400 500 600 700 2022 2021 2020 2019 2018 2017 2016 2015 2014 2013 2012 Asia Altro Nord America Ue Europa, non Ue 800 900
Greenwashing Principali driver per la finanza (in % tot) Fonte: Esma 2023 ■ Evoluzione norme ■ Incentivi competitivi ■ Interpretaz. normative ■ Aspettative invest. ■ Assenza dati affidabili ■ Assenza di expertise ■ Evoluzione rapida mercato Esg 11% 22% 13% 13% 13% 14% 14% L’EuroStoxx 600 N. controversie mensili di greenwashing Fonte: Esma 0 10 20 30 40 50 60 Jan 20 Apr 20 Jul 20 Oct 20 Jan 21 Apr 21 Jul 21 Oct 21 #Greenwashing nei media #Sustainability-washing nei media
Markova, responsabile svizzera dei servizi finanziari sostenibili per il trading di materie prime di Société Générale.
La finanza non è però costituita da una semplice pattuglia di attori bancari di variabili dimensioni, accanto a questi, spesso di dimensioni paragonabili se non maggiori, gli indipendenti ricoprono un ruolo altrettanto importante. «Si definisce ‘engagement’ una pratica che si circostanzia nel dialogo costruttivo e frequente tra investitori e aziende, dove i primi cercano di influenzarne strategie, Governance, e pratiche interne sociali e ambientali. Molti istituzionali si sono dotati di unità operative interne dedicate a questo dialogo che è diventato una prassi, utile a capire meglio la dimensione Esg degli investiti, e che sta dando dei risultati. È il caso di Unilever, una delle principali multinazionali dei beni di consumo, e del dialogo avvenuto con gli investitori Climate 100+, grazie alle cui pressioni si è impegnata, insieme a tutta la sua catena del valore, a raggiungere ‘net zero’ entro il 2039», precisa l’esperto di Bg Valeur.
Quando si parla di investitori il ventaglio può farsi però ancora più ampio, scendendo di dimensione, sino ad arrivare a quello che si definisce comunemente azionariato polverizzato, dunque i piccolissimi investitori, in aggregato spesso i maggiori azionisti di molte quotate. «Gli investitori retail che si orientano alla sostenibilità è importante abbiano sempre in mente aspettative realistiche dei possibili risultati, in primis finanziari. Non investire nel fossile e nella difesa soddisfa sì obiettivi sociali e ambientali, ma è molto costoso, al pari solo una piccola frazione del quotato può essere ritenuta in grado di perseguire tali obiettivi con i propri beni e servizi, il che si scontra quindi con il più classico degli adagi: la preferenza per un portafoglio ben diversificato, in grado di massimizzare i rendimenti corretti per il rischio», chiarisce Stierli.
Nonostante in passato siano stati spesso sottovalutati, possono essere straordinari i risultati ottenuti anche dagli azionisti più piccoli e meno organizzati, a dipendenza delle circostanze. «Ogni azionista in assemblea generale ha diritto di esprimere il suo voto, per influenzare decisioni aziendali molto importanti, dalla composizione del board alla remunerazione dei dirigenti, alle questioni Esg. Tra gli azionisti vi possono essere gli istituzionali, come il più grande gestore di fondi al mondo
«Almeno stando a quanto dichiarato da Hans Hoogervorst, presidente dell’International Accounting Standards Board, è abbastanza improbabile che l’aumento degli obblighi di reporting possa sortire effetti straordinari, ad esempio spingere le aziende a essere più ecologiche o sostenibili»
Andrew Mason, Head of Active Ownership di Abrdn
Blackrock, molto attento a determinate tematiche sostenibili come ha chiarito nel suo ultimo Stewardship Report, ma anche di più piccoli. Emblematico è il caso della compagnia petrolifera ExxonMobil trovata a confrontarsi nel 2023 con una vera e propria rivoluzione. Un piccolo fondo detentore dello 0,02% delle azioni, Engine No. 1, ottenendo il sostegno di BlackRock e Vanguard, è riuscito a far eleggere ben tre dei suoi candidati al board, prima
La raccolta di capitali da parte della finanza verde ha raggiunto volumi vertiginosi in pochissimo tempo, ma dove vadano a finire tutte queste risorse è abbastanza discutibile. Del resto, come potrebbe il mercato fornire in così poco tempo agli investitori sufficienti asset sostenibili e verdi? La molta domanda deve incontrare la poca offerta, il che solleva non pochi grattacapi.
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0 La finanza verde Emissioni globali di debito sostenibile per segmento (usd mld, XII-2022) Fonte: Imf 100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 1,800 1,600 1,400 1,200 1,000 800 600 400 200 0 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 ■ Prestiti legati alla sostenibilità ■ Bond legati alla sostenibilità ■ Sustainability bond ■ Social bond ■ Prestiti Green ■ Green bond Veicoli verdi (in % tot, dx) Veicoli legati a sostenibilità (in % tot, dx) L’industria globale dei fondi Fondi sostenibili e relativo AuM (sx, usd mld; dx, numero fondi) Fonte: Unctad, Morningstar 0 2 000 4 000 6 000 8 000 0 500 1.000 1.500 2.000 2.500 3.000 3.500 4.000 4.500 ■ Europa ■ Stati Uniti ■ Cina ■ Resto del mondo 189 222 277 262 302 389 428 673 1460 2 231 2 078 31 40 49 51 63 82 89 140 236 357 286 40 56 68 91 20 74 50 106 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 83 1.538 50 7.012
La destinazione dei fondi Green bond per settore finanziato (mld usd, var % ‘21-’22)
Difficoltà di calcolo
La via degli incentivi costituisce in quasi tutti gli ambiti un modo abbastanza affidabile per ottenere i risultati attesi. Che poi tali risultati siano veri sta all’abilità dell’erogatore essere sufficientemente attento da evitare costose leggerezze. Laddove però questi sia un soggetto privato ecco che la speranza divampa. Ma quanto è facile in un ambito tanto ambiguo? «Nell’ambito del programma che abbiamo lanciato in Svizzera una delle principali difficoltà riscontrate è stata proprio la definizione degli obiettivi da concordarsi con i clienti. In particolare, per monitorare sforzi delle imprese e risultati raggiunti nell’arco di un anno sono stati sviluppati internamente, ma da parte di un team composto da nostri esperti, professionisti affermati di due aziende nel programma, e di una società ClimateTech leader nella raccolta dei dati sulle emissioni, Kpi basati su criteri di sostenibilità elaborati da società indipendenti e su un sistema di rating derivato dal database di CarbonChain», evidenzia l’esperta di Société Générale. Specie quando si allarga l’analisi oltre il perimetro di bilancio dell’azienda interessata, anche ammettendo la più ampia collaborazione da parte di tutti i soggetti coinvolti, tutto si complica esponenzialmente. «Solo a patto di indagare a monte e a valle, dunque coprendo l’intera filiera produttiva, dalla miniera al prodotto finito, si può avere contezza del suo reale costo ambientale, che è al centro degli obiettivi di emissioni e climatici del programma. Quelle che vengono definite emissioni Scope 1 e 2 sono quelle direttamente riconducibili all’impresa, le più facili da monitorare. Calcolare le Scope 3, quelle complessive, è decisamente più difficile e richiede la raccolta di Big Data per ogni fase produttiva, e l’impiego di tecnologie avanzate nell’analisi, come il machine learning», prosegue Markova. Analisi complesse e molti dati, dunque imperniate sull’Intelligenza Artificiale, che vanno ad arricchire un quadro ampio e variegato di valutazioni. «Oltre al calcolo dei Kpi dei singoli obiettivi, si affiancano i giudizi forniti dalla piattaforma di CarbonChain su impatto e intensità carbonica dell’attività dell’impresa, rispetto al benchmark di mercato. Una performance migliore rispetto alla concorrenza consente di ottenere giudizi positivi, la cui somma deve crescere nel corso del tempo. Ogni singola operazione viene valutata, e i giudizi positivi dell’intero ‘portafoglio’ devono costantemente sopravanzare quelli negativi», conclude l’esperta.
La destinazione dei fondi raccolti con Green Bond, in larga misura europei, è profondamente segnata dalla significativa presenza tra gli emittenti del settore pubblico. Polo di attrazione rimane l’energetico.
sere lo sviluppo di metriche olistiche per valutare la sostenibilità in azienda a tutto tondo, promuovendo una maggiore trasparenza negli impatti concreti ottenuti dalle iniziative sostenute, creando ad esempio sinergie tra azienda, Ong e Governi. La sfida nei prossimi anni sarà spostare il baricentro sempre più verso l’agire, con contributi attivi e tangibili», rileva l’esperto di ResponsAability.
volta nella storia, accusando l’azienda di non stare facendo abbastanza nella lotta ai cambiamenti climatici», nota Capone.
Spesso il problema resta nel far seguire a parole e promesse, spergiurate ad esempio in assemblea, anche fatti concreti da parte delle aziende, ed è qui che
la finanza potrebbe fare di più. «La vera forza è unire l’Esg con l’impact investing, il miglior modo per eliminare il greenwashing. L’Esg può creare una cornice all’interno della quale ‘muoversi’, smettendo di parlare. Per sviluppare un approccio integrato un primo passo dovrebbe es -
Un sempre maggior coinvolgimento degli investitori nelle logiche aziendali presuppone però un grosso sforzo organizzativo da parte di tutte le parti interessate, oltre a linee guida chiare che definiscano competenze e portata di tali azioni. «Con ‘Codice di Stewardship’ si intende un insieme di linee guida e principi volti a guidare gli investitori istituzionali su come esercitare responsabilmente i loro diritti e doveri. Nonostante alcuni Paesi avessero già abbozzato dei codici, l’Unione Europea ha riconosciuto l’importanza di una loro armonizzazione, un percorso segnato dall’adozione nel 2017 della Shareholder Rights Directive II, che ha fissato una serie di requisiti di trasparenza nel comunicare al mercato come si allineino politiche d’impegno e strategia d’investimento nel lungo termine. Promuovendo engagement attivo e trasparenza, e allineando gli interessi di azionisti e stakeholder, l’Unione mira a creare un ecosistema finanziario più sostenibile e resiliente, con un ruolo chiave affidato agli investitori di spingere le aziende a migliorarsi costantemente», mette in evidenza l’esperto di Bg Valeur. Lo scotto di mentire. Si tende spesso a sottovalutare, anche in qualità di investitori, il costo reale del greenwashing, percepito come vago e indefinito al pari della materia, ma che poi all’atto pratico si rivela invece potenzialmente molto significativo e improvviso. «I rischi sono diversi, in primis reputazionali derivanti dalla perdita di fiducia. Un consumatore ingannato, e consapevole di esserlo stato magari per anni, rende particolarmente complesso ricostruire l’immagine dell’azienda, con conseguenze potenzial-
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Fonte: Unctad ■ Altro ■ Acqua ■ Trasporti ■ Costruzioni ■ Energia 0 100 200 300 400 500 600 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 +15% -35% +2% +12% +9%
mente molto più importanti dei benefici che si sperava di ottenere. Parimenti, se un’azienda si vede premiata a fronte di semplici slogan l’incentivo a fare davvero qualcosa, e investire seriamente, si perde. Con anche il settore finanziario che rischia di incappare nel medesimo problema, sostenendo progetti che non hanno nella pratica alcun effetto positivo ambientale o sociale», chiosa Guglielmin.
Conseguenze importanti specie nel caso dell’universo quotato, i valori della cui capitalizzazione sono ormai sempre più spesso sganciati dagli asset tangibili, come mostrano chiaramente i dati. Eppure, gli scandali non mancano. «Nonostante tutto il greenwashing è un fenomeno che continua a crescere, e che tocca dai più piccoli ai più grandi e noti. È il caso del colosso tedesco Dws, che ha fornito il pretesto a molte altre istituzioni finanziarie di dismettere i panni del leader Esg prima di essere coinvolte a loro volta in pesanti scandali. Dinamica ampiamente condivisa dai fondi d’investimento, declassati dalla nuova normativa europea, con oltre il 40% degli ex articolo 9, oggi 8 Sfdr, per un totale di 175 miliardi di attivi interessati. Se in precedenza l’AuM degli articolo 9 valeva il 5% del totale delle masse europee, oggi ha ritracciato al 3,3 con ulteriori cali attesi», riflette Biscia. Fermo restando che pur con le migliori intenzioni non tutto possa diventare verde schioccando le dita, o che improvvisamente tutto ciò che non lo è, e che difficilmente potrà diventarlo, sia inutile. «Il conflitto in Europa orientale ha sicuramente contribuito nel riaccendere i fari su un annoso problema dell’Unione, la sua indipendenza energetica da attori terzi, allo stato attuale impossibile da raggiungere. Pur al costo di molti sforzi, politici e finanziari, e di passi indietro sul percorso di riduzione delle emissioni, il legame con la Russia è stato reciso, ma è stata semplicemente sostituita da altri, in attesa che rinnovabili e nucleare dispieghino la loro potenza. Gli Stati Uniti muovono da una posizione molto diversa, pur tuttavia hanno messo in campo un pacchetto da 390 miliardi di dollari, l’Ira, per incentivare investimenti privati in energia pulita che in dieci anni dovrebbe dimezzarne le emissioni rispetto ai livelli del 2005. Un’ulteriore dimostrazione che se il futuro passa dallo sviluppo di nuove tecnologie per combattere i cambiamenti climatici, sono lì importanti opportunità
d’investimento, già nel breve periodo», prosegue il Cio di Ubs.
Dunque l’energia, croce e delizia dello sviluppo dei prossimi anni, confrontata con una domanda destinata ad aumentare rapidamente e in modo esponenziale. «Se si pensa alla sostenibilità e all’ambiente d’istinto verrebbe automatico smobilitare le posizioni di tutti i titoli legati al fossile. Ci si dovrebbe però prima domandare se abbia davvero senso. Siamo nel mezzo di una transizione, verso un’economia più green ma che durerà però anni, dismettere tali titoli nella migliore delle ipotesi ne aumenterebbe i costi di finanziamento, dunque non avrebbe conseguenze. E se invece fossero parte della soluzione? Nel caso dell’Europa, le Big Oil già oggi stanno investendo pesantemente in rinnovabili, con la piccola norvegese Aker Bp a fare da apripista mondiale, solo a patto di restare investiti in questi colossi si potrebbe esercitare una maggiore influenza per accelerarne gli sforzi nella giusta direzione, guidando un vero cambiamento», conclude Andrea Biscia, analista Private Markets & Esg di Decalia Group.
Tutto è sostenibile, o almeno vorrebbe diventarlo, ma qualcuno deve anche pagarne il conto. Nonostante i molti sforzi con investimenti faraonici in energie verdi il gap da colmare rimane immane.
Il problema fondamentale che continuerà ancora per diverso tempo a tenere banco è la difficoltà di individuare e concordare un’unica definizione sufficientemente chiara da delimitare un perimetro molto stretto di quanto dovrebbe essere considerato ‘sostenibile’. Tutto e nulla può esserlo, al pari del cosa e come debba essere comunicato a consumatori e investitori, e tra questi gli azionisti.
Se entrare in una dimensione economica più sostenibile è probabilmente necessario, al tempo stesso bisogna anche essere realistici, dialogando con gli addetti ai lavori e con le imprese di settore. Il greenwashing è destinato a scomparire? Probabilmente no, semmai solo ad allargarsi ulteriormente nell’arco di pochi anni, sull’onda della moda Green. ❏
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Fonte:
Investimento annuo per net-zero Investimenti incrementali rispetto al pianificato oggi Spesa riallocata da alte emissioni ad asset a basse Spesa aggiuntiva in basse emissioni Spesa aggiuntiva in alte emissioni 2.8 2.8 6.4 3.5 1.0 1.9 ■ Investimenti in asset a basse emissioni ■ Investimenti in asset ad alte emissioni Transizione energetica Investimenti annui in energia per tipologia di fonte (in mld usd) Fonte: Bloomberg 0 200 400 600 800 1,000 1,200 ■ Rinnovabili ■ Nucleare ■ Stoccaggio ■ Ccs ■ Idrogeno ■ Elettrificazione trasporti ■ Elettrificazione riscaldamenti ■ Materiali sostenibili 2022 2021 2020 2019 2018 2017 2016 2015 2014 2013 2012 2011 2010 2009 2008 2007 2006 2005 2004 32 50 120 155 213 267 241 211 310 394 422 468 482 522 626 849 1,110 79 152
Lo
scenario net-zero 2050 Investimenti medi annui necessari in trl usd (2020 - 2050)
McKinsey 2022
Marche proprie, interesse comune
I prodotti a marchio del distributore in Svizzera si accaparrano metà del carrello della spesa. Un successo conquistato raggiungendo l’equazione fra convenienza e qualità, fino a profilarsi come vettori di sostenibilità, regionalità e innovazione. Tanto da acquisire agli occhi della clientela lo statuto di veri e propri brand. Fidelizzandola. E alimentando un’industria fiorente.
Sin dalle origini quando si parla di ‘marche proprie’ la Svizzera fa corsa in testa: un prodotto su due acquistato porta l’etichetta del distributore. Un record assoluto, quando l’Europa si attesta al 36% (trainata però da Belgio, Spagna e Regno Unito), mentre a livello internazionale ci si ferma al 19,4%, comunque in crescita. Considerato l’elevato potere di acquisto, si intuisce come il predominio elvetico non possa dipendere solo da una questione economica. E difatti le private label si sono ormai svincolate dalla sudditanza rispetto ai brand commerciali, di cui inizialmente si volevano imitazioni abbordabili. Vincente è stato saper coniugare alla convenienza di prezzo il fattore qualità e la maggior flessibilità nel rispondere all’evoluzione della domanda.
Il primato d’altronde è presto fatto quando i due pesi massimi della distribuzione nazionale, Migros e Coop - che sommando i rispettivi fatturati sul mercato al dettaglio svizzero, generano una
cifra d’affari di quasi 24 miliardi di franchi - hanno eletto le marche proprie a punto forte dei loro assortimenti.
Addirittura Migros è fra maggiori produttori di marche proprie al mondo: ben l’80% del suo assortimento. «Con i suoi cinque principali segmenti in Svizzera, dove conta 201 siti produttivi, più le 9 società di produzione e piattaforme di vendita all’estero, Migros Industrie produce più di 20mila prodotti e conta quasi 14mila dipendenti, tra cui più di 500 apprendisti, in una trentina di professioni. Insieme, questi team hanno generato un fatturato di 5,79 miliardi di franchi nel 2022 e investito 237 milioni nella base industriale svizzera», illustra Tristan Cerf, portavoce della Federazione delle cooperative Migros (Fcm). Una vocazione che affonda le sue radici nei primi anni della storia di Migros, quando era una società per azioni. Determinato a offrire agli svizzeri prodotti di qualità al miglior prezzo, Gottlieb Duttweiler non tardò a creare i propri marchi di prodotti di base e
ad acquistare il suo primo sito industriale per aggirare le forti resistenze che incontrava lungo tutta la catena di produzione, costruendo un ‘ponte’ senza intermediari verso i consumatori, che gli consentiva di vendere quasi all’ingrosso (da qui il nome “mi-gros”, che ha sostituito l’originario, altrettanto significativo, “Die Brücke”. «Grazie alla nostra industria, controlliamo oggi l’intera value chain in molti settori, come il caffè o il pollame, dall’acquisto delle materie prime al confezionamento, inclusi sviluppo delle ricette, lavorazione, controllo della qualità e così via. Ad esempio, se Migros sceglie di utilizzare solo la farina IP-Suisse per il suo pane, possiamo attuare immediatamente questa decisione», precisa Tristan Cerf.
Se da un lato le aziende di Migros Industrie sviluppano e producono prodotti a marchio proprio innovativi e di buona qualità svizzera a prezzi equi per il proprio commercio al dettaglio, dall’altro condividono quest’expertise anche con terzi, a livello nazionale e internazionale. «Poche aziende al mondo dispongono di una gamma così ampia di competenze di sviluppo e produzione nel commercio B2B. Realizziamo anche prodotti per brand commerciali, sempre di qualità svizzera, venduti in circa 50 Paesi. Tra i clienti figurano anche rinomate multinazionali. È grazie soprattutto allo sviluppo delle attività all’estero che nel 2022 il dipartimento industriale ha registrato una crescita delle vendite dello 0,5%», commenta il portavoce di Migros.
Con un quasi perfetto 50-50, Coop ha trovato la sua combinazione fra prodotti di forti brand e marche proprie popolari: «Adattare costantemente la gamma
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economia / industria
di marche proprie alle esigenze dei clienti è fondamentale in un’ottica di fidelizzazione, essendo disponibili solo da noi», sottolinea Andrea Kramer, Capo della Direzione Marketing/Acquisti di Coop.
Nel 2017 è stato inaugurato a Pratteln (BL) il più grande e moderno polo produttivo Coop - 380 milioni di franchi investiti e circa 600 dipendenti. Qui, la società di produzione Halba produce ogni anno circa 20 mila tonnellate di cioccolato per i rivenditori nazionali e internazionali, snack innovativi come mix di noci e frutta secca, e ingredienti di alta qualità per la cottura e la panificazione. Sempre qui ha sede Cave, la più grande azienda di imbottigliamento di vino del Paese.
«Le nostre aziende come Halba per il cioccolato, Steinfels Swiss per la cosmetica o Reismühle Nutrex per il riso, soddisfano i più elevati standard di qualità e conoscono bene le esigenze di Coop. La stretta collaborazione di lunga data rappresenta per noi un grande vantaggio, semplificando anche la progettazione e la pianificazione. Offriamo anche articoli di piccoli produttori locali con marchi come Pro Montagna o La mia terra. In alcuni segmenti ha invece più senso affidarsi a produttori esterni che realizzano anche prodotti di marca», spiega Andrea Kramer. Nel 2022 le aziende produttrici di Coop hanno realizzato un ricavo netto di 5,2 miliardi di franchi; oltre 200 dipendenti sono impegnati nel Category Management per i supermercati e i grandi magazzini, valutando e sviluppando costantemente il mix ideale di articoli a marchio proprio e commerciali.
Anche se storicamente per Manor, altro nome di grande tradizione della distribuzione al dettaglio svizzera (il più importante gruppo svizzero di grandi
«Poche aziende al mondo dispongono come Migros Industrie di una gamma così ampia di competenze di sviluppo e produzione nel commercio B2B. Oltre ai marchi propri per la casa madre e per clienti terzi, ne vengono prodotti per marchi privati, sempre di qualità svizzera, venduti in circa 50 Paesi, anche per rinomate multinazionali»
Tristan Cerf, Portavoce Federazione delle cooperative Migros
magazzini, con le sue 59 sedi), i marchi internazionali costituiscono una parte preminente del portafoglio, dando l’opportunità di portare le tendenze internazionali nel mercato domestico, anche quelli privati si sono ritagliati un’interessante fetta. «Ci consentono infatti di soddisfare in modo più preciso ed equo le esigenze dei consumatori. La qualità è un fattore molto importante nell’equazione di valore della nostra clientela e per le nostre marche proprie. I consumatori non sono disposti a pagare meno se ciò significa compromettere lo standard del prodotto», conferma Sandra Kottenauer, Chief Product and Marketing Officer di Manor, che vanta un assortimento di oltre un milione di articoli provenienti da circa 2.800 fornitori di tutto il mondo, locali, europei ed esteri: tutti chiamati a soddisfare gli stessi elevati standard e i requisiti legali svizzeri. «Portare il marchio ‘Manor’ significa aderire al nostro codice di condotta, confermare i metodi di lavoro secondo i requisiti svizzeri e, quando necessario, effettuare una valu-
Marche proprie e Migros Industrie
80% dell’assortimento di Migros 201 siti produttivi in CH +
> 222 marche proprie > 20.000 prodotti by Migros Industrie
9 aziende all’Estero ~14mila collaboratori Migros Industrie Fatturato Migros Industrie 5,78 mld CHF nel 2022, di cui 237 milioni investiti nella base industriale svizzera
Bio: > 5.000 prodotti assortimento Migros
Fonte: Migros
M-Budget, dal 1997, > 500 prodotti in assortimento Migros
Con i suoi cinque principali segmenti in Svizzera, dove conta 201 siti produttivi, più le 9 società di produzione e piattaforme di vendita all’estero, Migros Industrie produce oltre 20mila prodotti e conta quasi 14mila dipendenti. Nel 2022 hanno generato un fatturato di 5,79 miliardi di Chf e investito 237 milioni nella base industriale svizzera.
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Anche se i brand internazionali per Manor costituiscono la maggior parte del portafoglio, quelli privati si stanno ritagliando una fetta interessante.
Molta attenzione viene data ai criteri rigorosi per garantirne la qualità. Premiata la regionalità, con Manor Bio (1.700 articoli), Local (700 produttori del territorio) e Fatto in casa, che promuovono il km zero e la freschezza.
«La ridenominazione delle nostre private label è stata accompagnata da un consolidamento del portafoglio per sviluppare il marchio Manor con i migliori standard di qualità. I risultati sono molto positivi, la nostra attività a marchio privato sta crescendo, anzi intendiamo rafforzarla come nostra Usp, anche per l’online»
Sandra Kottenauer, Chief Product and Marketing Officer Manor
tazione di audit. Controlliamo la qualità dei materiali prima e dopo la spedizione. Lavoriamo con fornitori terzi che aderiscono a importanti certificazioni internazionali come Gots (Global Organic Textile Standards), rispettata anche dalla nostra gamma in cashmere bio, oppure Max Havelaar, ecc. Siamo inoltre membri di amfori Bsci, uno dei protocolli fondamentali per l’audit sociale, la cui osservanza è monitorata da istituti indipendenti, il che conferma che attribuiamo grande importanza allo sviluppo sostenibile lungo l’intera catena del valore», aggiunge Sandra Kottenauer. Antesignane della sostenibilità. L’aspetto della qualità ha assunto sempre più importanza per le marche proprie, unendosi a una forte attenzione alla regionalità. Tanto da aver precorso le multinazionali che oggi hanno capito di dover far proprio il discorso. Apripista è stata Coop, con quella che è diventata la più simbolica fra le sue private label, Naturaplan. «Lanciare il marchio biologico trent’anni fa è stata una decisione molto coraggiosa.
Gli scandali alimentari legati alle sostanze chimiche avevano certamente portato a un cambiamento di mentalità, ma si nutrivano seri dubbi sulla fattibilità di una conversione al biologico su scala significativa. L’assortimento dei nostri primi prodotti biologici, come uova, yogurt, formaggio di montagna dei Grigioni e fiocchi ai 5 cereali, è stato rapidamente ampliato e il movimento è decollato. Coop ha fornito uno sbocco all’agricoltura biologica che da allora ha continuato a crescere e le aziende sono quintuplicate, come si sono moltiplicati i nostri prodotti, solo quest’anno abbia aggiunto 200 nuovi articoli, tra cui succhi biologici, prodotti al cioccolato e frutta secca. Tutti portano la gemma Bio Suisse - come fin dal lancio di Naturaplan - tra gli standard biologici più severi al mondo», evidenzia il Capo della Direzione Marketing/Acquisti.
Coop dispone attualmente dell’assortimento biologico più ampio del settore nel commercio al dettaglio svizzero con 8.700 prodotti, di cui 5.000 alimenti biologici e 3.800 prodotti Bio Suisse. Una tendenza che applica anche al di fuori del Food, per la cura della pelle, pulizia, bucato, giardinaggio e fai da te. Inoltre Coop è stata la prima grande azienda di commercio al dettaglio in Svizzera ad adottare, alla fine dello scorso anno, l’eco-score dei prodotti alimentari sviluppato da Beelong, che fornisce informazioni trasparenti sull’impatto ambientale dei prodotti e aiuta i clienti nella scelta. Migros ha sviluppato invece internamente la sua scala di sostenibilità per le marche proprie, M-Check. Con i suoi tre marchi principali nel segmento (Migros-Bio, Alnatura e Demeter) conta oltre 5.000 prodotti biologici. Anche Manor cavalca l’onda: il 17% del suo assortimento Food è bio.
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L’universo di Manor Qualità e regionalità Fonte: Manor 1 milione di articoli prodotti da 2800 fornitori ~ 7.900 dipendenti 5.000 prodotti alimentari a marchio LOCAL da 700 fornitori nel raggio di 30 km dal negozio Biologico: 1.700 referenze Manor Bio, il 17% dell'assortimento Manor Food Nella pipeline: Una nuova gamma di primo prezzo Manor: U! per tutte le categorie di prodotti
«Uno dei nostri importanti marchi privati è Manor Bio, che comprende più di 1.700 articoli, in alcune categorie siamo leader di mercato, ad esempio certi oli da cucina. Il marchio Local conta più di 700 produttori e oltre 5.000 prodotti del luogo. Siamo particolarmente rigorosi nell’esaminare l’impronta locale per assicurarci di lavorare con fornitori che si trovano a pochi chilometri dalle filiali. E anche il nostro marchio “Fatto in casa”, per prodotti realizzati interamente in negozio, include molti ingredienti bio ed è molto apprezzato, tanto che in futuro intendiamo aumentarne la quota del nostro assortimento», anticipa la Chief product and marketing officer di Manor.
Cogliere i nuovi trend . Parallelamente, continuano a evolvere le abitudini di consumo che le marche proprie grazie alla reattività della struttura produttiva hanno l’agilità di intercettare, avendo anche la possibilità di sfruttare, oltre alle ricerche di mercato, l’enorme massa di dati raccolti sulle preferenze della clientela attraverso i propri canali di vendita e comunicazione. «Anche nel caso di prodotti a marchio proprio che rimangono un punto di riferimento costante, come il nostro Kult Ice Tea, le ricette stanno evolvendo, ad esempio verso una riduzione dello zucchero. Ultimamente abbiamo lanciato molti prodotti a base di erbe del nuovo marchio proprio V-Love, oppure una novità mondiale come il sistema senza capsule con le sue Coffeeballs completamente compostabili. L’R&D fa parte del Dna delle nostre attività commerciali. Fra i temi innovativi su cui stiamo lavorando, un esempio è la carne coltivata da cellule staminali, convinti che sia una delle strade per contribuire a risolvere il problema del
«Dal 1993, con
era pronto a scommetterci Coop ha fornito uno sbocco all’agricoltura biologica che da allora ha continuato a crescere: le aziende sono quintuplicate, come sono aumentati i nostri prodotti. Tutti portano la gemma Bio Suisse, tra gli standard biologici più severi al mondo»
Andrea Kramer, Capo Direzione Marketing/Acquisti Coop
cambiamento climatico e della sicurezza alimentare globale. Tuttavia, una parte considerevole delle nostre innovazioni non risiede nei prodotti stessi, ma si concentra sull’automazione e la digitalizzazione dei processi, nonché sugli investimenti nella sostenibilità per ridurre ulteriormente le emissioni di CO2, ad esempio negli imballaggi siamo stati i primi a produrre Pet a base di CO2», osserva il portavoce del Gruppo Migros.
I nuovi prodotti Food che conquistano un posto sugli scaffali Coop sono da 800 a 1000 all’anno. Quando si tratta di valutare il potenziale di un nuovo marchio o prodotto, Coop si basa in particolare sulla collaborazione con i Food Consultants di Betty Bossi, leggendaria azienda svizzera di cui da una decina di anni è diventata proprietaria unica. «Dapprima effettuano una ricognizione alla ricerca di nuove idee per poi realizzare nei laboratori di Zurigo e di Basilea dei prototipi da sottoporre a degustazione e valutazione. Ci si chiede se il prodotto sia adatto al gusto svizzero», racconta Andrea Kramer.
Le marche proprie di Coop Sostenibilità in prima linea
8 aziende produttrici + maggioranza azion. Bell Food Group SA
800 -1.000 nuovi prodotti Food l’anno
8.700 prodotti, di cui 5.000 alimenti biologici e 3.800 prodotti Bio Suisse
Fonte: Coop
50% dell’assortimento
13.500 collaboratori per la produzione
Ricavo netto 5,2 mld CHF
Prix Garantie, dal 2005, oltre 1.500 prodotti
Nel 2022 le aziende produttrici di Coop hanno realizzato un ricavo netto di 5,2 miliardi di Chf. In particolare, è stata antesignana in materia di sostenibilità, lanciando esattamente 30 anni fa, quando ancora nessuno credeva nel biologico, Naturaplan. Oggi offre l’assortimento biologico più ampio nel commercio al dettaglio svizzero con 8.700 prodotti.
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Naturaplan, quando ancora nessuno
Prodotti a marchio proprio, Svizzera saldamente in testa
Globale 19,4%
Europa occidentale 36%
Est Europa 14,7%
Usa 14,4 %
America latina 2,3%
Asia Pacifico 6,1%
La Svizzera continua a primeggiare per marche proprie: più di un prodotto su due acquistato porta l’etichetta del distributore, contro il 36% europeo. A distanza seguono Belgio, Spagna e Regno Unito; ancora lontani gli Usa, dove l’interesse sta crescendo, in competizione con i brand emergenti.
La convenienza delle entry level. Se ‘marche proprie’ ha originariamente significato prodotti a prezzi abbordabili, con l’ampliarsi del concetto sono state create apposite linee entry level. Design semplice e standardizzato degli imballaggi, confezioni per contenere i costi di trasporto e stoccaggio, rinuncia a ingredienti costosi ma anche offerte speciali, insieme ai prezzi ponderati al centesimo permettono di abbattere i costi, oltre alle economie di scala del sistema produttivo basato sulle aziende proprie e al controllo della value chain. La prima è stata M-Budget nel 1996, che conta oggi 500 prodotti. Nel 2005 è arrivata Coop con Prix Garantie, oggi suo terzo marchio proprio, con una gamma decuplicata ai 1.500 articoli attuali. «Siamo costantemente impegnati a ottimizzare l’ampiezza dell’assortimento, le dimensioni delle confezioni e la qualità, e stiamo anche sviluppando valori aggiunti, come l’assenza di olio di palma, restando competitivi rispetto a linee di prodotti a basso prezzo di altri rivenditori in Svizzera», spiega la responsabile di Coop.
Anche Manor, comunemente associata all’haute-de-gamme, propone una linea Food facilmente accessibile, Manor Everyday, e ha recentemente lanciato la gamma Manor: U! che offre prezzi di ingresso per molte categorie. Specular-
mente sia Migros che Coop propongono marche proprie premium, Sélection e Fine Food, per una clientela disposta a spendere per specialità gastronomiche.
Tutti e tre i player hanno registrato nell’ultimo anno un aumento di vendite nelle loro linee entry level. Mentre durante la pandemia i brand commerciali avevano riscosso grande successo, l’aumento dei prezzi e del costo della vita ha spinto le vendite dei prodotti low cost, soprattutto da inizio anno. Dal canto loro i distributori sono confrontati con costi in crescita, da materie prime ed energia a trasporti, imballaggi e salari. Finora si è riusciti a contenerne le ripercussioni sulla clientela, ma la pressione sui margini si sta facendo sentire.
Chiaro e semplice . Anche se i nuovi lanci sul mercato proseguono sfruttando l’agilità delle marche proprie, si denota la comune tendenza alla concentrazione e semplificazione dei portafogli, suggerita tanto da logiche di marketing che di ottimizzazione. Manor ha attuato un’importante ristrutturazione riunendo le marche proprie sotto l’etichetta federatrice ‘Manor’, mentre prima sfoggiava nomi di tendenza come Maddison e J.J. Benson, non linearmente riconducibili alla ‘casa madre’, dunque alla sua garanzia di qualità. «La ridenominazione delle nostre private label è stata accompagnata da un consolidamento del portafoglio: abbiamo ridotto l’offerta complessiva, per concentrarci sul marchio Manor e svilupparlo con i migliori standard di qualità. I risultati sono stati molto positivi e la nostra attività a marchio privato sta crescendo, anzi intendiamo rafforzarla come nostra Usp, non solo nel settore alimentare, ma anche in tutti i nostri reparti. Infatti, soprattutto quando si fanno acquisti online,
questi prodotti di qualità che si trovano solo sui nostri canali diventano un ottimo motivo per sceglierci», conferma il Chief Product and Marketing Officer di Manor.
Analogamente si sta muovendo Migros con il non-food: John Adams o Ellen Amber vengono sostituiti dall’incontrovertibile “Migros Essentials”, Cucina & Tavola diventa “Migros Kitchen & Co”. Intoccati però classici come Candida o Total.
Negli ultimi anni Migros Industrie ha poi realizzato una serie di fusioni che hanno dato vita a entità più concentrate e complesse, ad esempio, Elsa Group (prodotti caseari e a base di verdure e salse), Ffb-Group (Fresh Food & Beverage Group) o Delica (cioccolato, snack, prodotti per cucinare e caffè). Ha inoltre rafforzato la propria presenza internazionale, tanto che oggi conta strutture di marketing e affiliate in Germania, Inghilterra, Francia, Italia, Olanda, Spagna, Canada, Usa e Asia, nonché partnership mirate con start up in tutto il mondo per sviluppare e testare nuove opportunità. «Questi investimenti all’estero mirano in ultima analisi però a espandere il mercato domestico e a raggiungere la massa critica necessaria per consentire a Migros di mantenere i posti di lavoro e la produzione sul territorio nazionale e di offrire alla clientela in Svizzera il miglior rapporto qualità-prezzo», sottolinea Tristan Cerf. Sempre in quest’ottica, è stata approvata la riorganizzazione dell’attività dei supermercati, che da inizio 2024 verrà gestita sotto forma di società autonoma e controllata centralmente.
Se a livello internazionale le private label stanno conoscendo una forte crescita, favorita sia dalla congiuntura economica ma già prima dalle potenzialità di mercato che hanno dimostrato di avere, la Svizzera promette di continuare a far corsa in testa. Una lunga tradizione, gli investimenti in R&D e la capacità di farne un discorso altamente qualitativo, sempre più vocato ai valori della sostenibilità e attento alla regionalità, hanno saldamente proiettato le marche proprie fra le preferenze della clientela, tanto da spingere anche i discount stranieri che si sono installati a collaborare con i produttori locali, puntando a loro volta su biologico, chilometro zero e freschezza. Un effetto virtuoso che conferma come le marche proprie finiscano per fare l’interesse comune.
Susanna Cattaneo
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42,7% 37,8% 44,0% 39,5% 31,9% 43,3% 39,0% 51,6% 28,2% 21,1% 26,6% 34,1% 31,8% 35,4%28,3% 21,7% 22,8%
Quota di mercato private label
Fonte: Pmla 2022 (EU occidentale), Nielsen IQ Mat 2T 2022
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L’ingegneria che fa strada al futuro
Attraverso un’intelligente strategia M&A, in pochi anni mawiGroup ha compiuto un notevole processo di crescita dotandosi di competenze specialistiche nei diversi ambiti dell’ingegneria, per competere su un mercato che presenta sfide ed esigenze sempre più complesse.
Un valore aggiunto e un approccio innovativo su cui costruire il proprio futuro.
Da tradizionale studio di ingegneria a una holding che aggrega competenze specialistiche nei diversi campi dell’edilizia e del genio civile: anche per chi è abituato per professione a realizzare piani di costruzione dettagliati, determinare con precisione misurazioni e materiali, calcolare limiti per la capacità portante e individuare criticità tecniche, è tutt’altra sfida confrontarsi con il passaggio a un modello societario complesso. Un’evoluzione ambiziosa che mawiGroup sta affrontando con metodo e chiarezza di intenti, per inserirsi con la giusta strategia in un mercato sempre più concorrenziale e in continua progressione, che vede crescere esponenzialmente la complessità degli incarichi e le esigenze delle committenze, richiedendo solidità abbinata all’adozione di un approccio innovativo.
«Ho costituito il mio primo studio di ingegneria nel 1978 e ventidue anni più tardi, nel 2000, è nata la Marcionelli & Winkler + Partners dall’incontro con ewp Ag, a sua volta attiva dal 1950», esordisce l’Ing. Marco Marcionelli, Presidente del CdA di mawiGroup, con
sede centrale a Lugano. «Nel 2015 abbiamo visto un’opportunità nella possibilità di espandere le nostre competenze iniziando un percorso di acquisizioni di aziende altamente qualificate e specializzate da associare in un ecosistema funzionale, che ci permettesse di creare valore aggiunto per il Cliente, sia nell’edilizia che nel genio civile. La richiesta di cooperazione interdisciplinare e di una spiccata flessibilità è destinata a diventare infatti un criterio sempre più decisivo
Nucleo fondante di mawiGroup, Marcionelli & Winkler + Partners si rivolge sia al genio civile che all’edilizia, come esemplificano il mandato di progetto esecutivo, appalto e direzione tecnica dei lavori per la Circonvallazione di Roveredo (sopra) e quello per il complesso “4 Torri” a Locarno (a destra). Per le sue competenze nella gestione del materiale, la Pagani + Lanfranchi è stata scelta per l’interessante sinergia fra i lavori di sistemazione del fiume Vedeggio e il rinnovo dell’autostrada N2 (a fianco).
per l’aggiudicazione degli appalti», sottolinea Marco Marcionelli. Il vantaggio rispetto a una realtà monodisciplinare è chiaramente anche quello di non essere interamente dipendenti dall’andamento di un singolo segmento.
Ultimo acquisto è stata la bilger + partner, con sede ad Altdorf, specializzata in logistica di cantiere e gestione dei materiali, che l’anno prossimo sarà oggetto di una fusione con un’altra azienda del gruppo dalle competenze analoghe, la
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economia /aziende
Pagani + Lanfranchi, nell’ottica di creare un centro di competenze di qualità, numericamente consistente, per questo importante settore di nicchia. Nei primi mesi del 2022 si era già concluso il percorso di merger della Proelba &Ml e della Marco De-Carli Studio di ingegneria nella mawienergie, ora pienamente operativa negli ambiti della fisica della costruzione, acustica e impiantistica (Locarno, Lugano e Bellinzona). Fra le altre aziende del gruppo, Poseidon Engineering (Bellinzona e Lugano) si occupa di geologia, geofisica e geotecnica; mentre mawi ingénieurs conseils, basata a Losanna, guarda in particolare alla sostenibilità economica, sociale e ambientale delle scelte costruttive. Infine, fulcro della holding, Marcionelli & Winkler + Partners (Bellinzona, Lugano e Locarno) è attiva nell’edilizia e nel genio civile per opere e impianti, infrastrutture stradali e ferroviarie, protezione dell’ambiente e opere idrauliche ed esecuzione di perizie tecniche.
Radicamento dunque nazionale, con un 70% di progetti in Ticino e il restante equipartito fra Svizzera interna e romanda; tra i committenti, l’ente pubblico (Ustra, Ffs, Cantoni e Comuni) occupa una posizione rilevante.
In pochi anni, mawiGroup ha dunque compiuto un notevole processo di crescita. Con le sue 6 aziende e un totale di 85 collaboratori, copre oggi le necessità dell’ingegneria a 360 gradi, offrendo un mix di competenze difficile da trovare se non nei grandi studi.
«La sfida maggiore è data dal fatto che queste società, nate indipendenti, non hanno l’abitudine a intrecciare le loro competenze. L’obiettivo è presentarsi alla
«L’acquisizione di aziende altamente qualificate e specializzate da associare in un ecosistema funzionale permette di creare valore aggiunto per il Cliente, sia nell’edilizia che nel genio civile. La richiesta di interdisciplinarietà e di flessibilità è destinata a diventare infatti un criterio sempre più decisivo per l’aggiudicazione degli appalti»
Marco Marcionelli, Presidente del CdA mawiGroup
Una presenza nazionale, con l’obiettivo di far 100
Le attuali sedi del Gruppo (sx) e numero collaboratori (dx)
committenza come un’entità unica, pur lasciando la massima autonomia alle singole aziende, ma potenziandone il valore grazie alle interessanti sinergie interne. Chiaramente è uno sviluppo che richiede tempo per creare una cultura aziendale e operativa condivise», osserva l’Ing. Remo Lanfranchi, Ceo di mawiGroup.
L’attuale progetto per 35 appartamenti residenziali in cantiere a Bellinzona
rappresenta la prima occasione di sperimentare appieno l’interdisciplinarietà del Gruppo con il coinvolgimento di tutte le sue società: strutture, fisica delle costruzioni, impianti Rcvs ed elettrici, e anche geologia e geotecnica nella fase iniziale. Oltre ad armonizzare le diverse competenze che le aziende acquisite portano in dote, bisogna impadronirsi di quelle future per non farsi cogliere impreparati quando il mercato le richiederà. «Ma nella digitalizzazione l’ingegneria civile ha ancora importanti margini di crescita. L’evoluzione è iniziata in realtà una trentina di anni fa, abbandonando i tavoli da disegno e introducendo i software, mentre da alcuni anni i nostri committenti pubblici e privati cominciano a chiedere ai progettisti di adottare quella che molti celebrano come la metodologia di riferimento del futuro, il Building Information Modeling (Bim), per la gestione integrata, tramite piattaforma condivisa da tutti gli stakeholder, di ogni informazione riguardante il progetto, idealmente dalla fase di pianificazione al facility management», spiega Remo Lanfranchi.
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LOSANNA Mawi Ingénieurs Conseils SA Soc
BELLINZONA Marcionelli & Winkler SA mawienergie sa Poseidon engineering sa Pagani + Lanfranchi SA
LOCARNO Marcionelli & Winkler SA mawienergie sa
LUGANO Marcionelli & Winkler SA mawienergie sa Poseidon engineering sa
ZURIGO? ZUGO? Fonte: mawiGroup
38 2 28 6 5 6 Tot. 85
■
Marcionelli & Winkler ■ Poseidon ■ mawienergie ■ mawi Ing. Conseils
■
Pagani + Lanfranchi ■ bilger + partner
Nell’edilizia mawiGroup comincia ad avere un ottimo allenamento ed è indubbio il vantaggio di poter disporre di software integrativi che riscontrino determinate incoerenze o criticità, come possono esserlo passaggi di tubi o cavi in strutture di calcestruzzo. A servizio delle sue ambizioni multidisciplinari, mawiGroup ha deciso di dedicare un’apposita unità allo sviluppo del Bim. «E stiamo anche già guardando all’Ai, ad esempio seguiamo il discorso dei gemelli digitali e stiamo sperimentando la stampa 3D per realizzare alcune componenti. Certo è ancora difficile dire quale apporto l’Ai potrà dare agli studi dell’ingegneria, per ora ai piedi della scala. Sul nostro territorio abbiamo però importanti realtà come
l’Idsia e la Supsi che possono aiutarci a esplorarle, peraltro proprio a pochi metri dalle nostre sedi», nota il Ceo.
Determinante per ogni sviluppo è la formazione continua, che mawiGroup ha eletto fra i punti cardinali della sua “Bussola”, come ha battezzato la strategia che indica la strada per i prossimi anni. Fiore all’occhiello sono le tre giornate di studio fuori sede - una riservata ai direttori e due in plenaria per coinvolgere tutto il gruppo - invitando importanti conferenzieri che aiutino a guardare al futuro. Quest’anno appuntamento a Basilea, dove interverranno due manager di Amazon per presentare le opportunità dei loro Vendor Services per gli studi di ingegneria, insieme a nomi di rilevanza
internazionale quali Emmanuel Toniutti per parlare di gestione manageriale, mentre di intelligenza artificiale e innovazione si occuperanno Ivan Ortenzi e un punto di riferimento come Luca Gambardella. Accanto a questa opportunità, la formazione si sviluppa anche lungo tutto l’arco dell’anno su altri tre livelli: gruppi mono- e interdisciplinari, team di progetto e formazione individuale. Il messaggio, in particolare per chi si affaccia al mestiere, è chiaro: ormai ogni professionista è chiamato all’aggiornamento continuo, tramite corsi, partecipando a conferenze e documentandosi; mawiGroup ha anche creato un blog interno sul quale i collaboratori possono scambiarsi consigli di letture e altri input. In contropartita, richieste quali contratti di lavoro all’80% sono ormai digerite dalla dirigenza, quando c’è la consapevolezza di come collaboratori altamente qualificati e motivati siano il capitale più pre-
Una dimostrazione delle competenze complementari di mawiGroup: sopra, mawi ingenieur conseils impegnata nei lavori di risanamento della Galleria Vallorbe (VD). Sotto, da sinistra, mawienergie ha curato gli impianti Rsvc dell’Istituto Miralago a Brissago; Poseidon ha svolto le indagini geofisiche per la ricostruzione del sottosuolo a Carona; la Pagani+Lanfranchi si è occupata della gestione materiali per la Circonvallazione di Le Locle.
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zioso dell’azienda, per di più in un settore nel quale la carenza di personale è endemica. «Un altro passo importantissimo, inizialmente non pianificato ma risultato molto positivo, è stata la creazione di una cellula di comunicazione e marketing, fondamentale per presentarsi in modo chiaro, coerente ed efficace. Proprio da un concorso che ha lanciato fra tutti i collaboratori è nato il nostro nuovo pay-off, ‘linking minds’: il gioco di squadra tra le menti dei nostri ingegneri e dipendenti che permette alle società del gruppo di proporre soluzioni innovative, integrate e di qualità», sottolinea il Presidente.
L’altro grande tema sul tavolo è quello della sostenibilità. Anche questa viene differentemente metabolizzata a seconda del contesto. «Nel genio civile ormai i concorsi prevedono sistematicamente un capitolo dedicato alla valutazione degli aspetti di durabilità e sostenibilità ecologica, non solo per quanto concerne il singolo progetto, ma più ampiamente la Csr della società che si candida. Anche la committenza pubblica è sempre più attenta. In particolare, aumentano le richieste di riuso dei materiali di scavo e demolizione, una nicchia in cui la bilger + parters e la Pagani + Lanfranchi è specializzata: ad esempio, quest’ultima è stata selezionata per seguire lo sviluppo del progetto in sinergia fra il Consorzio di Sistemazione del fiume Vedeggio e Ustra, che prevede il recupero del materiale alluvionale in esubero prodotto dai lavori di sistemazione del fiume per produrre il misto granulare richiesto
«La sfida maggiore è data dal fatto che le società acquisite, nate indipendenti, non hanno l’abitudine a intrecciare le loro competenze. L’obiettivo è presentarsi alla committenza come un’entità unica, pur lasciando la massima autonomia alle singole aziende, ma potenziandone il valore grazie alle interessanti sinergie interne»
dall’intervento di manutenzione autostradale da Lamone al portale nord della galleria di Gentilino», esemplifica Remo Lanfranchi.
Ambiente ed energia sono anche i due settori in cui potrebbe risultare più interessante per mawiGroup aggiungere ulteriori competenze attraverso nuove acquisizioni. «La prospettiva è infatti di crescere oltre Gottardo, in particolare abbiamo nel mirino l’area di Zurigo e Zugo: continuare a svilupparci tramite una politica M&A fa parte della strategia “mawi future” che abbiamo lanciato nel 2015 e una volta che avremo raggiunto la massa critica per farlo, verso fine decennio, ci presenteremo anche all’estero. Quello che mi interesserebbe di più sarebbe puntare ai Paesi nordici, dove possiamo apprendere molto, piuttosto che dove costa meno, nell’Est Europa, ma vedremo quale sarà l’evoluzione del mercato», anticipa l’Ing. Marcionelli.
La dimensione attuale colloca mawiGroup in una posizione particolare. Più grande del piccolo studio da una decina o ventina di collaboratori, ma lontano dai
grandi gruppi quotati che ne contano diverse migliaia nel mondo. «È la taglia ideale per restare qualitativi - che dovrebbe essere il requisito primo del nostro mestiere - e, soprattutto, agili. Anche le future operazioni M&A saranno ponderate per mantenere la giusta misura, che ci consenta di raggiungere una buona cifra d’affari, di reclutare ottimi collaboratori e garantire un’elevata qualità. Per avere il potenziale di posizionarsi nei concorsi, non occorre avere grandi quantità, ma dimostrare di avere le persone giuste, di alto valore. Certo, diventa un esercizio di equilibrio molto delicato perché poi bisogna anche essere competitivi, ma fa parte del libero mercato ed è il bello del mestiere», conclude il Presidente di mawiGroup. La visione ‘Bussola’ indica chiaramente i punti cardinali di una visione che non ha timore di guardare alle sfide del futuro per costruire nuove opportunità, al contempo fondandosi sulla solidità strutturale che è richiesta a chi opera nell’ingegneria.
Susanna Cattaneo
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Remo Lanfranchi, Ceo di mawiGroup 90 80 70 60 50 40 30 20 10 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 2023 2024 23 24 Collaboratori 37 Marcionelli & Winkler + Partnera SA mawienergie Poseidon engineering SA Pagani +Lanfranchi SA Proelba & ML progetti elettrici SA MarcoDe-Carli studio di ingegneria SA bilger + partner SA by mawienergie mawienergie by mawienergie mawi Ingénieurs Conseils SA 48 50 57 62 68 75 85 La rapida crescita di mawiGroup 2015-2023, M&A e numero collaboratori (+ 370%) Fonte: mawiGroup
Da fornitore a vettore di innovazione energetica
Anche le aziende elettriche di piccole e medie dimensioni possono avere un ruolo centrale nella transizione energetica. Sin dalle sue origini connotata da uno spirito innovativo, AEM si è guadagnata la reputazione di un partner di ricerca estremamente interessante per progetti pionieristici che aprono la strada alle soluzioni del futuro.
Le comunità di autoconsumo energetico si qualificano come una delle soluzioni del futuro. AEM è stata fra i partner del pionieristico progetto “Lugaggia Innovation Community”, premiato con il Watt d’Or 2023 dall’Ufficio federale dell’energia.
Dalle grandi infrastrutture industriali e di trasporto, agli ormai irrinunciabili device tecnologici che colonizzano ogni abitazione e accompagnano ogni nostro spostamento, il moto perpetuo delle società odierne si alimenta alla spina. Ecco che generare elettricità in modo sostenibileambientalmente ed economicamente - e gestirla in modo intelligente, rispondendo alle nuove logiche di decentralizzazione del sistema energetico, diventa essenziale. Da semplici fornitori, le aziende elettriche si ritrovano a essere interpellate come mediatrici del cambiamento, chiamate non solo a renderlo attuabile, ma ancor prima a suggerire, sperimentare e validare possibili soluzioni, accompagnando l’utenza nell’evoluzione.
A scendere in campo non sono solo i nomi di rilevanza sistemica dell’energia nazionale, ma anche realtà di minori dimensioni possono dare un contributo determinante. L’Azienda Elettrica di Massagno (AEM) è stata, ad esempio, la prima in Svizzera a completare nel 2020 la posa dei contatori intelligenti (smart meter)
sul proprio territorio, in anticipo di ben sette anni sulle prescrizioni della Confederazione. «L’innovazione è sempre stata nel nostro spirito, proprio per riuscire a proporre un’offerta competitiva e un servizio di valore malgrado le nostre piccole dimensioni», osserva Rolf Endriss, direttore di AEM. «Sin dalle origini ci connotiamo per una visione ingegneristica avanzata. L’azienda è nata, ormai quasi un secolo fasi festeggerà nel 2025 - per fornire energia elettrica a Massagno e ad alcuni comuni attigui che non potevano beneficiare di condizioni attrattive da parte delle prime aziende elettriche del Luganese. Con gran lungimiranza e in tempi rapidissimi, che ancora oggi stupirebbero, venne allora costruito un impianto di produzione idroelettrica presso il Piano della Stampa, in grado di sfruttare le acque del Cassarate. In linea con questa filosofia aziendale che ci ha sempre accompagnati, nel 2016 siamo voluti entrare nel 4.0 implementando i contatori intelligenti: un lavoro immenso perché ha significato non solo installare gli smart meter presso le nostre 9.700 utenze a Massagno, in Capriasca e a Isone, ma di-
gitalizzare l’intera infrastruttura per poter raccogliere ed elaborare i dati», spiega il direttore. Affinché i contatori intelligenti permettano davvero di incrementare la flessibilità nel controllo di consumi e produzione occorre infatti coadiuvarli con i necessari strumenti, ad esempio AEM, insieme alla start up ticinese Hive Power, grazie a un progetto pilota finanziato da EnergieSchweiz e dal Fondo Energie Rinnovabili del Canton Ticino, ha sviluppato la App DrainSpotter, con la quale ogni utente può ora monitorare il proprio consumo di elettricità e ottimizzarlo in base a raccomandazioni personalizzate con l’aiuto di algoritmi e dell’intelligenza artificiale.
AEM si è così progressivamente guadagnata la reputazione di una realtà estremamente interessante per tutti progetti pionieristici nel mondo digitale legati alla transizione energetica. «Veniamo spesso interpellati come partner di progetti di ricerca applicata sia a livello locale, dove collaboriamo in particolare con gli istituti universitari dell’Usi e della Supsi, ma anche a livello nazionale e internazionale, in consorzi di programmi di ricerca europei in cui grazie alla nostra rete possiamo testare nuove procedure, sistemi o modelli di gestione che potranno poi diventare soluzioni e servizi», spiega Rolf Endriss.
Un esempio eloquente è il progetto europeo Accept, targato Horizon 2020. Concentrandosi sul ruolo cruciale delle co-
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Advertorial
munità energetiche nella transizione, mira a superare gli ostacoli, sia tecnici sia sociali, ancora esistenti. In materia l’Azienda Elettrica di Massagno vanta un’importante esperienza: proprio a inizio 2023 si è aggiudicata il Watt d’Or, rinomato premio attribuito dall’Ufficio federale dell’energia, per un pionieristico progetto pilota di comunità di autoconsumo energetico, la Lugaggia Innovation Community, sviluppato in collaborazione con la Supsi, Hive Power, Optimatik e Landis+Gyr. L’esperimento, durato tre anni, ha permesso di dimostrare come un raggruppamento di consumatori di elettricità e produttori di energia fotovoltaica messo in rete e controllato in modo intelligente possa significativamente aumentare il grado di autoconsumo energetico. «La fase di validazione è essenziale: esponendo le tecnologie al mondo reale si rivelano sfide e opportunità impreviste. Nostro compito è applicare queste soluzioni, testarle sul campo e ascoltare le reazioni dei cittadini. In questo modo, si assicura che l’innovazione energetica risponda realmente alle esigenze della comunità», commenta il direttore di AEM. Supportare il cambiamento culturale è infatti persino più complesso che aggiornare una rete che è stata storicamente pensata per l’erogazione lineare di energia (da una grande centrale di produzione alla miriade di utenze) ai nuovi flussi multidirezionali e
Sotto, i 16 partner partecipanti al progetto di ricerca europeo Accept, di cui AEM è uno dei principali attori, si sono ritrovati proprio a Massagno per fare il punto e pianificare le future strategie. Obiettivo: fornire strumenti digitali a supporto delle comunità energetiche.
«Veniamo spesso interpellati come partner di progetti di ricerca applicata, sia a livello locale che nazionale ed europeo, in cui grazie alla nostra rete possiamo testare nuove procedure, sistemi o modelli di gestione che potranno poi diventare soluzioni e servizi»
Rolf
irregolari. «Negli ultimi tre anni, complice la crisi energetica, si sta però affermando una nuova mentalità anche fra i più scettici, non solo per una questione di sensibilità ai prezzi, quanto per una vera comprensione di quanto sia importante affidarsi a vettori energetici sostenibili e consumare meno per ridurre le emissioni fossili», sottolinea Rolf Endriss. «Si deve capire che ci sono determinati momenti della giornata, ad esempio di sera in assenza di irraggiamento solare, oppure in stagioni come quella invernale con minor disponibilità dal fotovoltaico e dall’idroelettrico, dove i consumi rischiano di dipendere dall’import di energia, che potrebbe attingere a fonti inquinanti, quando addirittura non si profila una penuria energetica. Per cui, se ci si vuole orientare a fonti alternative e puntare sull’autoproduzione, è necessario aggiornare le abitudini di consumo e gli strumenti di cui ci serviamo».
Cambiamento al quale devono contribuire tutti i settori. Di qui le possibili sinergie fra i fornitori di energia e, ad esempio, l’immobiliare, dove si pone la questione della gestione energetica degli edifici (una soluzione interessante su cui AEM sta la-
vorando è il teleriscaldamento). Nell’ambito della mobilità, l’Azienda Elettrica di Massagno sta invece partecipando a V2X Suisse, un progetto all’avanguardia, sostenuto dall’Ufficio federale dell’energia, che sperimenta per la prima volta su larga scala sistemi a carica bidirezionale installati su flotte di veicoli elettrici di car sharing, che possano a loro volta fungere da stabilizzatori della rete elettrica rilasciando energia quando a riposo, grazie al coordinamento di una piattaforma cloud intelligente.
Un dinamismo, quello di AEM, che dimostra come anche un player di dimensioni relativamente piccole, in posizione periferica rispetto ai grandi centri di R&D e senza i loro fondi, possa farsi vettore di innovazione attraverso il contributo alla ricerca applicata per lo sviluppo di soluzioni intersettoriali, la cui applicazione non va a vantaggio esclusivo dell’ecosistema locale, ma dell’intero panorama energetico.
Un successo che indirettamente racconta di un Ticino che nel suo tessuto imprenditoriale vanta molte eccellenze il cui impatto positivo va ben al di là delle frontiere e che, al contempo, proprio nella qualità innovativa di tante sue aziende ha le potenzialità per riuscire a trattenere i profili che troppo spesso emigrano oltre Gottardo, e perché no, invertire la tendenza. Una forma di energia, quella del capitale umano e dei giovani talenti, altrettanto importante di quella elettrica per alimentare la vitalità e l’attrattività del territorio.
Per informazioni:
Azienda Elettrica di Massagno
Via Lisano 3
6900 Massagno
+41 (0)91 966 25 21
www.aemsa.ch
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Endriss, Direttore di AEM SA
Ogni patrimonio ha la sua storia: scrivete il prossimo capitolo insieme a noi Wealth Management La presente pubblicazione rientra nella classificazione di materiale di marketing ai sensi dell’art. 68 LSerFi svizzera e svolge una funzione esclusivamente informativa. Accedete alla nostra competenza finanziaria. Vi aspettiamo nelle nostre sedi di Lugano e di Locarno. vontobel.com/wealthmanagement
Eureka!
Il terzo capitolo di un’epica avventura...
Inizia qui il terzo capitolo di Eureka. Dunque nessuna svolta, e nessuna rivoluzione, ma una rassicurante continuità della straordinarietà di quanto proposto. Accanto all’audace offerta di quello che il Venture Capital ha saputo alimentare anche in Ticino, si alternano i punti di vista di affermati professionisti che illustrano le prime sensibili fasi della nascita di un’impresa. A completare l’analisi l’inizio di un approfondimento che accompagnerà Eureka, e si amplierà, sulla delicata relazione tra nuove tecnologie e finanza, il meglio noto FinTech.
Federico Introzzi
Settembre 2023 TM · 51
La via delle imprese seriali
Ogni fallimento non è inutile, e un viaggio con molte tappe è spesso il miglior inizio per diventare start up di successo. Oltre alla fortuna, aiuta una buona istruzione finanziaria.
Da Magliaso, nel Malcantone, a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, la strada è sicuramente lunga, al pari di altre ‘distanze’, ad esempio culturali, molto più impegnative. Le diverse tappe di questa avventura? Nove anni nella finanza, presso Bsi, un anno nell’esercito svizzero, un corso di marketing, e un breve soggiorno negli Stati Uniti. Il risultato? Un portafoglio di dieci start up in cui sono fondatore, investitore, o membro del board. Come si diventa imprenditori ‘seriali’. Dopo tre anni di apprendistato e sei quale impiegato nel medesimo istituto, mi sono reso conto che qualcosa mancasse per rendermi felice a livello professionale e personale e mi sono messo alla ricerca di nuove sfide e traguardi.
Sono sempre stato affascinato dal mondo della comunicazione e per questo motivo ho deciso di intraprendere il Diploma Federale in marketing, al costo di diverse sere la settimana, e qualche weekend. Nel 2014 le dimissioni e un volo verso New York per andare a imparare l’inglese. Nella Grande Mela la fortuna e il privilegio di essere stato a contatto con culture, origini, religioni, lingue diverse e ho capito che questo era il tipo di vita che avrei voluto coltivare e approfondire.
In seguito a questo percorso didattico, tutti i tasselli erano al posto giusto per favorire un trasferimento all’estero e Dubai si è offerta come un’oasi di opportunità nel mezzo del deserto, un luogo in una fase di incredibile e rapidissimo sviluppo, all’avanguardia, organizzata, ricca di spunti, estremamente sicura e diversificata. Dopo sei mesi in una multinazionale, ecco nuove dimissioni, e l’apertura della prima startup. Ovviamente fallì miseramente, ma non inutilmente. Una preziosa
lezione su tutte: l’importanza del fattore umano per la riuscita dell’azienda.
Il team è responsabile per il 51% del successo di una startup, ne sono convinto. Nel corso degli anni non sono mancate nuove fondazioni, e investimenti nel settore, la maggior parte falliti, ma altri generarono dei profitti. Sono i fallimenti a permettere di affinare le capacità imprenditoriali e d’investitore, si impara dagli errori, e si implementano strategie di già provato successo. E un po’ di fortuna: trovarsi nel posto giusto, al momento giusto. La strategia d’investimento. Preferisco investire in start up che sono in
«Non sono mai stato un allievo modello o quello con i voti migliori ma credo che il sistema dell’apprendistato presente in Svizzera, rappresenti un metodo efficiente ed efficace per essere catapultato nel mondo del lavoro in un’età molto giovane»
una fase ancora iniziale, in cui ho quindi l’opportunità non solo di portare capitale ma anche di contribuire con l’esperienza. Ovviamente il rischio di entrare a questo livello è molto alto, il ritorno sull’investimento può essere lungo ma estremamente elevato. Un fattore chiave è che tutte le startup devono avere un impatto ambientale e/o sociale positivo e contribuire a rendere il pianeta un posto migliore. Alcuni esempi? Zofeur, Thaely, Majama, Griyum, DipDap. Il ruolo della formazione. Avere una
base e una certa conoscenza nel mondo della finanza è un fattore molto importante per poter analizzare le informazioni e le proiezioni che vengono presentate nel business plan. La prima volta in un’università non è stata in qualità di studente ma come docente di imprenditorialità sociale e ambientale.
Non sono mai stato un allievo modello o quello con i voti migliori ma credo che il sistema dell’apprendistato presente in Svizzera, rappresenti un metodo efficiente ed efficace per essere catapultato nel mondo del lavoro in un’età molto giovane (15 anni). Sono stato esposto a un sistema dove la puntualità, la precisione, il rispetto delle regole e dei superiori vanno rispettati fin dal primo giorno.
Anche la scuola reclute e successivamente la promozione a sottoufficiale hanno notevolmente migliorato la mia adattabilità in diverse situazioni, gestione dello stress, abilità di commando e spirito di cameratismo. Questi pilastri della mia formazione professionale e personale hanno contribuito a creare le basi per una solida opportunità di avviare diverse attività come indipendente e investitore. Ma poi? Il mio sogno è essere uno dei primi investitori e portare una startup a essere un ‘unicorno’, dunque a raggiungere il valore di almeno un miliardo di dollari. La mia startup di maggiore successo al momento conta oltre 500 impiegati ma sono sempre alla ricerca di nuove opportunità e di far parte di nuove avventure imprenditoriali con l’obiettivo di migliorare la vita degli altri e migliorare la situazione ambientale del pianeta.
52 · TM Settembre 2023
Matteo Boffa, cofondatore di Thaely, Forbes 30under30, speaker di Tedx.
eureka/ l’imprenditore
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Siamo la banca svizzera privata ed indipendente con un unico obiettivo: permettere ai nostri clienti di crescere, realizzarsi e prosperare.
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Packaging 4.0
Una giovane realtà di Lugano, specializzata in soluzioni d’imballaggio interamente modulari, mira a rivoluzionare gli equilibri del settore della logistica in chiave di una sua maggior sostenibilità. Se il percorso è iniziato, quanto sono realistici gli obiettivi prefissati?
Specializzata in soluzioni per l’imballaggio industriale e la logistica, Ponera Group è un’azienda con sede a Lugano che sta introducendo sul mercato la prima soluzione al mondo completamente modulare, flessibile e digitalizzata. Ideata dal Ceo Matthew Reali a partire dalla sua esperienza nel settore delle operazioni industriali, mira a risolvere il problema globale delle scatole e dei pallet in legno personalizzati, che spesso vengono utilizzati una sola volta per essere poi smaltiti, e che non consentono quindi una digitalizzazione efficace della logistica, responsabile fino al 30% del consumo globale di legno, numeri destinati ad aumentare considerato che il settore è previsto crescere sino al 2030 del 5% annuo.
Guardando in chiave futura ai possibili sviluppi del settore, dunque seguendo
principi di sostenibilità ed economia circolare, quale potrebbe essere l’apporto positivo di Ponera? «L’obiettivo è aprire la strada alla logistica circolare attraverso la nostra soluzione di imballaggio industriale modulare intelligente predisposta naturalmente alla digitalizzazione, rivoluzionando il modo in cui le merci vengono imballate e trasportate. Siamo in grado di offrire ai nostri clienti flessibilità, riduzione dei costi, sostenibilità ambientale e intelligenza di processo», rileva Reali.
Combinando pragmatismo e conoscenza dettagliata del settore grazie ad anni di esperienza nell’industria, Ponera è riuscita a portare sul mercato l’innovativo sistema di imballaggio, spesso definito “Lego dell’imballaggio”, che consente una personalizzazione estrema per adattarsi a qualsiasi dimensione.
Sfruttando la modularità intelligente
Interessi convergenti
Il Gruppo arriva sul mercato con alcuni assi nella manica: una soluzione di packaging unica e circolare che pesa il 60% in meno rispetto al comune packaging in legno e che consente di risparmiare il 90% dei costi operativi, con un Roi inferiore a 4 utilizzi. Si tratta di economie estremamente vantaggiose: un punto di ingresso semplice in quasi ogni azienda. Non sorprende quindi che abbia convalidato l’adeguamento del proprio prodotto al mercato relativamente rapidamente, persino prima di avere un prodotto completamente funzionante.
Trasformare gli scarti del trasporto merci in risorse preziose è oggi un requisito chiave per le operazioni aziendali e Ponera indirizza la sua offerta proprio su questo. Poiché le aziende europee devono ora rendere conto della propria impronta di carbonio, un obbligo normativo, offrire al mercato una soluzione rapida e sartoriale per rispettare gli standard Esg e di sostenibilità, divenendo al contempo più efficienti in termini di costi, è molto più che attrattivo. Una volta entrati nel mood, i clienti rimangono fedeli grazie alla sua circolarità.
La bellezza della soluzione risiede non da ultimo anche nella tecnologia associata, che garantisce da un lato entrate ricorrenti, dunque cashflow, e il mantenimento di relazioni a lungo termine con i clienti. L’azienda è ben posizionata per raddoppiare in valore durante la prossima fase d’investimento, a condizione che il processo di conversione del portafoglio vendite in clienti effettivi e la piena realizzazione della tecnologia vengano attuati. Il business è ben posizionato in ottica di M&A da parte di acquirenti strategici o per un’Ipo già entro alcuni anni
e la connettività digitale, garantisce una logistica efficiente, riducendo in misura significativa i costi e minimizzando l’impatto ambientale: rispetto alle tradizionali casse in legno monouso, la soluzione è fino al 60% più leggera, abbatte le emissioni dell’85 e il consumo di legno del 95, essendo interamente realizzata con polimeri riciclati e ulteriormente riciclabili.
Inoltre, mentre in molti processi industriali è consuetudine che le casse di dimensioni non standard vengano smaltite dopo ogni utilizzo, i moduli di Ponera possono essere continuamente assemblati in dimensioni e forme diverse, smontati e riassemblati dopo ogni utilizzo, aprendo la strada a un modello realmente circolare. «Il riutilizzo degli asset non solo è più sostenibile ed efficiente, ma anche prevedibile a livello di costi e approvigionamento delle materie prime. Un dato importante data la volatilità dei prezzi dell’ultimo biennio», osserva Reali.
L’azienda è riuscita a suscitare rapidamente un notevole interesse, assicurandosi progetti con partner industriali di primo piano, in Svizzera e all’estero, tra cui la svizzera Bühler Group. «Ad oggi i progetti con i nostri partner hanno ricevuto un feedback molto positivo, con la stragrande maggioranza delle aziende leader di mercato con cui abbiamo collaborato desiderose di continuare, esplorando ulteriori applicazioni innovative e sostenendo il continuo progresso dell’azienda», sottolinea il Ceo. Infatti, tra i finanziamenti di molti investitori, il supporto di partner chiave, e un agile approccio sul mercato, Ponera ha già avviato le sue attività commerciali rispetto al sistema di pallet, una tappa fondamentale della sua soluzione di imballaggio industriale.
Il passo successivo è il suo lancio, seguito dall’introduzione di soluzioni digitali, che consentiranno agli utenti finali di sfruttare appieno il potenziale del sistema di imballaggio modulare, entrando dun-
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eureka / start up
que nell’era del ‘packaging industriale 4.0’. Ponera ha acquisito velocità e slancio nelle soluzioni digitali, con test sul campo in corso e ulteriori lanci previsti entro fine anno. E si posiziona strategicamente anche nel mercato del packaging con connessione attiva, che vale oggi 60 miliardi di dollari e vanta un Cagr del 10,1%.
Mentre il Gruppo si prepara a espandere le capacità produttive e a continuare a rafforzare le partnership commerciali, l’azienda è pronta ad avere un impatto significativo sul panorama logistico globale: già utilizzata operativamente in più di dieci Paesi in tre continenti, con il supporto e la guida del know-how del team, la soluzione iniziale per pallet ha ottenuto un’ampia adozione. Con l’integrazione dei dispositivi IoT e della tracciabilità, intende migliorare ulteriormente il sistema modulare, offrendo ai clienti un controllo e una visibilità senza precedenti sui processi della catena di fornitura e un uso più efficace dei loro asset Ponera.
«Fondare l’azienda a Lugano è stato naturale, ed espandere ulteriormente le operazioni nella regione porta anche vantaggi strategici che derivano dalla
«Fondare l’azienda a Lugano è stato naturale, ma espandere le nostre operazioni nella regione porta anche i vantaggi strategici che derivano dalla creazione di un’azienda in Svizzera, al centro dell’Europa tra Italia e Germania, due mercati molto importanti per la nostra espansione»
Matthew Reali, Ceo e fondatore di Ponera Group
creazione di un’azienda in Svizzera, nel crocevia al centro dell’Europa tra Italia e Germania, due mercati molto importanti nei settori della produzione di componentistica industriale», sottolinea il Ceo.
«Entrando nel 2024 il contesto economico è favorevole allo sviluppo. Il chiaro focus sulla sostenibilità (e nuovi regolamenti che ne conseguono), e il ritracciamento dei costi del trasporto via mare (saliti dell’80% rispetto al settembre
2021) incentivano l’adozione di soluzioni circolari nella logistica», conclude Reali. Con le sue soluzioni di packaging modulare, il Gruppo sta rivoluzionando il modo in cui le merci vengono imballate, trasportate e consegnate, aprendo la strada a un futuro in cui efficienza, trasparenza, sostenibilità e convenienza finalmente andranno di pari passo.
Emanuele Pizzatti
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Sono molte le tappe che segnano la strada verso la fondazione di un’impresa, e molte le figure che possono subentrare nel facilitare e velocizzare l’intero processo, dunque prima del suo inizio, durante e all’avvio delle attività operative.
Come fondare un’impresa, cosa fare e chi contattare, quali pratiche avviare e in che tempi, quali autorità contattare e con quali costi... sono solo alcune delle tante legittime domande che sorgono spontanee prima del ‘grande passo’. In tale frangente il supporto di un consulente esperto può rivelarsi decisivo, sia per evitare costosi errori, sia per velocizzare quello che anche in Svizzera è un processo complesso, non una ‘passeggiata’.
Con 26 sedi in tutta la Svizzera e oltre 30mila casi di fondazione di aziende andati a buon fine, Startups.ch nel corso degli anni ha maturato una certa expertise nell’ambito, potendo contare sulle competenze di un team interno di legali, fiduciari e consulenti in senso più ampio, oltre a un esteso network di figure terze, che supportano i fondatori lungo l’intero iter, quindi prima, dopo e durante. Interviene il Ceo e fondatore, Michele Blasucci. Come valuta il panorama attuale delle start up svizzere? È sicuramente promettente e in costante evoluzione. La Svizzera si conferma essere un terreno particolarmente fertile per l’innovazione imprenditoriale, con un numero crescente di settori quali tecnologia, salute, finanza e sostenibilità, attrattivi per investimenti nazionali e internazionali. Le start up necessitano di risorse, supporto amministrativo e networking.
Il numero di nuove imprese guidate da ‘menti creative’ è in aumento, e noi siamo particolarmente orgogliosi di offrire servizi che guidano gli aspiranti imprenditori verso il successo nel contesto imprenditoriale svizzero.
Quali sono tre consigli che potrebbero essere rivolti loro nelle prime fasi, ancora precedenti alla fondazione? Nella fase
«Nella fase preliminare alla costituzione di un’impresa, è fondamentale delineare in modo chiaro e inequivocabile l’idea imprenditoriale che si intende sviluppare. Altrettanto cruciale è condurre approfondite ricerche di mercato, esaminando le tendenze, le esigenze del pubblico e la concorrenza»
Michele Blasucci, fondatore e Ceo di Startups.ch
preliminare alla costituzione di un’impresa, è fondamentale delineare in modo chiaro e inequivocabile l’idea imprenditoriale che si intende sviluppare. Altrettanto cruciale è condurre approfondite ricerche di mercato, esaminando dettagliatamente le tendenze, le esigenze del pubblico e la concorrenza. Parallelamente, è essenziale elaborare una pianificazione finanziaria realistica, considerando le spese iniziali, le potenziali fonti di entrate e la gestione
delle risorse finanziarie.
In ogni passo di questo delicato processo, Startups.ch è ‘alla finestra’ pronta a offrire il proprio supporto, accompagnando gli aspiranti imprenditori verso la creazione di una base solida per la loro futura attività imprenditoriale.
Quali sarebbero invece tre consigli per le persone che hanno già iscritto l’azienda al registro di commercio e vogliono fare decollare il loro progetto? Consiglio di concentrarsi sin da subito sulla creazione di una solida strategia di marketing per far conoscere l’azienda. Inoltre, è essenziale stabilire solide partnership e collaborazioni per espandere il network. Infine, pianificare attentamente le risorse finanziarie necessarie.
Qual è la vostra vision? Ci sono obiettivi o iniziative specifiche su cui intendete concentrarvi nei prossimi anni? Vogliamo consolidare il ruolo di partner per aspiranti imprenditori, espandendo i servizi per adattarci alla domanda di mercato. Offrire consulenze, servizi fiduciari e risorse pratiche per consentire di realizzare idee imprenditoriali con reale efficacia. La creazione di una comunità imprenditoriale, incentrata sul networking e la condivisione al suo interno delle best practices, è certamente un ulteriore passo che vorremo percorrere.
L’obiettivo d’insieme è continuare a essere sempre di più un punto di riferimento per gli imprenditori svizzeri, fornendo loro il miglior supporto possibile dall’origine dell’idea, all’attività operativa della start up già costituita. Siamo impegnati a sostenere le start up nel prosperare in un ambiente competitivo e dinamico, che è la miglior garanzia per un futuro quanto più prospero e promettente per l’intero Paese.
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eureka/ l’esperto
Il dato al centro
Per raggiungere un elevato livello di integrità dei dati, un’organizzazione implementa processi e standard che regolano il modo in cui i dati stessi sono raccolti, archiviati, modificati e utilizzati. E non si tratta solo di sicurezza.
Quando l’integrità dei dati è sicura, le informazioni contenute in un database rimangono complete, accurate e affidabili, indipendentemente dalla durata di conservazione o dalla frequenza degli accessi. L’integrità dei dati assicura inoltre la loro protezione da forze esterne. Co-founder della start up Armilis di Mendrisio, Emanuel Agnelli e Ludovico Binda spiegano come tale integrità sia un elemento chiave per il successo della trasformazione digitale e dell’Industria
4.0. Amici prima ancora che soci, accomunati dagli studi di ingegneria dell’automazione al Politecnico di Milano, hanno continuamente sperimentato, passando da un gioco da programmare a un prototipo elettromeccanico da creare. Fino alla creazione, nel 2020, della loro start up. Emanuel, perché avete scelto il nome ‘Armilis’ per la vostra start up?
Cercare il nome della propria azienda è sempre una sfida. Armilis deriva da armillary o sfera armillare: uno strumento risalente all’antichità, utilizzato per tracciare con certezza il movimento della volta celeste. Era uno strumento semplice nell’utilizzo ma complesso nella costruzione. Allo stesso modo, la nostra soluzione - complessa nella sua costruzione ma semplice nel suo utilizzo - permette di tracciare con certezza il flusso dei dati.
Il pay-off, posto sotto il logo, recita: Data Integrity for smart future. La vostra attività ruota infatti intorno al dato e alla sua integrità. Perché l’integrità dei dati è così importante?
Il valore dei dati è in una fase di rapida evoluzione. Un tempo lo scopo del dato era principalmente quello di rappresentare la realtà per supportare processi decisionali comunque umano-centrici; successivamente il dato, in particolar modo quello proveniente da sistemi automatici
di larga scala, è diventato esso stesso la rappresentazione di un valore. Oggi, con l’avvento della general purpose Ai, stiamo assistendo ad un’ulteriore evoluzione della valorizzazione dell’informazione: il dato stesso ha valore in quanto rappresentazione quantitativa della realtà, elemento vitale per il training della Agi (Intellligenza Artificiale Generale). Assistiamo quindi ad un incremento sia dell’importanza del dato, sia della complessità della sua elaborazione e delle conseguenze derivanti dall’introduzione di dati errati nei sistemi. Ne consegue che è fondamentale garantire l’integrità del dato, agendo il più possibile vicino alla fonte del dato stesso. Quali possono essere le conseguenze di tale violazione?
Le conseguenze sono sempre più complesse ed articolate. La più classica e intuitiva, è la perdita di efficienza e di efficacia dei processi decisionali quando ci si trova di fronte a dati inaffidabili: il solo costo del tempo speso per l’assessment della qualità del dato basterebbe già a giustificare l’implementazione di un sistema di data integrity. La conseguenza più importante ed emergenziale va invece ricercata nell’impatto che la qualità dei dati utilizzati per il training può avere sulla qualità dei modelli Agi: un modello trainato su dati non integri, porterà infatti a risultati subottimali, errati o addirittura pericolosi. Si può considerare la qualità del dato utilizzato per il training di un modello Agi come un upper bound alla qualità del modello stesso. Riteniamo pertanto che l’implementazione di un solido framework di data integrity rappresenti uno step fondamentale e lungimirante per ogni azienda che, negli anni a venire, voglia sfruttare appieno i vantaggi dell’Intelligenza Artificiale (Ia). Disporre di uno storico affidabile, costituirà un elemento vitale per una buona comprensione del
sistema azienda da parte dell’Ia. Ludovico, ci può fornire qualche dettaglio sulla natura dei vostri servizi? Il nostro servizio è SaaS (software as a service) e si compone di una piattaforma, installabile su qualsiasi sistema: dai dispositivi edge fino al cloud, abilitandolo alla creazione di dati integri. Grazie alla nostra architettura ‘zero-trust’ e ‘zero-knowledge’, garantiamo la proprietà e la riservatezza dei dati dei nostri clienti. Tutto questo è possibile combinando tecniche crittografiche e blockchain.
I nostri clienti sono costruttori o gestori di infrastrutture critiche, o di processi, di alta qualità: utilities (fornitori di acqua e di energia), point/autostrade/gallerie, industria farmaceutica, oil & gas, eccetera. Come giudica il grado di maturazione del nostro territorio in relazione al tema della digitalizzazione e della protezione dei dati?
In modo molto positivo! Vedo un approccio al contempo cauto ed estremamente innovativo: cauto sulla digitalizzazione di processi la cui grande affidabilità e precisione costituisce un elemento di orgoglio per il nostro Territorio; estremamente innovativo, dinamico e svelto - invece - a livello di ricerca e di imprenditorialità.
Simona Galli
Settembre 2023 TM · 57
eureka / start up
Da sinistra, Emanuel Agnelli, Ceo, e Ludovico Binda, Product development & solution architect, co-fondatori di Armilis, con sede a Mendrisio.
Le sfide della restituzione
L’emblematico caso del Benin mette in evidenza la complessità di un discorso che contrappone interessi diversi e implica una serie di sfide legali, che spesso riemergono in dispute analoghe.
Le collezioni universali dei musei europei, che contengono espressioni artistiche di svariate epoche e culture, costituiscono un’eredità fondamentale per l’intera umanità. Tuttavia, oggi un acceso dibattito sulla restituzione di artefatti coloniali mette in questione la modalità di appropriazione spesso discutibile di questi oggetti. Un caso emblematico è quello di ventisei opere che furono saccheggiate nel Palazzo reale di Abomey (nell’odierno Benin) da parte delle truppe francesi durante l’occupazione coloniale nel 1892. Fin dall’indipendenza nel 1960, il Benin ha chiesto ripetutamente la restituzione delle opere, senza ottenere risposta dal governo francese fino al 2017, quando il presidente francese Emmanuel Macron dichiarò di voler facilitare la restituzione del patrimonio culturale africano. Nel 2021 le opere furono finalmente trasferite dal Quai Branly di Parigi, dov’erano esposte, al Benin. Questo primo grande caso di restituzione coloniale mette in evidenza la complessità del discorso, che contrappone interessi diversi e implica una serie di sfide legali che spesso riemergono in dispute analoghe.
Fin dall’antichità, il furto di opere d’arte è stato un elemento comune ai conflitti armati attraverso la storia ed è sempre stato generalmente accettato, anche giuridicamente, con l’idea che la parte vincente avesse un diritto sulla proprietà del vinto. I primi strumenti di protezione del patrimonio culturale a livello internazionale furono sviluppati alla fine del XIX secolo con le Convenzioni dell’Aia del 1899 e del 1907. Successivamente, nel corso del Novecento, è stata regolata giuridicamente anche la restituzione con la Convenzione dell’Aia del 1954 per la protezione della
proprietà culturale in caso di conflitto armato, e in seguito con altri trattati più dettagliati. Tuttavia, il principio di non retroattività sancisce che per tutti i casi precedenti all’emissione di queste leggi si applichino le leggi dell’epoca.
Una prima sfida della restituzione risiede quindi nell’inadeguatezza degli strumenti legali internazionali a disposizione, che al tempo dell’occupazione coloniale non erano ancora in vigore.
Una soluzione possibile e spesso intrapresa è la stipulazione di accordi bilaterali tra i governi coinvolti.
«La questione di una base legale che consenta la restituzione delle opere sottratte durante le occupazioni coloniali rimane a oggi aperta e dipende dalle circostanze giuridiche nazionali»
Ancora, tuttavia, possono sorgere ostacoli a livello delle legislazioni nazionali, che non sempre agevolano la restituzione. In Francia, per esempio, le opere d’arte delle collezioni nazionali sono protette dal principio di inalienabilità. Per poter effettuare il ritorno delle ventisei opere menzionate sopra, il governo francese ha dovuto approvare una legge ad hoc che ne permettesse il trasferimento. Il problema, quindi, non è stato risolto in vista di altri casi futuri. Per questo motivo, gli studiosi Felwine Sarr e Bénédicte Savoy, autori del famoso rapporto Sarr Savoy sulla restituzione, suggeriscono una modifica della legge francese sul patrimonio culturale che preveda delle eccezioni al principio di inalienabilità sulla base di accordi bilaterali. La questione di una base
legale che consenta la restituzione rimane quindi aperta e dipende dalle circostanze giuridiche nazionali.
Un’altra sfida risiede nella ricerca della provenienza delle opere. Capita infatti che le parti coinvolte abbiano prospettive diverse sulle dinamiche alla base dell’appropriazione, e che le ex potenze coloniali rifiutino quindi richieste di restituzione contestandone la legittimità. La ricerca della provenienza è spesso molto complessa a causa del tempo trascorso e della mancanza di prove, per cui non è facile definire chi abbia ragione in una disputa del genere e di nuovo è necessario affidarsi ad accordi.
Inoltre, la restituzione dev’essere accompagnata da provvedimenti che garantiscano il mantenimento delle opere. Diversi Paesi africani che hanno avanzato richieste di restituzione si sono impegnati nella costruzione di strutture adeguate: in Benin, per esempio, è stato costruito un nuovo museo per ospitare le opere restituite dalla Francia, con un contributo di 35 milioni di euro da parte dell’Agenzia francese per lo sviluppo. Inoltre, il governo del Benin ha approvato una legge sulla protezione del patrimonio culturale.
In conclusione, però, va ricordato come la restituzione rappresenti soprattutto un passo fondamentale nel processo di riparazione alle violazioni dei diritti umani commesse durante il colonialismo. Per questo motivo, è importante che le molteplici sfide lasciate aperte dai primi casi di successo siano affrontate e gli strumenti giuridici necessari siano elaborati.
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Viola Könz, membro del direttivo dell’Associazione Giovani Giuristi Zurigo.
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Con il sostegno della Suva
Raffaele Bottelli, addetto alla sicurezza, Südpack Bioggio SA
Dialoghi previdenziali
Avs e II pilastro sono chiamati a confrontarsi con equilibrismi straordinari per rimanere ‘a galla’. A pagare?
Sostanzialmente i più giovani, chiamati alla cassa.
Papà, la vostra generazione ci sta rovinando. Domenica, fine pranzo. È un po’ che mia figlia mi guarda strano e si vede che c’è qualcosa che mi vuole dire, ma non trova il momento. Papà, avete deciso che noi donne andremo in pensione a 65 anni e per di più volete ridurre le pensioni, non è giusto! ‘Per fortuna’ si tratta solo di previdenza.
Il pisolino domenicale mi aspetta, ma non posso abbandonare la scena in questo modo. Prima il caffè e poi puntualizzo: Non abbiamo deciso, in Svizzera esiste il Referendum e la maggioranza ha votato a favore. Poi cerco di motivare la decisione in merito all’età di pensionamento. Concetti digeribili. Ti ricordi quando andavamo a trovare il nonno in casa di riposo? Ti ricordi che diceva che non c’erano più uomini? Quell’affermazione del nonno se la ricorda bene. Le donne vivono più degli uomini, hanno una speranza di vita più lunga, dunque che vadano in pensione almeno come gli uomini è ragionevole. Ribatte lei: Un corno!
Le donne guadagnano meno e anche questo è provato, per cui non capisco perché devono andare in pensione a 65 anni. La discussione si sta accendendo, lo capisco dal tono. Sono d’accordo. È però anche vero che una distorsione salariale non va risolta con una pensionistica. Se esistono differenze ingiustificate, vanno risolte attraverso le opportune rivendicazioni, ma non mettendo in difficoltà l’Avs. Vedi, qualsiasi sistema pensionistico è come un lago. Se escono più soldi di quanti ne entrano il lago si svuota. Un anno in più di lavoro permette di ridurre le uscite rappresentate da un anno in meno di assegni pensionistici e aumentare le entrate, attraverso un anno in più di contributi. E ti dirò di più, il sistema sta in piedi solo attraverso il contributo derivante dall’Iva. Significa che con i soli contributi salariali il lago si svuoterebbe.
In realtà, quindi, sia gli uomini che le donne dovrebbero lavorare di più, oltre i 65 anni. Mia figlia sta ragionando sulle mie ultime osservazioni ed impiega un attimo prima di replicare. Forse la discussione finisce così. Mi sbaglio. Va bene, questa cosa l’ho più o meno capita, ma non pensare che al prossimo referendum io voti per abbassarle. Devo lavorare di più per ricevere di meno. Non è giusto . Il mio pisolo è ormai un miraggio, devo affrontare la discussione sul II pilastro. Se con l’Avs è abbastanza facile spiegare cosa succede, ora diventa più complesso, soprattutto di domenica
«Con il tasso di conversione attuale se vado in pensione e campo fino a 85 anni prendo più soldi di quelli accumulati mentre lavoravo; sai poi chi paga questa differenza?
No, non lo so chi la paga… Tu e la tua generazione»
pomeriggio! Forse ci vuole un altro caffè.
Quando si va in pensione si ricevono due assegni. Uno lo paga l’Avs, l’altro la Cassa pensione. Il primo lo ricevi peri il fatto che hai lavorato, ma non dipende esattamente da quanto hai contributo. La sua funzione è garantire il minimo vitale, a tutti. Il secondo invece dipende esattamente da quanto contribuisci durante la tua vita lavorativa. È la somma di tutti i contributi che hai accumulato e tutto il rendimento finanziario che hanno creato. Il totale in gergo è chiamato ‘Averi previdenziali’. La somma dei due assegni permette un pensionamento più che dignitoso. Al momento della pensione, hai due possibilità:
prendi tutti i tuoi ‘Averi’, ossia tutti i tuoi soldi e senza discussioni, o fai un ‘accordo’ con la Cassa e ti fai pagare la pensione fino a quando vivi. In un mondo semplice il valore della pensione dipende da quanto hai accumulato e da quanto pensi di stare ancora al mondo. In questo mondo semplice la pensione annuale si calcola dividendo gli averi previdenziali per gli anni di vita restanti. Visto che questo tempo non lo conosce nessuno si utilizza la speranza di vita per stimarlo. Nella pratica, però, lo stesso calcolo si fa moltiplicando gli averi per il tasso di conversione. Più semplicemente, il tasso di conversione dovrebbe essere più o meno pari a 1 diviso la speranza di vita. Ad esempio se quest’ultima vale 20 anni, il tasso dovrebbe essere pari a 5%. Il legislatore nel 2006 lo ha fissato all’attuale 6,8%, che si basa sulla speranza di vita di allora aggiustato per il tasso di interesse finanziario, quindi leggermente differente ma uguale nella sostanza, credimi. Ora quel tasso è troppo alto, viviamo tutti di più di quindici anni fa. Per cui il Consiglio Federale, dopo aver ricevuto dati e relazioni di tutti gli addetti ai lavori, ha pensato fosse il caso di rivederlo al ribasso, per mantenere il sistema pensionistico in equilibrio Eccola ribattere: Appunto papà, paroloni e calcoli per abbassare la pensione!
Mantengo la calma: Questo non significa che la pensione complessiva sia più bassa, semplicemente ricevi i tuoi averi in più anni e la somma dei pagamenti corrisponde maggiormente a quanto hai versato. Con il tasso attuale se vado in pensione e campo fino a 85 anni prendo più soldi di quelli accumulati mentre lavoravo; sai poi chi paga la differenza?
No, non lo so chi la paga… Concludo pacato: Tu e la tua generazione.
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Fabrizio Ammirati, vicedirettore di Banca del Ceresio.
eureka / il consulente previdenziale
5 ANNI DS SUISSE PREMIUM SERVICE & GARANZIA DS 7 E-TENSE 4×4 300 CV LIGNE NOIRE DA 399 CHF/MESE Modello raffigurato: DS 7 BlueHDi 130 EAT8 Ligne Noire con opzioni. Prezzo di listino 54’500 CHF; consumo combinato 6.6 l/100km, emissioni di CO 2 151 g/km, Categoria D. Offerte valide sui veicoli venduti dal 01.09.– 30.09.2023. Offerte riservate ai clienti privati, solo dagli agenti che partecipano alla promozione. Prezzi di vendita consigliati incl IVA. Esempio di leasing : DS 7 E-Tense 4x4 300 Ligne Noire prezzo di listino 61’900 CHF, prezzo di vendita consigliato dopo tutti gli sconti 55’400 CHF, anticipo 12’508 CHF, rata leasing mensile 399 CHF (IVA incl.), valore di riscatto 28’474 CHF, tasso di interesse annuo effettivo 3.08%. Durata del leasing 48 mesi, percorrenza 10’000 km/anno. L‘offerta vale solo in combinazione con un‘assicurazione SECURE4you+ (disoccupazione, incapacità al guadagno) del valore di CHF 18.55 al mese. Condizioni di leasing con riserva di accettazione da parte di Santander Consumer Finance Schweiz AG, Schlieren. La stipulazione di un contratto di leasing non è ammessa se provoca il sovraindebitamento del cliente. Esempio di leasing per clienti privati. A B C D E F G D
DSautomobiles.ch
La lunga marcia
Nata quasi per caso, nel mezzo della Grande Crisi finanziaria, la blockchain ha dato il la a una serie di cambiamenti che solo nel lungo periodo saranno davvero compresi.
Il 2008 ha consegnato una delle più grandi crisi economiche della storia, ma ha anche regalato l’idea di una moneta disintermediata, il Bitcoin, e introdotto la blockchain, la possibilità di tracciare e garantire transazioni digitali su di un registro condiviso, senza il rischio del ‘double spending’. Una rivoluzione. Sono passati quasi quindici anni dal famoso Bitcoin paper di Satoshi Nakamoto e, nonostante l’attuale contrazione del mercato delle crypto-valute, il Bitcoin viaggia saldamente sopra i 25.000 dollari, mentre la rivista Coinbase riporta come il 52% delle aziende della lista ‘Fortune 100’ abbia già adottato o abbia piani concreti su blockchain.
Non male per un mondo dato per spacciato in più d’un’occasione. Ma, che cosa rimane di quello spunto iniziale? Qual è l’unicità di quella rivoluzione, che, come tutti i cambiamenti delle tecnologie esponenziali, è molto più lenta e progressiva di quello che i giornali o le discussioni dei social dichiarano?
Tre i cambiamenti chiave, e che rimarranno negli anni a venire, tutti scaturiti dalle riflessioni di Satoshi & Friends.
- La necessità di uno strumento di pagamento digitale, accessibile all’intera comunità globale, fruibile per micropagamenti e libero da tasse e gabelle del sistema finanziario tradizionale. Bitcoin voleva essere uno strumento di condivisione di valore, inattaccabile e parallelo a quel mondo finanziario che continuava a privilegiare i pochi.
L’attuale lavoro, dietro le quinte, per mettere a punto strumenti di pagamento più snelli, come le Central Bank Digital Currencies (Cbdc), ancorate però a
monete Fiat di riferimento per evitarne l’estrema volatilità, testimonia quanto il sistema bancario tradizionale abbia fallito nel raggiungere l’intera popolazione mondiale, o non sia adatto a soddisfare le esigenze di un target che si muove in un mondo digitale immersivo, istantaneo e fatto di miliardi di micro interazioni tra
utenti verificati e anonimi (es. il gaming);
- La completa padronanza e monetizzazione delle proprie attività in ambito digitale. La proprietà si accompagna a responsabilità, proprio perché tutto viene tracciato su di un registro condiviso. La blockchain ha aperto il campo alla possibilità di mettersi in gioco, e di venire ricompensati chirurgicamente e proporzionalmente al proprio impegno per consolidare la comunità, detto altri-
menti per aumentare il capitale sociale dietro Bitcoin o qualsiasi altro progetto di blockchain; quanto più forte è il network, tanto più sarà liquida e forte la cripto-valuta nativa di riferimento. La forza dei progetti di Animoca Brands, per esempio, che ha inventato il gaming su blockchain, si basa proprio sulla vecchia idea di costruire una comunità, che partecipa, ma che vuole essere ricompensata per la propria ‘digital agency’; - La programmabilità della blockchain, che è una delle rivoluzioni di Ethereum, e qui si chiude il cerchio, è l’elemento che permetterà di gestire transazioni ad personam, con il minimo rischio di errore o frode. La programmabilità di una transazione, che sia una ricompensa o un pagamento, al verificarsi di certe condizioni, tutte codificate a monte, rende la blockchain lo strumento essenziale di efficientamento di qualsiasi supply chain. Una transazione tracciabile, automatica e pagabile all’istante migliora la produttività di una filiera del lusso, per esempio, nell’ordine della doppia cifra percentuale.
Il mondo era diverso nel 2008, quando Satoshi & Friends hanno immaginato una nuova frontiera del digitale. Il mondo di oggi deve a loro un’infrastruttura che permette di disegnare flussi efficienti, tracciabili, programmabili e infallibili nel ricompensare persino il micro.
Una lunga marcia, di cui si vedranno tutti i frutti nei decenni futuri.
62 · TM Settembre 2023
Frank Pagano, azionista di Tokenance, Senior Partner di Jakala, Contributor de Il Sole 24 Ore.
eureka/ digitale
Una rappresentazione grafica di ‘Satoshi & Friends’ di OpenAi.
PHOSPHOR ASSET MANAGEMENT S.A.
La nostra missione è racchiusa nel nostro nome: lavorare con chiarezza e trasparenza
Towards Light
(in greco Phosphorus; φῶς = luce, φέρω =portare)
si chiama la scultura da cui prende il nome la nostra società
Via P. Peri 15 – 6900 Lugano (Svizzera) phosphoram.ch
Venia Dimitrakopoulou, Towards Light 2009, detail
Le incertezze non mancano
Negli scorsi anni le Pmi svizzere sono rimaste ottimiste, nonostante le molte crisi. Ora però l’umore sembra cambiare. Le cause? Inflazione persistente, tassi in aumento e crescente pressione di concorrenza e digitalizzazione nonché carenza di personale qualificato.
La Ricerca
La Ricerca sulle Pmi viene condotta ogni anno dal 2018 e misura il polso delle piccole e medie imprese svizzere. Nella primavera 2023, per la sesta volta Kearney e swiss export hanno condotto un sondaggio presso le Pmi svizzere. Raiffeisen partecipa in qualità di partner per la quarta volta, insieme ad Angst+Pfister che partecipa quale partner industriale in evoluzione. Al sondaggio online hanno partecipato 382 aziende.
Come valuta la situazione economica della sua impresa a tre anni?
Sondaggio condotto presso 382 imprese svizzere (in %).
In alto, Palazzo Federale, sede del Parlamento svizzero. Deteriorandosi le prospettive economiche, e raffreddandosi la congiuntura internazionale, le imprese si aspettano decisioni da parte della Politica, quanto meno per chiarire i rapporti con il circostante estero, regolarizzando le relazioni con Bruxelles. Ciononostante la situazione finanziaria delle imprese, seppur in peggioramento, tiene botta.
Lo scorso anno, dopo il periodo pandemico, l’economia svizzera si è mostrata robusta e in molti settori vi è stata una ripresa. La Ricerca sulle Pmi di Raiffeisen, swiss export e Kearney dello scorso anno mostrava, con il 73%, che quasi tre quarti delle aziende valutavano la loro situazione
economica da buona a ottima. Questo ottimismo sta ora svanendo. Nell’ultimo sondaggio, solo il 63% delle Pmi intervistate ha valutato analogamente la propria situazione economica. Inoltre, sempre meno Pmi stimano da buona a ottima la propria situazione economica futura. Questo valore è costantemente sceso
dal 76% del 2021 al 62 di quest’anno. Il peggioramento dell’umore si rispecchia anche nelle aspettative finanziarie per quest’anno. Ormai solo metà delle aziende intervistate prevede un aumento del fatturato; gli scorsi anni si era in tal senso ancora nettamente sopra il 60%. Le Pmi dell’industria sono di fatto in
64 · TM Settembre 2023
finanza /analisi regionale
Fonte: Raiffeisen 62 76 67 30 21 28 5 3 8 Stabile Buona/molto buona Sfavorevole/negativa ■ 2021 ■ 2022 ■ 2023
recessione. Nei mesi estivi la contrazione dell’economia europea ha colpito in particolare le Pmi dell’industria. Il Purchasing Manager Index delle Pmi, rilevato mensilmente da Raiffeisen, è sceso a luglio da 48,8 a 46,3 punti, quindi al livello più basso da inizio 2021, quando la Svizzera si trovava nel secondo lockdown.
Alla base di questi dati non troppo brillanti, diverse possibili cause. Il boom della domanda di beni dovuto alla pandemia si è ormai esaurito e i consumatori sono tornati a spendere di più per i servizi. D’altro canto, sulla domanda dell’industria pesano l’elevata inflazione e, sempre più, l’aumento dei tassi. Il vento contrario è ora tanto forte che anche il calo intermedio dei prezzi dell’energia e la distensione nelle difficoltà di fornitura in primavera hanno dato scarsi impulsi. Elevati prezzi di energia e materie prime ritenuti i principali rischi congiunturali. In assenza di una carenza energetica su larga scala, lo scorso inverno alle Pmi è stato risparmiato il peggio. Tuttavia, gli episodici forti aumenti del suo prezzo causati dall’incertezza hanno colpito gli imprenditori. Nella ricerca quale principale rischio congiunturale nei prossimi 12 mesi, quasi due terzi delle Pmi svizzere hanno menzionato l’elevato prezzo di energia e materie prime, seguito dalla carenza di personale qualificato.
In tutti i settori le aziende hanno difficoltà ad acquisire e mantenere personale qualificato. La carenza di personale è destinata persistere anche in futuro, poiché all’attuale forte domanda si contrappongono anni con un basso tasso di natalità, oltre alla progressiva uscita dal mercato del lavoro dei baby boomer.
Poco preparate alla carenza di personale qualificato. La ricerca di quest’anno ha preso spunto dalla resilienza tendenzialmente elevata del passato per approfondire il tema della resistenza delle Pmi svizzere. È un fatto positivo che il 62% delle Pmi si definisca da resistente a molto resistente rispetto all’attuale situazione di crisi economica.
Il grado di resilienza varia molto: secondo il sondaggio solo il 19% si ritiene preparato alla carenza di personale qualificato. Le aziende si sentono più preparate alla progressiva digitalizzazione e ai relativi cyber rischi. Alcune hanno tuttavia indicato di essere male o molto mal preparate ai pericoli della digitalizzazione. Ciò rispecchia l’elevata dinamica
«In tutti i settori le aziende hanno difficoltà ad acquisire e mantenere personale qualificato. La carenza di personale è destinata a persistere, all’attuale forte domanda si contrappongono anni con un basso tasso di natalità, oltre alla progressiva uscita dal mercato del lavoro dei baby boomer»
Goran Juric, Responsabile Clientela aziendale Ticino di Raiffeisen Svizzera
Affanni agostani
Anche in agosto l’indice Pmi di Raiffeisen è rimasto in territorio negativo, segnato dalla recessione che sta affliggendo il tessuto manifatturiero svizzero, al pari che nel resto d’Europa. Non mancano però i segnali positivi, infatti, ordinativi e produzione si stanno finalmente riprendendo, non abbastanza per andare oltre i 46,3 punti. A trascinare l’indice verso il basso occupazione, tempi di consegna e andamento delle scorte. Particolarmente negativa la dinamica registrata dalla componente occupazionale, tornata al minimo storico toccato durante l’ondata Omicron nel 2021, a 45,3 punti rispetto ai 48,5 precedenti. Meglio è andata alle imprese più grandi, come rileva invece l’indice di procure.ch seppur anche in questo comparto sia in atto un rallentamento. Secondo il Kof tale tendenza proseguirà.
A risultarne colpiti, in particolare, i settori più orientati all’export, che ancora a luglio hanno registrato una dinamica negativa, diversamente quindi dal dato nazionale. Nonostante tutto a pesare le difficoltà nella ricerca di personale qualificato, il che dovrebbe scongiurare il rischio di licenziamenti.
di sviluppo delle opportunità digitali, così come i molti rischi correlati.
La politica deve stabilizzare le relazioni con l’Unione Europea. Riguardo alla domanda sui temi cui la Politica dovrebbe urgentemente dedicarsi, un tema continua a essere in testa da anni: dare finalmente una solida base alle relazioni con l’Ue e fare chiarezza sulla collaborazione futura. Ciò non sorprende, l’Unione rimane il principale partner commerciale della Svizzera e per le Pmi, il chiarimento dei rapporti bilaterali è essenziale nel commercio transfrontaliero.
Ha invece perso d’importanza la promozione della transizione energetica: se nel 2022 era ancora al secondo posto, ora è scesa al quinto. Al secondo c’è ora lo snellimento della burocrazia, seguito dalla richiesta di copertura del fabbisogno di personale qualificato.
Ciò può essere interpretato come incarico a mantenere i numerosi punti di forza della Piazza svizzera e, ad esempio, a non metterla in pericolo con un’inutile burocrazia o con continui confusi rapporti con l’estero. Al riguardo la Politica deve ancora darsi molto da fare.
Settembre 2023 TM · 65
20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 01/18 01/19 01/20 01/21 01/22 01/23
Il polso delle imprese Indici Pmi delle Pmi a confronto
Fonte: Raiffeisen
Raiffeisen Purchasing Manager Index delle PMI Procure.ch Purchasing Manager Index
Un dollaro per... domarli tutti
Nonostante l’attuale sistema
monetario,
ancorato al
biglietto
verde, e in precedenza alla
sterlina, non sia perfetto, all’orizzonte non si profilano sostituti particolarmente brillanti. Si delinea dunque uno scenario di lenta decadenza, destinata a protrarsi per diversi anni.
A lato, il Marriner S. Eccles, sede degli uffici del Board dei Governatori della Federal Reserve americana a Washington. Sotto, il passaggio di testimone tra egemonia monetaria inglese e americana.
per tutte le altre valute, con i molti pro e contro che tale decisione ha recato in dote nei decenni successivi, anche per gli stessi Stati Uniti. Ma sino a che punto tale sistema è ancora sostenibile? Per quanto ancora reggerà, e con quali risultati? Il primo scoglio. Mentre il Vecchio Continente si trovava ancora confrontato con i bombardamenti a tappeto su aree urbane e popolazione civile, negli Stati Uniti oltre a discuterne animatamente si preparava la staffetta tra sterlina e dollaro, anche a segnare il cambio di passo tra una Londra ormai al tramonto e una Washington nascente. Àncora degli accordi la convertibilità tra oro e dollaro (35 dollari l’oncia), dunque indirettamente anche rispetto a tutte le altre valute, sulle ali di quel Gold Standard ottocentesco che aveva sostenuto il ruolo della sterlina sino a prima della guerra. Un modo come un altro di porre un argine alle molte fantasie di Governi e istituti centrali, abolito poi definitivamente da Nixon nel 1971, in piena guerra del Vietnam.
Quella tratteggiata da un recente studio di Credit Suisse è l’eredità di un sistema finanziario nato ancora durante la II Guerra Mondiale, in una piccola località del New Hampshire, Bretton
Woods, da cui i celebri accordi che sin dal 1944 hanno retto gli equilibri valutari tra Paesi occidentali. Cifra che contraddistingue tali accordi, è l’indiscussa centralità del dollaro (agganciato direttamente all’oro), quale benchmark di riferimento
Un risultato certo di tale decisione, probabilmente obbligata, era stato il ritorno di fiamma dell’inflazione, con significativi picchi superiori al 15% negli Stati Uniti, domati dal polso dell’allora neo eletto presidente della Federal Reserve, Volcker, a suon di inediti rialzi dei tassi sino a un massimo del 20% nel 1980 (ricorda qualcosa?). Se nei precedenti quattro decenni
66 · TM Settembre 2023
finanza / studi
Fonte: Credit Suisse 0 2 4 6 8 10 12 14 1800 Guerra civile americana Fase di Transizione
1811 1823 1835 1846 1858 1870 1881 1893 1905 1916 1928 1940 1951 1963 1975 1986 1998 2021 2010 Cambio sterlina/dollaro
Dalla Pax Britannica alla Pax Americana Andamento del tasso di cambio tra sterlina inglese e dollaro americano
Bretton Woods
le altre valute, occidentali ed emergenti, avevano tenuto il passo di un dollaro andato man mano indebolendosi, la stretta della Fed riportò d’attualità altri tipi di problemi andati dimenticati, ma ricchi di conseguenze non solo per il Sud America. Esperienza analoga a quanto ripetutosi poi nel 1994 con Greenspan, in questo caso invece in Asia con gli interventi del Fondo Monetario.
Scossoni certo, ma non tali da richiedere scelte radicali o l’aggiustamento degli strumenti di politica monetaria della Fed, così come invece avvenuto durante la Grande Crisi del 2008, che sotto molti aspetti è stato invece un evento finanziario dei più significativi, tale da giustificare scelte altrettanto coraggiose. Nasce così la politica monetaria straordinaria (Qe), sino a quel momento nemmeno contemplata tra gli strumenti a disposizione, poi diventata facilmente buona consuetudine per i successivi tre lustri, motivata dai timori di una crisi giapponese. Resiste e sopravvive. Nonostante le critiche non siano mai venute meno, il dollaro dopo oltre settant’anni è ancora qui, gode tutto sommato di buona salute, e nell’immediatezza non sembra temere particolari concorrenti, vuoi per un motivo e vuoi per un altro. Per quanto gli Stati Uniti continuino a essere economicamente un attore fondamentale del mercato globale, le distanze con altre regioni geografiche si sono decisamente accorciate, eppure non è il caso del dollaro, che anzi proporzionalmente ha guadagnato ulteriori posizioni. È dunque così che pur contando su un Pil pari a poco più del 20% del totale globale, o un risicato 15% del commercio, può vantare un considerevole 60% delle riserve monetarie degli istituti centrali, o un 90% di volume nel forex. Numeri che parlano ampiamente da soli.
Non va però trascurato che il dollaro in larga misura resta anche una valuta nazionale, il cui istituto centrale ha quale mandato la stabilizzazione economica e finanziaria del mercato domestico, e non di quello mondiale, sempre meno preso in considerazione, diversamente dal passato. Quanto ai risultati ottenuti dagli istituti centrali dei Paesi sviluppati, rispetto a quelli emergenti, si potrebbe poi ampiamente dibattere, indipendentemente da quali ne siano le cause, un dato però non insignificante. Al pari di quali siano realisticamente i risultati ottenibili da misure squisitamente monetarie chiamate a
Il regno del dollaro
confrontarsi con spinte inflative di tutt’altra natura. Controbilanciando al tempo stesso la sostenibilità, non così scontata, dei conti pubblici di più d’un Paese.
Il concetto stesso di valuta di riserva si basa però su un dilemma, per essere riserva di qualcuno, dunque un credito, qualcun altro e nella sua valuta deve aver contratto un debito, ma senza quel pericoloso eccesso che potrebbe minare la
Disciplina
Nonostante nel corso degli ultimi anni la preminenza economica degli Stati Uniti sia venuta rapidamente meno, specie a livello di dimensioni rispetto al resto dell’economia mondiale, il dollaro rimane il perno del sistema monetario internazionale. Si succedono le crisi, politiche ed
ma il dollaro continua a rimanere lì.
Settembre 2023 TM · 67
0 2020 Riserve in valuta estera Andamento delle rispettive quote delle singole valute (in % del totale) Fonte: Credit Suisse 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010 2015 ■
Usd ■ Gbp ■ Euro ■ Renminbi ■ Altro
economiche,
dei tassi di cambio del dollaro
principali valute (’70:
Fonte: Credit Suisse 0 20 40 60 80 100 120 1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010 2015 2020 Yen Euro (Marco) Franco Paul Volcker alla Fed Plaza Accord Crisi 2008 Crisi dell’Euro Asian crisis Pandemia DotCom 11 settembre Nixon Commercio mondiale Pil globale Prestiti cross border Debito mondiale Volume di transazioni Fx Riserve mondiali Fatturazione del trading Pagamenti Swift Le dimensioni del dollaro Rapporto con il resto del mondo (in %) Fonte: Credit Suisse 0 40 60 80 20 ■ Quota Usa ■ Quota usd sui mercati globali ■ Di cui: Offshore
Andamento
con le
100)
fiscale Debito pubblico nel 2021 (in % del Pil) Fonte: Credit Suisse 0 100 200 300 Giappone Grecia Singapore Italia Stati Uniti Spagna Francia Regno Unito Brasile India Cina Germania Malesia SudAfrica Colombia Tailandia Qatar Messico Corea del Sud Svizzera Turchia Indonesia Emirati Arabi Uniti Arabia Saudita Russia
Equilibrismi cinesi di vendita e acquisto di dollari
macroeconomiche, finanziarie, politiche e geopolitiche insite in Washington, il dollaro continua a rimanere indiscutibilmente un bene rifugio, che per giunta sono anni che continua a rafforzarsi, in fasi di mercato tra loro molto diverse. Qualcosa vorrà pur dire?
La performance dei Treasury
20012003200520072009201120132015201720192021
L’esplodere della pandemia ha riportato al centro il ruolo del dollaro, che dopo anni di sonnolenza, è tornato a essere il più classico dei beni rifugio, pur trovandosi confrontato con l’uscita di scena di compratori tradizionali del suo debito pubblico, cinesi e russi. Come permetterlo? Tenendo la bilancia commerciale in rosso.
credibilità in lui riposta. Tecnicamente viene definito ‘dilemma di Triffin’. Il presupposto affinché il dollaro sia valuta di riserva e àncora del sistema è sempre stato che gli Stati Uniti abbiano un deficit nella bilancia delle partite correnti, il che dimostra anche perché l’euro (o le valute europee prima) non lo sia mai stato. Più ambigua è la seconda parte del ragionamento di Triffin: nonostante tensioni
Il Pivot. Quale sia però il ruolo che, specie in prospettiva, potrebbe giocare la geopolitica è tutta un’altra storia. Il crescente politicizzarsi di tutte, o comunque una parte, delle decisioni dietro al dollaro, che di valutario ben poco avrebbero, è un’arma a doppio taglio, come la Russia aveva ben inteso da tempo, da qui la dedollarizzazione delle sue riserve, dimostratasi poi comunque inutile. Il dollaro inevitabilmente risponde alla Fed, la quale risponde a sua volta al Governo americano, da qui il rischio per tutti i soggetti non troppo allineati di essere sanzionati per suo tramite, ammettendo di stare entro i limiti normativi di un moderno stato di diritto. Il che quindi esclude molte pratiche promosse nel corso dell’ultimo anno ai danni di Banca di Russia, un confronto che si inserisce nell’alveo del botta e risposta a suon di dazi tra Pechino e Washington, che va protraendosi dal 2016.
Il principale rischio latente in tali circostanze è il contesto però profondamente mutato contesto in cui va a inserirsi. Diversamente da un mondo ‘a cambi fissi’, dunque in cui il cambio tra marco e sterlina, o tra lira e franco contro dollaro, doveva essere obbligatoriamente difeso dai rispettivi istituti centrali ricorrendo anche a operazioni di mercato aperto, e dunque utilizzando le riserve valutarie, in un sistema a cambi ampiamente flessibili quale l’attuale, seppur doverosamente compatibili con le necessità di un Paese, il ruolo delle stesse è andato un po’ perdendosi. In questo senso sia la Banca Nazionale Svizzera nei confronti dell’euro, sia la Banca Popolare cinese rispetto al dollaro, hanno accumulato ingenti riserve valutarie ‘involontarie’.
Nel caso della Cina, in coordinamento con quelli definitisi Brics, i tentativi di dar vita a forme di cooperazione rafforzata non sono mancate, anche in ambito valutario, com’è il caso del Contingent Reserve Arrangement, o della New Development Bank e della Belt and Road Iniziative, iniziative che hanno assorbito almeno una parte delle ampie riserve in dollari accumulate in precedenza. Un anticipo di quella fuga verso asset reali, oro e
68 · TM Settembre 2023
Total return dei titoli governativi decennali in dollari (indici, 2004: 100) Fonte: Credit Suisse 50 100 150 200 250 300 350 2000 2004 2008 2012 2016 2020 Embi Chf Renminbi Gbp Usd Euro Yen
Variazione riserve cinesi in dollari e tasso di cambio del renminbi Fonte: Credit Suisse 6 6.5 7 7.5 8 8.5 0 500 1,000 1,500 2,000 2,500 3,000 3,500 4,000 4,500 Usd/Rmb (dx, scala invertita) Riserve Fx (sx, usd mld) 2000 2004 2008 2012 2016 2020
Bilancia commerciale americana Andamento partite correnti (in % Pil) Fonte: Credit Suisse -8 -6 -4 -2 0 2 4 6 8 10 12 Cina Eurozona Usa Giappone Rimane il bene rifugio Andamento dell’indice Dxy Fonte: Credit Suisse 60 70 80 90 100 110 120 130 1990 1995 2000 2005 2010 2015 2020
Nei prossimi anni verrà mano mano meno la funzione delle riserve in valuta estera, soppiantate da nuovi accordi tra istituti, decisamente più funzionali. A sostenere il dollaro resta però il mercato domestico.
infrastrutture, che a distanza di pochi anni anche molti altri istituti, sull’onda di tensioni monetarie di ben altra natura, stanno percorrendo. Che questo possa tradursi in una minaccia immediato per il dollaro?
Improbabile, i principali acquirenti e detentori di Treasury, nonostante tutto, restano gli investitori americani. Diverso invece il rischio per il ruolo ricoperto finanziariamente dal biglietto verde. Scenari opposti, e improbabili. Un’ipotesi sul tavolo nel 1944, seppur più accademica che realistica, e sostenuta a viva voce dal re degli economisti moderni, John Maynard Keynes, sposava l’idea di creare una nuova valuta sopranazionale globale in grado di regolare gli scambi tra Paesi, e soprattutto di evitare le molte storture che il dollaro reca in dote, ampiamente passate in rassegna. Se era improbabile che a Bretton Woods potesse maturare una decisione del genere, a oggi risulta ridicolo anche solo prenderlo in considerazione. Del resto la nascita dell’euro, epica saga unica nel suo genere, è un evento straordinario della storia, destinato probabilmente a non ripetersi almeno per lungo tempo.
Parimenti che una delle attuali valute, almeno per dimensioni economicamente paragonabili, dunque l’euro o il renminbi, possa subentrare al dollaro è altrettanto improbabile. Nel caso dell’euro, pur essendo scambiato liberamente, pur rappresentando già oggi oltre il 20% delle riserve valutarie globali, i Paesi europei e la stessa Bce non sono interessati al ruolo, con l’Eurozona che al momento rimane ancora un’area monetaria tutt’altro che ottimale ed efficiente, in assenza anche di unione bancaria e di un unico mercato dei capitali. Se invece il renminbi assolve a parte di queste caratteristiche, molto più dell’euro, è a sua volta ben lungi dall’essere liberamente scambiabile sul mercato, ed è altrettanto improbabile Pechino possa rinunciarne al controllo.
Lo scenario più probabile resta dunque un lento declino del ruolo del dollaro, e il progressivo affermarsi di suoi potenziali concorrenti, a patto che rispettino tutti
i requisiti necessari, in primis l’estrema liquidità. Un assist significativo in tale direzione potrebbe venire dalle materie prime, in primis l’energia, di cui la Cina è il primo importatore mondiale, a patto che accetti di liberalizzare maggiormente il renminbi. Parimenti il moltiplicarsi delle linee swap in valuta tra i principali istituti centrali occidentali de facto ridurrà fortemente la necessità di
accumulare riserve, confinandole a ‘involontarie’, almeno tra quelli ‘che contano’.
La minaccia più credibile, per quanto improbabile, considerate le estreme divergenze di vedute e culturali interne al gruppo che ne fanno un semplice acronimo, potrebbe venire dai Brics, capitanati però proprio dalla Cina. E dunque...
Settembre 2023 TM · 69
Giulio
Biase Tiene il mercato domestico Detentori di Treasury e titoli americani (in trl usd) Fonte: Credit Suisse 0 5 10 15 20 25 30 35 2003 2005 2007 2009 2011 2013 2015 2017 2019 2021 ■ Istituzioni estere ■
■ Fed ■ Altri americani
De
Esteri senza istituzioni
Corrono le transazioni in valute emergenti Quota del totale degli scambi in valuta estera (in %) Fonte: Credit Suisse 0 5 10 15 20 25 30 ■ Rmb ■ Hkd ■ Sgd ■ Altri asiatici ■ Sud America ■ Altri Emergenti 2001 2004 2007 2010 2013 2016 2019 2022 Le operazioni della Bns Asset allocation per classe e valuta Fonte: Credit Suisse 2005 2021 2005 2021 ■ Dollaro ■ Euro ■ Yen ■ Sterlina ■ Altro ■ Oro ■ Titoli di Stato ■ Altri titoli ■ Azioni 0 20 40 60 80 100 Aumentano le linee di credito N. di swap line tra Banche Centrali Fonte: Credit Suisse 0 10 20 30 40 50 60 70 80 2000 2005 2010 2015 2019 2020 ■ Non-Asia ■ Asia
Una sostenibile espansione
Credere
un progetto tanto da
per
un
Il mondo dell’Asset Management negli ultimi anni ha assistito a un progressivo complicarsi del panorama svizzero, anche a fronte di una fase congiunturale non semplicissima, e ricca di incognite. Se l’emergenza pandemica aveva colto tutti impreparati, e il conflitto in Europa orientale non ha aiutato, è anche vero che ad aver fatto spesso la differenza sono state le soluzioni proposte e poi adottate per farvi fronte, i cui effetti a distanza di mesi e anni vanno puntualmente protraendosi.
«La Piazza elvetica è un mercato particolarmente ambito, ma sotto molto aspetti anche ormai saturo. Negli anni gli operatori attivi si sono moltiplicati, nuove realtà sono nate, molte Case estere si sono profilate e stanno cercando di ritagliarsi una posizione, tra queste anche Eurizon. Il fatto che ci si stia infine lasciando alle spalle un 2022 eufemisticamente molto complicato contribuisce nell’accrescere le pressioni al raggiungimento almeno nel 2023 di performance positive, fondamentali per mantenere la fiducia della clientela. Si tratta di un anno di transizione, in cui la parola d’ordine è ‘difendere’, le posizioni acquisite e le ottime performance realizzate negli ultimi mesi», esordisce così Manuel Dalla Corte, responsabile
Svizzera di Eurizon Capital.
Difficoltà congiunturali che vanno a insistere su un settore a sua volta molto cambiato in un arco temporale tutto sommato molto ridotto. «Ho inaugurato io il mercato svizzero per conto di Eurizon cinque anni fa, ma se consideriamo la lunga stasi dovuta al Covid, ci troviamo ancora agli inizi di una sfida molto importante. Da che sono attivo nel settore, dunque dal 2004, l’attenzione si è spostata sui numeri, oggi disponibili in qualunque momento e al centro delle decisioni d’investimento. Qualche anno fa a fare la differenza era spesso la persona, il rapporto di fiducia e la conoscenza reciproca avevano un peso, oggi è il rendimento ad aprire la conversazione, e la reputazione della Casa a chiuderla. Il brand ha un ruolo chiave di garanzia nei confronti del cliente finale, al pari delle masse amministrate», prosegue il manager.
Rimangono le peculiarità della Piazza, de facto barriere all’ingresso significative, per un mercato che comunque rimane particolarmente ambito, seppur storicamente già ben presidiato. Eppure, il gioco deve valere la candela, anche considerato il trend di mercato degli ultimi anni. «Masse intorno ai 400 miliardi di euro, un Gruppo importante alle spalle,
e la vicinanza all’Italia, sicuramente ci facilitano il compito nelle regioni più meridionali della Svizzera, dove il brand è già affermato, nel parlare con banche e indipendenti. Il principale ostacolo si conferma il franco, e l’expertise necessaria per gestire prodotti in valuta, i più richiesti dagli istituzionali, oltre alla presenza già molto forte di competenze di Asset Management da parte di operatori domestici, inevitabilmente meglio inseriti. Nonostante le molte difficoltà stiamo comunque crescendo bene, e il Ticino si conferma un mercato chiave, dalla nostra abbiamo infatti una insolitamente facile accessibilità al gestore da parte della clientela anche più piccola, impensabile nel caso di istituti di anche analoghe dimensioni ma esteri», sottolinea Dalla Corte.
Si tratta pur sempre di un peso massimo del mercato italiano, intorno a cui nel corso degli anni si è modellato, ma a cui ha anche aggiunto presidi nel resto del continente, e oltre. «Siamo attivi ormai da tempo in tutti i principali Paesi europei, dunque in Germania, Francia, Regno Unito e Spagna. La maggior parte del personale resta concentrato su Milano, con team specializzati in altre sedi come Londra, che opera sul mercato cinese, o il Lussemburgo che copre strategie a
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una vera esperienza, eppure ci sono.
individuarli? 2004 È co-fondatore dell’Asset Management working group di Unepfi 2014 Sottoscrive i Principi italiani di Stewardship 1996 È il primo operatore italiano a istituire fondi etici 2009 È co-Chair dell’Asset Management working group di Unepfi 2015 Sottoscrive i Principles for Responsible Investment (Pri) 2017 Nel processo d’investimento si integrano i principi Esg e Sri 2021 Aderisce
2020
2022 finanza / asset management
in
continuare a investirvi
oltre
ventennio è ancora la migliore carta per affrontare le sfide, forse, di domani. Negli anni del Green a ogni costo sono in pochi ad averne
Ma come
alla Net Zero Asset Managers Initiative
Lancia
il Global Impact Report su tutti i proditti Sri e Esg
Apertura
della sede di Zurigo
tracking error limitato. Il fatto che Eurizon sia nato in Italia ha profonde implicazioni non solo culturali, ma anche di know how, siamo storicamente molto forti sul reddito fisso che è sempre stato il pilastro portante dei portafogli italiani, il che ad esempio torna utile ora, mentre sono anni che stiamo potenziando i team di azionario. L’industria dell’Asset Management sta attraversando una fase complessa, l’aumento del numero degli operatori deve essere controbilanciato da competenze e prodotti attrattivi, al tempo stesso bisogna difendere la posizione, trattenendo masse e clienti in un momento in cui la tentazione per gli investimenti diretti sta crescendo», rileva il manager.
Contrastare l’aumento della concorrenza con una crescente differenziazione della proposta solleva però non pochi problemi, in primis a livello di risorse da investire, tra cui chiaramente spicca il capitale umano in un continente che presenta dinamiche demografiche già deteriorate. Quindi come fare? «Un elemento chiave è il tempo, specie nella nostra industria in cui a essere decisivo è il track record. A pagare sono gli investimenti, effettuati però anni prima, ad esempio in sostenibilità o in mercati lontani. Siamo stati tra i primi operatori esteri attivi nel mercato cinese, è dal 2007 che abbiamo una partecipazione del 49% in Penghua Fund Management, tra i più importanti operatori locali, le cui masse in sedici anni sono cresciute da 20 a oltre 146 miliardi di euro a fine giugno 2023, ma siamo anche stati tra i primi in Italia a interessarci di Esg e sostenibilità, già negli anni Novanta, trend che è poi esploso. In tutto questo tempo abbiamo potuto collezionare e raccogliere una mole importante di dati affidabili, all’epoca non mainstream, oltre a sviluppare conoscenza e tatto per questa tematica oggi sotto i riflettori», nota Dalla Corte. Specie in ambito Esg, e più in generale in tutto ciò che concerne l’ormai mantra ‘sostenibilità’, muoversi quando le acque ancora erano calme può sicuramente aver fatto la differenza, anche soltanto nell’affinare il processo d’investimento e lo sviluppo di relazioni meno inquinate con le imprese investite. Oggi certamente è più difficile. «Attualmente quasi il 70% delle nostre masse in fondi, sono connotate da caratteristiche Esg con prodotti classificati art. 8 e 9 della normativa europea Sfdr, un chiaro segnale di quanto vi crediamo. Ci siamo mossi prima di qua-
«L’industria dell’Asset Management sta attraversando una fase complessa, l’aumento del numero degli operatori deve essere controbilanciato da competenze e prodotti attrattivi, al tempo stesso bisogna difendere la posizione, trattenendo masse e clienti»
lunque sospetto, e offriamo strumenti e veicoli dedicati particolarmente puri e trasparenti, tanto che solo due dei nostri fondi sono classificati secondo l’articolo
9 Sfdr. Dialoghiamo in maniera molto aperta con le imprese in cui investiamo, concentrandoci su impatto ambientale e Governance, rispettando le peculiarità di ogni regione geografica. Non si possono pretendere gli stessi risultati e requisiti da un’azienda europea, rispetto a una ameri-
L’evoluzione delle masse nel corso degli ultimi anni è stata più che accettabile in Europa, in parte grazie alla raccolta, in parte per i risultati della gestione. Ad aver fatto invece molto bene è il mercato cinese, con la partecipata Penghua che ha più che sestuplicato il gestito dall’inizio della partecipazione nel 2007. A tenere banco i fondi comuni d’investimento, imperniati su criteri Esg.
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Manuel Dalla Corte, Reponsabile Svizzera di Eurizon Capital Evoluzione delle masse Andamento dell’AuM (in mld eur) Fonte: Eurizon 312.4 63.3 2015 376 341.3 83.8 2016 425 372.6 75.1 2017 448 360.3 74.9 2018 435 400.9 82.1 2019 483 417.1 102.7 2020 520 438.9 144.5 2021 583 382.8 152.4 2022 535 536 389.1 146.7 VI-2023 ■ Eurizon ■ Penghua Fund Management Distribuzione delle masse AuM per tipologia di prodotto (in % di 389,1 mld eur)
■ Fondi
■ Mandati
■ Gestioni
■ Mandati
38.1% 2.5% 53.9% 5.5%
Fonte: Eurizon
comuni
istituzionali
patrimoniali
alternativi
Sopra, il quartier generale di Eurizon a Milano, dove si trova una buona parte del capitale umano. Sotto, la suddivisione delle masse per asset class, e stili di gestione. A resistere i cavalli di battaglia del mercato italiano, forte componente obbligazionaria, gestita attivamente.
cana o asiatica, ogni regione ha sensibilità diverse, ma tutte possono dare il loro contributo», precisa il manager.
Negli anni in cui tutto è Green, dai pomodori agli abiti ai fondi d’investimento, qualche problema e qualche sospetto è però inevitabile che sorga, soprattutto guardando alla velocità con cui tutto si è ‘inverdito’. Come discriminare quindi gli uni dagli altri? «Mancando una definizione univoca di cosa sia la sostenibilità gli operatori possono contare su un certo margine di discrezionalità, a danno dei
clienti. Un operatore serio, diversamente da molti altri, può offrire trasparenza totale sui titoli in portafoglio, classificati per rating di società indipendenti, oltre a molta reportistica e documentazione, e laddove necessario prendendo decisioni anche difficili. Diversi anni fa il rating di sostenibilità di un titolo cinese presente in portafoglio fu declassato inaspettatamente, per serietà la posizione fu smobilitata così modificando la struttura del portafoglio in maniera considerevole. In linea di principio è una tematica in cui comunicare con un eccesso di prudenza dovrebbe essere la prassi onde evitare danni reputazionali potenzialmente molto importanti. Prassi che evidentemente non c’è», prosegue Dalla Corte.
Se una forte expertise nell’obbligazionario fa parte di un retaggio culturale di lunga data, le peculiarità dell’essere un importante operatore italiano sul mercato globale non sono finite, evidentemente in
entrambi i sensi. «La solidità della nostra società si riflette positivamente anche sul team di gestione. I nostri gestori sono molto esperti, una buona parte di loro vanta oltre 20 anni di esperienza, spesso gestendo lo stesso fondo, e hanno vissuto fasi di mercato diverse. Il basso turnover garantisce stabilità alla Casa oltre che al cliente, offre il tempo di pianificare progetti di ampio respiro, la possibilità di trasmettere il know-how alla generazione successiva, e dunque anche di affidare ai singoli operatori masse importanti da amministrare, una di quelle peculiarità che ci rendono attrattivi. Il costo di appartenere a un grande Gruppo con una struttura articolata, può essere un limite almeno in parte della capacità innovativa a vantaggio di una maggiore solidità e qualità dei processi», chiarisce il manager.
Un ruolo, quello dell’innovazione, destinato a crescere nel corso dei prossimi anni, al pari delle sfide cui saranno chiamati a confrontarsi tutti gli operatori, indipendentemente da origine e dimensione. «Dalla nostra abbiamo masse importanti che sono un prerequisito fondamentale per continuare a crescere, al pari di un vantaggio competitivo su molti concorrenti rispetto ai mercati asiatici, che sicuramente faranno bene nell’immediato futuro, e al binomio sostenibilità - circolarità in cui abbiamo investito molto. Seppur indispensabili, si tratta però di semplici strumenti per poter competere sul mercato, e dunque fare il mio lavoro, trovare la sintesi tra quello che un cliente domanda, le sue vere esigenze, e quanto Eurizon ha invece da offrire. Continuerà a trattarsi di creare relazioni di fiducia, della durata potenziale di decine di anni, e soprattutto ascoltare i bisogni delle persone, parlandoci. In questo di innovazione c’è ben poco, ma rimane l’essenza del nostro lavoro», conclude Manuel Dalla Corte.
Nella patria della Gestione e del far banca le Case estere continueranno sempre a trovare forti resistenze e attriti con quelle che nel corso del tempo sono divenute prassi e abitudini; solo perseverando si può sperare di far breccia in quella che rimane una delle Piazze più ambite a livello mondiale. Ma se sono gli anni dell’Esg, per semplice prudenza, è forse già tempo di adoperarsi per scovare la prossima appassionante e rivoluzionaria moda. Giusto per portarsi avanti.
Federico Introzzi
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Fondi comuni Suddivisione per asset class e stile di gestione (in % AuM) Fonte: Eurizon Obbligazionari 35.0% Bilanciati 10.3% Azionari 16.6% Monetari 6.0% Hedge Funds 0.5% Limited Tracking Error 9.6% Quantitativo 5.8% Passivo 1.4% Asset Class Stile di gestione Flessibili 31.6% Attivo 83.2%
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Osservatorio
Passi accorti
I grandi vincitori del primo semestre dell’anno si confermano essere i fondi monetari, con masse in costante aumento, e una raccolta particolarmente brillante. Cosa preannunciano?
Il mercato svizzero dei fondi d’investimento ha archiviato un luglio tutto sommato sereno, baciato da un’estate serena, e non troppo calda, che non ha visto scossoni inconsulti o sorprese a livello di borse e indici.
Prosegue sulla falsa riga degli ultimi anni, con un reiterato movimento orizzontale, con movimenti minimi rispetto all’inizio dell’anno, con un calo delle masse amministrate di poco più di 5 miliardi di franchi. Se a inizio semestre il gestito era infatti dell’ordine di 1,217 trilioni, alla fine di luglio i listini erano saldamente sopra quota 1,212. Un calo importante, oltre 20 miliardi, rispetto al luglio 2022, ma con un incremento di quasi 200 miliardi rispetto a cinque anni fa.
A continuare a guadagnare terreno i monetari, che tengono dietro al rialzo dei tassi d’interesse, e alla fase risk-off vissuta di recente dai mercati, con gli investitori tentati dal chiudere l’anno con ampio anticipo, archiviando i buoni rendimenti racimolati nel primo semestre.
Correggono il tiro, e si riportano sui livelli di un anno fa gli azionari, mentre gli obbligazionari continuano ad accusare una perdita superiore ai 30 miliardi. Indicativo invece che i monetari viaggino saldamente già da qualche tempo sopra gli 80 miliardi, un buon numero considerato che solo un anno fa fossero a 60,2 miliardi.
A spingere le masse la ripresa dei listini, seppur reduci da un 2022 particolarmente pesante, non seguita da una raccolta degna di questo nome. Pur con un’eccezione significativa nell’arco dell’ultimo anno tutte le classi hanno registrato deflussi di capitali, non compensati da new money.
Guardando alla seconda metà dell’anno sorgono invece molti interrogativi, se e quanto la placidità estiva abbia sottostimato possibili colpi di coda autunnali, se le Banche Centrali abbiano capito di dover smettere, e quanto sarà pesante l’ormai imminente recessione.
Il mercato svizzero dei fondi (Dati Morningstar in mln di franchi) Categoria
Raccolta per Asset class (in milioni di franchi)
Osservatorio 4.0
Caro lettore, L’Osservatorio sta infine sfondando la famosa terza dimensione, l’online, per essere sempre più completo e aderente all’evoluzione vorticosa dei mercati finanziari, tenendo il passo. Una parte dei contributi dei numerosi Partner che da anni contribuiscono alla sua ricchezza, e che molti apprezzano, inizieranno a essere web-only, specie per quelle tematiche molto più ‘liquide’.
Buona meta-lettura FI
L’Angolo dell’investitore: (Energy, Utility, Tech; Isin):
▲ Shell (GB00BP6MXD84)
▲ Repsol (ES0173516115)
▲ Schlumberger (AN8068571086)
▲ Enel (IT0003128367)
▲ Rwe (DE0007037129)
▲ American El. Power (US0255371017)
▲ Alphabet (US02079K1079)
▲ Cisco Systems (US17275R1023)
▲
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Sap (DE0007164600)
fondi Asset under Management Var. Sottoscrizione VII-2023 VI-2023 al netto dei riscatti Fondi azionari 552.784 549.597 3.187 -238,0 Fondi obbligazionari 334.006 336.539 -2.533 -285,5 Fondi misti 140.433 140.486 -0.053 -126,0 Fondi mercato monetario 85.025 84.743 0.282 1.705,9 Fondi immobiliari 58.500 58.436 0.064 0,0 Materie prime 29.480 29.000 0.48 -31,1 Investimenti alternativi 11.400 11.628 -0.228 -173,7 Altri fondi 864 832 32 36,1 Totale mercato 1.212,493 1.211,262 1,231 887,8
1 mese 3 mesi 6 mesi 1 anno Obbligazionari -285,5 -671,2 -598,6 -12.419,7 Misti -126,0 -766,0 -2.015,0 -3.862,4 Materie prime -31,1 -269,5 -952,9 -3.210,5 Immobiliari 0,0 -151,2 -121,4 -590,2 Altro 36,1 5,6 2,9 -182,7 Alternativi -173,7 -660,0 -1.346,6 -2.026,2 Monetari 1.705,9 4.415,3 13.625,4 27.313,6 Azionari -238,0 -5.070,0 -5.933,5 -8.125,5
di
Federico Introzzi
Il ritardo energetico
Luca Henzen, Derivatives Analyst Cio UBS Global Wealth Management. Sotto, se da un lato garantire un affidabile approvvigionamento energetico resta complicato, dall’altro la forte variabilità dei consumi anno su anno pone diversi interrogativi sul come farlo.
Se ci si concentra sullo scorso anno, quasi tutto l’incremento è venuto da tre Paesi: Stati Uniti, Indonesia e India – gli stessi Paesi che, insieme al Messico, hanno incrementato maggiormente le emissioni di anidride carbonica. L’Unione Europea, per via della delocalizzazione di alcuni processi produttivi e probabilmente grazie anche agli sforzi fatti sull’efficienza energetica, ha invece registrato una piccola contrazione dei consumi.
Subito prima dell’estate è stato pubblicato il rapporto Statistical Review of World Energy 2022 che è riconosciuto come la fotografia più autorevole dell’industria dell’energia a livello mondiale. I dati che presenta sono impietosi: si è molto in ritardo per quanto riguarda la transizione energetica e, anzi, probabilmente causa la guerra in Ucraina ci sono stati dei passi indietro.
La domanda di energia è continuata a
salire raggiungendo un nuovo massimo, in parte spinta dall’accelerazione della mobilità a esclusione della Cina, che è uscita dalle restrizioni legate al Covid solo alla fine dello scorso anno. Si consuma sempre più energia, ormai il triplo rispetto agli anni Settanta, e si produce quindi sempre più anidride carbonica, solo nel 2022 l’incremento annuo è stato quasi dell’1%, consegnando un ulteriore preoccupante record.
I combustibili fossili sono ancora dominanti, rappresentando ben l’82% della produzione di energia. La domanda di petrolio e carbone, il più inquinante tra i combustibili fossili, è aumentata ulteriormente sfiorando i massimi storici mentre è diminuita la domanda di gas (anche per via del conflitto in Ucraina e delle sanzioni nei confronti della Russia) e nucleare. A livello globale, il carbone purtroppo rappresenta il 35% della produzione di energia elettrica, ci si trova quindi ancora davvero molto indietro.
La domanda di energia proveniente da fonti rinnovabili continua a crescere e, in valori assoluti, l’incremento non è così lontano da quello registrato dal petrolio. Infatti hanno registrato un aumento del 13% coerentemente ai tassi di crescita registrati nell’ultimo decennio.
La produzione di energia elettrica da rinnovabili è sempre più rilevante, rappre-
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Variazione
Fonte: Energy Institute Statistical Review of World Energy -5 -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5 6 Var. consumo di energia 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 2010 2012 2014 2016 2018 2020 2022 osservatorio / settori
Nonostante gli sforzi profusi, la guerra in Ucraina ha aggravato i problemi riguardanti le tempistiche della transizione verso energie verdi in atto da diversi anni.
Vola la domanda
annua del consumo di energia primaria (in %)
senta ormai quasi un terzo del totale, la più rilevante a oggi è l’idroelettrico seguito da fotovoltaico e dall’eolico. Ulteriori passi avanti potrebbero essere fatti grazie a batterie, e miglior capacità di accumulo per risolvere il problema dell’intermittenza, l’assenza di vento e la mancanza di sole nelle ore notturne.
È interessante osservare come la Cina rappresenti il 40% della crescita delle rinnovabili, seguita a distanza dagli Stati Uniti. Purtroppo però le rinnovabili rappresentano ancora una quota marginale della produzione di energia, circa il 7,5% che è comunque un record storico e rappresenta un forte incremento rispetto all’anno precedente. Ci si aspetta che tale crescita prosegua anche in futuro.
Molte innovazioni non hanno ancora un impiego di massa, per esempio l’idrogeno, il carbon capture (il recupero delle emissioni di Co2 provenienti da processi industriali o dalla produzione di energia) e i biocombustibili. Se si riuscissero a ridurre i costi di produzione, l’idrogeno potrebbe rimpiazzare i combustibili fossili in alcune aree come il trasporti navali, la siderurgia e la generazione di elettricità. Le società petrolifere in molti casi sono ben posizionate su questi nuovi settori avendo risorse e tecnologie.
Di questo passo, tenendo in considerazione l’aumento della popolazione mondiale, la domanda di energia potrebbe aumentare dal 30 al 50% nei prossimi trent’anni. Quindi ridurre le emissioni di anidride carbonica è assolutamente imprescindibile e per farlo occorreranno ingenti investimenti. Il ruolo dei Governi è cruciale, gli investimenti pubblici servono a tutti i livelli dalla ricerca fino alla produzione e sono un volano anche per gli investimenti privati.
Gran parte della nuova domanda di energia verrà dagli Emergenti e questo ha due implicazioni: occorre essere pragmatici e a medio termine spesso occorrerà accontentarsi di sostituire il carbone con il gas; saranno necessari investimenti ancora maggiori in infrastrutture per creare reti ancora più efficienti.
Gli Stati Uniti sono sostanzialmente indipendenti da un punto di vista energetico, tuttavia tra le iniziative approvate con l’Inflation Reduction Act sono inclusi ingenti investimenti proprio nelle energie rinnovabili, nei veicoli elettrici e nell’efficienza energetica. Il programma metterà a disposizione investimenti per 390
miliardi di dollari nei prossimi dieci anni come volano per gli investimenti privati in soluzioni energetiche pulite. Il piano stabilisce un’agenda climatica che mira a ridurre le emissioni di gas serra negli Stati Uniti tra il 50 e il 52% rispetto al 2005.
Oltre a dover fare i conti con i cambiamenti climatici e recuperare il tempo perduto sulla riduzione delle emissioni, non avendo sufficienti risorse in casa, per l’Europa la strada verso l’indipendenza passa forzatamente dalle rinnovabili, dall’efficienza e dall’economia circolare.
Ad oggi, l’Ue ha riproposto alcuni incentivi esistenti ma per tenere il passo di Stati Uniti e Cina probabilmente dovrà varare iniziative più ambiziose nei prossimi anni. In un contesto di deficit dei bilanci pubblici che dal prossimo anno saranno in contrazione, non è tuttavia chiaro come ciò potrà avvenire.
Come investitori, ci si deve preoccupare di investire sia nel futuro dell’energia che nel presente, perché la transizione richiederà anni. A oggi infatti, fermo restando l’obiettivo di ridurre le emissioni, non esiste un’unica tecnologia e soluzione che
Consumo di elettricità ed emissioni sono sicuramente due lati della stessa medaglia, con dunque ben poche scappatoie percorribili. Nonostante le rinnovabili guadagnino in notorietà sono ancora poco rilevanti sui totali necessari.
sia in assoluto meglio delle altre, molto dipende dalle condizioni di ogni mercato.
Per abbattere le emissioni saranno necessari nuovi avanzamenti tecnologici oltre a cambiamenti infrastrutturali nei trasporti. Alla luce dell’enorme volume di finanziamenti iniziali e sovvenzioni, nei prossimi anni si dovrebbe registrare un’aggiunta di capacità energetiche rinnovabili ancora più rapida del previsto.
Imprese selezionate nel settore delle tecnologie verdi offrono dunque prospettive interessanti per gli investitori sia a breve che a lungo termine. Più ad ampio raggio, le utility dovrebbero riuscire a cogliere molte opportunità derivanti dalla transizione energetica e potrebbero essere tra i beneficiari di piani governativi.
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Emissioni di Co2 Variazione annuale delle emissioni da energia e processi industriali (in %) Fonte: Iea -6 -4 -2 0 2 4 6 8 ■ Var. annua delle emissioni 1981 1983 1985 1987 1989 1991 1993 1995 1997 1999 2001 2003 2005 2007 2009 2011 2013 2015 2017 2019 2021 L’elettricità negli Stati Uniti Produzione in TWh di energia elettrica (sx) e % da rinnovabili (dx) (dati 2023, I-V) Fonte: Eia, Bloomberg 0 5 30 5.000 ■ Combustibili fossili ■ Eolico ■ Solare ■ Nucleare ■ Altre fonti rinnovabili Quota delle fonti rinnovabili (dx) 10 15 20 25 0 1.000 2.000 3.000 4.000 2000 2002 2004 2006 2008 2010 2012 2014 2016 2018 2020 2022
Transition alpha
Jennifer Boscardin-Ching, Client Portfolio Manager di Pictet Am. A lato, il ruolo che possono giocare le Big Oil anche nella transizione energetica non dovrebbe essere sottovalutato. Pur assorbendo ingenti risorse, la potenza installata in rinnovabili sta crescendo in fretta, non nella misura richiesta, ma comunque sta aumentando, che è un dato di per sè importante.
nizzare le proprie attività.
La prospettiva di una maggiore redditività di produzione per eolico o solare rispetto all’energia tradizionale incentiverà le utility a incrementare le rinnovabili nel mix di produzione di energia.
Grazie alla maggiore scala, è probabile che i prezzi delle rinnovabili scendano ulteriormente, accelerando l’elettrificazione dell’economia. Ciò dovrebbe contribuire ad attrarre maggiori investimenti nelle rinnovabili e nelle reti elettriche. Le utility che abbracciano pienamente la decarbonizzazione beneficerebbero infatti di un aumento degli utili.
Le aziende elettriche destano polemiche per il loro forte impatto sul cambiamento climatico. Non solo l’industria è responsabile per un terzo delle emissioni globali, ma ha anche attirato molte critiche la riaccensione di molti impianti a carbone a seguito del conflitto in Europa orientale.
Di fronte a questa situazione, gli investitori attenti al clima potrebbero essere tentati di eliminare tali società dai portafogli. Tuttavia, così facendo, potrebbero
perdere un settore fondamentale per la transizione economica. Le utility infatti, eliminando le proprie emissioni, possono svolgere un ruolo cruciale nel decarbonizzare molti altri settori come i trasporti o l’edilizia, attraverso l’elettrificazione.
Per quanto non tutte le aziende siano pienamente impegnate nella transizione, molte stanno prendendo sul serio questa responsabilità. Alcune delle più avanzate stanno aumentando gli investimenti in rinnovabili, reti elettriche e nel decarbo-
Inoltre, il passaggio alle rinnovabili contribuisce a ridurre il rischio finanziario delle società, in quanto eliminano gradualmente le centrali termoelettriche tradizionali, che rischiano di rimanere ferme.
Significa che i titoli delle utility potrebbero diventare una ricca fonte di ‘transition alpha’, ‘alpha da transizione’, un’interessante opportunità per gli investitori. Viaggio verde. Il mondo dipende ampiamente dalla decarbonizzazione del sistema energetico che, insieme all’elettrificazione di trasporti ed edifici, ha il potenziale di dimezzare le emissioni globali di gas serra.
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Caso 1 Capacità netta di potenza installata per fonte (in GW) Fonte: Pictet Am ■ Carbone/nucleare ■ Gen. flessibile/idrogeno ■ WEolico/solare/batterie ■ Quota carbone/nucleare (dx) 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% 0 10 20 30 40 50 60 2016 2023e 2030e 0 Caso 2 Capacità di generazione per fonte (MHw) Fonte: Pictet Am 0 20 40 60 80 100 120 2017 2022 ■ Petrolio ■ Carbone ■ Batterie ■ Solare ■ Gas naturale ■ Eolico ■ Nucleare Caso 2 Capex per fonte (mln usd) Fonte: Pictet Am 0 1000 2.000 3.000 4.000 5.000 6.000 2017 2022 ■ Batterie ■ Solare ■ Gas naturale ■ Eolico ■ Nucleare 7.000 osservatorio / settori
La transizione energetica costituisce un’incredibile opportunità per il settore delle Utility. Un dato che non dovrebbe essere frettolosamente dimenticato nel riposizionare i portafogli.
Continua a crescere il numero di Utility attive in ambito energetico che si impegnano seriamente a installare nuova potenza da rinnovabili, rispettando obiettivi climatici seri, e certificati da enti terzi. Tali società non dovrebbero essere ‘abbandonate’.
Le emissioni Scope 1 del settore, ovvero quelle che derivano dalle sue operazioni e dalle risorse che possiede o controlla, rappresentano le emissioni Scope 2 di altre industrie, ovvero quelle che derivano dall’energia acquistata. Ad esempio, quando una casa automobilistica acquista elettricità, le sue emissioni Scope 2 sono di fatto le Scope 1 del produttore.
Ciò significa che se le utility ripuliscono le loro emissioni Scope 1 di combustibili fossili, allo stesso tempo stanno ripulendo le emissioni Scope 2 di altri settori.
È quindi incoraggiante constatare che le aziende elettriche stanno rispettando, se non superando, i loro piani di transizione. In particolare stanno eliminando le emissioni derivanti dalle loro operazioni dirette e indirette, ad esempio chiudendo le centrali a carbone e costruendo nuova capacità di generazione solare ed eolica.
Prendendo ad esempio il caso di una grande Utility europea (caso 1), si nota subito che: la quota delle rinnovabili è salita all’80% della sua capacità netta installata, pari a 32 gigawatt (Gw), nel 2023, rispetto al 42% del 2016. L’azienda prevede inoltre di ridurre gradualmente le attività legate a carbone e nucleare. Entro il 2030, il suo intero Ebitda dovrebbe provenire da fonti non fossili.
Prevede inoltre di spendere più di 4,5 miliardi di euro all’anno fino a fine decennio per progetti verdi, reindirizzando i flussi di cassa dalle attività operative.
Un gigante delle utility con sede negli Stati Uniti (caso 2), invece, ha più che triplicato la sua capacità di generazione di fonti rinnovabili come l’eolico e il solare nei cinque anni fino al 2022.
La media ponderata del 93% della spesa in conto capitale prevista per la crescita, 78 miliardi di dollari, è impegnata in progetti verdi nei quattro anni fino al 2025, tra cui stoccaggio di batterie e idrogeno. Inoltre, prevede di eliminare tutte le emissioni di carbonio Scope 1 e 2 nelle sue attività entro il 2045 senza alcun costo incrementale per i clienti, con l’obietti-
vo di beneficiare della decarbonizzazione dell’economia statunitense, che secondo l’azienda rappresenta un’opportunità di mercato da 4 trilioni di dollari.
Un’altra azienda europea ha chiuso 17 centrali termiche a carbone e petrolio dal 2001 e ha ridotto l’intensità delle emissioni, misurata in gCO2/KWh, di oltre due terzi dal 2007. Prevede di spendere 36 miliardi di euro in investimenti per la transizione energetica tra il 2023 e il 2025. L’azienda stima che il suo Ebitda e il suo utile netto cresceranno dell’8-9% composto su base annua nel prossimo biennio.
Queste tre aziende non sono esempi isolati. Il miglioramento dell’economia e la maggiore attenzione alla sostenibilità di consumatori e investitori stanno spingendo le utility a uscire dalle fossili. Solo negli ultimi tre anni, il numero di utility e produttori indipendenti che si sono impegnati nell’iniziativa Science Based Targets, un’organizzazione che convalida gli ‘obiettivi netti zero’ delle aziende, è cresciuto di ben sei volte.
Transition alpha. Il cambiamento delle dinamiche del settore ha importanti implicazioni per gli investitori. Man mano che il loro business diventa più ‘pulito’, le aziende saranno in grado di trarre profitto da una crescita più elevata e di ridurre i rischi, con una possibile sovraperformance.
Uno studio recente mostra che le utility che hanno generato meno energia a base di carbonio e speso di più in investimenti a basse emissioni hanno sovraperformato del 32% un portafoglio equamente ponderato di titoli di pari settore statunitensi negli ultimi cinque anni.
La crescente divergenza di performance all’interno del settore evidenzia anche la natura in rapida evoluzione dei titoli delle utility. Essendo un settore altamen-
te regolamentato con contratti a lungo termine, le utility sono state tradizionalmente associate a rendimenti stabili, difensivi e simili a quelli delle obbligazioni. Ma ora offrono sempre più un elemento di crescita, grazie all’accelerazione delle rinnovabili e degli investimenti in reti.
Inoltre, le strategie sono spesso in linea con le priorità governative, consentendo loro di attingere a ulteriori incentivi di finanziamento e di investire ancora di più nel lungo periodo. In altre parole, alcune utility consentono agli investitori di capitalizzare sulla crescita del settore delle rinnovabili, assicurandosi al contempo flussi di cassa stabili e prevedibilità a lungo termine degli utili.
Anche gli investitori possono dare il proprio contributo ad accelerare gli sforzi, attraverso active ownership ed engagement, ad esempio:
- chiedendo alle società di far certificare i loro obiettivi di decarbonizzazione dall’iniziativa Science Based Targets (o da analoghi), che sviluppa linee guida sulle migliori pratiche di transizione;
- incoraggiando le società ad agganciare gli obiettivi di riduzione delle emissioni a medio-lungo termine alla remunerazione del management;
- impegnandosi con le aziende per ottenere un cambiamento ordinato nel mix di generazione, ad esempio riqualificando i lavoratori verso competenze in materia di energia pulita ed evitando la semplice dismissione degli asset inquinanti.
Le Utility contribuiscono fortemente al passaggio a un’economia decarbonizzata. I leader della decarbonizzazione dovrebbero raccogliere i frutti dei loro investimenti per eliminare gradualmente le fonti fossili e offrire agli investitori interessanti opportunità a lungo termine.
Settembre 2023 TM · 79
Fonte: Pictet Am ■ Impegno a elaborare obiettivi science-based ■ obiettivi 1.5° science-based 0 20 40 60 80 100 120 2018 2019 2020 2021 2022 2023
Il clean commitment N. di Utility elettriche e produttori indipendenti impegnati con SbTi
Privati... ma istruttivi
Gestori e investitori guardando alle buone prassi dei loro omologhi nel Private Equity potrebbero avere molto da imparare, riflettendo su cosa ‘davvero conta’.
Beat Keiser, responsabile Equity di Bank Rothschild&Co. A lato, lavorare sul lungo periodo, concentrandosi su pochi titoli, e mantenendoli in portafoglio per diversi anni, può generare risultati migliori rispetto ai benchmark di mercato. Evidentemente si tratta però di conoscere molto bene tali titoli, indagandone attentamente punti di forza e debolezza.
Gli investitori privati e i gestori di fondi possono imparare dagli investitori di Private Equity. Sono molto ben informati sui loro investimenti, solitamente investono in aziende che hanno un obiettivo chiaro e un modello di business semplice e promettente. E grazie alla loro vicinanza alle aziende e alla conoscenza approfondita del loro management, dei processi e dei sistemi di incentivazione, riescono a contenere i rischi.
L’antitesi delle società in cui gli investitori dovrebbero investire con profitto è Credit Suisse. Manager avidi che non avevano un coinvolgimento sufficiente nella banca, una cattiva gestione del rischio e una politica di crescita aggressiva hanno portato alla rovina della banca. Come molti altri istituti, Credit Suisse non era e non è focalizzato su un’unica area di business, ma su un accumulo di varie acquisizioni. I potenziali di sinergia che la diversificazione comportava sono stati sopravvalutati, mentre la complessità che ne derivava è stata sottovalutata. I dirigenti erano più interessati a costruire
«Si dovrebbe preferire la presenza in portafoglio di poche società. Circa 20 titoli sono sufficienti per ottenere la diversificazione desiderata, 40 sono anche troppi. Il gestore deve avere una buona conoscenza di questi pochi titoli. Si eviterebbe così che gli investitori vadano costantemente alla ricerca di società sottovalutate e che si impantanino nel processo»
un impero all’interno della banca che alla sua performance.
Oggi il mercato azionario punisce giustamente questi conglomerati, perché non mantengono ciò che avevano promesso.
Gli investitori privati, o anche i gestori di portafoglio responsabili, non dovrebbero quindi detenere questi titoli nei loro portafogli. Nemmeno per diversificare i
rischi. Ecco alcuni vademecum: Controllare chi partecipa e dove. Prima di acquistarne azioni, è necessario sottoporre le società a un esame approfondito. Solo quando gli investitori capiscono veramente come funziona un’azienda e quali sono i suoi valori, possono decidere se è redditizio includerla in un portafoglio.
Come gli investitori del Private Equity, anche gli investitori privati e i gestori di portafoglio devono pensare a lungo termine. Le fluttuazioni del prezzo sono per lo più irrilevanti e distraggono solo da ciò che conta davvero. Nella gestione del portafoglio, la concentrazione e la pazienza sono fondamentali, virtù che purtroppo oggi vengono spesso ridicolizzate.
I gestori devono concentrarsi sulla strategia d’investimento, sulla selezione dei titoli, sui vantaggi competitivi sostenibili delle società, sulla loro struttura proprietaria e sull’indipendenza dell’azienda. Se un’azienda ha un modello di business solido, detiene la sua fortuna nelle proprie mani ed è indipendente da influenze esterne come le fluttuazioni dei prezzi delle materie prime o l’aumento dei tassi di interesse. Il rischio di perdita di valore può quindi essere ridotto al minimo; Cercasi potenziale esponenziale. So-
80 · TM Settembre 2023
Occhio al rendimento Performance cumulata (100: X-2015) Fonte: Rotschild&Co Msci Ac World Nr Long Run Equity 50 100 150 200 250 osservatorio / strategie
Fondi e strategie concentrate sul lungo periodo riescono spesso a sovraperformare il mercato, andando oltre le fluttuazioni fisiologiche di questa o quella fase. Si tratta di avere le giuste risorse per un monitoraggio attento dell’andamento dei titoli in portafoglio.
no gli aspetti qualitativi a dover essere in primo piano nella selezione dei titoli. Particolarmente ricercati sono i titoli che presentano un elevato rendimento del capitale e quindi un potenziale di crescita esponenziale degli utili. In questo caso, è possibile anche riprendersi da un crollo dei prezzi. Per questo motivo, nella scelta di un’azione non dovrebbe essere importante se il titolo non stia andando particolarmente bene al momento.
Queste aziende ottengono rendimenti elevati e duraturi e sono in grado di aumentare gli utili nel lungo periodo. Il potere di determinazione dei prezzi grazie a una forte posizione di mercato, i margini elevati e la bassa intensità di capitale sono le caratteristiche più importanti che portano a rendimenti elevati sul capitale e quindi la capacità di aumentare gli utili. Elevate barriere all’ingresso e un vantaggio competitivo sostenibile sono fondamentali per generare rendimenti elevati nel lungo periodo ed evitare perdite di valore. Se queste condizioni sono soddisfatte, gli investitori dovrebbero prendere in considerazione l’aggiunta di una società al loro portafoglio;
Interesse composto: Einstein aveva ragione. Spesso queste aziende sono a conduzione familiare o gestite da un management che pensa e agisce come un proprietario. È raro che vi siano incentivi a breve termine e la remunerazione è legata alla creazione di valore a lungo termine. Inoltre, la prudenza e il pensiero responsabile e a lungo termine prevalgono sulle generazioni.
Albert Einstein ha definito l’effetto dell’interesse composto l’ottava meraviglia del mondo. Aveva ragione. Molti investitori non sono nemmeno consapevoli dell’enorme potenziale dell’interesse composto in un portafoglio azionario. Tuttavia, questo effetto entra in gioco solo quando gli investitori mantengono le loro posizioni a lungo termine. Il presupposto è che il portafoglio non venga costantemente ristrutturato. Un orizzonte d’investimento
di cinque-dieci anni ha senso.
Per lo stesso motivo, un gestore dovrebbe preferire la presenza in portafoglio di poche società. Circa 20 titoli sono sufficienti per ottenere la diversificazione desiderata. Chi detiene più di 40 titoli è più indicato per i prodotti passivi. Il gestore deve avere una buona conoscenza di questi pochi titoli. In questo modo si evita che gli investitori vadano costantemente alla ricerca di società sottovalutate e che si impantanino nel processo;
A conduzione familiare: L’Oréal e Kone. Numerose aziende soddisfano questi criteri e offrono opportunità agli investitori con una prospettiva a lungo termine. Un esempio è L’Oréal, il più grande produttore di cosmetici al mondo. L’azienda è diversificata per Paese, marchio, categoria di prodotto e canale di vendita, ma occupa un segmento ben definito con i suoi prodotti di bellezza. L’invecchiamento della popolazione e la crescente consapevolezza della salute fanno il gioco di L’Oréal. L’assetto proprietario del gruppo, la famiglia Bettencourt possiede circa un terzo delle azioni, garantisce la
continuità della gestione aziendale e un senso di responsabilità a lungo termine. Un altro esempio è Kone. L’azienda finlandese è una delle società leader nel settore degli ascensori e delle scale mobili, con oltre mille filiali in tutto il mondo. Anche in questo caso, la famiglia fondatrice esercita la sua influenza come azionista di riferimento. Gli ascensori devono essere sottoposti a regolare manutenzione e ammodernamento. Il valore di questa attività di assistenza è ora evidente dopo il calo dell’attività edilizia in Cina. Le entrate ricorrenti che ne derivano rappresentano il 55% del fatturato di Kone e addirittura il 75% dei suoi profitti. Difficilmente un’azienda può essere meglio preparata per il futuro.
Anche se le azioni di queste società sono spesso considerate noiose: offrono agli investitori qualità. Vale la pena di fare uno sforzo per individuare questi titoli. Gli investitori privati e i gestori di fondi farebbero bene a seguire l’esempio degli investitori di Private Equity se vogliono sfruttare le opportunità offerte da una strategia mirata e orientata alla qualità.
Settembre 2023 TM · 81
Evoluzione
Differenziale
Fonte: Rothschild&Co Msci Acwi Quality Msci Acwi Value Msci Acwi Growth -9 -6 -3 0 3 6 9 12 15 2013 2015 2016 2018 2019 2021 2023 I risultati Performance annualizzata per scadenze (in %) Fonte: Rotschild&Co -2 0 2 4 6 8 10 12 3 anni 5 anni Dal lancio ■ LongRun Equity Eur ■ Msci Ac World Nr ■ Out/under performance
dei rapporti
di P/E rispetto agli indici Msci World Ac
Tra sfide e opportunità
Come muoversi nel settore immobiliare in questa fase di stress, e incertezza? Nonostante molti ostacoli, non mancano sicuramente le opportunità. Ma come coglierle?
Alessandro Latini, Asset Manager di Banca CiC. A lato, la corsa dei tassi d’interesse e l’inasprimento delle condizioni monetarie ha colto in contropiede più di un operatore di mercato, chiamato a rimborsare parte dei prestiti accesi negli ultimi anni. Nell’arco del prossimo decennio non mancheranno sicuramente le opportunità nel settore, non più abituato a finanziarsi a un determinato costo.
investitori sostengono che gli immobili appaiono sopravvalutati, presentando significativi rischi di ribasso. Conseguentemente si è già registrato un calo del 5-15% delle valutazioni, con variazioni a seconda di settori e aree geografiche.
Le principali Banche Centrali hanno intrapreso un ciclo concentrato e aggressivo di rialzi dei tassi di interesse che ha spinto l’Eurozona in una recessione tecnica e che potrebbe potenzialmente portare anche gli Stati Uniti sulla stessa rotta. Sebbene sia atteso un calo dell’inflazione, il timore è che possa attestarsi intorno al 3-4%, inducendo così a mantenere i tassi elevati fino al 2024.
Nel frenetico mondo degli investimenti immobiliari, il 2023 è caratterizzato da numerose sfide per gli investitori. L’impennata dei tassi di inflazione, il crollo di banche di rilievo (come Svb) e le continue tensioni geopolitiche hanno avuto pesanti ripercussioni sul mercato immobiliare. Tuttavia, queste sfide celano anche opportunità per coloro che sono disposti a navigare in queste torbide acque.
Come conseguenza dei recenti eventi, il mercato immobiliare ha subito un contraccolpo significativo, con il crollo dei tassi Ltv (rapporto tra l’importo di un finanziamento e il valore del bene) ai livelli più bassi degli ultimi trent’anni. Questo calo senza precedenti dei tassi Ltv riflette un approccio più cauto adottato dai finanziatori, volto a mitigare i rischi e a stabilizzare il mercato.
Nell’attuale contesto economico, alcuni
In tale scenario, il settore immobiliare è stato una delle prime classi d’investimento a dover fronteggiare gli effetti dell’incertezza nell’intero spettro economico.
È sotto pressione e deve affrontare molti ostacoli.
La transizione verso un contesto di tassi d’interesse più alti ha causato un’impennata dei costi dei prestiti immobiliari. Questo aumento ha colto di sorpresa il settore, ormai abituato da dieci anni a tassi d’interesse straordinariamente bassi. Di conseguenza, gli sviluppatori immobi-
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Ai minimi storici Andamento dei tassi Ltv (in %) Fonte: Banca CiC 45 50 55 60 65 70 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 2011 2013 2015 2017 2019 2021 PostSvb Ltv % ■ Tasso Ltv (loan to value) 62 69 66 67 59 65 58 57 51 A scadenza Ammontare per regione dei prestiti in scadenza (in usd mld) Fonte: Banca CiC 0 100 200 300 400 500 600 700 800 900 2023 2024 2025 2026 2027 2028 2029 2030 2031 2032 2033 ■ Usa ■ Europa
osservatorio / macro
liari si trovano con la forte necessità di liberare capitale per migliorare la loro situazione finanziaria ed evitare di violare i vincoli contrattuali. Questa urgenza è stata esacerbata dall’aumento dei prezzi delle materie prime e dalla carenza di manodopera, provocando una pressione maggiore sul settore.
Infine, la diminuzione del valore degli immobili e le incertezze sul piano economico hanno reso cauti i finanziatori tradizionali come le banche. Ne sono risultati standard di sottoscrizione più rigidi e pratiche più selettive nella concessione di prestiti. Contemporaneamente, nei prossimi anni dovrà essere rifinanziato un volume significativo di debito, creando ulteriori sfide per i mutuatari.
È evidente che il finanziamento di crediti risulta sempre più difficile, negli ultimi mesi si sono verificati molti casi di sviluppatori immobiliari con bilanci sani che non sono riusciti a raccogliere capitali sufficienti per finanziare progetti nelle principali città europee a condizioni vantaggiose.
I maggiori costi del credito e la carenza di finanziamenti, unitamente alla svalutazione degli asset e ai bilanci finanziariamente sovraesposti, hanno messo in difficoltà alcuni mutuatari. Sono numerosi i casi di fondi immobiliari, sviluppatori immobiliari, family office e proprietari privati che, gravati da una forte esposizione, ricorrono alla vendita dei propri asset a prezzi sempre più ribassati.
Tuttavia, l’aumento di venditori in difficoltà offre interessanti opportunità agli investitori con sufficiente liquidità. I gestori patrimoniali hanno riconosciuto questo trend e hanno lanciato nuovi veicoli d’investimento fatti su misura per cogliere queste occasioni.
Tali veicoli hanno una scadenza di 4-6 anni e mirano all’acquisto di unità immobiliari a prezzi favorevoli. Successivamente, gli immobili vengono ristrutturati e venduti a un valore di mercato superiore o subiscono trasformazioni che ne accrescono il valore, come l’aggiunta di piani o la conversione di locali commerciali in ambienti residenziali. In genere questi progetti hanno una durata di 12-30 mesi e offrono possibilità di uscita relativamente certe, soprattutto se localizzati nelle principali città e nelle regioni turistiche più ricercate.
Entrando nel secondo semestre del 2023, per gli operatori del mercato im-
«I maggiori costi del credito e la carenza di finanziamenti, unitamente alla svalutazione degli asset e ai bilanci finanziariamente sovraesposti, hanno messo in difficoltà alcuni mutuatari. Sono numerosi i casi di fondi immobiliari, sviluppatori immobiliari, family office e proprietari privati che, gravati da una forte esposizione, ricorrono alla vendita dei propri asset a prezzi sempre più ribassati»
mobiliare è fondamentale monitorare attentamente le tendenze emergenti e adeguare le loro strategie di conseguenza. La svolta verso la disinflazione segnala un cambiamento nelle dinamiche di mercato, generando opportunità per gli acquirenti e spingendo i venditori a rivalutare le strategie di prezzo. Restando ben informati e reattivi, gli operatori del settore avranno sicuramente la capacità di muoversi in un panorama mutevole prendendo decisioni ponderate.
Nonostante un 2023 complicato, il mercato immobiliare offre ancora spunti interessanti. Spetta però agli investitori più accorti riuscire a coglierli.
Perché la SICUREZZA non è
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un caso
È rischio recessione?
Crescono le difficoltà
Andamento dell’indice di difficoltà finanziaria dei residenti in svizzera
adottate dalla Bns al fine di riportare l’inflazione all’interno della fascia obiettivo 0-2%. Infatti, per far scendere l’inflazione la Banca Centrale deve inevitabilmente riuscire a rallentare la domanda finale.
Le ultime indicazioni sullo stato di salute dell’economia svizzera mostrano un netto peggioramento e alimentano il rischio di una contrazione del Pil nel corso dei prossimi trimestri. Secondo i dati dell’Ufficio Nazionale di Statistica, già nel secondo trimestre di quest’anno la produzione industriale è calata dell’1,4% rispetto ai tre mesi precedenti. Ciononostante, nella prima metà dell’anno il buon andamento del turismo e della domanda domestica hanno mantenuto il Pil su un sentiero di crescita, seppure in moderazione.
Tuttavia, il quadro è peggiorato significativamente durante i mesi estivi. L’indice composito dei direttori degli acquisti (Pmi) è sceso significativamente già nella parte finale del secondo trimestre. Le prospettive per il prossimo futuro sono particolarmente preoccupanti alla luce del crollo del portafoglio ordini evidenziato dalle aziende partecipanti all’indagine.
Osservando l’andamento dei principali settori economici, risalta l’improvvisa debolezza dei servizi, che si somma ora a quella già evidente da diversi mesi del set-
tore manifatturiero. Quest’ultimo risente delle difficoltà dell’industria nell’Unione Europea, principale partner commerciale della Svizzera, e del rallentamento del commercio internazionale.
Invece, le aziende del settore dei servizi sembrano aver di colpo risentito della stretta monetaria messa in atto dalla Banca Nazionale Svizzera, dal giugno 2022. Dato il ritardo con cui gli effetti della politica monetaria impattano sull’economia, non è sorprendente che dopo oltre un anno dall’inizio degli aumenti dei tassi di interesse la crescita del Pil rallenti, in particolare nei settori più legati alla domanda domestica come appunto i servizi.
Inoltre, pesa sulle prospettive di domanda di servizi non di prima necessità la cautela manifestata dalle famiglie nei confronti dei consumi. Ciò riflette il forte peggioramento della situazione finanziaria personale rispetto a inizio 2022. Secondo l’indagine della Seco il peggioramento del quadro finanziario delle famiglie è il più intenso degli ultimi cinquant’anni. Anche in questo caso, è evidente l’effetto delle politiche restrittive
Da questo punto di vista è quindi incoraggiante che negli ultimi mesi le imprese svizzere di servizi abbiano mostrato un deciso cambio di rotta per quanto riguarda l’intenzione di aumentare i prezzi di vendita. Guardando ancora al Pmi, nel settore dei servizi la tendenza a ridurre i prezzi di vendita ha raggiunto un grado di diffusione che si era osservato solo durante la pandemia e dopo lo shock valutario del 2015. Se quindi è migliorato il quadro inflazionistico, non va però trascurato che in entrambi questi periodi, l’economia svizzera è entrata in recessione.
Per quanto paradossale, la Bns potrebbe accogliere favorevolmente l’emergere di segnali di evidente rallentamento. La forza della domanda domestica e le conseguenti pressioni al rialzo sui prezzi dei servizi sono state spesso indicate tra le principali ragioni alla base degli aumenti dei tassi di interesse. Il crescente rischio di una contrazione del Pil e la prospettiva di una significativa moderazione dei prezzi nei prossimi mesi suggeriscono che la manovra restrittiva operata dalla Bns è stata efficace. Di conseguenza, l’istituto potrebbe concludere che i tassi di interesse abbiano già raggiunto un livello sufficientemente restrittivo da riportare stabilmente il tasso di inflazione all’interno della fascia obiettivo 0-2%.
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GianLuigi Mandruzzato, Senior Economist di Efg. A lato, anche nella ridente Svizzera le difficoltà si fanno sentire.
Il rallentamento dell’attività economica sta ormai affliggendo anche l’economia svizzera, ma paradossalmente potrebbe essere una buona notizia. La fine dei rialzi dei tassi della Bns.
Fonte: Seco Indice Seco andamento situazione finanziaria ultimi 12 mesi -50 -40 -30 -20 -10 0 10 20 30 40 73 76 79 82 85 88 91 94 97 00 03 06 09 12 15 18 21 24 osservatorio / macro
Intelligenza emergente
L’affermarsi dell’intelligenza artificiale generativa in molti settori e a velocità impressionante è destinato a rivoluzionare le regole del gioco. Si tratta quindi di capire come cavalcare l’onda.
In un mondo iperconnesso in cui i dati la fanno da padrone, l’Intelligenza Artificiale generativa fornisce prodigiose capacità per affrontare le sfide che contraddistinguono tutti i settori, dalla salute ai trasporti. Quali corollari di questa corsa allo sviluppo tecnologico che vede coinvolti Paesi e aziende, si profilano preziosi vantaggi comparativi e un impatto trasformatore. L’adozione dell’Ia da parte delle aziende sarà la chiave del loro successo nei prossimi dieci anni.
La diffusione dell’Ia generativa, nel solco di ChatGpt, apre nuovi scenari anche per gli investitori. Se venisse adottata in una qualche forma dal 70% delle aziende entro il 2030 potrebbe aumentare il Pil mondiale dell’1,2% all’anno. Inoltre, lo S&P 500 accuserebbe quest’anno una flessione del 2% se non vi fosse il contributo dell’Ia e delle aziende che ne traggono beneficio. Secondo Paul Tudor Jones, gestore di fondi americano, il boom di produttività per l’economia reso oggi possibile dall’Ia è pressoché un unicum
negli ultimi 75 anni.
Finora, l’accelerazione della corsa dell’Ia si è tradotta in Borsa con un’impennata delle quotazioni. Nvidia, per esempio, il leader mondiale dei processori grafici, ha appena superato il traguardo dei 1.000 miliardi di dollari di capitalizzazione e, secondo le stime, nel prossimo trimestre dovrebbe raddoppiare il fatturato nel segmento dei datacenter.
Oggi i principali beneficiari sono le società di semiconduttori: i clienti fanno a gara per accaparrarsi schede grafiche per sviluppare nuovi algoritmi d’Intelligenza Artificiale, ma è l’intero settore a beneficiarne, con prospettive di investimento fiorenti su tutta la catena del valore. Negli Stati Uniti per esempio, il settore dei semiconduttori è cresciuto del 32% da inizio anno rispetto al 18% del settore dei software. Una volta conclusasi questa corsa ‘alle pale e ai picconi’, sarà la volta delle applicazioni, in particolare dei software, settore che a partire dall’anno prossimo dovrebbe vivere una forte accelerazione
delle prospettive di crescita sostenibile. Convergenza. Il volume inaudito di dati disponibili e i progressi folgoranti della potenza di calcolo aprono nuove possibilità di utilizzo dell’Ia generativa. Intelligenza Artificiale, BioTech, telecomunicazioni, tecnologia spaziale, materiali smart, produzione additiva… la convergenza e l’impatto di queste tecnologie saranno profondamente trasformatori (la “T” di Chat Gpt sta per Transformer). L’azienda BioTech tedesca BioNTech, per esempio, ha annunciato di avere rilevato InstaDeep, start-up specializzata in Ia e machine learning, per oltre 600 milioni di euro. Obiettivo? Dare vita a un leader mondiale che associ ricerca biofarmaceutica e Ia. L’utilizzo di quella generativa per creare immunoterapie personalizzate, elaborare proteine o nuove cure contro i tumori o l’Alzheimer è solo agli inizi.
La diffusione dell’Intelligenza Artificiale solleva immense sfide strategiche, economiche e finanziarie, scientifiche ed etiche. Pur essendo naturalmente necessaria una regolamentazione di questa nuova materia (un gruppo di lavoro sull’Intelligenza Artificiale generativa e sull’utilizzo responsabile dell’Intelligenza Artificiale è stato costituito al G7 di Hiroshima nel maggio scorso), è innegabile che si sia aperta una nuova era per l’Intelligenza Artificiale, come ha detto Satya Nadella, Ceo di Microsoft.
Un’era che favorirà le aziende ben posizionate per cavalcare l’onda immensa dell’Ia nonché gli investitori alla ricerca di innovazione e di crescita sostenibile.
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Alexandre Sauterel, Country Head Switzerland, La Financière de l’Echiquier (Lfde).
osservatorio / settori
L’arrivo degli Smart beta
Francesca Volpato, Advisor di Lagom Family Advisors. A lato, nel corso degli ultimi anni, con una forte accelerazione, le masse allocate in prodotti passivi e indicizzati è solo andata crescendo. Dalla loro molti vantaggi, in primis di costo, ma anche diversi contro, di cui è sempre meglio tener conto.
da molti analisti dell’epoca ‘la follia di Bogle’. L’idea di lanciare un fondo non ‘gestito’ che replicasse l’andamento dei mercati era considerata, all’epoca, a dir poco azzardata. Quasi cinquant’anni di storia hanno dimostrato invece il contrario; con il tempo il Fiit, ora denominato Vanguard 500 Index Fund, è diventato il più grande Etf al mondo.
L’industria degli Exchange Traded Fund (Etf) continua a crescere e a guadagnare terreno, ininterrottamente, senza mostrare segnali di stanchezza. Sono presenti sul mercato dagli anni Novanta, ma, in realtà, di fondi passivi o Etf si parlava già negli anni Sessanta. Il pioniere fu l’americano John Bogle, fondatore di Vanguard, che nel 1976 lanciò il First Index Investment Trust (Fiit), chiamato in modo derisorio
«Anche il mondo degli Etf sta cambiando, con nella personalizzazione del servizio, negli investimenti in tecnologia e nella variante ‘attiva’ le tre leve per la crescita. Proprio in questo ultimo ambito si registra una massiccia diffusione degli Etf attivi, detti anche Smart beta»
In questo mercato gli Stati Uniti sono stati precursori; il primo Etf quotato risale al 1993 (in Europa al 2000) e, nel tempo, sono diventati lo strumento d’investimento a maggior crescita, sia in termini di patrimonio gestito sia di innovazione di prodotto. Nel 2021 l’industria europea degli Etf ha raggiunto un record importante con un patrimonio in gestione superiore al trilione di euro. Inoltre, a livello globale, nel 2022 gli investimenti nel comparto sono cresciuti di ulteriori 856 miliardi di dollari, nonostante l’anno molto difficile dei mercati finanziari, segnato anche da forti deflussi dai fondi di investimento tradizionali.
Oggi, a livello globale, si è raggiunto un totale di 9,6 trilioni di dollari di patrimonio gestito, di cui 6,6 coperti dal solo mercato statunitense.
Questo quadro potrebbe far pensare al raggiungimento di uno stato di maturità degli Etf, ma non è così; gli esperti riten-
86 · TM Settembre 2023
I volumi crescono, ma con un minimo d’innovazione. Crescono le masse Andamento degli asset degli Etf globali (in mld usd) Fonte: Statista ■ Masse investite in strumenti passivi 2 4 6 8 10 12 14 2003 2005 2007 2009 2011 2013 2015 2017 2019 2021 USD mrd 204 283 417 580 807 716 1.0411.313 1.355 1.7712.2832.6742.8683.423 4.690 4.683 6.194 7.736 10.020 9.952 Attivo o passivo? Ripartizione della tipologia dei veicoli d’investimento (in %) Fonte: Morningstar 2023 ■ Indicizzati ■ Non indicizzati 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 19 21 23 25 27 29 31 33 35 38 81 79 77 75 73 71 69 67 65 62
Nati tra gli insulti e snobbati dagli investitori, il mercato degli Etf non conosce crisi nemmeno nel pieno della correzione del 2022.
osservatorio / prodotti
gono ci sia ancora molto da fare, con riferimento a nuove possibilità di utilizzo e di consapevolezza da parte degli investitori. Alcune stime indicano infatti che il mercato degli Etf potrebbe portarsi in area 15mila miliardi di dollari di masse gestite entro metà 2027, con un impressionante tasso di crescita media annua dell’ordine dell’11,8% circa.
Qual è la ragione del loro successo?
Le motivazioni sono piuttosto semplici: costano meno; nel tempo, in media, producono rendimenti maggiori rispetto ai fondi a gestione attiva; sono trasparenti e immediatamente liquidabili.
La ricerca sottolinea infatti come il principale motivo di interesse relativo agli Etf sia il costo, seguito dalla qualità della replica; prevede inoltre che un’ulteriore spinta allo sviluppo di prodotti che replicano passivamente l’andamento dei mercati finanziari arriverà dalle giovani generazioni e dalla clientela retail.
Infatti, mentre negli Stati Uniti l’adozione degli Etf da parte degli investitori retail è matura, in Europa e in Asia non è così. Si registra però una crescita costante, con un continuo aumento della loro popolarità tra investitori retail e Millennial, nel caso di questi ultimi anche attraverso intermediari finanziari online, applicazioni finanziarie sino alla diffusione dei piani di risparmio in Etf.
Numerosi studi evidenziano come anche il mondo degli Etf stia cambiando e individuano nella personalizzazione del servizio, negli investimenti in tecnologia e nella variante ‘attiva’ le tre leve per la crescita futura. Proprio in questo ultimo ambito si registra una massiccia diffusione degli Etf attivi, detti anche Smart beta; si tratta di Etf che, sempre dichiarando un indice di riferimento (benchmark), non si limitano a replicarlo passivamente, ma effettuano anche ulteriori selezioni in base a determinati fattori (factor) di tipo qualitativo o quantitativo.
Tra i fattori più noti vi sono: value (azioni sottovalutate dal mercato); size (titoli filtrati in base alla dimensione: small, mid, big cap …); momentum (società che nel breve periodo continuano a crescere vertiginosamente), quality (azioni di società solide e redditizie) e volatility (criteri di ponderazione che mirano alla riduzione della volatilità).
Negli Etf Smart Beta il criterio di selezione dei titoli e la politica d’investimento sono scelti a monte dalla società emittente
con l’obiettivo di ottenere performance superiori a quelle di indici ponderati per la capitalizzazione di mercato. L’industria europea degli Smart Beta è in evoluzione e si prevede una crescita progressiva nei prossimi anni. Il 2022 si è chiuso con 96 miliardi di patrimonio gestito, pari a solo il 5% della torta complessiva del mondo Etf, ma numerosi studi prevedono un tasso di crescita annua del patrimonio globale degli Etf ‘attivi’ del 50% nei prossimi 3–5 anni, dato che mette in ombra le stime a una cifra per gli Etf passivi e i fondi comuni in generale.
Alcune statistiche relative alla prima metà del 2023 evidenziano come gli Etf attivi siano cresciuti a un tasso del 14% rispetto a un tasso di crescita del 3% di quelli passivi. Questo dato conferma la crescente popolarità di questo tipo di Etf, legata anche al ruolo chiave svolto da alcune istituzioni finanziarie primarie. Tra queste si può sicuramente citare J.P. Morgan, il cui Etf attivo (americano) JPMorgan Equity Premium Income Etf ha registrato 10 miliardi di dollari di afflussi netti nei primi sei mesi del 2023. Si tratta in questo caso di un Etf attivo che investe in una selezione ‘difensiva’ di società statunitensi (con l’aggiunta di alcune strategie basate su opzioni call outof-the-money sull’S&P 500).
Infine, una categoria che potrebbe riscuotere a breve un buon successo è quella degli Etf obbligazionari a scadenza, già diffusi sul mercato americano. Gli Etf a scadenza definita cercano di imitare il comportamento di una singola obbligazione. Ogni Etf si attiene a una data di scadenza predefinita acquistando solo obbligazioni di un indice appositamente costruito che giungono a scadenza nell’anno in cui l’Etf termina.
Quello a scadenza definita sostituisce le obbligazioni in portafoglio solo se esse vengono richiamate o se vanno in default; altrimenti le mantiene fino alla scadenza (nell’anno in cui l’Etf termina). Pertanto, man mano che ogni Etf si avvicina alla scadenza, la sua duration o sensibilità ai tassi d’interesse diminuisce, come per le singole obbligazioni.
Chiaramente, al di là del beneficio legato alla diversificazione a costi efficienti, in termini di “rischio tassi”, questi ETF saranno sensibili (proprio come le singole obbligazioni), in positivo o in negativo, alla diminuzione o alla crescita dei tassi d’interesse.
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Settembre 2023 TM · 87
Navigare in tripla C
L’attuale contesto di mercato si contraddistingue per Confusione, Contraddizione e Criticità. Se il mare è tempestoso, è bene tenersi pronti a ‘ballare’.
La Cina sta affrontando i rischi strutturali derivanti dalle 3D, come le ha recentemente definite Morgan Stanley, coniando il termine, ossia debito, demografia e deflazione, intanto però il contesto macro potrebbe essere definito come Ccc, segnato dunque da Confusione, Contraddizione e Criticità, con i dati economici che inviano per l’appunto messaggi confusi e in qualche modo contraddittori in un contesto generale ancora complesso.
Si prendano in esame i dati statunitensi, di inizio settembre. Oltre alla sorpresa positiva dei dati sulle retribuzioni di agosto (187k contro le 170k attese), ci sono stati anche punti deboli, in quanto i dati precedenti sono stati rivisti ancora una volta al ribasso (-110k in totale per giugno e luglio), la crescita della retribuzione oraria è rallentata (+0,2% contro il +0,4% del mese precedente) e il tasso di disoccupazione è salito al 3,8% in agosto dal 3,5 precedente.
Allo stesso tempo, l’indice Ism manifatturiero degli Stati Uniti è risultato leggermente superiore alle aspettative, con un aumento il mese scorso a 47,6 da 46,4, mentre la componente dei prezzi pagati ha registrato un forte rimbalzo a 48,4 da 42,6 (contro il 44,0 previsto).
Del resto, le domande sicuramente si sprecano, e sono decisamente più numerose delle poche certezze disponibili. L’economia statunitense sta davvero vivendo un atterraggio morbido o finirà male (a parte gli shock di natura esterna, gli atterraggi duri sembrano sempre atterraggi morbidi all’inizio...)? Cosa pensare di una riaccelerazione, come suggerito dal rimbalzo dell’attività manifatturiera?
Soprattutto se il flusso di notizie sulla Cina inizierà a migliorare. Le pressioni
inflazionistiche sono definitivamente sotto controllo? E se i prezzi di energia e materie prime dovessero rimbalzare e/o il dollaro indebolirsi improvvisamente?
Le incertezze sul futuro non sono infrequenti, ma al momento la dispersione degli andamenti macro rimane notevolmente ampia. Il motivo è, o potrebbe quanto meno essere, che questa voltarispetto ai cicli precedenti - si ha a che fare con un contesto multidimensionale (crescita, inflazione, politica monetaria e fiscale), con due motori di crescita globale
«La Cina sta affrontando i rischi strutturali derivanti dalle 3D, come le ha recentemente definite Morgan Stanley, coniando il termine, ossia debito, demografia e deflazione, intanto però il contesto macro potrebbe essere definito come Ccc, dunque Confusione, Contraddizione e Criticità»
non sincronizzati (Stati Uniti e Cina), nel bel mezzo di importanti criticità strutturali (invecchiamento della popolazione, transizione energetica, cambiamenti nelle tendenze e nei flussi della globalizzazione, eccesso di debito) a cui si aggiungono eventi imprevedibili (pandemie, guerre e un decennio di soppressione dei tassi di interesse). Quindi, per molti versi il termine criticità potrebbe anche essere troppo debole nel descrivere l’attuale contesto macroeconomico…
L’aspetto divertente e allo stesso tempo spaventoso di questa confusione in atto è che ce n’è per tutti i gusti, il che signifi-
ca anche che potrebbero esserci (brutte) sorprese e (grandi) delusioni per la stragrande maggioranza degli investitori ottimisti in fase di atterraggio morbido, sia ben inteso tra questi compreso chi scrive.
Lungi da una prospettiva di negatività e tristezza, lo scenario macro prevede ancora un marcato rallentamento dell’economia con un’inflazione più bassa (ma al di sopra degli obiettivi delle Banche Centrali almeno nel prossimo futuro) che porterà a politiche monetarie di ‘mantenimento’ restrittive.
Pertanto, non essendo prevista a breve una correzione importante per gli asset rischiosi che riporti le valutazioni a livelli più interessanti e costringa le Banche Centrali ad adottare un atteggiamento più accomodante, si prevede che continuerà il tiro alla fune tra gli ostacoli derivanti dalla politica monetaria restrittiva da un lato e una crescita insolitamente resiliente e un’inflazione vischiosa dall’altro… finché qualcosa non si romperà.
In altre parole, i rischi latenti rimangono e sono potenzialmente in crescita sotto la superficie. In questo contesto Ccc, è necessaria una certa cautela in termini di asset allocation complessiva, con un approccio all-terrain di controbilanciamento alla costruzione del portafoglio, mantenendo anche un comparto di liquidità come cuscinetto di volatilità non correlato, una fonte di rendimento ‘elevata e non volatile’ e una riserva di liquidità se e quando le valutazioni di altri asset dovessero diventare più ragionevoli. O semplicemente si possono ottenere più Convinzioni.
88 · TM Settembre 2023
osservatorio / macro
Fabrizio Quirighetti, Cio e Head of Multi Asset di Decalia Group.
Il ritorno in gran stile del Buffet Bellavista
Sin dalla sua apertura nel 1890, ai tempi dei primi viaggi a bordo del treno a vapore, il ‘Buffet de la gare’ ha offerto agli escursionisti provenienti da tutta Europa la possibilità di ristorarsi circondati da una natura e un panorama suggestivi. Amato e apprezzato, il Buffet Bellavista ha sempre avuto un posto speciale nei cuori di chi ha avuto il privilegio di trascorrervi qualche ora e la sua riapertura regala nuove emozioni a chi lo scopre per la prima volta.
Dopo un periodo di chiusura forzata a causa di lavori di ristrutturazione, riaprono le porte di un posto che ha segnato la storia del turismo ticinese. Offrendo circa 45 posti a sedere, su due piani e in un’atmosfera intima, il Bellavista assicura un’esperienza culinaria accogliente e personale. Dal 2 dicembre di quest’anno, inoltre, il Buffet Bellavista si appresta a stupire con una piacevole novità: rimarrà aperto anche durante la stagione invernale, accogliendo i suoi ospiti nei giorni festivi e durante i weekend. Ma non finisce qui: chiunque desideri organizzare una cena o un evento aziendale, potrà prenotare la struttura tutte le sere in esclusività anche durante il corso della settimana. Il calore avvolgente di un grande camino e due stufe a pellet renderanno di fatto l’ambiente al suo interno estremamente confortevole anche durante i freddi mesi invernali.
La cucina del Bellavista segue la tradizione locale, ma non mancano novità entusiasmanti in vista della stagione invernale. Con l’arrivo del periodo natalizio e in occasione di cene ed eventi aziendali, sono stati selezionati dei piatti stagionali tipici pensati per essere condivisi in buona compagnia, tra cui la selvaggina e la fondue chinoise. La scelta di rimanere gastronomicamente vicini al Ticino e al territorio, infatti, permette di ottenere due vantaggi di grande valore: offrire prelibatezze locali e ridurre l’inquinamento prodotto dal trasporto legato cibo.
Mangiare bene, immersi nella natura e in un’atmosfera decisamente impareggiabile non è mai stato così facile. Chiunque voglia raggiungere comodamente il Buffet Bellavista lo potrà fare in treno da Capolago, evitando così la
Con la fine dei lavori di rinnovo della sovrastruttura ferroviaria e delle stazioni intermedie di San Nicolao e di Bellavista, anche lo storico Buffet Bellavista dopo un perfetto restyling ha riaperto, restituendo agli escursionisti il luogo ideale per una pausa ristoratrice. Durante la stagione invernale, una delle grandi novità della Ferrovia Monte Generoso, l’iconico grotto accoglierà gli ospiti durante i weekend e i festivi dando per trascorrere momenti conviviali tra amici e familiari e per organizzare cene ed eventi aziendali prenatalizi e oltre!
necessità di utilizzare l’auto. In questo modo, sarà possibile viversi una serata spensierata e dedicarsi esclusivamente al piacere della buona cucina in compagnia, immergendosi nell’atmosfera unica e suggestiva tipica della stagione invernale!
Per maggiori informazioni: www.montegeneroso.ch events@montegeneroso.ch Tel. +41 91 630 51 11 Il team di Ferrovia Monte Generoso è pronto ad assistervi!
Advertorial Settembre 2023 TM · 89
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Speciale Vino
Mentre si fa il bilancio di un’annata difficile, con una primavera e un’estate caratterizzate da piogge frequenti ed eventi anche
estremi che hanno messo a dura prova i viticoltori favorendo le problematiche fitosanitarie, in Ticino ci si interroga anche più a lungo termine sul futuro del vino, guardando in direzione della produzione integrata e del biologico, non evidente però da applicare al suo Merlot, e sperimentando varietà intraspecifiche e più resistenti alle malattie.
Ma il futuro del vino passa anche dalla diffusione e della condivisione della sua cultura: una passione e un’arte da trasmettere sicuramente da parte di chi il vino lo produce, ma anche da chi lo
comunica. Sommelier ed enoturismo diventano due risorse per promuovere le tante eccellenze ma anche le proposte più originali del settore.
A interpretare lo spirito dell’arte della vinificazione scendono in campo anche grandi architetti, chiamati a disegnare le cantine dove, con una ritualità ancora primigenia malgrado l’apporto delle più avanzate tecnologie, si celebra la trasformazione dell’uva nel suo nettare. Costruzioni che sanno lasciare un segno ma al contempo inserirsi nel paesaggio con il rispetto profondo di un prodotto che alla sua terra resta radicato, antesignano di sostenibilità, in un ambito in cui da tempi immemori tutto si regge sull’equilibrio fra uomo e territorio.
Settembre 2023 TM · 91
© Foto Enrico Cano
Cantina Château Faugères, Saint Emilion, Francia, Mario Botta Architetti Mendrisio.
Obiettivo: enoturismo
Gustare un’esperienza unica legata al territorio: visite alle cantine, degustazioni, vendemmia, tour in bicicletta tra i vigneti, escape game fra i filari, crociere al bicchiere, pernottamenti in tenuta, laboratori per creare il proprio assemblaggio… La nuova piattaforma Swiss Wine Tour fa finalmente incontrare un’offerta di alta qualità e la domanda internazionale.
promotion du Goût, con sede a Losanna, e sostenuto dal programma Innotour della Confederazione, mira sia a offrire una visione di insieme delle attività enoturistiche svizzere di qualità, sia a facilitarne l’acquisto ai visitatori, facendoli incontrare su una piattaforma comune, con il valore aggiunto della collaborazione intersettoriale e interregionale su scala nazionale in sinergia con numerosi fornitori di servizi e partner istituzionali e privati in tutta la Svizzera.
Sei regioni vinicole, ciascuna con un carattere specifico, definito dal suo rilievo, dalla sua geologia e dal suo clima: la Svizzera si conferma per la sua pluralità anche nell’offerta enologica. Il Vallese, protagonista assoluto nel cuore delle Alpi, dove i vigneti arrivano anche a mille metri di altitudine; il territorio vodese fra il Lemano al Lago di Neuchâtel, dove si contano sei Aoc e due Aoc Grand Cru; Ginevra alla confluenza tra Giura e Alpi; la Svizzera tedesca, costituita da una piccola miriade di zone più disperse nei suoi sedici cantoni; la Regione dei Tre Laghi sui pendii del Giura; infine il Ticino, affacciato a sud, con i migliori Merlot al mondo. Chasselas, Pinot Noir, Gamay, Müller-Thurgau, Chardonnay, Petite Arvine, Syrah, Sauvignon, Cornalin (e naturalmente il Merlot)… sono alcuni dei nomi di questa geografia vitivinicola. Tutta da scoprire.
Proprio con l’obiettivo di fare della Svizzera una destinazione enoturistica riconosciuta sul mercato nazionale e internazionale nasce Swiss Wine Tour. Un segmento innovativo per il turismo
svizzero, finora non sistematicamente sfruttato, che incontra le tendenze attuali del mercato: offerta locale ed esperienza globale per il visitatore, itinerari brevi e sviluppo sostenibile, natura e piacere della condivisione.
I viticoltori hanno ormai imparato ad aprire le loro cantine ai visitatori, a raccontare la storia e la qualità dei loro prodotti, trasmettendone la passione con iniziative dai formati sempre più originali. E anche albergatori e ristoratori sanno come valorizzare il prodotto, unitamente alle tante realtà del territorio che collaborano con il mondo del vino, creando interessanti sinergie.
Non mancano dunque entusiasmo, risorse e la materia prima per potersi inserire nella mappa mondiale degli itinerari del vino, accanto a regioni come il Bordeaux, l’Alsazia, la Rioja, il Piemonte o la Toscana. A mancare era invece ancora una piattaforma che permettesse di presentarsi organicamente, in maniera pratica e accattivante. Uno strumento che assicura oggi il progetto Swiss Wine Tour. Gestito dalla Fondation pour la
A oggi sono già più di 140 i partner iscritti e oltre 120 le attività proposte, con il Ticino a fare corsa in testa, con a metà agosto già 69 attività vendute dai suoi 20 partner e raccogliendo a livello regionale il supporto di Ticino Turismo, del Centro di Competenze Agroalimentari e di Ticinowine.
La piattaforma di prenotazione online www.swisswinetour.com è la parte emersa del progetto, qui sono presentate le diverse attività ed è possibile acquistare comodamente la propria esperienza enologica.
Cantine, tenute vinicole, alberghi e ristoranti (previo un numero minimo di vini svizzeri in carta), uffici del turismo, tour operator, attrazioni turistiche/culturali, eventi enoturistici, imprese di trasporto turistico e tutti punti vendita di prodotti del territorio possono iscriversi, a patto di dimostrare di saper rispondere alle aspettative degli ospiti con un’adeguata accoglienza, un servizio personalizzato e un’offerta di alta qualità. Gli attesati di frequenza di una prima giornata di introduzione all’enoturismo svizzero e a una formazione Swiss Wine Campus, unitamente alla preparazione di un report per descrivere il proprio progetto enoturistico, sono i passi richiesti per diventare partner e poter beneficiare di visibilità e networking garantiti dalla rete.
Mirta Francesconi
92 · TM Settembre 2023
speciale vino/ territorio
©
Ticino TurismoFoto Milo Zanecchia
Viticoltura in fermento
Molte sono le sfide che affronta oggi il viticoltore svizzero, dalla annata corrente agli obiettivi di sostenibilità - ecologica quanto economica - mentre si complica il panorama di certificazioni, metodi di produzione e lavorazione, come i gusti del consumatore.
Negli anni Settanta, le imprese chimiche hanno investito molto nella lotta antiparassitaria in agricoltura. Gli agricoltori, di cui i viticoltori fanno parte, ascoltavano ciecamente quanto i rappresentanti consigliavano, quantità di materia attiva all’ettaro, concentrazioni e intervalli di intervento. Tutto per assicurare un raccolto sano ed esteticamente bello. In quegli anni, i residui su frutta e nel terreno non erano la priorità.
Ma già agli inizi degli anni Ottanta, il settore agricolo ha capito che qualcosa non tornava: le aziende della chimica guadagnavano fior di quattrini, ma ci si è resi conto subito che si poteva ottenere un raccolto con le stesse caratteristiche qualitative effettuando trattamenti fitosanitari unicamente quando le condizioni metereologiche lo richiedevano.
È nata così la produzione integrata. Una presa di coscienza da parte dell’agricoltore è arrivata dunque prima ancora che la politica se ne interessasse e che emergessero i partiti ecologisti.
Oggi si continua a sparare sull’agricoltore come principale inquinatore, dimenticando gli sforzi che il settore ha intrapreso e sta facendo per una viticoltura/ agricoltura più sostenibile. Basti sapere che, in dieci anni, l’utilizzo di quantitativi di prodotti chimici si è dimezzato.
Spesso mi chiedono dove andrà la viticoltura del futuro. Sicuramente, oltre ai cambiamenti climatici e alle mode, quello che impegnerà la viticoltura nell’immediato è l’obiettivo di diventare sempre più sostenibile, sia sull’aspetto ecologico, sia sul piano qualitativo e quello economico, che garantisca una sostenibilità finanziaria aziendale.
Non esiste un unico modus operandi in viticoltura: ci sono pro e contro in tutti i metodi di lavorazione utilizzati e bisogna fare chiarezza. La coltivazione biologica praticata oggi in Svizzera ha diverse filosofie e certificazioni: Bio certificata con la gemma, Bio federale, Demeter e la Bio dinamica - tutte valide, ma nessuna senza macchia.
Dall’altra parte, il maggior numero di produttori, per garantirsi un raccolto sufficiente, segue le direttive della produzione integrata, non necessariamente certificata, ma con risultati ottimi e ottenendo, in alcuni casi, zero residui nei vini. Come si può notare, per raggiungere la sostenibilità ambientale si possono seguire diverse strade.
Le sfide sono molte, il viticoltore deve affrontare l’annata viticola in maniera diversa, adattando il suo lavoro alle condizioni climatiche dell’anno, e questo fa sì che, per rinnovarsi, il cambiamento sia lento e non possa essere eseguito in maniera repentina. Pensiamo solo al 2022, un’annata di siccità soprattutto nel Sottoceneri, o al 2023 con un elevato numero di giorni consecutivi di precipitazioni con grandinate eccezionali.
Riguardo all’evoluzione commerciale, il consumatore oggi predilige bianchi e spumanti. Una cosa è sicura: il consumatore maturo sceglie il vino che più gli aggrada organoletticamente, mettendo invece in seconda posizione il metodo di lavorazione.
Il produttore ha un ruolo molto importante nella scelta del vino da acquistare: saper trasmettere la propria passione e l’empatia è sicuramente un’arma vincente. Dal canto loro, le nuove generazioni di consumatori sono molto più sensibili ai
vini prodotti seguendo le norme di coltivazione rispettose dell’ambiente e alle novità presenti sul mercato.
La curiosità e le mode sono molto più veloci dei cambiamenti climatici nell’influenzare vitigni e metodi di vinificazione. Sono convinto che il Merlot, nel nostro Cantone, sia destinato a restare ancora a lungo il vitigno principe.
Anche nuovi vitigni resistenti chiamati Piwi, acronimo di Pilzwiderstandfähig, che significa ‘resistenti ai funghi’, si stanno affacciando sul mercato. Se tra i vini bianchi prodotti con i Piwi troviamo prodotti interessanti, tra le uve rosse proposte non troviamo ancora quella che qualitativamente, e soprattutto commercialmente, potrà sostituire il nostro Merlot.
Anche sulla metodologia di vinificazione c’è fermento: da alcuni anni sono apparsi sul mercato i vini naturali che interessano maggiormente i giovani consumatori, come detto curiosi delle novità.
Personalmente, mi rendo conto di essere troppo vecchio e indottrinato per prendere posizione su questi vini e, a questo proposito, ho preferito chiedere allora il parere di un viticoltore che si sta cimentando con questa tecnica di produzione: secondo Luca Locatelli, i consumatori vogliono sempre scoprire novità, nuovi sapori e aromi. Bisogna però essere realisti: oggi questi vini rappresentano solo una piccolissima percentuale del mondo vitivinicolo svizzero, già presenti nella gastronomia della Svizzera tedesca, faticano a imporsi sulle carte delle altre regioni viticole.
Settembre 2023 TM · 93
Andrea Conconi, Direttore di Ticinowine.
speciale vino/ territorio
Sommelier, servire la cultura del vino
Non solo degustare, ma saper comunicare il vino, trasmettendone la passione e la conoscenza: la professione del sommelier è in costante evoluzione e la curiosità è il primo stimolo per continuare a migliorarsi. La formazione è indispensabile, ma anche l’esperienza che matura nel tempo.
Il mondo del vino racchiude una sfera di conoscenze, competenze ed emozioni ampia e inesauribile. Il sommelier si presenta come prezioso intermediario fra chi il vino lo fa - dove all’interno dell’azienda operano agronomo, viticoltore ed enologo - e il consumatore finale. Un professionista specializzato non solo nel settore del vino ma delle bevande alcoliche e non, depositario di un’ampia conoscenza, in continua evoluzione.
Il termine deriva dal francese soumelier, che designava originariamente il servitore incaricato di assaggiare il vino del padrone di casa per assicurarsi fosse integro, di buona qualità e che non presentasse difetti. Nel tempo, il ruolo è evoluto in una professione specializzata, con una serie di responsabilità e competenze, quali quella di consigliare e servire il vino ai clienti. Ma è solo una parte dell’attività. Il sommelier oggi è chiamato da una parte a facilitare la comunicazione del vino, dall’altra è il professionista che si occupa della gestione delle cantine e dell’istruzione del personale, incrementando i profitti del ristorante o dell’enoteca dove lavora.
La passione per il vino è un ingrediente irrinunciabile che guida i sommelier nella loro carriera e nella loro dedizione a fornire servizi sempre più performanti, li aiuta a distinguersi nel loro lavoro e a creare esperienze di degustazione memorabili. Sempre più importanza assumono le qualità umane e relazionali, oltre alle competenze settoriali: ai sommelier è in-
fatti richiesto di condividere e trasmettere l’entusiasmo per il vino ai clienti in modo empatico, aiutandoli a scoprire nuove etichette, assicurando esperienze sensoriali più ricche e di grande piacere. Contribuiscono pertanto a promuovere la cultura
namenti gastronomici. Un obiettivo che può includere la partecipazione a eventi importanti, pubblici e privati, a fiere di settore, come anche la redazione di articoli e, oggi sempre più, anche la condivisione delle proprie conoscenze attraverso i social media.
Ma sommelier come lo si diventa? In Ticino, l’Associazione Svizzera dei Sommeliers Professionisti (Assp) della regione della Svizzera Italiana garantisce una formazione professionale, completa e certificata. Un percorso strutturato in tre moduli, suddivisi per ordine e materia, che assicura l’acquisizione di solide basi per questa carriera, aperto a chi svolge l’attività nel mondo della ristorazione, vendita, consulenza, ma anche a chi semplicemente desideri approfondire in modo serio le proprie conoscenze.
del vino nella loro comunità, valorizzando il territorio di appartenenza e i relativi prodotti, laddove diventa fondamentale anche saper consigliare i migliori abbi-
Lo studio, l’impegno e la serietà sono i requisiti minimi per il successo personale, il resto lo farà la curiosità di saperne sempre di più. Un buon sommelier si dedica alla continua ricerca, grazie a studi, viaggi, scambi e tante, tantissime degustazioni. L’Assp infatti accoglie e annovera al suo interno diversi Amis des Sommeliers, organizza incontri ed eventi dedicati e mirati su determinate zone, tipologie di vini e tutto quello che offre questo fantastico mondo. Non resta che alzare il calice e brindare con un buon vino del Ticino, grazie al grande lavoro che noi sommelier siamo fieri venga portato avanti con tanta tenacia e passione dai viticoltori del territorio. Alla vostra salute!
94 · TM Settembre 2023
Anna Valli, Vice-Presidente Nazionale Svizzera Assp e Presidente Assp Regione Svizzera Italiana.
speciale vino/ territorio
© Foto Carlo Reguzzi
Calice e dintorni
Un poker di esperienze per assaporare il nettare di Bacco nelle sue variegate espressioni. In un territorio che concentra tradizione, gusto e ricercata qualità.
GIALDI VINI SA – DA 70 ANNI
Protagonisti del Territorio
“I Settant’anni di un’azienda non sono un traguardo, ma un nuovo punto di partenza”
Feliciano Gialdi
Con le sue trenta etichette, la Gialdi Vini SA è una delle realtà più importanti del Ticino e della Svizzera. La vasta gamma dei suoi prodotti è composta da due linee (Gialdi & Brivio) che si differenziano per le loro caratteristiche organolettiche legate al territorio dal quale provengono le uve.
Tel. 091 640 30 30 – info@gialdi.ch – www.gialdi.ch
La cucina italiana per passione
Il nuovo ristorante italiano sul bel lungolago di Muralto-Locarno.
• Invitante ambiente e splendide terrazze con vista sul Lago Maggiore
• Specialità italiane come la pasta fresca, pizza come a Napoli, la Fiorentina e deliziosi dessert
• Benvenuti tutti i giorni, 11.00-14.30 e 17.30-23.00
Viale Verbano 13, Muralto, 091 759 11 22, www.RistoranteMamaMia.ch
Il primo Wine Hotel del Ticino è un accogliente Boutique Hotel in cui respirare la passione per il vino, dall’arredo alla presenza di un esclusivo Wine Dispenser per la degustazione al bicchiere. Sfiziose proposte gastronomiche, in collaborazione con le aziende vitivinicole del territorio, vi farann vivere un’esperienza unica e autentica
Tel. 091 697 50 40 info@concabella.ch www.concabella.ch
Sapori genuini e piaceri conviviali
Il luogo d’incontro in centro a Locarno.
Cucina mediterranea, pasta fresca fatta in casa e pizza dal forno a legna, da gustare in un ambiente accogliente e trendy, ideale per sfiziosi pranzi e per serate in compagnia. Vi riserviamo volentieri un bel tavolo e ci rallegriamo di accogliervi!
Benvenuti tutti i giorni, 11.00-14.30 e 17.30-23.00
Via G. Cattori 4, Locarno, 091 601 07 99, www.RistorantePerbacco.ch
Sostenibile per natura
Dimostrando una capacità di innovazione della propria offerta turistica in profonda sintonia con le caratteristiche identitarie del suo territorio, il Mendrisiotto non ha avuto bisogno che la sostenibilità diventasse un trend per valorizzare con intelligenza il proprio patrimonio, anche grazie al rinnovato dinamismo delle sue nuove generazioni.
Il progetto pilota per crociere circolari nel Basso Ceresio alla scoperta del lago e dell’enogastronomia locale; la possibilità di trascorrere una romantica notte en plein air in una camera senza pareti; il Bici-Teatro che coniuga letteratura, spettacolo, territorio e mobilità elettrica… sono solo alcune delle più recenti iniziative turistiche di un Mendrisiotto che dimostra di non essere rimasto passivamente ancorato al suo passato, ma al contrario di saper reinterpretare la sua grande tradizione, sviluppando un’offerta turistica coerente
con il suo patrimonio naturale. In particolare, negli ultimi dieci anni, grazie alla sensibilità e alla visionarietà degli stessi imprenditori locali - a partire dai produttori vitivinicoli che con il territorio hanno una relazione simbiotica, a tutta l’industria dell’accoglienza - la regione è stata in grado di cogliere nuove opportunità economiche rispettose del proprio Dna. Ne sono nate realtà ed esperienze che ne attualizzano l’identità, senza stravolgerla per applicare formule alla moda in altre destinazioni o puntare a un modello di business più aggressivo.
Emblematici di questa mentalità sono i progetti di riconversione che hanno consentito di recuperare aree altrimenti dismesse e farne destinazioni non solo turistiche, ma frequentate da tutta la popolazione. È il caso del Parco delle Gole della Breggia, che ha permesso di riqualificare i terreni e le imponenti strutture di un cementificio in disuso, la cui importanza passata per l’industria locale è testimoniata da un apposito itinerario didattico-culturale, mentre il percorso ecologico porta alla scoperta dei 200 milioni di anni custoditi dalle rocce del torrente, che ne fanno uno dei geotopi più importanti in Svizzera. Analogamente un progetto come quello del Parco della Valle della Motta ha ripristinato i valori
Sopra, i vigneti della Val Mara. Con 360 ettari di terreni coltivati a viti, la regione del Mendrisiotto ha un rapporto simbiotico con la natura. Anche sul Monte Generoso si è riusciti a valorizzarla innovando, con il Fiore di pietra, l’impegnativo risanamento della linea ferroviaria e un progetto rispettoso dell’ambiente e intelligente come l’Albergo Diffuso.
96 · TM Settembre 2023
speciale vino/ Mendrisiotto Turismo
© Foto Milo Zanecchia
naturalistici e paesaggistici di un’area penalizzata dall’urbanizzazione e dalla presenza di una discarica, offrendo alla popolazione una nuova area ricreativa e rimettendo in funzione l’ottocentesco Mulino del Daniello, a Coldrerio.
Grazie a un altro intelligente progetto di riqualificazione, le Cave d’Arzo, che dopo essere diventate da fine Trecento polo estrattivo europeo per i loro marmi pregiati, rischiavano l’abbandono, sono diventate con il loro scenario unico tra le location più apprezzate per eventi, dai concerti ai meeting aziendali, workshop e feste private, … e inoltre è stato possibile riprendere anche l’attività estrattiva e creare uno spazio didattico-espositivo che ne racconta la storia.
La tradizione è prima di tutto un’eredità da tramandare e in questi ultimi anni uno speciale dinamismo lo hanno dimostrato le nuove generazioni, che hanno voluto proseguire nell’attività di famiglia e, nel passaggio di consegne, non si sono limitate a raccogliere il testimone, ma hanno portato una rinnovata progettualità. È il caso, per restare sulla viticoltura, dei fratelli Gabriele e Martino Bianchi che hanno rispolverato un’antica bevanda delle nonne a base di fiori di sambuco abbinata a moderne tecniche di produzione per produrre quello che hanno battezzato, come la loro azienda che lo produce, Sambì. Oppure c’è chi ne ha create di nuove, di ricette, come Martino Mombelli, Giona Meyer, Rupen Nacaroglu e Damiano Merzari, cui si è poi aggiunta Carolina Valsangiacomo, che hanno lanciato il primo gin ticinese, quello del Bisbino, prodotto con le erbe aromatiche e i fiori raccolti ai piedi del monte.
D’altronde, ben prima che la sostenibilità diventasse un trend anche in Ticino, la Valle di Muggio vinceva il premio come paesaggio svizzero 2014, complice la capacità del suo Museo etnografico di gestire elementi storici e
rurali legati al passato del territorio, con i comuni di Breggia e Castel San Pietro che hanno saputo tenere sotto controllo lo sviluppo edificatorio.
A quasi vent’anni fa risale anche la proposta “Vendemmia con noi” per condividere il momento del raccolto con il pubblico, muniti di stivaletti e cestino.
Se oggi le due ruote entrano sempre più a far parte degli itinerari turistici, anche in questo caso già nel 2017 è nato il Bike&Wine che, oggi gestito da Mendrisiotto Terroir, propone pedalate fra i 360 ettari di vigneti della regione, intervallate da degustazioni di merlot e visite alle cantine. Quanto alla mobilità, la regione è pienamente sostenibile: grazie a sette stazioni ferroviarie, il Mendrisiotto è capillarmente servito dalla rete pubblica, in congiunzione anche con la possibilità, per chi pernotta nelle strutture alberghiere aderenti, di usufruire gratuitamente dei trasporti con il Ticino Ticket. Frattanto è partita la sperimentazione del progetto che permetterà il collegamento via lago con Lugano, fra Brusino e Bissone. Un grande classico è la Ferrovia del Generoso che, forte degli oltre 130 anni in cui da Capolago ha portato milioni di passeggeri in vetta, a propria volta ha dimostrato di guardare al futuro dapprima con il Fiore di pietra di Mario Botta, poi con il rinnovo delle strutture e del binario, unitamente all’impegno nell’ambito della sostenibilità da condividere con tutti i partner - collaboratori, fornitori e ospiti. Proprio per tutelare un paesaggio che si è capito essere il punto forte della regione, si è deciso di non permettere più di costruire né sul Generoso, né sul San Giorgio, limitazione che ha spinto diversi imprenditori a proporre ristrutturazioni di piccole realtà già esistenti, con interventi molto rispettosi della tradizione e attenti ai valori della sostenibilità, ma capaci di un tocco fresco e innovativo, addirittura in anticipo sulla sensibilità emersa nel dopo pandemia, che anche a livello turistico premia chi sa offrire esperienze autentiche, radicate nel loro contesto, creando occasioni di genuina condivisione. Un approccio che il Mendrisiotto ha da sempre nel proprio spirito, che tanto bene sa coltivare, come le sue terre.
Susanna Cattaneo
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Sopra, la creazione del Parco delle Gole della Breggia ha permesso di valorizzare uno dei geotopi più importanti della Svizzera e un momento fondamentale della storia locale attraverso il Percorso del cemento.
Sopra, i pic-nic enogastronomici fra gli ulivi del Giardino della Biodiversità a Rovio, organizzati dall’Azienda Agricola Bianchi con partner locali, puntando su bio e sostenibilità. Sotto, la riqualificazione delle Cave d’Arzo ne ha fatto una location originale per eventi.
Un’arte che vuole anche la sua immagine. Fra le prime forme di coltivazione, la vinificazione è un sapere antichissimo, tramandatosi nei millenni, generazione su generazione, approfondendo a mano a mano che il progresso tecnico e scientifico lo hanno consentito i segreti del complesso procedimento biochimico di trasformazione dell’uva nel suo nettare, per migliorarne i processi di produzione, affinare la qualità e potenziare la sostenibilità. Ma poiché, per quanto il vino sia diventato un business, si tratta per definizione di un prodotto radicato nel
Cantine d’autore
terroir che ne definisce l’identità, ecco che le cantine stesse, nel cuore delle tenute, possono diventare non soltanto luogo di produzione ma, grazie alle loro stesse architetture, l’emblema della cultura enologica e dello spirito imprenditoriale che le anima. Negli ultimi vent’anni, le cantine vitivinicole sono così diventate un vero e proprio landmark e un cimento per le più grandi firme dell’architettura.
«A chiedermi per la prima volta di progettarne una sono stato i fratelli Gallo, big del vino della Napa Valley», ricorda Mario Botta. «Mi contattarono mentre lavoravo al San Francisco Museum of Modern Art:
al posto delle loro immense cantine, simili a raffinerie, desideravano che disegnassi un edificio ‘fuori dalla storia’, talmente arcaico e primitivo da rievocare la lavorazione della terra, ma al contempo che rispecchiasse l’innovazione tecnologica che proprio in quegli anni cominciava a esplodere nella vicina Silicon Valley. Alla fine rifiutarono la mia proposta, peraltro adducendo una motivazione lusinghiera: i visitatori sarebbero stati distratti dalla bellezza del mio edificio. Benché il progetto non si sia concretizzato, proprio quel connubio fra una memoria ancestrale e la proiezione verso un possibile
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speciale vino/ architettura
Negli ultimi vent’anni le cantine vitivinicole sono diventate un vero e proprio landmark e un cimento per le più grandi firme dell’architettura. Fra Ticino, Italia e Francia, Mario Botta è maestro nell’interpretare lo spirito dell’arte della vinificazione e il suo radicamento nel territorio.
© Foto Enrico Cano
© Foto Enrico Cano
«Il connubio fra una memoria ancestrale e la proiezione verso un possibile futuro è la cifra alla base delle quattro cantine che ho realizzato»
Sopra, la cantina di Château Faugères (2009), progettata da Mario Botta nel cuore del Bordolese, coniuga razionalità architettonica e organicità del paesaggio, arte e tecnologia, fin nella sala dei tini (in basso, a sinistra).
futuro è diventata la cifra alla base delle quattro cantine che ho successivamente realizzato», sottolinea l’architetto ticinese, che al momento sta lavorando a un quinto progetto nel Chianti, ma i tempi non sono ancora maturi per dirne di più.
La prima, nel cuore Maremma toscana, è stata Cantina Petra: inaugurata esattemante vent’anni fa, ha fatto scuola (si era agli albori delle collaborazioni fra wine- e archistar). Un edificio che ha saputo tradurre in forma architettonica il connubio fra funzionalità ed estetica a cui aspirava il proprietario Vittorio Moretti, noto imprenditore italiano, leader dei produttori
di Franciacorta. Le esigenze di prodotto e processo si integrano perfettamente alla volontà di rispettare le tradizioni e bellezza paesaggistica del luogo.
«Quando Vittorio Moretti mi affidò l’incarico, mi portò uno schizzo con un cerchio da cui si dipartivano due braccia rettangolari, a prima vista sorprendente, ma in cui ho trovato un segno archetipico che ho poi elaborato nel disegno finale. L’edificio che ne risulta si connota come un grande fiore rivestito in pietra rossa di Prun, formato da due lunghi corpi porticati al cui centro si staglia un volume cilindrico, 25 metri di altezza e 42 di diametro, sezionato da un piano inclinato parallelo alla collina. La grande scalinata esterna conduce alla sommità da dove si può ammirare il Tirreno; sulla corona superiore trova posto un giardino circolare,
la cui vegetazione varia con le stagioni, accompagnando il paesaggio circostante. La partitura degli spazi interni risponde alle necessità produttive, come in tutte le altre cantine che ho poi disegnato: al piano terra la barricaia, le zone per l’invecchiamento, la vinificazione, l’imbottigliamento e la confezione; al primo piano, l’area di pigiatura e la centrale tecnologica. Sempre al piano terra è stata scavata una lunga galleria che penetra nella montagna fino alla parete di roccia dove si colloca lo spazio per la degustazione», descrive Mario Botta.
Speciale anche il rapporto creatosi con Silvio Denz, imprenditore svizzero proprietario di Lalique e di prestigiose tenute nel Bordolese. Nel 2005 ha scelto
Seconda cantina realizzata per la tenuta vinicola di Silvio Denz nel Bordolese, l’edificio di Château Péby Faugères (2020-21) si sviluppa come una corona intorno alla vecchia casa del viticoltore e presenta un linguaggio astratto contemporaneo.
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Mario Botta, Architetto
© Foto Enrico Cano
© Foto Twin Studio
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Foto
Twin Studio
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l’architetto ticinese per la nuova cantina Château Faugères, collocata a ridosso della località di Saint-Emilion. Soprannominata “Cattedrale del vino”, sposa arte e tecnologia, con infrastrutture pensate a servizio di una vinificazione avanzata, in particolare la sala tini alimentata a gravità.
«Il progetto stabilisce un confronto fra l’architettura ‘razionale’ costruita dall’uomo e l’andamento ‘organico’ del paesaggio nell’intento di favorire un arricchimento reciproco. Seguendo il principio della lavorazione a gravità del vino, ho immaginato un grande zoccolo in pietra seminterrato con gli spazi necessari alla produzione e al deposito delle barriques per l’invecchiamento. Una sola
Anche in territorio ticinese non poteva mancare una cantina firmata da Mario Botta. Progettata per la Fattoria Moncucchetto (Lugano), è stata inaugurata nel 2010.
emergenza architettonica svetta al centro - una torretta per le attività di incontro con il pubblico, la degustazione - e in alto, aperta sul paesaggio, un’ampia terrazza coperta. Il rivestimento esterno in pietra naturale gialla con una tessitura semplice sottolinea i tracciati geometrici della composizione», spiega Mario Botta.
Secondo capitolo nel 2019, quando è stato nuovamente interpellato per creare uno scrigno degno del Péby Faugères, fiore all’occhiello dei vigneti di Silvio Denz: ogni anno un rigoroso processo di selezione limita la produzione di questo esclusivo Merlot 100% a 18 ettolitri per ettaro. Elementi distintivi del progetto, il muro di cinta in pietra locale, scandito
Sopra e a destra, vent’anni fa Cantina Petra, nella Maremma toscana, è stata la prima disegnata da Mario Botta. L’iconico cilindro in pietra rossa di Prun segue lo sviluppo della collina con l’imponente scalinata, coronata dal giardino con vista su vigneti e mare.
da profonde feritoie, che racchiude all’interno della sua armatura minimalista la casa originale del viticoltore. Un gioiello anche dal punto di vista tecnologico, inaugurato per la vendemmia 2021 con una verticale di Péby-Faugères di 21 annate. Anche il Ticino, con i suoi oltre mille ettari di vigneti, non poteva farsi mancare una cantina di Mario Botta. È arrivata
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© Foto Enrico Cano
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non nella sua Mendrisio, ma nel Luganese, su uno dei rari colli a essere stato sottratto all’edificazione proprio grazie all’iniziativa dei proprietari della Fattoria Moncuchetto, Niccolò e Lisetta Lucchini. L’intervento di Botta ha coinciso con un momento chiave nell’evoluzione dell’azienda, nel 2009, a quarant’anni dalla prima vinificazione, con l’arrivo di un’enologa, l’aumento delle superfici coltivate e delle varietà prodotte.
«Il progetto architettonico tende a sottolineare, fuori terra, la parte residenziale con la costruzione di un parallelpipedo allungato svuotato a mo’ di portico che integra in parte la vecchia casa colonica, mentre la cantina si sviluppa su tre livelli in maniera ipogea rispetto al terreno antistante l’abitazione. Un lavoro che ha richiesto un ridisegno dei raccordi con l’orografia esistente», commenta Botta.
Minimo comun denominatore di tutti questi progetti, la sostenibilità che si traduce anche nella scelta dei materiali, pietra e legno in primis. Una vocazione che è connaturata in un ambito in cui da tempi immemori tutto si regge sull’equilibrio fra uomo e territorio. «I terrazzamenti delle nostre colline vallesane o ticinesi risalgono già al Medioevo quando si cominciava a cercare di coltivare una geografia
ostile alla campitura necessaria per addomesticare la vegetazione. Una collina non piantumata non raggiungerà mai la bellezza di una collina coltivata a vigna, dove si vede lo straordinario lavoro realizzato dall’uomo per razionalizzare e geomettrizzare il paesaggio con i filari di vigneti, trasformando uno stato di natura in un andamento di cultura», conclude Mario Botta. Nella primigenia ritualità del mondo del vino ha ritrovato quella dimensione sacrale che sa magistralmente esprimere nei suoi edifici di culto: i tempi della maturazione, la celebrazione del raccolto, la liturgia della lavorazione, l’attesa dell’invecchiamento, l’atmosfera unica delle cantine vinicole, templi isolati dal frastuono della società contemporanea. L’arte della trasformazione di un’essenza organica in un nettare da custodire e gustare offre un’interpretazione terrena della spiritualità.
Da Norman Foster a Jean Nouvel, da Santiago Calatrava a Zaha Hadid, Frank
Gehry, Herzog & de Meuron, … moltissimi i grandi nomi che in questi anni hanno contribuito a dare un’immagine alle grandi Maison del Vino; ciascuno con il proprio stile, ma accomunati dalla capacità di restituire i valori della cultura enologica. Da sedi di produzione e rappresentanza, frequentate soltanto dagli addetti ai lavori o per incontri B2B, le cantine vinicole sono così diventate anche apprezzatissime destinazioni turistiche: ‘opere’ da ammirare di per sé, vengono ulteriormente valorizzate grazie al corredo di visite guidate, degustazioni e iniziative artistiche e culturali proposte a corredo, per assaporare ancora meglio l’esperienza.
Susanna Cattaneo
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Foto Pino Musi
© Foto Enrico Cano
cultura / alta orologeria / métiers d’art
Il saper fare che diventa ricchezza
Nell’universo infinitamente piccolo dell’orologeria, la tecnica è strabiliante. E così, pure, la capacità dei mestieri d’arte ancestrali che, con virtuosismo artigianale, consegnano alle generazioni future un patrimonio di eccezionale valore e bellezza. Un bagaglio di conoscenze che le storiche Manifatture custodiscono, rinnovano e tramandano.
È così che Patek Philippe, sin dalla sua fondazione nel 1839, si è sempre impegnata a coltivare i mestieri dell’Alto Artigianato.
La collezione ‘Alto Artigianato 2023’ (67 esemplari in totale, tra cui 22 pendolette e mini-pendolette Dôme, 3 pen-
Un lavoro certosino. E un risultato unico per ogni singolo pezzo. Il successo dell’orologeria svizzera è legato anche alle capacità decorative. E all’essere riuscita a mantenere e tramandare conoscenze e mestieri specializzati.
Ciò rappresenta un vero e proprio capitale che trova la sua più ricercata espressione nell’orologeria di lusso, con grande soddisfazione dei collezionisti.
Le storiche Maison contemplano collezioni e pezzi eccezionali che dell’artigianalità artistica fanno il proprio vezzo.
In queste pagine, alcuni oggetti della collezione ‘Alto Artigianato 2023’ di Patek Philippe. Tra i segnatempo dedicati alle gare automobilistiche, l’orologio da polso Ref. 5189G011 ‘Coppa delle Alpi - 1956’, dal quadrante con smalto cloisonné e paillonné per le vetture in primo piano e la pittura miniata su smalto per i paesaggi sullo sfondo.
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dolette da tavolo, 12 orologi da tasca e 30 orologi da polso) illustra, reinterpretandola, l’ampia gamma di expertise della Manifattura. Gli esemplari celebrano le principali tecniche che, da quasi cinque secoli, sono associate alla decorazione dei segnatempo: l’incisione a mano, il guillochage a mano, l’incastonatura e le antiche forme di smaltatura (smalto cloisonné Grand Feu, pittura in miniatura su smalto, smalto paillonné, smalto flinqué, smalto champlevé e smalto grisaille).
A Ginevra, uno scrigno di meraviglie
Il Museo Patek Philippe di Ginevra ospita una delle collezioni orologiere più importanti e prestigiose del mondo. Circa 2.500 orologi, automi, oggetti preziosi e ritratti in miniatura su smalto invitano il visitatore a un favoloso viaggio attraverso cinque secoli di arte orologiera ginevrina, svizzera ed europea, oltre a proporre una visione panoramica della produzione Patek Philippe dal 1839. Nato dalla passione per l’orologeria di Philippe Stern (in foto), presidente onorario della manifattura ginevrina, che a poco a poco ha costruito una delle più straordinarie collezioni di orologi di oggi. In questo modo, intendeva condividere il suo amore per l’arte orologiera, comunicare lo splendore della tradizione ginevrina dell’alta orologeria e garantire che questo patrimonio culturale venisse tramandato alle generazioni future. In mostra, cinque secoli di patrimonio orologiero, nonché l’importanza di tutte le arti decorative tradizionalmente associate all’orologeria - incisione, smaltatura, incastonatura di gemme, lavorazione guilloché, ecc. Le collezioni sono suddivise in due sezioni complementari: La Collezione di Antiquariato (XVI – XIX secolo) e la Collezione Patek Philippe (1839 - oggi). La prima, un’affascinante presentazione di orologi e smalti ginevrini, svizzeri ed europei, con un gran numero di capolavori che hanno segnato la storia dell’orologeria; la seconda, una suggestiva vetrina di orologi progettati e creati da Patek Philippe dalla sua fondazione nel 1839 a oggi, a testimonianza di oltre 175 anni di creatività nella produzione di orologi da tasca e da polso.
Sotto, tre immagini relative alla pendolette Dôme Ref. 20149M001 ‘Bolidi da corsa’, in smalto cloisonné; il quadrante esibisce un’originalissima decorazione con un giro delle ore a forma di volante in radica, un cruscotto fiorettato e un pezzo del sedile in autentica pelle.
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Patek Philippe ha anche fatto ricorso a diverse tecniche innovative in orologeria, come l’intarsio in legno e gli smalti di Longwy su porcellana. La Manifattura propone anche un numero sempre crescente di esemplari detti a ‘tecnica mista’ che abbinano, per esempio, lo smalto cloisonné e il guillochage a mano o l’incisione a mano e l’intarsio in legno.
Dando libero corso alla propria inventiva e creatività, Patek Philippe - l’ultima manifattura ginevrina indipendente a conduzione famigliare - ha rappresentato una ricchissima selezione di temi che attingono alle più svariate fonti di ispirazione. Una tavolozza di decorazioni sempre più originali, sorprendenti ed esclusive, oggetto quest’anno di una mostra che si è tenuta presso i Salons Patek Philippe, prima che queste opere venissero recepite in collezioni private. La collezione Alto Artigianato 2023 include esemplari che s’ispirano alle bellezze e alle curiosità della natura (flora e fauna), sublimandole attraverso raffinate decorazioni, come l’orologio da tasca Ref. 995/137J-001 ‘Leopardo’, un gioiello di tecniche miste che abbina l’intarsio di legno (363 tessere e 50 incrostazioni di 21 essenze diverse), l’incisione a mano e lo smalto champlevé
Il mondo marino è illustrato da piccoli soggetti realizzati con dovizia di dettagli. Sull’orologio da polso Calatrava Ref. 5077/100R-064 ‘Razze su fondale sabbioso’, la placca del quadrante in oro giallo è incisa a mano con piccole linee sinuose che evocano le ‘increspature’
Horopedia, lancette enciclopediche
È la prima enciclopedia universale e multilingue dedicata esclusivamente al mondo dell’orologeria. Horopedia. Aperta a tutti, dagli studenti di orologeria alle grandi aziende, agli orologiai, agli artigiani e al grande pubblico, Horopedia è una piattaforma digitale neutrale e indipendente, volta a condividere tutte le conoscenze ed evidenziare il know-how con le sue competenze tecniche e artistiche accumulate dall’industria nel corso dei secoli. Non solo testi, tra gli strumenti principali di Horopedia ci sono le immagini visive e i cortometraggi, per catturare il più possibile i gesti e le emozioni delle persone coinvolte e sottolineare il lato umano dell’orologeria.
Organizzata come fondazione svizzera senza scopo di lucro, riconosciuta per il suo interesse pubblico, il Consiglio della Fondazione Horopedia è composto da Philippe Dufour (presidente), Dr. Helmut Crott, André Colard e Marc André Deschoux in qualità di fondatore e direttore esecutivo.
Più di una semplice enciclopedia online, Horopedia è un vero e proprio ecosistema orologiero.
Diverse creazioni, caratterizzate dalla presenza di uno o più mestieri d’arte, sono un invito al viaggio verso i grandi orizzonti, come l’orologio da tasca
Ref. 995/119G-001 ‘Notte giapponese’, con vegetazione incisa a bassorilievo, cielo stellato realizzato con la tecnica della pittura miniata su smalto e ruscello in madreperla incisa a mano.
della sabbia, prima di essere ricoperta con smalto Grand Feu cloisonné, traslucido per il mare e opaco per i pesci.
Anche gli abitanti del cielo sono celebrati, per esempio sull’orologio da polso Ellisse d’Oro Ref. 5738/50G-026 ‘Aironi bianchi, con quadrante in smalto cloisonné ispirato a una stampa giapponese degli anni 1920.
La flora dei cinque continenti – biancospini, magnolie, foglie di ginkgo, fiori di loto, muschi – esprime tutto il suo splendore e i suoi colori sulle pendolette Dôme realizzate con diverse tecniche, tra cui gli smalti su porcella di Longwy. Altre creazioni abbinano i fiori e le farfalle o i fiori e gli uccelli, creando delicate composizioni.
C’è anche un tributo alle avventure dell’Uomo. Alle gare automobilistiche è dedicata una serie di segnatempo, tra
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A destra, l’orologio da tasca Ref. 995/137J-001 ‘Leopardo’, sempre parte della collezione 2023 ‘Alto Artigianato’ di Patek Philippe: un gioiello di tecniche miste che abbina l’intarsio di legno (363 tessere e 50 incrostazioni di 21 essenze diverse), l’incisione a mano e lo smalto champlevé.
cui gli orologi da polso Calatrava Ref. 5189G-001 ‘Grand Prix des Nations –1948’ e Ref. 5189G-011 ‘Coppa delle Alpi – 1956’, con quadranti che abbinano lo smalto cloisonné e paillonné per raffigurare le vetture in primo piano e la pittura miniata su smalto per i paesaggi sullo sfondo.
Sulla pendolette Dôme Ref. 20149M001 ‘Bolidi da cosa’ in smalto cloisonné, il quadrante esibisce un’originalissima decorazione con un giro delle ore a forma di volante in radica di amboina, un cruscotto fiorettato e un pezzo del sedile in autentica pelle.
Diverse creazioni sono un invito al viaggio verso i grandi orizzonti, come l’orologio da polso con ripetizione minuti e tourbillon Calatrava Ref. 5538G-018 ‘Giungla del Bengala’, con pittura miniata su smalto, e l’orologio da tasca Ref. 995/119G-001 ‘Notte giapponese’, con vegetazione incisa a bassorilievo, cielo stellato realizzato con la tecnica della pittura miniata su smalto e ruscello in madreperla incisa a mano. L’Africa è presente sull’orologio da tasca Ref. 992/177J-001 ‘Vista del monte Kili-
mangiaro’ e sulla pendoletta Dôme che evoca le piramidi e la Sfinge di Giza, mentre gli Stati Uniti sono raffigurati sugli esemplari con scene del Far West. L’Europa è celebrata attraverso l’atmosfera romantica dei tetti di Parigi o il paesaggio svizzero del castello di Gruyères.
Le leggende dei mari hanno ispirato diversi esemplari che raffigurano le antiche navi e i fari francesi.
Le tradizioni del mondo assumono volti diversi: dagli animali sacri dell’India (mucca, tigre) al teatro delle ombre cinese.
Anche l’arte è stata rappresentata con esemplari ispirati agli antichi dipinti o ai diversi stili di ornamenti, dal periodo medievale agli anni Settanta.
Simona Manzione
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Quell’alta gamma che non conosce confini
La logistica è un’arte nell’arte. Una ‘forma mentis’, sintesi di attitudine, passione, resilienza e agilità, osservanza di regole doganali in continua evoluzione, competenza ed esperienza. Nulla può essere lasciato al caso nella gestione di beni caratterizzati dall’esclusività, e in larga parte dall’unicità.
Arte, vini rari, premium car, alta moda, orologi e gioielli. A Chiasso, in un hub dedicato, i beni sostano o sono movimentati per raggiungere, in tutto il mondo, collezionisti, boutique, location di eventi, case d’asta, istituzioni bancarie, gallerie e sedi museali. I protagonisti sono oggetti di grande pregio o di rara bellezza, generalmente al beneficio di entrambi. «Ricevere in carico merce preziosa appartenente a terzi implica la responsabilità di curarla al meglio, sulla base di un rapporto di fiducia tra le parti che si ‘staffettano’ il bene. Necessaria è inoltre una rete di partner validi. Da un punto di vista pratico, tale presa in carico comporta l’allestimento di una documentazione completa, fotografare la merce ad ogni spostamento per mantenere uno storico del suo stato di conservazione e posizionarla nello spazio più adatto, adottare le misure necessarie per operare in sicurezza, realizzare l’imballaggio idoneo, con i materiali più appropriati», spiega Riccardo Fuochi, amministratore delegato di Swiss Logistics Center, da lui fondata nel 2017, con sede a Chiasso.
«È fondamentale, oggi più che mai, avere una posizione strategica. Essere a ridosso del confine permette infatti di ridurre al massimo i ‘Lead Times’ di consegna dalla Svizzera in tutta l’Unione europea, così da poter soddisfare le aspettative di rapidità del servizio proprie di una clientela esigente», prosegue Riccardo Fuochi che, a proposito dei beni presi in consegna da Swiss Logistics Center:
«Ogni categoria ha le sue particolarità e beneficia di servizi dedicati: per esempio le opere d’arte, che nell’hub di Chiasso possono anche beneficiare di un restauro nel laboratorio, o essere messe in mostra nel centro espositivo».
La struttura dispone infatti di un magazzino di tremilacinquecento metri quadrati, ripartiti tra caveau per lo stoccaggio di dipinti, sculture, oggetti di valore, collezioni o archivi documentali; un magazzino doganale; la sala
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restauro; la viewing room; due celle interamente dedicate allo stoccaggio di vini pregiati e un magazzino General Cargo soprattutto per moda e auto di lusso», spiega Fuochi. Dalla gestione degli stock alla sicurezza, diversi gli aspetti di cui tener conto, simultaneamente e in uno scenario internazionale: «Abbiamo sviluppato internamente un software che si interfaccia con quelli dei clienti per la gestione dei servizi di logistica ‘3PL’ (Third Party Logistics): ossia l’insieme di servizi che un’azienda appalta a un fornitore affinché svolga le sue attività di logistica in aggiunta a quelle di stoccaggio, preparazione degli ordini o trasporto della merce. Ne fanno parte oltre ai servizi di prelievo, imballaggio, inventari annuali e ciclici e spedizioni in tutto il mondo, anche il
«Per ridurre al massimo i ‘Lead Times’ di consegna in tutta l’Unione europea, così da poter soddisfare le esigenze di rapidità di una clientela esigente, è fondamentale, oggi più che mai, avere una posizione strategica»
Riccardo Fuochi, Amministratore Delegato Swiss Logistics Center, Chiasso
monitoraggio/la tracciabilità (un servizio, quest’ultimo, molto apprezzato dalla tipologia di clientela con cui opera nella maggior parte dei casi Swiss Logistics Center)», prosegue Fuochi, che sottolinea: «La diffusione dell’e-commerce, in particolare se si tratta dei grandi nomi del lusso, ha richiesto
a maggior ragione richiedono un servizio di alta qualità e fidato». In un contesto commerciale volatile e con le difficoltà imposte da eventi naturali e umani straordinari, il settore della logistica del lusso è confrontato con una serie di sfide: «Competenza, precisione, adattabilità sono imprescin-
l’implementazione di particolari prassi. L’e-commerce necessita infatti di un servizio basato proprio sulla tracciabilità, il monitoraggio costante oltre ad offerte ‘dedicate’, vale a dire quelli che sono oggi i capisaldi della nostra attività», prosegue Riccardo Fuochi.
Nel settore della logistica la concorrenza è forte, soprattutto in una zona che ha una lunga esperienza nel settore, e la specializzazione è un elemento di forza. «La nostra proposta si riferisce ad un segmento che ha bisogno di flessibilità, problem solving e della possibilità di relazionarsi con frequenza e facilità con il fornitore del servizio», commenta Federico Fuochi. «I nostri interlocutori abituali sono collezionisti, galleristi d’arte, dealer, advisor, artisti che, da esperti nei loro settori,
dibili in una logistica di nicchia come la nostra, dove i beni trattati sono spesso i ‘tesori’ dei nostri clienti e la qualità del servizio è alta se si garantiscono massima attenzione e la capacità di soddisfare esigenze legate a tempistiche di consegna stringenti. È una sfida che incoraggia a fare sempre meglio, ma al tempo stesso ripaga con grandi soddisfazioni. Prima tra tutte, l’opportunità di lavorare con la Bellezza», conclude Riccardo Fuochi.
Per informazioni:
Swiss Logistics Center SA
Via Soldini 12 - 6830 Chiasso +41 91 683 13 15 - ops@swisslogcenter.ch swisslogcenter.ch
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L’accoglienza come cultura
Il futuro ha un passato (leggendario). Emblemi del boom turistico tra Otto e Novecento, i Grand Hotel sono pietre miliari del patrimonio svizzero. Non solo alberghiero.
Quando, nel 1873, i soci Franz Josef Bucher-Durrer e Josef Durrer aprirono il primo hotel della Belle Époque sul Monte Bürgenberg, agli ospiti di Lucerna toccava aspettare anche tre settimane per avere una camera al Grand Hotel. Nel 1888 i due soci inaugurarono la prima funicolare, in Svizzera, funzionante a elettricità. Crearono anche un proprio sistema di approvvigionamento idrico, trasportando l’acqua dal Lago dei Quattro Cantoni agli hotel per soddisfarne il fabbisogno di acqua potabile. Nel tempo i due soci aprirono diversi hotel; e nel 1905 s’inaugurarono il Felsenweg e l’ascensore Hammetschwand, che ancora oggi è l’ascensore all’aperto più alto d’Europa, diventato una famosa attrazione turistica.
«Centocinquant’anni sono un’età straordinaria», afferma Stefan Leser, delegato del Consiglio di Amministrazione della Bürgenstock Collection, «Il Bürgenstock Resort sul Lago dei Quattro Cantoni ha lasciato un segno nello sviluppo dell’industria alberghiera e del turismo, pietre miliari che festeggiamo quest’anno sottolineando l’importante giubileo». Tradizione svizzera, innovazione e design di livello mondiale tra i connotati del complesso alberghiero frequentato, con le sue 347 camere e suite, i dieci ristoranti, lounge e bar, l’Alpine Spa di 10mila metri quadrati e le numerose attività ricreative e sportive, da ospiti svizzeri e internazionali. Tanti i vip che vi hanno fatto tappa. Durante le riprese del film ‘Goldfinger’ di James Bond per un mese
In apertura, il Bürgenstock Resort sul Lago dei Quattro Cantoni in una cartolina d’epoca. Sotto, alcuni dei celebri ospiti dell’Hotel: da sinistra, l’attore e regista Charlie Chaplin e Jawaharlal Nehru, il primo Primo Ministro indiano; l’attrice Sophia Loren e suo marito, il regista Carlo Ponti, che nel 1957 soggiornarono nel resort, per poi trasferirsi a Villa Daniel, oggi ristorante Parisa Persian Cuisine; il politico e statista tedesco Konrad Adenauer, uno dei padri fondatori della Comunità europea.
l’intera troupe del film e l’iconico interprete Sean Connery hanno soggiornato al Palace Hotel, facendo così entrare il resort nella storia del cinema.
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cultura /hotellerie
Espressione di una tradizione dell’accoglienza che fa scuola, il Bürgenstock è oggi diretto da Thomas Goval che, dalla scorsa primavera ne è anche direttore generale ad interim. Il lusso è anche la capacità di far provare emozioni alle persone, con un’offerta sincera, puntando sull’unicità e prestando attenzione a ogni singolo dettaglio. Il vero lusso diventa dunque il lusso dell’intangibile. E in un’epoca in cui gli ospiti degli hotel di alta gamma cercano soprattutto autenticità ed emozione, questa attitudine sembra rispondere perfettamente alle aspettative.
Ancora oggi, il Bürgenstock Resort affascina con i suoi panorami mozzafiato, le sue imponenti infrastrutture e le sue particolarità, come il catamarano ibrido Ms Bürgenstock, le Diamond Domes -
tre campi da tennis di Coppa Davis - e la Alpine Spa di 10mila metri quadrati con piscina a sfioro. E con una proposta culinaria che, inglobando il Bürgenstock Resort Lake Lucerne, l’Hotel Schweizerhof Bern & Spa e il Royal Savoy Hotel & Spa Lausanne, comprende 16 ristoranti, lounge e bar, tutte le strutture
A sinistra, un documento del 1873 per l’apertura dell’Hotel e una cartolina d’epoca con la funicolare, inaugurata dai fondatori dell’hotel: la prima, in Svizzera, a elettricità. Sopra e sotto, due immagini del Bürgenstock oggi e, in basso, l’ascensore Hammetschwand.
per banchetti e tutti gli chef del gruppo alberghiero, sotto un’unica regia: quella di Mike Wehrle, chef pluripremiato.
Lo spirito pionieristico di questa pietra
miliare dell’hotellerie svizzera è ancora vivo e continuerà ad esserlo per decenni.
Settembre 2023 TM · 109
Simona Manzione
Musei, spazio al dibattito
Sempre più le istituzioni museali si interrogano sul significato e le implicazioni delle loro scelte, promuovendo la discussione su temi come la diversità, la decolonizzazione e la giustizia sociale.
La nuova definizione di museo adottata in occasione dell’Assemblea generale di Icom - International Council of Museums - nell’agosto del 2022 e il Piano strategico 2022-2028 dell’Icom Internazionale invitano i musei ad affrontare le sfide contemporanee legate alla diversità, all’etica e alla decolonizzazione. In effetti, se il cuore della definizione rimane immutato, ovvero il museo “effettua ricerche, colleziona, conserva, interpreta ed espone il patrimonio materiale e immateriale”, i modi di farlo sono cambiati. La nuova definizione dà maggior peso all’inclusività, alla diversità così come all’etica e alla sostenibilità.
E questi aspetti toccano sia la governance, che le collezioni o le esposizioni. Perciò i musei svizzeri hanno adottato come argomento per il loro congresso annuo il tema “Tabù nei musei - Aprire i dibattiti, rinnovare gli sguardi”, un incontro che si è svolto quest’anno nella capitale ticinese gli scorsi 24 e 25 agosto.
La questione dei tabù nei musei mira a promuovere un dibattito comune sulle sfide della diversità culturale e di genere, dell’etica e della giustizia sociale.
Si tratta di rinnovare la visione su temi delicati e di sensibilizzare i musei sui punti ciechi e i tabù che inibiscono o almeno influenzano il loro lavoro. Di quali oggetti i musei entrano in possesso o no? Quali richiedono una contestualizzazione sensibile e possono essere mostrati?
Ci sono oggetti che non possono essere esposti? Quali sono i temi che vengono affrontati in mostre e quali non vengono nemmeno sfiorati? Dove sono i pericoli dello scandalo? Chi frequenta i musei? Chi se ne sente escluso? Chi lavora nel museo e quale impatto ha sul programma?
I musei sono oggi costretti a confrontarsi
con queste domande, non per via di una definizione, ma perché sono lo specchio della società e allo stesso tempo esercitano la loro influenza su essa. Hanno la responsabilità di riconoscere il significato e l’impatto delle loro decisioni in termini di programmazione, collezioni, pubblico e personale.
In questa occasione, è apparso ovvio che nel contesto mondiale globale di una società in profonda trasformazione, anche i musei sperimentano nuovi modi di lavorare, che si tratti di progettare mostre, trattare le collezioni o questioni legate al management. Si fanno sempre più rare le mostre che sono concepite e dirette da una figura singola e prevaricante. La
«Si tratta di rinnovare la visione su temi delicati e di sensibilizzare i musei sui punti ciechi e i tabù che inibiscono o almeno influenzano il loro lavoro»
loro realizzazione viene invece pensata da gruppi di lavoro misti in termini di cultura e genere e di profili professionali (storici dell’arte, mediatori culturali, artisti, antropologi o sociologi). La partecipazione non è solo un concetto che si applica all’offerta al pubblico, ma integra sempre di più i processi decisionali interni. Il Kunsthaus di Aarau ha così portato l’esempio del suo progetto a “Stranger in the Village. Le racisme au miroir de James Baldwin” (Aargauer Kunsthaus, 3.9.2023 - 7.1.2024). Il progetto non include solo la creazione di un advisory board per accompagnare la curatrice, Céline Eidenbenz, nello sviluppo della mostra,
ma è iniziato da workshops sulla questione del razzismo per il team del museo. La domanda posta era: posso parlare di razzismo se non sono cosciente di quanto il mio comportamento può essere a volte razzista?
Altre cinque domande definiscono il programma 2023 del Völkerkundemuseum dell’Università di Zurigo: Da dove vengono le nostre collezioni? Quale è il passato legato ad esse? Quali savoir-faire si nascondono dietro gli oggetti? Quali spunti di riflessione aprono grazie agli incontri tra gli autori, i museologi e i visitatori? E quale è l’importanza delle collezioni al giorno d’oggi? Questioni che trasformano il museo in una piattaforma aperta, dove le conoscenze sono elaborate in comune e condivise con tutti. Questo modo di procedere evoca la “citizen science” (letteralmente scienza dei cittadini), una pratica di lunga data e una fonte importante di conoscenze nell’ambito delle scienze naturali e che vede la partecipazione di cittadini in rete o in gruppi organizzati nelle attività di raccolta di dati e produzione di informazioni, con l’obiettivo di ampliare la consapevolezza personale e la conoscenza scientifica della fenomenologia a cui sono connessi.
L’attualità dei musei, sia in Svizzera che a livello internazionale, evidenzia chiaramente che oggi l’istituzione museale assume il ruolo di forum nel senso originario del termine, ovvero di piazza pubblica per discutere argomenti d’interesse culturale, sociale, politico, ecc.
110 · TM Settembre 2023
Carole Haensler, Presidente della Associazione dei musei svizzeri e Direttrice del Museo Villa dei Cedri di Bellinzona.
cultura / l’opinione
© Foto Alex Lambrechts
Le Fils de l’homme (1964), oil on canvas, 116 x 89 cm (Collection privée) © Succession René Magritte - SABAM, Belgium, 2023 / BKW Editions
Cogliere nel segno
Grazie alla recente donazione dell’archivio di Orio Galli, il m.a.x. museo di Chiasso diventa depositario del patrimonio di uno dei protagonisti della comunicazione visiva svizzera degli ultimi cinquant’anni, originale interprete della professione del graphic designer, nel suo dialogo fra segno strutturato e gesto libero, rigore costruttivo ed estro creativo, estetica ed etica.
Tecnica, ma anche istinto. Perfetta padronanza degli strumenti del proprio mestiere, ma anche la necessità di continuare a sperimentare nuove possibilità. Rischierebbe di diventare mercenaria e ripetitiva la professione del graphic designer, se non alimentata dalla curiosità onnivora che assicura, nel mettersi a servizio di una committenza per offrire soluzioni visive e comunicative, di cogliere nuovi stimoli per arricchire il proprio sguardo e intercettare nuove strade. Così Orio Galli ha interpretato e vissuto il suo lavoro. Graphic designer indipendente in un Ticino dove a metà anni Sessanta, quando avviò il proprio studio a Caslano, la professione ancora doveva accreditarsi. Ma anche proprio grazie a questa libertà ha avuto la possibilità di svolgere attività molto diversificate, inventandosi il suo modo di interpretare il mestiere.
La sua capacità di accogliere la grande lezione del razionalismo della scuola nordica e farla convivere con un’espressività più libera, di matrice mediterranea, gli ha permesso di sviluppare una poetica originale, in cui si manifesta al meglio la vocazione del territorio ticinese a qualificarsi come ponte fra Nord e Sud. Senza farsi scavalcare o confondere, ma trattenendo le migliori energie e lezioni da entrambi gli estremi.
Un’attitudine che affonda nelle sue origini: nato nel 1941 a Milano e cresciuto a Besazio, nel sangue la tradizione di una famiglia di maestranze artistiche attive a San Pietroburgo fra Otto e primo Novecento, è stata la fascinazione
per i grandi manifesti dei migliori grafici svizzeri che cominciavano a diffondersi nel dopoguerra ad averlo sedotto. L’apprendistato da decoratore vetrinista gli apre le porte per la Kunstgewerbeschule di Zurigo, pietra angolare di tutta la sua formazione (rivelatore, in particolare, il corso di calligrafia di Hans Eduard Meier, uno dei migliori disegnatori di caratteri tipografici del modernismo svizzero). Ma
altrettanto importanti sono stati gli stimoli collaterali che hanno sollecitato il suo sguardo e il suo intelletto, a partire dalla frequentazione degli ambienti surrealisti zurighesi a quelli milanesi, dove il contatto la Brera negli anni Sessanta, il mondo del teatro e gli studi degli architetti-designer del ‘Made in Italy’ hanno aperto ulteriori prospettive.
Era già tutto lì, in quel manifesto del Caffé Moretto, con cui Orio Galli nel 1970 si aggiudicò il primo riconoscimento a livello nazionale. Il battesimo di una brillante carriera.
Quella di Galli è stata una formazione permanente, guidata da una viva curiosità, e tuttora, alla vigilia dei suoi 83 anni, lo rimane. Frutto ne è una produzione poliedrica in cui però, per quanto si spazi da una comunicazione più funzionale e rigorosa a rappresentazioni che sanno far leva sulla gamma delle emozioni, la sua impronta è sempre chiara. La griglia ortogonale che più o meno esplicitamente - a volte direttamente rappresentata, altre volte partitura tutta mentale - regge anche le sue composizioni apparentemente più libere non è soltanto quella di ascendenza costruttivista che modula proiezioni orizzontali e slanci verticali, ma anche quella che interseca occhio e suono, significante grafico e gioco fonetico, per dischiudere il senso profondo. Un’immagine in cui tutto si tiene: forma e sostanza si permeano, ‘cogliendo nel segno’. Qual migliore esemplificazione di quel manifesto che del nostro territorio è diventato dichiarazione programmatica, “Ticino terra d’artisti”?, slogan tradotto in una decina di lingue, comprese arabo e cinese. Universale l’immagine: accostamento inusitato fra gli affreschi tardo
112 · TM Settembre 2023
©
cultura /graphic design
Ti-Press / Francesca Agosta
Due fra le molteplici anime della creatività di Orio Galli, che segnano anche due momenti di collaborazione con Marco Solari: a destra, il manifesto che ha fatto la storia della comunicazione turistica ticinese. Sotto, il gesto libero e informale di una galligrafia per il Locarno Film Festival.
gotici della chiesetta di Santo Stefano di Miglieglia e la Casa Rotonda di Mario Botta, collisone fra antico e contemporaneo che evoca un senso di trascendenza e continuità. Fa piacere ricordarlo proprio in quest’anno in cui Marco Solari si congeda dal Locarno Film Festival dopo tanto aver dato al suo territorio. Fu lui, quando prese la guida dell’Ente Ticinese per il Turismo a inizio anni Ottanta, ad arruolare Orio Galli. Un incarico che, dall’ideazione del logo ai tantissimi manifesti, ha interpretato con la migliore delle qualità.
L’eclettica attività di Galli allinea progetti di marchi, logotipi, sistemi di corporate identity, pubblicità, stemmi, stampati ufficiali, francobolli, dépliant, disegni acquarellati, illustrazioni, dipinti, vignette satiriche, libri d’artista confezionati a mano, spesso per ospitare i suoi ‘galligrammi’, come ha battezzato i suoi gustosi epigrammi. Sempre all’insegna del motto ‘nulla die sine linea’. Un patrimonio che ha scelto di confidare al m.a.x. museo di Chiasso insieme a schizzi, bozzetti e altri materiali che ne testimoniano genesi e sperimentazioni, per un totale di 10mila
pezzi. Dopo i Fondi di altri due maestri della grafica del secondo Novecento come Heinz Weibl e Vito Noto, il Centro Culturale di Chiasso, punto di riferimento per la ricerca scientifica sulla grafica contemporanea, accoglie così un grande artista ‘di casa’. Sarà inoltre disponibile al prestito a tutti musei interessati e accoglierà gli studiosi che vorranno approfondirne uno dei molteplici aspetti.
Fino al prossimo 8 ottobre, una selezione di 300 fra questi 10mila pezzi è oggetto di un’interessante mostra antologica. Curata con grande qualità dalla direttrice del m.a.x. museo e dello Spazio Officina Nicoletta Ossanna Cavadini, insieme a Mario Piazza, professore associato della Scuola di Design del Politecnico di Milano (autore anche di un interessantissimo saggio in catalogo), l’esposizione ha il merito di offrire una sintesi rappresentativa del notevole iter creativo e professionale di Orio Galli, unitamente alle due esposizioni - queste già concluse - che gli ha dedicato la Biblioteca cantonale di Lugano, depositaria invece dell’archivio delle vignette satiriche donato all’Archivio Cantonale Prezzolini.
“Grafica e grafismi” recita il titolo della mostra di Chiasso, a descrivere il binomio che ne definisce l’orizzonte: la professione codificata da una parte e dall’altra la sfera dell’inventiva. È la dialettica continua fra segno strutturato e segno libero, geometria e informalità, disciplina e improvvisazione, che ne intesse il personalissimo registro espressivo. Polarità anche molto estreme che sanno convivere, come quella, dominante, fra la razionale grammatica della Concrete Kunst e la composizione visiva libera basata sul gesto creativo. Mai schematizzabile, la vulcanica creatività di Galli non si dà però mai disaccoppiata da un solido impianto logico anche laddove appare più spontanea, così come la vocazione estetica si accompagna sempre a quella etica. Ricordando alla nostra epoca in cui chiunque pubblica con estrema facilità e superficialità contenuti, come significante e significato, parola e immagine, immagine e concetto, non si diano mai disgiunti in una grafica di qualità che sa essere il supremo atto di sintesi che veicola l’espressione.
Susanna Cattaneo
Settembre 2023 TM · 113
© 1984
Collezione m.a.,x. museo, ChiassoFoto Carlo Pellegrini e Roberto Sellito
© 2007
Collezione m.a.,x. museo, ChiassoFoto Carlo Pedroli
Un mondo da scoprire
Fra i primi viaggiatori contagiati dalla moda dei giri del mondo lanciata dal bestseller di Verne e portata sul mercato da Cook, vi fu anche il ventitreenne ticinese Emilio Balli, poi divenuto una figura rilevante della politica e della cultura ticinese. I suoi archivi di quel viaggio, unici per ricchezza, sono al centro di una mostra al Museo di Valmaggia e di un progetto di ricerca internazionale, guidato dalla Svizzera.
Se la prima circumnavigazione del globo richiese alla spedizione di Magellano - o perlomeno non a lui, deceduto durante il viaggio, ma ai 18 superstiti che giunsero in porto il 6 settembre 1522 - 2 anni, 11 mesi e 17 giorni, ci sarebbero voluti altri tre secoli prima che, dal 1869, l’apertura del Canale di Suez, insieme all’inaugurazione della prima linea piroscafi tra San Francisco e Yokohama, oltre alla prima Ferrovia transcontinentale che univa Atlantico e Pacifico attraversando il Nord America, consentissero di effettuare il giro del mondo su regolari linee di trasporto, senza dover far parte di una spedizione scientifica o militare. Era l’alba di un nuovo modello di turismo, di piacere, che avrebbe cambiato
la concezione stessa del mondo: si passava dalla conoscenza teorica, acquisita su mappe, atlanti, saggi e romanzi, all’esperienza diretta. La prima guerra mondiale avrebbe segnato un nuovo spartiacque, vedendo dopo la paralisi bellica un nuovo salto con l’apertura del Canale di Panama, e poi l’aviazione a svincolare dalle rotte terrestri.
A volte la fiction precede la realtà e simbolicamente la moda dei giri del mondo è stata lanciata da un romanzo, tra i maggiori successi del visionario Verne, quel Giro del mondo in ottanta giorni che è diventato immediatamente un vero e proprio bestseller e, tradotto in una quindicina di lingue - si era nel 1872 - del mondo fece il giro anche lui, fonte di ispirazione
dichiarata di tutti coloro che sarebbero diventati i globetrotter dell’epoca. Molto prolifici a loro volta: sono 260 i récits de voyages scritti tra il 1872, data del primo giro del mondo all included organizzato da Thomas Cook, e il 1914. A questi primi intrepidi e benestanti viaggiatori - non erano certo in molti coloro che potevano all’epoca permettersi di acquistare il biglietto e dedicare il tempo necessario, di fatto aristicratici o altoborghesi - è dedicato un progetto di ricerca finanziato dal Fondo nazionale svizzero, Faire le monde. Primi giramondo e tour turistici del mondo (1869-1914), coordinato dal professore di geografia Jean-François Staszak dell’Univesrità di Ginevra. Un programma transdisciplinare della durata di quattro anni,
114 · TM Settembre 2023
Copyright: Ascona-Locarno TourismFoto Alessio Pizzicannella
cultura /storia/mostre
A destra, fra i primi globetrotter il valmaggese Emilio Balli e il ginevrino Alfred Bertrand, presso cascate del Niagara. Tra i 20 turisti partecipanti al primo “viaggio di istruzione attorno al mondo”, organizzato da una compagnia francese, partirono a bordo del veliero Junon da Marsiglia nel 1877. Proseguirono poi in autonomia l’avventura, quando il viaggio venne annullato a Panama per un dissidio finanziario, visitando Usa, Giappone, Cina, India, … Il ricchissimo archivio conservato dal ticinese è al centro di un progetto di ricerca del Fns, coordinato dall’Università di Ginevra, e di una mostra al Museo di Vallemaggia (sotto). A sinistra, uno dei bauli che accompagnò Balli nel suo giro del mondo in 472 giorni.
fino al 2027, che riunisce ricercatori provenienti da Svizzera (inclusa l’Usi), Europa, Stati Uniti e Giappone per esplorare la storia dei primi viaggi turistici intorno al mondo e capire come abbiano trasformato l’immaginario geografico.
Ginevrino fu uno dei primi globetrotter, Alfred Bertrand (1856-1924), giovane ereditiere, tra i venti turisti partecipanti a uno dei primi “viaggi di istruzione attorno al mondo”, a bordo del veliero Junon che salpò da Marsiglia nel 1877. Dopo che Cook aveva aperto le danze nel 1872, già nel 1876 erano ormai diversi i Paesi che offrivano questi pacchetti ‘tutto compreso’, come l’agenzia Stangen in Germania, la Ocean Steam Yachting Company in Inghilterra, James O. Woodruff negli Stati Uniti e, appunto, la Société des voyages d’études autour du monde in Francia, che all’exploit del giro del globo aggiungeva la componente culturale-formativa, ereditata dal Grand Tour: 15mila franchi in cabina tripla, 25mila in doppia (quando il salario di un operaio a Parigi era di 5,18 franchi alla giornata), comprese conferenze, escursioni e biblioteca di bordo, rifornita di saggistica e quotidiani. Oltre al ginevrino Bertrand, vi prese parte anche un altro svizzero, il ticinese Emilio Balli (1855-1934), di origini valmaggesi. Mentre Alfred avrebbe continuato per tutta la vita a viaggiare, Emilio invece si ritirò poi nella sua Locarno, mettendo a disposizione della comunità le sue conoscenze di appassionato naturalista e ricercatore. A differenza del libro di Verne, la sua di avventura ne durò 472 di giorni:
da Panama, dove il dissidio finanziario interruppe la crociera, proseguì in autonomia con quattro compagni di viaggio, fra cui proprio Bertrand, visitando Stati Uniti, Giappone, Cina, Batavia, Penang, Malacca, India, Yemen ed Egitto, prima di riattraccare a Marsiglia.
Di quel suo viaggio Emilio Balli conservò quasi tutto, spedendo a casa una ventina di casse di cimeli - collezioni di conchiglie, erbe e fiori, animali impagliati, monete e oggetti vari frammisti a souvenir acquistati nei ‘curious shop’, oltre a una ricca documentazione con fotografie, guide, carte, menu, manifesti, bigliettitenendo un meticoloso diario di viaggio e scrivendo centinaia di lettere ai suoi fratelli che hanno tenuto le copie e tutte le memorabilia. A distanza di 140 anni, sono stati i suoi stessi eredi, avendo scoperto
l’interesse del Prof. Staszak e del suo team per l’argomento, a segnalargli questo immenso archivio privato non ancora sfruttato, eccezionalmente ricco e completo che è infatti stato subito posto tra i pilastri dell’attuale progetto di ricerca.
Un ‘bottino’ che in questi mesi - fino al 31 ottobre e, dopo la pausa invernale, nuovamente fra aprile e ottobre 2024 - proprio grazie alla preziosa collaborazione della Facoltà di geografia e ambiente dell’Università di Ginevra è anche accessibile al pubblico, al centro della mostra Il Giro del Mondo di Emilio Balli, allestita presso il Museo di Valmaggia a Cevio dalla curatrice Larissa Foletta, insieme a Jean-François Staszak e al suo collega Raphaël Pieroni. Una vera e propria chicca e una piacevole destinazione anche per un’escursione autunnale.
Settembre 2023 TM · 115
© Archivio privato Famiglia Balli
«Non ho potuto incontrare mio bisnonno Emilio, scomparso nel 1934, mentre io sono nato nel 1965, ma l’ho conosciuto attraverso le sue lettere, i suoi diari, la sua biblioteca, la sua passione per l’archeologia, la storia, le scienze naturali, la numismatica e anche attraverso i numerosi oggetti riportati dal viaggio intorno al mondo, che sin dall’infanzia, mentre leggevo Salgari e Verne, hanno nutrito il mio immaginario», racconta il pronipote Alessandro Botteri Balli. «All’epoca», prosegue, «non capivo perché non potessi giocare con i netsuke, gli inro o le katana che tanto mi affascinavano. La biblioteca, dove erano conservate collezioni e documenti, e la sua Wunderkammer erano zone ‘sacre’, vietate a noi bambini». Una fascinazione ha portato Alessandro a farsi promotore della collezione, in particolare insieme alla moglie Antonella Morlacchi.
«Nel tempo ho così scoperto indirettamente i tanti volti di Emilio: il naturalista appassionato fin dall’infanzia di malacologia con la sua collezione di 3000 conchiglie e coralli; l’esperto di numismatica; il fondatore, e poi direttore dal 1900, del Museo Civico di Locarno; il viticoltore con il suo Selva bianco, prodotto a Locarno… forse l’aspetto del bisnonno che ha sempre maggiormente attirato la mia attenzione è la sua passione per l’archeologia, da cui è nata una collezione di 1200 fra manufatti in vetro, bronzo e terracotta, oggetto di interesse non solo nel Ticino ma anche nel resto del mondo, i cui reperti principali derivano da scavi nel Locarnese da lui stesso diretti e finanziati tra il 1880 e 1881, a Tenero e durante la costruzione del Grand Hotel a Locarno. Fu lui a esigere che rimanessero nel Cantone», sottolinea il pronipote.
Alcuni dei cimeli che Emilio Balli spedì ai suoi familiari nel corso del viaggio. Da oggetti di gran valore a curiosità e una accuratissima documentazione di tutto il materale che raccoglieva. Oggi formano un archivio unico nel suo genere per completezza.
L’allestimento della mostra, curato nei minimi dettagli, prende le mosse dalla storia familiare dei Balli, costellata di esperienze migratorie e cariche politiche di rilievo, e illustra il delinearsi delle passioni di Emilio. Dopo una sala introduttiva che ha il compito di contestualizzare la nascita dei giri del mondo, si prosegue ripercorrendo alcune delle tappe più significative del viaggio attraverso gli oggetti che ne ha riportato: la traversata dell’America con la sua modernità, ma anche le riserve di indigeni e le colonie dei Mormoni; le meraviglie del Giappone con la sua arte che seduce l’Occidente; infine la Cina, meno accessibile culturalmente e fisicamente, ma dall’estremo fascino con la sua storia millenaria. Il tutto senza dimenticare il mezzo di trasporto, il veliero Junon. Presente, fra l’ampia documentazione, anche una selezione di preziose fotografie tratte dai 14 album composti da Emilio al ritorno dal viaggio.
Un progetto che avrà un ulteriore sviluppo: fra un paio di anni Emilio Balli ‘viaggerà’ alla volta del Castello di Prangins, dove il Museo nazionale svizzero ha in calendario dal marzo 2025 un’esposizione che sarà basata proprio sulle ricerche che sta conducendo l’Università di Ginevra, in particolare quelle sulle tracce delle esperienze dei nove primi globetrotter elvetici - incluse due donne - che hanno compiuto il loro tour in quel periodo, documentati da fonti in gran parte inedite come nel caso di Emilio Balli. L’analisi di questi materiali, parte di una microstoria globale, consentirà da un lato di interrogarsi sulla specificità dei giramondo svizzeri e dall’altra di meglio comprendere come sia evoluta, rispetto alla centralità di cui godeva nell’epoca del Grand Tour, la posizione all’interno di questi itinerari intercontinentali della Confederazione, che dell’industria turistica, quasi superfluo ricordarlo, è stata la culla con le sue montagne e l’intraprendenza dei suoi albergatori.
Mirta Francesconi
116 · TM Settembre 2023
Copyright: Ascona-Locarno TourismFoto Alessio Pizzicannella
Copyright: Ascona-Locarno TourismFoto Alessio Pizzicannella
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Sognare a occhi aperti
Dalla grande opera lirica che la inaugura al Festival di danza contemporanea che la chiuderà, la nuova stagione del LAC si conferma per l’alta qualità e la varietà delle sue proposte. Un centro culturale che non si vuole solo vetrina, ma anche crocevia di creazione e produzione, con prestigiose collaborazioni internazionali e un forte legame con il suo territorio.
Si intitola Il libro dei sogni, la stagione 2023/24 su cui il LAC ha appena alzato il sipario con un’Anna Bolena che è tornata a portare in scena la grande opera lirica, a un solo anno da La traviata. Di exploit il centro culturale di Lugano nei suoi primi otto anni di attività ne ha allineati molti, con una forte crescita nella qualità e nella varietà delle sue proposte, accompagnata dalla capacità di intercettare un pubblico non soltanto di appassionati, complice anche la proposta di un abbonamento annuale a un prezzo davvero accessibile, che già nel suo primo anno è andato oltre le migliori aspettative con già più di un migliaio di sottoscrizioni, fra cui anche molti giovani. Dall’altra parte l’importante sostegno raccolto dai partner del territorio conferma come il LAC non corra il rischio di rimanere un mondo d’eccellenza chiuso in sé stesso, ma venga percepito nel suo ruolo di propulsore di iniziative e progetti di cui non soltanto le istituzioni
e le fondazioni già dedite alla cultura, ma anche le realtà del tessuto imprenditoriale locale vedono il grande valore aggiunto, contribuendo a finanziarlo.
I sessanta sold-out della scorsa stagione confermano il crescente interesse, giustificato dal livello delle proposte, che rimane la colonna portante anche del cartellone 2023/24. Un dato su tutti, le 26 produzioni (erano 16 lo scorso anno), fra le quali molte andranno anche in tournée, toccando 60 città, soprattutto importanti palcoscenici italiani, per oltre 250 repliche: il che conferma come il LAC sia sempre più non soltanto vetrina per grandi spettacoli, ma a sua volta luogo di creazione e partner di prestigiose collaborazioni che lo collocano a pieno diritto sulla mappa dei centri culturali di riferimento a livello europeo. Un circolo virtuoso di cui beneficiano anche gli operatori del territorio, fondamentali per sostenere questa progettualità.
Molta concretezza, dunque, rispetto
alla quale un titolo come Il libro dei sogni, scelto dal direttore artistico Carmelo Rifici per questa stagione, non vuole esortare alla fuga onirica, quanto richiamare a quella che è la natura stessa del teatro: la sua possibilità di aprire a una dimensione altra, in grado con il suo linguag-
118 · TM Settembre 2023 LAC Lugano Arte e Cultura
© Viviana CangialosiCompagnia Finzi Pasca
a cura di Susanna Cattaneo
© Julia Gat
gio, i suoi strumenti interpretativi e le molteplici prospettive che offre di dire sulla realtà che viviamo più di quanto una disamina scientifica possa teorizzare. Il titolo prende a prestito quello del saggio del filosofo e mistico greco Artemidoro, che nel II secolo dopo Cristo proponeva per la prima volta una vera enciclopedia teorica e pratica del sogno, compendio di tutta l’antica e tradizione greca sul tema.
«Quando stavamo costruendo la stagione pensavo proprio a quanto il teatro, a volte in maniera indiretta, ma spesso in maniera estremamente consapevole, cerchi di far muovere noi umani all’interno di un significato che non cogliamo. A volte la realtà ci travolge come il peggiore degli incubi - pensiamo soltanto agli ultimi anni - e noi di questo inaspettato dobbiamo farci carico, rapportandoci con tutte nostre inquietudini. Il teatro è sempre servito a orientarsi in un mondo che a volte sembra caotico, mentre altre ci imbriglia con la sua quotidianità. Contrapponendosi ai codici conformi e cristallizzati della contemporaneità, invece la forza creativa del mondo onirico - tutto quanto si muove all’interno di noi e appartiene alla dimensione dell’invisibile e dell’impalpabile - può aiutarci a capire la vita reale, quando non addirittura anticiparla, dandocene delle intuizioni. Abbiamo dunque selezionato spettacoli che immaginano il ribaltamento, il grottesco, lo stupefacente, il surreale, il magico, il sovversivo: non come evasione fantastica, ma come una possibilità che il teatro contempla, attraverso l’immaginazione, di spronare a pensare, a riflettere, ma anche a sospettare che non tutto si chiuda nel conosciuto», spiega Carmelo Rifici. «Da contraltare, perché amo le contraddizioni e per mo-
«A volte in maniera indiretta, ma spesso in maniera estremamente consapevole, il teatro cerca di far muovere noi umani all’interno di un significato che non cogliamo. La forza creativa del mondo onirico può aiutare a capire la vita reale, quando non addirittura anticiparla, dandocene delle intuizioni»
Carmelo Rifici, Direttore artistico LAC Lugano Arte e Cultura
strare l’altra grande possibilità dell’arte teatrale, ovvero il suo essere una lente verso il reale, abbiamo voluto proporre un secondo filone, chiamato Nell’occhio della storia, che prende invece di petto la realtà: una serie di spettacoli che giocano con la Storia, muovendo dal Settecento francese, attraverso guerre e totalitarismi, all’oggi, per interrogarci sulle nostre stesse democrazie», illustra il direttore artistico.
Nel corso della stagione, lui stesso si cimenterà con due nuove regie, coprodotte dal LAC, che interpretano questi due filoni: il 7 e l’8 novembre, prima assoluta de La pulce nell’orecchio con cui, dopo aver indagato negli scorsi anni l’oscurità dell’animo umano, affronta invece una
commedia dalla perfetta macchina scenica, l’esilarante vaudeville di Georges Feydeau, di cui Rifici cura anche adattamento e traduzione insieme a Tindaro Granata. Sul fronte della storia, porterà invece in scena la complessa figura del fondatore di Democrazia Cristiana, con De Gasperi: l’Europa brucia, avvalendosi del collaudato binomio con Angela Demattè e della straordinaria interpretazione di Paolo Pierobon (8-9 marzo).
Difficile estrapolare uno spettacolo piuttosto che un altro fra i 70 che Carmelo Rifici e il suo team hanno selezionato per la stagione, per un totale di 134 alzate di sipario. Si impongono però alcuni momenti simbolici. Primo, l’omaggio a colui
Il cartellone 2023/24 del LAC sarà segnato da due speciali omaggi: i 40 anni della Compagnia Finzi Pasca (in apertura, Bianco su Bianco, il 23 e 24 febbraio) e la presenza del grande ‘Bob’ Wilson (sotto, Relative Calm, il 13 e 14 dicembre, che rinnova la collaborazione con la coreografa Lucinda Childs). Anche la danza sarà protagonista della stagione, con 7 appuntamenti di assoluto spessore (sotto, a sinistra, Lovetrain2020, ode coreografica agli anni ’80, il 4 febbraio).
Settembre 2023 TM · 119
© Lucie Jansch
© Photo LACStudio Pagi
che da molti è ritenuto tra gli artisti visivi e teatrali più importanti al mondo, Robert ‘Bob’ Wilson, che a oltre quarant’anni dall’opera iconica Einstein on the Beach torna a collaborare con la leggendaria coreografa statunitense Lucinda Childs per Relative Calm (13-14 dicembre), spettacolo multimediale sulle musiche di Jon Gibson, John Adams e la celebre Pulcinella Suite di Igor Stravinsky. Nel periodo natalizio, la Hall ospiterà anche una sua installazione appositamente ideata, lo zoo immaginifico di Animal Stories.
L’altro grande tributo va alla Compagnia Finzi Pasca che, celebrando i suoi 40 anni, presenta nel corso dell’anno tre spettacoli emblematici della sua storia e del suo universo onirico - Luna Park dal 15 al 17 settembre, Icaro il 16 e 17 dicembre e Bianco su Bianco il 23 e 24 febbraio - affiancati da altre speciali occasioni di incontro e condivisione con il pubblico. Come ormai d’abitudine non mancheranno i grandi classici, sia a livello di autori, registi e interpreti: su tutti, l’omaggio a Dostoevskij, dai Demoni che Fabrizio Sinisi rilegge come affresco della giovinezza attuale (19-20 gennaio), alla straordinaria performance che regalerà
Umberto Orsini confrontandosi con uno dei personaggi più complessi e tormentati della letteratura, Ivan Karamazov (21-22 maggio). Grande attesa per il debutto teatrale di Nanni Moretti, con Diari d’amore, tratto da due commedie di Natalia Ginzburg (20-21 dicembre); fra il prestigioso consorzio europeo di coproduttori, anche il LAC.
Accanto ai ‘mostri sacri’, l’attenzione va anche talenti emergenti, ai quali è dedicato un apposito focus, La nuova regia.
Interessante anche il cartellone musicale, dove si segnalano due pietre miliari del musical: West Side Story (dal 23 al 28 gennaio) e Chicago (4-5 marzo).
Se la qualità della prosa è ottima, addirittura straordinaria promette di essere quella della danza che, fra tradizione e innovazione, allinea grandi nomi del passato, ensemble stranieri, protagonisti della scena svizzera e della coreografia di ricerca, confermando come la danza sia sempre più centrale nella stagione del LAC e, al contempo, il LAC sia sempre più al centro delle scene e degli scenari della danza nel mondo, grazie alla lungimiranza della direzione artistica e generale che hanno saputo costruire
Quattro spettacoli rappresentativi delle diverse anime di questa nuova stagione del LAC: il 20 e 21 dicembre, il debutto teatrale di Nanni Moretti in una grande coproduzione europea cui partecipa anche il LAC; dal 23 al 28 gennaio uno dei musical più celebri e amati, West Side Story; il 6 marzo per il ciclo L’occhio della Storia, un progetto di Kepler-452, Il Capitale; mentre il 21 e il 22 maggio Ivan Karamazov torna con le sue contraddizioni, portato in scena da uno dei più grandi interpreti di sempre, Umberto Orsini.
importanti relazioni a livello nazionale e internazionale.
Momento clou sarà quello che vedrà in scena finalmente un’opera della “madre del teatro-danza” Pina Bausch, La Sagra della Primavera (1975), eseguita da una compagnia appositamente composta da danzatori provenienti da paesi africani. In dittico, verrà proposta il nuovo lavoro Common ground[s], interpretato e ispirato alla vita di due donne straordinarie: Germaine Acogny, “madre della danza africana contemporanea” e fondatrice dell’École des Sables, e Malou Airaudo, ex membro del Tanztheater Wuppertal. A questo appuntamento che cade nel mezzo della stagione (18-29 febbraio) ne precedono e seguono tre tutti di grande spessore, a partire dal 21 e 22 novembre, con Les Ballets de Monte-Carlo che porta in scena classici shakespeariani Romeo e Giulietta
Proprio alla danza il compito di chiudere la stagione, con la seconda edizione del Lugano Dance Project, dal 12 al 16 giugno, dove il binomio corpo e architettura, che farà da tema federatore, ha suggerito di estendere le location anche ad alcuni degli edifici più significativi della regione, tra chiese, ville storiche e teatri.
In attesa, già il prossimo sabato 23 settembre, il centro culturale aprirà le sue porte a tutta la popolazione per una giornata di festa: spettacoli, performance e concerti dentro e fuori dal centro culturale, con una programmazione che saprà entusiasmare bambini, famiglie, ragazzi, adulti, appassionati e curiosi, dal primo mattino alle 2 di notte.
Il programma completo e aggiornato è disponibile sul sito luganolac.ch
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© Luca Del Pia
© Fabrizio Sansoni
© Johan Perssoni
© Alberto Novelli
GIO 28.09.2023
18:00 - 20:00
SUFFP LuganoMassagno
Partita
GIO 23.11.2023
18:00 - 20:00
Auditorium CPT
Lugano-Trevano
doppia La politica alla prova della sostenibilità
TICINO SC UOLA UNIVER SI TA RIA FEDERALE PER LA F ORMAZIONE PROFES SIONALE SUFFP
Vibrante SailGp, ‘Formula 1 marina’
Partito da Chicago lo scorso
giugno, il campionato di vela andrà avanti fino al prossimo luglio, passando da Sidney, Bermuda, New York, per un totale di dodici diverse località nel mondo. La terza tappa, che si è svolta a Saint-Tropez, ha assicurato momenti spettacolari. Ad essere protagonisti, catamarani foiling F50 di ultima generazione e Team agguerritissimi.
Sul porto di Saint-Tropez, la folla si è radunata per seguire il primo dei tre eventi europei di questa quarta stagione, dopo i due svoltisi negli Stati Uniti - a Chicago e Los Angeles - a inizio estate.
Nato nel 2018, il SailGp - campionato di vela in catamarano foiling F50 - è diventato la piattaforma globale velistica più seguita, inclusiva e sostenibile al mondo. Russell Coutts, quattro volte vincitore dell’America’s Cup e amministratore delegato del campionato SailGp, ha creato assieme a Larry Ellison (co-fondatore di Oracle) questa competizione velica innovativa dove i dati raccolti dalle centinaia di sensori posizionati su ciascun catamarano vengono trasmessi ad un data center centralizzato, per essere analizzati e re-inviati in tempo reale al luogo dell’evento, fornendo informazioni
Saint -Tropez ha appena ospitato la terza tappa della quarta edizione del SailGp, a buon diritto considerato la ‘Formula 1 dei mari’. Entrato a far parte del novero delle competizioni veliche di alto rango, questo campionato internazionale, con la sua
flotta di catamarani foiling F50, che attualmente prevede dodici gran premi durante tutto l’anno, è diventato un raduno capace di attirare i migliori navigatori del mondo. Ticino Management ha assistito alla recente spettacolare tappa francese, ospite del Team svizzero.
Creato nel 2018 da da Russell Coutts, quattro volte vincitore dell’America’s Cup, e Larry Ellison, co-fondatore di Oracle, il SailGp, campionato di vela in catamarano foiling F50, è innovativo anche nella gestione dei dati, che premia il talento dei team.
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società/sport
open source a tutti i team. Il Ceo della squadra svizzera, Tanguy Cariou, spiega: «In effetti, questo consente alle nuove squadre di competere rapidamente con controparti più esperte. Ogni squadra ha accesso ai dati di tutti attraverso il cloud di Oracle, dove sono archiviate tutte le informazioni. Il che permette di rivedere video, analizzare manovre, determinare quali pulsanti sono stati premuti e ascoltare di cosa si discuteva sulle barche. Possiamo rivivere momenti degli anni passati o delle gare in diretta. I nostri allenatori possono osservare, ascoltare e analizzare cosa stanno facendo gli altri team». Questo approccio è stato motivato da un’ambizione unica: evidenziare esclusivamente il talento degli equipaggi, tutti dotati di barche, tecnologie e risorse finanziarie identiche (incluso un budget annuale di 7 milioni di franchi per coprire il noleggio delle barche, il trasporto, la manutenzione e vari supporti tecnici).
Catamarani F50 futuristici
La flotta di catamarani foiling F50 - appartenente a Larry Ellison - ha caratteristiche nuove, tra cui una vela rigida e un sistema di generazione di energia idraulica a bordo alimentato esclusivamente dalle braccia o dalle gambe dell’equipaggio, necessario per l’attivazione dei controlli elettronici. Progressi tecnologici che hanno permesso innovazioni nella progettazione delle barche a vela da competizione, in tutto il mondo. La cabina di pilotaggio è costantemente sottoposta ad una revisione completa e sono attualmente disponibili tre opzioni di vela in base alle condizioni del vento, insieme a due dimensioni di foil.
Inclusione
Al di là delle imprese tecnologiche, si evidenzia per inclusione che, con diversità e sostenibilità, rientra tra i prerequisiti per la longevità del gran premio. SailGp ha stabilito un programma per favorire la partecipazione delle donne nella competizione. Ogni equipaggio comprende pertanto due veliste. Nella squadra svizzera brillano Laurane Mettraux e Maud Jayet. Laurane (30 anni) è stratega, wing trimmer e flight controller. Laureata in dietologia, ha navigato con la famiglia fin da piccola. Ha acquisito una grande esperienza sportiva in diversi progetti professionali (Tf35, Match Racing, ecc.). Oggi, naviga regolarmente con team femminili e ha vinto il Pro Sailing Tour 2021 e il Tour de Bretagne. Maud (27 anni) è stratega, wing trimmer e flight controller. Con un master in diritto ed economia, ha iniziato a navigare all’età di 6 anni su un Optimist. Nel 2022, si è classificata seconda al Campionato del Mondo e se-
A sinistra, la squadra svizzera, ricca di talenti, tra cui il pilota Sébastien Schneiter, che rimane il più giovane pilota del mondiale. Sotto l’imbarcazione di gara, l’F50 Eiger.
conda anche al Campionato Europeo. Ha partecipato ai giochi olimpici di Tokyo nel 2020 e punta a una medaglia a Parigi nel 2024.
Sostenibilità
La Impact League, un’iniziativa sviluppata dalla leadership del campionato, coinvolge concretamente tutti gli equipaggi negli sforzi di risparmio energetico, minimizzando il loro impatto su
acqua e terra e promuovendo la diversità e l’inclusione. Ogni evento viene controllato, ogni squadra viene monitorata e le prestazioni vengono valutate in base a vari criteri. I vincitori della scorsa stagione - il Denmark SailGp Team presented by Rockwool - hanno eliminato più di cinque tonnellate di rifiuti provenienti dall’oceano, mentre la serie di contenuti sulla sostenibilità Beneath the surface ha ottenuto oltre venticinque milioni di visualizzazioni su youtube.
‘Inspire’
Un altro segno distintivo è il programma Inspire, anch’esso concepito da Russell Coutts, che offre ai giovani velisti, uomini e donne, l’opportunità di navigare su barche foiling più piccole, per scalare gradualmente le classifiche interagendo con i velisti F50 durante ogni evento del Grand Prix. In particolare, Natasha Bryant, la stratega della nave australiana.
Maria Antonietta Potsios
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Lusso per pochi, lusso per tutti
Nella terra di Cantabria, che ha dato i natali al celebre golfista Severiano Ballesteros, due campi che meritano una visita. Anche per esplorare una regione splendida, oggi apprezzata da un turismo di nicchia, con la suggestiva costa, un parco naturale e monumenti architettonici, che il National Geographic ha definito la ‘Nunctucket de la costa quebrada’.
Reduce ormai dalle ferie estive devo confessare che gli impegni di lavoro hanno mitigato gli effetti del non necessario, eppure inevitabile, bilancio golfistico personale. Se da una parte ho goduto delle esperienze sensitive che descriverò in questo secondo quaderno golfistico, dall’altra non posso non pensare con certo affetto ad una quantità non indifferente di palle che ho abbandonato al loro destino in ‘rough’ propri di una savana, boschi con fogliame più proprio dell’autunno che delle·’Feriae Augustae’, laghi e laghetti ben forniti nonostante l’allarme siccità nella Penisola iberica ed anche le fredde acque del Mar Cantabrico.
Mi accingo così a dedicare l’ultimo quaderno alla relativamente poco conosciuta (all’estero) regione della Cantabria, dopo aver menzionato il Club di Golf più antico e famoso, il Real Club de Golf de Pedreña, descrivendo il più recente campo di lusso, il Santa Marina Golf di San Vicente de la Barquera ed il primo campo municipale inaugurato in Spagna, il Campo Municipal de Golf Mataleñas di Santander (città). I due campi hanno in comune una relazione con il golfista di Pedreña più emblematico e carismatico (soprattutto per il pubblico amante del golf), Severiano Ballesteros, di cui ho scritto nel quaderno precedente. Colgo l’occasione per rettificare una errata: il primo ferro di Seve non
Sopra, il Santa Marina Golf di San Vincente, in Spagna, nella regione Cantabria, l’unico campo disegnato dal carismatico golfista Severiano Ballesteros, ricordato con una bella scultura. In foto, a sinistra, Mariano Saiz Vega, direttore del Santa Marina, a destra, il suo collaboratore Lucas Herreria Elorza e al centro David Mülchi, autore dei ‘Quaderni del Golf’. Nella pagina accanto, in apertura uno scorcio del Santa Marina Golf e, ubicato nella stessa regione, il Campo Municipal de Golf Mataleñas di Santander (città). I due campi hanno in comune una relazione con il golfista Ballesteros.
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società /sport/i quaderni del golfista
era un ferro 7 ma un ferro 3, regalato dal fratello Manolo (come ricorda lo stesso giocatore: “sicuramente scartato da qualche giocatore al quale mio fratello faceva da ‘caddie’) quando aveva solo 8 anni ed aveva cominciato, seguendo le orme familiari, come ‘caddie’ nel Club di Golf di Pedreña). L’errata è abbastanza grave
vista da un vero golfista. In effetti come ricorda lo stesso Ballesteros nella sua autobiografia: “Il 3 è una mazza da golf lunga molto difficile da controllare soprattutto per un bambino, però ciò non mi importava. I bisognosi non scelgono (…) Penso che l’aver avuto una sola mazza per praticare e che questa fosse un ferro 3 ha contribuito a che imparassi molto di più in meno tempo. (…) il ferro 3 mi ha ap-
portato enormi vantaggi, in effetti grazie a questo sviluppai le abilità di improvvisare e di immaginarmi i colpi più caratteristici che hanno determinato la mia carriera di giocatore professionista”. Il lettore a questo punto può arrivare, come l’autore, a due conclusioni. La prima: se il primo ferro di Seve fosse stato un ferro 7 (come erroneamente da ma accennato e ferro decisamente molto più facile) probabilmente oggi l’aeroporto di Santander non si chiamerebbe ‘Severiano Ballesteros’. La seconda: se non avessimo acquistato una sacca completa, carrello, ombrello, scarpe anti scivolanti, pantaloni, maglietta, calze e ‘cap’ combinati alla perfezione, al giorno d’oggi non ci sarebbero aeroporti sufficienti da dedicare ai nostri nomi.
Il campo di Santa Marina, inaugurato il 21 dicembre 2011, è l’unico campo di 18 buche disegnato da Ballesteros nella sua terra di Cantabria, ubicato vicino a due bellissimi paesi costieri, San Vicente della Barquera e Comillas (quest’ultima, ad oggi ancora meta di un turismo di classe, è stata indicata dal National Geographic
come “il paese più bello dove viaggiare in agosto” o la “Nuntucket de la costa quebrada” e dove si può ammirare, tra altri monumenti architettonici, una villa disegnata dal famoso architetto modernista catalano, conosciuta come “El capricho de Gaudì”), e nel mezzo del Parco Naturale di Oyambre. Il paesaggio è degno di un gran campo di golf, terreno ondulato, boschi, corsi d’acqua ed una splendida vista sia sulle montagne dei ‘Picos de Europa’ che sul mare non lontano.
L’entrata al club da una strada provinciale, quasi campestre, rende l’dea dell’esclusività. Protetta da una barriera che si apre con chiave magnetica per i soci o grazie al citofono con la ‘club house’, l’area di partenza è dotata di un parcheggio con posti di ricarica per le automobili elettriche ed un facile accesso attraverso un sentiero adiacente ad una cappella (del secolo XVI) che giustifica il ‘Santa’ ed un campo di ‘croquet’ mantenuto come un tappeto persiano. La casa club è una ‘casona montañesa’ (ovvero un edificio in pietra caratteristico della regione), coetanea della cappella, ben restaurata e con i servizi di bar e ristorante. Come mi spiega il direttore del campo, Mariano Saiz Vega (maestro di golf, membro della Pga, originario di Pedreña e, come no, legato a Seve), attualmente il club conta 1200 soci ed è attivamente impegnato a promuovere il turismo di lusso legato al golf (con un ‘green fee’ di 200 euro quest’estate, si posiziona chiaramente come club esclusivo). Interessante l’iniziativa di un accordo con
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il Real Club di Golf di Pedreña e con il ristorante tri stellato ‘El cenador de Amós’ dello chef Jesús Sanchez per l’offerta di un pack che include un green fee in ogni campo ed una cena nel prestigioso ristorante. Venendo al campo, il mitico Seve diceva: “Sono molto soddisfatto per il lavoro svolto. È un percorso naturale, dove si è cercato di mettere in gioco tutte le particolarità del terreno. Ho giocato in molti campi e, oggettivamente, non conosco nessuno che conti dei par 3 all’altezza di quelli di Santa Marina. D’altra parte i
par 5 non sono difficili ad eccezione del 9 dove bisogna pensare alla strategia più adeguata. I par 4 sono anche molto completi e molto equilibrati”. Realmente il percorso, con un par 71, è corto ma molto, molto tecnico. Seve sottolinea la necessità di pensare una strategia per la buca 9 ma credo che tutti saremmo d’accordo che a Santa Marina bisogna riflettere su ogni colpo per uscire indenni dall’impresa. In effetti mi dicono che anche giocatori esperti devono ripetere il percorso almeno due o tre volte prima di veder migliorare i propri risultati. Si pensi che la velocità dei green, grandi ed ondulati, è di 9.9 (11 durante le competizioni). La buca del 4, un par 3 denominata ‘la cueva’ (la caverna) ha una distanza dai battitori gialli di solo 111 metri ma francamente mette soggezione. Il green, mosso e in discesa, è protetto da un autentico fossato ed immesso in un’arena di roccia e boschi (dai quali non sorprenderebbe scorgere le rovine di una piramide Maya…). Mi viene in mente l’insegnamento militare svizzero: “ein schuss ein treffer” (un colpo un colpito) o il titolo di un film di tanti anni fa: “Dio perdona, io no”. Questa buca 4 inaugura il ciclo delle buche 4,5 e 6 che Ballesteros comparava con l’ “Amen Corner” del Augusta
A sinistra, il Campo Municipal de Golf Mataleñas di Santander (città); in particolare le buca 7. Nella foto in basso, uno scorcio della Club House del Santa Marina Golf di San Vicente. Nella pagina accanto, ancora uno scorcio del Santa Marina Golf, alla buca 9.
National. Per quanto riguarda la buca 19, varie fonti coincidono nell’indicare, oltre al ristorante del club, i ristoranti Las Redes y el Bogaboa (un ‘must’ anche per la ‘chef’ Cristina Oria di Madrid in occasione dei suoi viaggi al nord della Spagna).
Anche se la Spagna è un paradiso del golf e la maggior parte dei percorsi più famosi sono situati nel sud del Paese, penso che i giocatori più accaniti non dovrebbero perdere l’occasione di cimentarsi con questo campo e di ricordare con il sudore, il mal di testa ma anche con il piacere di un campo in perfette condizioni e una vista magnifica, la figura del mitico Severiano Ballesteros (la cui grande statua in bronzo domina al lato del pro shop del club).
Tornando ora a Santander, descriverò un campo a mio avviso veramente straordinario, soprattutto per la sua ubicazione, adiacente alla città e letteralmente circondato dal mare. Il campo è stato costruito infatti in una penisola che chiude la baia del Sardinero (la zona delle spiagge di Santander dove si trova oggi il Gran Casino del Sardinero, inaugurato nel 1916) e dalla quale si ha una vista sulla baia, la penisola della Magdalena (con il palazzo donato a suo tempo alla famiglia reale spagnola), ed i fari dell’isola di Mouro e quello del ‘Cabo Mayor’). Un autentico lusso per la vista che accompagna il giocatore ad ogni buca. Ricordo ancora che verso la fine degli anni ‘80 la penisola ospitava un campo pratica. In effetti a quei tempi, in occasione del successo internazionale di Seve, il sindaco di Santander, Juan Hormachea (politico emblematico e stacanovista che fu non solo sindaco ma anche presidente della Regione della Cantabria), aveva iniziato un progetto di una scuola di golf diretta da Baldomero Ballesteros, fratello maggiore di Seve, non andato poi a buon fine, con il ritiro nel 1984 di Baldomero per screzi con il sindaco, il quale, imperterrito decise di proseguire da solo. Nel 1985 inizia la costruzione del campo da golf, finalmente inaugurato con 9 buche nel 1986
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e come primo campo municipale di tutta la Spagna, diretto, dall’inizio e ad oggi, dal maestro giocatore membro della Pga Miguel Angel Raba Miñan, originario, come no, di Pedreña. Ricordo bene di aver praticato prima e poi giocato nel nuovo campo l’estate della sua inaugurazione. È stata la prima volta (e sinceramente l’ultima) che ho pensato che il golf fosse un gioco estremo e pericoloso. In effetti i 15 ettari della penisola erano totalmente spogli di vegetazione e il campo occupato da giocatori neofiti che si dedicavano ad incrociare le traiettorie delle rispettive palle da una buca all’altra (senza il rituale grido di ‘fore’, direi ora per fortuna perché altrimenti invece di un campo di golf Mataleñas sarebbe stata famosa come
tano i ‘farways’ decisamente con una pendenza in discesa da sinistra a destra (che al ritorno, nella buca 7 è da destra a sinistra). I greens sono piccoli, con pendenze pronunciate e molto protetti da bunkers. Il colpo d’approccio deve essere quindi molto preciso per evitare di vedere la palla entrare nel green per poi lasciarlo rapidamente e scendere, scendere fino quasi al mare. L’impresa non è facile, non solo per la posizione dello ‘stance’, spesso inclinata, ma anche per i venti che soffiano sul campo, in particolare da Nord-Est. Secondo Miguel, la buca più difficile è la 6, un par 4 di 329 metri con il green sopraelevato e super protetto da bunkers. A mio modesto parere, l’incubo è piuttosto la buca 7, par 4 più corto (283m) ma con
mente: vicinissimo al campo ed ubicato proprio sulla seconda spiaggia del Sardinero si trova il ristorante, con una stella Michelin, El Serbal, un ‘must’. Sempre nel Sardinero trovate De Luz, un ristorante situato in una delle tipiche villette del quartiere ‘aristocratico’ (nei pressi del palazzo della famiglia dei banchieri Botin e del Gran Hotel Palacio Real), con un bel giardino ed una carta interessante. Per gli amanti del pesce, nel centro di Santander (zona di ‘Puertochico’), posso raccomandare La Bombi. Al lato si trovano un locale che ha combinato lo spaccio di prodotti gourmet con dei tavoli dove si possono degustare prodotti locali e buoni vini, Mi Alacena (ho incrociato anche la sindaco di Santander all’ora di cena). Troverete
teatro dell’opera corale), lasciando poco tempo per collocarsi in uno ‘stance’ per la preoccupazione di schivare le palle altrui.
Ora è tutt’altra cosa. Il club conta 1250 abbonati (è arrivato ad averne 1500) e nel campo giocano in media 200 giocatori al giorno, che si traduce nel ‘rating’ percentuale più alto della Spagna. Indispensabile riservare in anticipo il Tee Time (online è possibile fino a tre giorni prima, per telefono non è sempre facile a dipendenza dell’occupazione della linea). A partire dalle 08:30 è già schierata la vecchia guardia dei giocatori abbonati abituali. Con partenze ogni 8 minuti (dunque con Tee Time degni delle Ffs) e generalmente con partite di quattro giocatori è indispensabile evitare ad ogni costo il gioco lento onde evitare le sfuriate degli ‘habitués’. Il campo presenta le sue difficoltà: le buche dall’1 al 3 (due par 4 ed un par 3) presen-
il fairway totalmente inclinato da destra a sinistra (ovvero con alte probabilità che la palla scenda fino al fairway della buca 3), con la linea di fuori limite a destra ed un piccolo green sopraelevato (molto se la palla è scesa a sinistra) sempre super protetto da bunkers.
La buona notizia per chi fosse interessato a cimentarsi con questo campo e godere della vista eccezionale che offre sono i prossimi lavori (iniziano verso ottobre per circa 8 mesi con un budget di 750.000 euro) di rimodellamento dei 9 green (due saranno ricollocati) che saranno più grandi, più rapidi e con migliori ante-greens.
La buca 19 di Santander non è sufficiente: ce ne vorrebbero almeno altre 17, tanti sono i posti di interesse gastronomico in una terra che gode di prodotti squisiti sia del mare che della montagna. Breve-
invece il Seve Ballesteros dei sommeliers spagnoli ed una cantina eccezionale presso La Cigaleña. Non lontano, un bar con una incredibile selezione di ostriche e degli ottimi gamberi (di Huelva) marinati, La Mar. Finalmente, una taverna rustica, aperta da almeno 40 anni nella calle de Tetuán, originalmente di pescatori, ma dove si può mangiare un ‘bogavante azul’ (astice blu) di più di 2 chili mostrato vivo prima di finire ai ferri: il Marucho ‘de toda lavida’. Ma, come dicevo, di ristoranti e bar a Santander ce ne sono per tutti i gusti e per ripetere anno dopo anno. Firmo così la ‘score card’ di questo tour golfistico per la Cantabria (ho tralasciato qualche altro percorso per ovvie ragioni di spazio) pronto per presentarmi al tee del prossimo quaderno golfistico: Madrid.
David Mülchi
Settembre 2023 TM · 127
Sportività senza compromessi
Elettriche e ibride schiacciano sull’acceleratore nelle vendite, ma per quanto efficienti spesso il puro piacere della guida rimane esclusiva dei motori benzina. Ecco tre esempi per chi è in cerca di prestazioni davvero sportive, con carrozzeria Sportback, Stationwagon e Spider.
La quarta generazione dell’Audi S3, nata nel 1999, interpreta e sviluppa ulteriormente la ricetta che da oltre 20 anni l’ha resa una delle vetture compatte sportive più desiderate, con potente motore benzina turbo, trazione integrale e un abito di classe e sportivo, ma non troppo appariscente. Nel frattempo però anche la concorrenza ha affilato le armi e oggi deve rivaleggiare non solo contro le tedesche Bmw M135 e Mercedes Amg A35, ma anche con vetture giapponesi e coreane che hanno fatto strada.
A Ingoldstadt hanno dovuto fare bene i compiti e ci sono riusciti: la nuova Audi S3 da 310 cavalli del nostro testdrive ci ha lasciato il sorriso stampato in faccia! Va davvero forte e i 4,8 secondi da ferma ai canonici 100 lo confermano, anzi sembrano addirittura meno grazie al launch control e cambio Dsg robotizzato a 7 rapporti davvero reattivo. La trazione quattro non è permanente, ma di tipo Haldex che
invia la potenza alle ruote con maggior aderenza. È comunque un’auto facile da guidare, già dopo pochi chilometri sembra di conoscere le sue reazioni, merito anche dell’assetto con ammortizzatori a controllo elettronico. L’unica pecca, se così si può definire, deriva dai 4 tubi di scarico che purtroppo non hanno più il medesimo rombo con i suoi scoppiettii, ma è il prezzo da pagare con le nuove normative sempre più severe con filtri antiparticolato anche sui motori benzina.
A forme sobrie e parafanghi bombati, comuni a tutte le Audi A3 Sportback, la S3 aggiunge grintosi paraurti specifici, con spoiler e griglie generosamente dimensionati. I ricercati dettagli nero lucido del pacchetto look nero in opzione, le stanno davvero bene. Dopo la RS 3, con ben 400 cavalli sprigionati dal suo 2,5 a cinque cilindri, l’Audi S3 è la versione più potente della gamma A3 Sportback ed offre davvero un’ottima soluzione a coloro che cercano un abitacolo con una buona
spaziosità e insonorizzazione curata, assieme una guida sportiva e performante, soprattutto in modalità Dynamic, mentre in modalità Efficiency diventa davvero parca nei consumi. Il bagagliaio offre da 325 a 1145 litri e 4 persone hanno davvero parecchio spazio a disposizione.
Davvero comodo il dispositivo di parcheggio semiautomatico di serie che quando si transita davanti ad altre auto in sosta, avvisa quando trova uno spazio adeguato, poi esegue la manovra da sola girando il volante mentre il conducente agisce su acceleratore e freni.
A partire da 66.470.- Chf.
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Audi S3
società /auto
Audi S3
Cupra Sportstourer Vz Cup
Cupra ha fatto il suo debutto come marchio autonomo nel 2018. Il primo modello è stato la Ateca, seguita a ruota dalla nuova Cupra Leon, che dell’attuale generazione porta esclusivamente il nome del neonato brand sportivo della Seat. Particolarmente sportiva la Cupra Leon Sportstourer in versione Vz Cup da ben 370 cavalli, che grazie alle modifiche della Abt è davvero generosa, con il suo cuore ancora più potente, e anche nella scelta degli esterni e degli interni si è data molta importanza all’emozione e alla sportività. Il design più dinamico e grintoso viene sottolineato da cerchi in lega leggera Exclusive da 19 pollici torniti a specchio, minigonne laterali in alluminio scuro, spoiler posteriore in carbonio, bodykit sportivo con grandi prese d’aria nel paraurti e specchietti retrovisori in carbonio, nonché quattro scarichi e diffusore posteriore balzano subito all’occhio.
Assai particolare anche l’interno: elementi distintivi di questa versione sono i sedili sportivi a guscio CupBucket con fascia centrale e guance in pelle nera o in opzione in Petrol Blue. Il volante supersportivo con sistema di pulsanti di avviamento consente di selezionare il drive profile che varia tra Efficiente, Sport e Cupra, stile che esalta il rombo dello scarico. Grazie all’incremento di potenza Abt il motore 2.0 Tsi con cambio Dsg a 7 rapporti e 4Drive della station wagon dinamica assicura divertimento al volante allo stato puro con prestazioni ancora più elevate e performance ancora più sportive, ma anche tanto spazio per 5 persone e un bagagliaio da 620 a 1.600 litri. Ideale
anche per il padre di famiglia alla ricerca di prestazioni davvero sportive, ma al contempo di una vettura che offra sufficiente spazio per la famiglia e relativi bagagli. A partire da 60.700.- Chf.
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AcrossGen Global Equity Fund
Banca Depositaria: State Street Bank International GmbH, Luxembourg Branch. Rappresentante e Servizio di pagamento in Svizzera: Cornèr Banca S.A., Via Canova 16, CH-6901 Lugano. Per maggiori informazioni sulla SICAV si rimanda al prospetto. È possibile ottenere gratuitamente copie del prospetto, le Informazioni chiave (KID), lo statuto e il contratto del fondo d’investimento e delle relazioni annuali e semestrali in lingua francese facendone richiesta presso la sede legale della SICAV, la banca depositaria o qualsiasi rappresentante autorizzato e, per la Svizzera, contattando Cornèr Banca S.A. Nessuna offerta. Le informazioni e le opinioni indicate non costituiscono in nessun caso un invito o un’offerta o una raccomandazione di acquisto o di vendita di titoli o strumenti finanziari o di consulenza o di servizio finanziario o transazione di sorta.
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