Ticino Management: Luglio/Agosto 2023

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Clima agroalimentare Un conto insostenibile Clima agroalimentare Un conto insostenibile

Economia

Economia

Ricercare visioni, sostenere persone

Start up

Finanziamento, gap da colmare

Aziende

Aziende

Come intrecciare tradizione e innovazione

Turismo

Turismo

Sinfonie estive tra le vette

Finanza

Finanza

La svolta copernicana è davvero iniziata?

Start up Design

Design

Outdoor, una filosofia naturale

Estero: Ume 10 Euro Anno XXXV n. 7-8 • Agosto 2023 Regno Unito: Gbp 9,00; Us: Usd 10,00 Svizzera: Fr. 12.-
© John Deere

AcrossGen Global Equity Fund

Banca Depositaria: State Street Bank International GmbH, Luxembourg Branch. Rappresentante e Servizio di pagamento in Svizzera: Cornèr Banca S.A., Via Canova 16, CH-6901 Lugano. Per maggiori informazioni sulla SICAV si rimanda al prospetto. È possibile ottenere gratuitamente copie del prospetto, le Informazioni chiave (KID), lo statuto e il contratto del fondo d’investimento e delle relazioni annuali e semestrali in lingua francese facendone richiesta presso la sede legale della SICAV, la banca depositaria o qualsiasi rappresentante autorizzato e, per la Svizzera, contattando Cornèr Banca S.A. Nessuna offerta. Le informazioni e le opinioni indicate non costituiscono in nessun caso un invito o un’offerta o una raccomandazione di acquisto o di vendita di titoli o strumenti finanziari o di consulenza o di servizio finanziario o transazione di sorta.

Capo

Redazione Susanna

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Andrea Petrucci apetrucci@eidosmedia.ch

Emanuele Pizzatti · epizzatti@eidosmedia.ch

Maria Antonietta Potsios - mapotsios@eidosmedia.ch

Eleonora Valli evalli@eidosmedia.ch

Hanno collaborato a questo numero

Ettore Accenti, Achille Barni, Ignazio Bonoli, Andrea Ferraretti, David Mülchi, Stelio Pesciallo, Carlo Secchi, Luca Trisconi

Progetto e coordinamento grafico

Veronica Farruggio grafica@eidosmedia.ch

Pubblicità

Coordinamento interno pubblicita@eidosmedia.ch Tel. 091 735 70 00

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Coordinamento Produzione

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Abbonamenti abbonamenti@eidosmedia.ch

Annuo franchi 100.- (9 numeri, 3 bimestrali)

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Logistica e amministrazione amministrazione@eidosmedia.ch

Chiusura redazionale: 31 luglio 2023

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redattore
Introzzi · fintrozzi@eidosmedia.ch
Federico
Cattaneo · scattaneo@eidosmedia.ch
·
Giulio De Biase
gdebiase@eidosmedia.ch
Mirta Francesconi · mfrancesconi@eidosmedia.ch
ISSN 1664-3798
Editoriale

La biodiversità è la varietà di forme di vita sulla Terra, cruciale per la salute e la sopravvivenza del nostro pianeta. Per questo ha senso cambiare il nostro modo di investire.

Wealth & Asset Management | Treasury & Trading | www.ubp.com In Svizzera l’UBP ha ottenuto l’autorizzazione ed è regolamentata dall’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA). Iscrivetevi alla nostra newsletter su ubp.com INVESTIAMO IN UN FUTURO SOSTENIBILE.
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Bufale inflative

L’agroalimentare è il primo contributore della crisi climatica, partecipando per oltre un terzo alle emissioni totali. Ma quanto sta davvero contribuendo alle spinte inflative, e come potrebbe diventare più sostenibile?

Opinioni

10 Ettore Accenti. I numeri sconfessano i virtuosi obiettivi in materia di questione climatica ed energetica.

12 Stelio Pesciallo. La caduta di Credit Suisse mette in rilievo i punti critici nell’attività della Finma.

14 Ignazio Bonoli Ennesimo capitolo per la riforma sulla previdenza, che solleva i soliti malcontenti per i nodi irrisolti.

16 Luca Trisconi (in foto) L’intelligenza artificiale rischia di rimpiazzare gli avvocati nella consulenza legale?

18 Andrea Ferraretti. Gestione patrimoniale e ‘advisory’ per holding, grande opportunità per gli operatori svizzeri.

20 Carlo Secchi. Design thinking: individuo al centro nello sviluppo di prodotti, servizi, processi e organizzazioni.

Economia

32 Testimonianze. Un fenomeno ancora poco conosciuto ma promettente: le comunità energetiche rinnovabili, possibile modello per la transizione alle fonti alternative

34 Aziende. Le pratiche di gestione Lean per raggiungere l’eccellenza operativa puntando su un’organizzazione efficiente ed efficace.

Da sinistra, Christina Senn-Jakobsen, di Swiss Food & Nutrition Valley, Carmine Garzia, professore dell’Università di Pollenzo, Alec Lucas, analista di Global X Etf, e Victoria Leggett, responsabile Impact Investing di Ubp.

Osservatorio

61 Sfama. L’estate è una stagione molto complessa.

62 Analisi . Si fa notare la crescita del trading delle opzioni a breve scadenza.

64 Settori . L’ascesa dell’Ia generativa suscita l’entusiasmo di molti. Quali orizzonti per gli investitori in titoli tecnologici?

66 Obbligazionario. Si riaccende l’interesse degli istituzionali per l’obbligazionario, ma attenzione alla volatilità.

70 Obbligazionario (Vincent Chaigneau, sopra). Mentre cala il sipario sul secondo trimestre 2023, un falso senso di calma domina i mercati globali.

81 Strategie. Puntare sulle imprese di grande e media capitalizzazione del mercato azionario svizzero.

Eureka

44 Editoriale. Il secondo capitolo della nuova sezione dedicata all’innovazione e alla galassia delle sue stelle nascenti, le start up.

46 Start up. Forte del suo business model unico, Klam sta rinnovando il mercato delle ristrutturazioni, che l’immobiliare fatica invece di solito a mettere a frutto.

48 Strategie. Le sfide per l’ecosistema dell’innovazione ticinese che si apre alle start up da fuori cantone.

50 Digitale . Anche le aziende del settore Travel possono esplorare nuovi orizzonti di efficienza e personalizzazione sfruttando le applicazioni di Ia e machine learning.

52 Lo studente Incentivare impegno e motivazione dei dipendenti grazie a modelli contrattuali stimolanti.

6 · TM Agosto 2023
Cover Story p. 22
sommario luglio/agosto 2023

La stoffa della creatività p. 36

Un secolo di storia e il perfetto intreccio fra grande la tradizione tessile di San Gallo e l’innovatività del suo stile, fanno di Akris una protagonista di prima classe del prêt-à-porter. A lato, Albert Kriemler, direttore creativo.

Eureka

L’imprenditoria europea vive ancora oggi lo stigma del fallimento. Sbagliare è però un ottimo modo per imparare, e poi ritentare. A lato, Laurent Ashenden, fondatore di Ashenden Finance.

p. 45

Preparati al futuro p. 56

Una giovane realtà del territorio si è ritagliata un’importante ruolo nella Piazza, ed è pronta a dare il suo contributo nei mesi a venire. Ma avverrà il consolidamento? A lato, Marco Boldrin, Ceo di Copernicus Wealth.

Industria cinematografica

I programmi dedicati dal Locarno Film Festival ai professionisti, potenziano il suo sostegno al cinema indipendente e ai nuovi talenti. A lato, Markus Duffner, responsabile di Locarno Pro. p. 40

Arredo d’autore

Abitare gli spazi esterni all’insegna di un benessere autentico e profondo. Il ruolo di linee avvolgenti, di materiali di qualità e anche del giusto mindset. La filosofia di Jean-Marie Massaud, designer.

p. 90

Finanza

54 Analisi. Ampliare la propria attività, rilevando anche un’altra? La soluzione della holding.

67 Settori. Cè ancora tempo per salire a bordo del treno dei tecnologici dopo la folgorante corsa nel 2023?

68 Alternativi Tendenze contrastanti e pressioni significative per il Venture Capital.

Turismo p. 84 e p. 87

Fra natura, sport e un’accoglienza impeccabile, Gstaad è anche una perfetta destinazione estiva. Una stagione sulle classiche note del Menuhin Festival. A lato, la Gstaad Festival Orchestra.

Cultura

74 Fiere. È tornata in grande spolvero Art Basel, confermandosi leader assoluta. Il racconto di quattro galleristi di riferimento a Lugano.

78 Fotografia. La grande mostra itinerante di Sebastião Salgado, per sensibilizzare alla tutela del patrimonio della foresta amazzonica, fa tappa a Zurigo e Milano.

82 Mostre. Alla Fondazione Marguerite Arp un aspetto inedito della creatività di Jean, ispirato dall’Oriente.

94 Enogastronomia. Il Grand Vintage 2015 Moët & Chandon onora le promesse di un’ottima annata.

Rubriche

8 Appuntamenti

96 Auto

Agosto 2023 TM · 7
© Locarno Film Festival / Ti-Press © Photo Akris © pierremonetta © Gstaad Menuhin Festival - Raphaël Faux

Arles

Diana Arbus. Constellation

Appena nominata nuova Presidente del Locarno Film Festival, tra i tanti suoi prestigiosi ruoli Maja Hoffmann brilla come fondatrice e presidente della Luma Foundation di Arles, fra i maggiori progetti privati in ambito culturale d’Europa. Anche nel 2023 si distingue con una serie di progetti e mostre di qualità che, introducendo un ampio spettro di temi, concetti provocatori e opere d’arte di grande impatto visivo, ne confermano il ruolo di centro internazionale di sperimentazione. Tra i punti forti, la mostra dedicata a Diane Arbus che si qualifica come la più completa mai organizzata sull’artista, riunendo per la prima volta tutti e 454 gli scatti (alcuni ancora non

pubblicati) sviluppati da Neil Selkirk, l’unica persona autorizzata a stampare i negativi della grande fotografa dopo la sua morte.

Fondamentale centralità assume l’allestimento: un’installazione immersiva per rappresentare anche la dimensione extra-fotografica di queste immagini ciò che, come la materia, le mantiene tutte in equilibrio e le collega l’una all’altra. Niente percorso di visita, ma un numero infinito di combinazioni perdendosi dietro i passi che, fra casualità e istinto, hanno guidato l’obiettivo della grande fotografa. La mostra fa parte anche del festival fotografico Rencontres d’Arles, che da 54 edizioni accompagna le estati provenzali: un programma eclettico, che tocca tematiche dal rapporto tra uomo e natura alla libertà femminile, alla memoria collettiva, in cui ognuno potrà trovare altri importanti spunti di riflessioni e scoperta.

LUMA Foundation

Me-Do, 10-19.30

Fino al 24 settembre

A sinistra, uno dei modelli a parire da cui Monika Sosnowska crea le sue monumentali sculture, Maquette pour corrimano, 2016, carta cartone.

A fianco, lo speciale allestimento ideato con cui la Luma Foundation di Arles presenta per la prima volta l’eccezionale collezione di 454 stampe della grande fotografa nella mostra Constellation.

Berna

Monika Sosnowska

Non solo fra le più celebri artiste contemporanee di origine est-europea, Monika Sosnowska è considerata tout court una delle più importanti creative oggi in attività. Cresciuta nella Repubblica Popolare Polacca, ha vissuto l’introduzione della democrazia nel 1989. Dopo essersi formata presso l’Accademia delle Arti di Poznań sotto la direzione di Jarosław Kozłowski, uno dei principali esponenti dell’arte concettuale in Polonia, da inizio anni Duemila ha sviluppato un singolare corpus di opere scultoree. Spesso occupando interi spazi, le sue sculture e installazioni architettoniche in acciaio, cemento o qualsiasi altro materiale da costruzione interagiscono con l’ambiente costruito e anche con gli spazi vuoti, che costituscono lo spazio urbano nella sua complessità.

La mostra che le dedica il Zentrum Paul Klee è la prima a concentrarsi non solo sulle opere di grandi dimensioni, ma anche sul processo di lavoro dell’artista, documentato grazie a 50 modelli che ne coprono l’intera carriera: prima di creare le sue sculture alte diversi metri, Monika Sosnowska realizza infatti piccoli modelli, principalmente in cartone, carta o filo metallico, rielaborati poi con ingegneri e fabbri, utilizzando camion, gru, argani e altri metodi per deformare gli elementi architettonici di partenza delle sue opere. Inoltre una selezione di fotografie di Monika Sosnowska illustra il suo approccio allo spazio urbano e ai suoi cambiamenti, con particolare attenzione a Varsavia.

Zentrum Paul Klee

Ma-Do, 10-17

Fino al 10 settembre

8 · TM Agosto 2023
© The Estate of Diane Arbus Collection Maja Hoffmann / LUMA Foun dation. Photo © Adrian Deweerdt Photo Eva Herzog © Monika Sosnowska
appuntamenti di
Mirta Francesconi

Il dialogo fra gli storici, suggetsivi spazi di Villa Arconati e l’impossibile Engadina che il fotografo svizzero

Marco D’Anna ha ricreato nelle sue immagini digitalmente rielaborate, con risultati di pittorica poeticità.

Magdalena

Abakanowicz

Territori tessili

Organizzata d al Musée cantonal des Beaux-Arts di Losanna e dalla Fondazione Toms Pauli con la Tate Modern, questa grande mostra internazionale offre un’affascinante visione sull’inclassificabile universo creativo dell’artista polacca Magdalena Abakanowicz (1930-2017), pioniera dell’arte tessile e importante scultrice della secondo Novecento. Abakanowicz ha esplorato le possibilità della fibra organica come materiale vivo e malleabile per esprimere in modo innovativo la sua visione ispirata all’osservazione della natura e dell’essere umano, creando imponenti opere tridimensionali dalle forme biomorfe, chiamate Abakans.

Losanna ha avuto un ruolo decisivo nel suo successo, grazie alle Biennales de la tapisserie, alla galleria Alice Pauli e ai collezionisti locali. La mostra presenta le prime tessiture, sculture morbide di grandi dimensioni, modanature, knottings e disegni, con opere fondamentali come l’Abakan rosso, esposto per la prima volta a Losanna nel 1969 e ora parte della collezione della Tate. Sono inoltre presenti opere mai viste prima, in particolare dalla Fondazione Toms Pauli, che possiede una delle più importanti collezioni di opere dell’artista al di fuori della Polonia. Musée cantonal des Beaux-Arts Ma-Do, 10-18; Gi 10-20 Fino al 24 settembre

Il celebre Abakan rosso, 1969, sisal, 405×382×400 cm, Tate, Londra, con l’Abakan arancione, 1968, sisal, 360× 360×45 cm, Museo nazionale Stoccolma.

Castellazzo di Bollate

Oltrereale

Tra i più illustri esempi di “villa di delizia” del patriziato milanese, Villa Arconati vanta un fascino senza tempo, valorizzato grazie al lavoro di recupero e riconversione culturale di Fondazione Augusto Rancilio. Quest’anno regala ai suoi visitatri anche la prima mostra fotografica, conducendoli in un viaggio alla scoperta delle montagne catturate dalla maestria di Marco D’Anna. Un percorso di 34 fotografie che presentano le cime svizzere dell’Engadina, ri-scoperta durante la pandemia. Un luogo caro non solo al fotografo ma anche al maestro divisionista

Giovanni Segantini, a cui D’Anna si ispira per la tecnica di riproduzione. Immagini digitali che vengono sovrapposte creando nuove realtà in cui ognuno di noi ritroverà il suo luogo ideale, la vetta della memoria. Un percorso visivo ed emozionale che si inscrive negli spazi della Villa, le cui sale non perdono mai la loro personalità e il loro personale racconto, ma entranio in dialogo con le nuove suggestioni portate dagli artisti che con progetti personali e irripetibili, continuano un racconto che si scrive ormai da quattro secoli.

Villa Arconati

Domenica, 11-19

Fino al 29 ottobre

Agosto 2023 TM · 9
Losanna © Tate, Photo Norbert Piwowarczyk © Fundacja Marty Magdaleny Abakanowicz Kosmowskiej i Jana Kosmowskiego © by Marco D’Anna

La pazzia del secolo

Vista da Marte l’epopea ambientalista terrestre assume tratti molto comici, o particolarmente preoccupanti. A volte un bagno di realismo, misto a umiltà, non guasterebbe.

Se esistesse su Marte un’evoluta civiltà che guardasse da tempo e di nascosto al comportamento di umani quasi intelligenti, non potrebbe che rinchiudere l’intera umanità in un grande manicomio! E non tanto per le migliaia di inutili guerre che per i motivi più disparati si sono fatte già lanciandosi i sassi, da poco usciti dalle caverne.

Molto più semplicemente, a far testo potrebbero essere gli ultimi anni, e che nonostante le tanto acclamate e sbalorditive capacità scientifiche non si riesca a fare dei semplici conti per capire realmente come rispetto alla questione del clima e dell’energia si stia andando a sbattere.

Quei marziani avranno sicuramente notato quanto vissuto negli anni Settan-

ta quando il mondo devastato dalle tre crisi energetiche reagì programmando la realizzazione di centrali atomiche, costruendone 700, per poi, all’inizio del nuovo millennio decommissionarle spendendo più che per costruirle.

Allora tutti, ma proprio tutti, scienziati e politici, convennero che per la fine del secolo il petrolio si sarebbe quasi esaurito e avrebbe superato i 200 dollari al barile. Contrariamente a quanto previsto nel nuovo secolo, ci si accorse che di petrolio ce n’era anche troppo e che a 30 dollari al barile era più costoso estrarlo.

Qualcuno poi avanzò l’ipotesi che il bruciare troppa energia fossile avrebbe creato qualche problemino al pianeta e così gli stessi marziani si saranno congratulati per aver riunito tutte le nazioni ogni anno, partendo dalla prima Conference of the Parties (Cop) a Kyoto nel 1997 al fine di risolvere il problema. Sicuramente poi si saranno rattristati nel constatare che dopo l’ultima del 2022, l’unico anno in cui l’umanità ha rallentato il ritmo delle emissioni è stato il 2020… grazie a un virus!

Ora, quei marziani, osservano mentre da ogni parte si strepita e si urla inneggiando a voler ‘salvare il pianeta’, partendo proprio dal ridurre i gas serra che da un secolo e mezzo vengono liberati in atmosfera così come si è fatto con tutta la plastica presente ormai in ogni mare.

Naturalmente quegli ipotetici marziani sanno bene che l’azzurra Terra esiste da 4,7 miliardi di anni e non ha certo bisogno di essere salvata. Ha superato indenne catastrofi ben peggiori dei danni che gli umani un po’ troppo sporcaccioni, riescono a fare! Anzi, pare proprio che ogni volta che si tenta di salvarlo, si finisca solo con il peggiorarne la situazione.

La plastica, ad esempio. Fin da quando studiavo al Politecnico di Milano chimica applicata ai tempi del professor Giulio Natta, Nobel del 1963 proprio per l’invenzione del Moplen, una plastica in grado di sostituire ferro, alluminio, vetro e ceramica in molte applicazioni, si sapeva già allora che questo materiale artificiale di lunga durata e basso costo andava riciclato una volta sfruttato e… ce ne accorgiamo solo ora?

Per non parlare della pericolosità delle scorie radioattive, problema lontano dall’essere risolto e comunque modestissimo se paragonato alle oltre 10mila bombe nucleari gelosamente conservate. Un’altra pazzia del momento fra le tante è pretendere di ridurre l’attuale aumento della temperatura media dell’atmosfera di origine antropica, che fino a qualche anno addietro era pari a otto centesimi di grado centigrado ogni dieci anni e che ora sta aumentando. Riscaldamento che è essenzialmente dovuto alle emissioni di anidride carbonica generate dal bruciare energie fossili, che sono passate dalle 200 ppm (parti per milione) dell’era preindustriale alle 420 ppm attuali.

L’ingordigia di energia ne è la causa essendo il suo consumo proporzionale al benessere individuale, come dimostrano i dati. Benessere, tra l’altro, ben lontano dall’essere equamente distribuito. Non occorre essere marziani per fare i conti esatti e valutare quanto sta succedendo, o per capire che in futuro la si-

10 · TM Agosto 2023
Ettore Accenti, esperto di tecnologia. Blog: http://bit.ly/1qZ9SeK Sotto, le principali fonti di energia primaria nell’anno 2022.
opinioni / l’esperto di tecnologia

tuazione non potrà che peggiorare nonostante tutte le decisioni su auto elettriche, energie rinnovabili, idrogeno, freno allo sviluppo degli Emergenti, e tutto il resto.

La questione è tutta nei numeri! Se le politiche di tutte le nazioni sono orientate all’aumento del benessere dei propri cittadini, e se questo è proporzionale al Pil che è a sua volta correlato al consumo di energia individuale, non ci vuole molto per calcolare che dei quattro scenari previsti dalle Cop sarà già tanto realizzare il più pessimistico (RCP 8.5), cioè una situazione che prosegua con le politiche note, dunque con un aumento della temperatura media dell’atmosfera superiore, e di molto, al grado centigrado nell’anno 2100 con le inevitabili conseguenze di cambiamenti climatici e innalzamento del livello dei mari anche oltre il metro.

La questione è chiaramente illustrata nelle figure, partendo dall’attuale consumo di energia primaria pari a 165.945 TWh (terawattora) nel 2022 e proiettandolo al 2050 con la popolazione mondiale aumentata di due miliardi. Un aumento fortemente diseguale tra nazioni ricche e povere con il prevalere di quest’ultime che certamente vorranno aumentare e di molto il loro modesto benessere attuale.

Anche le politiche dei Paesi ricchi non fermeranno certo la loro crescita; nessun politico durerebbe più di un giorno se proponesse di fermare il Pil o, peggio, di ridurlo. Anzi, gli economisti già formulano la previsione che da qui al 2050 me-

diamente il Pil occidentale raddoppierà.

Per i miliardi di abitanti negli Emergenti, con redditi oggi ridicoli non si può pensare che accettino l’elemosina di qualche dollaro all’anno pro capite (come i 100 miliardi all’anno richiesti dall’Onu nel 2015) per rinunciare all’uso di energie economiche come quelle fossili.

Quello che accadrà è che i Paesi ricchi raggiungeranno una media di energia pro capite primaria consumata doppia rispetto a oggi e che quelli poveri porteranno il loro consumo pro capite ad almeno un terzo di quello occidentale attuale.

Con tali ipotesi piuttosto conservative, e un semplice calcolo che sicuramente gli amici marziani hanno già fatto, si otterrebbe per l’anno 2050 un consumo mondiale di energia primaria pari ad almeno 340.000 TWh, in accordo con le previsioni di importanti centri di studi economici che prevedono per l’anno 2050 un raddoppio del Pil mondiale.

A questo punto sorge la domanda spontanea su come questi 340.000 Twh saranno prodotti nel 2050 e negli anni a seguire e da quali fonti. Se da eolico e solare a quella data si sarà riusciti a produrne all’anno 10 volte tanto (0,80% solare e 1,27% eolico sul totale 2022) per quella data rappresenterà una modesta percentuale dell’energia consumata, con buona pace per l’inquinamento.

Senza qualche imprevedibile diavoleria tecnologica sarà ben difficile sfuggire al riscaldamento globale previsto dalla Rcp

A sinistra, l’Ipcc, ente che riunisce ogni anno le Cop, ha definito quattro scenari che prevedono statisticamente come si comporterà l’atmosfera all’aumentare della percentuale di Co2. Si va dallo scenario più ottimistico (Rcp 2.6), con interventi immediati, al peggiore (Rcp 8.5), senza decisioni. Precisi impegni furono presi a Parigi nel 2015, che avrebbero portato a Rcp 4.5 già oggi da dimenticare. A destra, l’assurda distribuzione dei consumi individuali di energia e quindi il benessere degli abitanti del pianeta. È quindi facile prevedere che nel 2050 le popolazioni a basso reddito, 4 miliardi di individui e in forte crescita, aumentino il loro consumo almeno fino a 10kWh. Un consumo globale di 340mila TWh per il 2050 risulta quindi ottimistico.

8.5 e, comunque, per chi mi legge, un po’ di ottimismo: nessuno rinchiuderà nessuno in un manicomio, i marziani non esistono ed è ormai noto perché gli umani sono scesi anche dalle loro parti molte volte, riuscendo nella rara prodezza di inquinare anche quel pianeta, con tutte le sonde inviate alla ricerca di una vita che non c’è. Quindi tutti tranquilli e felici, ci sarà qualche tornado in più e qualche spiaggia in meno, ma un monumentale aumento di chiacchiere è assicurato!

Agosto 2023 TM · 11

I punti deboli della Finma

La caduta di Credit Suisse ha una volta di più messo in rilievo le carenze dell’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari, priva di una visione d’insieme e critica su tutta la sua attività.

Ancora lo scorso 15 marzo, quattro giorni prima della comunicazione del tracollo, la Finma, l’autorità federale di sorveglianza delle banche e degli altri intermediari finanziari, assicurava che il Cs adempiva a tutti requisiti richiesti alle banche di rilevanza sistemica in merito a capitale e liquidità. In considerazione di quanto si è appreso in seguito e si continua ad apprendere, anche persona non cognita in materia finanziaria si pone il quesito come ciò abbia potuto succedere.

La posizione della Finma è stata messa in discussione da più parti. Nelle ultime settimane il “j’accuse” più tranciante è stato quello espresso dalla Neue Zürcher Zeitung, testata che non può essere ritenuta ostile al sistema bancario e alle istituzioni di cui la Svizzera si è dotata per sorvegliarlo. Per gli esperti finanziari della Nzz la Finma ha fallito in quanto non è sufficiente che si limiti a un formale controllo dei parametri regolatori che ogni istituto bancario deve rispettare, ma deve avere una visione d’insieme e critica su tutta la sua attività. Invece la Finma non aveva interiorizzato nel suo esame la cultura del rischio più che problematica seguita dagli organi dirigenti del Cs. Di conseguenza, pur avendo proposto correttivi non ha tenuto conto della portata assunta dai continui scandali miliardari collezionati dalla banca e dei loro effetti deleteri sul rapporto di fiducia con i clienti. Si aggiunga quanto ammesso di seguito dagli stessi responsabili della Finma, cioè che i responsabili del Cs non prendevano sul serio le raccomandazioni e si sono persino spinti a dichiarare il falso in merito ai rapporti con uno dei suoi maggiori debitori.

La Nzz ha individuato in particolare 5 punti critici dell’attività della Finma.

In primo luogo la Finma grava sui piccoli e medi istituiti, per non parlare anche degli altri intermediari finanziari, con una moltitudine di prescrizioni e con misure anche estreme (ricordiamoci del trattamento subito dalla Bsi condannata a essere liquidata) mentre tratta con benevolenza i grandi istituti. Un rimprovero che il Consiglio federale aveva già mosso all’allora Commissione federale delle banche in merito al trattamento benevolo nei confronti di Ubs prima del salvataggio nella crisi del 2008. Il Cs era stato oggetto successivamente al 2013 a ben 10 procedimenti disciplinari (enforcement) senza risultati positivi. I giovani e inesperti giuristi della Finma nei loro controlli sulla scorta di tabelle Excel sono ossessionati dal rispetto di dettagli e inezie, privi di una visione di insieme tanto da spingere i loro responsabili ad accontentarsi del rispetto di parametri su capitale e liquidità.

Il secondo rimprovero è la confusione di competenze all’interno della Finma tra CdA e Direttorio, che rende difficile e tardivo un intervento immediato. Sarebbe necessario limitare l’attività del CdA alla visione strategica e dei compiti, mentre il Direttorato deve occuparsi esclusivamente dell’operatività della sorveglianza nei confronti degli intermediari finanziari.

Terzo problema, la Finma ha il personale sbagliato: troppi giovani giuristi inesperti senza esperienze di rilievo in campo finanziario, che lavorano esclusivamente sulla scorta di liste di controllo e che non permettono quindi ai loro responsabili, come si diceva sopra, una visione di insieme sul reale stato dell’istituto controllato.

Il quarto rimprovero è che la Finma impiega troppo poche delle circa 550 unità a sua disposizione nei controlli delle banche di importanza sistemica.

Quinto: il sistema di comunicazione della Finma è carente se lo si rapporta agli strumenti adottati ad esempio dalla autorità di sorveglianza americana. Infatti portata e esiti dei procedimenti di enforcement vengono resi noti in maniera molto restrittiva in parte anche a causa di una carente base legale. In particolare le modalità di comunicazione dei suoi responsabili non solo sono limitate nella loro portata ma sono troppo tecniche e incomprensibili ai più. Un esempio è stata la comunicazione dei motivi che hanno l’hanno portata a annullare le obbligazioni di 17 miliardi AT1 che ha sollevato una ondata di ricorsi.

La Finma propone ora tre misure correttive. Da un lato obbligare gli istituti sottoposti a designare in base a un elenco oneri chi risponda per ogni singolo settore di attività (il che sembra talmente ovvio che sorprende che lo si preveda solo adesso), dall’altro assegnarle la facoltà di emettere anche multe a carico di un singolo istituto (il che è più che problematico in quanto, oltre a non essere di grande utilità per correggere il sistema, a pagare sarebbero sempre gli azionisti e inoltre la Finma è pur sempre un’autorità amministrativa che si arrogherebbe competenza di giudicare e di condannare) e infine di migliorare il suo sistema di comunicazione. Sarebbe in ogni caso da evitare, come invece chiedono molti esponenti politici, che la Finma finisca per essere caricata di nuove prescrizioni e compiti che non la renderebbero migliore e più efficiente ma un’istituzione ancora più ‘monstre’ e pachidermica.

12 · TM Agosto 2023
Stelio Pesciallo, avvocato e notaio presso lo Studio 1896, Lugano.
opinioni / il consulente legale

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Ennesimo referendum

Nel 2024 ci sarà un ritorno alle urne in ambito previdenziale, nonostante le possibili alternative scarseggino. Come migliorare la sostenibilità del sistema è sempre meno evidente.

La riuscita del referendum contro la riforma della Legge sulla previdenza professionale riapre un più ampio discorso, molto complesso, sulla riforma della previdenza. Come noto il sistema svizzero si basa su tre pilastri: l’Assicurazione vecchiaia e superstiti (Avs) che è l’assicurazione basata sul sistema a ripartizione (anche se non completamente), la previdenza professionale (Lpp) che si basa, invece, sulla capitalizzazione, nel senso che ogni assicurato costituisce un proprio capitale di vecchiaia; infine, a complemento dei primi due, il risparmio privato, fiscalmente favorito.

Il referendum, su cui il popolo sarà chiamato a votare il prossimo anno, è stato lanciato contro una riforma del secondo pilastro che, tanto il Governo quanto il Parlamento, hanno tentato in tutti i modi di evitare, creando un complicato sistema di compensazioni per le classi d’età più colpite. Dalla sinistra è però partito un malcontento, sfociato nel referendum e, quindi, nel voto popolare che rischia di mandare a monte gli sforzi. Alla politica si rimprovera soprattutto la diminuzione del tasso di conversione del capitale di vecchiaia in rendita, che passerebbe dall’attuale 6,8 al 6%. La riduzione è motivata dal fatto che i rendimenti degli investimenti non sono spesso più sufficientemente elevati, e che il periodo di versamento delle rendite si sia notevolmente allungato. A questa importante modifica seguirebbe un aumento del 3% dei contributi da versare.

I risultati finanziari 2022 delle Casse pensioni confermano le crescenti difficoltà dei rendimenti. Globalmente il capitale è diminuito dell’8,8%. Si è, in sostanza, trattato dell’anno peggiore dal 2008.

I motivi principali di questa evoluzione vengono visti in un aumento del tasso di inflazione, nell’aumento dei tassi d’interesse e nella difficile situazione politica. Non va, però, dimenticato che, dopo la Crisi del 2008 (anno in cui la copertura media era scesa al 96,7%), le Casse hanno potuto realizzare buoni rendimenti, costituendo così un solido capitale di base. Allora si temeva, invece, un persistere della sottocopertura, che avrebbe creato grossi problemi. La situazione è, però, migliorata nei primi tre mesi del 2023. Secondo Ubs, il rendimento dei capitali investiti sarebbe migliorato al 3,51% e, secondo Credit Suisse, al 3,86%.

Sulla base della legge, le Casse godono di ampi margini di manovra, con dunque anche rendimenti molto diversi. Secondo Swisscanto, mentre la peggiore perde il 16,2%, la migliore ha potuto contenere la perdita all’1%. Differenze significative anche per il passato, nel confronto tra le migliori e le peggiori. Nel 2022 le migliori hanno subìto una perdita del 3,8%, mentre le peggiori del 12,7%.

Ovviamente una cattiva prestazione nel settore degli investimenti si ripercuote sul grado di copertura degli impegni di ogni singola cassa. Lo scorso anno, il grado di copertura è sceso in media del 12%, attestandosi attorno al 110%. Per il primo decile è stato in media del 116,5, mentre per l’ultimo del 102,9%.

La banca ginevrina Pictet calcola i rendimenti delle Casse sulla base di un capitale che si componga di una percentuale di azioni. Se questa quota fosse del 25%, il miglioramento sarebbe del 3,3%. Se fosse invece del 40% di azioni, sarebbe del 3,8%. Grazie a queste performance, anche il grado di copertura sarebbe già salito al 112,5% in media alla fine di marzo.

Nel 2022, si constata che le Casse con una prevalenza di investimenti nell’obbligazionario abbiano subito le perdite maggiori. Meglio sono andate quelle molto esposte a immobiliare e alternativi.

Una recente inchiesta svolta dalla Sotomo per Zurich ha, ancora una volta, rilevato che la popolazione svizzera non dà troppa importanza al proprio capitale assicurato. Le maggiori attenzioni sono rivolte al costo della vita, piuttosto che alla silenziosa svalutazione dei risparmi e alla perdita di potere d’acquisto del capitale di vecchiaia. Una leggera maggioranza ritiene inoltre corretto che le giovani generazioni finanzino le rendite dei pensionati. E questo benché il principio della previdenza professionale voglia che ognuno provveda a finanziare le proprie rendite di vecchiaia.

Lo scetticismo riguardo al principio della distribuzione (come per l’Avs), anche per il secondo pilastro, sta calando. Segno anche, secondo l’inchiesta, che una buona parte della popolazione senta una responsabilità sociale, garantita dallo Stato, piuttosto che una responsabilità individuale nel campo della previdenza professionale. Quando, però, si presenta una diminuzione dei rendimenti del capitale di vecchiaia, gli animi si riscaldano e torna in auge il principio della copertura del proprio capitale, che non deve essere usato per altri scopi. Ci si rende conto che il previsto 60% dell’ultimo stipendio non basta più per offrire una pensione serena e dignitosa. Si dovrà perciò tornare a contare sui propri risparmi anche nel secondo pilastro, eventualmente completato dai risparmi privati del terzo.

14 · TM Agosto 2023
Ignazio Bonoli, economista.
opinioni / l’economista

Quanto è veramente resiliente la vostra impresa?

The Deloitte Resilience Barometer presenta gli impatti economici derivanti da geopolitica, avvenimenti climatici e pandemie.

Deloitte.com/ch/resilienz

Deloitte SA 2023. Tutti i diritti riservati.

Consulenza artificiale?

Ci sarà ancora bisogno, in futuro, dell’avvocato? O ci si potrà affidare, per tutte le consulenze legali ma anche per l’attività forense, all’intelligenza artificiale?

Negli ultimi anni abbiamo assistito a un veloce sviluppo dell’intelligenza artificiale in diversi settori economici. Sorge quindi spontanea la domanda a sapersi se questi sviluppi possano in qualche modo portare a medio o breve termine alla soppressione della figura dell’avvocato come la conosciamo oggi. Le persone potranno forse in futuro chiedere direttamente una consulenza legale all’ormai nota ChatGpt? Potranno magari domandarle di allestire un atto di causa? Si potrà pensare addirittura di affidare all’intelligenza artificiale il compito di giudicare una controversia fra le parti, sostituendosi ai tribunali?

Non esiste una chiara e univoca definizione di intelligenza artificiale. In genere, con questo termine si intende l’abilità di una macchina, attraverso particolari algoritmi e sulla base di banche dati, di mostrare capacità quali il ragionamento, l’apprendimento, la pianificazione e la creatività che, a un osservatore comune, sembrerebbero essere di pertinenza esclusiva dell’intelligenza umana.

ChatGpt, da parte sua, è un modello di linguaggio informatico, lanciato nel novembre 2022, basato su tecniche di apprendimento automatico e ottimizzato - con supervisione umana - destinato come base per la creazione di altri modelli. Fin da subito ha attirato l’attenzione per le sue risposte dettagliate, simili per l’appunto a un ragionamento umano. Sono noti esempi di risposte articolate a domande complesse su diversi temi. Anche su questioni legali. Ma sarà mai in grado di sostituire in tutto e per tutto la figura dell’avvocato? Potremo un giorno lasciar lavorare le macchine al nostro posto e goderci il tempo libero?

La Bbc ha recentemente pubblicato la notizia (www.bbc.com/news/world-us-canada-65735769) secondo cui un legale di New York è stato convenuto in causa da un suo cliente dopo aver utilizzato, per allestire una ricerca giuridica, lo strumento di ChatGpt. Si era purtroppo fidato ciecamente della macchina e della sua presentazione, senza verificare l’autenticità delle informazioni ricevute.

Il caso originale riguardava un uomo che aveva fatto causa a una compagnia aerea per un’asserita lesione personale. Il

«In futuro l’intelligenza artificiale potrà aiutare i professionisti della consulenza giuridica ricercando testi, pareri e sentenze in breve tempo, senza spulciare una moltitudine di libri. Attraverso applicativi appositi, potrà anche redigere lettere o addirittura memoriali da presentare ai tribunali»

suo legale aveva presentato una memoria al tribunale che citava diverse sentenze passate, nel tentativo di dimostrare, sulla base di precedenti, le ragioni del cliente.

Ma diversi casi menzionati nel memoriale erano in realtà fasulli, con citazioni semplicemente inventate. ChatGpt aveva ricreato una situazione apparentemente vera utilizzando la grande massa di informazioni contenute nella sua banca dati. Un guazzabuglio di nozioni assemblate in modo sintatticamente corretto, come se fossero state scritte da un umano, con un senso logico, ma in realtà del tutto fantasiose.

A questo esempio negativo se ne contrappongono altri invece positivi. Per chi saprà utilizzarla in modo critico, l’intelligenza artificiale sarà uno strumento validissimo per velocizzare e automatizzare alcuni processi di lavoro. D’altronde, l’attività di consulenza giuridica, al di là dei rapporti personali con il cliente, è costituita principalmente dalla produzione di testi. E per quest’attività, grazie all’enorme progresso tecnologico, non c’è dubbio che l’intelligenza artificiale, con le sue banche dati e la sua capacità di adeguare il linguaggio al contesto in cui si trova a operare, potrà essere di valido aiuto a tutti i professionisti. Potrà ricercare testi, pareri e sentenze in breve tempo, senza la necessità di spulciare una moltitudine di libri. Attraverso applicativi appositi, potrà anche redigere lettere o addirittura memoriali da presentare ai tribunali.

Anche il Governo svizzero, con un proprio documento del 2020, ha pubblicato sette linee guida che evidenziano la centralità dell’intelligenza artificiale quale elemento rilevante della digitalizzazione nel settore pubblico, in economia e in ambito sociale. Il suo potenziale in termini di innovazione e crescita è notevole. Ma la centralità dell’essere umano deve essere garantita. L’uso delle macchine e dei sistemi informatici di nuova generazione deve essere consapevole e perseguire la dignità e il benessere dell’uomo. Non la sua discriminazione.

P.S. E se anche questo articolo fosse stato scritto da ChatGpt?

16 · TM Agosto 2023
opinioni / lo studio legale
Luca Trisconi, avvocato e notaio, partner studio legale Barchi Nicoli Trisconi Gianini, Lugano.

Il cross border che verrà

La gestione patrimoniale e l’advisory per le ‘holding’ rappresentano una grande opportunità per gli operatori svizzeri. E una sfida per la Piazza finanziaria.

Una famiglia di imprenditori. Un gestore patrimoniale svizzero. Un rapporto che si rinnova, generazione dopo generazione. Fiducia reciproca, amicizia in alcuni casi.

Un esponente giovane della famiglia imprenditoriale raccoglie il testimone e assume la responsabilità di condurre il business nel futuro.

I confini nazionali sono stretti, la prospettiva globale è una opportunità, in alcuni casi una scelta obbligata. C’è bisogno di investire e di acquisire cultura manageriale, proiezione internazionale.

Può verificarsi - e accade spesso - anche il caso opposto: la stessa famiglia imprenditoriale ha un problema di successione, il business funziona bene, ma nessuno degli eredi del fondatore vuole o può proseguire l’attività imprenditoriale del padre o del nonno.

In entrambi i casi, molto diffusi nelle Pmi europee, spesso si ricorre a un’operazione di finanza straordinaria per facilitare un passaggio generazionale o per reperire risorse necessarie per finanziare uno sviluppo.

Si tratta tipicamente dell’intervento di un fondo di ‘private equity’ o di una grande istituzione finanziaria che intuiscono il potenziale di sviluppo del business, decidendo di investire. Questo soggetto di solito rileva una quota della società ‘di famiglia’ operativa e affianca o addirittura sostituisce l’imprenditore.

L’intervento di questo soggetto genera il cosiddetto ‘cash event’, ovvero un afflusso di cassa al ‘soggetto venditore’ della partecipazione. Quest’ultimo è normalmente la holding alla quale partecipano i diversi rami della famiglia imprenditoriale.Un capitale, in pancia alla società,

che deve essere investito sui mercati internazionali. Accade così che la cassaforte di famiglia, precedentemente a supporto dell’attività operativa, si trasformi in una vera e propria ‘holding finanziaria’, ovvero una società di investimenti e partecipazioni finanziare che - magari, in futuro - potrebbe anche aprire quote di capitale a soggetti terzi.

Il cliente del gestore patrimoniale svizzero non è più (o non solo) la persona fisica, ma una entità giuridica, sovente residente fuori dai confini svizzeri, che deve allocare i propri capitali e che - sempre più - investe anche in strumenti finanziari evoluti, magari ‘illiquidi’ e ‘non bancabili’ (‘fondi di private equity’ e prodotti finanziari strutturati e derivati).

In aggiunta, può accadere che questa entità giuridica decida di acquisire nuove partecipazioni in società operative internazionali, divenendo - di fatto - una holding di partecipazione. Con un corollario di necessità legate alla corretta gestione della governance delle partecipate e dei connessi eventi societari.

Per un gestore patrimoniale svizzero o un family office è evidentemente una grande opportunità: il contesto è nuovo, sfidante, pieno di prospettive interessanti, ma è sostanzialmente diverso e molto più complesso rispetto al recente passato. Una vera e propria nuova dimensione.

Non più una persona fisica di cui occuparsi, ma una persona giuridica, spesso italiana o europea, che è una ‘impresa’ e, come tale, ha esigenze nuove, essenzialmente riconducibili ad obblighi contabili, di revisione e fiscali legati agli investimenti finanziari. A cui si aggiungono altre necessità, legate all’amministrazione degli investimenti ‘illiquidi’ e delle partecipazioni in società operative.

È fondamentale quindi, per il gestore patrimoniale, avere la capacità di fornire dati finanziari dei portafogli in ‘advisory’ o in ‘gestione’ in un formato elettronico utilizzabile nei vari applicativi di contabilità della società Holding, tramite upload automatici.

È inoltre importante essere in grado di fornire la consulenza contabile, fiscale e societaria necessaria per la redazione di un bilancio annuale, supportando anche il lavoro di revisori e auditor esterni.

Il gestore patrimoniale necessita pertanto di competenza tecnica per confrontarsi con un Cfo, con un dipartimento di contabilità o anche solo con un commercialista ‘vecchio stampo’, che potrebbero non avere la competenza o il tempo necessari per ‘smontare’ prodotti finanziari complessi e contabilizzarli correttamente.

I gestori patrimoniali più avveduti stanno investendo da tempo in strumenti IT e in connessioni con le banche depositarie, che permettano di fornire alla società Holding un flusso di dati comodo, trattabile informaticamente e trasferibile agli applicativi di contabilità. Inoltre, si stanno dotando anche delle competenze tecniche necessarie nei settori contabile, societario e fiscale.

Si prospetta quindi una nuova grande opportunità per gestori patrimoniali, family office e advisor, che dovranno integrare in una unica ‘value proposition’ la consulenza agli investimenti, risk management e consolidamento finanziario, con competenze IT, contabili, fiscali e di diritto societario in una prospettiva europea. La nuova frontiera del Cross Border è qui.

18 · TM Agosto 2023
Andrea Ferraretti, presidente di Riva Reno Fiduciaria.
opinioni / l’esperto di wealth planning

Design thinking

Ciò che è desiderabile dal punto di vista umano unito con ciò che è tecnologicamente fattibile ed economicamente sostenibile. Un approccio che, nello sviluppo di prodotti, servizi, processi e organizzazioni, pone l’individuo al centro.

Il progresso tecnologico non è l’unico vettore dell’innovazione. Anzi, alla base di ogni pietra miliare del progresso umano, vi è senz’altro la creatività degli individui. Albert Einstein sosteneva che l’immaginazione è più importante della conoscenza, in quanto porta l’uomo a cercare (e talvolta a trovare) le risposte più eclatanti nell’ignoto. Dunque, l’attitudine di osservare la realtà da punti di vista diversi può spesso aiutare a trovare la soluzione a problemi apparentemente irrisolvibili. Niente di nuovo per scienziati e ricercatori e, in tempi più moderni, nemmeno per agenzie e studi di design.

Nel mondo dell’impresa, l’approccio all’innovazione basato sulla capacità di risolvere problemi complessi utilizzando una visione creativa è sempre più diffuso. La metodologia del design thinking aiuta infatti un numero crescente di aziende a risolvere questioni organizzative, a ideare e sviluppare nuovi prodotti e servizi e a rendere più efficienti i processi business.

Eppure, il metodo non è nuovissimo poiché la prima adozione può essere datata addirittura nel 1969, anno di pubblicazione di Science of Artificial che presentava un articolo firmato dallo psicologo e sociologo Herber Simon, il quale descrive l’applicazione di tecniche creative per la soluzione di problemi analitici. Il termine design thinking è tuttavia stato coniato agli inizi degli anni Novanta da David Kelley e Tim Brown, docenti alla Stanford University, successivamente fondatori di una società di consulenza che ha diffuso in tutto il mondo questa metodologia.

La trasformazione digitale ha dato un notevole impulso all’adozione del design thinking, specialmente in casi in cui è prevista l’introduzione di nuovi modelli di business e la conseguentemente progettazione di nuovi processi aziendali.

Un elemento determinante di questo approccio è rappresentato dal lavoro di squadra, concetto inflazionato ma non sempre approfondito come meriterebbe. Fiducia e collaborazione unite alla con-

dettaglio, alla discussione e alla selezione di quelle meritevoli di ulteriore approfondimento. Il tutto attraverso brainstorming e riunioni anche tra sottogruppi ristretti, facendo largo uso di ‘post-it’, mappe mentali e disegno libero. Al termine di questa fase, è opportuno stabilire una ‘phase gate’ che consenta l’identificazione di un numero ancora più ristretto di soluzioni, da analizzare nella quarta fase, quella della validazione. Che si tratti di un prototipo, una proof of concept o una semplice sessione di test, l’obiettivo è comunque quello di verificare la fattibilità e l’effettivo valore aggiunto delle soluzioni identificate. L’ultima fase prevede quindi la realizzazione della soluzione e l’avvio in produzione.

sapevolezza che errori e fallimenti sono fattori di apprendimento e crescita, sono infatti indispensabili per applicare con successo il design thinking.

Ma come funziona? La metodologia prevede almeno cinque fasi distinte. Nella prima, il team lavora per specificare chiaramente problemi o obiettivi. Stabilire un clima empatico fornisce senz’altro ottimi stimoli per partire con il piede giusto. Si passa poi alla fase di studio del contesto, degli attori coinvolti, dei rischi e delle opportunità. La terza fase è dedicata alla generazione delle idee, alla loro analisi nel

Per quanto la cronologia lasci pensare ad un processo lineare, è bene sapere che è possibile ritornare alle fasi precedenti ogniqualvolta il team dovesse ritenerlo necessario. Eventuali ostacoli o errori in fase di progettazione devono essere affrontati agilmente, ammettendo anche percorsi non efficaci e ripensamenti.

Alla base del processo, pensando alla possibile soluzione, è comunque necessario porsi i tre classici quesiti: è desiderabile? è fattibile? è redditizio o sostenibile?

Alla fine, oltre a soluzioni innovative e spesso dirompenti, il metodo può portare a costi progettuali ridotti e al consolidamento di un ambiente lavorativo dinamico e proattivo.

20 · TM Agosto 2023
Carlo Secchi, Head of Sales Ticino, Sunrise Business.
opinioni / l’esperto di telecomunicazioni

Agritech: ma chi paga?

L’agroalimentare è il principale indiziato in termini di emissioni, contribuendo per oltre un terzo del totale annuo globale, ma allo stesso tempo è anche il primo in valori assoluti ad essere impattato dai cambiamenti climatici. Nonostante sia urgente abbatterne l’impronta climatica, avendo a disposizione anche qualche soluzione, tra i principali nodi ancora tutti da sciogliere troneggia il finanziamento necessario a farlo, dell’ordine dei trilioni di dollari annui.

Tradizione e innovazione sono le parole d’ordine della tigre economica dell’ultimo ventennio, tornata a farsi valere dagli inizi dell’anno scorso per più di un motivo, l’industria agroalimentare che nella sola Europa impiega quasi 5 milioni di persone, ha un fatturato di oltre 1,1 trilioni di euro e genera ben 230 miliardi di valore aggiunto annuo. Cifre di tutto rispetto per quella che ora della fine coincide con l’inizio della storia dell’uomo, e con il Neolitico, dunque intorno all’8mila a.C. La fine del nomadismo, e l’inizio di un’ancor rudimentale agricoltura.

Nel corso dei secoli, di pari passo con lo sviluppo della civiltà, il soddisfacimento dei bisogni primari è andato perdendo in importanza o, come evidenzierebbe un economista, ha assorbito quote decrescenti delle risorse disponibili dell’unità

familiare, a vantaggio di altri beni e servizi, dinamica inevitabilmente sostenuta dal diffondersi di sistemi economici monetari presso tutti i popoli antichi, con Egitto e Mesopotamia a fare da pionieri. Se avere di che sfamarsi era diventata se non la prassi, quanto meno una buona abitudine, era nei periodi storici più turbolenti che tornava di prepotenza a imporsi.

Ad aver coniato l’espressione moderna, e ancora di strettissima attualità, Panem et circenses fu del resto un poeta della Roma imperiale, di poco successivo ad Augusto, che ben sintetizza quali fossero i principali interessi di una città che aveva da poco raggiunto il milione di abitanti, e la cui governabilità era una sfida quotidiana: pane e giochi. Entrambi gentilmente offerti, all’occorrenza, dallo stesso imperatore. Del resto, con la fine delle guerre civili e il ritorno della stabilità almeno in

Italia, Roma aveva ripreso ad attrarre abitanti, sfidando limiti urbanistici e logistici.

A rimarcare la criticità del ruolo, assicurare il sostentamento dell’intera cittadinanza, e dunque evitare disordini, per primo Augusto aveva designato una nuova carica equestre, il Prefetto dell’Annona, a dirigere le operazioni, che già solo nei numeri appaiono impensabili, seppur evidentemente possibili: l’approvvigionamento di oltre 350mila tonnellate di grano l’anno, carestia o meno che fosse. Del resto il pane, o comunque la farina, era l’elemento principale dell’alimentazione di un qualunque romano.

Storia a parte il come procurarsele, evidentemente tramite importazioni su acqua, principalmente da Sicilia, Cartagine ed Egitto, e ancor prima il come coltivarle. In questo senso, anche a fronte del bisogno, Roma aprì la strada a una specializ-

22 · TM Agosto 2023
© John Deere cover/ economia a
cura di Federico Introzzi

zazione e meccanizzazione molto spinta del comparto, senza temere il confronto con tutti i popoli precedenti (e successivi). Se acquedotti e canali d’irrigazione potevano portare facilmente l’acqua sino alle coltivazioni, la stessa acqua aveva la forza necessaria ad azionare impressionanti serie di ruote ad acqua e mulini, utili sia a macinare, sia a garantire energia. Ma cosa aveva reso necessarie tali sofisticazioni, sino ad allora mai realizzate?

Quattro secoli di guerre sanguinose, e campagne sempre più lontane dalla penisola, avevano nei fatti più che decimato il ceto medio, sia romano che della provincia (i legionari erano cittadini benestanti che si mantenevano per tutta la durata della leva), il che se da un lato aveva spronato scelte coraggiose da parte del Senato, come l’arruolamento della plebe, dall’altro aveva rivoluzionato l’ordine delle cose anche nelle campagne. La piccola proprietà era andata sparendo, il romano medio era sempre più cittadino e sempre meno contadino, la cronica mancanza di braccia, figli e mariti, rendeva di fatto ingestibili le attività rurali, cedute infine a vantaggio di piccole residenze urbane.

Nelle campagne si erano andate man mano formando enormi tenute, i latifundia, che in passato erano stati l’eccezione, ma a dominare restava il problema della scarsità di manodopera, sempre più costosa. La soluzione tutta romana? Farne il più possibile a meno, ricorrendo all’ingegno. Si era così aperta una stagione di innovazioni anche in ambito agricolo.

Se da un lato convivevano i valori di sempre, il cittadino romano continuava a reputarsi un contadino di origine e fiero di esserlo, per quanto di terra avesse smesso da tempo di occuparsi, dall’altro l’entrare in contatto con popoli sofisticati e ingegnosi più o meno lontani aveva stimolato a innovare, mescolando quanto di meglio l’epoca avesse da offrire, e spingendosi oltre. Si poteva rimanere idealmente contadini, pur avendo delegato ad altri e altro le relative incombenze, per concentrarsi in quello che meglio gli riusciva: conquistare il mondo conosciuto.

Cronache odierne. A distanza di diversi secoli, a Impero ormai tramontato, sotto molti aspetti la situazione non è cambiata. La preoccupazione fondamentale dei Governi è rimasta quella di almeno sfamare la propria popolazione, il Covid prima e le ostilità in Europa orientale poi hanno sicuramente complicato

«È il settore che più di ogni altro alimenta la crisi climatica, con la sola produzione agroalimentare che è responsabile del 30% delle emissioni di gas serra, oltre a perdita di biodiversità, inquinamento delle acque e deforestazione. Il 30% di quanto viene prodotto viene però sprecato»

il quadro, ma specie in prospettiva il lavoro da farsi è dei più significativi, e la strada tutta in salita. «Una popolazione mondiale in costante aumento, almeno nell’arco dell’ultimo mezzo secolo, e un benessere maggiormente diffuso stanno trainando la crescita del consumo di alimenti ad alta intensità di terra, quali carne bovina e latticini, entro il 2050 la produzione agricola dovrà dunque essere cresciuta di almeno il 50% per soddisfare i bi-

L’elevato tasso di urbanizzazione e la scarsità di manodopera nelle campagne portarono a un primo importante balzo tecnologico nel settore agroalimentare già in epoca romana, con la costruzione di impianti e mulini ad acqua. Le sfide logistiche dell’epoca, per movimentare centinaia di migliaia di tonnellate di grano dalle regioni di produzione ancora stupiscono.

Agosto 2023 TM · 23
Produzione di materie prime: Prodotti agricoli Pesci Datteri Fichi Grano Olio Vino The Roman Empire by the death of Trajan, c. 117CE L’impero alla morte di Traiano (117 d.C.) Principali rotte su acqua Rotte secondarie Principali rotte su ruota CIttà o regioni minerarie

«La tecnologia è senza dubbio parte della soluzione, l’aumento della produzione dovrà avvenire infatti a parità di superficie agricola. Si tratterà dunque sempre di più di ottimizzare l’impiego degli input, scendendo a inevitabili ma complicati compromessi anche rispetto ai comportamenti di consumo»

Il commercio mondiale

Interscambio commerciale di prodotti agroalimentari (in mld eur)

Se da un lato i numeri dicono molto delle dimensioni della sfida, con nodi fondamentali ancora tutti da sciogliere, dall’altro le cifre messe sul tavolo dall’industria lasciano più che ben sperare. «È il settore che più di ogni altro alimenta la crisi climatica, con la sola produzione agroalimentare che è responsabile del 30% delle emissioni di gas serra. Al tempo stesso è anche un’importante causa che porta alla perdita di biodiversità, all’inquinamento delle acque e alla deforestazione. Il 30% di quanto viene prodotto, a questi costi, viene però sprecato. Già oggi due miliardi di persone non hanno un accesso sicuro a cibo sano, ma entro un decennio ben quattro saranno obese, fermo restando che nel 2050 il sistema dovrà essere in grado di sfamare una popolazione mondiale cresciuta a 10 miliardi di individui», snocciola Christina Senn-Jakobsen, Managing Director di Swiss Food & Nutrition Valley.

L’agroalimentare

Il contributo dell’occupazione femminile nel settore per Paese

Se quindi è necessario un aumento del 50% della produzione per sfamare una popolazione sempre più nutrita, in più d’un senso, l’incognita clima è comunque destinata a rimanere, costringendo presto o tardi a farvi seriamente i conti. «L’agroalimentare contribuisce al cambiamento climatico, ma è anche tra i maggiormente impattati dallo stesso, limitando l’ordinato svolgimento delle operazioni agricole, risalendo la filiera ed espandendosi ad altri settori, basti pensare all’idroelettrico. Un recente studio ha dimostrato che nell’arco di mezzo secolo, nel Vecchio Continente, ondate di calore e prolungate siccità hanno causato perdite di produzione del 2,2% tra il 1964 e il ’90, ma del 7,3% dal ’91 al 2015, con dunque una preoccupante accelerazione. Se questo pone l’accento su potenziali rischi di sicurezza in termini di approvvigionamento, non dovrebbe essere d’aiuto nemmeno rispetto ai prezzi», chiarisce Alec Lucas, Research Analyst di Global X Etf.

Nonostante in valore assoluto l’interscambio di beni alimentari non sia dei più significativi, specie se confrontato ad altre industrie decisamente più mediaticamente attenzionate, il commercio rimane una componente fondamentale per il benessere dell’intera popolazione mondiale. Nell’industria sorprende il contributo dell’occupazione femminile, fuori da campi e colture.

sogni di tutti. Allo stesso tempo quello che le viene chiesto è di ridurre fortemente e con una certa urgenza la sua impronta di carbonio, il che presuppone un’adozione massiva delle nuove tecnologie sia per spingere la produttività sia per limitare l’uso di risorse. Nel 2050 il settore arriverà a valere ben 6,5 trilioni di dollari, pari a una crescita di 2,5 volte rispetto a oggi», esordisce così Elena Guglielmin, Cio di Ubs Wealth Management.

La filiera agroalimentare è il cuore pulsante al centro di un crogiolo di problemi, ma dunque inevitabilmente anche di soluzioni. «Il comparto è responsabile del 30% delle emissioni, e di oltre due terzi della deforestazione, ma il 30% del suo output finisce sprecato, ossia l’equivalente del 30% della superficie agricola totale produce inutilmente. L’alterazione dei modelli climatici lo sta però costringendo a mutare i suoi equilibri tradizionali, mettendo sotto pressione gli agri-

24 · TM Agosto 2023
Fonte: Eurostat
■ Export ■ Import 6,143 6,385 9,262 4,929 8,523 71 5,463 Acp 1,042 1,982 Andean Mercosur Sud Mediterr. e Turchia 512 2,158 Balcani Gcc 18,201 Greater China 5,971 8,894 Cis 5,624 27,589 UsmCa America Centrale 2,949 10,389 641 1,628 10,077 7,158 Asean 7,982 11,633 Efta Fonte: Fao 2023
5.5 6.0 6.5 7.0 7.5 8.0 8.5 9.0 9.5 10.0 10.5 11.0 11.0 11.5 Log (Pil pro capite in Ppp) 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% Occupazione femminile (in %) in attività fuori dalla semplice coltura ■ Asia Centrale ■ Asia Orientale ■ Europa e Nord America ■ America Latina e Caraibi ■ Nord Africa ■ Oceania ■ Sud-Est Asiatico ■ Asia del Sud ■ Africa Sub-Sahariana ■ Asia Occidentale

coltori, è il caso del Marocco dove solo una desalinizzazione spinta consente di continuare a coltivare frutta, o del Regno Unito i cui vigneti sono oggetto di importanti investimenti da parte dei produttori francesi. È però evidente non possano essere gli operatori del settore a farsi carico dell’intero costo del cambiamento, che proprio dal settore dovrebbe però emergere», rileva Victoria Leggett, responsabile Impact Investing di Union Bancaire Privée (Ubp).

Se quindi già di per sé i cambiamenti climatici pongono rischi in termini di sicurezza delle forniture, lo scoppio del conflitto ha rimescolato ulteriormente le carte circa le possibili soluzioni, che almeno apparentemente sino al dicembre 2021 erano invece abbastanza chiare.

«La tecnologia è senza dubbio parte della soluzione, l’aumento della produzione, e in generale dell’intero comparto, dai 2,5 trilioni di dollari di oggi, agli stimati 6,5 del 2050, dunque una crescita annua del 4%, dovrà avvenire a parità di superficie agricola. La Fao prevede infatti che nel prossimo trentennio i terreni coltivati cresceranno di un misero 2% nella migliore delle ipotesi, a patto ad esempio di tenere a bada la desertificazione, un problema serio in molte aree del mondo. Si tratterà dunque sempre di più di ottimizzare l’impiego degli input, scendendo a inevitabili ma complicati compromessi anche rispetto ai comportamenti di consumo», prosegue il Cio di Ubs. Tra reddito e sensibilità. Nonostante la globalizzazione possa aver mostrato effetti perversi nei Paesi già avanzati, più in generale, a livello globale ha comunque portato a un progressivo miglioramento delle condizioni di vita di centinaia di milioni di persone, il che in parte ha contribuito a spingere la crescita di una popolazione soggetta a ‘umori’ molto vari. «Se in diversi casi sono le aziende stesse ad aver maturato strategie molto precise di differenziazione rispetto alla concorrenza in tema di sostenibilità ambientale della produzione, è pur vero che un ruolo importante siano gli stessi consumatori a poterlo e doverlo giocare, promuovendo presso l’intera popolazione una nuova sensibilità riguardo a queste tematiche sino a qualche anno fa di ‘nicchia’. Rilanciandole sui social hanno ad esempio fatto la fortuna di prodotti con nuove formulazioni salutiste, materie prime di qualità, e a impatto contenuto. Al pari gli

«La pressione delle normative può costringere le imprese ad affrontare il problema, e formalizzare le strategie di sostenibilità, pianificando. Esistono però anche casi virtuosi, aziende in cui la spinta verso modelli più sostenibili affonda le proprie radici molto più lontano nel tempo»

Carmine Garzia, Professore dell’Università delle Scienze Gastronomiche di Pollenzo

Andamento dei costi energetici (sx, y/y) e del packaging (dx, 2015: 100)

investitori, che possono esercitare sulle aziende una persuasione di ben altra natura, diversamente dallo Stato. Imporre per legge determinati cambiamenti nel lungo periodo rivela infatti tutti i suoi limiti», riflette Carmine Garzia, professore di strategia e imprenditorialità in Supsi, e di Economia aziendale per l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo.

A dover essere coinvolta nel cambiamento è infatti l’intera popolazione mon-

Il comparto agroalimentare si conferma essere dei più rilevanti anche nei Paesi sviluppati, come è il caso dell’Europa, dove contribuisce in misura ancora rilevante all’economia in molti settori e industrie. L’aumento dei costi nell’ultimo biennio ha contribuito nel riportare l’attenzione su nodi mai sciolti, ma che l’emergenza pandemica già aveva evidenziato. A quando le soluzioni?

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Fonte:
dei costi in Europa
Energia
Gas Elettricità Contenitori in
Contenitori in plastica primaria Contenitori in
Contenitori di carta e similari Involucri in plastica -30 -20 -10 0 10 20 30 40 50 60 2022 2021 2020 2019 90 100 110 120 130 140 150 160 170
in Europa
economico (in
eur) Fonte: Eurostat 2019 ■ Colture, Commercio e servizi ■ Industria ■ Pubblico ■ Attività finanziarie e immobiliari ■ Costruzioni ■ Agricoltura, foreste e pesca 14.8% Altri segm. 18.7% 15.2% 5.4% 1.8% 39% 3.2% Altri settori 1.9% Diretta L’agroalimentare in Europa Occupazione nel manifatturiero agricolo (%) Fonte: Eurostat 2019 ■ Produzione in semilavorati ■ Macchinari e strumentazione ■ Automotive ■ Altro 15.3% 12.1% 10.3% 8.5% 53.8%
Eurostat, Ust Evoluzione
Carburanti
legno
latta
L’agroalimentare
Valore
% di 1,121 mld

«Pur richiedendo una frazione di terreno, le fattorie verticali ampliano a dismisura la superficie agricola utilizzabile, utilizzando a parità di produzione il 95% di acqua in meno, sono facilmente installabili in prossimità dei centri urbani, con dunque un risparmio significativo di risorse e meno sprechi»

diale, e dunque anche volendo non esiste un’autorità superiore cui rivolgersi. Ma c’è davvero tutta questa voglia? «Creare i complessi sistemi alimentari di oggi è un processo che è durato secoli, e che è andato sedimentandosi nel corso della storia, cui hanno contribuito più fattori. Non si può affidare a un’unica entità di guidare, o peggio imporre, il cambiamento, ma dovrebbe essere l’azione collettiva di popolazione, aziende e istituzioni, individuando la strada giusta da percorrere, senza sottovalutare l’apporto di ognuno. I partner industriali recepiscono facilmente le esigenze della popolazione, ma con una corretta etichettatura possono sensibilizzare su determinati aspetti produttivi o lavorare per diminuire gli sprechi, la ristorazione può aiutare a migliorare l’appetitosità di alimenti più sostenibili ma non ancora troppo accettati, i rivenditori a spingere determinati prodotti a detrimento di altri», evidenzia la responsabile di Swiss Food & Nutrition Valley.

A causa dell’esplosione dei costi delle materie prime negli ultimi mesi il livello di sicurezza alimentare di una parte della popolazione mondiale è tornato a incrinarsi.

Questione di prezzo

Quando si discute della necessità di migliorare la sostenibilità dell’agroalimentare, non bisogna in ogni caso mai scordare la natura molto peculiare, a tratti primitiva, di quanto produce: cibo. «Secondo la Fao i prezzi internazionali dei prodotti alimentari hanno raggiunto il massimo storico nel marzo del 2022, e al giugno di quest’anno erano ancora superiori del 30% rispetto alla media ventennale. La conseguenza? Nel 2022 il 29,6% della popolazione mondiale si è trovata confrontata a un’insicurezza alimentare grave o moderata, rispetto al 21,7% del 2015», rileva Lucas. Le forti tensioni geopolitiche andate aggravandosi nell’ultimo anno hanno del resto avuto un’ampia serie di strascichi. «L’inflazione nel settore alimentare è stata alimentata dalla vertiginosa crescita dei prezzi delle materie prime, in particolare mais e frumento, cui si è sommata un’ulteriore spinta dai consumi. Bisogna però considerare che nel caso di alcune forniture strategiche, come il mais, gli aumenti sono giustificati da fattori strutturali, ed è dunque improbabile possano tornare ai livelli precedenti in tempi rapidi, anche a patto di escludere eventuali nuovi picchi», nota il professore. Non tutti i Paesi e le circostanze sono però uguali, con forti differenze pur sempre possibili. «Nei Paesi Ocse il costo delle materie prime incide per una minima percentuale sul prezzo

allo scaffale del singolo prodotto, preponderante è il costo del lavoro. Diversamente negli Emergenti, dove gli alimentari valgono il 30% del paniere dei prezzi. Bisognerebbe però agire dal lato dell’offerta, efficientando la produzione, risolvendo il problema strutturalmente», chiarisce Guglielmin. Del resto, specie nei Paesi sviluppati, le sorprese sono solite non mancare. E come potrebbero? «Il vero costo del cibo è ben diverso da quanto realmente pagato, anche in Svizzera. Se il prezzo tenesse conto di tutte le esternalità derivanti dalla produzione, dunque costi sociali, ambientali, sanitari, e logistici di fatto finirebbe con il raddoppiare. Analogamente il funzionamento di molti incentivi e sussidi dovrebbe essere quanto meno rivisto», conclude Senn-Jakobsen.

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Fonte: The Economist 2022 Il costo degli alimentari Evoluzione del Gfsi medio di 113 Paesi 80 75 70 65 60 Gfsi medio 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 79.8 70.7 Discesa dei costi Aumento dei costi 47.0 Sicurezza alimentare Confronto tra indici geografici (Gfsi ‘22) Fonte: The economist 2022 MediaNordAmericaEuropa Apac SudAmerica Africa Sub-Sahariana MedioOrienteNordAfrica 78.6 74.8 68.4 63.4 63.0 ■ Regionale ■ Globale 62.2% Sicurezza alimentare Evoluzione dell’indice Gfsi nel tempo Fonte: The Economist 2022 Miglioramento Peggioramento 56 58 60 62 64 2012 2014 2016 2018 2020 2022

Anche in questo caso il combinato disposto di una componente tecnologica, e di una più complessa comportamentale potrebbe effettivamente fare strada ai progressi necessari al sistema. «Un esempio particolarmente immediato è il consumo di proteine e latticini. Ricorrendo a fonti alternative, che richiedano molte meno risorse rispetto a quelle di origine animale, la sostenibilità del sistema sarebbe rapidamente migliorata a beneficio della collettività, su un fronte ambientale ma anche di maggior disponibilità per l’intera popolazione. Un miglior collocamento della catena di approvvigionamento, ad esempio più vicina ai centri urbani, e uno sforzo maggiore per l’implementazione di tecnologie che vadano a limitare gli scarti, potrebbero anche consentire di ridurre gli sprechi, che restano una variabile importante», nota l’analista di Global X.

Il problema fondamentale di questo preciso segmento è del resto l’eccessiva intensità degli input di produzione, oltre alla crescita esponenziale della domanda negli ultimi anni, specie negli Emergenti, che solleva non pochi interrogativi soprattutto in prospettiva. «Secondo la Fao nel prossimo decennio la produzione di bestiame dovrebbe crescere del 14%, con la Cina che già oggi è diventata il primo produttore mondiale di carne di maiale. Un maggior consumo di carne, alimento tipicamente aspirazionale, ha però conseguenze importanti anche su altri segmenti, quali cereali, foraggio e prodotti a base di soia che alimentano il bestiame. L’aumento di oltre il 20% della popolazione mondiale entro un trentennio si relaziona però con la crescita dei redditi negli Emergenti, dunque consumi alimentari maggiori in termini assoluti e una miglior varietà, e un consumo di calorie in aumento anche nei Paesi sviluppati, dove evidentemente non ve ne sarebbe bisogno, aggravando ulteriormente il problema», rileva Guglielmin.

Se negli avanzati una seconda dinamica è ben nota, e al centro di molte attenzioni, l’invecchiamento demografico è ancor più accentuato in molti degli Emergenti, dragone asiatico in testa. «Una popolazione più anziana è solitamente più sensibile ai consumi alimentari, che nel tempo stanno diventando maggiormente salutisti. Tale attenzione accomuna però anziani, interessati a minimizzare i rischi di patologie cardiovascolari, e giovani generazioni, tra ragazzi attivi nello sport pre-agonistico,

«Mancano le evidenze che siano i consumatori a guidare direttamente il cambiamento verso un modello più sostenibile, lasciando spesso al prezzo un ruolo dominante nelle scelte. L’estensione della filiera, e la distanza tra agricoltore e consumatore, finisce spesso con l’annacquare il messaggio»

Victoria Leggett, Responsabile Impact Investing di Union Bancaire Privée (Ubp)

fonti di proteine

e coppie con figli piccoli», precisa il professore di Pollenzo.

Le normative. Ovviamente si tratta di trovare soluzioni, anche creative, con gli strumenti a disposizione, senza lasciarsi guidare da scelte politiche e ideologiche, ma supportate da una solida base di dati. Ossia quello che non avviene ormai da tempo in ambito energetico. «Almeno nel Vecchio Continente il principale motore della transizione verso un’agricoltura più

Se una parte della popolazione mondiale fatica nel rimediare di che sostentarsi, ed è ancora legata spesso all’agricoltura di sussistenza, presso un’altra parte è ormai da anni che impazza la moda dell’agroalimentare biologico. Nonostante mode e tentativi, il comparto rimane il principale contributore per emissioni di gas serra, con alcuni alimenti che ‘non badano a impatto’.

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Fonte:
McKinsey
■ CH 4 emissioni ■ N 2 emissioni ■ CO 2 emissioni ■ Totale emissioni Manzo Latticini Laboratorio Micro-organism Vegani e vegetariani Insetti 163 51 17 67 21 13 65 15 25 26 295 87 55 3 7 16 6 Maiale Pollame 36
Principali Intensità delle emissioni di gas serra (kg di Co2/kg di proteina)
Fonte: FiBl Ami
Svizzera Danimarca Lussemburgo Austria Svezia Liechtenstein Germania Francia Usa Canada 425 384 313 268 191 266 146 230 187 138 0 100 200 300 400
La moda del bio Consumo pro capite di alimenti biologici (dati 2021)

Agire, ma come?

Da più parti e a più riprese gli inviti a voler procedere per almeno tentare di invertire la rotta contro il cambiamento climatico si sprecano. Ma cosa può essere davvero concretamente fatto? «Un primo passo fondamentale rimane identificare i problemi che si vogliono affrontare, e in questo muoviamo da una posizione di forza, grazie al lavoro di ricercatori e accademici chini sul problema già da diverso tempo. La vera sfida inizia però dopo, ossia nell’elaborare le necessarie soluzioni, che non secondariamente possono diventare enormi opportunità per le aziende più innovative del settore», nota Senn-Jakobsen. All’atto pratico si tratta di tradurre i passi in avanti compiuti dalla ricerca negli ultimi anni in applicazioni concrete che rispondano ai problemi del settore. «Dalla tecnologia potrà sicuramente venire un grosso aiuto, ma su questo la strada è già tracciata, e i primi risultati confortanti, è su tutto il resto che molto deve essere ancora fatto. Il recente Rapporto sullo Sviluppo Sostenibile 2023 ha messo in luce i molti nodi ancora da sciogliere, e di come si stia rapidamente chiudendo la finestra di opportunità che avrebbe potuto garantire un futuro vivibile e sostenibile per l’intera popolazione mondiale. La domanda tutt’ora inevasa è chi dovrebbe pagare o finanziare tutto questo. Se infatti per ricerca e sviluppo l’ordine di grandezza delle cifre necessarie sono i milioni, per un’implementazione su larga scala delle soluzioni sono necessari miliardi e miliardi», rileva la responsabile della Swiss Food & Nutrition Valley. Allo stesso tempo esiste un costo altrettanto importante nel non fare nulla, qualunque sia la ragione. L’accelerazione dei cambiamenti climatici pone infatti minacce sempre più urgenti e gravi per l’attività umana.

sostenibile è la regolamentazione, seppur accompagnata da incentivi e compensazioni. Nella cornice del Green Deal e della strategia Farm to Fork è stato introdotto un importante pacchetto di misure volto a contenere i rifiuti, una loro riduzione del 30% entro il 2030, e migliorare la salute del suolo, mentre la recente proposta sulle nuove tecniche genomiche dovrebbe spingere a selezionare vegetali più resistenti a clima e parassiti. Del resto mancano le evidenze che siano i consumatori a guidare direttamente il cambiamento, lasciando spesso al prezzo un ruolo dominante nelle scelte. L’estensione della filiera, la sua complessità, e la distanza tra agricoltore e consumatore finale finisce spesso con l’annacquare il messaggio», chiarisce l’esperta di Ubp.

Se dunque le regole possono giocare un ruolo importante, ma non sono comunque tutto, è pur vero che il legislatore debba essere bene in chiaro su come e cosa voglia ottenere, il che non sempre è scontato. «Il successo del settore nel raggiungere tutti gli obiettivi prefissati e desiderabili non può prescindere dall’importanza dell’innovazione, che le istituzioni possono agevolare delineando un favorevole ambiente normativo. È utile avere obiettivi ambiziosi e stimolanti, ma bisogna anche avere strategie credibili e realistiche per raggiungerli, senza quindi navigare a vista, condivise da tutti gli attori coinvolti, che devono essere responsabilizzati il giusto. Sappiamo anche che alcune misure funzionano, gli incentivi sui prezzi o l’introduzione di tasse specifiche legate all’impatto ambientale dei singoli prodotti, e che altre hanno invece un impatto più modesto, come i codici di condotta volontari», nota Senn-Jakobsen.

È pur vero che un quadro normativo stabile, e affidabile, giochi tradizionalmente un ruolo di stabilizzatore del mercato, nell’interesse di tutti gli attori economici, in molti ambiti, e dunque anche in questo. «La pressione delle normative può costringere le imprese ad affrontare

Il biologico specie nei Paesi avanzati va acquisendo un’importanza del tutto sproporzionata rispetto al contributo effettivo che dà alla causa. Eppure la superficie dedicata continua ad aumentare, per quanto viaggi ancora su livelli ridicoli rispetto al totale mondiale.

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Fonte: FiBl Ifoam Soel La moda del bio Crescita della superficie agricola del biologico 2020 0 ■ Superficie globale 2005 2010 2015 2020 Superficie in mln di ettari 20 40 60 80 0.0% 0.5% 1.5% 1.0% In % della superficie agricola 0.3% 0.4% 0.5% 0.6% 0.7% 0.8% 0.8% 0.9% 1.0% 1.1% 1.2% 1.4% 1.5% 1.6% 15.0 17.3 19.9 25.8 30.0 29.2 30.2 31.5 34.5 36.3 35.7 36.7 36.8 43.1 50.3 48.7 58.0 69.2 71.0 72.1 75.1 76.4 Fonte: FiBl survey 2023 La moda del bio Totale dell’agricoltura biologica per Paese sul totale della superficie agricola (in %) Liechtsenstein 40.2% 0% 10% 20% 50% 30% 40% Samoa 29.1% Austria 26.5% Estonia 23% Sao Tomé e Principe 21.1% Svezia 20.2% Uruguay 19.6% Svizzera 17.4% Italia 16.7% Repubblica Ceca 15.8% Lettonia 14.8% Finlandia 14.4% Danimarca 11.4% Germania 10.8% Spagna 10.8% Grecia 10.1%

il problema, e formalizzare le strategie di sostenibilità, pianificando e allocando un budget adeguato agli obiettivi prefissati. Esistono però anche casi virtuosi, aziende in cui la spinta verso modelli più sostenibili, dal punto di vista ambientale e non solo, affondano le proprie radici molto più lontano, e che nel tempo sono divenute parte del loro Dna, come è spesso il caso delle aziende di famiglia. L’imprenditore potrebbe infatti aver visto in una sostenibilità ante litteram un modo per differenziarsi sul mercato, ottenendo un ritorno economico maggiore», rileva Garzia. I nodi da sciogliere. Se dunque le normative possono esercitare la giusta pressione perché le aziende, almeno quelle un minimo lungimiranti, si pongano determinate domande ed elaborino risposte concrete per tempo, non c’è incentivo migliore che trovarsi all’interno del problema stesso. Il più classico dei redde rationem. «L’emergenza pandemica aveva certamente contribuito nel rivelare determinate fragilità del sistema, il conflitto ucraino ha riportato l’attenzione soprattutto sul mercato delle materie prime, agricole in primis. Russia e Ucraina valgono circa il 30% nel solo commercio mondiale del grano, ma le ostilità stanno fortemente ostacolando anche olio di girasole, mais, orzo oltre alle forniture di input agricoli. La Russia è il più grande esportatore di fertilizzanti a base di azoto, e in generale di nutrienti, ma anche di energia, un altro fattore chiave della produzione», sintetizza Lucas.

Se non si può parlare di tempesta perfetta, andata protraendosi diversi anni, sicuramente poco ci manca. «Pandemia, guerra ed energia, in quest’ordine, sono crisi che hanno profondamente scosso il sistema andando a incidere su equilibri già fragili, quale conseguenza del cambiamento climatico. Molti Governi si sono dunque visti costretti a rivalutare la propria autosufficienza, e la sicurezza degli approvvigionamenti critici, oltre a riprendere in considerazione la produzione locale e colture climaticamente più resistenti», nota la manager della Swiss Food & Nutrition Valley.

Crisi imprevedibili, e cariche di conseguenze, con soluzioni elaborate in tempi sorprendentemente rapidi, specie se considerata la delicatezza e la complessità delle materie trattate. «L’elemento che le accomuna tutti è un’iniziale percezione di temporaneità ed eccezionalità dell’e-

vento, che nel corso delle settimane si è invece rivelato più strutturale del previsto. Nel 2020 la Cina è divenuta un importatore netto di mais, orzo e grano, mentre i maggiori esportatori di cereali di Nord e Sud America hanno affrontato tre anni consecutivi di pesante siccità, difficile da tamponare per l’incidentale perturbarsi del mercato dei fertilizzanti e della logistica», chiarisce il Cio di Ubs.

A essere tramontato in pochi anni, o ad avere perso buona parte del suo smalto, un modello che si era imposto globalmente nel ventennio precedente. «Il grande sconfitto è il just-in-time, e più in generale i tentativi di minimizzazione delle scorte, che hanno in misura significativa contribuito a generare forti oscillazioni a livello di prezzi. Gli ultimi dati dell’Università di Pollenzo hanno evidenziato come, a livello italiano nell’ultimo biennio, le imprese dell’agroalimentare pur presentando un aumento di fatturato hanno accusato una riduzione dei margini, e una crescita dell’indebitamento a breve termine. Se altre industrie stanno vivendo un reshoring delle attività delo-

Intorno all’agroalimentare nel corso dei secoli si è costruita una filiera particolarmente lunga e complessa, con una distanza tra agricoltore e famiglie siderale, che contribuisce a creare alcuni problemi comunicativi sull’urgenza di operare un cambiamento radicale nei comportamenti di consumo.

calizzate all’estero, nell’agroalimentare essendoci poco da rimpatriare le grandi multinazionali stanno man mano acquisendo parte dei fornitori più strategici, verticalizzandosi. Modi diversi di affrontare la forte incertezza delle forniture», prosegue il professore.

Se i fattori esogeni costituiscono dunque problemi significativi alla resilienza dell’intera filiera, ci sono anche altri elementi, molto più endogeni, che non devono essere sottovalutati, perché altrettanto critici. «L’urbanizzarsi della società e l’inevitabile invecchiamento della forza lavoro pone oggi con insistenza un evidente problema nella trasmissione delle

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Fonte: Deloitte 2022 I servizi del settore Crescita del mercato per area geografica (mld eur) 519 579 2019 2020 2021 2023 2024 2025 2026 2022 299 2,603 -26.2% Cagr +5,5% +15.6% 1,921 2,221 2,448 2,620 2,735 2,824 2,905 1,206 198 342 453 929 231 399 534 1,056 263 466 576 1,143 284 509 601 1,227 298 532 619 1,286 311 546 633 1,335 324 555 644 1,381 ■ Altri ■ Europa ■ Nord America ■ Apac Fonte: Deloitte 2022 I servizi nel settore Mercato globale per tipologia di ristorante e area geografica ■ Ristoranti
food 60% 20% 80% 100% 40% 0% 60% Apac 30% 25% 11% 9% 534 52% 24% 35% 231 Altri Nord America 30% 38% Europa 29% 8% 39% 1,056 399 8% Per area geografica (%) 48% 24% 18% 10% Totale in mld eur 2,221
■ Ristoranti veloci ■ Caffé e bar ■ Street

e per anno (mld eur)

mente dall’impiccio e trovare una quadra sufficientemente conveniente per tutti le migliori speranze sono riposte nello sviluppo tecnologico, e più in generale nell’innovazione. Se il potenziale è dei maggiori, non poche sono le incognite. «Specie a livello di transizione verso pratiche agricole più sostenibili e rigenerative, il ruolo che dovrebbe ricoprire è critico, ma va sempre in questa direzione l’emergere della figura dell’agricoltore-scienziato, già presente nelle aziende più innovative del settore. In ambito tecnologico l’attenzione si focalizza sull’agricoltura di precisione che dovrebbe avere il compito di ridurre al minimo gli input chimici applicati, e dunque anche i relativi costi, senza incidere sulle rese, salvaguardando al tempo stesso biodiversità, e salute del suolo e delle acque», rileva Leggett. Contributi importanti dovrebbero quindi arrivare da un utilizzo migliore delle risorse disponibili, il che indirettamente finirebbe anche con il tagliarne i consumi. Ma qualche soddisfazione potrebbero portarla anche le migliori rese. «Entro il 2050 la domanda di vegetali sarà superiore del 60% rispetto a quella del 2020, a meno che i raccolti non crescano a un ritmo superiore a quello degli ultimi anni, già in accelerazione, a metà secolo vi sarà un deficit dell’8% tra domanda e offerta. Ammettendo però che i raccolti continuino a crescere linearmente, la tecnologia, ad esempio la modificazione genetica, dovrebbe migliorare la resa di mais e soia, come avvenuto in Brasile e Stati Uniti agli inizi del Duemila. In alternativa va aumentato l’apporto di sostanze nutritive, come i fertilizzanti, il cui consumo ha sfondato i 200 milioni di tonnellate annue, e di cui quasi la metà è destinata ai cereali», chiosa Guglielmin.

A livello europeo il comparto continua ad attrarre significativi investimenti, seppur ancora ridicoli rispetto alle esigenze effettive per operare un deciso cambio di passo. In alcuni Paesi del Vecchio Continente l’agroalimentare si è nel tempo costruito una reputazione che è stata assorbita dalla stessa identità nazionale, ma al tempo dell’inflazione la sfida è per tutti.

attività agricole di non immediata soluzione alla generazione successiva, e nel Vecchio Continente oltre un terzo degli agricoltori ha già oltre 65 anni. Gli addetti del settore continuano a diminuire e in particolare scarseggiano i nuovi entranti, in una fase in cui sarebbero particolarmente necessari, anche rispetto alle competenze richieste dall’adozione di nuove tecnologie», riflette l’analista di Global X. Dea Tecnologia. Per cavarsi magica-

Più in generale, a essere condivisa dall’intero settore, dovrebbe essere la strada e la relativa meta, all’insegna di una miglior sostenibilità complessiva. «L’innovazione deve diventare sempre più sostenibile, rispettosa sia del consumatore, che dell’ambiente. Le aziende sono già attive nel minimizzare gli sprechi, e dunque l’impatto ambientale dell’industria, e al tempo stesso devono confrontarsi quotidianamente con le richieste del cliente finale, seppur in presenza di situazioni particolari, com’è il caso dell’allevamento di bestiame, in cui subentrano ulteriori fattori, come il benessere degli animali e una produzione non intensiva.

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Fonte: Monitor 2023 Uni Pollenzo L’agroalimentare italiano Crescita dei ricavi per comparto (in %, 2023) Settore 8.4% 26.1% 19.5% 14.6% 12% 9.1% 8.3% 6.1% 6.0% 5.8% 5.5% 5.0% 3.5% 2.6% Farine Surgelati Vino Distillati Birra Latte e derivati Conserve Olio Caffè Salumi Acqua Pasta Dolci Fonte: Accenture 2021 Il FoodTech Investimenti europei per categoria
2.7 0.6 85% 2014 1.3 89% 2015 2016 52% 0.8 2017 67% 1.6 2018 38% 1.0 19% 24% 13% 2019 2020 7% 13% 10% 59% 33% 19% 21% 23% 2.4 ■ AgriTech ■ Scienze alimentari ■ Servizi ■ Logistica ■ Retail ■ Coaching
Fonte: Monitor 2023
L’agroalimentare
Andamento dei ricavi rispetto al Pil italiano (in %) 2.3 1.2 0.9 -1.1 8.0 3.3 2.3 2.8 1.07 0.9 0.5 -9.0 7.0 3.7 1.2 1.1 2017 2020 2021 2022 2023 2024 2018 2019 Pil italiano
Uni Pollenzo
italiano
Ricavi del settore deflazionati

Sfide importanti che si misurano con la disponibilità a consumare meno carne, di maggior qualità, ma pagandola il giusto agli allevatori», riflette Garzia. Tra controllo e precisione. Soluzioni e valide alternative ai molti problemi irrisolti dovrebbero dunque arrivare dal grande mondo dell’AgriTech, ossia l’adozione e l’applicazione delle nuove tecnologie. «Dover conciliare minori costi e maggiori rese è la miglior garanzia a un’adozione rapida e profonda della tecnologia, che spazia dall’utilizzo di tecniche predittive e Big Data, all’intelligenza artificiale e alla robotica, ormai la norma nell’agricoltura altamente efficiente. Le applicazioni sono delle più varie, dalla gestione dei campi al campionamento del suolo via terreno o satellite, dalla pianificazione della rotazione delle colture all’applicazione ‘pianta per pianta’ della quantità giusta di fertilizzante, con la giusta frequenza, e al momento giusto, al pari di un consumo di acqua ampiamente ottimizzabile. Quelle che domani potranno essere buone prassi, oggi sono ancora l’eccezione, tanto che anche negli Stati Uniti, leader nel settore, ci si ferma a un quarto del totale degli agricoltori già attrezzato», chiarisce il Cio di Ubs.

Allo stato attuale dell’arte sono già molte le possibili applicazioni in ambito tecnologico, ma come spesso accade è ancor più probabile che aumenteranno ulteriormente nei prossimi anni. «È il caso della Variable Rate Application (Vra), una tecnica che adatta l’utilizzo delle risorse alle caratteristiche specifiche del terreno. Sensori IoT rilevano e trasmettono informazioni puntuali, minimizzando l’uso di risorse e massimizzandone i risultati, con ad esempio una riduzione nell’utilizzo di fertilizzanti del 7%, registrato negli Stati Uniti, ulteriormente migliorabile al 14. Un ulteriore importante aiuto potrebbe venire dall’impiego su vasta scala di robot agricoli, che oltre a contenere l’utilizzo di input, dovrebbe mitigare la crescente carenza di manodopera, specie se si considerano le sfide di produzione dei prossimi decenni», nota Lucas.

L’altro cavallo su cui molto si sta puntando è l’agricoltura in ambiente controllato, ossia il regno del piccolo

chimico, o dell’agricoltore 4.0 «Lo sviluppo di colture in ambienti controllati totalmente dall’uomo, quindi le fattorie verticali, le serre, la coltura idroponica, acquaponica ed aeroponica potrebbero certamente contribuire a risolvere molti problemi legati alla sostenibilità del comparto. Se i vantaggi sono senza dubbio molti, e importanti, non di meno le sfide, a partire dall’utilizzo intensivo di energia, agli elevati investimenti iniziali, alle molte difficoltà che la coltivazione di piante grandi e a crescita più lunga porrebbe comunque. Nei prossimi anni, al peggiorare dell’incidenza sui raccolti di eventi climatici straordinari e al migliorarsi dell’efficienza del capitale e una sua

chiedendo una frazione di terreno, le fattorie verticali ampliano a dismisura la superficie agricola utilizzabile, utilizzando a parità di produzione il 95% di acqua in meno, sono facilmente installabili in prossimità dei centri urbani, con dunque un risparmio significativo di risorse per il trasporto e del relativo deterioramento della merce», rileva l’analista di Global X. Migliorare la sostenibilità dell’industria nel suo complesso, almeno relativa, dovrebbe essere la parte facile della sfida, ben diversa quindi dal raggiungere gli ambiziosi obiettivi che la Politica si è impegnata a rispettare. Ma basterà? «È tanto urgente quanto necessario ripensare dalla base il modello, accantonando una logica economicistica ancorata al Pil, ma ragionando sulla sostenibilità complessiva del sistema. La Svizzera è nella posizione ideale per fare da apripista, gode infatti di ampie libertà in ambito normativo essendo indipendente da altri, può contare su un ecosistema forte formato da università di eco mondiale, multinazionali alimentari globali, un mercato dei capitali particolarmente profondo, e non da ultimo una popolazione curiosa e sensibile all’innovazione, disposta a contribuire per una giusta causa. Si tratta solo di trasformare questa visione in realtà, insieme», conclude Christina Senn-Jakobsen, Managing Director di Swiss Food & Nutrition Valley.

Se a livello europeo il comparto si conferma dei più caldi, anche in Svizzera una pattuglia di start up specializzate si sta affermando.

miglior raccolta, è indubbio il settore guadagnerà in importanza, con l’eventualità non remota che parte delle sue tecnologie possa essere adattata anche per le fattorie tradizionali», sottolinea Guglielmin.

Del resto i vantaggi di tale modello appaiono più che significativi, già nell’immediato. «Si tratta di ambienti immuni agli effetti dei cambiamenti climatici, dunque anche dal degrado della qualità del terreno alla scarsità d’acqua. Pur ri-

Nonostante la vulgata globale voglia l’agroalimentare tra i principali contributori non tanto delle emissioni di gas serra, cosa vera, ma delle pressioni inflative che vanno piegando l’economia reale di molti Paesi, cosa invece palesemente falsa, i nodi da sciogliere rimangono tanti. Pur con molta voglia di fare bene, e agire in fretta, allo stato attuale a mancare sono i piani d’azione, e qualcuno che coordini sforzi necessariamente congiunti.

Il re degli equivoci dovrà però ricevere una risposta: chi vorrà farsi carico degli straordinari costi, in decine di trilioni annui, per adeguare la produzione agroalimentare ai desiderata del clima? Con una popolazione mondiale in crescita, e un bisogno di sovrapproduzione, la possibilità di contenerne l’impronta climatica appare del tutto irrealistica.

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A
meno che...
Fonte: Accenture 2021 33% 166 Start up svizzere del FoodTech 12% 12% 12% 8% 15% 8% AgriTech Scienze alimentari Prodotti e Coaching Servizi Supply Chain e Retail Logistica Scarti e sprechi

Dare una scossa alla transizione

Innovative per ambiente, economia e società, le comunità energetiche rinnovabili possono rappresentare uno strumento di democratizzazione della gestione energetica e un modello fondamentale per la transizione alle fonti alternative. Con interessanti opportunità da cogliere.

Non è solo per la canicola particolarmente intensa in queste settimane d’estate, con il conseguente uso intensivo degli impianti di aria condizionata. L’energia è un tema di grande attualità, prima e oltre la stagione estiva, nelle innumerevoli possibili declinazioni. Dalle implicazioni indotte dalle guerre in corso, alle discussioni sulla transizione energetica, sulle automobili elettriche e, in generale, a proposito di energie rinnovabili. Potrebbe quindi risultare interessante un fenomeno ancora poco conosciuto ma molto promettente: quello delle comunità energetiche rinnovabili (Cer). ‘More solito’ in queste due pagine dedicate, l’intenzione è illustrare la situazione in Spagna con elementi comparativi con la Svizzera e spunti per intravvedere le possibilità per le aziende ticinesi in particolare, e svizzere in generale, di entrare in un nuovo mercato.

Attualmente la Svizzera sta realizzando la svolta energetica attraverso la ‘Stra-

tegia energetica 2050’ per raggiungere la neutralità climatica. Come descritto da Barbara Antonioli Mantegazzini, vicedirettrice dell’Istituto di ricerche economiche (Ire) dell’Università della Svizzera italiana: “La Comunità Energetica Rinnovabile Cer riconosce un ruolo fondamentale alla partecipazione di consumatori domestici e industriali all’accelerazione della transizione energetica, migliorandone la consapevolezza.

Il classico esempio di Comunità Energetica Rinnovabile prevede il posizionamento di un impianto di produzione da rinnovabili, tipicamente fotovoltaico, sui tetti delle abitazioni private o su quelli di strutture pubbliche come asili o scuole. La quota di energia generata viene quindi consumata in loco, riducendo al minimo il transito sulla rete elettrica nazionale. Nella sua forma più ambiziosa e sfidante, la Cer potrebbe dar vita a un’isola energetica o verde, sempre più indipendente dalla rete di trasmissione centrale. Oltre ai consumatori, la Cer può coinvolgere

altri stakeholder come gli enti locali, i distributori e aziende e utility pubbliche e private, di norma nella veste di partner tecnologici. Le Cer possono essere una soluzione innovativa per ambiente, economia e società. In termini ambientali, se diffuse su larga scala, contribuiscono alla produzione di energia rinnovabile, agevolando il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi di neutralità climatica fissati al 2050. In termini economici, se basate su un modello di business appropriato, che ponderi accuratamente la ripartizione dei costi e dei ricavi tra i partecipanti, e grazie ai minori costi di trasporto e alle limitate perdite di rete, possono abbattere il costo dell’energia consumata. Se presente, l’energia in eccesso può essere messa a disposizione dei consumatori più vulnerabili, riducendo in tal modo la povertà energetica, intesa come difficoltà ad acquistare un paniere minimo di beni e servizi energetici. Le Cer, infine, rappresentano uno strumento di democratizzazione della gestione energetica, facendo ritornare il governo della gestione nelle mani degli stakeholder coinvolti”.

Il quadro normativo svizzero sulle Cer dovrebbe consolidarsi con la prossima Legge federale sull’approvvigionamento elettrico sicuro con le energie rinnovabili, presentata il 7 maggio 2021, attualmente in discussione al Nazionale e trattato come ‘mastodontico dossier’. Se, come riferisce Christof Forster nell’articolo della Neue Zürcher Zeitung del 6 aprile 2023, il settore dell’energia elettrica non è entusiasta in merito alle misure discusse in Parlamento per le Cer, che le considerano come concorrenti, esistono invece aziende come la Ewz (Elektrizitätswerk der Stadt Zürich) che vedono nella Cer un incentivo per aumentare l’uso di impianti

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economia / testimonianze

Progetti di comunità energetiche in Spagna

fotovoltaici. Ma anche in Ticino le Ail offrono servizi di gestione alla ‘Community solare (Rcp)’. È proprio intorno alla creazione, ma soprattutto alla gestione, delle Cer che si intravvedono interessanti opportunità d’affari.

La Spagna regola le Cer partendo dal quadro giuridico europeo e in particolare dalla distinzione tra le ‘Comunità dell’energia dei cittadini (Cce)’ (regolate dalla Direttiva Ue 2019/944, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica, art. 16) e le ‘Comunità delle Energie Rinnovabili (Cer)’ (regolate dalla Direttiva Ue 2018/2001, promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, art. 22). Nel quadro giuridico spagnolo, il ‘Real Decreto Ley’ 23/2020, del 23 giugno, che approva misure nel campo dell’energia e in altri settori per la riattivazione economica, modificando diversi articoli della legge 24/2013, del 26 dicembre, sul settore elettrico, definisce le Comunità di Energia Rinnovabile come “persone giuridiche basate sulla partecipazione aperta e volontaria, autonome ed effettivamente controllate da partner o membri situati in prossimità di progetti di energia rinnovabile posseduti e sviluppati da tali soggetti giuridici, i cui partner o membri sono persone fisiche, Pmi o autorità locali, compresi i comuni, e il cui scopo principale è fornire benefici ambientali, economici o sociali ai loro partner o membri o alle aree locali in cui operano; invece del guadagno finanziario”. Pertanto, queste comunità possono essere basate su installazioni di qualsiasi vettore energetico, purché sia rinnovabile. Come in Svizzera, le Cer in Spagna sono pensate come strumento partecipativo e con un beneficio sociale per la comunità. Da un punto di vista statistico, con dati aggior-

nati a luglio 2023, in Spagna esistono 68 comunità energetiche con 103mila soci. Delle 68 comunità, il 45,59% sono organizzate come cooperative, il 39,71% come associazioni, il 7,35% come società di capitali e il 4,41% come società semplici (il resto è classificato come ‘altre’). Dei 103mila soci, l’85,38% sono persone fisiche, il 14,35% Pmi e lo 0,27% enti pubblici locali. Queste Cer hanno realizzato un totale di 329 progetti.

Questi progetti Cer sono oggetto di incentivi e finanziamenti sia a livello statale che regionale. Per esempio, a livello statale, grazie al Programma di incentivi per progetti pilota emblematici delle comunità energetiche (Programma Ce Implementa), nell’ambito del Piano di Ripresa, Trasformazione e Resilienza (finanziato dai fondi Ue Next Generation), sono stati stanziati dal 2021, in quattro convocazioni, un totale di 80 milioni di euro destinati a finanziare progetti di Cer con investimenti massimi di un milione d’euro ciascuno. L’Istituto per la diversificazione e il risparmio dell’energia, istituzione pubblica presso il Ministero per la Transizione Ecologica e la Sfida Demografica, segnala l’esistenza attualmente delle seguenti barriere:

• Modifiche normative o riduzione degli incentivi;

• Mancanza del quadro normativo e/o di un grado sufficiente di sviluppo;

• Complessità nello svolgimento delle procedure amministrative;

• Difficoltà di accesso ai finanziamenti: mancanza di fiducia degli investitori, alto rischio reale o nella percezione degli investitori;

• Mancanza di interesse dei cittadini;

• Mancanza di tempo per la dedizione volontaria;

In Spagna esistono 68 Cer, che hanno realizzato a oggi 386 progetti.

• Bassa motivazione da parte dei membri della comunità;

• Difficoltà nell’accesso alle conoscenze specialistiche.

Non mancano però casi di successo come quello della cooperativa energetica Grupo Enercoop, che nel 2022 ha fatturato 87 milioni di euro con un utile di 1,37 milioni di euro, dei quali 664mila destinati a opere sociali. La cooperativa sta seguendo una strategia ambiziosa ma effettiva di ricerca e sviluppo di tecnologie e sta attualmente utilizzando un modello blockchain applicato all’assegnazione fisica dell’energia prodotta dalla Cer ai consumatori finali (con un autoconsumo virtuale, assegnazione 24/7 e tracciabilità oraria di energia). In generale il mercato in Spagna è potenzialmente enorme. Per esempio, se pensiamo al modello di servizi offerti dalle nostre Ail per una Smart Community solare, secondo dati del 2017, in Spagna esistevano 1,2 milioni di condomini in Ppp, amministrate da 15.500 amministratori… Riflettendo sulle barriere sopra segnalate, ‘prima facie’ si può arrivare alla conclusione che il raggiungimento degli interessanti obiettivi prospettati con la creazione e gli incentivi delle Cer (e delle Cee) passa principalmente da un’offerta di soluzioni tecnologiche e di servizi di gestione comunitari, da strutture specifiche di ‘project finance’, da una adeguata campagna di informazione (soprattutto pubblica) e, naturalmente, da un quadro giuridico sicuro e l’assistenza… di buoni avvocati...

Agosto 2023 TM · 33
David Mülchi, Avvocato e Socio dello Studio Mülchi & Asociados.
Azioni N° Progetti Capacità installata / Numero ER Elettriche 289 67.137 kW ER Termiche 4 2.050 kW Punti di ricarica veicoli elettrici 73 230 unità Sistemi di stoccaggio 9 5.926 kWh Veicoli elettrici 11 24 unità Fonte: Comunidades
energéticas, luglio 2023

Migliorarsi sempre

Le metodologie Lean continuano a essere il punto di riferimento per le aziende interessate a implementare un sistema di gestione improntato al miglioramento continuo.

Messe a punto in Toyota nel secondo dopoguerra, le pratiche di ‘gestione snella’ (Lean) dimostrano come un’azienda possa raggiungere l’eccellenza operativa puntando su un’organizzazione efficiente ed efficace che limiti tutte le forme di spreco - di risorse e tempo. L’esperienza di Alberto Bolzoni, direttore di Shiratech Management Consulting.

Alberto Bolzoni, le metodologie Lean - Lean Management, Lean Production e Lean Design - sono ancora considerate il top oppure hanno guadagnato terreno nuovi modelli organizzativi?

La filosofia e i criteri del Lean Management sono da considerarsi ‘sempreverdi’. Come primo passo per la riduzione dei costi, propongo sempre l’osservazione dei criteri e dei principi del Lean Management. In questo modo gli imprenditori riescono a osservare la propria azienda con occhio critico e da un punto di vista inedito. Grazie alla nuova prospettiva, possono mettere in discussione la loro organizzazione, rilevare le aree meritevoli di cambiamento. Acquisita questa consapevolezza, possono passare alla fase attuativa implementando metodologie e azioni necessarie a ottenere il miglioramento continuo (kaizen). Un sistema che si può applicare anche in ambito di industria 4.0. L’informatizzazione dei flussi dei dati - da

e verso le aree produttive - apre infatti la strada al riesame delle procedure e dei processi, con un duplice vantaggio: da una parte l’eliminazione progressiva dei flussi dei dati cartacei; dall’altra la razionalizzazione/efficienza delle metodologie.

Si sente tanto parlare della contrapposizione tra ‘organizzazione per funzioni’ e ‘organizzazione per processi’. Quali sono vantaggi e limiti di questi due paradigmi organizzativi?

È un tema quanto mai attuale, poiché il dinamismo dei mercati impone alle aziende la capacità di fornire risposte immediate, di sapersi rimodellare allo scopo di variare o innovare il proprio business. L’organizzazione per funzioni è quella che tutti conoscono grazie alla sua rappresentazione grafica costituita dall’organigramma. Ogni azienda dev’esserne provvista, poiché è uno strumento basilare per definire ‘chi fa cosa’: ruoli, compiti, responsabilità e livelli gerarchici. La sola organizzazione per funzioni si è adattata bene alle esigenze aziendali fino ad alcune decine di anni fa quando, dopo le impennate del boom economico, i mercati hanno raggiunto una certa stabilità. Oggi, la rapida evoluzione e i costanti cambiamenti di direzione dei mercati impongono però un continuo adattamento per non perdere posizioni e quote di mercato, ma anche per crescere. Una flessibilità che

Soluzioni gestionali e operative

Shiratech Management Consulting Sa opera nel campo della Consulenza di Direzione alle aziende manifatturiere e di servizi. Con un network multidisciplinare di professionisti dotati di competenze complementari, è in grado di coprire un’ampia gamma di aree: dalle operation (fulcro dell’attività) all’amministrazione; da finanza e controllo, al commerciale e al marketing. Offre collaborazione anche nella modalità del Temporary Management: quando i progetti risultano particolarmente complessi e corposi, è infatti preferibile un intervento diretto dei suoi professionisti. Ha sede a Tegna-Locarno ed è attiva anche in tutto il Nord Italia.

si ottiene grazie all’approccio per processi che, organizzati trasversalmente rispetto alle funzioni, possono infatti essere pianificati velocemente, sfruttando elementi quali la leadership e il team working, componendo sequenze di attività (interne o esterne), motivando le risorse al raggiungimento degli obiettivi di processo.

Quali gap si trovano a dover colmare le aziende del nostro territorio?

L’adattamento al mercato odierno impone alle aziende la capacità di reagire prontamente, un’elevata flessibilità nella propria organizzazione nonché il raggiugimento della miglior efficienza possibile per mantenere bassi i costi, beneficiare di un buon margine ed essere competitivi. I principali gap possono essere colmati mediante: la diffusione di una cultura imprenditoriale; la formazione delle risorse per garantire un livello medio di competenza allineato alle evoluzioni di settore; la gestione e il controllo dei processi, generando piani di miglioramento continuo; l’adeguamento dei sistemi informativi alla tecnologia corrente per semplificare i flussi, rendendoli snelli e a prova di errore; l’osservazione continua dei mercati con attenzione ai competitor globali; infine, la tutela del ‘made in Switzerland’, da sempre apprezzato sui mercati internazionali.

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Simona Galli
economia / aziende
Alberto Bolzoni, direttore generale Shiratech Management Consulting Sa.
© LAC –Foto Luca Del Pia Anna Bolena Gaetano Donizetti Diego Fasolis, direzione musicale Carmelo Rifici, regia I Barocchisti Coro della Radiotelevisione svizzera Una produzione LAC Lugano Arte e Cultura in coproduzione con LAC è un ente autonomo della Città di Lugano project donor in collaborazione con Associazione I Barocchisti, RSI Radiotelevisione svizzera, Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, Fondazione Teatri di Piacenza, Fondazione Teatro Comunale di Modena con il sostegno di 04 –10.09.23 Sconto 20% LAC+ Lu/Me/Ve, ore 19:30 Do, ore 15:00 LAC, Sala Teatro Informazioni e biglietteria www.luganolac.ch

Trama e ordito di uno stile magistrale

Tessuti dei più pregiati, reinterpretati dalla sensibilità di chi alle spalle ha un secolo di storia, in una regione che dell’industria tessile è stata l’epicentro europeo, come San Gallo.

Con un’ineguagliabile capacità di innovare sublimando l’intreccio fra tradizione e contemporaneità, Akris ha portato la Svizzera fra le Maison protagoniste del prêt-à-porter mondiale.

Già la scelta di non avere un logo è singolare per una Maison di moda fra le più rinomate. Ma quello di Akris è uno stile che trascende le tendenze, l’autentica espressione della qualità dei tessuti e delle potenzialità di trame e colori. La raffinatezza di un lusso discreto che ha convinto molte regnanti, esponenti di spicco della politica, imprenditrici, professioniste, creative e star, così come tante altre donne nel mondo, a vestire i

suoi panni. Geometrie fluide, linee pulite ma avvolgenti - audacia futuristica e sofisticatezza classica. A differenza di quanto spesso sfila in passerella, capi pensati per essere indossati da una donna moderna, attiva e dinamica.

«È il tessuto a fare l’abito. A differenza di molti miei colleghi, non disegno mai prima la silhouette e per poi cercare i materiali con cui realizzarla, ma parto sempre dalla stoffa: toccandola inizio a riflettere su cosa possa dare. La moda

infatti non si vede soltanto con gli occhi, ma la si indossa sulla pelle. È un accessorio molto personale, di qui il mio compito di ‘costruire’, proprio come un architetto, abiti in cui una donna possa vivere e muoversi a proprio agio», commenta Albert Kriemler, dal 1979 direttore creativo dell’azienda di famiglia (un record di longevità nel mondo del fashion), diretta da suo fratello Peter, a un secolo da quando venne fondata dalla nonna Alice Kriemler-Schoch.

Audacia innovativa ed eleganza classica. Akris si distingue per l’incomparabile maîtrise di tessuti e colori, punto di partenza di ogni creazione di Albert Kriemler, terza generazione dell’azienda di famiglia insieme al fratello Peter, Ceo. Con la Collezione FW 2021 ha voluto omaggiare il radicamento a San Gallo, raffigurata anche nelle mappe riprodotte sui tessuti, dove tutto è iniziato un secolo fa (sotto, la sfilata di presentazione nella biblioteca dell’Abbazia, patrimonio Unesco).

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economia /aziende
© Photo : AkrisAlbert Kriemler × Ian Hamilton Finlay, Spring/Summer 2009 © Photo Akris

Fatturato e vendite non vengono condivisi, ma si sa che Akris conta oltre 1500 dipendenti, un terzo a San Gallo, dove si trova la sede centrale con i dipartimenti creativi, l’archivio dei tessuti e il centro logistico. Oltre trecento i rivenditori nel mondo e una ventina di boutique monomarca, a partire dalle prime realizzate dall’architetto ticinese Ferruccio Robbiani fino ai recentissimi showroom di Tokyo e Washington firmati dallo studio di David Chipperfield. Europa, Giappone, Sud Corea e Stati Uniti: progressivamente Akris ha conquistato tutti i mercati e le culture.

In particolare la maestria espressa da Albert Kriemler ha permesso di sviluppare l’inconfondibile per quanto cangiante stile di Akris. Una seduzione minimalista. Tessuti e colori ne sono la trama e l’ordito. «Sin da bambino non c’era nulla di meglio nel tempo libero che consultare la nostra collezione di campioni di stoffe. A 15 anni ho comprato il mio primo tessuto e a 16 ho preso il primo ordine di un cliente», ricorda. «Ero pieno di ammirazione per nonna Alice, un’imprenditrice nata e una donna sportiva, sempre pronta a nuove esperienze: ha 60 anni ha imparato l’inglese, a 62 ha preso la patente e a 65 lezioni di sci, …».

Tutto inizia quando nel 1922, ben prima che in Svizzera si discutesse di voto alle donne, la ventiseienne Alice avvia a San Gallo il suo atelier per la produzione di grembiuli, un capo allora irrinunciabile per la maggior parte delle

«È il tessuto a fare l’abito. Non disegno mai prima la silhouette, ma parto sempre dalla stoffa: toccandola inizio a riflettere su cosa possa dare. La moda infatti non si vede soltanto con gli occhi, ma si indossa sulla pelle. È un accessorio molto personale, di qui il compito di creare abiti in cui una donna possa muoversi a proprio agio»

professioni femminili. I suoi si contraddistinguono presto per la qualità dei tessuti - i migliori cotoni e lini - e la grazia delle forme. Nello stesso anno nasce il primogenito Max: sarà lui, alla scomparsa improvvisa del padre nel 1944, ad affiancarla interrompendo gli studi di medicina, dimostrando di possederne le stesse doti manageriali e l’intuito che hanno valso il grande salto di categoria. Quello che ha proiettato Akris nell’Olimpo del prêt-à-porter: unica azienda svizzera dal 2004 a sfilare alle settimane della moda parigine. E l’anno scorso ha scelto il Trocadero come scenografia esclusiva per presentare la collezione del centenario, ispirata ad alcuni pezzi iconici della sua storia.

Proprio sotto la guida di Max - che ha ribattezzato l’azienda con l’acronimo perfetto, Akris, dalle iniziali della madre

- il business si è spostato alla creazione di abiti, camicette e gonne. Soprattutto grazie alla sua capacità di tessere relazioni, con il fondamentale apporto della moglie Ute, donna di grande intelligenza e charme. A fine anni ’60 si guadagna il favore di due immensi protagonisti dell’epoca - il rivoluzionario stilista della Nouvelle Vague Ted Lapidus e l’elegantissimo Hubert de Givenchy, dai quali ottiene l’onore di produrre su licenza fuori dalla Francia alcune emblematiche collezioni. Incarichi che permettono di acquisire un know-how che getta i primi semi dello stile germogliato sotto la direzione creativa del secondogenito Albert. Per chi, come lui, l’arte della sartoria l’ha acquisita by doing, prima della forma viene la materia. Emblematico è il caso il double-face, la tecnica più impegnativa della couture. «I tessuti doubleface - in

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Albert Kriemler, Direttore creativo Akris
© Photo : AkrisAlbert Kriemler A Woman on a Walk, Fall/Winter 2021 © Photo Akris © Photo Akris

Nell’ultimo decennio le collaborazioni con artisti contemporanei sono state fonte d’ispirazione insostituibile per Albert Kriemler. Ad esempio, il pittore tedesco Reinhard Voigt, precursore negli anni ’60 dei pixel con la sua opera grafica, resa magistralmente nella collezione FW 2022.

lana, lino, seta, cotone o cashmere - sono realizzati con una fine lavorazione a doppio strato, che crea due lati veri e propri. Un capo, due look. In una giacca o un cappotto reversibile, la realizzazione di parti come il colletto e le cuciture, così come le tasche, richiede grande attenzione. La chiave sono cuciture minime, quasi invisibili. A parte la lieve imbottitura nella zona delle spalle, non è presente alcuna struttura o fodera interna, conferendo all’indumento una vestibilità perfetta e permettendo al tessuto di cadere in modo ideale», spiega il direttore creativo. Akris riesce ad applicarla anche a tessuti ultraleggeri: le macchine da taglio in grado di separarli sono state sviluppate internamente seguendo l’intuizione del direttore creativo. Il risultato nella sua semplicità non denuncia lo sforzo: selbstverständlich come piace dire ad Albert. Un aggettivo chiave del vocabolario di Akris, tanto da essere diventato il titolo della mostra con cui, fino al prossimo 24 settembre, il Museum für Gestaltung di Zurigo rende omaggio al centenario di Akris. Un’espo-

Per la collezione F/W 2014, in collaborazione con l’artista Thomas Ruff, Albert Kriemler ha utilizzato il ricamo a Led e-broidery® di Forster Rohner, altra storica azienda familiare sangallese, specializzata in pizzi. È la prima integrazione industriale di una tecnologia a luce intermittente su un tessuto che mantiene la sua elasticità, il drappeggio e resiste al lavaggio.

sizione che si focalizza sulle collezioni degli ultimi dieci anni, mostrando le interazioni con artisti, architetti, designer e fotografi che le hanno ispirate, spingendo ogni volta Albert a superarsi. Non banali trasposizioni, ma libere traduzioni nel linguaggio tessile - visivo quanto tattile, statico quanto dinamico - dell’essenza di un’opera altrui, per restituirne non solo l’impressione estetica ma anche la dimensione poetica. L’entusiasmo dei diretti interessati conferma: Sou Fujimoto, Carmen Herrera, Rodney Graham, Geta Brătescu, Imi Knoebel o Reinhard Voigt. Si prenda quest’ultimo, ispiratore della Collezione Autunno/Inverno 2022. «Ho voluto rendere la modernità della sua opera grafica e i suoi straordinari colori come stampe su abiti sartoriali

double-face, blouson di tulle e un abito di paillettes color-blocked, lavorando con il nostro stampatore da trent’anni a Como, Gianpaolo Ghioldi. Ad esempio, il Gallus Green è stato reso in un neoprene setoso che ha assunto una lucentezza moderna e sportiva. Il pelo di cammello puro è stato scelto perché produce una tonalità che non può essere ottenuta tingendo sete o cotoni. Un feltro di cashmere sviluppato con Loro Piana ha permesso di ottenere una specifica tonalità di beige, un colore che altrimenti può sembrare molto vecchio. Quanto alle forme, quelli che nei dipinti appaiono oggi come pixel digitali, sono stati resi con quadrati di tessuto cuciti insieme», illustra Albert Kriemler. Akris sviluppa in proprio molti tessuti e spesso li fa realizzare da aziende tessili

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Akris.
-
Mode. selbstverständlich
Museum für Gestaltung Zurich. Photo : Regula Bearth, © ZHdK © Photo Akris © Artist Courtesy Reinhard Voigt © Photo Akris

Sopra, il Padiglione della Serpentine Gallery dell’architetto Sou Fujimoto ha ‘sfidato’ Albert Kriemler a tradurne in linguaggio tessile il gioco di volumi, opacità e trasparenze, nella Collezione Spring/Summer 2016, a destra. Sotto, il primo accessorio di Akris nel 2009, la Ai Bag, con l’identitaria forma a trapezio qui in un materiale innovativo, raro e sostenibile, il crine di cavallo.

italiane o collabora con produttori di ricami di alta qualità ancora attivi a San Gallo come Forster Rohner, Bischoff e Jakob Schlaepfer sviluppando nuovi tessuti all’avanguardia. Dagli anni Novanta, il top di gamma - abiti da sera, cappotti e giacche double-face - è in gran parte cucito a negli atelier di Mendrisio. Creatività e R&D rimangono fieramente a San Gallo, mentre gran parte delle collezioni è prodotta in Romania, soluzione per mantenere in-house tutte le fasi produttive a differenza di tante altre Maison che esternalizzano: lì, il Ceo e il direttore tecnico hanno creato nel 2005 uno stabilimento all’avanguardia, Artifex. I dipendenti ricevono la formazione iniziale e continua in Svizzera e sono quotidianamente in contatto con la casa madre.

Un materiale che non si può non citare è il crine di cavallo. Nel 2008, in piena crisi finanziaria, i fratelli Kriemler hanno rilevato un’azienda tedesca produttrice di borse fra le rare specializzata nella sua lavorazione. Entusiasta, Albert lo ha usato per la sua prima borsa, una tote nota come Ai bag. «È un materiale storico ma le sue proprietà lo fanno apparire come se fosse stato progettato per il presente. Si tratta di una fibra di rara raffinatezza e sostenibilità, molto più leggero e resistente della pelle, e rispettoso degli animali. Per una Ai Bag sono necessari i peli delle code di due cavalli, tessuti nel corso di due giorni. Provengono da esemplari selvatici della Mongolia, tosati secondo una tradizione cerimoniale e lasciati ricrescere in modo naturale per due anni. La brillantezza e la profondità delle tinte che si possono ottenere hanno sollecitato il mio senso del colore. E diventano sempre più belli con il tempo», sottolinea lo stilista.

La Ai Bag è stata il primo accessorio di Akris e ne ha esplicitato quello che, in assenza di loghi, è ormai il suo segno grafico distintivo, il trapezio: evoca tanto il taglio del grembiule, quanto l’iniziale di Akris, Alice e Albert e le proporzioni auree alla base di tante creazioni. A suggerirlo un padiglione trapezoidale progettato da una giovane architetto messicana, Tatiana Bilbao, per il Jinhua Architecture Park vicino a Shanghai.

Internazionalità, ma sempre forte radicamento: Akris si trova ancora in Felsenstrasse 38, dove traslocò nel 1939 nonna Alice. Albert disegna nell’attico con vista sul centro della città. Motivi, citazioni di design, bozzetti e campioni di tessuto tappezzano le pareti, sui cavalletti sono appesi abiti d’epoca. Lavora solo su modelli reali, mette a punto ogni pezzo con i suoi collaboratori, facendo e disfando. La sinergia con il team è fondamentale in una struttura snella, dove ciascuno membro gode della massima fiducia.

Approfittando del lockdown per concentrarsi sulla sua San Gallo, nell’autunno 2021 Albert l’ha omaggiata con una collezione speciale, presentata nella biblioteca dell’Abbazia di San Gallo e ai laghi Drei Weieren. «Camminare è un atto di libertà o una sorta di fuga. Di qui l’idea di una donna che indossa una copertura stratificata e avvolgente per muoversi per le strade, la natura, i parchi della sua città. Volevo giocare con tutto ciò che è al centro della nostra casa. In particolare, la stampa della mappa di San Gallo rivela la posizione dell’atelier Akris», spiega il direttore creativo, concludendo: «Anche se i festeggiamenti del centenario ci hanno permesso di gettare uno sguardo retrospettivo, non ci fermiamo mai, ma ci chiediamo sempre: E dopo? Perché la moda è sempre proiezione, un processo di perpetua evoluzione». La trama di un tessuto vivente, che intreccia tradizione, savoir-faire e innovazione. La stoffa della creatività.

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© Photo Akris © Photo : AkrisAlbert Kriemler × Sou Fujimoto, Spring/Summer 2016

La costellazione di Locarno Pro

La ricerca e la promozione di ‘visioni’ emergenti e indipendenti, missione identitaria per il Locarno Film Festival, si esprime non solo attraverso la selezione delle opere presentate al pubblico, ma anche con i programmi dedicati ai professionisti dell’industria cinematografica, che in Locarno Pro trovano un punto di riferimento e un supporto di assoluta qualità.

La magia del grande schermo, l’entusiasmo di ritrovarsi a condividere il tempo e lo spazio di una sala cinematografica - o quello ‘stellare’ di Piazza Grande, nel caso delle proiezioni serali all’aperto -, fra scoperte di nuovi autori e riscoperte di grandi classici, di cui sarebbe altrimenti difficile venire a conoscenza nelle logiche mainstream delle grandi piattaforme di distribuzione. Poi i dibattiti, gli incontri e il fascino sempre magnetico del tappeto rosso. Se, uscendo dalla pandemia,

il Locarno Film Festival (Lff) è tornato ad attirare l’anno scorso quasi 130mila spettatori, cifra che sembra destinato a superare nell’imminente edizione, dal 2 al 12 agosto, è perché sa offrire tutto questo, con l’alta qualità curatoriale che lo proietta nella top ten dei festival cinematografici internazionali. Ma non solo. Per meritarsi il riconoscimento di baluardo del cinema indipendente, non basta essere luogo di ‘consumo’, ma anche di creazione: «Sotto il cappello di Locarno Pro offriamo un’ampia scelta di

iniziative, programmi e servizi pensati per i professionisti dell’industria e gli artisti dell’audiovisivo, con l’obiettivo di fornire un supporto a venditori, filmmaker e rappresentanti di produzione, distribuzione ed esercizio cinematografico nello svolgimento dei loro compiti, che vanno dalla concezione all’uscita di film in diverse aree del mondo», spiega Markus Duffner, responsabile di Locarno Pro.

Si tratta di una realtà che include una decina di iniziative, da quelle ad ancoraggio più territoriale come Alliance4Development - un workshop che ha l’obiettivo di incoraggiare il co-sviluppo in fase iniziale e la cooperazione a lungo termine per progetti tra Austria, Germania, Italia,

Fra le iniziative rivolte ai professionisti durante il Locarno Film Festival, il think tank StepIn si interroga quest’anno su cosa possa definirsi oggi ‘cinema indipendente’ di fronte a un’industria in trasformazione strutturale. A rispondere una cinquantina di dirigenti ed esperti del settore, con ospite d’onore il produttore culto Ted Hope.

40 · TM Agosto 2023
economia / industria cinematografica
©
Film Festival / Ti-Press / Massimo Piccoli ©
Locarno
Locarno Film Festival / Gabriele Putzu

Francia e Svizzera - alle tante che guardano ben oltre i confini, anche europei, come First Look, trampolino di lancio per film in qualsiasi fase di post-produzione, che nelle sue otto edizioni ha guardato a Colombia, Messico, Cile, Brasile, Israele, Polonia, … fino al Regno Unito, quest’anno. Alla nuova generazione è dichiaratamente rivolto U30, un forum che ha l’obiettivo di stimolare lo scambio di opinioni e promuovere l’analisi della direzione dell’industria cinematografica.

«I professionisti alle prime armi rappresentano una componente più fragile, che ha bisogno di un boost in questa industria di non facile accesso e spesso lobbistica. Una delle nostre iniziative di cui andiamo maggiormente orgogliosi è l’Industry Academy, un workshop di 4-6 giorni dedicato ai giovani professionisti tra distributori, addetti alle vendite, organizzatori di festival, esperti di marketing, Vod e programmazione cinematografica. Si svolge a Locarno ad agosto, ma poi prosegue lungo tutto l’arco dell’anno e in tutto il mondo con dieci altri ‘spin-off’, grazie alla collaborazione con festival, mercati e laboratori internazionali, in Grecia, Libano, Sud Africa, Cile, Brasile, Costa Rica, Colombia, Messico, Stati Uniti e India», sottolinea Markus Duffner.

Il tutto introdotto da una giornata iniziale, StepIn, che invita un gruppo internazionale di 50 dirigenti di spicco nei diversi settori dell’industria cinematografica a discutere tematiche e sfide dell’audiovisivo. Quest’anno la domanda chiave sarà cosa oggi possa definirsi ‘cinema indipendente’: «In questi mesi si è infatti assistito a una corsa da parte delle grandi case di produzione, dei broadcaster internazionali e dei principali servizi streaming, all’acquisto di società di produzione che si dedicano al cinema indipendente per conquistare il pubblico di cinefili che sfugge alla loro offerta. Ci si può però chiedere se sia corretto che un produttore indipendente che entra a far parte di questi grandi gruppi possa ancora ricevere finanziamenti da enti e fondi pubblici. Di conseguenza, si è di recente assistito nei bandi di finanziamento alla comparsa di clausole per limitare la quota massima detenuta da un broadcaster delle società che si candidano, fissandola di norma al 25%. Segno della volontà di tutelare l’indipendenza dei piccoli player, che rimane il fondamento del cinema di autore e il business core

«Il Locarno Film Festival segna il debutto per i film presentati in anteprima. Durante la rassegna ci raggiungono in media 350-400 compratori, che possono così acquistarne i diritti di distribuzione, e circa 150 programmatori di altri festival per selezionare per le loro rassegne quello che più li colpisce»

Markus Duffner, responsabile di Locarno Pro

I numeri dell’industria al Locarno Film Festival Partecipanti professionisti all’edizione 2022

Con quasi 1400 accreditati, da 93 Paesi nel mondo, un terzo dalla Svizzera, Locarno Pro nel 2022 ha segnato un record storico che quest’anno potrebbe ritoccare. In continua crescita anche la piattaforma digitale, Open Doors ToolBox, che mette a disposizione dei cineasti un’ampia scelta di risorse, contenuti e strumenti mirati.

della nostra attività», commenta l’Head of di Locarno Pro. Ed è proprio grazie a incontri e attività come queste che il Locarno Film Festival è stato e continua a essere precursore delle tendenze.

Durante la manifestazione sono previste anche proiezioni industry dei film in selezione per concentrare nell’arco di quattro e cinque giorni la presenza di venditori e compratori, che giungono da tutta Europa e anche dal resto del mondo, Usa in primis, e anche l’Asia quest’anno dovrebbe tornare in forze.

I risultati in termini di circuitazione confermano la capacità del Lff di intercettare e mettere in luce nomi chiave e

Una continua progressione anche sul fronte del digitale

tendenze del cinema contemporaneo riscontrando un chiaro interesse, anche commerciale, per le opere selezionate. «Il Locarno Film Festival segna il debutto ufficiale per i film presentati in anteprima a pubblico e membri dell’industria presenti alla manifestazione. Da qui, per molte di queste opere prende avvio un’avventura di 12-24 mesi con la partecipazione ad altri importanti festival internazionali, premi, riconoscimenti e diffusione in sala o su piattaforma, e poi nei cataloghi.

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© Locarno Film Festival / Ti-Press
Membri
Doors
2020 2021 2022 500 1.217 1.414 Fonte:
Fonte:
Open
ToolBox
Locarno Film Festival
Locarno Film Festival
2019 2021 2022 2019 2021 2022 1.138 1.030 1.377 69 74 94
Rappresentanti dell'industria cinematografica Locarno Pro: paesi rappresentati nella selezione ufficiale

Sono oltre una decina le attività che Locarno Pro dedica ai professionisti, in particolare a supporto dei cineasti emergenti e indipendenti, come nel caso di Match Me!, un servizio di matchmaking che consente ai produttori emergenti di presentarsi a potenziali coproduttori, fondi o società di vendita in un clima informale.

Durante la rassegna ci raggiungono in media 350-400 compratori, che possono così acquistare i diritti di distribuzione nei loro territori, e circa 150 programmatori di altri festival per selezionare per le loro rassegne quello che più li colpisce», illustra Markus Duffner. A conferma, l’86% circa dei lungometraggi in première a Locarno75 ha trovato una distribuzione internazionale e oltre una cinquantina sono approdati ad appuntamenti cardine del panorama internazionale.

Più però che adottare una strategia finalizzata al mercato, come per Cannes o Venezia, un festival invece orientato al cinema di autore, indipendente ed emergente come Locarno, guarda all’industria puntando sulla qualità di una programmazione pensata su misura per le società e i professionisti selezionati. «Ogni incontro, iniziativa, momento di networking è pianificato in base al profilo dell’ospite. Ad esempio, durante il Festival organizziamo pranzi per i professionisti studiando nei minimi dettagli la composizione dei singoli tavoli, per innescare le sinergie più promettenti e garantire un’occasione di contatto genuina: non la classica sfilza di pitch one-to-one talmente serrati che nessuno si ricorderà del singolo progetto,

ma un’atmosfera conviviale, dove prima ancora di parlare di lavoro si possano creare delle relazioni autentiche», osserva il responsabile di Locarno Pro.

Grazie al digitale, si esce anche dal vincolo della presenza fisica, e non soltanto per consentire a chi non può arrivare di persona di seguire l’evento da remoto (il 10% degli accreditati). Nella logica di Locarno 365, si punta infatti a potenziare l’impatto della rassegna, raggiungendo tutto l’anno e dovunque le sue comunità di interesse. Ne è interprete anche il progetto Heritage Online, un database lanciato nel 2020 con l’obiettivo di dare nuova vita commerciale ai film di patrimonio. «Quest’anno proponiamo per la prima volta una giornata dedicata all’industria del cinema classico, Heritage Monday, con momenti di networking, riflessione e la proiezione di film appena restaurati, in questo caso il capolavoro dell’egiziano Yousri Nasrallah, La porte du Soleil (2004), che abbiamo riportato a

nuova vita in collaborazione con il nostro partner Cinegrell, con cui lanciamo anche l’Heritage Online Restoration Contest, che offre un restauro completo a uno degli oltre 30 progetti che si sono candidati da ogni continente e che sarà mostrato a Locarno77 nel 2024». Si parla di contributi dai 50mila franchi in su, a seconda delle condizioni di conservazione, della durata dei film, della scelta del 2 o del 4K ed extra vari. Aspetti fondamentali affinché queste produzioni possano soddisfare i requisiti richiesti dalle piattaforme, dove altrimenti sono ben poco presenti.

Open Doors, porte spalancate per al cinema indipendente Altro esempio di eccellenza dell’ibridazione fra fisico e digitale è Open Doors. Con venti anni alle spalle festeggiati la scorsa edizione, è un’anima insostituibile del lavoro che Locarno svolge a sostegno dei professionisti delle realtà più marginali. «La nostra missione è sostenere artisti provenienti da comunità sottorappresentate e da paesi le cui condizioni politiche ed economiche critiche mettono a rischio il cinema e l’arte come forme di espressione», spiega Zsuzsi Bánkuti, dall’anno scorso Head of di Open Doors. In precedenza è stata responsabile delle acquisizioni e della programmazione per una società di distribuzione e cinema indipendente, la Cirko Film di Budapest, poi presso The Match Factory a Colonia, dove si è occupata inoltre di attività di vendita internazionali, festival e strategie di marketing, con una media di 600 film supervisionati all’anno. «In stretta collaborazione con la Direzione dello sviluppo e della cooperazione del Dfae, che ci sostiene dall’inizio, grazie a Open Doors vogliamo costruire ponti tra regioni, paesi e continenti. Attraverso i

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© Photo Virginia Bettoja © Photo Virginia Bettoja

nostri programmi pubblici e professionali, contribuiamo a creare le condizioni per la realizzazione e la diffusione di opere di talenti in aree del mondo particolarmente difficili, favorendo lo sviluppo di una scena cinematografica indipendente, locale e regionale», evidenzia la responsabile.

Nato nel 2003 come piattaforma business che si focalizzava ogni anno su una diversa regione, dal 2016 Open Doors segue una programmazione triennale per un lavoro più esteso e approfondito, necessario a creare le premesse per accompagnare, far crescere e rendere autonomi produttori creativi e registi.

In totale vengono selezionati otto progetti in fase di sviluppo e otto produttori creativi per partecipare rispettivamente alla piattaforma di co-produzione Projects’ Hub, e al programma di sviluppo Producers’ Lab rivolto ai produttori creativi, figure che spesso nei progetti cinematografici assumono un ruolo trasversale, occupandosi non solo del finanziamento, ma anche della presentazione del progetto, della selezione di regista e team, dell’organizzazione delle riprese… «Come sempre ricordo però, prima ancora di cercare di realizzare un film, occorre interrogarsi sul pubblico che si desidera raggiungere, cosa non sempre semplice da comprendere in realtà nelle quali spesso non esiste nemmeno una rete di sale cinematografiche. Ogni progetto deve poter parlare al suo pubblico. A volte, poi, scopriamo anche dei filmmaker che non hanno ancora un progetto concreto o non sono abbastanza maturi professionalmente: se crediamo in loro, li indirizziamo a intraprendere un percorso per acquisire le competenze necessarie, così da potersi poi candidare, quando saranno pronti, a Open Doors», spiega Zsuzsi Bánkuti.

Da quest’anno verrà inoltre offerto un nuovo programma, il Directors’ Club, per fornire ai cineasti selezionati per gli Open Doors Screenings ancora più possibilità di trarre il massimo dalla loro esperienza al Festival. A fianco, e anche oltre la durata della manifestazione, sono attivi una hotline e il servizio di Consultancy, che offre a una decina di progetti meritevoli una consulenza individuale online con esperti internazionali. Proprio l’online si conferma una risorsa preziosa anche per la diffusione dei contenuti: i cortometraggi di Open Doors sono infatti resi disponibili anche in streaming senza restrizioni geografiche per raggiungere il pubblico

«Attraverso i programmi pubblici e professionali di Open Doors contribuiamo a creare le condizioni per la realizzazione e la diffusione di opere di talenti in aree del mondo particolarmente difficili, favorendo lo sviluppo di una scena cinematografica indipendente, locale e regionale»

Zsuzsi Bánkuti, responsabile di Open Doors

più vasto possibile e le aree di chi non ha potuto partecipare fisicamente al Festival.

A completare la costellazione dei programmi proposti da Open Doors, una sezione non competitiva di proiezioni.

«Open Doors agisce dunque da incubatore di talenti, offrendo uno spazio dove accedere a strumenti, formazione, nuove ispirazioni e contatti, per creare, finanziare e promuovere le opere, sviluppare le proprie capacità. Sempre in quest’ottica, complice la pandemia, ci siamo dotati di uno strumento come l’Open Doors ToolBox, una piattaforma che mette a disposizione risorse create ad hoc con contenuti inerenti tutte le fasi dei progetti, interventi di esperti, sessioni registrate, un’area forum e gruppi privati in cui i membri possono condividere risorse esclusive e personalizzate». Uno strumento particolarmente apprezzato, come conferma la crescita di iscrizioni, aumentate del 16,2% nel 2022, a quota 1414, da 93 Paesi.

Quest’anno Open Doors propone il secondo appuntamento con il ciclo triennale dedicato all’America latina e ai Caraibi che ha debuttato nel 2022. «Un’a-

Appuntamento con l’America latina e i Caraibi per Open Doors, programma emblematico dell’impegno del Locarno Film Festival a sostegno del cinema indipendente come forma espressiva da tutelare e incentivare anche grazie a sinergie fra diverse realtà.

rea ricca di voci, generi e contenuti che sta riservando numerose sorprese, per un totale di 22 Paesi interessati, molto eterogenei per realtà politiche e culturali, e con sistemi cinematografici e pubblici altrettanto diversi. Non solo facilitiamo il loro accesso a finanziamenti e produttori europei che possono aiutarli, ma ancor prima incoraggiamo le diverse aree geografiche a collaborare fra loro», conclude la responsabile di Open Doors. Affinché proprio a partire dalle connessioni che nascono qui, a Locarno, possano divenire catalizzatori della scena locale, a sostegno di quel cinema indipendente che del Festival è il fulcro.

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© Locarno Film Festival / Ti-Press © Locarno Film Festival / Ti-Press / Samuel Golay

Eureka!

Il secondo capitolo di un’epica avventura...

Inizia qui il secondo importante capitolo di Eureka. Dunque nessuna svolta, e nessuna rivoluzione, ma una rassicurante continuità della straordinarietà di quanto proposto. Accanto all’audace offerta di quello che il Venture Capital a livello nazionale ha saputo sostenere negli ultimi anni, la nuova strategia di un Cantone scalpitante ma di frontiera per colmare un gap ancora troppo importante. Le start up sono e rimangono stelle, che per esiti del tutto erratici a volte… si accendono. Ma vanno aiutate a farlo. Sempre.

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Sbaglia, ma riprova!

La Svizzera è l’ambiente perfetto per fare imprenditoria, ma a dover essere rimosso è lo stigma tutto europeo legato al fallimento, a favore di un approccio molto più anglosassone.

Fare imprenditoria, e poterlo fare in Svizzera, è una straordinaria fortuna: ci sono infatti tutti gli ingredienti per avere le migliori possibilità di successo. Le infrastrutture sono di primo ordine e la stabilità politica, economica, amministrativa, finanziaria, legale, normativa, monetaria e fiscale del Paese non sono seconde a nessuno. A ciò si aggiunge un elemento spesso trascurato: l’eccezionale qualità di back e middle office. Non per niente la Svizzera è da molti anni sul podio dei Paesi più competitivi, secondo l’Imd di Losanna.

Se si considera che con ogni probabilità non c’è mai stata una fase storica più ricca di opportunità dirompenti come l’attuale, è facile capire perché vi siano tutti gli elementi favorevoli all’imprenditorialità.

Per definire la Svizzera, è sufficiente porsi due domande: quale altro Paese permette alla stragrande maggioranza dei lavoratori, indipendentemente dal ceto e professione, di andare in vacanza all’estero? In quale altro Paese si può avere successo professionale, in qualunque ambito, a patto di applicare una linea di condotta basata sul duro lavoro, sulla coerenza e sul rispetto per gli altri senza scendere a compromessi sui propri valori?

Per avere successo, tuttavia, rimane fondamentale il fattore X, il più importante: il fattore umano, cioè la capacità di avere idee, di circondarsi delle persone giuste e della struttura giusta, e soprattutto di sostenere il proprio progetto.

Se avere idee sembra essere la parte più difficile, in realtà è la più facile, al punto che, contrariamente alla mentalità dell’Europa continentale, gli americani discutono apertamente le loro idee con i loro coetanei per trovare difetti e miglioramenti, senza temere che la loro idea

venga rubata. Inoltre, la Svizzera è così accogliente e ci sono abbastanza opportunità di vivere senza doversi assumere il rischio imprenditoriale, da non trovare eccessiva concorrenza sulla strada.

La vera sfida è sapere come sostenere un progetto! Non ci sono regole, se non il duro lavoro, l’umiltà, la resilienza senza testardaggine e una buona dose di empatia. Ognuno può portare il proprio mix di personalità, individualità e approccio. Personalmente, ho sempre incoraggiato l’ascolto e il rispetto dell’altro, dei suoi interessi e delle sue esigenze, la curiosità e una buona dose di cultura. La cultura unita alla curiosità offre una visione più olistica delle situazioni e la capacità di pensare ‘fuori dagli schemi’, adattando una soluzione esistente a una situazione analoga ma per un problema diverso, o adattandola ad altri usi. Nella vita si è costantemente costretti a copiare e incollare, nello studio e nel lavoro, e il vero innovatore, che può essere legittimamente definito un genio, un termine troppo spesso abusato, rimane estremamente raro.

In qualità d’imprenditore, ho fondato aziende in diversi settori: finanza (gestione, servizi finanziari, brokeraggio), relazioni pubbliche, media e formazione digitale (serious escape games). Sono due i veri ostacoli da superare.

In primo luogo, il sentimento dell’individuo rappresentato dalla paura di fallire, che colpisce il proprio ego. Churchill diceva: Il successo è passare da un fallimento all’altro senza perdere l’entusiasmo. Bisogna considerare il fallimento come un accumulo di esperienza, una lezione che permetterà di non commettere gli stessi errori in futuro. In alcuni Paesi, come Israele o gli Stati Uniti, l’insuccesso non è un marchio di infamia, ma un segno

di maggiore probabilità di esito nel tentativo successivo, il che dovrebbe quindi spronare a viverlo quale tappa formativa.

Il secondo è la pressione sociale di fallire. Nei Paesi conservatori, questa pressione può essere estremamente forte. In Svizzera, dove il solo fatto di ricevere un’ingiunzione di pagamento è abbastanza traumatico, un fallimento è destinato a stigmatizzare o addirittura a ostracizzare l’imprenditore che non ha avuto successo.

Se l’approccio positivo e incoraggiante tipico del mondo anglosassone dovesse però essere imposto, a questo aggiungerei la necessità per ogni impresa, di successo o meno, di adottare modi e linee di condotta analoghi. La soddisfazione personale e lo sviluppo del business ne trarranno sempre giovamento.

Il Ticino, che spesso viene erroneamente considerato un cantone arretrato a causa della fuga dei talenti e di un tessuto industriale poco diversificato, ha tutte le carte in regola per giocare un ruolo importante nelle iniziative imprenditoriali nazionali: un settore finanziario che ha saputo ristrutturarsi, con particolari competenze negli hedge fund e nella blockchain; talenti che conoscono bene le lingue nazionali e che vi tornano dopo gli studi fuori cantone, beneficiando di una comunità accademica già fatta; e la vicinanza all’Italia, culla della creatività.

Con Ashenden Finance, la principale società indipendente di brokeraggio azionario e obbligazionario della Svizzera, con sede a Lugano, siamo orgogliosi di far parte del successo del Cantone da oltre un decennio a questa parte.

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Laurent Ashenden, fondatore di Ashenden Finance.
eureka/ l’imprenditore

Mattone 2.0

Sta rapidamente conquistando il mercato immobiliare del Canton Zurigo e si prepara a espandersi nel resto della Svizzera. Al centro del successo di questa start up un business model aggressivo, e molta efficienza nella gestione finanziaria. Ristrutturare è solo l’inizio.

Klam Holding è stata fondata nel 2022 dopo il successo della sua attività ed è composta da Klam Services e Klam. La prima, fondata nel 2018, si occupa della ristrutturazione di immobili, la seconda, fondata sempre nel 2018, è ufficialmente riconosciuta dal Canton Zurigo come gestore di attività immobiliari.

Il modello di business è unico. L’azienda lavora a stretto giro con un gran numero di partner, architetti e fornitori selezionati per ottimizzare la catena del valore.

«Quando si acquista un immobile da noi, tutti i costi sono inclusi in un prezzo totale equo», sottolinea Salvatore Longobardo, Ceo di Klam. «In confronto, l’acquisto di un vecchio immobile, l’assunzione di un architetto e dei relativi altri appaltatori per una ristrutturazione costa il doppio. E alla fine offre solo la metà di quello che offre Klam. Inoltre, non è necessario un finanziamento aggiuntivo per i lavori di ristrutturazione o sostenere spese personali aggiuntive», continua Longobardo. Il suo successo si basa su diversi fattori. Un team coordinato, un’efficiente collaborazione con gli architetti che comprendono le esigenze di Klam e ottime condizioni finanziare offerte dai fornitori che rendono i prezzi interessanti. Solido sviluppo finanziario. Klam ha registrato una crescita molto importante. Dalla sua nascita ha già acquisito 21 immobili, raggiungendo uno straordinario Cagr del 43% annuo. «Il ciclo di cassa è in media di sette mesi per progetto. Questa efficienza consente di recuperare

rapidamente il capitale e reinvestirlo. Ciò contribuisce a un modello di business sostenibile e redditizio», evidenzia Anastasia Kati, Cfo di Klam Holding.

Più in generale sono tutti gli indici finanziari. «Con un Roi del 54% per progetto, l’azienda supera nettamente la media del settore», prosegue Kati. Questa redditività è il risultato di un’accurata selezione degli immobili, di un’efficace ristrutturazione e di un’abile commercializzazione. Inoltre, registra un Ebit del 28%, rispetto a una media del settore dell’1,9.

con una partecipazione del 20% è entrata nel capitale, rafforzando la base finanziaria, ma portando preziose conoscenze del settore e importanti reti di contatti. Il grande potenziale del mercato di riferimento. Secondo homegate.ch, ogni anno vengono pubblicate circa 2.100 offerte per immobili residenziali nel Canton Zurigo. Circa l’88% di queste si riferiscono a immobili esistenti, di cui il 40% appartamenti. Il 65% sono case unifamiliari costruite da oltre 30 anni.

Distribuendoli sulle aree privilegiate con una crescita dei prezzi elevata e aggiungendo criteri supplementari come necessità di ristrutturazione, qualità dell’immobile, caratteristiche architettoniche dell’alloggio, numero di stanze e metri quadrati, si ottiene un campione di circa 200 oggetti all’anno di interesse.

Il business model di Klam, improntato sulle ristrutturazioni di immobili datati, come le cifre ben mostrano, sta vivendo una fase di crescita molto importante, pur stando nel solo Canton Zurigo.

Con almeno 200 immobili in vendita ogni anno, Klam è in grado di ottenere un rendimento di almeno il 40% per ogni proprietà. Si tratta di immobili tra i primi anni Settanta e metà anni Ottanta. In questo segmento da circa 300 milioni di franchi all’anno, Klam potrebbe ottenere un profitto aggiuntivo di almeno 50 milioni.

A riprova della fiducia nel progetto, i fondatori della società hanno effettuato diversi investimenti con il loro patrimonio privato negli ultimi cinque anni, e detengono ancora l’80% del capitale.

Nel novembre 2022, Skv Immobilien

Un team dedicato. I fondatori sono Anastasia Kati e Salvatore Longobardo. Salvatore è un ingegnere elettronico e architetto di grande esperienza. Apporta all’azienda un’importante cultura del mondo degli affari. Il suo spirito innovativo e la sua passione per le tecnologie e l’intelligenza artificiale spingono Klam verso nuovi traguardi tecnologici. Grazie alla sua vasta esperienza come Cfo in di-

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eureka / start up

verse aziende, Anastasia Kati tiene sempre sotto controllo gli aspetti fiscali, legali, finanziari e contabili. Le sue conoscenze e competenze garantiscono una solida base finanziaria per tutti i progetti.

Con una conoscenza approfondita del settore immobiliare e una profonda comprensione del mercato, insieme hanno dimostrato di essere in grado di identificare le opportunità, individuare e minimizzare le criticità operazionali e realizzare investimenti redditizi. La loro visione strategica e la loro leadership sono fondamentali per il successo dell’azienda.

Oltre al leading team, dispone di altre figure altamente qualificate. Susan Brändli, Responsabile Marketing e Comunicazione, vanta oltre 10 anni di esperienza nel settore. Nanni Longobardo, Responsabile Affari Legali e Amministrazione, è un avvocato d’impresa esperto. Manfredo D’Andrea, Construction Site Project Manager, ha una vasta esperienza come capocantiere in Svizzera, Italia e Germania. Beatrice Cincera, Financial Support, è un’esperta contabile. Decisione di acquisto basata su una ricerca completa. Klam dispone anche di un ampio know-how tecnologico. In collaborazione con Wüest & Partner, Pricehubble o Realadvisor, utilizza modelli di valutazione e tecnologie avanzate per la selezione degli immobili, nonché modelli di rendering migliorati in Virtual Reality. Nuove opportunità. Ha dimostrato di avere il potenziale per continuare a crescere, e le prospettive future sono promettenti. «Intendiamo continuare a far crescere il portafoglio espandendoci in nuovi mercati e ampliando il nostro raggio d’azione con immobili plurifamiliari e commerciali», afferma Salvatore Longobardo. Questo permetterà di trarre

profitto della diversità del mercato immobiliare e di massimizzare la crescita.

Con una forte prospettiva di crescita e una strategia chiara, è un investimento promettente per gli investitori che vogliono puntare sul settore immobiliare.

Con un chiaro focus sullo sviluppo di unifamiliari e l’integrazione di tecnologie innovative, si posiziona come pioniere nell’immobiliare. L’azienda riconosce l’importanza della tecnologia e del digi-

tale per soddisfare le esigenze dei clienti.

Un altro progetto, ‘Klam casa’ è in fase di lancio: prevede l’affitto delle proprie proprietà. Klam risponde così alla situazione di mercato e alla domanda di appartamenti in affitto di standard elevato, con un focus sul design moderno, materiali di alta qualità, abitare urbano e un uso intelligente dello spazio. Obiettivi a medio e lungo termine. L’azienda si impegna a espandere le proprie capacità e a ristrutturare centinaia di unità ogni anno. Mira a conquistare la totalità del mercato svizzero.

La possibilità di un modello di business in franchising viene considerata anche come una soluzione interessante per espandere l’attività con un investimento limitato. In caso di espansione geografica, indipendentemente dal modello scelto la priorità sarà data al rispetto di rigorosi standard di qualità, con un occhio di riguardo anche verso la sostenibilità, un tema già molto caro all’azienda, sin dai suoi esordi.

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Emanuele Pizzatti
«In confronto, l’acquisto di un vecchio immobile, l’assunzione di un architetto e dei relativi altri appaltatori per una ristrutturazione costa il doppio, e offre solo la metà di quello che garantiamo noi, senza il necessario finanziamento aggiuntivo e senza sostenere altre spese personali»
2024* 0 2 4 6 8 10 12 14 16 2020 2021 2022 2023 2025* 2026* ■ N. di immobili Fonte: Klam Holding
Salvatore Longobardo, Ceo di Klam Holding I numeri del business Numero di immobili reimmessi sul mercato

Colmare un gap

Nonostante il Ticino sia un cantone piccolo, sono molte le carte che può giocarsi nell’attrarre start up innovative da fuori, non solo a livello nazionale. Se dunque un tema importante è sicuramente migliorare ulteriormente i canali di finanziamento, la sfida non si limita a quello. Si è tenuto a Morcote il primo di una serie di eventi. A partecipare Ono Exponential Farming, AgroSustain, xFarm e Ticinsect.

Agire. Agisci, che agiamo, perché qualcosa deve esser pur fatto? Quello che è certo è che c’è un mandato, anche piuttosto preciso, da parte delle istituzioni locali, che tanto vi hanno creduto da costruire nel corso degli anni un intero ecosistema, con numerose agenzie ed enti preposti a stimolare quella che sbrigativamente è definita ‘innovazione’, in quello che indipendentemente dalla congiuntura si conferma essere un cantone di frontiera, molto prossimo anche culturalmente alla vicina Repubblica, di cui condivide un tessuto economico e produttivo imperniato sulla piccola e media impresa

«Siamo l’agenzia cantonale dell’innovazione, dobbiamo quindi oltre che sostenerla, promuoverla nel territorio. Il Ticino è storicamente terra di Pmi, e continuerà a esserlo in futuro, ma le imprese di domani sono le start up di oggi. E nel nostro caso dobbiamo occuparci solo di quelle ad elevato contenuto innovativo, sostenendone gli sforzi, almeno nelle fasi iniziali. Del resto, gli ingredienti fondamentali alla base del loro successo sono e rimangono l’idea e il team, ma anche i capitali necessari a che tutto si concretizzi

nel minor tempo possibile e alle migliori condizioni», esordisce così Lorenzo Ambrosini, Direttore di Fondazione Agire.

Ma cos’è l’innovazione? Per sua stessa definizione: tutto e nulla. Quelle che possono sembrare in origine idee indiscutibilmente geniali alla prova dei fatti sbocciano nel nulla, quelle che inizialmente sembravano inconsistenti, a distanza di anni, si sono invece rivelate essere tutto.

Ed è qui la natura del problema. «Per una start up innovativa è pressoché impossibile crescere organicamente, ci sono eccezioni, ma sono rare. Si potrebbe quindi affermare che le start up siano macchine finalizzate alla raccolta di capitali, compito che ricade quasi interamente sullo startupper, che vi dedica buona parte del suo tempo. In questa fase iniziale i potenziali investitori finirebbero inevitabilmente con lo scommettere su di lui e sul suo team, prima che in un progetto ancora quasi tutto da sviluppare», prosegue il direttore.

Ed è qui che iniziano a emergere le peculiarità di un territorio particolarmente ricco di opportunità, in larga misura ancora tutte da cogliere. «Il Ticino, e dunque le sue start up, può contare su

un’importante comunità di Business Angel sensibili all’innovazione, e disponibili a investirvi assumendosi dei rischi. Ma al crescere delle necessità finanziarie della start up, quelli che in gergo vengono definiti round series A, cui partecipano anche investitori istituzionali, e non più solo privati, con quindi obblighi di legge e rendicontazione molto più stringenti, iniziano i problemi, e il mercato si fa rarefatto. Comprensibilmente a mancare è la massa critica, non c’è mai stata una domanda sufficiente a stimolare una degna offerta, che invece noi vogliamo ambiziosamente contribuire a creare», mette in evidenza Ambrosini.

Un primo piccolo grande passo è stato sicuramente aprire Boldbrain, l’acceleratore ticinese per le start up, per la prima volta nella scorsa edizione, anche a start up fuori cantone, in parte per creare una maggior massa indispensabile per giustificare lo sforzo, in parte per ampliare il bacino d’utenza, con tutti i miracolosi benefici che la semplice concorrenza può offrire a costo zero. «Abbiamo individuato questo gap di finanziamento con il resto della Svizzera che in parte contribuiva a rendere la Piazza ticinese meno attrattiva di altre, ci siamo dunque mossi logicamente cercando un’alleanza con una grande realtà finanziaria blasonata, affermata nel settore e interessata. Questo partner, imprescindibile per il successo del progetto, l’abbiamo trovato in Rothschild & Co. Si è trattato di un sodalizio nato quasi per caso, nell’arco di diversi mesi, ma che nei prossimi anni potrà essere un importante volano di sviluppo per il territorio», nota il direttore. Dalla sua il Cantone ha sempre potuto

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eureka / start up / strategie

vantare una serie di atout importanti, sia verso sud, i soliti della Piazza svizzera, dalla stabilità politica ed economica, alla certezza del quadro normativo, sia verso nord. «Da un punto di vista squisitamente geografico oltre a essere prossimo alle migliori competenze che la vicina Italia ha da fornire, è al centro dell’asse infrastrutturale europeo nordsud, ma ospita anche eccellenze mondiali, dall’Istituto Dalle Molle al biomedicale a Bellinzona, con lo Ior e l’Irb, oltre ai campus universitari e al nuovo Parco dell’innovazione inserito nella rete svizzera. In determinati ambiti può quindi gareggiare a livello europeo, il che è assolutamente straordinario se si pensa a una popolazione di poche centinaia di migliaia di persone. Evidentemente su un piano più alto, che non in passato, era necessario un ulteriore salto di qualità per vincere la concorrenza mondiale, si inserisce dunque in questo quadro la volontà, e l’esigenza, di potenziare il finanziamento per le start up che decidano di insediarvisi», rileva Ambrosini. Un tassello, quello del finanziamento, che va a inserirsi in una strategia che vuole aprire il Cantone sempre più verso l’esterno, accorciando le distanze con tutti i potenziali, e per molti versi naturali, concorrenti già a livello nazionale. «Boldbrain è una competizione che negli ultimi anni è continuata a evolversi in positivo a beneficio dei suoi partecipanti, di cui i principali sono il percorso d’accelerazione con tutti i servizi erogati, e non tanto i premi per i finalisti. L’apertura dunque alle start up fuori Cantone, una decisione comunque importante, ha precisi vincoli: la possibilità di partecipare regolarmente a corsi e formazione in loco, oltre all’intenzione ferma di insediarsi in Ticino nelle fasi successive di sviluppo. Nell’ultimo lustro ci siamo concentrati nello strutturare al meglio e semplificare l’ecosistema dell’innovazione, con importanti risultati agli occhi di tutti, nell’arco del prossimo si tratterà di affrontare di petto il tema finanziamenti, a più livelli, privati e istituzionali», conclude il direttore di Agire.

Come attuare tale strategia? Organizzando momenti d’incontro tra start up

Offerta è domanda?

L’ambizioso obiettivo che si è posta Agire, ossia aprire il Ticino ai round d’investimento series A e series A+ (quella fase d’investimento in cui il fabbisogno di capitali, per una start up ormai abbastanza strutturata, inizia a crescere velocemente spingendosi a 1-25 milioni), vede in Rothschild & Co l’indiscusso protagonista, con tutti i vantaggi che una realtà plurisecolare dell’industria finanziaria può vantare al suo attivo. «Il Venture Capital è sicuramente un ambito che desta da sempre il nostro interesse, siamo molto attivi in Svizzera interna, e non potendo contare su una sede in Ticino questo è sicuramente un modo per segnalare una certa attenzione a questo mercato. È sicuramente un obiettivo ambizioso, ma meritorio, fondamentale se si vuole rendere il comparto un volano di sviluppo per l’intero territorio. Del resto è un Cantone particolarmente benestante, dove i capitali non mancano, si tratta solo di saperli canalizzare al meglio, mettendo quindi in relazione quella che è certamente una domanda, con quella che potenzialmente potrebbe essere un’altrettanto interessata offerta», riflette Luca Re Cecconi, Director di Rothschild&Co Bank Svizzera.

La vicinanza all’Italia sicuramente contribuisce in più d’un modo, sia a sostenere una strategia comunque coraggiosa, sia ne facilita il possibile e auspicabile successo. «Il Ticino può ambire a diventare un trampolino per l’internazionalizzazione di molte start up italiane, offrendo loro tutti i vantaggi della Svizzera, e un’altrettanto importante vicinanza culturale. Il momento della verità sarà però successivo, dovrà essere anche in grado di trattenerle in loco. In entrambi i sensi potenziare l’offerta con round d’investimento Series A può certamente fare la differenza, a patto di non fermarsi a quello», prosegue il manager.

Ovviamente in presenza di alcuni più o meno importanti limiti, imposti anche dalle dimensioni molto contenute. «Gli startupper devono essere continuamente stimolati, già durante la formazione scolastica, e in questo qualcosa in più potrebbe essere fatto. Se le competenze giocano un ruolo fondamentale nella nascita delle start up, al pari dell’humus che si crea intorno ai campus universitari o ai centri di ricerca, al tempo stesso è indispensabile che le persone abbiano una certa ‘fame’. Si tratta di quella voglia, che è spesso un pressante bisogno, di brillare, senza gettare la spugna davanti alle difficoltà», conclude Re Cecconi.

e grandi investitori, in cui lasciare che spontaneamente scatti quell’imprescindibile scintilla che spinga anche soltanto a valutare l’operazione. Il primo di una serie di eventi, monotematico su Food e AgriTech, Feeding the world si è tenuto in Ticino, il 15 giugno. Può essere consi-

derato l’inizio di un nuovo capitolo nella recente storia del Cantone, in ambito di innovazione e start up, un importante passo in avanti nella giusta direzione. Necessario certo, ma non sufficiente.

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Da sinistra, Lorenzo Ambrosini, direttore di Fondazione Agire, e Luca Re Cecconi, Director di Rotschild&Co.

In viaggio verso il futuro

Sfruttando la potenza del machine learning e di chatbot basati sull’apprendimento automatico come ChatGpt, le aziende del mondo Travel (e non solo) possono ora sbloccare livelli inesplorati di efficienza e personalizzazione.

Dove va il settore del turismo?

Dopo due anni in cui è stato confinato dalla pandemia, sembra aver riconquistato tutto il suo slancio, con nuovi record di affluenza e prenotazioni per un’estate incandescente non solo a livello climatico, che nemmeno l’aumento dei prezzi e gli afflati di sostenibilità riescono a raffreddare. Una cosa è certa: se i viaggi sono reali, la loro pianificazione è sempre più digitale. Chi, come lastminute.com, del Travel-Tech è leader, può aiutare a capire in che direzione stia evolvendo il settore. Quotata alla Borsa svizzera e con headquarter a Chiasso, dove lavora un terzo dei 1500 collaboratori, opera un portfolio di marchi ben noti quali lastminute.com, Volagratis, Rumbo, weg.de, Bravofly, Jetcost e Hotelscan, sfruttando la tecnologia per semplificare, personalizzare e arricchire l’esperienza di viaggio dei propri clienti. Nel 2022 il Gruppo ha registrato un fatturato di 304,9 milioni di euro e nel primo trimestre 2023 il valore totale delle prenotazioni ha raggiunto il record di un miliardo di euro. A discutere delle prospettive, Luca Concone, nominato Ceo di lastminute.com lo scorso dicembre.

Luca Concone, negli ultimi anni il mondo Travel ha subito alcuni cambiamenti importanti di paradigma, dalla paralisi pandemica alla forte ripresa attuale. Fra le tante trasformazioni, una su tutte è sicuramente l’ascesa dell’intelligenza artificiale. Come vede il presente e il futuro del settore? Senza dubbio stiamo assistendo a un momento molto dinamico ed entusiasmante. Negli ultimi tre anni, il desiderio delle persone di viaggiare ed esplorare si è dimostrato più forte delle preoccupazioni legate alla pandemia, all’inflazione, alle difficoltà dei viaggiatori, come gli scioperi e la carenza di personale registrate nel 2022. Quest’anno, mentre il settore corre verso un ritorno completo ai livelli pre-Covid, osserviamo notevoli trasformazioni e adattamenti. Ad esempio, la pandemia ha accelerato l’adozione dell’intelligenza artificiale e dell’automazione, consentendo esperienze sempre più personalizzate e flessibili, e operazioni più snelle. Inoltre cresce la necessità da parte dei consumatori di una maggiore sicurezza per i loro viaggi, e l’attenzione delle aziende nei confronti di questo aspetto diventa, di pari passo, sempre più chiave.

In che modo l’intelligenza artificiale amplia le potenzialità?

L’Ai sta decisamente trasformando il modo in cui i clienti affrontano il processo di prenotazione, offrendo una gamma di opzioni senza precedenti. Sfruttando gli algoritmi di apprendimento automatico, è in grado di comprendere preferenze e comportamenti degli utenti. Si tratta di informazioni estremamente preziose per le aziende, che possono così personalizzare maggiormente le proprie offerte, adattando raccomandazioni e suggerimenti per soddisfare i desideri e le esigenze individuali. Che si tratti di proporre itinerari di viaggio personalizzati, esperienze curate o promozioni mirate, l’intelligenza artificiale permette alle persone di trovare esattamente ciò che desiderano. E con la sua continua evoluzione possiamo aspettarci ulteriori miglioramenti nel settore Travel, con esperienze sempre più personalizzate per i viaggiatori di tutto il mondo.

Nel concreto, a quali sviluppi sta lavorando una protagonista del travel-tech come lastminute.com?

Continuare a sviluppare la nostra infra-

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eureka / digitale/travel

struttura tecnologica e piattaforma dati, anche attraverso un maggiore ricorso all’Ai, è una delle colonne portanti della nostra strategia per il prossimo futuro. Quest’anno il nostro team di Developers e Data Scientist ha sviluppato due servizi di pianificazione di viaggio basati su ChatGpt, l’assistente virtuale che sfrutta l’intelligenza artificiale creato da OpenAi. Il team è in gran parte basato a Chiasso, ed è un vero e proprio fiore all’occhiello dell’azienda.

Grazie a questi nuovi servizi, per il momento disponibili solo nel Regno Unito, i viaggiatori possono inserire la destinazione favorita e lasciarsi ispirare dai suggerimenti dell’assistente virtuale, che presenta un itinerario adatto alle singole esigenze e completo di chicche e suggerimenti per aiutarli a capire quale sia la meta più adatta a loro.

Inoltre già prima abbiamo implementato l’intelligenza artificiale e il machine learning (apprendimento automatico) in diverse aree dell’azienda, come nel servizio clienti e nel dynamic pricing.L’obiettivo è diventare sempre più una sorta di “compagno di viaggio fidato” per i nostri clienti e consentire loro di avere a portata di mano il maggior numero possibile di informazioni sui propri itinerari, per scelte sempre più accurate e consapevoli. Il tutto combinato con un processo di prenotazione semplice e rapido: un binomio che siamo in grado di ottenere sfruttando l’Ai per potenziare la nostra tecnologia proprietaria di pacchetti vacanze dinamici (Dynamic Packages), che ci contraddistingue dalle altre Online Travel Agency.

Di che cosa si tratta?

Il Dynamic Packaging (Dp) ci permette di offrire milioni di combinazioni e soluzioni di viaggio in tempo reale, e di garantire la massima flessibilità e personalizzazione ai nostri clienti. A conferma della sua efficacia e validità, basti pensare che un gigante

«L’Ai sta decisamente trasformando il modo in cui i viaggiatori affrontano il processo di prenotazione. Sfruttando gli algoritmi di apprendimento automatico, è in grado di comprendere preferenze e comportamenti degli utenti: le aziende possono così adattare raccomandazioni e suggerimenti ai desideri e alle esigenze individuali»

del settore come Booking.com la utilizza per i propri pacchetti volo+hotel. La nostra tecnologia Dp rappresenta una situazione win-win sia per i fornitori che per i clienti: anziché considerarci concorrenti, i primi ci vedono come un prezioso canale di distribuzione. I clienti, dal canto loro, usufruiscono di un inventario virtualmente illimitato di soluzioni di viag-

gio e offerte esclusive a portata di mano. Tutto ciò è reso possibile dalla nostra piattaforma tecnologica, alimentata dai dati e potenziata dal machine-learning, e da un ampissimo inventario di voli e alloggi garantito dalle solide relazioni commerciali che abbiamo intessuto con fornitori e partner in tutto il mondo.

Inoltre, a differenza di molti competitor, abbiamo la licenza completa per la vendita di pacchetti vacanza a livello paneuropeo. I clienti beneficiano di una maggiore protezione in caso di cancellazioni e interruzioni del viaggio: aspetti fondamentali, soprattutto nel mondo post-Covid.

Come pensate di evolvere la vostra strategia in futuro per interpretare sempre più il ruolo di leader del Travel-Tech?

Il team di Developers e Data Scientist di lastminute.com ha sviluppato quest’anno, in anteprima per il Regno Unito, due servizi di pianificazione di viaggio basati su ChatGpt. Obiettivo: raggiungere un nuovo livello di personalizzazione, offrendo ai viaggiatori il maggior numero di informazioni sugli itinerari, per scelte sempre più accurate e consapevoli. Il tutto combinato a un processo di prenotazione semplice e rapido.

Concentrandoci su ciò che sappiamo fare meglio: utilizzare la nostra tecnologia di Dynamic Holiday Packages e promuoverne la crescita, non solo attraverso i nostri siti web e App, ma anche sulle piattaforme web di altri operatori, potenziando le nostre partnership whitelabel. In prospettiva, abbiamo sviluppato un piano triennale che pone la tecnologia, nostro punto di forza, al centro del nostro futuro.

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Contratti motivanti

Disporre di dipendenti impegnati nel raggiungimento degli obiettivi aziendali costituisce un fattore importante per il successo di qualsiasi organizzazione. Come incentivarlo a livello contrattuale?

La ‘dedizione’ di un impiegato nello svolgimento delle sue mansioni professionali dipende sicuramente da diversi fattori, anche caratteriali, tuttavia può anche essere adeguatamente favorita attraverso la stipulazione di contratti contingenti, che legano la retribuzione al livello di impegno dimostrato, di cui si vuole fornire qualche possibile esempio. Questa tipologia di contratto può essere implementata unicamente se i parametri di valutazione dell’impegno possono essere descritti, osservati e verificati poiché solo in questo modo è possibile assicurare una retribuzione equa. Spesso risulta però impossibile descrivere cosa si consideri un impegno elevato, perché potrebbe variare a seconda della situazione o dell’ambito in cui ci si trova. Inoltre è importante notare che la valutazione dell’impegno è possibile solo mediante una diretta osservazione oppure impiegando strumenti di monitoraggio come Gps e telecamere. Un approccio che può però risultare inefficiente dal punto di vista economico e temporale, e impraticabile considerando la privacy dei dipendenti.

Di conseguenza, è spesso necessario contrattare su segnali di impegno. Nella situazione ideale in cui il risultato dipende esclusivamente dall’impegno individuale, si parla di segnale di impegno ‘perfetto’, nel quale caso la retribuzione può essere correlata direttamente al risultato ottenuto in quanto espressione dell’impegno dedicato. Tuttavia spesso il segnale è considerato ‘rumoroso’ poiché il risultato finale dipende da variabili esterne, come il mercato o altri fattori circostanziali. C’è dunque il rischio di penalizzare un impiegato che ha applicato un grande impegno in un mercato sfavorevole, o premiarne uno che non l’ha applicato ma si è trovato in un contesto vantaggioso. Una possibile soluzione consiste nel filtrare il ‘rumore disinformativo’, valutando le prestazioni degli impiegati rispetto ad altri in circostanze simili.

Contrattando su segnali d’impegno, oltre a considerare il risultato finale in termini di quantità e qualità, è necessario valutare il contesto. Spetta al datore di lavoro stabilire quali risultati possano essere raggiunti solo da coloro che dimostrano un impegno diligente, distinguendoli dagli impiegati disimpegnati ma fortunati. In questa fase, è imprescindibile tenere in considerazione la propensione al rischio delle parti coinvolte e trovare un equilibrio appropriato. Se gli incentivi sono eccessivi, si potrebbe incoraggiare un’assunzione sproporzionata di rischi, con possibili conseguenze negative. Un manager potrebbe per esempio intraprendere investimenti audaci rischiando perdite non necessarie. Al contrario, se gli incentivi risultano insufficienti, la parte che assume il rischio potrebbe mancare di motivazione per esprimere il proprio potenziale o essere scoraggiata dallo svolgere una particolare attività. Se l’impiegato è esposto a un rischio significativo senza adeguati incentivi, potrebbe inoltre non essere propenso alla conclusione del contratto stesso.

Nel contesto di una distribuzione equa del rischio tra impiegato e datore di lavoro, nonché per massimizzare l’impegno dell’impiegato, si possono adottare diverse soluzioni contrattuali. Qualche possibile esempio: lo “step-function-bo-

nus” prevede la definizione di soglie di prestazione da raggiungere per ottenere un bonus. Questo sistema può motivare gli impiegati a raggiungere gli obiettivi prestabiliti fornendo incentivi tangibili. Tuttavia, una volta raggiunta la soglia, gli impiegati potrebbero non essere motivati a impegnarsi ulteriormente, oppure se l’obiettivo appare irraggiungibile dall’inizio potrebbero non essere motivati a perseguirlo con determinazione. Lo step-function-bonus è particolarmente adatto quando si desidera raggiungere un obiettivo specifico per il quale una qualità inferiore è considerata inaccettabile e una qualità superiore non necessaria.

Per garantire uno sforzo costante è consigliabile adottare un “linear-bonus”, che gratifica proporzionalmente le prestazioni in base ai risultati ottenuti ed è semplice da implementare poiché lega i risultati al livello di gratifica. Tuttavia potrebbe indurre i dipendenti a focalizzarsi solo su obiettivi misurabili e gratificati, trascurando altre responsabilità e aspetti qualitativi o strategici. Non esistendo un sistema d’incentivazione perfetto, è importante valutarne pro e contro e adattarli alle esigenze dell’organizzazione.

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Da sinistra, Michela Molinari e Chiara Domenighetti, del Circolo Giovani Giuristi Zurigo.
eureka / associazioni studentesche

La mostra è aperta dal martedì alla domenica dalle 13:30 alle 17:00

Organizzazione, su riservazione, di visite guidate e aperitivi per gruppi, comitive e aziende. Visite teatrali, su iscrizione, il 28 luglio, 24 agosto e 7 ottobre.

Tel. +41 91 754 13 40

visite@museovalmaggia.ch

www.museovalmaggia.ch

L’occasione... della vita!

Come si fa a rilevare un’azienda quando allo stesso tempo si sta ampliando anche la propria sede? Un’operazione ponderata e delicata come la costituzione di una holding può consentire di conciliare molte esigenze, minimizzando il carico fiscale.

Il traffico intenso nei pressi del tunnel del Gubrist è una spina nel fianco per l’imprenditore Samuel Escher. Gli affari vanno bene per la sua azienda di Bronschhofen, presso Wil, dove produce rimorchi e semirimorchi per autocarri. Ma i suoi clienti della Svizzera occidentale e nord-occidentale perdono sempre molto tempo imbottigliati nel traffico della A1.

«Volevamo risparmiare queste noie alla nostra clientela», spiega Eschler. Per questo nella primavera del 2022 si è messo alla ricerca di una seconda sede a ovest del Gubrist per la Eschler Fahrzeugbau, con l’obiettivo di affittare un capannone in cui proporre lo stesso servizio della sede principale dell’azienda di famiglia. Proposta di acquisizione anziché contratto di affitto. Durante la ricerca di un capannone adatto, Eschler è entrato in contatto con Leo von Wyl, la cui azienda Leo Fahrzeugbau a Wiedlisbach (Berna)

serviva esattamente lo stesso segmento di clientela di Eschler. Anziché affittargli un capannone, von Wyl gli ha proposto di rilevare la sua azienda sorprendendolo e destandone l’interesse.

Tuttavia le sue possibilità finanziarie erano limitate, dal momento che aveva già investito fondi nell’ampliamento della sua attività a Bronschhofen. Ciononostante l’imprenditore non ha sottovalutato l’opportunità che gli si stava prospettando. «È un’occasione che capita solo una volta nella vita», ammette. Così ha deciso di non lasciarsela sfuggire e ha avviato le trattative con Leo von Wyl.

Sostegno da parte di partner di lunga data. L’imprenditore della Svizzera orientale ha quindi raccolto la sfida di ampliare la propria attività e allo stesso tempo rilevarne un’altra, senza per questo trovarsi in difficoltà finanziarie.

Si è quindi rivolto alla Banca Raiffeisen Seerücken in Turgovia, che si era già

occupata della cessione dell’attività dal padre Max al figlio Samuel nel 2014. I consulenti alla clientela conoscono da anni l’azienda. Inoltre Samuel Eschler ha coinvolto anche una fiduciaria per sviluppare una soluzione personalizzata. Una holding per soluzione. La sfida consisteva nel conciliare il rilevamento dell’azienda e l’ampliamento della sede principale. La soluzione per non pesare sulla sede di Bronschhofen? La famiglia Eschler ha costituito una holding di acquisizione con cui ha rilevato la Leo Fahrzeugbau, che oggi possiede al 100%.

Grazie alla holding, le due sedi di Eschler Fahrzeugbau amministrano l’attività in modo indipendente l’una dall’altra, riducendo il rischio finanziario per l’azienda di famiglia. L’azienda a Bronschhofen può così concentrarsi sul progetto di ampliamento, mentre la holding controlla l’attività della sede di Wiedlisbach. Le aziende non sono tenute a rispondere l’una dell’altra.

Analisi scrupolosa della situazione fiscale. La struttura offre un ulteriore vantaggio perché ha un effetto positivo sul carico fiscale. Dato che le sedi sono indipendenti, la famiglia Eschler riesce a evitare la tassazione congiunta delle due società. E il dividendo di Wiedlisbach alla holding è tassato in misura ridotta.

Tuttavia, questa soluzione ha richiesto un approccio attento. Gli acquirenti hanno chiesto alle autorità fiscali cantonali un tax ruling, ossia un accordo fiscale

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finanza /analisi regionale
La Eschler Fahrzeugbau di Wil è un’azienda di famiglia, fondata nel 1991, in forte espansione.

preliminare contenente una stima giuridica dell’onere fiscale previsto. Potendo contare sulla necessaria certezza giuridica, la famiglia Eschler ha così saputo in anticipo gli oneri spettanti. Si tratta di un’operazione da non sottovalutare. Altrimenti si rischia di incorrere in tasse inattese.

Più margine di manovra grazie al finanziamento misto. Per poter effettuare l’acquisizione, la famiglia Eschler ha messo insieme una parte di fondi propri. Il resto del necessario è stato coperto da un’ipoteca che ha potuto accendere sullo stabile a Wiedlisbach. L’importo dell’ipoteca è stato a sua volta versato alla holding sotto forma di prestito upstream. In questo modo, insieme al capitale proprio, è stato possibile finanziare il prezzo di acquisto dell’azienda di Wiedlisbach.

La soluzione ipotecaria ha un effetto positivo a lungo termine, poiché riduce la pressione finanziaria sull’azienda. Quando si finanzia un’acquisizione senza garanzie, di norma l’acquirente deve infatti estinguere il debito nell’arco di cinque/sette anni. Una vera e propria impresa per la maggior parte delle aziende.

L’ipoteca offre un maggiore margine di manovra alla famiglia Eschler, che avrà così molto più tempo per estinguere il prestito ipotecario: con questa soluzione il finanziamento dovrà essere infatti rimborsato in dieci/quindici anni. Sebbene l’importo necessario rimanga lo stesso, con o senza ipoteca, in virtù delle diverse disponibilità finanziarie, i termini per il rimborso dei singoli prestiti sono diversi e possono determinare il successo o il fallimento dell’azienda.

Un importante traguardo. Eschler ha colto l’occasione dell’acquisizione nel Canton Berna per rinnovare il capannone di produzione, riparando, in parte, anche delle macchine. Con la nuova sede, Eschler Fahrzeugbau è passata improvvisamente da 40 a oltre 60 collaboratori. «Ora stiamo ampliando la nostra gamma di servizi e introducendo nuove strutture e processi», afferma Eschler. Dopotutto, un nuovo inizio porta anche nuovi clienti.

Eschler si trova di fronte alla sfida di cedere la responsabilità di una parte dell’azienda. Sta componendo il team di Wiedlisbach con attenzione e molta fiducia, dopotutto non può occuparsi ogni giorno della nuova attività.

Il costruttore di veicoli ha realizzato un’idea imprenditoriale e, grazie a un’attenta pianificazione, può ora sostenerne il

«Per poter effettuare l’acquisizione, la famiglia Eschler ha messo insieme una parte di fondi propri.

Il resto del necessario è stato coperto da un’ipoteca, il cui importo è stato a sua volta versato alla holding sotto forma di prestito upstream»

La recessione incombe

La difficile situazione congiunturale globale si ripercuote sempre più sull’industria svizzera. L’indice Raiffeisen Pmi è sceso leggermente in giugno passando da 49,1 punti a 48,8 punti e chiudendo di nuovo il mese in zona contrazione. Le imprese interpellate hanno annunciato ancora una volta una flessione dell’attività commerciale. Secondo le Pmi solo gli ordinativi sono saliti rispetto al mese di maggio. Questa volta, però, sono diminuiti anche i volumi della produzione e le scorte di acquisti, e pertanto, a eccezione del portafoglio ordini, tutti i subcomponenti dell’indice Pmi Raiffeisen quotano al di sotto della soglia di crescita di 50 punti. Con una percentuale del 30% l’elemento degli ordinativi rappresenta la maggiore ponderazione dell’indice complessivo, considerato che fornisce una valida indicazione sullo sviluppo della dinamica della produzione nei mesi a venire. Attualmente, tale componente si situa a 50,7 punti. Tuttavia, a causa del difficile contesto congiunturale le prospettive sono orientate piuttosto al ribasso, con tutti i principali partner commerciali in recessione. Parallelamente, s’indebolisce anche il settore dei servizi in alcuni Paesi, per l’elevata inflazione. Ad esempio, la Germania è già entrata in una recessione tecnica. Tiene il mercato domestico. Il difficile contesto globale si ripercuote sempre più anche sull’industria svizzera. Nell’indice Pmi di procure.ch, che rispecchia la situazione commerciale delle grandi imprese, già da mesi gli ordinativi si situano nettamente al di sotto dei 50 punti. Nel settore delle Pmi, invece, numerose imprese orientate al mercato nazionale presentano tuttora un’evoluzione positiva degli ordinativi. Ciononostante, la dinamica di crescita si sta man mano indebolendo, seppur meno di quella per quelle votate all’export.

carico finanziario. «Per la nostra azienda a conduzione familiare, l’acquisizione è stata un passo importante per il futuro» spiega. Da quando il padre ha fondato l’azienda nel 1991, questo è il più grande

cambiamento avvenuto. È ancora troppo presto per trarre conclusioni, ma Eschler è soddisfatto di come stanno andando le cose ed è convinto che l’idea di una seconda sede sia stata giusta.

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Il polso delle imprese Indici Pmi delle Pmi a confronto Fonte: Raiffeisen 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 01/18 01/19 01/20 01/21 01/22 01/23 zona di espansione zona di contrazione
Raiffeisen
Purchasing Manager Index delle PMI procure.ch Purchasing Manager Index

Svolta... copernicana

Una giovane realtà della Piazza luganese, muovendosi per tempo e agendo risolutamente, si è preparata alla fondamentale sfida dei prossimi anni: il consolidamento. Ma chi acquisire e perché? Se però a infuriare è la guerra dei talenti, come fare per attrarli e trattenerli?

Quella almeno inizialmente difesa da Copernico, e che ridestò un vivace dibattito a livello europeo sul ruolo ricoperto dalla Terra rispetto al resto dell’universo, fu una rivoluzione. O almeno il suo inizio. È infatti il 1514 quando iniziano a circolare, in ristrette cerchie di ‘addetti ai lavori’ un primo scritto riassuntivo di sette postulati che mettevano in discussione il sistema tolemaico, a favore di uno nuovo, seppur non inedito, oggi noto quale copernicano. La Terra non era più l’ombelico del cosmo, con buona pace del Sommo, ma il Sole aveva appena iniziato a guadagnare posizioni. Una rivoluzione che impiegò comunque qualche secolo a raccogliere sostenitori e prove, scardinando millenarie credenze, ma qualcosa era già cambiato.

«Per quanto piccola anche la nostra iniziativa voleva essere l’inizio di qualcosa di nuovo, riscoprendo i valori che avevano contribuito in misura significativa a far grande l’industria della finanza, oltre che Lugano, nel corso dell’ultimo mezzo secolo. Valori che erano però andati perduti, il Sole era diventato la Terra, e questa aveva rimpiazzato abilmente il suo astro. Fuor di metafora, negli anni il cliente aveva rapidamente perso d’importanza

e centralità, almeno nei grandi istituti bancari», esordisce così Marco Boldrin, Ceo di Copernicus Wealth Management, giovane realtà del territorio che in poco tempo ha saputo ritagliarsi un certo ruolo.

Cosa ha portato però a questa radicale svolta, da parte di un professionista attivo nell’industria sin dal 1997, e in Svizzera, nella sua terza Piazza finanziaria, dal 2000? «È stata la logica conseguenza della fine di un’importante esperienza in Patrimony1873, unità specializzata in Wealth Management di Bsi. Supportati da alcuni importanti clienti che auspicavano un cambiamento, nel 2016 tre colleghi ed io abbiamo fondato Copernicus, passo importante ed ambizioso, che ha dato vita ad un nuovo capitolo e a nuove sfide», evidenzia il Ceo.

Al pari di molti altri casi virtuosi della Piazza ticinese, che si sono particolarmente distinti negli ultimi anni, alcuni lontano dalla luce dei riflettori, sembrerebbe che i vantaggi siano infine in grado di controbilanciare egregiamente le difficoltà. «Dai primi Duemila l’industria finanziaria svizzera ha cambiato passo, considerate le dimensioni di Lugano alle nostre latitudini questo è andato via via imponendosi di prepotenza, con effetti ben evidenti, ma il cambiamento non ha

risparmiato né Zurigo né Ginevra. Si è aperta una fase nuova, con nuove regole del gioco: crescente pressione normativa, rispetto di limiti e prerogative, riconquistata centralità della clientela, e forte concorrenza internazionale. In questo quadro è inutile nascondere che partire con un foglio bianco abbia rappresentato un importante vantaggio competitivo per noi», prosegue Boldrin.

La forte crescita dell’impianto normativo ha del resto segnato una cesura con il passato, per una Piazza il cui successo era fondato anche su prassi controverse, di recente venute meno. Evidentemente però scrivere le norme non è sufficiente. «L’aspetto fondamentale che si tende spesso a dimenticare è la necessità in molti casi di cambiare culturalmente l’approccio a molte materie, ossia dismettere determinate pratiche, condividendo la logica del nuovo corso. Sin dalla prima ora Copernicus è andata in questa direzione, muovendosi entro i dettami normativi, focalizzandosi sulla clientela europea, preparandosi forse troppo presto al consolidamento della Piazza. Ad esempio a Zurigo il messaggio è già stato metabolizzato: unire le forze è meglio che scomparire facendosi la guerra», rileva il Ceo. Calcio in avanti. Ad avere completamente

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finanza / indipendenti 2017
2018
2016
2017 Acquisizione
2020
2020 Acquisizione
Apertura
2021
Licenza Finma quale gestore di investimenti collettivi di capitale Autorizzata alla gestione di investimenti collettivi di capitale domiciliati in Lussemburgo e Irlanda
Fondazione
di Copernicus Wealth Management & Services e di Copernicus Asset Management di Thalia Capital Advisors (in precedenza Thalia) Fusione delle due entità operativa per formare Copernicus Wealth Management di Finpartner Financial Services della sede di Zurigo

sconvolto gli equilibri dell’industria negli ultimi anni, oltre che chiaramente anche della Piazza, è stato l’impianto normativo nato e prosperato sulla coda della Grande Crisi del 2008, seppur all’interno di un settore storicamente tra i più controllati e regolati. In prospettiva, però, i progressi fatti sono stati dei più sbalorditivi. «L’obiettivo che ci si era posto rimane indiscutibilmente meritorio, tutelare la parte debole della relazione, ossia il cliente, analogamente a quanto avvenuto in altri settori. Il secondo stadio è stato esaltare le norme quale soluzione a tutti i problemi; l’entità dei controlli rappresenta ormai un macigno per clienti e operatori. L’esplosione dei costi dovrebbe però stimolare l’industria a migliorarsi, efficientando e ottimizzando i processi, senza imboccare la scorciatoia dell’aumento della rischiosità degli investimenti proposti al cliente, cosa che invece sta avvenendo», riflette il Ceo.

La crescente pressione normativa è del resto anche un modo rapido, seppur artificioso, di innescare un salutare processo di selezione naturale tra gli operatori del mercato, premiando i migliori, a patto che i controlli siano efficaci, oltre che concretamente applicati. Un processo che dovrebbe dare presto i suoi frutti. «All’interno della Piazza svizzera i primi segnali sono già stati colti, e qualcosa di ulteriore potrebbe scaturire entro la fine dell’anno. Un momento-chiave arriverà entro un biennio, quando man mano tutti gli operatori oggi autorizzati dovranno dimostrare in sede di revisione regolamentare quanto esposto alle autorità di sorveglianza in sede di autorizzazione. Già oggi sono mille le realtà che non hanno chiesto un’autorizzazione per continuare a operare, e che dunque dovranno adattare di conseguenza il proprio business model. La Piazza cambierà profondamente, ma soluzioni molto ingegnose potrebbero nascere a dipendenza delle sfide poste dalla congiuntura, ciononostante rimanere soli e indipendenti sarà sempre più impegnativo», chiarisce Boldrin.

Se in generale la sfida per la Piazza sarà sostanziale, al pari di molti altri Paesi, non si tratterà di limitarsi al classico ‘mal comune, mezzo gaudio’. E il Ticino, stando entro i confini elvetici, è ovviamente esposto a maggiori rischi. «Indipendentemente dai business model, che potrebbero in misura sostanziale modificare l’AuM minimo dei nuovi operatori necessario a rimanere sul mercato, il ripristino delle

«Rispetto alle mie precedenti esperienze, qui ho scoperto una dimensione imprenditoriale che non pensavo di avere, e che regala giornalmente immense soddisfazioni. Sono artefice di quello che faccio, ho la libertà di farlo, con un perfetto allineamento d’interessi»

marginalità sarà indispensabile per remunerare le nuove figure chiave imposte dalla legge all’interno delle società. Quello che è certo è che il ‘one man show’ è definitivamente tramontato, e in un Cantone in cui è stato dominante qualche problema lo pone, anche nell’eventualità dell’affermarsi delle nascenti piattaforme aggregative», nota il Ceo.

Eppure, i matrimoni per definizione possono essere esperienze complesse, par-

Alla base della fondazione della società nel 2016 sono state poste regole molto precise e trasparenti, in vista del consolidamento della Piazza, che non è ancora arrivato. Un focus esclusivo sulla clientela europea è forse tra i principali, oltre al rispetto di tutte le normative in ambito finanziario. A cambiare, semplicemente ampliandosi, il segmento di clientela cui rivolgersi.

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Fonte: Copernicus Il gestito AuM per domicilio della clientela (in %) 83,8 6,68 5,53 3,66 0,33 ■ Svizzera ■ Italia ■ Uk ■ Belgio ■ Altri Fonte: Copernicus Mandati di gestione Profili di rischio del totale dei mandati (in %) 60,42 33,35 6,23 ■ Growth ■ Bilanciato ■ Moderate
Marco
Boldrin
, Ceo di Copernicus Wealth

■ Richieste pervenute a Finma

■ Itituti che non presentano richiesta

■ Istituti che non hanno dato riscontro

Un passo molto importante in direzione di una nuova strategia di apertura verso le altre Piazze elvetiche, l’inaugurazione delle sede di Zurigo (in foto) nel 2021. L’ormai imminente consolidamento della Piazza svizzera dovrà fare i conti con un panorama molto variegato.

ticolarmente costose, e dall’esito tutt’altro che scontato. Dunque, come orientarsi?

«L’acquisizione di attori più piccoli per dimensione è sicuramente la più semplice delle alternative, a patto di avere sempre in mente l’obiettivo. Mi fondo per diversificare, generare sinergie, accrescere

le masse… l’importante è che sia chiaro sin dal principio, e che culturalmente si sia pronti, oltre che umanamente compatibili. Il punto è spesso la determinazione del valore, con il rischio di perdere la clientela dell’acquisito; ma ancor più importante è però l’individuazione delle figure operativamente chiave della struttura, dunque non tanto il proprietario potenzialmente in uscita con la vendita, quanto chi la anima tutti i giorni. Se anche posso insistere ed elaborare piani articolati per trattenere la clientela, agendo sul consulente, molto più incerto è come convincere il capitale umano, e dunque le competenze, a non andarsene», mette in evidenza Boldrin.

Cedere l’attività ad altre realtà affermate di settore è di frequente la più semplice delle exit strategy per quello che spesso, anche solo per semplice anagrafica, ne è stato il fondatore. Tema che in ogni caso, anche a patto di voler andare avanti, è destinato a imporsi. «Le realtà più piccole sono anche quelle che molto spesso sono chiamate a confrontarsi precipitosamente con questa materia, nonostante la sua facile prevedibilità. In molti casi a mancare è la generazione successiva, l’assenza di giovani talenti cui passare il testimone, in altri è la clientela a venir meno al trapasso del patrimonio. Si tende a concentrarsi sugli Asset, perdendo di vista il cliente in qualità di persona, dunque con tutte le altre necessità che potrebbe molto probabilmente avere. Anche nell’eventualità di una sua assenza, le realtà più grandi hanno, per loro stessa natura, molta più facilità nell’allestire rapidamente un efficace piano di successione», nota il Ceo. Operare in una piazza piccola ha le sue peculiarità, che emergono decise quando si ragiona su possibili moti di consolidamento: «Il Ticino è piccolo, ci si conosce più o meno tutti, si entra in relazione molto più facilmente, si condivide molto spesso la stessa cultura: tutti elementi che sicuramente facilitano l’entrata in materia per possibili fusioni o acquisizioni. D’altro canto, opportunità su altre piazze, penso ad esempio a Zurigo oppure Ginevra, sono forse meno immediate ma presentano un set di opportunità considerevole proprio per motivi di complementarietà. Una realtà ticinese che guardi a tali Piazze deve mettere in conto la necessità di approfondire l’analisi sulla compatibilità culturale, sulla scelta di una lingua franca per la relazioni intra-aziendali, sull’alchimia tra le persone nonché sui compromessi necessari per il raggiungimento degli obiettivi aziendali», prosegue Boldrin.

Si è dunque aperta una fase complessa, che se mal gestita potrebbe da un lato portare alla scomparsa di parte della tradizionale vivacità dell’industria svizzera, ma dall’altro anche a una perdita significativa di clientela. L’inizio di una spirale perversa? «Se siamo certo sensibili al tema, è anche vero che abbiamo iniziato ad affrontare la questione del passaggio generazionale al nostro interno, con ampio anticipo. Tutti i partner hanno ancora diversi anni di attività davanti, ma ci siamo attivati per formare i manager di domani,

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Fonte: Copernicus
Evolvono le normative Assoggettamento dei Gestori svizzeri a Finma (ottenimento delle licenze)

A lato la sede luganese del Gruppo, con tutte le sue partecipate, attive nei diversi segmenti di business. Sotto la più critica delle risorse, indispensabili per poter rimanere competitivi e giocare un ruolo nel riordino degli assetti storici della Piazza, il capitale umano. Se la concorrenza è molto forte, specie per le realtà del territorio, vincere questa sfida è fondamentale.

e di pari passo la clientela, spesso nella medesima situazione, con il percorso già avviato, e con la generazione successiva già introdotta. Le due componenti non possono prescindere, la relazione cliente/ gestore vive di reciproca comprensione, che è la sostanziale differenza tra cultura e dialogo intra e inter-generazionale: non potrò mai avere lo stesso tipo di rapporto che avevo con il nonno, con il di lui nipote», riflette il Ceo.

Il ricambio della clientela, seppur ancora soltanto timido, diversamente che altrove, potrebbe avere rilevanti implicazioni anche in altri ambiti, almeno in apparenza distanti. O forse no? «Da un punto di vista tecnologico abbiamo seguito un’evoluzione accorta, senza investimenti straordinari importanti, poiché non confrontati con un reale bisogno. Ciononostante, allo scoppiare della pandemia, abbiamo garantito la piena operatività all’intera struttura entro pochi giorni, esperienza che ci è tornata due volte utile all’atto di aprire l’ufficio di Zurigo», sintetizza Boldrin. Questo ha permesso a Copernicus di investire altrove, ad esempio in formazione del capitale umano e cybersecurity.

Per allevare in casa la generazione successiva, cui passare le consegne a giochi fatti, deve esserci però un fondamentale prerequisito: avere le persone giuste. Tutt’altro che scontato in questa fase storica, di profondo cambiamento. «Stiamo completando la squadra, un’operazione impegnativa a fronte dell’ampia paletta di servizi che offriamo. È da poco cambiato il Cio, e si è introdotto un Coo. Abbiamo sostanzialmente conservato il nucleo duro di capitale umano iniziale, ma partecipiamo alla guerra dei talenti. È spesso complicato attrarne, e pur sempre possibile perderli una volta formati, nonostante offriamo opportunità significative di crescita personale e professionale, all’interno di una struttura organizzativa

flessibile e orizzontale. A livello di board prosegue il tentativo di allargare le competenze, coinvolgendo anche professionisti affermati in altri settori, che portino nuovi punti di vista», chiosa il Ceo.

All’interno di un’industria che sta cambiando velocemente e in misura importante, il mondo degli indipendenti sarà nei prossimi anni il ‘place to be’ rispetto a un comparto, quello bancario, sempre più obbligato a standardizzarsi. Non per questo sarà però semplice, o mancheranno le sfide. «La chiave di tutto è sempre la squadra, il mio ruolo più importante è capire e gestire le persone, stimolandole il giusto, mantenendo la barra dritta. Così come il cliente, le cui esigenze vanno comprese nella loro interezza, che esula spesso dalla mera Gestione, anche il capitale umano deve essere seguito e capito. Rispetto alle

mie precedenti esperienze, ho scoperto una dimensione imprenditoriale che non pensavo di avere, e che regala giornalmente immense soddisfazioni. Sono artefice di quello che faccio, ho la libertà di farlo, con un perfetto allineamento d’interessi», conclude Marco Boldrin.

La sfida dei talenti è probabilmente il capitolo più sottovalutato ma più fondamentale che segnerà l’evolversi degli equilibri della Piazza nei prossimi pochi anni, ossia dopo il suo consolidamento, o quanto meno dopo i primi sostanziali passi in avanti in questa direzione. Dopo decenni di immobilismo finalmente si intravede una leggera brezza all’orizzonte che lascia ben sperare per il futuro dell’industria della Gestione.

Agosto 2023 TM · 59
Fonte: Copernicus Il capitale umano Evoluzione del numero di collaboratori (in fte) 0 10,00 20,00 30,00 40,00 50,00 60,00 gen17mag17set17 gen18mag18set18 gen19mag19set19 gen20mag20set20 gen21mag21set21 gen22mag22set22 gen23mag23
Federico Introzzi

Se nel passato c’è il futuro

Studiando la storia, e quanto è stato nel più o meno lontano passato, si potrebbero imboccare strade diverse che possono guidare interessanti investimenti orientati a nuovi futuri.

Itrasporti pubblici londinesi sono gratuiti, puliti e confortevoli e rendono le automobili inutili. Il Kenya è stato rinaturalizzato e ora coltiva le sue terre in fattorie urbane sopraelevate a Nairobi. I centri dati si sono trasferiti sulla Luna, la Terra è diventata ‘carbone negative’ (a emissioni negative di carbonio).

Benvenuti nel 2050. Questi scenari mostrano come le cose potrebbero migliorare, illustrando la missione di viaggio nel tempo del Deep Transitions Project, un programma internazionale che impara dal passato per immaginare come gli investimenti trasformativi possano contribuire a creare un futuro più sostenibile e positivo.

Partendo da queste proiezioni idealizzate del futuro, i responsabili del progetto cercano di capire cosa deve accadere nel presente per permettere alle aziende pioniere di creare prodotti potenzialmente in grado di cambiare il mondo.

Una ‘transizione profonda’ (dal nome del progetto, Deep Transition) è un cambiamento significativo dell’ordine sociale provocato dalla tecnologia, come ad esempio la rivoluzione industriale.

Ne sono derivate grandi cose in termini di prosperità e progresso tecnologico, ma ci sono state alcune conseguenze negative indesiderate: cambiamenti climatici, perdita di biodiversità, aumento delle disuguaglianze. Ora è necessaria un’altra profonda transizione per rimediare ai danni creati dalla prima.

Trovare il modo di farlo è lo scopo di Deep Transitions, una collaborazione tra l’Università di Utrecht e l’Università del Sussex gestita dallo storico della scienza e della tecnologia Johan Schot. Il progetto si concentra sulla creazione di una serie di valori e norme che diano priorità al benessere sociale e ambientale. Per farlo,

analizza come si possa cambiare il modo in cui si produce e consuma in molti settori chiave quali l’alimentazione, l’energia e la mobilità.

Una componente fondamentale di questa ricerca è trovare le grandi aziende in crescita del futuro, che agiscono come un importante meccanismo di cambiamento e potrebbero generare interessanti rendimenti di investimento nei prossimi anni e decenni. Deep Transitions studia il passato per trovare esempi di ‘strade non

«È la missione di ‘viaggio nel tempo’ del Deep Transitions Project, un programma internazionale che impara dal passato per immaginare come gli investimenti trasformativi possano contribuire a creare un futuro più sostenibile e positivo»

percorse’ dal punto di vista tecnologico.

Un esempio è rappresentato dalle auto elettriche del 1880 che, in modo disastroso per il pianeta, hanno perso contro le loro cugine a combustione interna. Studiando le dinamiche e i vincoli nel rapporto tra queste tecnologie ostacolate e i modelli dominanti, Deep Transitions impara a proteggere e coltivare le tecnologie di nicchia che mancano di sostenitori potenti, ma che hanno il maggior potenziale di promuovere un cambiamento positivo, nel tentativo di guidare gli investitori verso di esse. Un buon esempio di ‘nicchia all’interno di un sistema’ è rappresentato dai taxi volanti sperimentati dalla Joby

Aviation.

A volte le aziende che sostengono queste tecnologie di nicchia sono quelle che hanno radici profonde nel vecchio sistema, ma che stanno coltivando le tecnologie che daranno impulso alla prossima transizione.

Ad esempio, il sistema agricolo consuma un’enorme quantità di acqua ed è responsabile di circa il 20% delle emissioni globali. Un cambiamento è necessario. John Deere produce attrezzature per l’agricoltura di precisione, che utilizzano una combinazione di sensori, telecamere e dati per identificare quali sono le piante e quali le erbacce, in modo da poter applicare erbicidi e fertilizzanti in modo appropriato. Ciò significa che gli agricoltori possono aumentare i rendimenti utilizzando meno fertilizzanti chimici, aiutandoli al contempo a lavorare in modo più agile e scattante.

La prossima generazione del progetto promette di evolvere dal pensiero concettuale all’applicazione pratica, adottando un approccio sperimentale che include la pianificazione di scenari futuristici e l’apprendimento dagli esperimenti di pensiero. L’obiettivo è quello di contribuire a formare la prossima generazione di investitori, perché questo sarà un approccio multi-decennale.

Questo approccio di investimento trasformativo è probabilmente una nicchia all’interno del sistema finanziario. È fragile, ma può contribuire alla trasformazione del sistema in modo che più capitale venga impiegato per consentire la seconda, importante transizione profonda.

60 · TM Agosto 2023
Kate Fox, Investment Manager della Positive Change di Baillie Gifford.
finanza / analisi

Sereno, a tratti

Il periodo estivo è da sempre segnato da un calo importante dei volumi, con buona parte degli operatori a tratti assenti. Giorni sereni e tersi possono celare diverse noie.

Il mercato svizzero dei fondi ha archiviato il primo trimestre dell’anno con dati tutto sommato positivi, con una crescita delle masse dell’ordine dei 50 miliardi di franchi svizzeri, in gran parte derivanti dal buon andamento dei mercati finanziari, andato poi attenuandosi nelle ultime settimane.

Dall’inizio dell’anno il progresso è stato infatti di 38,67 miliardi di masse amministrate solo a livello di fondi azionari, di questi solo 6,24 sono derivanti dalla raccolta. In aggregato la performance si conferma comunque buona, con un progresso di 10,42 miliardi nel periodo. Se il gestito è comunque cresciuto anche rispetto alle altre tipologie di fondi, è probabilmente l’obbligazionario a segnare il miglior risultato in termini relativi e di attrattività anche guardando all’attuale fase di mercato. Del progresso registrato pari a 7,93 miliardi di franchi, ben 2,10 sono di new money, dunque raccolta presso gli investitori, che portano il comparto a sfiorare in termini assoluti i 381 miliardi, rispetto invece ai 602,81 degli azionari.

Interessante guardare al resto del comparto, con i fondi monetari a cantar vittoria nel brevissimo periodo. Nell’arco dell’ultimo mese hanno infatti visto nuovi afflussi pari a 4,05 miliardi, rispetto ai 3,70 dell’intero trimestre, e che spingono il comparto a portarsi sopra i 125 miliardi di masse amministrate. Entrate così significative sul monetario riflettono una pausa di riflessione che i mercati sembrano essersi presi nelle ultime settimane, dopo aver digerito l’acquisizione del colosso bancario svizzero, da parte della sua storica concorrente. Poco significative le variazioni degli altri segmenti, con spostamenti da zero virgola.

Complessivamente l’industria si porta a 1.370,36 miliardi di franchi di masse amministrate, con un totale di raccolta nel trimestre di 10,42. Dunque nel complesso si tratta di un buon risultato.

Il mercato svizzero dei fondi (Dati Morningstar in mln di franchi)

Quota di mercato per tipologia (in %)

Raccolta per Asset class (marzo 2023, in milioni di franchi)

L’Angolo dell’investitore: (Agritech, Financial, Automotive; Isin):

▲ Deere & Company (US2441991054)

▲ Bayer (DE000BAY0017)

▲ Cnh Industrial (NL0010545661)

▲ Commerzbank (DE000CBK1001)

▲ Ing Group (NL0011821202)

▲ Unicredit (IT0005239360)

▲ Ferrari (NL0011585146)

▲ Mercedes-Benz (DE0007100000)

▲ Porsche (DE000PAG9113)

Osservatorio di Federico Introzzi
Per asset class Mar. 23 Feb. 23 6 mesi 1 anno Fondi azionari 43,99 44,07 42,41 45,37 Fondi obbligazionari 27,78 27,82 29,60 28,84 Fondi misti 11,89 11,98 11,85 11,93 Fondi mercato monetario 9,23 9,00 8,55 6,78 Fondi immobiliari 3,84 3,89 4,16 3,51 Materie prime 2,19 2,12 2,46 2,57 Investimenti alternativi 0,88 0,90 0,74 0,77 Altri fondi 0,21 0,21 0,22 0,23
Categoria fondi Massa amministrata Var. Sottoscrizione al Mar. 23 Gen. 23 netto dei riscatti Fondi azionari 602.819 564.149 38.670 6.244,8 Fondi obbligazionari 380.671 372.698 7.973 2.100,8 Fondi misti 162.989 165.666 -2.677 -350,2 Fondi mercato monetario 126.485 122.076 4.409 3.700,3 Fondi immobiliari 52.592 53.184 -0.592 -154,3 Materie prime 29.999 29.209 0.790 -581,7 Investimenti alternativi 11.997 12.594 -0.597 -466,6 Altri fondi 2.810 2.668 0.142 -68,6 Totale mercato 1.370.363 1.322.242 48.121 10.424,5
1 mesi 3 mesi 6 mesi 12 mesi Monetari 4.052,5 3.007,3 19.342,1 26.132,9 Azionari 1.306,5 6.244,8 4.171,1 -3.942,1 Obbligazionari 359,7 2.100,8 -7.742,9 -15.466,6 Immobiliari 5,4 -154,3 -389,0 -579,5 Altro -45,7 -68,6 -224,5 -516,7 Alternativi -105,9 -466,6 -898,0 -1.031,4 Materie prime -236,2 -581,7 -1.287,8 -3.040,3 Misti -448,3 -350,2 -1.141,0 -2.297,1 Agosto 2023 TM · 61

Tra opzioni e nuovo Vix

Quest’anno, più che la metà delle opzioni scambiate sull’indice S&P 500 aveva una data di scadenza inferiore a una settimana. Da circa tre anni, il trading delle opzioni a breve scadenza è cresciuto notevolmente e, ad oggi, circa il 40% delle negoziazioni di opzioni sul medesimo indice è concentrato su contratti che scadono il giorno stesso, le cosiddette zero-days-to-expiration options o più semplicemente opzioni 0Dte.

I motivi per acquistare o vendere un’opzione 0Dte sono simili a quelli dei contratti a più lunga scadenza, ma poiché tali opzioni scadono lo stesso giorno, sono tipicamente utilizzate da investitori che vogliono speculare su un movimento giornaliero dei prezzi, potenzialmente legato a un evento specifico, come ad esempio la pubblicazione di un indicatore macroeconomico o la riunione del consiglio direttivo di una banca centrale.

L’apertura di piattaforme di negoziazione online e l’aggiunta di nuovi contratti a scadenza settimanale hanno aiutato l’ascesa delle opzioni 0Dte. La grande attività

«L’azionario statunitense rimane tra i più liquidi, ma grandi flussi di acquisto di opzioni potrebbero comunque amplificarne i movimenti in uno giorno specifico. Analisi preliminari suggeriscono però un posizionamento bilanciato nelle opzioni 0Dte da parte degli investitori»

sulle transazioni di piccole dimensioni, cioè meno di 10 contratti scambiati, e la loro popolarità nei forum di discussione online suggeriscono che tali opzioni siano diventate uno degli strumenti favoriti dai piccoli investitori per posizionarsi prima di un evento specifico o per beneficiare di trend giornalieri nei mercati azionari.

A causa della loro breve durata, il prezzo delle opzioni 0Dte è inferiore a quello dei contratti più lunghi. Tuttavia studi recenti mostrano che vi sia un divario notevole tra la volatilità implicita di dette opzioni e la volatilità realizzata infra-giornaliera

dell’indice S&P 500. Il premio di volatilità incorporato in questi contratti giornalieri è infatti maggiore rispetto alle opzioni con scadenza più lunga. Sebbene l’apparente economicità abbia aiutato l’ascesa delle opzioni, si capisce come il loro prezzo sia in realtà più costoso di quanto non lo sia nelle opzioni a più lunga data. Un utilizzo diverso. Grazie al loro costo minore, le opzioni 0Dte offrono la possibilità di prendere una posizione (rialzista o ribassista) su un indice azionario come lo S&P 500 con una leva aggiuntiva. Il rapporto tra volumi di trading su contratti put e call suggerisce però che il loro utilizzo sia diverso rispetto al resto delle opzioni. In genere, gli investitori utilizzano opzioni put su indici per protegge i loro portafogli contro possibili crolli delle borse. Storicamente, il rapporto put-call dell’indice S&P 500 mostra come l’attività sui contratti put sia stata maggiore rispetto a quella sui contratti call.

I volumi più equilibrati tra call e put in tali opzioni riflettono invece uno stile e una base di investitori molto diversificati, più focalizzati sui movimenti giornalieri dei mercati e meno guidati da considerazioni di portafoglio a lungo termine. Quali sono le implicazioni per i mercati? Secondo alcune agenzie di stampa, il crescente utilizzo delle opzioni 0Dte potrebbe avere ripercussioni negative sui mercati. Contratti derivati come opzioni possono infatti influenzare il prezzo del sottostante attraverso l’attività di copertura dei market maker, ossia coloro che

62 · TM Agosto 2023
Luca Henzen, Derivatives Analyst Cio UBS Global Wealth Management. A lato, continua a crescere il volume degli scambi delle 0Dte.
Fonte: Ubs Volumi in aumento Media mensile di scambi giornalieri di opzioni 0Dte dello S&P 500 0% 5% 10% 15% 20% 25% 30% 35% 45% 50% 55% 0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 2023 Mln ■ Media mensile sul resto delle opzioni ■ Media mensile sulle opzioni 0DTE 0Dte medie in % del totale (dx)
Il mercato dei derivati è ormai qualche anno che è segnato da una nuova moda, quella per le 0Dte. Non un problema, a patto di operare su mercati estremamente liquidi.
osservatorio / analisi

facilitano il trading degli investitori fornendo liquidità.

Poiché spesso i market maker mantengono la posizione opposta nel contratto fino alla sua scadenza, preferiscono ridurre il rischio di movimenti nel prezzo del sottostante, e quindi dell’opzione, effettuando delle operazioni di copertura. Generalmente, vendono e acquistano dinamicamente il sottostante a una frequenza proporzionale alla volatilità del prezzo con lo scopo di neutralizzare l’esposizione. Se gli investitori favoriscono l’acquisto di opzioni, i market maker sono costretti a vendere il sottostante quando il suo prezzo scende e ad acquistarlo quando il suo prezzo aumenta, amplificando in ultima analisi il movimento del prezzo dell’asset (l’effetto ‘short-gamma’).

Con l’aumento dei volumi sulle opzioni a breve scadenza, il rischio che il mercato delle opzioni possa impattare le borse è quindi aumentato. La portata di questo impatto dipende però in gran parte dall’entità della posizione netta detenuta dai market maker e dalla liquidità del mercato sottostante.

Ovviamente, l’azionario statunitense rimane tra i più liquidi, ma grandi flussi di acquisto di opzioni potrebbero comunque amplificarne i movimenti in uno giorno specifico. Fortunatamente, analisi preliminari suggeriscono un posizionamento bilanciato nelle opzioni 0Dte da parte degli investitori con un’attività equamente divisa tra acquisto e vendita che non espone i market maker a grossi rischi.

Occorre anche ricordare che le opzioni 0Dte scadono a fine sessione di trading e sono per lo più esercitate in contanti. I market maker tendono così a chiudere le loro posizioni di copertura alla fine di ogni giornata, limitando l’accumulo di esposizione su più giorni.

Anche il rischio di una ripetizione dello shock di volatilità come nel febbraio 2018 sembrerebbe limitato. Le strategie sulle opzioni 0Dte più popolari sono infatti volte all’acquisto di contratti singoli o strutture di spread con un profilo di perdita limitato e quantificabile. Si è però ancora nelle prime fasi di questo nuovo trend e gli effetti completi di tali opzioni potrebbero ancora cambiare, specialmente se i mercati dovessero entrare in un regime di forte avversione al rischio. Un nuovo indice della paura. Con la maggioranza dei volumi di trading su opzioni concentrate nel breve termine

Put e Call

(meno di una settimana), la borsa di opzioni Chicago Board Options Exchange (Cboe) ha lanciato in aprile un nuovo indice che estrae la volatilità del mercato azionario americano dalle opzioni 0Dte e 1Dte. L’indice di volatilità a 1 giorno, o semplicemente Vix1D, stima la volatilità attesa dal mercato nelle seguenti 24 ore, aggregando i prezzi ponderati di put e call a diversi prezzi di esercizio. La formula per calcolare il Vix1D è simile, ma non identica, a quella del Vix standard, ma con un orizzonte temporale diverso: 1 giorno per il primo contro i 30 giorni del secondo.

Data la sua correlazione negativa con il mercato azionario, il Vix standard è stato spesso utilizzato dagli operatori di mercato come indicatore del sentiment. Valori elevati segnalano maggiore incertezza negli investitori e viceversa. Lo stesso vale per il Vix1D ma con una sensitività e una rapidità di movimento maggiore. Rispetto alle opzioni a più lunga data, i contratti a breve scadenza sono infatti maggiormente influenzati da eventi e notizie.

Un paragone tra i valori storici alla chiusura dei due indici mostra come il

Accanto al tradizionale indice della paura, il Cboe Vix, si sta affermando un secondo indice, molto più flessibile e mobile del precedente. Si può parlare di nuova paura?

Vix1D sia più dinamico, o volatile, rispetto al Vix. Non devono però trarre in inganno i continui spostamenti al rialzo del primo durante le sessioni di trading, che sono da attribuire al suo metodo di calcolo, una peculiarità non presente invece in quello standard.

Sebbene le opzioni 0Dte rappresentino oltre il 40% del volume nel mercato delle opzioni sull’indice S&P 500, i contratti tra i 24 e i 36 giorni alla scadenza, quelli utilizzati nel calcolo del Vix, non hanno visto un calo dei volumi o dell’attività di trading. Ciò conferma che gli investitori utilizzano ancora opzioni con una durata maggiore. L’indice Vix non ha pertanto perso la sua rilevanza per gli operatori di mercato e con molta probabilità continuerà a essere visto come l’indice della paura ancora a lungo.

Agosto 2023 TM · 63
Media giornaliere degli scambi di opzioni quotate dello S&P 500
Fonte: Ubs 0 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 2023
Confronto
Vix Fonte: Ubs 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 22.06.22 22.08.2022 22.10.22 22.12.22 22.02.23 22.04.23 22.06.23 Vix1d
Ozioni 0Dte Altre opzioni
Indici della paura
tra le chiusure del Vix e il Vix1d,
dal 13-V-23

Tecnologie generative

Anjali Bastianpillai, Senior Client Portfolio Manager di Pictet Am. A lato, quella dell’Intelligenza

Artificiale è un’esplosione destinata ad avere pesanti ripercussioni in termini economici e finanziari, con incredibili opportunità d’investimento che si apriranno in tempi sorprendentemente brevi. A far bene anche tutte le imprese dell’indotto, a partire dagli operatori specializzati nel fornire servizi su Cloud. Un mercato già altamente concentrato.

Nelle trafficate strade del distretto finanziario di Londra o nelle aule rumorose e affollate di liceali, l’ascesa dell’Intelligenza Artificiale (Ia) generativa ha catturato l’immaginazione di molti. Ma questo entusiasmo è giustificato? E cosa potrebbe significare per gli investitori?

L’emergere di set di dati di grandi dimensioni, l’architettura cloud e una nuova generazione di semiconduttori sempre più potenti mettono questa tecnologia nelle condizioni di estendersi ad ambiti nuovi. Secondo l’International Data Corporation, il mercato globale dell’Ia (hardware, software e servizi) dovrebbe crescere di quasi il 19% all’anno, quindi 900 miliardi di dollari entro il 2026.

Ma questi numeri raccontano solo una parte della storia. Il suo impatto economico potrebbe essere enorme: Goldman Sachs stima che, nel prossimo decennio, l’Ia potrebbe contribuire all’economia globale con circa 7 trilioni di dollari, in parte grazie al miglioramento della produttività che l’accompagna.

Il segreto del suo successo? L’utilizzo

del machine learning, per sviluppare autonomamente contenuti. Può quindi inventare personaggi e sviluppare storyline per i giochi online, redigere report finanziari ed elaborare richieste sempre più complesse per il servizio clienti.

L’esempio più importante è ChatGpt, sviluppata da OpenAi, un’azienda privata che ha Microsoft come azionista principale. Per i meno esperti, Gpt è l’acronimo di Generative Pre-trained Transformer (transformer generativo pre-addestrato), un tipo di modello linguistico di grandi dimensioni (Llm) addestrato su enormi set di dati di vario genere e non strutturati. Il chatbot Ia è in grado di utilizzare un nuovo processo di deep learning (detto trasformer) per fornire risposte apparentemente umane. OpenAi ha sviluppato anche una soluzione per la generazione di immagini (Dall-E 2) e un’altra per la generazione di vocali (Whisper).

Queste nuove tecnologie non sono spuntate dal nulla. I notevoli progressi negli ultimi due decenni, sono stati ottenuti grazie a vaste risorse di calcolo, allo sviluppo di microprocessori e ai progressi

nelle tecnologie di archiviazione. Monetizzare l’Intelligenza Artificiale. Presto si assisterà all’adozione degli Llm per uso commerciale. È ancora troppo presto per avere una visione chiara delle aziende in grado di trarne i maggiori vantaggi, ma è certo che le opportunità iniziali ricadranno su aziende che operano in tre settori tecnologici principali.

- Il cloud. L’Ia generativa è basata sui dati e necessita di una potente infrastruttura cloud fornita da grandi piattaforme, dette hyperscaler. Di queste fanno parte Aws (Amazon), Gcp (Google), Microsoft Azure e Meta (cloud privato). Insieme, rappresentano circa il 78% della capacità globale. Nei primi tre mesi del 2023, i ricavi dei servizi di infrastruttura cloud hanno raggiunto i 63,7 miliardi di dollari (un aumento su base annua di 10 miliardi).

- I semiconduttori. La potenza computazionale proviene principalmente dallo sviluppo delle unità di elaborazione grafica (Gpu) necessarie per eseguire modelli di Ia generativi; queste sono in grado di ottimizzare l’acquisizione di set di dati di grandi dimensioni grazie alle loro capacità

64 · TM Agosto 2023
Oracle 0 5 10 15 20 25 30 35 Il Cloud Quote di mercato per operatore (in %) Fonte: Pictet Am Amazon (Aws) Microsoft (Azure) Google Cloud Alibaba Cloud Ibm Cloud Salesforce Tencent Cloud Intelligenza Artificiale Dimensione del mercato (in mld usd) Fonte: Pictet Am 2020 0 100 200 300 400 500 600 700 800 900 1000 2021 2022 2023 2024 2025 2026 ■ Cifra d’affari globale osservatorio / settori
L’Intelligenza Artificiale generativa ha il potenziale per cambiare il modo di vivere e lavorare di molti, e potrebbe presto ridisegnare il panorama per gli investitori in titoli tecnologici.

di elaborazione parallela. Indipendentemente dalle Gpu, le aziende produttrici di semiconduttori e attrezzature per semiconduttori in genere trarranno grandi benefici, dall’aumento della domanda di semiconduttori per le necessità crescenti di soluzioni informatiche, di memoria e di rete. Inoltre, la produzione di questi semiconduttori sempre più complessi richiede attrezzature sempre più sofisticate, le cui vendite hanno superato i 100 miliardi nel 2022.

La società di chip Nvidia è stata uno dei principali beneficiari per alimentare gli algoritmi di Ia come ChatGpt, che funzionano con i chip acceleratori per datacenter di fascia alta dell’azienda, come l’A100 e il nuovo H100, che rappresentano ora oltre la metà dei ricavi di Nvidia.

La maggior parte delle funzioni computazionali, tuttavia, è ancora eseguita dalle più semplici unità centrali di elaborazione (Cpu). In questo ambito il leader di mercato resta Intel, con però la californiana Amd che continua a crescere.

Che si tratti di Cpu o di Gpu, la domanda di chip sempre più avanzati cresce. Diventa però sempre più difficile renderli più piccoli, efficienti ed economici. Progettarne uno nuovo costa centinaia di milioni di dollari, e un aiuto può giungere, ironicamente, dall’Ia stessa grazie all’uso di strumenti di automazione della progettazione elettronica (Eda) sviluppati da aziende come Synopsys e Cadence. Synopsys ha lanciato un’intera suite di strumenti Eda, che hanno già progettato oltre 200 nuovi microchip.

- Software. Altre aziende che potrebbero emergere come vincitrici sono le case di software. Quelle che riusciranno a integrare l’Ia nei propri prodotti sono destinate a godere di un notevole vantaggio competitivo. GitHub Copilot di Microsoft è oggi il miglior esempio di efficientamento grazie all’impiego dell’Ia. Secondo Microsoft, gli sviluppatori che lo utilizzano sono stati più produttivi, fornendo risultati migliori in minor tempo (55% di meno), il tutto con un abbonamento di circa 100 dollari l’anno.

In gara c’è anche Adobe con il suo modello Firefly, che è addestrato su 175 milioni di immagini di archivio prive di copyright e rende possibile generarne di nuove prive di diritto d’autore.

Per quanto riguarda i software per la sicurezza informatica, è possibile che il settore debba adattarsi all’utilizzo dell’Ia

generativa per contrastare potenziali minacce. L’Ia permetterebbe di rilevare e rispondere agli attacchi in maniera più rapida. CrowdStrike e Palo Alto sono due delle aziende già impegnate a integrare la potenza dell’Ia nelle proprie piattaforme.

Un aumento dell’efficienza, una riduzione dei tempi di rilevamento e risposta agli attacchi. L’Ia generativa avrà un ruolo importante da svolgere nell’incrementare o eliminare del tutto molte delle attività di routine che gli agenti di sicurezza informatica affrontano nel loro quotidiano. Ostacoli in vista. L’Ia racchiude tante promesse, ma anche pericoli. Ciò significa che la regolamentazione avrà un ruolo determinante nello sviluppo e nella diffusione di questa tecnologia.

Già oggi c’è molta preoccupazione in merito all’affidabilità dei dati, alla violazione dei diritti d’autore, alla privacy e alla concentrazione di mercato. In determinati contesti, l’Ia è in grado di autoregolamentarsi. Modelli di Ia pre-addestrati vengono utilizzati, ad esempio, per moderare i contenuti, filtrando quelli ritenuti tossici. Prassi destinata a crescere.

Tuttavia, c’è anche preoccupazione su ciò che l’Ia potrebbe significare per i mezzi di sostentamento e se, in assenza di controlli, possa rappresentare una minaccia ben più grave per la società.

Una regolamentazione ufficiale di questa tecnologia è quindi fondamentale e sia i Governi che le aziende se ne stanno occupando attivamente. I cofondatori di OpenAi hanno richiesto l’istituzione di un organismo paragonabile all’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica per ispezionare i sistemi, imporre audit, testare la conformità agli standard di sicurezza [e] disporre restrizioni sui gradi di implementazione e sui livelli di sicurezza.

Primi passi. Non c’è dubbio che si troveranno soluzioni. Pur tenendo conto dei rischi, l’Ia è oggi a un punto di svolta paragonabile ai primordi dell’iPhone: un evento che ha aperto la strada all’uso degli smartphone e delle applicazioni mobili e all’avvento di Aws come primo fornitore di cloud. E sta ora rivoluzionando la prossima generazione di start-up tech.

ChatGpt e simili hanno appena cominciato a sfiorare la superficie. Nel prossimo decennio l’Ia rivoluzionerà i modelli di business, guiderà l’efficienza operativa e darà vita a una differenziazione strategica. Anche se la strada sarà piena di ostacoli, l’Ia generativa è destinata a rimanere.

60‘000 aziende soddisfatte

Il leader del mercato svizzero per il business software arriva in Ticino

Fate evolvere la vostra azienda con Abacus abacus.ch/ticino

Questione d’interesse

Gli istituzionali stanno tornando in massa sull’obbligazionario, con però il rischio di accantonare molte cautele del passato. Come dimostra l’andamento del Bund è bene essere prudenti.

Il ritorno d’interesse degli investitori verso le obbligazioni per effetto dell’aumento dei tassi, è evidente.. Il fascino di tassi più elevati attira questi investitori, che cercano rendimenti stabili e gestione del rischio. Alcuni pensano di investire direttamente in obbligazioni, risparmiando sulle commissioni e ottenendo una performance migliore. Non è sempre così: le obbligazioni possono essere in alcune fasi più volatili delle azioni. Da fine 2021 il prezzo del Bund è arrivato a perdere oltre il 50% in 18 mesi.

A volte anche gli investitori in obbligazioni hanno incubi come gli investitori in altre classi di attività. Quindi anche gli obbligazionisti devono rimanere vigili e monitorare attentamente i movimenti dei tassi d’interesse, aggiustando i portafogli di conseguenza. Le obbligazioni offrono una diversificazione e un rischio minore, allineandosi alle loro strategie di portafoglio. Tuttavia, è fondamentale un’analisi accurata della durata dei titoli, della qualità del credito, della liquidità, delle pressioni inflazionistiche e delle mosse delle Banche Centrali.

Attuali prospettive. La vigilanza e gli aggiustamenti strategici sono fondamentali per navigare nell’obbligazionario nei prossimi mesi. Nell’attuale scenario, le posizioni nei Paesi Core possono offrire una buona opportunità d’investimento quando l’avversione al rischio sui mercati tende ad aumentare. Pur essendo meno esposti a ingenti perdite, gli investitori dovrebbero aspettarsi rendimenti totali positivi in caso di una pausa nel ciclo di rialzo della Fed nel secondo semestre ed eventuali tagli successivi.

Osservata speciale resterà l’inflazione anche nel secondo semestre. Se continuerà a rimanere elevata, con tassi e

rendimenti sotto pressione, potrebbe verificarsi uno spiacevole ‘hot landing’: l’inflazione erode i rendimenti, mentre banche centrali e geopolitica guidano la volatilità del mercato. Al contrario, se gli effetti ritardati delle azioni delle banche centrali portassero a un deterioramento delle prospettive economiche, potrebbe verificarsi un ‘hard landing’, con un deterioramento della qualità del credito, un aumento dei default e un ampliamento degli spread, oltre al rischio per la stabilità finanziaria. Il rischio di credito permar-

«L’obbligazionario offre oggi un buon punto di ingresso, la maggior parte della curva dei rendimenti scambia infatti a livelli molto interessanti. L’effetto di trascinamento è molto forte, soprattutto sui tratti a breve»

gli ultimi di questo ciclo.

Strategie di portafoglio. Dopo anni di rendimenti attesi bassi o negativi, si è in una fase di normalità: rendimenti reali positivi in Stati Uniti ed Eurozona. Investire in obbligazioni è tornato interessante. L’inflazione sta scendendo, i tassi sono probabilmente vicini al loro picco ciclico e presto si potrebbe avere la sorpresa di politiche monetarie più dovish. Una duration lunga offre una copertura contro i rischi economici, finanziari o geopolitici inattesi, ma comunque possibili.

L’obbligazionario offre oggi un buon punto di ingresso, la maggior parte della curva dei rendimenti scambia infatti a livelli molto interessanti. L’effetto di trascinamento è molto forte, soprattutto sui tratti a breve. Pur essendo su livelli storicamente elevati, i rendimenti obbligazionari presentano anche alti gradi di volatilità che potrebbero generare perdite in un approccio mark-to market.

rebbe e le fluttuazioni dei tassi di interesse impatterebbe sui prezzi dei titoli. Un ruolo critico l’avrebbe quindi la qualità di credito degli emittenti.

Con un’inflazione elevata ma in lento calo, le azioni delle Banche Centrali diventano cruciali, specie se chiamate a destreggiarsi tra sostenere la crescita economica e il rischio di far persistere l’inflazione. Negli Stati Uniti il surriscaldamento del mercato del lavoro preoccupa la Fed, ma probabilmente i tassi sono già abbastanza alti, anche in considerazione dell’inasprimento del suo bilancio e dei suoi effetti sull’economia. I recenti rialzi della Fed e della Bce potrebbero essere

Sebbene i livelli di spread delle obbligazioni periferiche europee sembrino per ora sotto controllo, non si può escludere un’impennata della volatilità. Dal punto di vista geografico, meglio gli investimenti nei Paesi core come Germania e Stati Uniti, con un approccio selettivo in termini di qualità e rating. Interessanti anche i Paesi periferici, in particolare quelli con un migliore slancio economico e con gli spread più elevati, come l’Italia.

Un ragionamento simile potrebbe essere applicato ai titoli societari, dove si vede valore nei nomi Investment Grade meno nell’High Yield, ancora prematuro a fronte dell’incertezza del mercato.

66 · TM Agosto 2023
Paolo Bernardelli, responsabile reddito fisso e forex di Eurizon.
osservatorio / obbligazionario

Le frecce svizzere

Se si guarda alla corsa dei tecnologici inevitabilmente il pensiero vola al Nasdaq, e alle megacap del settore. Eppure il valore potrebbe essere anche altrove, in Svizzera.

ripartita la corsa dell’It nei primi mesi del 2023 (2018: 100)

Fares Benouari, gestore Azioni svizzere e globali, Union Bancaire Privée (Ubp). A lato, dopo una breve fase orizzontale è da inizio anno che la corsa dei tecnologici è ripartita. Ma quanto sono convenienti?

vedono piuttosto l’Ia generativa come un formidabile strumento di produttività.

Dopo un 2022 deludente per gli investitori del tecnologico, con un Nasdaq100 che lascia sul terreno il 33%, alcuni osservatori hanno decretato la fine di un settore che ha sfacciatamente dominato il decennio scorso. Quotazione esuberante delle “concept stock” che ricordava lo scoppio della bolla delle dot.com, giganti del settore in affanno o morte annunciata della legge di Moore, presentata come indissolubilmente legata ai progressi tecnologici: gli ‘orsi’ hanno avanzato numerose ragioni, galvanizzati dal declino di un settore che sembrava agonizzante.

A dispetto dei profeti di sventura, la tecnologia ha invece trovato nuovi impulsi grazie al lancio della prima versione di ChatGpt. Ma è soprattutto la società americana Nvidia, che ha sviluppato i processori, i microchip e le schede grafiche, ad aver restituito la voglia di sorridere agli investitori in maggio con previsioni letteralmente dell’altro mondo. Si è trattato di una svolta inattesa, quando le stime di consenso davano la società come fortemente sopravvalutata. Eppure...

Ma c’è ancora tempo sufficiente per sperare di salire a bordo dell’astronave dei titoli tecnologici dopo la folgorante performance del settore nel 2023 (Nasdaq + 31% a fine maggio)?

Prima di tutto, la quotazione di un buon numero di società è rimbalzata molto prima che fossero rese note le loro stime di crescita perché, ormai si sa, il mercato non aspetta. Tuttavia, per essere ricompensati dal mercato, basta un comunicato stampa che menzioni abilmente le parole magiche ‘Ia generativa’. La prudenza è dunque d’obbligo, sul settore in generale e sul segmento dei semiconduttori in particolare, dove c’è sicuramente più valore a breve termine rispetto ad esempio ai produttori di componenti che nei produttori e designer di microchip.

In secondo luogo, la mancanza di sfumature quando un’azienda è percepita come a rischio di estinzione dagli asteroidi Gpt e Bard. Giganti come Accenture e Intuit hanno infatti inizialmente sofferto all’idea che i loro servizi potessero essere eliminati dalla catena distributiva da algoritmi potentissimi, mentre queste società

Se gli Stati Uniti sono sotto i riflettori con una fonte di evidenti opportunità, che spaziano dalle ‘megacap’ del settore a imprese di dimensioni ben più modeste, anche la Svizzera ha alcune belle frecce nel suo arco in termini di realtà imprescindibili per i semiconduttori. Il know-how del gruppo Vat, di Inficon o di Comet consente infatti di produrre microchip sufficientemente performanti per addestrare gli esosi e affamati ‘cervelli’ artificiali di Google, Microsoft o Oracle. Questa realtà deve tuttavia essere rapportata alla quotazione delle imprese interessate e al ciclo d’investimento del settore, in crescita strutturale ma anche terribilmente ciclica.

Adottando una chiave di lettura basata sulla ricerca di creazione di valore misurata dai rendimenti dei cash flow (Cfroi), è possibile guardare oltre il semplice ‘rumore’ di breve periodo. Ciò consente infatti di tenere la rotta favorendo società capaci di aumentare i loro Cfroi o di mantenerli a livelli elevati e stabili nonostante la concorrenza e, parallelamente, di evitare quelle, peraltro numerose, la cui popolarità si basa su ipotesi irrealistiche.

Una cosa appare certa: se supereranno le considerazioni puramente borsistiche, le dislocazioni provocate dall’intelligenza artificiale rappresentano una manna per gli ‘stock picker’ e i gestori attivi.

Agosto 2023 TM · 67
Fonte: Ubp Tecnologici
-40 -20 0 20 40 60 80 100 120 140 160 07.10.201807.02.201907.06.201907.10.201907.02.202007.06.202007.10.202007.02.202107.06.202107.10.202107.02.202207.06.202207.10.202207.02.202307.06.2023 07.06.2018 S&P 500 S&P 500 It osservatorio / settori
È

Tira e molla per il Venture

Forti contrasti, e molte pressioni, sono i fattori che hanno segnato i primi tre mesi dell’anno per il complesso mercato del Venture Capital in Europa e Stati Uniti.

Giovanni Martinez, Investment manager Private Equity & Venture Capital Direct Investments di Novum Capital Partners. Il mercato americano del Venture Capital ha tirato il freno dopo la forte crescita nei trimestri degli ultimi anni. Una semplice pausa di riflessione?

Il mercato del Venture Capital (Vc) nel primo trimestre del 2023 è stato contrassegnato da tendenze contrastanti e pressioni significative sia negli ecosistemi europei che in quelli americani. Start up e investitori hanno dovuto confrontarsi con tagli del personale, condizioni di finanziamento difficili, tassi di crescita più lenti, mancanza di liquidità e un generale spostamento verso condizioni favorevoli agli investitori.

In Europa, le valutazioni sono aumentate nelle fasi di finanziamento più avanzate e questo potrebbe essere collegato a una forte diminuzione dei finanziamenti, portando solo le aziende più solide e con maggiori prospettive a rifinanziarsi nel mercato attuale. Tuttavia, le valutazioni si sono ora stabilizzate a causa delle pressioni macroeconomiche, tra cui inflazione, aumento dei tassi di interesse e crescita inferiore, che hanno inciso negativamente sulle prospettive di crescita.

Nel frattempo, l’ecosistema del Venture Capital americano ha visto una crescita nelle valutazioni pre-money medie del seed, raggiungendo un picco di 12,9 mi-

lioni di dollari (+16,9% q/q). I mercati del venture late-stage in entrambe le regioni continuano ad avere difficolta, con una diminuzione evidente delle dimensioni delle transazioni. Si è osservato un cambiamento cruciale da un focus sulla crescita alla redditività su entrambi i continenti, spingendo i fondatori a cercare misure per migliorare l’efficienza del capitale.

Negli Stati Uniti, questo cambiamento è ulteriormente esacerbato da una finestra di Ipo chiusa, con l’attenzione degli investitori che si sposta verso la redditività. La valutazione pre-money mediana dei round venture-growth nel primo trimestre del 2023 negli Stati Uniti è scesa a 90 milioni di dollari, una significativa diminuzione (-74,6%) rispetto al record dell’intero 2021 di 355 milioni.

La partecipazione degli investitori non tradizionali è diminuita in entrambi i mercati, con il valore delle operazioni che coinvolgono questi investitori che è calato del 65,3% y/y in Europa e una diminuzione dell’attività negli Stati Uniti a causa della mancanza di liquidità.

Tuttavia, i Corporate Venture Capital

(Cvc) sono rimasti attivi, raggiungendo un tasso di partecipazione record del 26,5% nel primo trimestre del 2023 negli Stati Uniti. Incentivati più dagli investimenti strategici che dai rendimenti finanziari, i Cvc si sono concentrati principalmente su transazioni seed ed early-stage. Fino ad ora quest’anno, queste fasi hanno rappresentato il 60,2% di tutti i finanziamenti completati. Essi, insieme ai restanti investitori non tradizionali, hanno permesso a selezionate start-up di raccogliere maggiori quantità di capitale a valutazioni più elevate rispetto al mercato più ampio. Ma questo supporto ha un costo, poiché questi investitori richiedono posizioni azionarie più grandi in cambio.

Gli Angel Investor hanno mantenuto valutazioni solide in Europa con una mediana di 3,7 milioni di euro (3 milioni nel 2022), e le start-up in fase seed hanno dimostrato resilienza, con valutazioni mediane che sono rimaste stabili a 5,5 milioni di euro. Negli Stati Uniti, le aziende angel e seed sono state relativamente protette dalle sfide macroeconomiche che colpiscono i loro omologhi di fase più avanzata, con un trend di crescita costante nelle valutazioni pre-money mediane seed e nella dimensione delle transazioni che hanno raggiunto un record di 12,9 milioni di dollari e 3,0 milioni di dollari. Questa crescita può essere attribuita al

68 · TM Agosto 2023
Stati Uniti Valutazione media per fase (sx, in mln usd) e numero di operazioni (dx, nr.) Fonte: Pitchbook ■ Nr. Deal Us – angel Us – seed Us – early stage Us – late stage 200 400 600 800 1000 1200 1400 0.0 10.0 20.0 30.0 40.0 50.0 60.0 70.0 80.0 90.0 Q4.2013 Q4.2014 Q4.2015 Q4.2016 Q1.2014 Q1.2015 Q1.2016 Q1.2017Q4.2017Q1.2018Q4.2018Q1.2019Q4.202019Q1.2020Q4.2020Q1.2021Q4.2021Q1.2022Q4.2022Q1.2023 0 Q1.2013 osservatorio / alternativi

fatto che i general partner (Gp) ora investono solo in aziende con fondamentali solidi e burn rate modesti per preservare il runway. Ciò è confermato dal tempo mediano dall’inizio alle operazioni seed che ha visto un aumento sostanziale, passando da 2,4 anni nel 2022 a 3,0 anni nel 2023. Questo suggerisce che le start up più consolidate, con percorsi di crescita sostenibili stanno riuscendo ad ottenere finanziamenti rispetto ai concorrenti.

L’early-stage Vc ha assistito a un calo significativo delle valutazioni medie, che riflette più rigidi processi di due diligence nelle attuali condizioni economiche. In Europa, le valutazioni medie sono calate del 15,4% (trimestre su trimestre) a 5,5 milioni di euro (terzo trimestre consecutivo di calo). Negli Stati Uniti, le valutazioni medie dell’early-stage hanno registrato un calo del 5,7% rispetto al trimestre precedente, scendendo a 38,2 milioni di dollari, con la dimensione della transazione mediana che è diminuita anche dell’8,3% a 6,0 milioni di dollari.

Il late-stage Vc in Europa è stata un’eccezione alla tendenza al ribasso delle valutazioni, con la valutazione mediana che è aumentata del 26,9% QoQ a 13,4 milioni di euro, spinta in parte da operazioni di grande entità come il round di finanziamento da 215,0 milioni di euro di Enpal, un fornitore di pannelli solari con sede in Germania. Negli Stati Uniti la dimensione mediana delle transazioni di late-stage Vc è crollata del 25% a 6,0 milioni di dollari mentre le valutazioni medie di late-stage hanno registrato un calo dell’8,3% a 55 milioni di dollari.

La percentuale di flat round e down round è aumentata al 7,5%, (il punto più alto dal 2018) negli Stati Uniti e ha raggiunto il 39,66%, (il livello più alto dal 2020) in Europa poiché le start up stanno esaurendo la liquidita e sono costrette a raccogliere capitale a valutazioni inferiori.

La valutazione mediana di exit in Europa è diminuita del 34,8% y/y ma è cresciuta del 48,5% trimestre su trimestre, con gli exit per acquisizione in aumento e le Ipo in diminuzione. L’aumento dell’attività di acquisizione aziendale può essere attribuito all’aumento a valutazioni degli asset deprezzate. Nonostante un aumento nel primo trimestre del 2023, le dimensioni medie delle acquisizioni sono ancora del 14,1% al di sotto dei livelli del 2022, indicando la continua debolezza delle valutazioni.

Per quanto riguarda il mercato statunitense, il primo trimestre ha registrato solo 20 exit, comprese otto Ipo. Il conteggio totale delle exit ha mostrato una modesta crescita rispetto ai trimestri precedenti, allineandosi ai livelli visti all’inizio del 2022, principalmente alimentati dalle attività di M&A. Molte di queste società con forti esigenze di liquidità si trovano di fronte a una difficile accessibilità al capitale e potrebbero dover considerare opzioni come il raccogliere tramite flat round o down round, esplorare alternative al debito o, idealmente, raggiungere un flusso di cassa positivo per affrontare l’ambiente di finanziamento ostile.

In conclusione, il panorama del Vc sia in Europa che negli Stati Uniti ha affrontato un difficile primo trimestre del 2023 mostrando una lieve crescita in solo alcune fasi e condizioni di finanziamento difficili. Il mercato ha assistito a livelli di investimento ridotti, budget interni minori, maggiore attenzione sui ricavi, valutazioni e runway. Nonostante queste difficolta, alcuni segmenti come i Cvc e gli angel investor hanno continuato a rimanere

Pur muovendo da posizioni decisamente più sottotono rispetto al Nord America, sia per valutazioni delle start up, molto più contenute, sia per vitalità del mercato e degli investitori, il comparto europeo regge l’impatto della fine dei rendimenti negativi, o nella migliore delle ipotesi zero. È comunque ancora presto per cantare vittoria, gli equilibri possono ribaltarsi in fretta.

attivi, portando a potenziali opportunità di investimento a lungo termine.

Tuttavia, le aspettative si orientano verso una pressione al ribasso sulle valutazioni che si prevede man mano che la disponibilità di capitale si riduce e le aziende considerano flat o down round. Questo suggerisce che il futuro del panorama del Vc nel 2023 rimarrà probabilmente difficile, con le start up che dovranno concentrarsi su gestioni snelle, mantenere strutture di costo efficienti e adottare strategie di crescita più realistiche per avere successo.

Agosto 2023 TM · 69
Eurozona
Fonte: Pitchbook ■ Eu – Deal Count Eu – angel Eu – seed Eu – early stage Eu – late stage 100 200 300 400 500 600 700 800 900 0.0 2.0 4.0 6.0 8.0 10.0 12.0 14.0 16.0 18.0 0 Q4.2013 Q4.2014 Q4.2015 Q4.2016 Q1.2014 Q1.2015 Q1.2016 Q1.2017Q4.2017Q1.2018Q4.2018Q1.2019Q4.202019Q1.2020Q4.2020Q1.2021Q4.2021Q1.2022Q4.2022Q1.2023 Q1.2013 Eurozona Operazioni di
Capital per
(in %
Fonte: Pitchbook 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 2023* ■ Up ■ Flat ■ Down
Valutazione media per fase (sx, in mln eur) e numero di operazioni (dx, nr.)
Venture
trimestre per tipologia
del tot)

No pain, no gain

Si è chiusa la prima metà di un anno complesso, con i mercati in preda a un falso sentimento di calma. Che si tratti di un eccesso di ottimismo sulle previsioni di molti?

Vincent Chaigneau, responsabile della ricerca di Generali Investments. Negli Stati Uniti il premio di rendimendo tra decennale governativo e interessi nominali è tornato positivo.

Un falso senso di calma domina i mercati globali mentre cala il sipario sulla prima metà del 2023, con l’economia statunitense che sfida le aspettative pessimistiche e la volatilità di azioni, credito e valute che scende a livelli sospettosamente bassi. I mercati globali sembrano sempre più incorporare uno scenario molto ottimistico: nessuna recessione quest’anno, un forte rimbalzo degli utili nei prossimi 18 mesi e una rapida normalizzazione dell’inflazione.

L’intelligenza artificiale, il calo dei prezzi delle materie prime e la normalizzazione della catena di approvvigionamento supportano uno scenario così favorevole. Ma le Banche Centrali non vinceranno la battaglia contro l’inflazione senza un maggiore ridimensionamento dei mercati del lavoro e della domanda. Le crepe nel sistema finanziario si stanno allargando: le previsioni di crescita di molti, tra cui Generali, sono al di sotto del consenso.

Fare attenzione a ciò si desidera: il persistente potere di determinazione dei prezzi in un nuovo regime di inflazione

«Il credito Ig si conferma essere molto più attraente dell’Hy, con gli spread corretti per il beta che sembrano troppo ristretti in quest’ultimo. Dovrebbe anche beneficiare di una compressione degli swap spread, il forte rimborso dei Tltro in giugno ha infatti rilasciato notevole collaterale»

sosterrebbe un’ulteriore espansione dei margini e degli utili, ma porterebbe inevitabilmente a tassi terminali molto più elevati e, infine, a uno scenario di espansione seguita da una severa contrazione.

Si può trovare vero valore negli elevati rendimenti reali statunitensi a lungo termine e nel valore relativo di breakeven dell’inflazione americana rispetto all’Euro. I rendimenti obbligazionari sono inclinati al ribasso, pur non di molto. Si riduce quindi un posizionamento di Overweight nel credito Investment Grade e si resta Underweight nel segmento High Yield.

Si rivalutano i Govies e Quasi-Govies in quanto dovrebbero beneficiare di un restringimento degli swap spread. La volatilità è destinata ad aumentare in tutte le asset class, ad eccezione dei tassi. Si rimane difensivi nei confronti delle azioni, sia in termini di allocazione che di fattore. L’asset allocation per il terzo trimestre. Mentre cala il sipario sul secondo trimestre 2023, un falso senso di calma domina i mercati globali: i prezzi degli asset restano poco volatili e l’economia globale, in particolare gli Stati Uniti, continua a mostrare una notevole resilienza di fronte al drammatico inasprimento della politica monetaria. Il continuo calo della volatilità implicita in tutte le asset class, sebbene ancora a livelli elevati nei tassi, non fa che rafforzare tale percezione.

La crisi di Svb che a metà marzo faceva presagire condizioni più volatili, oggi appare come un head fake. Indipendentemente dai problemi delle banche regionali statunitensi, uno degli sviluppi più notevoli nel secondo trimestre è stata la sovraperformance delle azioni statunitensi, in parte sulla frenesia dell’Intelligenza Artificiale, ma anche sulla sovraperformance economica degli Stati Uniti.

Azioni e obbligazioni hanno continuato a liberarsi dalla correlazione tossica (positiva) osservata nel 2022: ciò conferma l’aspettativa che i mercati globali quest’anno sarebbero guidati da considerazioni cicliche e di propensione al rischio, piuttosto che solo dalla politica monetaria.

70 · TM Agosto 2023
2007 2009 2011 2013 2015 2017 2019 2021 2023 Fonte: Generali Stati Uniti Premio di rendimento tra interessi Fed e titoli governativi 0 1 2 3 4 5 6 3m Ois, 5y fwd 10y Tsy yield
osservatorio / obbligazionario

Favorire il segmento a minor rischio nel reddito fisso. I rendimenti obbligazionari tendono al ribasso. Non c’è alcun interesse per la duration corta, anche se i rialzi aggressivi dei tassi continuerebbero ovviamente a peggiorare il carry nella parte lunga delle curve. Ci si attende che un ulteriore inasprimento imprevisto eserciterebbe un’ulteriore pressione di appiattimento sulla curva, poiché uno scenario ‘boom and bust’ diventerebbe ancor più probabile.

Quale scenario principale, una crescita al di sotto del consenso alla fine supporterà un leggero calo dei rendimenti. Anche se si vede valore nei titoli indicizzati all’inflazione americana a 5 anni rispetto all’Euro, si intravede anche un valore maggiore nei titoli del Tesoro. I rendimenti reali a 10 anni (Tips) sono scambiati sopra l’1,5%, contro lo 0% dei Bund. Anche i rendimenti Ust a 10 anni, pari al 3,75%, vengono scambiati di circa 70 punti base al di sopra dell’Ois a 5 anni e 3 mesi, storicamente un margine confortevole.

Ciononostante, ci si attende anche che le aspettative del mercato sul tasso neutrale della Fed a medio termine diminuiscano man mano che gli Stati Uniti entreranno infine in una lieve recessione. Nell’area Euro si continua a preferire la parte centrale della curva, rispetto alle estremità. Questa strategia ha già dato ottimi risultati, ma c’è ancor più spazio nella fase finale dell’inasprimento della Bce. Probabilmente il condor 2-5-10-30 anni è sceso più velocemente della volatilità dei tassi, ma ci si attende che quest’ultima recuperi, piuttosto che il contrario.

Il credito Investment Grade è esposto a un deterioramento della propensione al rischio, per poi diventare leggermente più cauti verso l’asset class, con una preferenza ancora per i non finanziari rispetto ai finanziari. Il credito Ig si conferma essere molto più attraente di quello ad alto rendimento, con gli spread corretti per il beta che sembrano troppo ristretti in quest’ultimo, ma dovrebbe anche beneficiare di una compressione degli swap spread, poiché il forte rimborso dei Tltro che è avvenuto in giugno ha rilasciato notevole collaterale.

Lo spread Btp-Bund potrebbe inoltre beneficiare del restringimento degli swap spread, di un ulteriore calo della volatilità dei tassi e della forte sottoperformance dell’economia tedesca (differenziale del

Pil reale a/a ora a 2,4 punti percentuali a favore dell’Italia). Ciò detto, è comunque bene preferire l’esposizione non core a breve termine, in quanto il deterioramento delle condizioni di rischio potrebbe alla fine influire negativamente sugli spread più lunghi della curva.

Gli spread dei titoli ad alto rendimento si sono rapidamente ripresi dall’allargamento legato alla crisi di Svb e sembrano non essere sincronizzati con il deterioramento del contesto creditizio. Sorprendentemente, i premi al rischio si sono compressi ancora più rapidamente nelle azioni. Probabilmente c’è un effetto di composizione, con gli indici azionari statunitensi più pesanti nelle società tecnologiche rispetto agli indici di credito Hy; tale pregiudizio ha portato a un divario ancora maggiore tra Hy e premi azionari durante la bolla di Internet.

Tuttavia, questo serve a evidenziare la valutazione relativamente cara di entrambe le classi di attività. Il consenso è anche alla ricerca di guadagni da riprendere da qui, anche se gli indicatori anticipatori richiedono più dolore. Probabilmente, tale

Diversamente dagli Stati Uniti, in Eurozona il premio di rendimento è ancora non troppo pronunciato rispetto ai Governativi. Guardando un po’ oltre, e prendendo in considerazione altre asset class la situazione migliora in fretta.

relazione storica potrebbe rivelarsi fuorviante se, ad esempio, le società godessero di un nuovo regime di inflazione in base al quale riescono a mantenere un forte potere di determinazione dei prezzi, anche se l’economia rallenta, ma dubitiamo che le banche centrali lo permetteranno. Nonostante la resilienza dell’economia statunitense, ci si aspetta che il brusco rallentamento delle sorprese economiche globali domi le azioni. Sebbene i multipli azionari non siano a livelli elevati nell’Eurozona, il nuovo deterioramento del sentiment economico mette in dubbio il rialzo a breve termine. È bene quindi tenere un sottopeso misurato nelle azioni con un’allocazione bilanciata orientata verso i settori difensivi che non ciclici.

Agosto 2023 TM · 71
Fonte: Generali Inv. Eurozona Premio di rendimento tra interessi Bce e indice Btp/Bund Eur 1y10 y norm. (vol) bp 10y Btp - Bund Index 0.75 1.00 1.25 1.50 1.75 2.00 2.25 2.50 30 50 70 90 110 130 150 2021 2022 2023 98 Msci Emu Eur Ig Corp Eur Govies Btp Msci World hedged (eur) Eur Hy Corp Treas. Hedged (eur) Fonte: Generali Inv Indici a confronto Total return dal 1-I-2023 (in bps) 100 102 104 106 108 110 112 114 116 Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug

Applicare... la leva?

Sten Götte, Gestore di fondi azionari e analista di strategie d’investimento quantitative di Banca Cic (Svizzera). In determinate fasi di mercato, e a determinate condizioni, prestando la massima cautela, è possibile adottare quella che in gergo si definisce strategia dell’interruttore a leva per realizzare del rendimento.

to ai consolidati pesi massimi dello Smi. Compresi i dividendi, la performance dello Smi è stata del 99%, mentre lo Smi Mid è balzato al 142%. Gli investitori più avveduti potrebbero dunque essere tentati di ritenere l’investimento duraturo nello Smi Mid la strategia per eccellenza, salvo poi ricredersi osservando la performance dello SmiM, pari al 19% negli ultimi 5 anni, rispetto al 45% dello Smi. Inevitabilmente emerge la necessità di un’ingegnosa strategia per suddividere la propria esposizione azionaria tra Smi e Smi Mid o per valutare l’opportunità di passare completamente dallo Smi allo SmiM.

Per gli investitori con un orizzonte di lungo periodo, che nei prossimi 8-10 anni desiderano partecipare al mercato azionario svizzero, esiste una strategia azionaria redditizia che punta sulle imprese a grande capitalizzazione (Smi come Roche Novartis e Nestlé) o a media capitalizzazione (Smim come Vat Group, Swatch o Lindt). Sebbene sia richiesto un minimo di ‘know-how’ tecnico, la complessità dei

contesti non è elevata.

Perché le imprese a media capitalizzazione? I tassi di crescita dinamici della cifra d’affari e dell’utile, oltre al potenziale di acquisizione da parte di grandi imprese, si traducono generalmente in valutazioni azionarie superiori per le imprese a media capitalizzazione. Analizzando gli ultimi dieci anni del mercato azionario svizzero si nota una sovraperformance considerevole delle piccole e medie imprese rispet-

Idea: analisi quantitativa tra Smi e SmiM. Il grafico in alto illustra in rosso il rapporto dei prezzi giornalieri dello Smi Mid e dello Smi negli ultimi 5 anni. Un rapporto crescente indica una sovraperformance dello SmiM rispetto allo Smi. L’area in grigio che avvolge questo rapporto rappresenta la fascia di Bollinger a 200 giorni: una misura statistica dell’ampiezza di fluttuazione del rapporto, che funge da generatore di segnali.

Se la linea rossa supera la fascia di Bollinger superiore, come illustrato al punto 1, si deve azionare l’interruttore a leva: vendere la posizione SmiM e acquistare la posizione Smi. Nel punto 2 si cambia di nuovo, chiudendo la posizione Smi a

72 · TM Agosto 2023
1a Fonte: Banca CiC Fasi di mercato Rapporto Smi Mid e Smi con banda di Bollinger 2017 2018 2019 2020 2021 2022 0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 Alta volatilità Smi Mid Smi Smi Mid/Smi Ma/100 1 2 3 4 0 4 0 6 0 7 0 8 0 9 1 Fonte: Banca CiC Risultati della strategia Performance di mercato negli ultimi 5 anni -40% -20% 0% 20% 40% 60% 80% 100% 120% 2018 2019 2020 2021 2022 Smim Smi Strategia dell’interrutore a leva
È una strategia azionaria che guarda al mercato svizzero, e che nel lungo periodo può battere il benchmark adottando un approccio semplice, che passa di Etf in Etf, e senza decisioni.
osservatorio / strategie

favore della SmiM, perché stavolta viene infranta la fascia di Bollinger inferiore. Cosa succede nel frattempo nel 2018? Il rapporto crolla ed esprime una sottoperformance dei titoli SmiM, mentre aumenta la richiesta di titoli Smi, a seguito del ritiro della liquidità da parte della Fed. Dalla metà del 2018 fino al punto 3 del grafico, la strategia rimane nello SmiM e, pur indugiando sulla flessione Covid di marzo 2020, mostra una sovraperformance rispetto allo Smi. Dal punto 3 si passa di nuovo allo Smi e si cambia al momento giusto, prima che l’inflazione e la politica monetaria restrittiva rovinino il buon umore del mercato azionario.

Dal punto 4, quindi da ottobre 2022, la strategia investe di nuovo nello SmiM e la linea rossa crescente mostra che è la decisione giusta. Nota importante sul grafico: sarebbe stato possibile entrare e uscire anche in momenti precedenti, ma in modo non redditizio (1a), perciò è stato inserito sulla strategia un filtro di volatilità (in grigio). Solo in questa fascia grigia è opportuno cambiare. Attuazione con Etf. Oltre a un programma con fogli di calcolo come Excel, sono necessarie le serie temporali dello Smi e dello SmiM, disponibili in Internet, dove si trovano anche numerosi calcoli della banda di Bollinger. Gli Etf più convenienti su Smi e SmiM si prestano a svolgere il ruolo di strumenti di trading. L’elevata liquidità, gli spread ridotti e la copertura complessiva del mercato sono solo alcune delle motivazioni di questa scelta. I vantaggi. Se non si hanno il tempo e la voglia di cercare i cosiddetti ‘titoli di qualità’ spesso magnificati, di seguire le revisioni degli utili e i rating degli analisti o se l’esperienza con l’esposizione diretta ai singoli titoli non è stata positiva, è bene valutare questa strategia passiva dell’interruttore a leva. Perché permette di escludere alcuni errori maggiori che gli investitori potrebbero compiere sul mercato azionario: si resta sempre investiti, perché tentare di ingannare il mercato e persino azzerare l’allocazione azionaria non hanno dato i frutti sperati nel lungo periodo o sono azioni consigliabili solo agli osservatori del mercato che monitorano gli eventi borsistici quotidianamente.

Inoltre, si beneficia di un’ampia diversificazione e non si corrono rischi legati a titoli individuali, che sono elogiati oggi, ma che domani potrebbero fallire.

In aggiunta, si agisce senza farsi trascinare dalle emozioni, cattive consigliere sul mercato finanziario, seguendo le quali spesso si acquistano azioni sopravvalutate per poi disfarsene quando hanno toccato il fondo e accumulato grandi perdite.

Infine, non si dipende più dall’oracolo delle previsioni del Pil, della geopolitica, dell’imminente svolta dei tassi d’interesse o dei cicli congiunturali, perché il mercato azionario anticipa il futuro contesto macro più velocemente dei giornali. I maggiori rally azionari hanno avuto inizio nelle recessioni economiche, come nel 2009 o nel 2020, quando la pandemia ha

fermato bruscamente il mondo. Risultato incoraggiante. La strategia dell’interruttore a leva, attivata quattro volte negli ultimi cinque anni, ha conseguito una performance complessiva del 77%, dividendi inclusi, mentre lo Smi si è fermato al 45% menzionato sopra.

Una sovraperformance del 32% conseguita senza ricorrere a complicati metodi di analisi o al monitoraggio costante del mercato. Si tratta di una configurazione di base, che può essere ampliata con una serie di filtri, ad esempio per ottimizzare i momenti di entrata e uscita o per suddividere la gestione delle posizioni in tranche.

Perché la SICUREZZA non è un caso

Art Basel, non solo regina di denari

Multinazionale delle fiere d’arte, crocevia insostituibile per i professionisti del settore, croce e delizia dei collezionisti o monumentale vetrina di opere di qualità? Al di là delle possibili critiche, non si può che festeggiare quest’anno il ritorno di un’Art Basel senza limitazioni. Le impressioni sulla recente edizione di quattro galleristi di riferimento a Lugano.

Non ha deluso le aspettative lo stand della Fondation Beyeler ad Art Basel, un omaggio al processo creativo, che gioca sull’incompiutezza della Femme di Picasso (a 50 anni dalla morte), esposta nella sua cassa di trasporto, insieme alla scultura iperrealista dell’imbianchino di Duane Hanson (1925-1996), colto nell’atto di dipingere. Una riflessione anche sulla provvisorietà di qualsiasi mostra.

Malgrado le attuali incertezze economiche, le tensioni sociopolitiche e l’aumento delle normative sul commercio internazionale rappresentino una sfida per il settore dell’arte, il mercato globale ha continuato a crescere nel 2022, pur scontando una ripresa disomogenea a seconda delle regioni. Un dinamismo in gran parte catalizzato dal ritorno del ciclo di eventi internazionali, inaugurazioni di gallerie e aste. Su tutti un chiaro segnale lo ha dato la fiera delle fiere, Art Basel che, finalmente tornata libera da restrizioni, nella sua edizione 2023 andata in scena a metà giugno, ha richiamato oltre 82mila visitatori, 284 gallerie da 36 Paesi e per un totale di 4000 artisti rappresentati. Tuttora quello nella capitale renana è il fulcro dei quattro appuntamenti che scandiscono il calendario e la geografia di quella che si qualifica come una multinazionale delle fiere d’arte con, sui tre continenti e nelle quattro stagioni, Miami,

Hong Kong e dallo scorso anno anche Parigi ad affiancare Basilea. Condividono una forte identità comune, abbinata però a un altrettanto importante radicamento nelle singole realtà regionali, nella consapevolezza dell’importanza che il contesto riveste nella fruizione delle opere d’arte. Un’importanza rivendicata da chi, dell’incontro in presenza, fa il proprio business, al di là dell’apporto ancillare che il digitale può offrire. Lo attesta il successo raccolto in questa edizione da una sezione molto fisica ed esperienziale come Unlimited, 76 opere, per lo più installazioni monumentali, su uno spazio di oltre 16mila metri quadri, così come conferma la capacità di andare oltre la logica di un’industria del lusso per entrare in risonanza con le problematiche sociali e le sfide della contemporaneità, spesso motore dell’urgenza espressiva degli artisti stessi, che sia trascesa poeticamente o affrontata con toni di denuncia: guerre, migrazione, identità culturali e di genere, sostenibilità…

Art Basel ha saputo confermarsi come “una riflessione sul mercato e del mercato”, secondo il mantra di Vincenzo de Bellis, nuovo direttore delle fiere e delle piattaforme globali. Un evento innegabilmente dalle finalità commerciali, ma capace grazie alla qualità delle opere presentate, ai progetti curatoriali, alle sezioni speciali e al suo programma di incontri, di farsi sismografo delle tendenze dell’arte contemporanea e del mercato.

Per offrire una lettura di questa edizione basilese da parte di chi del settore è professionista, ma che possa anche proporre una visione in correlazione con la sensibilità del nostro territorio, Ticino Management ha rivolto l’invito a condividere le proprie impressioni ai membri di Gal, l’Associazione che da quest’anno riunisce nove fra le principali gallerie d’arte luganesi, parte integrante del tessuto culturale della città. A cominciare da colei che ad Art Basel partecipa da oltre quattro decadi come gallerista, Elena Buchmann, alla quale si sono uniti, in veste di attenti visitatori, Tecla Riva di Kromya Gallery (presidente di Gal), Jo Fabbri di Imago Art Gallery e Carlo Repetto di Repetto Gallery. A loro, la parola.

74 · TM Agosto 2023
arte /fiere internazionali
Pablo Picasso © Succession Picasso/2023, ProLitteris, Zurich Duane Hanson © Estate of Duane Hanson/2023, ProLitteris, Zurich on loan at Fondation Beyeler Photo: Mark Niedermann

«Il fatto che in fiera noi galleristi veniamo visitati da direttrici e direttori di musei svizzeri e internazionali, curatrici e curatori, a volte parlando anche di possibili mostre dei nostri artisti in spazi pubblici, è un aspetto poco conosciuto ma fondamentale»

“La Buchmann Galerie partecipa ininterrottamente ad Art Basel dal 1981, quando ancora eravamo basati a San Gallo. Ricordo bene come in quella prima edizione abbiamo esposto opere di Matias Spescha e un’installazione di Dieter Roth, composta da un grande tavolo costruito da lui su cui erano posizionate cineprese e proiettori, film super 8, schizzi, disegni su grandi cartoni grigi e pitture dell’artista. Ai tempi eravamo al primo piano della fiera, mentre più tardi per poter esporre sculture di grandi dimensioni e pesanti abbiamo chiesto di scendere al pian terreno, che non era ancora apprezzato dalle gallerie di arte contemporanea, essendo riservato a quelle di arte moderna. Oggi la situazione è decisamente cambiata. Per sei anni mio marito è stato nel comitato di Art Basel e proprio in quel lasso di tempo è nata l’idea della sezione Art Unlimited, ragione per cui mi sento particolarmente legata alla fiera e alla sua storia.

«L’insegnamento che quest’anno viene ‘portato a casa’ come gallerista è di proseguire con il lavoro con artisti sia affermati, anche se in una realtà regionale, sia con giovani emergenti che mirano a un linguaggio di confronto con l’evoluzione sociale»

Sotto, protagonista dello stand della Buchmann Galerie ad Art Basel, la nuova opera Vertical Highways di Bettina Pousttchi, che rielabora pezzi di guardrail, tra forme antropomorfe e architetturali. A destra, nel video di Adel Abdessemed (Galleria Continua) si profila una nave in fiamme con l’artista stoicamente sul ponte. Un’allegoria delle tragedie che affliggono il Mar Mediterraneo, prendendo il titolo dall’Eneide, Iam Proximus Ardet.

Anche quest’anno ho partecipato alla fiera insieme con la galleria di mio figlio a Berlino con quattro artisti: Tony Cragg, Jason Martin, Bettina Pousttchi e Clare Woods, presentando opere scultoree, dipinti e disegni.

Recandomi nello stand al mattino durante l’allestimento sono rimasta colpita dalle opere dei grandi protagonisti dell’arte: Mark Rothko con un dipinto giallo su parete nera e una grande pittura di Robert Ryman bianca. Inoltre, un piccolo dipinto aveva colpito il mio sguardo per la sua raffinatezza, i suoi colori e l’oggetto raffigurato, una poltrona. Solo dopo

qualche giorno, quando è stata apposta la didascalia ho scoperto che era di David Hockney. Infine, nello stand di Beyeler un’idea sorprendente: una scultura iperrealistica a grandezza naturale di un operaio realizzata dall’artista Duane Hanson, disposta in modo tale da far sembrare che non abbia ancora finito di lavorare. A poca distanza da lui un dipinto di Picasso. Il visitatore passando senza prestare attenzione poteva credere che fosse un work in progress vero e proprio.

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Non solo affari: il crocevia per i professionisti dell’arte di Elena Buchmann, Buchmann Galerie
© Photo Donata Zanotti Elena Buchmann, Buchmann Galerie Tecla Riva, Kromya Art Gallery
Adel Abdessemed © Adel Abdessemed/2023, ProLitteris,
Presented by Galleria Continua /
© Courtesy of Art Basel
Zurich
Courtesy of Art Basel

Solo la fiera di Art Basel attira così tanti professionisti del settore dell’arte da tutto il mondo. Purtroppo, l’attenzione mediatica ricade sempre sulle cifre delle vendite, in particolare quando sono molto alte, e si racconta poco della qualità museale delle opere. Il fatto che in fiera veniamo visitati da direttrici e direttori di musei svizzeri e internazionali, curatrici e curatori, a volte parlando anche di possibili mostre dei nostri artisti in spazi pubblici, rinnovando di persona contatti già avviati via email, è un aspetto poco conosciuto che fa parte del compito e del Netzwerk delle gallerie”.

Una pluralità di linguaggi accomunati dalla qualità assoluta di Tecla Riva, Kromya Art Gallery

“Indubbiamente Art Basel è il sancta sanctorum del mercato dell’arte, che riunisce tutte le migliori gallerie in rappresentanza di una selezione dei migliori artisti al mondo. Un appuntamento imprescindibile per chiunque sia attivo nel settore, indipendentemente dalla partecipazione o meno all’evento.

Come galleria di Lugano che rappresenta prevalentemente artisti svizzeri e italiani, per Kromya Art Gallery è estremamente interessante notare la selezione delle gallerie, quale tipologia di arte viene esposta maggiormente, la provenienza degli artisti. In questa edizione abbiamo notato come nella sezione Unlimited, dedicata alle opere a carattere museale e di grande dimensione, il percorso fosse coerente e circolare. Sono state premiate in particolare le opere a carattere di denuncia sociale, che hanno evidenziato la

fragilità e il poco valore che la società odierna riconosce alla vita umana. Si tratta di realtà magari lontane da noi, di cui talvolta abbiamo unicamente notizia grazie ai media, ma che non viviamo né percepiamo, se non attraverso questa mediazione. Una barriera che in Unlimited è stata superata con opere di grande impatto comunicativo.

Per quanto concerne invece la sezione principale, come sempre, al piano nobile si sono trovati veri e propri capolavori dei migliori artisti al mondo. Più interessante per la nostra galleria è invece il primo piano, quello dove si trovano le gallerie che ricercano in particolare i nuovi linguaggi dell’arte più contemporanea. Nessun linguaggio è parso predominare: abbiamo visto opere sia figurative, sia astratte, espresse con mezzi tradizionali quali la pittura e la scultura. La fotografia era senz’altro presente, mentre le opere digitali o video erano in netta minoranza, forse a causa di una fruizione ancora difficile da parte di un collezionista privato o di un neofita che vogliano invece godersi le opere a casa propria.

Viene altresì evidenziato che la fiera tende a premiare le gallerie che provengono da ogni parte del mondo, rendendo la competizione per potervi accedere sempre più accesa.

Tuttavia la possibilità di instaurare relazioni con colleghi galleristi, artisti, rappresentanti delle istituzioni è unica a Basilea durante la settimana di Art Basel.

L’insegnamento che quest’anno viene ‘portato a casa’ è quello di perseguire con il lavoro con artisti sia affermati, anche se in una realtà regionale, sia con artisti giovani che mirano a un linguaggio di confronto con l’evoluzione sociale”.

Sopra, a sinistra, tra le installazioni più efficaci, Esfera Amarilla (Galería Elvira González) del venezuelano Jesús Rafael Soto, le cui sculture cinetiche giocano fra solido e vuoto, colore e movimento. A destra, la ‘creatura’ di Hiroki Tsukuda (Galerie Gisela Capitain) ispirata alla trasposizione di Peter Brooks del Signore delle mosche.

Emozione e stupore, tra novità da scoprire e icone intramontabili di Jo Fabbri, Imago Art Gallery

“Ogni anno non si sa cosa aspettarsi, e ogni anno c’è chi commenta la fiera entusiasta e chi ne esce deluso. Ma visitare Art Basel è un must per gli attori del settore, nonché per gli appassionati. L’ingresso è emozionante sin da subito, quando ci si trova accolti dall’immancabile spazio Beyeler, ambiente della fiera che per gli avventori potremmo descrivere come ‘rassicurante’. Il visitatore tira un sospiro di sollievo: va tutto bene. Anche quest’anno la Fondazione è riuscita a rappresentare perfettamente lo spirito della fiera, coniugando arte moderna e contemporanea attraverso l’esposizione di un’importante opera di Picasso accostata alla scultura di Duane Hanson. È un momento che si distingue dal resto della visita, si dedica un’attenzione quasi spirituale alla scelta espositiva, per poi ritornare su un piano più terreno e proseguire con un occhio più critico, commerciale ed estetico.

Ad Art Basel si spera di vedere la massima espressione dell’arte moderna ed essere stupiti dalla novità del contemporaneo. Negli anni si vedono passare mode

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Jesús Rafael Soto © 2023, ProLitteris, Zurich Presented by Galería Elvira González / Courtesy of Art Basel © Presented by Galerie Gisela Capitain / Courtesy of Art Basel

«Ad Art Basel si spera di trovare la massima espressione dell’arte moderna ed essere stupiti dalla novità del contemporaneo.

Negli anni si vedono passare mode e trend, anche se gli dei dell’arte moderna restano al momento icone uniche e invariate»

e trend, anche se gli dei dell’arte moderna restano al momento icone uniche e invariate. Vedere nelle fiere un Cy Twombly negli anni passati rappresentava una rarità, quest’anno è stato tirato fuori dai caveaux con più facilità. Stesso discorso per Jannis Kounellis, di cui si sono potute ammirare in questa ultima edizione opere non esposte da decenni”.

Intrigante e formativa: da ripetere a ogni edizione di Carlo Repetto, Repetto Gallery

“Anche quest’anno ho visitato Art Basel con la grande curiosità che mi ha accompagnato fin dalla mia prima visita alla fiera nel 1988. Da allora, non mi sono mai perso un’edizione. È per tutti gli appassionati e i professionisti del mondo dell’arte - e non solo - un’occasione unica per immergersi un paio di giorni nella kermesse più blasonata al mondo per importanza delle gallerie partecipanti. Lunedì 13 giugno, alle ore 16.00, aprono le porte della sezione Unlimited, sempre molto attesa poiché non dovrebbe fare l’occhiolino al mercato bensì rappresentare l’espressione più libera e sincera degli artisti selezionati. Già dalle ultime edizioni, ho notato come questo intento sia scomparso pressoché del tutto. Proseguendo nella visita, colpisce una certa volontà di stupire a tutti i costi, un’ambizione che scivola in effetti cinematografici, come il cyborg insettoide dell’artista Hiroki Tsukuda o l’ibrido dinosauro-tartaruga della neozelandese Francis Upritchard, che ci riportano più al contesto di un luna park, rispetto a quello di una fiera d’arte. Ancora una

Sotto, tra le più apprezzate opere italiane in fiera, Spine d’acaciaContatto, aprile 2006, di Giuseppe Penone, presentata dalla Gagosian Gallery nella sezione Unlimited. Migliaia di spine danno forma, in uno schema vorticoso, a un paio di labbra, esprimendo un rapporto viscerale, quasi sensuale, con la natura.

«82mila visitatori, ben più dell’anno scorso, ma ancora meno del record di 93mila del 2019. Ottime le vendite, anche se - come al solito - sono le megagallerie a fatturare oltre il 60% del giro d’affari della fiera. Nel complesso, un’esperienza che merita di essere ripetuta ogni anno»

volta, si salvano i ‘classici’: è straordinaria la sala con le opere di Anselmo, così come il grande Penone e il Förg. Tra le installazioni interattive spicca quella di Raphael Soto e, tra le opere video, Doors (2022) di Christian Marclay. Ed eccoci a martedì mattina, dove tra i corridoi della Main Section abbiamo la soddisfazione di chiedere i prezzi di opere che crediamo sia possibile contemplare solo nei musei: Picasso, Mirò, Calder e Giacometti, sopra i 5 milioni di dollari, per non parlare di Manzoni o Bourgeois. Ma scendiamo ora dalla giostra dei sogni e proviamo a riflettere sullo stato di salute del mercato dell’arte, analizzandone i numeri: 82mila visitatori, un risultato ben superiore all’anno precedente, ma ancora inferiore al record di 93mila del 2019. Ottime le vendite, anche se - com’è ormai solito - sono le megagallerie a fatturare oltre il 60% del giro d’affari della fiera. Nel complesso, la visita si è rivelata sempre intrigante e formativa, sia per le proposte che per le persone che si ha occasione di incontrare: un’esperienza che merita, appunto, di essere ripetuta ogni anno”.

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, Repetto Art Gallery Imago Giuseppe Penone © 2023, ProLitteris, Zurich Presented by Gagosian / Courtesy of Art Basel

Salva-guardare la bellezza

Oltre 200 straordinarie fotografie, risultato di sette anni di viaggi che Sebastião Salgado ha intrapreso nella foresta amazzonica, riunite in una mostra itinerante di grande impatto, aprono gli occhi su un ecosistema unico, fondamentale da preservare nel suo potente, fragile splendore.

La bellezza salverà il mondo? O forse, a parti invertite, ci si dovrebbe oggi chiedere: il mondo salverà la bellezza? Il grido d’allarme lanciato dalla deforestazione e dalla perdita di biodiversità che sta depauperando l’Amazzonia, la più vasta foresta pluviale al mondo che, unitamente al suo eccezionale sistema fluviale, regola il clima dell’intero pianeta, sembra ormai porre nelle mani dell’uomo la capacità e la responsabilità di tutelare quel patrimonio naturale che l’impatto delle sue attività sta erodendo a una velocità incrementale. Sensibilizzare si può attraverso appelli, meeting, numeri, agende politiche o documentari - e sempre più spesso lo si fa anche ricorrendo a discutibili azioni di protesta - ma nulla forse quanto l’arte sa aprire gli occhi, letteralmente in questo caso, e smuovere gli animi. Ed è un bene che un progetto come la mostra itinerante Amazônia, ideato dall’immenso fotografo Sebastião Salgado e dalla sua compagna

di ‘missione’ e di vita Lélia, sfiori ormai 1,5 milioni di visitatori. Inaugurato nel 2021, dopo aver toccato il Maxxi di Roma, il Museo della Scienza di Londra, il Sesc di San Paolo all’inizio del 2022, Rio de

Janeiro, Avignone, Madrid, Los Angeles, il tour mondiale è ora compresente alla Maag Halle di Zurigo, fino al 24 settembre, e alla Fabbrica del Vapore di Milano, fino al 19 novembre.

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© Sebastião Salgado/Contrasto
arte /fotografia/mostre
© Sebastião Salgado

Alcune fra le oltre 200 splendide fotografie realizzate nel corso di sette anni da Sebastião Salgado nella foresta pluviale in territorio brasiliano per il progetto ideato insieme alla moglie Lélia, la mostra itinerante Amazônia, che attualmente fa tappa a Milano e Zurigo. A destra, Yara Ashaninka, Kampa do Rio Amônea, Stato di Acre, Brasile, 2016. In apertura, Serra do Maraui. Terra indigena Yanomami, Municipio de São Gabriel da Cachoeira, Stato di Amazonas, Brasile, 2018. Sotto, Anavilhanas, isole boscose del Río Negro. Stato di Amazonas, Brasile, 2009.

L’esposizione riunisce oltre duecento splendide fotografie realizzate da colui che ne è universalmente celebrato come uno dei più grandi interpreti e da sempre con i suoi lavori testimonia il suo amore per la natura, così come la compartecipazione alle condizioni socio-economiche che affliggono i più svantaggiati.

La scelta non poteva che cadere nuovamente sul bianco e nero di cui è maestro, capace con le sue sfumature quasi pittoriche e le sue esplosioni di luce di rendere in maniera incomparabile contrasti, profondità, stratificazioni, striature, sguardi e dettagli di questo ecosistema potente e fragile al contempo, le forze primarie che lo plasmano e le comunità indigene che ancora lo abitano. Un’area che opsita un decimo di tutte le specie animali e vegetali viventi e ha oggi una popolazione di soli 137mila abitanti rispetto ai 5 milioni che ne contava quando Cabral toccò per la prima volta, nel 1500, le coste brasiliane con i navigatori portoghesi.

“Ancora in gran parte sconosciuta, questa regione di meraviglie - nella cultura e nell’ingegno dei suoi abitanti, nel mistero, nella potenza e nell’impareggiabile bellezza - non smette di stupire. Grazie all’impenetrabilità della foresta, per interi secoli alcuni gruppi etnici sono riusciti a preservare il loro tradizionale stile di vita, le loro culture, costumi e lingue. Oggi, però, la loro esistenza è in grave pericolo, così come la sopravvivenza della foresta stessa, oggetto di continui attacchi, in particolare lungo i confini esterni. Ogni anno, decine di migliaia di aziende agricole si appropriano di nuovi terreni. Queste immagini vogliono pertanto essere una testimonianza di ciò che ancora

«Nate dal desiderio di dare al visitatore la possibilità di immedesimarsi e immergersi nella vegetazione rigogliosa e nella quotidianità delle popolazioni native della foresta amazzonica, queste immagini vogliono essere una testimonianza di ciò che ancora esiste, prima che possa scomparire. Spetta a ogni singolo essere umano prendere parte alla sua tutela»

Sebastião Salgado, fotografo

esiste e un appello ogni singolo essere umano del pianeta a prendere parte alla sua tutela prima che possa scomparire”, ha dichiarato Sebastião Salgado.

Il tutto presentato nello speciale allestimento curato da Lélia Wanick Salgado, che ha saputo creare una scenografia autenticamente immersiva, sulle note della musica commissionata a Jean-Michel Jarre, che fa rivivere i suoni della foresta pluviale e i canti degli indigeni, tutti provenienti dagli archivi sonori del Museo di Etnografia di Ginevra, conferendo una rara autenticità all’esperienza di visita.

Il valore documentale e al contempo artistico di questa iniziativa è unico e incomparabile: un lavoro durato sette anni, che ha visto Salgado intraprendere una nuova serie di viaggi nella parte della foresta amazzonica su suolo brasiliano - ben il

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© Sebastião Salgado

60% del suo totale, che si estende su altri otto paesi. Supportato dalla Fondazione Nazionale dei Popoli Indigeni che ha coordinato i suoi spostamenti con le varie comunità locali, ha effettuato soggiorni anche di quattro o cinque settimane presso dodici dei principali 188 gruppi etnici, accompagnato da antropologi, traduttori e vari specialisti della foresta, ogni volta sottoponendosi a esami medici approfonditi e periodi di quarantena per evitare di esporre gli indigeni a virus e batteri esterni. L’aeronautica brasiliana dal suo canto ha permesso di realizzare le vedute aeree, uno degli atout della mostra. Questo quanto alla logistica. Poi c’è l’occhio che si allinea con l’anima e lascia immagini di commovente potenza nella loro dimensione ecologica e umana, riu-

scendo a illustrare quello che dei semplici dati possono quantificare ma non rappresentare. Drammaticità e spettacolarità convivono in queste vedute, reali quanto ultraterrene.

Paesaggio e comunità indigene sono le due anime della mostra. Da una parte, le immense cascate e lo spettacolo delle nubi, l’imponenza delle montagne e l’esuberante rigoglio della vegetazione o le centinaia di isole di ogni forma immaginabile nella corrente del Rio Negro. Fra i fenomeni, particolarmente impressionante è quello dei cosiddetti ‘fiumi volanti’: la foresta amazzonica è l’unico luogo al mondo in cui l’umidità dell’aria non dipende dall’evaporazione degli oceani, ma ogni albero funziona come una sorta di aeratore che ogni giorno immette

Zurich Forest Project, per l’ambiente

Principale sponsor globale del progetto Amazônia è Zurich. Un sostegno che rientra nel più ampio progetto del Gruppo assicurativo per sensibilizzare sull’urgenza di azioni concrete per l’ambiente ed è l’estensione di una partnership consolidata con l’Instituto Terra, l’organizzazione no profit istituita nel 1998 da Lélia e Sebastião Salgado per salvaguardare l’altra foresta pluviale, la Mata Atlântica, che un tempo dominava la costa orientale del Brasile, prima di essere quasi totalmente distrutta da centinaia di anni di deforestazione e sfruttamento incontrollato. Da allora, sono stati piantati più di 2 milioni di alberi e l’ecosistema è stato parzialmente ripristinato, con il ritorno di oltre 250 specie di animali selvatici. Nel 2020, Zurich si è unita agli sforzi dell’Instituto Terra e con lo Zurich Forest Project, sull’arco di otto anni, contribuirà con un altro milione di alberi al rimboschimento mirato e sostenibile in Brasile e alla riconversione di terreni agricoli sterili in foreste autoctone ricche di vita vegetale e animale, piantando da 80 a 120 specie diverse di alberi su 700 ettari di terreno.

A sinistra, una fotografia di Salgado che unisce i due elementi chiave della mostra: popolazioni autoctone e paesaggio. Indigeni Marubo. Stato di Amazonas, Brasile, 1998.

nell’atmosfera centinaia di litri di vapore acqueo. Il giorno in cui le immagini satellitari non mostreranno più nubi e la giungla sarà perfettamente visibile dallo spazio, avranno finito di ‘scorrere’, con conseguenze catastrofiche per il pianeta.

Un’altra metà degli scatti è dedicata ai gruppi indigeni che Salgado ha immortalato in questi suoi viaggi: Awa-Guajá, Marubo, Korubo, Waurá, Kamayurá, Kuikuro, Suruwahá, Asháninka, Yawanawá, Yanomami, Macuxi and Zo’é. Mentre le foto dei paesaggi sono appese alle pareti o calano dal soffito, in questo caso sono state collocate in tre ocas, le tipiche abitazioni indigene, evocando i piccoli insediamenti umani nel cuore della giungla.

Parte integrante dell’esposizione sono anche due sale di proiezione: in una è mostrato il paesaggio boschivo, le cui immagini si susseguono accompagnate dal poema sinfonico Erosão del compositore brasiliano Heitor Villa-Lobos (18871959); nell’altra sono esposti ritratti di indigeni sulle note della partitura creata appositamente dal musicista brasiliano Rodolfo Stroeter.

Nelle tappe pressoché parallele in Svizzera e Italia, l’esperienza sensoriale della visita è completata dall’iniziativa “Amazônia Touch”, ventuno pannelli che permettono anche ai visitatori ipo- e nonvedenti di vivere l’esperienza della mostra attraverso una lettura tattile, grazie alla collaborazione con la Fondazione Visio.

Se una mostra fotografica è l’espressione visiva di un’idea, Amazônia centra l’obiettivo di Léila e Sabastiao di ricreare non solo un immaginario, ma anche un ambiente in cui il visitatore si sente avvolto dalla foresta, dalla sua vegetazione rigogliosa e dalla quotidianità delle popolazioni native, offrendo ai visitatori un’esperienza intima e profonda, quasi mistica nella sua capacità di trasportare in un altrove. Per quanto abituati ai più spettacolari effetti digitali, un mezzo ormai tradizionale come la fotografia è ancora incomparabile nelle mani di un suo grande maestro e baluardo.

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© Sebastião Salgado

GIO 28.09.2023

18:00 - 20:00

SUFFP LuganoMassagno

Partita

GIO 23.11.2023

18:00 - 20:00

Auditorium CPT

Lugano-Trevano

doppia La politica alla prova della sostenibilità
TICINO SC UOLA UNIVER SI TA RIA FEDERALE PER LA F ORMAZIONE PROFES SIONALE SUFFP

Corrispondenze sperimentali

Il viaggio in Oriente intrapreso nel 1960 dai coniugi Arp offre lo spunto per una mostra che rivela gli stimoli che diede all’arte di Jean, spingendolo a cimentarsi con nuove tecniche all’insegna dell’incessante gioco di metamorfosi che ne ha nutrito la creatività.

Per chi, come Jean Arp, è autore di un’opera multiforme per tecniche, modalità espressive e stimoli che la percorrono nella sua originalità, l’incontro con altre culture e tradizioni artistiche non poteva che essere motore di nuove sperimentazioni. Anche alla ragguardevole età di 73 anni, quando fresco di seconde nozze con Marguerite si recò in Oriente, la sua curiosità era pronta a recepire e sviluppare nuovi spunti, proseguendo nel gioco di metamorfosi creative che nutriva la sua mobilità intellettuale, con quella giocosa vocazione dada che nascondeva una ben più profonda visione della mutabilità di tutte le cose. L’occasione la offrì la possibilità di partecipare nell’aprile del 1960 al viaggio culturale intitolato “Pasqua in Terra Santa”, guidato dallo storico dell’arte basilese Robert Stoll, già direttore della Kunsthalle renana dal 1949 al 1955, dove tra l’altro aveva proprio promosso anche l’arte egizia. Il soggiorno prevedeva un programma fitto, dal Cairo e Giza, con visita al Museo Egizio, alle piramidi e alla Sfinge, passando poi per Menfi e Saqqara, prima di spostarsi a

Sopra, una veduta della mostra Arp. Viaggio in Oriente, alla Fondazione Marguerite Arp di Locarno-Solduno fino al 5 novembre. La foto che ritrae l’artista davanti alla Sfinge introduce a esempi di opere con riferimenti all’Egitto, come l’onirica scultura in bronzo Piccola sfinge del 1942 (a destra).

Gerusalemme in coincidenza con le celebrazioni della Pasqua, facendo successivamente tappa a Tiberiade, Haifa e Nazareth. I coniugi Arp decisero di trattenersi più a lungo, invitati dal vecchio amico e ‘commilitone’ dada Marcel Janco a visitare il villaggio artistico di Ein Hod, sulle pendici del monte Carmelo: una realtà unica nel suo genere e tuttora esistente, oggi con circa 500 abitanti, in grado di sostenersi con le loro attività artistiche e artigianali, come gli atelier di tessitura, stampa e per la lavorazione di ceramica e argento. Janco l’aveva fondato nel 1953, dopo essersi trasferito a inizio anni Qua-

ranta dalla sua Romania in Palestina in fuga dai nazisti ed esser divenuto uno dei promotori dell’arte moderna nello Stato di Israele grazie alla sua attività di insegnate a Tel Aviv e alla partecipazione al Gruppo Nuovi Orizzonti.

I due poli del viaggio in Oriente dei coniugi Arp - il fascino misterico dell’Egitto e le arti applicate nella comunità di Ein Hod - sono i due nuclei attorno a cui si sviluppa la mostra che accompagna la stagione 2023 della Fondazione Marguerite Arp a Locarno-Solduno. Si tratta di un capitolo ancora poco noto della vita di Jean, che si è voluto approfondire sotto la guida

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Fondazione Marguerite Arp, Locarno. / Foto: Roberto Pellegrini, Bellinzona
arte /mostre

della direttrice Simona Martinoli, attingendo alle ricche collezioni in archivio: dai materiali direttamente legati al viaggio, al carteggio fra Arp e Janco, alle opere nate proprio dall’esperienza in Oriente, svelando - e qui sta il fascino della mostra - le corrispondenze che intercorrono fra queste creazioni tardive e soggetti ripresi nella precedente produzione. Un dialogo che si esprime attraverso la selezione di opere e documenti allestiti nella grande sala cubica del moderno edificio che, accanto a quella che fu la residenza privata degli Arp, ospita oggi lo spazio espositivo e il deposito con oltre duemila lavori inventariati.

Da una parte emerge come echi e rimandi all’Egitto fossero presenti ab origine nell’immaginario dell’artista, che durante il viaggio in Oriente ebbe finalmente l’occasione di vedere quei luoghi fino ad allora entrati nel suo orizzonte culturale attraverso letture e illustrazioni. Dall’altra parte, invece, si constata come la visita degli atelier di Ein Hod spinse Jean a inaugurare un capitolo inedito del suo percorso, aprendosi alla produzione in ceramica e in argento. In particolare, insieme alla ceramista israeliana Aviva Margalit Mambush realizzò dei rilievi riprendendo dei disegni del 1929, illustrazioni per un volumetto di poesie dell’altro amico di epoca dada, Tristan Tzara. Così sono nati

Il profeta e la Venere di Ein Hod , due opere che poi i coniugi vollero appendere, a mo’ di lari domestici, proprio all’ingresso della loro dimora a

Locarno-Solduno, dove vissero insieme fino alla scomparsa nel 1966 di Jean, che però ancora oggi, grazie alla Fondazione voluta da Marguerite, ‘abita’ questi spazi.

Anche nel caso dei gioielli, l’artista pescò dal suo precedente repertorio di rilievi, opere tessili e su carta, lavorando in questo caso con l’orafo israeliano

Johanaan Peter. Un caso emblematico è quello di una collana che sarebbe diventata il monile preferito di Marguerite: le due sagome nere su sfondo grigio del

grande rilievo in legno dipinto I gemelli, del 1956, diventano il doppio ciondolo di una collana d’argento. Alla base, un processo di miniaturizzazione e trasposizione da un mezzo di espressione all’altro. Viceversa, dal micro al macro, negli ultimi anni alcuni di questi soggetti assumeranno invece la dimensione monumentale di sculture-installazioni, realizzate da Jean per essere integrate in architetture o da collocare in spazi pubblici.

Come detto, invece, i rimandi all’Egitto corrono à rebours: così sculture come L’Egiziana (1938) o la Piccola sfinge (1942), dove è soltanto il nome a svelare il retroterra mitologico e culturale, non sono che l’ulteriore conferma di come nel mondo onirico di Jean Arp fantasie e associazioni si rincorrano in un organico, incessante trasmutare di

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israeliano di Ein Hod: sopra, il rilievo in ceramica Venere di Ein Hod (1960) creato insieme ad Aviva Margalit Mambush. A sinistra, il monile I gemelli, realizzato con l’orafo Johanaan Peter, e l’omonimo rilievo dipinto del 1956.

segni e sogni.

Ad affiancare queste opere, mai o raramente presentate al pubblico, un’autentica chicca dagli archivi: l’album fotografico del viaggio in Oriente direttamente confezionato da Robert Stoll. Un documento molto particolare, di cui è esposto sotto teca l’originale, che può però essere gustato in ogni suo dettaglio grazie alla versione digitale su tablet, appositamente creata e disponibile in sala: chi visita la mostra può

così ripercorrere tutte le tappe del viaggio degli Arp attraverso fotografie dei luoghi visitati, degli amici incontrati, le loro dediche, i prospetti turistici raccolti con le loro grafiche colorate anni ’50. Appuntamento tutte le domeniche, dalle 14 alle 18 fino al 5 novembre, e durante il Locarno Film Festival (2-12 agosto) tutti i giorni dalle 14 alle 17. Il consiglio è di proseguire la visita imboccando i vialetti lastricati del giardino che circonda la Fondazione e la collega alla casa-atelier, dove fra gli alberi centenari e le tante splendide specie che fioriscono in ogni stagione, si rivelano le sculture che qui Jean Arp ha creato e ambientato nei suoi ultimi anni.

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costante reinvenzione di Jean Arp testimoniata da due creazioni nate dalla visita villaggio Fondazione Marguerite Arp, Locarno. / Foto: Roberto Pellegrini, Bellinzona Fondazione Marguerite Arp, Locarno. / Foto: Roberto Pellegrini, Bellinzona

Gstaad interprete della grande Musica

Oltre 60 concerti della più alta qualità, interpretati dai protagonisti della grande musica classica. Tra metà luglio e inizio settembre, Gstaad torna a ospitare il Festival che, da ormai 67 anni, accompagna le sue estati ‘in crescendo’. E che ha saputo non smarrire l’originaria vocazione del suo leggendario fondatore, Lord Menuhin: “Fare musica fra amici in un’atmosfera distesa”.

Un immenso talento di musicista, per il prodigio del violino che a soli tredici anni già incantava il pubblico nell’indimenticabile esecuzione dei concerti delle tre grandi ‘B’, Bach, Beethoven e Brahms il 12 aprile 1929 a Berlino (quarta ‘B’). Ma anche innate doti da imprenditore e l’apertura mentale dell’illuminato umanista. Tre vocazioni che lo Gstaad Menuhin Festival sintetizza appieno: l’eccellenza artistica per una manifestazione dalla perfetta organizzazione, che alla regione porta cinquemila pernottamenti e una fama internazionale, ma anche l’impegno nel sostegno ai giovani con l’Accademia, che della manifestazione è il fiore all’occhiello, e le tante iniziative parallele.

Nato nel 1916 a New York da immigrati ebrei russi, il cosmopolita Yehudi Menuhin trovò uno dei suoi pochi porti proprio nella località montana svizzera, che scoprì nel 1954. Lo scenario alpino, la confluenza fra cultura tedesca, romanda e italianità, in un ambiente internazionale grazie alla vocazione turistica e ai suoi

prestigiosi collegi, gli ispirarono il festival cui diede vita due anni più tardi. Da una prima ‘stagione’ di soli due concerti in agosto si è oggi passati a oltre 60 appuntamenti sull’arco di sette settimane: «Siamo diventati una piccola Pmi con poco meno di 10 posti di lavoro a tempo pieno e un fatturato di circa 7 milioni di franchi, che genera un valore aggiunto di oltre 10 milioni nella regione del Saanenland. Per gestire con successo la nostra azienda, dipendiamo da collaboratori altamente qualificati e da specialisti di vari settori come il marketing, lo sponsoring, l’organizzazione e il management. Soprattutto il nostro prodotto - i concerti di musica classica - deve essere di altissima qualità ed eccellenza», sottolinea Christoph Müller, direttore artistico dello Gstaad Menuhin Festival.

Dal suo arrivo nel 2002 - seguito a un periodo di transizione piuttosto complesso a fronte del vuoto lasciato dal fondatore ritiratosi nel 1996 e scomparso tre anni dopo - Christoph Müller ha vinto la sfida di riposizionare strategicamente l’e-

vento, ottenendo risultati eccezionali: frequenza dei visitatori più che raddoppiata, da 12mila nel 2001 a 25.800 nel 2019, così come il fatturato. «È stato un lungo viaggio, perché abbiamo dato tempo a ogni nuovo progetto di fiorire prima di lanciare un’altra idea. Una crescita organica: nel 2008 è nata la prima Accademia, nel 2010 la Gstaad Festival Orchestra, poi altri progetti dell’Accademia, le offerte per le orchestre amatoriali e il Digital Festival, e nel 2014 il fiore all’occhiello, la Conducting Academy. Dal punto di vista artistico, è stato fondamentale dare al Festival un profilo molto chiaro fin dall’inizio, con concerti di musica da camera, sinfonici e d’opera e la sezione “Musica d’oggi”. Ma la cosa più importante era creare un rapporto di fiducia con gli artisti e le orchestre e portarli a Gstaad con una certa regolarità. I primi impegni della London Symphony Orchestra nel 2004 o di Alfred Brendel come Artist in Residence nel 2006 sono stati momenti chiave in questo senso. Ed è stato importante costruire una sorta di famiglia del Festival

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arte / festival internazionali
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Gstaad Menuhin FestivalRaphaël Faux

a cui anche il pubblico potesse riferirsi», spiega il direttore artistico.

Puntare su lui, che nel 2002 aveva appena 30 anni, è stato lungimirante da parte del Consiglio di Fondazione, che ha deciso di confidare la direzione non più a un solista di fama mondiale, ma al giovane violinista e manager culturale basilese per sviluppare l’evento dal punto di vista artistico senza trascurarne le componenti economiche e regionali. «All’epoca ero un novellino e forse non mi rendevo conto del peso di questa responsabilità, ma le idee e l’entusiasmo erano così forti e predominanti che non mi sono lasciato assorbire immediatamente dai doveri. Dal punto di vista caratteriale, a 30 anni ero già un ‘esecutore’, che affronta e realizza rapidamente le idee. A volte mi è capitato di andare incontro a qualche problema, ma nel complesso me la sono cavata bene», sorride. D’altronde, per quanto giovane, a 25 anni aveva già un promettente curriculum: dirigeva la Kammerorchester Basel, che nei dieci anni sotto la sua guida da formazione locale è diventata una delle principali e più versatili orchestre da camera europee, e ha lanciato con successo il Circolo cameristico di Lucerna al Kkl Luzern.

La simbiosi con la regione è perfetta: la maggior parte del pubblico del Festival è nazionale, più della metà dalla Svizzera tedesca e poco meno dalla Svizzera francese - pochi (ancora) i ticinesi. Si lavora pertanto a stretto contatto con gli hotel del Saanenland e con l’organizzazione turistica Gstaad Saanenland Tourismus (Gst). «Tra tutti i grandi eventi della regione, siamo quello che genera il maggior numero di pernottamenti e quindi abbiamo un peso particolare nel programma

La Gstaad Festival Orchestra (in alto, a sinistra) si esibirà il 19 agosto nell’epica Seconda Sinfonia di Mahler, guidata dal suo direttore Jaap van Zweden (a destra, sopra), accompagnati fra i solisti di spicco dal soprano Pretty Yende (a destra, sotto). Imperdibile. Tre invece i concerti della nuova serie “Music for the Planet”, ideata dalla ”ambasciatrice del cambiamento”, la violinista Patricia Kopatchinskaja (a sinistra), che declina in chiave climatica il tema di questo triennio dello Gstaad Menuhin Festival, l’umiltà.

«Siamo diventati una piccola azienda con poco meno di 10 posti di lavoro a tempo pieno, che genera un fatturato di circa 7 milioni di franchi e un valore aggiunto di oltre 10 milioni nella regione. Per gestirla con successo, dipendiamo da collaboratori altamente qualificati e il nostro prodotto - i concerti di musica classica - deve essere di altissima qualità»

annuale della regione turistica. Si tratta di un reciproco dare e avere», osserva il direttore artistico. I contributi del settore pubblico, del Canton Berna e del Comune di Saanen sono molto importanti anche se rappresentano ‘solo’ il 9% del fatturato. Altra determinante fonte di entrate sono i contributi di privati, mecenati e fondazioni, ai quali si uniscono gli sponsor commerciali e i fornitori di beni e servizi, così come gli introiti dei biglietti.

I concerti di musica da camera nelle chiese del Saanenland sono il cuore del festival. «Qui creo cicli, focus tematici, residenze con artisti... i concerti nella chiesa di Saanen sono il marchio di fabbrica del Festival. Con i concerti sinfonici e l’opera raggiungiamo il grande pubblico e, in senso positivo, le ‘masse’. Sempre più spesso i concerti della nostra orchestra, la Gstaad Festival Orchestra, svolgono un ruolo importante, così come le orchestre ospiti

di altissima qualità. Con la serie “Todays Music”, dal 2003 proponiamo concerti a carattere interdisciplinare, tra cui una prima annuale», racconta il direttore artistico, che sottolinea anche come a permettere di mantenere uno spirito unitario fra tante iniziative e concerti sia «il desiderio di deliziare, entusiasmare e

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Christoph Müller, direttore artistico Gstaad Menuhin Festival © Adrian Moser ©PhotoJuliaWesely ©Photo ElenaCherkashyna © PhotoDarioAcosta

Altri quattro grandi appuntamenti: il 13 agosto, la pianista Alice Sara Ott (in alto a destra) farà dialogare i 24 Preludi di Chopin con brani pianistici contemporanei. Il 25 agosto Sonya Yoncheva (in alto, a sinistra) sarà tête d’affiche nella Tosca. Il giorno successivo, il violinista Gil Shaham (sopra) porterà in scena Brahms, altro ‘interprete’ dell’umiltà. Mentre a chiudere l’edizione il 2 settembre sarà un’altra pianista, Yuja Wang (sotto), impegnata nei due concerti di Ravel.

anche sfidare le persone attraverso la musica durante sette settimane. Vogliamo mediare, coinvolgere le future generazioni di musicisti e di pubblico, e sviluppare ulteriormente il festival nello spirito del nostro fondatore». In questa ottica va anche la scelta di un fil rouge attorno al quale, a cadenza triennale, si articola il programma. Da quest’anno fino al 2025 il fulcro sarà il concetto di ‘umiltà’, che Christoph Müller ha scelto con la sua consueta originalità e sensibilità alle sfide del presente. «In un certo senso, tutti i compositori sono in qualche modo umili quando compongono, perché sono ispirati dal tempo in cui vivono e cercano di esprimere qualcosa che li muove in mondi sonori e tonali. Ci concentriamo su opere in cui questo atteggiamento è particolarmente evidente, come la Sinfonia n. 2 di Gustav Mahler, il Concerto per pianoforte e orchestra per la mano sinistra di Ravel o l’oratorio “La creazione” di Haydn. Con il ciclo “Musica per il pianeta” di Patricia Kopatchinskaja affrontiamo invece il tema nel contesto del cambiamento climatico».

Per un festival che alle sue spalle ha 66 edizioni, è d’obbligo continuare a guardare al futuro. Yehudi Menuhin l’ha sempre fatto, colto dalla passione dell’insegnamento. Accanto all’intensa attività concertistica, le sue giornate erano sempre più scandite dalla scrittura, dalla formazione e dallo sviluppo dei suoi due festival (il secondo a a Bath dal 1959 al 1968). Nel 1963, ha fondato la sua Scuola Yehudi Menuhin a Londra, oggi sostenuta dallo Stato come centro di formazione per l’élite dei giovani strumentisti ad arco e, fra le tante onorificenze, ha presieduto anche il Consiglio Internazionale della Musica dell’Unesco dal 1969 al 1975. «Conside-

riamo la missione educativa come uno dei nostri compiti principali, prendendo anche spunto dal nostro fondatore che molto ha fatto per giovani, bambini e talenti in generale, sia con la sua scuola a Londra, sia con l’International Menuhin Music Academy o il progetto di formazione artistica “Mus-E”, oggi attivo in 12 Paesi, di cui beneficiano circa 70mila bambini. Con i nostri format “Discovery” e con la Gstaad Academy, che offre a giovani promesse lezioni pubbliche quotidiane di perfezionamento con grandi artisti, nonché con le orchestre amatoriali Gstaad Festival Youth Orchestra e Gstaad Festival Amateur Orchestra, stiamo riprendendo direttamente da dove avevamo lasciato, e lo stiamo facendo con grande successo. Ogni anno, attraverso questi canali, ci rivolgiamo a circa 250300 partecipanti», commenta Christoph Müller.

Si aggiungono inoltre le serie di concerti per giovani talenti, come le “Matinées of the Young Étoiles” o il programma promozionale “Menuhin’s Heritage Artists” che assicura a giovani talenti l’invito a esibirsi al festival per cinque anni. Il pubblico, molto eterogeneo, accanto ad amanti della musica, musicisti dilettanti e turisti , si compone quindi anche di bambini e famiglie.

Fra i tanti concerti, da non perdere quest’anno l’epica Seconda Sinfonia di Gustav Mahler che verrà eseguita il 19 agosto nella Tenda del Festival: una vera sfida per la Gstaad Festival Orchestra e il suo direttore Jaap van Zweden, accompagnati da solisti e coristi di prim’ordine, fra cui il soprano Pretty Yende. Un’opera che parla della costante tensione tra la vita e la morte, gli opposti oscuri e inseparabili di uno stesso essere. L’epitome dell’umile umanità che si inchina di fronte all’inspiegabile, al soprannaturale. Si attraversano tutti gli stati e le domande esistenziali, trasportati dal flusso di una scrittura sinfonica e corale assolutamente irresistibile. Come scrisse lo stesso Mahler nel 1895: “Tutto suona come se questa musica venisse da un altro mondo. Si è - e credo che a nessuno possa sfuggire - come gettati a terra con una mazza e poi proiettati in cielo su ali d’angelo”.

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Genuina estate alpina

Non solo destinazione tra le più amate da appassionati di sci e celebrità: con il suo mix fra lusso e discrezione, tradizione e apertura internazionale, Gstaad è protagonista anche della stagione estiva, insieme alle nove località del Saanenland. Fra natura, sport e un’accoglienza sempre di prima classe.

Se le estati di Gstaad si aprono e proseguono sulle note del Menuhin Festival, che da ormai 67 anni le accompagnano, durante i mesi più caldi questa località alpina gioiello ha tanto altro da offrire. Fosse solo per la sua natura, che nella bella stagione mette a disposizione una scelta di sentieri per escursioni e percorsi mountainbike per tutti i gusti e per tutte le gambe, e d’altra parte per l’accoglienza impeccabile di una grande tradizione alberghiera che si continua a rinnovare.

Il villaggio dell’Oberland bernese che a metà Ottocento contava ancora soltanto 150 abitanti, due locande e una pensione, è diventato una località per celebrità, proprio come St. Moritz o Saint-Tropez: hotel cinque stelle (il leggendario Gstaad Palace, insieme al Park Gstaad, Le Grand Bellevue, The Alpina Gstaad e l’Ultima Gstaad), ristoranti di alta gastronomia, boutique dei grandi brand nel centro del paese chiuso al traffico, chalet e appartamenti extra-lusso... Speciale ed esclusiva, Gstaad vince con la sua miscela di tradi-

zione, confort, stile e discrezione, all’insegna dell’autenticità alpina che è riuscita a preservare. Non sorprende che, in questo spirito, fra le proposte più apprezzate nel periodo estivo, ci sia la possibilità di farsi accompagnare in escursione da un cestino da picnic ‘top di gamma’, che si può ordinare direttamente dall’hotel o da un macellaio, da gustarsi di fronte a uno dei tanti splendidi panorami che la regione del Saanenland offre con gli altri nove

Fra valli, creste montuose e valichi, il Saanenland offre possibilità di scoperta illimitate ad appassionati di cross-country e di endurance, e-bikers ma anche principianti. Sopra, il caratteristico centro di Gstaad, con i tipici chalet e boutique di lusso.

villaggi che affiancano a Gstaad, situati a un’altitudine fra i 1000 e i 1400 metri. Un paesaggio paradisiaco. Fra gli oltre 300 km di sentieri e percorsi, ben segnalati e curati, molto praticata è la strada panoramica che da Saanenmöser porta a Gstaad costeggiando la base dell’Hornberg: un percorso di 7 km che permette di scoprire alcuni tipici villaggi di chalet della regione. Lungo la tratta si trova anche la seggiovia Schönried, che permette

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q turismo
© Gstaad Saanenland Tourismus
/ destinazioni da riscoprire
© Destination Gstaad / Yannick Romagnoli

di accedere a diverse escursioni intorno alla cima dell’Horneggli (1770 m), dove si trova anche un bel sentiero botanico. Da qui si può anche salire fino ai 2079 metri del Rinderberg che, popolare fra dagli sciatori in inverno, diventa una meta ideale per gli escursionisti in estate. Un’altra destinazione molto frequentata è il Lauenensee, caratteristico lago di montagna, al centro di un’area protetta. Sul posto si può noleggiare una barca a remi oppure ci si può direttamente tuffare nelle sue acque dal pontile per poi, ritemprati, di scendere al villaggio di Lauenen, con i suoi antichi chalet ben conservati e la chiesa del XVI secolo.

Ancora più estesa è la rete per le due ruote: dai principianti agli appassionati di

Chiamato ‘la perla del Saanenland’, tra suggestivi boschi, l’Arnensee invita gli escursionisti a una sosta picnic con possibilità di pescare o direttamente tuffarsi nelle sue acque, ma si noleggiano anche pedalò e barche.

mountain bike, oltre 500 km di percorsi Gps per mountain bike, bici da corsa ed elettriche. Peraltro, quest’anno si svolgerà proprio a Gstaad, il 23 e il 24 settembre, la finale della Cic On Swiss Bike Cup, evento di riferimento per i campioni di mountain bike, che compie 30 anni.

Proprio gli eventi sportivi sono uno degli atout dell’estate di Gstaad. A inizio luglio, protagonista è stato il volley con lo Swatch Beach Pro Gstaad, che vede scendere in campo le migliori squadre del mondo, fra scambi di palla velocissimi e salti spettacolari. Si è da poco concluso lo Swiss Open di tennis, che ha ritrovato la sua data in calendario a metà luglio. Intanto si scaldano i muscoli per la Glacier Run 3000 di inizio agosto: una corsa di 26,2 km che copre un dislivello di 2015 metri, richiamando centinaia di partecipanti. A renderla incomparabile è lo scenario estremamente vario: partenza nel centro di Gstaad, 15 km di corsa lungo le rive della Sarine, poi un’impegnativa salita di 10 km con 1.800 metri di dislivello attraverso la foresta di Reusch, il verde

alpeggio di Audon, poi dalla stazione di Cabane a 2525 metri un suolo quasi lunare prima di scoprire finalmente un mondo di ghiaccio a tremila metri.

L’estate sportiva di Gstaad si conclude, dal 17 al 20 agosto, all’insegna della tradizione, con la Hublot Polo Gold Cup, probabilmente il torneo di polo più originale al mondo, giocato su un campo atipico a 1100 metri di altitudine in una magnifica cornice, a sfidarsi i migliori giocatori del mondo. Al di là della competizione, l’atmosfera è decisamente conviviale, con eventi come la sfilata della squadra per le strade di Gstaad il venerdì. Per appassionati di sport, ma anche di arte e lusso: quest’anno, lo spazio Vip ospiterà anche una prestigiosa mostra curata dalla Galerie Adrienne Desbiolles-Syz di Zurigo, con sculture di Richard Orlinski e presentazione degli ultimi modelli di Aston Martin.

Gstaad non ha nemmeno smarrito la tradizione per cui già a inizio Novecento era considerata una stazione climatica e, anzi, ha di molto arricchito l’infrastruttura degli hotel benessere di alta classe. Pari soddisfazioni per gli appassionati dell’haute cuisine: 19 ristoranti di prestigio cumulano un totale di 278 punti GaultMillau. Per un tocco di sana rusticità è da assaporare l’esperienza della ‘fondue fai da te all’aperto’, organizzata con precisione svizzera: basta procurarsi uno zaino da fondue, il Fonduerucksack, presso uno dei caseifici locali aderenti, contenente tutti gli ingredienti e le attrezzature necessarie e raggiungere uno dei 5 caquelon giganti allestiti sulle colline sopra Gstaad. Per scoprire invece dove viene stagionato questo oro alpino, bisogna avventurarsi nel sottosuolo, tra due pareti rocciose dove il termometro segna 7°C. Nella grotta del formaggio di Gstaad più di 3.000 forme di Berner Hobelkäse Dop riposano nell’ex serbatoio d’acqua del comune, a 25 metri di profondità. Possibilità di prenotare anche un aperitivo. Per chi volesse l’alta quota, a 20 minuti di auto da Gstaad parte la funivia per raggiungere i tremila metri del Glacier 3000, sopra il Col du Pillon. In vetta attrazioni come l’Alpine Coaster, la pista per slittini su rotaia più alta del mondo, che raggiunge anche i 40 km/h, e il Peak Walk by Tissot, un ponte sospeso unico nel suo genere che collega le due vette del ghiacciaio Les Diablerets, il View Point e lo Scex Rouge. Gli escursioni-

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Destination Gstaad
Yannick Romagnoli

sti possono ammirare gli impressionanti scenari glaciali e montani sul sentiero del ghiacciaio verso la Chiglia del Diavolo, sul sentiero alpino verso il Sanetschsee e sull’Oldenhorn.

Ci sarà presto anche un po’ del miglior Ticino sul Glacier 3000: è stata infatti stata affidata a Mario Botta la ricostruzione del ristorante d’alta quota dopo il terribile incendio che ha distrutto il precedente lo scorso settembre. A partire dall’estate del 2024 i ristoranti offriranno un totale di 400 posti a sedere su due piani, inclusa una nuova terrazza panoramica, con l’aggiunta di seicento pannelli solari per coprire gran parte del consumo energetico del locale.

Se la stagione della grande musica classica del Menuhin Festival si chiuderà il 2 settembre con l’esibizione della virtuosa pianista cinese Yuja Wang, l’estate a Gstaad termina invece, l’8 e 9 settembre, sulle calde melodie della Country Night, evento che nella 34esima edizione si regala il ritorno di una delle una delle star più celebrate e premiate di Nashville, Miranda Lambert. Ad affiancarla, Randall King, per la prima volta in Svizzera con la sua musicalità honky tonk tradizionale, la leggenda cajun Jo-El Sonnier e Florian Fox, il ‘Johnny Cash svizzero’ dalla potente voce da basso-baritono.

Lo sport è grande protagonsita anche della stagione estiva di Gstaad: dallo Swiss Open di tennis, a metà luglio, all’Hublot Polo Gold Cup di inizio settembre, che qui trova uno degli scenari più originali e una consolidata tradizione. A metà strada, il 5 agosto, appuntamento con l’altrettanto mitica Glacier Run 3000, che sale da Gstaad in vetta, coprendo un dislivello di duemila metri. Per ritemprarsi, niente di meglio di una fondue all’aperto in uno dei 5 caquelon disponibili, muniti dell’indispensabile Fonduerucksack, preparato da uno dei caseifici locali.

Gstaad è anche una perfetta destinazione per i più piccoli. Grazie al programma Saani (dal nome della capretta mascotte del Saanenland), dal 17 luglio all’11 agosto e dal 2 settembre al 27 ottobre tutta la famiglia può divertirsi visitando un alpeggio, partecipando a una lezione di yoga per bambini al Palace, assistendo a una prova d’orchestra, preparando mocktail, ascoltando storie o

sui due percorsi di scoperta, il “Sentiero del suono” e il “Sentiero della montagna”. La partecipazione è gratuita per gli ospiti in possesso della Gstaad Card. Offerta a tutti coloro che soggiornano in un hotel di Gstaad (o per i proprietari di una residenza secondaria), la Gstaad Card include l’uso gratuito e illimitato dei trasporti pubblici e anche visite guidate a diverse destinazioni, oltre a un’ottantina di servizi e attività esclusivi o a prezzo ridotto che coprono l’intera destinazione Gstaad/Saanenland e la regione di LenkSimmental . Copre anche quella che è considerata la tratta fra Saanenmöser e Gstaad della linea GoldenPass: da non mancare, in particolare, un viaggio sui vagoni del treno versione Belle Époque. Un ambiente degno dell’Orient Express all’insegna del comfort, dell’eleganza e del romanticismo che contraddistinguono proprio una destinazione come Gstaad.

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Gstaad © Destination Gstaad
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Destination Gstaad Anzeiger von Saanen Sven Pieren
Open
/ Yannick Romagnoli

Uno stile secondo natura

Bizze della meteo a parte, il design per gli spazi esterni è protagonista di queste settimane. Definito da forme organiche, materiali ecosostenibili, tecniche innovative. La filosofia

‘outdoor’ di Jean-Marie Massaud, tra i più importanti designer francesi contemporanei.

Il mercato dell’arredo in Svizzera vale oltre 10 miliardi di franchi e prevede una crescita media del comparto del 5% annuo per i prossimi quattro anni. L’outdoor ha contribuito a questi risultati, forte di una sempre più diffusa cultura dell’arredo ricercato e griffato anche per terrazzi e giardini.

En plein air, gli spazi sono allestiti come un salotto interno. Mobili e complementi, abbinamenti e composizioni in nome dello stile, in grado di resistere alle intemperie e all’avvicendarsi delle mode, sviluppati con tecniche innovative e materiali all’avanguardia, nel segno della sostenibilità.

«Considero lo spazio outdoor come un paesaggio domestico immerso nella natura, rilassante e più informale dei living indoor. Mi interessa la durevolezza di oggetti timeless e sostenibili», ha esordito

Jean-Marie Massaud, designer francese oggi tra i più affermati. «Vivere all’aperto in connessione con la natura per me significa vivere in maniera autentica. Parto da questa premessa per disegnare collezioni connotate da naturalezza, morbidezza, un’apparente casualità. Arredi pronti ad accoglierci nei momenti di relax», ha raccontato Jean-Marie Massaud, incontrato in primavera nella suggestiva cornice milanese dei Chiostri di San Simpliciano. Qui, nei giorni del Salone del Mobile sono state presentate le collezioni con cui lo storico marchio Poliform ha esordito nell’outdoor.

Disegnata da Massaud per Poliform, «La collezione Ketch, si compone di isole ‘easy chic’ ispirate alla nautica. Con gli schienali di divani e poltrone tesi sulla struttura in massello di iroko, come vele tra gli alberi di una barca. Con cuscini

relax generosi e braccioli particolarmente larghi, per poterci appoggiare un bicchiere o un libro», prosegue il designer, «Lo stesso spirito anima i complementi, caratterizzati da un mix di materiali tra cui vetro, legno e tessuto».

A caratterizzare il lavoro di Jean-Marie Massaud, che si tratti di imponenti architetture o di oggetti di uso quotidiano, è la simbiosi tra l’individuo, le sue creazioni e l’ambiente naturale. Nelle due pagine, alcuni pezzi della collezione Ketch, di Jean-Marie Massaud per Poliform. Ispirata alla nautica, è una delle cinque collezioni con cui lo storico marchio di design ha esordito quest’anno nell’outdoor.

90 · TM Agosto 2023
società /design

«Sintesi, sottrazione, leggerezza, confort. Durabilità e sostenibilità. Ogni mio lavoro prende ispirazione da questo paradigma. Una costante ricerca dell’essenziale, in cui l’individuo è posto al centro»

Diplomatosi nel 1990 agli Ateliers de l’École Nationale Supérieure de Création

Industrielle di Parigi, Jean-Marie Massaud è alla ricerca di sintesi e leggerezza, fin dalle sue prime intuizioni. In tale ricerca dell’essenziale, l’individuo rimane comunque al centro dell’attenzione.

La collaborazione con il designer Marc Berthier e il lavoro di pianificazione urbana lo hanno avvicinato alla fusione tra architettura e design. E di quest’ultimo Massaud affronta nel tempo i diversi aspetti e scale: dai mobili ai prodotti industriali. Le sue opere hanno un forte riferimento a oggetti e forme naturali.

Rifiutando le tendenze e le mode, Jean-Marie preferisce mettere in discussione l’esistente, proiettandolo nel futuro, e proporre risposte alle sfide contemporanee. È questa simbiosi tra l’uomo, le sue creazioni e l’ambiente naturale che il designer cerca di realizzare,

come catalizzatore di innovazione, come modello economico e come stile di vita.

Con i suoi pezzi, Massaud ha la puntuale ambizione di migliorare gli spazi di esistenza delle persone che li utilizzano. Lunghissima la lista delle aziende, in diversi ambiti, con cui ha stretto collaborazioni, da Baccarat a Lancôme, da Yamaha offshore a Renault, B&B Italia, Air France e Dior, ben lungi dall’essere qui esaustivi.

In estrema sintesi, per Jean-Marie Massaud il design deve essere parte di un approccio allo sviluppo sostenibile che tenga conto dei vincoli ambientali e umani. Molti dei suoi progetti, realizzati o solo ipotizzati, sono improntati all’ecologia e connotati da grande originalità, se non arditezza, come il progetto di

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© pierremonetta

hotel volante Manned Cloud: un hotel mobile che, non avendo alcun contatto con il suolo, non avrebbe effetti sugli ecosistemi, lasciandoli intatti. Anche il Volcano Stadium è stato progettato per avere un basso impatto ecologico e per ricreare legami umani e sociali.

Questa attenzione per l’ambiente non si limita alla progettazione di vaste e costose strutture architettoniche, ma ritorna anche negli oggetti, fino a quelli più piccoli, come la gamma di rubinetteria Axor, che dimezza il consumo di acqua. Le sue creazioni sono insomma concepite per essere in armonia con l’ambiente e con le persone, in modo responsabile e sostenibile. «Propongo progetti per la vita», afferma Massaud.

Sopra, e nel disegno qui accanto, collezione Milos realizzata per Vondom da Jean-Marie Massaud. Il designer francese ha siglato anche, questa volta per Mdf Italia, il tavolo Rock Table Maxi (nelle due immagini in basso).

Che si tratti di divani, showroom, hotel o flaconi di profumo. Il suo lavoro ha ottenuto numerosi riconoscimenti, tra cui Designer of the Year di Elle Déco e Best Eco Design, e molti dei prodotti da lui disegnati fanno oggi parte delle collezioni di design di alcuni dei più grandi musei del mondo: dalla collezione permanente del Musée National d’Art Moderne di Parigi alle collezioni permanenti del Museum für Gestaltung di Zurigo, del Chicago Athenaeum-Museum of Architecture and Design, dello Stedelijk Museum di Amsterdam e del Musée des Arts décoratifs di Parigi.

92 · TM Agosto 2023
Simona Manzione © Thomas Pagani © LorenzoCappelliniBaio

FILIPPO BOLDINI

nelle collezioni pubbliche luganesi con bozzetti inediti da una collezione privata

1900 -1989

2 aprile – 3 settembre 2023

2 aprile – 3 settembre 2023

Filippo Boldini, Fiori, 1957, Comune di Paradiso, in deposi presso Museo Villa dei Ced i, Bellinzon
In collaborazione con:

La visione di un’annata

È sulla cresta dell’onda. Per aperitivi in riva al mare o cene al chiaro di luna, anche in estate

lo champagne è ambasciatore di benessere. Con oltre trenta milioni di bottiglie all’anno, Moët & Chandon è il marchio più venduto al mondo. Il 2023 è l’anno del Grand Vintage 2015, che conferma allo chef de cave Benoît Gouez la bontà delle sue scelte originali.

Sulla più estesa coltivazione vinicola della Champagne, dei 1150 ettari di ricco terreno calcareo appartenenti a Moët & Chandon, la metà ospita Grand Cru e un quarto è dedicato al Premier Cru. Mentre nei quasi trenta chilometri di cantine di vinificazione e stoccaggio della storica Maison di champagne francese, con la regia dello chef de cave Benoît Gouez, sapere antico e le più moderne tecnologie confluiscono in bottiglie destinate a essere esportate in tutto il mondo. Tra i dieci maggiori ‘clienti’ c’è anche la Svizzera che, nel 2022, ha importato 6,3 milioni di bottiglie di champagne dalla

vicina Francia. Qui dedizione in vigna e savoir faire in cantina, esperienza e particolari condizioni atmosferiche nell’omonima regione generano champagne dalla grande personalità. Il lancio di un nuovo millesimo da parte delle

A sinistra, Jean-Michel Bardet, il nuovo Executive Chef della Maison di champagne, fondata nel 1743 a Épernay. In stretta collaborazione con lo chef de cave ‘costruisce’ le ricette intorno al vino, esprimendo con le pietanze la storia e le peculiarità dell’annata.

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società/enogastronomia

Grandes Marques è puntualmente un evento. Quest’anno è toccato al millesimato Grand Vintage 2015 realizzato da Moët & Chandon che, sia nella versione ‘en blanc’ sia in quella ‘en rose’, onora le promesse di un’annata generosa. A differenza della maggior parte degli champagne, i Grand Vintage di Moët & Chandon sono prodotti con le uve di un’unica annata d’eccezione. Per il ‘bianco’, il settantaseiesimo della Maison, e per il ‘rosé’, il suo quarantacinquesimo, la formula è quella di Benoît Gouez, chef de cave della Maison. «Grand Vintage è l’occasione per scoprire la particolarità della vendemmia di uno specifico anno, di cui il Grand Vintage non è la fedele rappresentazione,

quanto piuttosto la mia visione di ciò che ha significato quell’annata. Come tale, è unico». Quanto sia ‘giusta’ quella visione e quale ne sia il risultato effettivo si può scoprire solo alla fine del lungo percorso. Sette anni, per la precisione. «Per spiegare il mio lavoro, uso una metafora. Come un fotografo ‘inquadro’ i vini destinati allo scatto, ossia all’assemblaggio finale di un Grand Vintage Moët & Chandon. Inizialmente è come avere a che fare con i negativi delle foto. Intravedi ma, ancora, non vedi chiaramente. Solo quando la foto sarà stata sviluppata, si vedrà il risultato», spiega Gouez, che aggiunge: «La storia dell’anno 2015 è quella di una luminosità viva e di un calore estivo. È stato, a ben guardare, un anno di presa di coscienza per quanto concerne il riscaldamento climatico e il suo impatto sulla regione della Champagne. Grand Vintage 2015 è uno Champagne di contemplazione. Rappresenta l’inizio di un nuovo giorno, promesse e sorprese contenute in una bottiglia. Come il sole del mattino. Un millesimato composto da Pinot Noir (44%) assemblato con Chardonnay (32%) e Meunier (24%)», nota lo chef de cave, precisando: «Bisogna risalire al 2009 (50%) e al 1996 (50%) per ritrovarlo in percentuali simili». Una scelta che in bocca si traduce in una dimensione fruttata molto presente, con una texture avvolgente e carezzevole. «Luminoso, dal palato potente e il bouquet speziato, invece, è il Grand Vintage Rosé 2015», sintetizza Gouez. Anche in questo

caso, a capitanare l’assemblaggio è il Pinot Noir, che ne costituisce il 52%, di cui il 14% in rosso. «Come per la vinificazione in bianco, serve ritornare al 2009 (59%) e al 1996 (55%) per trovarne una percentuale così alta. E anche per il rosé, con il Pinot Noir sono assemblati altri due vitigni simbolo, Chardonnay (per il 27%) e Meunier (per il 21%). Nel calice si ritrova un vino vibrante e sfaccettato, con un finale rifrescato da ricordi di macchia mediterranea».

Rispetto al passato, i cambiamenti climatici in corso sono un tema fondamentale e pressante. Da Benoît Gouez una risposta inaspettata, e rassicurante: «L’aumento delle temperature è una realtà che si impone e sta a noi adattarci. Al momento, nella regione della Champagne ci sta portando dei vantaggi, perché non si presentano più problemi di uve che non giungono a maturazione in maniera soddisfacente. Nel nostro adattarci, guadagniamo anche in termini di precisione nella definizione dei vini. E nonostante tassi di acidità ridotti, gli champagne che produciamo continuano a mantenere una tensione, una ricchezza e un finale molto prolungato, oltre che un potenziale di conservazione importante». Insomma, per il futuro del settore, la visione continua a essere ottimistica, come l’inizio di una bella giornata di sole.

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Simona Manzione Sopra, Benoît Gouez, Chef de Cave Moët & Chandon. A sinistra, la Galerie Imperiale e, in basso, i vigneti Moët & Chandon: la più estesa coltivazione della regione.

Potenza in purezza

Il trend delle motorizzazioni elettrificate continua, ma ci sono anche vere bombe sportive, come la nuova Audi S8 con l’ultima generazione di moderno ed efficiente V8 mild hybrid da ben 571 cavalli oppure la nuova Volvo V60 T8 ibrida plug-in da 455 cavalli, entrambe a trazione integrale per offrire un’ottima tenuta di strada e tanto divertimento alla guida.

Audi S8 TFSI Quattro Tiptronic

L’Audi A8 è un vero salotto e noi abbiamo provato la versione top di gamma, ossia S8 con potente motore V8 da ben 571 cavalli che hanno gioco facile con questa ammiraglia lunga 5,20 metri. Come se non bastasse, la nostra testcar aveva opzioni per oltre 40mila franchi con 4 sedili singoli ventilati e massaggianti davanti e dietro, riscaldamento ausiliario, assistente visibilità notturna a infrarossi, impianto Audio Bang & Olufsen Advanced Sound, cerchi speciali e molto altro ancora. Da sentirsi a bordo della mitica vettura di servizio del Transporter della nota serie televisiva. Infatti questa S8 ti catapulta in avanti con una coppia massima di 800 Nm a trazione integrale permanente ed è pure ibrida!!!

Nella gamma Audi, la A8 gioca il ruolo di punta di diamante dal 1994, quando venne presentata come erede della V8. Quasi 30 anni di carriera con quattro generazioni e recentemente rinnovata con un restyling e aggiornamenti nei

punti giusti, con calandra single-frame più larga con nuove cromature, prese d’aria laterali ridisegnate e proiettori di nuovo design. Per una volta era quasi peccato stare al volante visto i due sedili singoli posteriori massaggianti con 18 cuscinetti pneumatici con console centrale con minifrigo incluso, poggiatesta regolabili elettricamente, tavolini pieghevoli e due schermi da 10 pollici ancorati sui sedili anteriori per controllare alcune funzioni del sistema di infotainment con un telecomando touch grosso come un tablet. L’impianto audio offre suono 3D a 1.920 Watt e 23 altoparlanti con tweeter a scomparsa sulla plancia.

Nonostante i circa 40 sistemi di assistenza alla guida, l’ammiraglia Audi ha però ancora bisogno di un autista in carne e ossa. Inutile dire che offre potenza in abbondanza a qualsiasi regime e una tenuta impeccabile grazie al sistema Quattro, ma quello che più ci ha stupiti era che avvicinandosi alla vettura con la chiave in tasca, non solo si apriva ma si

alzava di una decina di centimetri, come se si mettesse sull’attenti, per facilitare l’ingresso, abbassandosi di nuovo non appena avviato il motore, e viceversa quando si scende. Insomma, la classe non è acqua. A partire da 168.200.- Chf, mentre la nostra Testcar full optional arrivava a 215mila Chf.

Volvo V60 T8 Twin Engine AWD

Volvo è nota per le sue auto sicure e spaziose e non meraviglia che il brand nordico sia riuscito a imporsi nel segmento premium. Molto importante per la Casa svedese però anche la potenza motori e relativa sostenibilità, infatti ha limitato a 180 km/h la velocità massima di tutta la gamma e ormai la denominazione ‘Re-

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società /auto
Audi S8 TFSI Quattro Tiptronic

charge’ si trova in tutti i segmenti.

Sulla V60 T8 Twin Engine Awd, oggetto del nostro testdrive, sostenibilità e sportività vanno d’accordo, con il motore più potente mai prodotto da Volvo. Sviluppa ben 455 cavalli distribuiti sulle quattro ruote motrici e offre fino a 91 km di autonomia puramente elettrica. E non è potenza teorica, 310 Cv arrivano dal motore 2.0 turbobenzina, 145 Cv dall’elettrico, montato tra le ruote posteriori, che attivandosi trasforma la V60 in una Awd con la trazione termica che spinge sulle ruote anteriori e quella elettrica sulle posteriori. Oltre alla tecnologia, dalla V 90 riprende lo stile dell’interno, con l’interfaccia Sense con grande display verticale a centro plancia, eleganti e sobrie finiture in puro stile scandinavo e i sedili superconfortevoli. La versione T8

Twin Engine è la più potente delle V60 ibride. A scelta si può conservare la carica della batteria, magari per entrare in centro città, in funzione Hold e attivando la modalità Pure per viaggiare solo in elettrico, oppure ricaricare la batteria in modalità Charge che aumenta i consumi di circa 2,5 l/100 km. L’accelerazione è ottima sin dai bassi regimi e rende la guida piacevole e veloce, ma non è accompagnata

da un rombo adeguato alla sigla T8 e al doppio scarico posteriore. Passando dalla modalità Hybrid, attiva per default all’accensione, alla modalità Sport, il cambio diventa più reattivo e con un regime più alto per tenere in pressione il compressore. Ottima la capacità del bagagliaio fino a 1431 litri. A partire da 80.650.-Chf in versione Plus Bright Dark.

Toyota GR 86

Tante le novità per la Toyota GR 86, Coupé 2+2 del Sol Levante, dall’estetica al motore che offre ben 234 cavalli. L’ottima coppia ai bassi migliora lo spunto e gli aggiornamenti del telaio la rendono ancor più dinamica, efficace e comunicativa, aumentando parecchio il piacere di guidarla. Termine che riassume perfettamente la filosofia con cui è stata sviluppata la nuova Toyota GR86, ultima nata della famiglia delle sportive del marchio nipponico. Proporzionata, equilibrata e

appariscente quanto basta, riprende il design della passata GT86. Il boxer quattro cilindri aspirato sotto il cofano aumenta da 2mila a 2,4 con un bel salto di potenza, da 200 a 234 Cavalli. Ma i numeri più importanti riguardano la coppia che con 250 Nm è aumentata di 50 Nm. L’erogazione ai bassi è migliorata tantissimo e, soprattutto su strada e in uscita dalle curve più strette, si può sfruttare una spinta molto più vigorosa ed esaltante. L’urlo del boxer colpisce dritto il cuore di chi guida e grazie all’Active Sound Control il pilota può godersi la melodia del quattro cilindri contrapposti senza disturbare l’ambiente circostante. Un’auto concreta, semplice, ma ben studiata e non troppo impegnativa sia dal punto di vista prestazionale che da quello economico, sviluppata per essere la sportiva per tutti. A partire da 38.900.Chf inclusa garanzia a 10 anni.

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Toyota GR 86 Volvo V60 T8 Twin Engine AWD

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