Maria Antonietta Potsios - mapotsios@eidosmedia.ch
Eleonora Valli · evalli@eidosmedia.ch
Hanno collaborato a questo numero Ettore Accenti, Florian Anderhub, Achille Barni, Alessandro Beggio, Ignazio Bonoli, Giuseppe Bonollo, Michele Foletti, Simona Gianini, Goran Juric, Sascha Kever, Tobias Lotti, David Mülchi, Michael van Orsouw, Frank Pagano, Stelio Pesciallo, Rocco Rigozzi, Andrea Ziswiler Progetto e coordinamento grafico Veronica Farruggio grafica@eidosmedia.ch
Logistica e amministrazione amministrazione@eidosmedia.ch
Chiusura redazionale: 28 novembre 2024
Palla al centro
Montblanc
Penna stilografica
GREAT CHARACTERS
è ormai pensiero ampiamente diffuso considerare la finanza come un’arcigna nemica, che vive di equilibri tutti suoi, fuori dal mondo dei comuni mortali, disinteressata dei problemi del tessuto produttivo, e in generale delle società sviluppate e non, a prescindere da popoli e Paesi. Come in tutte le cose, per quanto possa esservi del vero, la verità sta nel mezzo.
L’industria del calcio europeo non fa eccezione. Per tanti anni ci si è abituati all’idea del ‘patròn’, disposto a destinare quote crescenti del suo patrimonio al fine di raggiungere qualche effimero traguardo sportivo, in ossequio a un’irrazionale fede calcistica, gettando tutte le premesse per un piccolo cosmo destinato a non avere futuro, segnato da precipitosi e confusi passaggi di testimone, sull’orlo del baratro e con i creditori al campanello.
Negli ultimi anni qualcosa è cambiato, sta nascendo l’idea che calcio e finanza possano iniziare a ‘fare squadra’, aprendo una nuova stagione, e tracciando una rotta all’insegna di risultati sportivi sì, ma duraturi e finanziariamente sostenibili, nell’interesse della collettività, dunque azionisti, tifosi, atleti, e anche investitori, aquiliferi di una nuova era. Disposti a investire capitali ingenti, indispensabili a sviluppare appieno il potenziale dell’industria, ma anche a instillare una nuova cultura. La scommessa è che cultura finanziaria e fede calcistica possano infine sedersi in tribuna, e non più lottare nell’arena.
L’edizione è però come solitamente avviene molto più ampia; alle prospettive del nuovo anno che arriva, ricco di colpi di scena e dunque anche di opportunità, si accompagnano i piaceri di un’altrettanto magica stagione, quella del Natale.
HOMAGE TO THE GREAT GATSBY
Edizione limitata 8
La tradizione che si rinnova. Caro lettore, nel solco dell’inzio di questo delicato e rispettoso cambiamento prosegue il percorso che nell’arco di pochi mesi, e quattro edizioni porterà a un piccolo e grande rinnovamento di cui comunque se ne percepiva la necessità per guardare rinnovati a un futuro, già presente. Ogni quarto di secolo è tempo di prendersi un po’ cura anche di se stessi, con una piccola manutenzione.
Federico Introzzi
La finanza nel Calcio
Sfugge spesso al tifoso, ma anche l’industria del calcio dovrebbe scendere più spesso a compromessi per salvaguardare l’equilibrio finanziario dei club, per poter continuare a vincere nel lungo periodo. Così spesso non avviene.
Opinioni
12 Ettore Accenti. Cop 29, l’ennesima conferma di una politica incapace di affrontare il problema alla radice.
14 Simone Gianini (in foto). Il formalismo legislativo chiamato a spingersi agli estremi per evitare gli effetti indesiderati spesso riscontrati nell’applicazione delle norme.
16 Sascha Kever. La magia del compounding: trasformare il tempo nell’alleato più prezioso.
18 Stelio Pesciallo. Gli enormi costi della compliance producono più effetti collaterali che i benefici sperati.
20 Ignazio Bonoli. Casa dolce casa? I prezzi sempre più alti dell’immobiliare svizzero scoraggiano la proprietà.
22 Norman Villamin. Un 2025 che si preannuncia di trasformazioni per l’economia globale invita alla prudenza.
Economia
36 Testimonianza. Sovvenzioni versus esenzioni fiscali per la cultura.
46 Caffè/Aziende. Un universo di gusto e sostenibilità in capsule.
48 Caffè/Industria Dal chicco alla tazzina, l’high-tech svizzero a servizio della perfetta degustazione.
52 Aziende. Il gestionale personalizzato è il miglior ’socio in affari.
Da sinistra, Stefano Cocirio, Cfo di Ac Milan, Stefano Traverso, Responsabile sostenibilità finanziaria e ricerca della Uefa, Patrick Emborg, Analista di Decalia, Claudio Morelli, Presidente dell’Accademia del Servette Fc Gèneve 1890.
L’Outlook
83 Sfama. I fondi svizzeri del terzo trimestre dell’anno.
84 Pictet. Trump ha vinto, che fare rispetto a un Vecchio Continente in affanno?
88 Vontobel. Il passaggio di testimone a Washington quali sfide porrà?
90 Bg Valeur. Il secondo semestre è stato segnato da importanti evoluzioni politiche, le cui conseguenze sono ancora da valutare.
92 Pkb. Come performeranno i Private Market nel 2025? A prescindere da questo, la prudenza è consigliata.
93 Copernicus (Thomas Wille, in foto). Un quadro complesso, un contesto d’investimento molto fluido, strategie flessibili e adattabili. Le ricette per un 2025 sereno.
94 Lemanik Quello che sta scontando il mercato è forse uno scenario eccessivamente rasserenante.
Eureka
54 Innovazione. Il benedettino autore di invenzioni rivoluzionarie, fra cui un precursore del fax.
56 Crypto. Un cambio di paradigma per Lugano, che ridefinisce il suo volto tecnologico e finanziario.
58 Digitale. Potente senz’anima: l’Ai senza tocco umano non sa creare l’emozione vitale nel branding.
59 Digitale. Dati e tecnologie possono far germogliare un futuro verde e produttivo per il settore energetico, sostenibile in tutti i sensi.
60 Universitari. L’export svizzero chiamato a prepararsi con la sfida della Carbon tax europea.
61 Innovazione. Il comparto europeo si attrezza per lanciarsi nella rincorsa allo spazio dominato dagli exploit delle aziende statunitensi.
Ingegneria ambientale p. 38
Migliorare la qualità della vita e dell’ambiente con soluzioni globali e competenze multidisciplinari, in risposta alle sfide della sostenibilità e della transizione energetica. A lato, Agostino Clericetti, Ceo di Csd Ingegneri.
La
Piazza si rilegge
Outlook 2025
Quello che va delineandosi è un anno complesso, ma ricco di opportunità, a patto di prestare la dovuta attenzione a bruschi cambi di rotta e possibili turbolenze. A lato, Matteo Ramenghi, Cio di Ubs Wealth Management Italia.
Finanza
Dal chicco alla tazzina p. 42
Nel volgere di un ventennio la Svizzera si è trasformata in hub internazionale del caffè, forte della triade trading - torrefattori - macchine automatiche professionali. A lato, Karine Szegedi, Managing Partner, Consumer Industry Lead di Deloitte.
p. 69
Lugano è sempre stato un Hub finanziario sui generis, ricco di tradizione, ma timido in iniziative e nuove idee. Su cosa dovrebbe puntare nel prossimo futuro?
A lato, Fabio Poma, Vice Presidente Associazione Svizzera dei Gestori.
p. 86
62 Analisi. Fare impresa, non poche sfide per molte opportunità.
64 Investimenti . Le innovative small cap scandinave, da scoprire.
66 Prodotti Gli strutturati si rivelano gli strumenti finanziari più adattabili, a dispetto della loro reputazione.
68 Prodotti. Il L-Qif, nuovo fondo riservato agli investitori qualificati.
Nuove icone del tempo p. 100
Creare Emozioni
Scambiarsi un dono è un evento che travalica la tradizione e il gesto Qualifica la relazione. Un tributo di merito e di valore. Un lusso irrinunciabile, per chi riceve il dono e per chi lo offre. Un oggetto, un simbolo, un’esperienza, ...
Cultura&Lifestyle
98 Orologi. Con un nuovo grande classico Patek Philippe compie la sua quadratura del cerchio.
102 Orologi. Una nuova era per Gerald Charles, che rivisita l’eredità di Genta all’insegna del lusso smart.
104 Arte. Creata per gli artisti e dagli artisti, la Fondation Maeght continua a risplendere della sua luce unica.
Un orologio che riporta il tempo nelle sue architetture. Un progetto dell’archistar Santiago Calatrava, che si misura per la prima volta con una diversa scala progettuale. A lato, Raphael Gübelin, Presidente dell’omonima azienda di famiglia.
p. 73
108 Mostre . La sintesi iconica che eleva la pubblicità ad arte.
110 Comunicazione. Le regole di una narrazione Esg coinvolgente.
Rubriche
10 Appuntamenti
112 Motori
Cover story
L’industria del calcio è sempre più grande, ma quali sono gli equilibri che la alimentano?
Eureka
La sezione dedicata all’innovazione, alla tecnologia e al Venture Capital.
Cultura
I protagonisti del grande mondo dell’arte, della cultura e del lifestyle.
PARMIGIANI FLEURIER
Armoriale Répétition Mystérieuse
Opinionisti
Le voci degli esperti che accompagnano i lettori con costanza.
Finanza
Riflettori accesi su indipendenti, banche e asset management.
Eventi
La sezione web-only dedicata a pre e post eventi.
Un nuova edizione nella collezione 'Objets d’Art’ di Parmigiani Fleurier. Il segnatempo è in edizione ultra-limitata Cassa in oro bianco 42 mm e smalto. Il grand feu in smalto traslucido verde pastello presenta un motivo finemente guilloché, ulteriormente esaltato da delicate incisioni di una pigna, simbolo di ispirazione per Michel Parmigiani e metafora dell’infinito.
Economia
Tutti gli articoli dedicati all’analisi di temi economici dalle aziende alla consulenza.
Osservatorio
La rubrica di approfondimento finanziario si amplia.
Speciali
La sezione dedicata a tutti gli Speciali degli ultimi mesi.
La perfetta guida dell’internauta. Un vivace dialogo è iniziato, da un lato Ticino Management cartaceo dall’altro suo fratello minore digitale, l’obiettivo? Che siano sempre più connessi. Tra l’uscita di un’edizione e la successiva tutti gli articoli del cartaceo saranno pubblicati a cadenza regolare, insieme a contenuti studiati appositamente per essere nativamente digitali.
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di Mirta Francesconi
Londra Michelangelo, Leonardo, Raffaello: Firenze, 1504 circa A inizio Cinquecento, i tre titani del Rinascimento italiano - Michelangelo, Leonardo e Raffaello - si incrociarono brevemente, contendendosi l’attenzione dei più potenti mecenati della Firenze repubblicana. La mostra della Royal Academy of Arts ne esplora i legami presentando oltre 40 opere, a partire dal Tondo Taddei di Michelangelo, unica sua scultura in marmo nel Regno Unito, destinato a lasciare un impatto indelebile su Raffaello, come si può vedere nella Madonna di Bridgewater e nella Madonna Esterházy, entrambe esposte. La galleria centrale è dedicata al Cartone di Burlington House di Leonardo e culmina con il suo mitico incontro con Michelangelo, durante gli affreschi per la nuova sala del consiglio di Palazzo
Vecchio. Né l’uno avrebbe terminato la Battaglia di Anghiari, né l’altro la Battaglia di Cascina, ma ne sono qui riuniti gli splendidi disegni preparatori provenienti da varie collezioni europee, tra cui un importante gruppo dalla Royal Collection, e celebri copie, offrendo un’affascinante visione dell’approccio di entrambi gli artisti nello sviluppo delle loro composizioni. Royal Academy of Arts Fino al 16 febbraio 2025
Cornelis N. Gijsbrechts, Trompe-l’oeil,
Parigi
Trompe-l’oeil, dal 1520 a oggi Sembra che il termine trompe-l’oeil sia stato usato per la prima volta dal pittore Louis Léopold Boilly, come didascalia a un’opera esposta al Salon del 1800. Trentacinque anni dopo, fu adottato dall’Académie française. Tuttavia le sue origini possono essere fatte risalire a un racconto molto più antico di Plinio il Vecchio (2379 d.C. circa), che nella sua Storia naturale racconta come il pittore Zeuxis (464-398 a.C.), in competizione con il pittore Parrhasios (tra il 460 a.C. e il 455 a.C.), sia stato in grado di utilizzare il trompe-l’oeil per creare un’opera d’arte. Nel corso dei secoli, è stato impiegato in una varietà di media ed è diventato plurale. A seconda del periodo, variano codici, regole o riferimenti. Ma sempre si gioca con lo sguardo dell’osservatore, ammiccando alle trappole tese dalle nostre percezioni. Se alcuni temi del trompe-l’oeil sono ben noti - come le vanitas, i trofei di caccia, i portalettere e le grisailles - questa mostra del Musée Marmottan Monnet, con oltre 80 opere significative dal XVI al XXI secolo provenienti da collezioni private e pubbliche in Europa e negli Stati Uniti, ne esplora altri aspetti, come le applicazioni decorative (mobili, terrecotte, ecc.) e il significato politico, dal periodo rivoluzionario fino alle versioni moderne e contemporanee.
Musée Marmottan Monet
Fino al 2 marzo 2025
1665, olio su tela, 59 x 56 cm, Parigi, Musée Marmottan Monet.
Bastiano da Sangallo, copia da Michelangelo, La battaglia di Cascina, (I bagnanti), 1542 circa, olio su tela, 78,8 x 132,3 cm, Holkham Hall, Norfolk, Collection of the Earl of Leicester.
Il Mosé del Guercino, 1618-19, olio su tela, 72 x 63 cm, da poco riapparso e acquistato dalla Rothschild Foundation per 2 milioni di euro circa.
Roma
Guercino. L’era Ludovisi a Roma Con 122 opere, provenienti da 68 tra musei e collezioni nazionali e internazionali, la mostra delle Scuderie del Quirinale offre uno straordinario affondo nella stagione aurorale del Barocco e sulla scena culturale e politica romana degli anni Venti del Seicento, segnata dalla dinastia bolognese dei Ludovisi, con il giovane Guercino al centro di un agone che vide competere, in una gara tra giganti, i grandi bolognesi (Guido Reni, Domenichino, Albani, Lanfranco) e gli altri protagonisti della scena romana: Van Dyck, il giovane Bernini, Pietro da Cortona, Poussin, Paul Bril, Algardi, Duquesnoy, tutti presenti con grandi capolavori. Prediletto da papa Ludovisi e da questi convocato a Roma non appena asceso al soglio pontificio, Guercino spicca fra cotanto talento con la sua arte fatta di esplosioni di colore, vertiginoso dinamismo compositivo, suggestivi effetti di luce; una formula figurativa innovativa, teatrale e coinvolgente, in grado di rapire l’osservatore conducendolo in un mondo popolato di dèi e di santi, aulico e umanissimo al contempo. In occasione della mostra, in via del tutto eccezionale è anche possibile visitare accompagnati da una guida delle Scuderie del Quirinale alcuni ambienti del Casino di Villa Ludovisi, tra i quali la sala con la celebre Aurora di Guercino.
Scuderie del Quirinale Fino al 26 gennaio 2025
Ligornetto Spartaco Vela
Impressioni dal vero
La produzione pittorica e grafica di Spartaco Vela (1854-1895) in collezione presso il Museo Vela di Ligornetto è presentata per la prima volta nella sua quasi integralità, seguendo il filo di un originale percorso tematico che dimostra come, ben più di un semplice ‘figlio d’arte’, sia stato
un artista di solida formazione, inserito nel contesto culturale del suo tempo, tra Svizzera e Italia. Nella scelta dei soggetti, si richiama ai grandi filoni propri della scuola lombarda del secondo Ottocento: la pittura di storia, il ritratto e il paesaggio. Nel corso degli anni ’80 il suo sguardo si allarga sulla realtà, cogliendo impressioni dal vero sovente legate ai luoghi familiari del Ticino. La sua adesione al naturalismo lombardo si traduce allora in un rapporto diretto con il dato di natura e nell’immediatezza della trasposizione pittorica, caratterizzata da effetti di luce e da una gamma cromatica vivace. Filtrate dalla sensibilità del pittore, affiorano anche le atmosfere di un’epoca in piena mutazione, cui fa già eco, per contrasto, un sentimento di preservazione della natura. Museo Vincenzo Vela Fino al 27 aprile 2025
Spartaco Vela, La Madonna dei Ghirli presso Campione, 1886, olio su tela, 75 × 126 cm, Museo Vincenzo Vela, Ligornetto.
Conclusasi la Cop29 è tempo di fare bilanci, su cifre che gli stessi partecipanti si guardano ben bene dal chiarire. Sarà forse tempo di chinarsi seriamente sulla materia?
Ettore Accenti, esperto di tecnologia.
Blog: http://bit.ly/1qZ9SeK A lato, l’evoluzione delle emissioni in atmosfera nel corso degli anni.
stenza di un popolo senziente su Marte dotato di potenti telescopi. Che giudizio darebbero dell’umanità? Probabilmente opterebbero per rinchiuderla in un manicomio planetario, e allora mi riferivo alle guerre. Oggi, il giudizio non sarebbe meno severo, considerando quanto egregiamente viene gestito il pianeta.
Facendo seguito al mio articolo pubblicato in TM Aprile 2024, La grande farsa dell’energia, ecco un’ennesima conferma sconcertante in occasione della 29esima riunione plenaria Cop29, tenutasi a Baku, in Azerbaigian. Sia chiaro fin da subito: non si critica la buona volontà di chi, in ogni angolo del pianeta, si sforza di migliorare le sorti del mondo. Tuttavia, è altrettanto evidente come queste nobili intenzioni vengano puntualmente vanificate da scelte politiche irrealizzabili.
È stupefacente come, dopo decenni di discussioni, non ci si sia ancora resi conto che il vero problema dell’inquinamento atmosferico è la diretta conseguenza dell’ingordigia umana. I consumi della popolazione sono proporzionali al Pil, ma esiste forse un solo Governo al mondo che potrebbe sopravvivere anche solo una legislatura pianificandone la riduzione?
La verità è sotto gli occhi di tutti: il legame tra crescita economica e inquinamento è inscindibile. Non sorprende, quindi, che l’unico periodo negli ultimi 60
anni in cui le emissioni di Co2 di origine antropica non sono aumentate sia stato durante le crisi economiche più profonde. È quasi comico leggere la mole di documenti prodotti in tutte le diverse edizioni Cop. Ogni vertice sembra produrre un crescendo di buoni propositi che si dissolvono puntualmente, come sarà il caso della recente Cop29. Da dove si prenderanno i promessi 300 miliardi di dollaro all’anno per supportare entro il 2035 i Paesi in via di sviluppo nella lotta al cambiamento climatico? Chissà, nessuno lo dice.
In un mio articolo precedente, Un bagno di realtà fra dati (TM Ottobre 2024), ho pubblicato una singola tabella comparativa che mostra chiaramente l’andamento delle emissioni di Co2 e altri dati su energia e consumi in tre periodi chiave: 2013, 2019 e 2023. Ci si domanda: tutti quegli esperti che si riuniscono alle Cop, conoscono davvero questi dati? E così, mentre i numeri sono ignorati, il mondo continua a rimandare le soluzioni.
Mi torna in mente un mio vecchio articolo giovanile, in cui ipotizzavo l’esi-
Non spetta a me, amante della tecnologia, proporre soluzioni a un problema così complesso. Tuttavia, posso suggerire un punto di partenza: accettare la voracità umana come un dato di fatto. L’incapacità di ridurre le emissioni, le plastiche nei mari e altre venti conseguenze dell’attuale modello economico e di vita pone di fronte a un bivio. È necessario smettere di aspettare che un ‘super Covid’ naturale risolva il problema per noi.
Gli antenati, vestiti di pelli e a piedi nudi, hanno attraversato continenti durante glaciazioni. A distanza di qualche anno, invece, con tutte le acquisite conoscenze, non è più nemmeno possibile a pianificare un adattamento responsabile alle conseguenze delle nostre azioni.
Investire per mitigare gli effetti del cambiamento climatico non è solo un’opzione: è una necessità. Ma sperare che l’umanità, in preda alla sua insaziabile fame, decida di consumare di meno è pura utopia. Se si vuole dunque sopravvivere, è necessario agire nella piena consapevolezza che non possiamo cambiare la nostra natura, ma solo imparare a convivere con le sue molte conseguenze.
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Complicazione affari semplici
Il formalismo legislativo deve spesso spingersi all’estremo per evitare effetti indesiderati nell’applicazione, come per la norma che consente di non dar notizia a terzi su esecuzioni ingiustificate.
Aconcretizzazione di un’iniziativa parlamentare dell’allora Consigliere nazionale Fabio Abate, dal primo gennaio 2019 la Legge federale sull’esecuzione e sul fallimento (Lef) ha finalmente previsto un meccanismo - all’art. 8a capoverso 3 lettera d - che consente all’escusso di chiedere in modo semplice e rapido all’ufficio d’esecuzione di non dar notizia a terzi di una procedura che lo concerne, per la quale il creditore non abbia proseguito con successo la procedura d’incasso, salvaguardando così la credibilità creditizia del debitore a fronte di esecuzioni ingiustificate e, non di rado, vessatorie. Secondo quanto prevedeva il testo allora posto in vigore, gli uffici non potevano dar notizia a terzi circa procedimenti esecutivi qualora il debitore avesse fatto domanda in tal senso almeno tre mesi dopo la notificazione del precetto esecutivo, sempre che entro un termine di 20 giorni impartito dall’Ufficio d’esecuzione il creditore non fornisse la prova di aver avviato la procedura di eliminazione dell’opposizione.
Con una rigorosissima interpretazione letterale del testo di legge, in una sentenza del 22 giugno 2020 il Tribunale federale ha ritenuto sufficiente l’inoltro di una causa di eliminazione dell’opposizione da parte del creditore per far sì che l’esecuzione dovesse essere comunicata ai terzi, indipendentemente dall’esito della procedura e quindi anche qualora la relativa istanza del creditore sia respinta da un tribunale in modo definitivo, perché - così in pratica ha concluso il Tribunale - non è altrimenti specificato nel testo di legge.
Alla stessa stregua, in una decisione del 23 agosto 2021 (si noti: statuendo
sulla continuazione del medesimo caso che ha dato origine a quella del 2020), l’Alta Corte ha poi considerato che il debitore non può neppure presentare una domanda di non dar notizia dell’esecuzione a terzi dopo la scadenza del termine di un anno, oltre il quale cioè - è bene ricordarlo - il creditore non può più chiedere la continuazione dell’esecuzione, perdendo così il precetto esecutivo ogni validità. Anche in questo caso, la motivazione è stata che il testo di legge, contemplando un termine minimo (di tre mesi dalla notificazione del precetto esecutivo) per chiedere di non dar notizia a terzi di un’esecuzione che si ritiene ingiustificata, ma non un termine massimo, rispettivamente non prevedendo letteralmente la possibilità di non dar notizia a terzi di un’esecuzione per la quale il creditore non può comunque più chiedere la continuazione, non sarebbe sufficientemente preciso e quindi non estendibile a simili casi (manifesti, ndr.).
Si tratta di due esempi emblematici di come, oggigiorno, l’attività legislativa debba essere spinta all’estremo per evitare che nell’applicazione pratica non se ne riconosca la volontà, giungendo a risultati indesiderati.
Per correggere le conclusioni paradossali del Tribunale federale e riaffermare lo spirito con cui era stata introdotta per non dar notizia a terzi di un’esecuzione che non può più avere seguito per inazione del creditore o inibizione da parte di un tribunale a salvaguardia della solvibilità di chi viene escusso senza ragione, il Parlamento ha infine dovuto precisare la lettera d dell’art. 8a capoverso 3 Lef come segue: “ Gli uffici non possono dar notizia a terzi circa procedimenti esecutivi: […] per i quali il debitore abbia presentato
Simone Gianini, avvocato e notaio, partner studio legale Barchi Nicoli Trisconi Gianini, Lugano.
una domanda in tal senso almeno tre mesi dopo la notificazione del precetto esecutivo, ma prima dell’estinzione del diritto di consultazione di terzi, sempre che entro un termine di 20 giorni impartito dall’ufficio d’esecuzione il creditore non fornisca la prova di aver avviato a tempo debito la procedura di eliminazione dell’opposizione; se tale prova è fornita in un secondo tempo o l’esecuzione è proseguita, gli uffici possono nuovamente dar notizia di quest’ultima a terzi, sempre che il debitore non fornisca la prova che l’istanza di eliminazione dell’opposizione non è stata accolta e che tale esito è definitivo”.
Se si pensa che le altre tre eccezioni all’obbligo di dar notizia a terzi di un procedimento esecutivo (contenute nelle lettere a, b e c dell’art. 8a cpv. 3 Lef), promulgate oltre trent’anni fa, assommano complessivamente a 32 parole, mentre quella di cui alla lettera d, introdotta nel 2019, ha avuto bisogno di due modifiche di legge e alla fine conterà ben 104 parole, suddivise in due periodi con nove subordinate, si capisce quanto i testi di legge si stiano sempre più complicando, tutt’altro che a beneficio della loro comprensione anche da parte di chi non abbia necessariamente studiato giurisprudenza (e spesso nemmeno per questi ultimi). Molto è sicuramente dovuto alla crescente complessità della nostra società e all’esagerata attività legiferativa del Parlamento. Del loro ce lo mettono però anche alcuni giudici che, anziché agire con pragmatismo, complicano a dismisura affari tutto sommato semplici.
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Segreti esponenziali
Costanza e disciplina sono le premesse essenziali per lasciar lavorare il capitale che, anche se inizialmente modesto, nel lungo periodo può arrivare a regalare grandi soddisfazioni.
La magia del compounding
Evoluzione del capitale iniziale (100.000) nei tre diversi scenari
Reinvestimento continuo Prelievo
Pochi concetti in finanza sono così universalmente riconosciuti e senza tempo come il principio del compounding. Definito da Albert Einstein come la ‘ottava meraviglia del mondo’, è tanto semplice quanto potente nell’accrescere la ricchezza nel tempo: trascende le epoche e i cicli di mercato, diventando una pietra miliare sia per gli investitori alle prime armi che per professionisti. Ma cosa lo rende così straordinario?
Il compounding prospera grazie a due ingredienti fondamentali: il tempo e il reinvestimento. Generalmente, più è lungo l’orizzonte temporale, maggiore sarà la crescita esponenziale. È il processo in cui i rendimenti di un investimento (dividendi e guadagni sul movimento dei prezzi) generano a loro volta ulteriori rendimenti: non si tratta solo della crescita di un patrimonio, ma dell’accelerazione di questa crescita, man mano che i rendimenti iniziano a produrre ulteriori profitti. Tre vie. A dipendenza dell’approccio all’investimento, si aprono divergenze. Un primo caso prevede di reinvestire
sempre i dividendi e non realizzare gli utili, il secondo di incassare i dividendi lasciando però gli utili sui prezzi investiti e il terzo (il più articolato) di incassare i dividendi e investire sempre un capitale iniziale invariato. Quest’ultimo prevede di prelevare ogni anno tutti gli utili, andando però a ricomporre il capitale iniziale in anni di mercati negativi, attingendo ai precedenti utili accantonati.
In questa simulazione generata a scopo informativo (che non considera costi e aspetti fiscali), basata su di un basket di azioni rappresentative e ben diversificate svizzere, in un lasso di tempo relativamente breve per il compounding (2011-2023), le differenze sono già ben percepibili. Insegnamenti. La storia offre numerosi esempi in cui il compounding è stato l’artefice silenzioso di importanti fortune: è il caso di Warren Buffett, il cui patrimonio netto ha superato il miliardo di dollari in pochi decenni. La maggior parte della sua fortuna si è accumulata dopo il suo 60esimo compleanno, la testimonianza della pazienza necessaria per permettere al compounding di fare il suo lavoro.
Un altro esempio interessante è l’ascesa dei fondi indicizzati. Detenendo portafogli diversificati per decenni e reinvestendo i dividendi, anche capitali iniziali modesti possono crescere notevolmente: questa strategia contrasta con approcci speculativi che spesso promettono guadagni rapidi. In un’epoca dominata dalla ricerca di gratificazione immediata e dal pensiero a breve termine, il compounding ricorda l’importanza di pazienza e disciplina, insegnando che la creazione di ricchezza non riguarda tanto il guadagno immediato, quanto permettere al denaro di lavorare. Per i giovani investitori, il messaggio è chiaro: iniziare presto, ricordare il fondamentale valore della diversificazione, reinvestire i dividendi e resistere alla tentazione di inseguire mode passeggere. Per chi è più vicino alla pensione, rafforza l’importanza di costanza e pianificazione. Il compounding non è quindi solo un principio finanziario, ma una filosofia che dimostra come azioni piccole e coerenti possono portare a risultati notevoli. Che si tratti di investire in azioni, avviare un’attività o sviluppare una competenza, è universale che tempo e impegno, se combinati, producono ricompense esponenziali.
Per chiunque pianifichi il proprio percorso finanziario, è fondamentale ricordare che i rendimenti più importanti spesso sono quelli che non si vedono subito, ma che maturano nel tempo, possibilmente ottenuti con una volatilità adeguata alla propensione al rischio di ogni singolo. Ed è proprio questa la magia del compounding: la sua capacità di trasformare il tempo nell’alleato più prezioso.
Sascha Kever, Cio di Pkb Private Bank. A lato, diversi esiti del compounding.
The Transporter is back
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Compliance da ripensare
Gli enormi costi diretti e indiretti dei controlli di conformità di clientela e operazioni degli istituti finanziari non stanno producendo i benefici sperati, con diversi effetti collaterali.
David Leppman non è una qualsiasi persona quando parla della funzione di compliance introdotta in tutte le istituzioni finanziarie, in primis nelle banche, al fine di prevenire e combattere attività di corruzione, terrorismo e riciclaggio per il tramite dell’intermediazione finanziaria. È infatti il fondatore della banca dati World-Check che contiene profili di milioni di nominativi di persone fisiche e giuridiche sulle quali esistono o dovrebbero esistere indici di rischio di coinvolgimento in attività criminali o comunque illecite. Questi dati sono lo strumento privilegiato cui fanno capo gli addetti alla compliance per effettuare uno screening sulla clientela esistente e quella potenziale e sulle operazioni effettuate tramite dei canali finanziari.
In una recente intervista apparsa sul sito on line di informazioni finanziarie Finews, esprimendosi sui risultati conseguiti a livello globale dal sistema della compliance, Leppman è stato categorico nel suo giudizio negativo: la lotta alla corruzione e al riciclaggio è fallita. Nonostante enormi investimenti (si parla di almeno 200 miliardi di dollari spesi annualmente a livello globale) le attività corruttive e di riciclaggio sono più attive che mai e, secondo le stesse Nazioni Unite, viene riciclato oggi di più che 30 anni fa, da quando la compliance è divenuta un must. Quella che era una buona idea ha avuto esiti non solo non aderenti agli scopi che ci si era prefissi, ma anche economicamente controproducenti.
Il problema di fondo sta negli intendimenti riposti nella compliance dalle grandi organizzazioni internazionali come l’Onu e l’Ocse, che hanno sbandierato e continuano a sbandierare in congressi e
risoluzioni grandi proclami sulla guerra alla droga e al terrorismo, speranze condite di molta retorica che hanno però prodotto minimi risultati.
Si è così creato un mostro burocratico consolidatosi nel frattempo nell’infrastruttura bancaria e finanziaria che condiziona in tutti i settori l’attività di queste istituzioni e dei loro clienti. All’opinione pubblica si dà l’impressione di grande attivismo ed efficacia, ma raramente vengono colpiti gli autentici artefici dietro la criminalità finanziaria.
Non solo sono enormi i costi diretti al mantenimento di questa struttura ma anche quelli causati dalle procedure instaurate dal sistema. Nel Private Banking l’onboarding della clientela può durare anche fino a 18 mesi in quanto le banche sono assorbite da una lunga serie di esami dettati dalle numerose norme che sono state emanate a livello legislativo e che hanno prodotto una copiosa regolamentazione interna.
Questo mentre attività corruttive e di riciclaggio hanno luogo perlopiù al di fuori del sistema bancario tradizionale. I professionisti di queste attività illegali si sono fatti più sofisticati e nascondono le loro transazioni impiegando più canali e gran parte del cosiddetto ‘denaro sporco’ viene investito in immobili, installazioni turistiche e centri commerciali che sfuggono a una supervisione bancaria. Questo ambito di attività si sottrae ai controlli di conformità che dirigono spesso l’attenzione sulle persone sbagliate, etichettando tutto di principio come un rischio e inducendo le banche a segnalare spesso finti allarmi che coinvolgono clienti bancari e gli stessi impiegati in un esercizio faticoso e molto spesso senza esito. Agli inizi il sistema di controllo era
Stelio Pesciallo, avvocato e notaio presso lo Studio 1896, Lugano.
impostato più sulla qualità che sulla quantità, dirigendo la sua attenzione sui rischi più evidenti e tralasciando le bagatelle. Con il tempo, soprattutto crescendo i timori delle banche di essere coinvolte nei rischi reputazionali, si è voluto instaurare un controllo il più esteso e comprensivo possibile, appesantendo quindi il sistema e la procedura di controllo.
Questa tendenza a volere estendere i controlli fin nei minimi dettagli e, nel dubbio, a coinvolgere nelle banche dati più nominativi possibili è causa anche di situazioni incresciose, che vedono spesso coinvolte persone riportate per errore o senza validi motivi nelle banche dati delle banche o di cui si servono le banche, anche solo per via di un articolo di giornale nel quale sono messe in cattiva luce senza un motivo pertinente o sulla base di false informazioni. Una volta contemplati in queste banche dati, ci si trova a essere esclusi dal circuito bancario, il che equivale a una sorta di esilio e la riabilitazione può durare anni, causando gravi riflessi economici.
La futura applicazione dello strumento dell’intelligenza artificiale nel sistema finanziario non può che radicalizzare questi rischi. Basti pensare a un sistema di Ia che renda impossibile accedere ai servizi bancari a causa di uno scambio di persona o per il fatto di risultare avere avuto un contatto con una persona ad alto rischio. Se a prendere decisioni è l’Ia, si può essere certi che la correzione dell’errore non sarà cosa facile. Un sistema, quello della compliance, da ripensare criticamente nei suoi contenuti e nei suoi obiettivi.
Gli Altcoins
Sono la prossima frontiera del Tech, e valide alternative alle crypto tradizionali. Ecco come T4 Capital boutique specializzata sta ridefinendo gli Investimenti Crypto.
Nel frenetico mondo degli asset digitali, T4 Capital si sta ritagliando una nicchia unica quale boutique d’investimento in criptovalute, in particolare Altcoin (monete alternative al bitcoin come solana, near o sui).
T4 Capital è stata fondata nel 2021 da Tim Stingelin, Fabio Cavelti e Florian Niggl, tre amici dai tempi dell’Università di San Gallo (HSG). Inizialmente fornivano servizi di ricerca e istruzione. «Il nostro obiettivo è sempre stato quello di guidare gestori patrimoniali e clienti privati attraverso le complessità delle crypto» nota Fabio Cavelti. Tra i primi clienti la banca privata zurighese Maerki & Baumann.
L’offerta. T4 Capital è specializzata in due strategie mirate: blockchain di livello 1 (L1) e sottosettori di tendenza come l’intelligenza artificiale e il Gaming. «Riteniamo che queste aree offrano alcune delle opportunità più interessanti nel settore crypto. Il nostro approccio agli investimenti è fondamentalmente orientato alla ricerca e va oltre l’analisi superficiale per identificare progetti ad alto potenziale. Rimaniamo al passo con le tendenze del settore partecipando alle conferenze globali, tra cui Token2049, Devcon, Solana Breakpoint e Near Redacted. Essere proattivi ci consente di raccogliere informazioni di prima mano, stabilire un solido network di contatti e rimanere aggiornati sugli ultimi sviluppi tecnologici» precisa Tim Stingelin.
A inizio 2023, in collaborazione con Maverix Securities, l’offerta è stata ampliata da certificati gestiti attivamente (AMC). Si tratta di collocamenti privati che forniscono liquidità giornaliera. Tra i vantaggi sono denominati in USD, non hanno ticket minimi d’investimento, sono bancabili e strutturati per fornire rendimenti che superano il
Da sinistra, Tim Stingelin e Fabio Cavelti, co-fondatori di T4 Capital.
tradizionale Private Equity. «La nostra attenzione alle Altcoin consente agli investitori di ottenere un’esposizione anticipata ai progetti blockchain e agli studi di AI, opportunità spesso limitate ai grandi Venture Capital, come ad esempio OpenAI.Siamo forti sostenitori dell’inclusione di asset crypto in portafogli diversificati, soprattutto per coloro che credono nel dominio tecnologico dell’AI e della Blockchain» riflette Fabio Cavelti.
A differenza delle azioni, le Altcoin consentono agli investitori di cogliere la crescita in fase iniziale nelle tecnologie di trasformazione, che di pari passo al diffondersi delle risorse digitali diventano essenziali per qualsiasi strategia di portafoglio, oltre a garantire già nell’immediato una migliore diversificazione, e complementarietà al Bitcoin.
T4 Capital è fortemente ottimista riguardo al futuro degli asset digitali. Diverse tendenze macroeconomiche, come un contesto di tassi d’interesse in calo, il ritorno di Donald Trump, favorevole alle crypto, come presidente degli Stati Uniti e la teoria del ciclo di Bitcoin/Altcoin che punta al 2025 come
Zurigo e Lugano
Il lancio degli AMC nel 2023 è stato reso possibile dal convinto supporto del seed investor, Corum Wealth Management, che ha creduto nella società sin dal 2021. Nell’estate 2024 si è però segnata una nuova pietra miliare nella breve storia di T4 Capital, grazie alla sigla di una partnership strategica con Compass Asset Management, a Lugano.
Tale collaborazione oltre a essere fondamentale per l’espansione nelle regioni italofone, dove la domanda di soluzioni crypto sta rapidamente aumentando, poggia sul radicamento nel territorio di Compass, il che faciliterà l’acquisizione di nuova clientela.
anno di svolta (specie per le Altcoin), delineano un panorama altamente favorevole per l’intero segmento. Con il miglioramento dei quadri normativi e il continuo diffondersi degli asset digitali a Wall Street, è giunto il momento per i gestori patrimoniali e gli investitori privati di riconsiderare il loro approccio a questa asset class.
Per informazioni: t4-capital.ch
Prezzi, sempre più alti
Il mercato residenziale svizzero non conosce sosta, ed è dagli anni Novanta che continua a correre. Quali le ragioni alla base del fenomeno, che limita la quota di proprietari?
Il mercato immobiliare abitativo svizzero è caratterizzato, da sempre, da una forte proporzione di persone e famiglie che vivono in affitto (quasi il 62%) e da una debole proporzione di proprietari. Difficile trovare una spiegazione definitiva. Una tendenza contraria (cioè un aumento di proprietari) potrebbe essere stata contrastata da un forte numero di stranieri (o anche di naturalizzati) che non sono interessati a un investimento immobiliare in Svizzera. È però anche probabile che i prezzi elevati dei terreni e delle stesse costruzioni impediscano a una parte consistente di abitanti di sognare la propria casetta o, dopo l’introduzione della proprietà per piani, magari il proprio appartamento. Di incentivi a questo passo non ne mancano, soprattutto dal lato finanziario visto il costo generalmente basso dell’ipoteca e la possibilità di dedurre fiscalmente i costi. A questo proposito, proprio in questa sessione di dicembre, il Parlamento federale dovrebbe finalmente decidere la soppressione del valore locativo (cioè la tassa che colpisce i proprietari dell’alloggio proprio) e quindi anche la possibilità di dedurre totalmente o in parte i costi. Secondo stime recenti, l’aumento della popolazione, dovuto essenzialmente all’immigrazione provocherà un aumento della domanda di abitazioni. A tutt’oggi mancherebbero in Svizzera 51mila abitazioni, secondo Wuest Partner. Entro il 2026, il numero di economie domestiche dovrebbe crescere di circa 56mila all’anno. Oltre alla forte immigrazione, a questo aumento contribuirebbero anche le economie domestiche sempre più piccole, quindi più numerose e favorite anche dall’invecchiamento della popolazione. Questa riduzione provoca un aumen-
to del costo delle pigioni, soprattutto nei grandi centri. I costi e la debole offerta di nuove costruzioni sono all’origine di questo fenomeno, con aumenti del 1012% per i nuovi affitti a Zurigo, Berna e nel canton Vaud. Meno a Ginevra per la vicina campagna e perfino delle zone francesi di frontiera. Il Ticino è un’eccezione, poiché l’attività intensa delle costruzioni abitative provoca una domanda di alloggi inferiore all’offerta e quindi anche prezzi inferiori a quelli dei grandi centri svizzeri.
Queste tendenze fanno in modo che anche i prezzi in Svizzera siano tra i più
«In Svizzera l’ultimo calo dei prezzi è stato registrato negli anni Novanta, mentre a partire dal ‘98 sono più che raddoppiati, se non perfino triplicati. Ormai, per un’abitazione non nuova, ma in buono stato, per 115 mq ci vogliono più di 2 milioni di franchi, e non a Ginevra»
elevati in Europa: 10.575 franchi in media per metro quadrato, mentre è di 5.264 franchi in Germania, di 5.177 in Francia e di 4’593 in Austria. Inoltre il prezzo viene influenzato sia dalla qualità della costruzione, sia dalle regole dettate dallo Stato, piuttosto severe. Infine, in Svizzera la superficie abitata per occupante è una delle più alte al mondo, con ben 46,5 metri quadrati per occupante.
In questo particolare contesto qual è la proporzione di proprietari dell’alloggio rispetto ai locatari? Le ultime statistiche confermano il fenomeno di una scarsa
Ignazio Bonoli, economista.
propensione all’acquisto. In Svizzera i proprietari sono il 43%, mentre in Italia sono il 74,3%, in Germania il 50,2% e nella media europea il 69,8%.
I prezzi degli immobili in proprietà, negli ultimi 20 anni, sono costantemente aumentati. Negli ultimi due perfino dell’8, 9%. Non così nei Paesi vicini, con l’eccezione dell’Italia, dove l’aumento è stato però solo del 2,8%. In Austria e in Francia i prezzi sono diminuiti rispettivamente del 3,6 e del 4,5%. Più pronunciato invece il calo in Germania, dove i prezzi sono diminuiti del 12,2%.
In Svizzera l’ultimo calo dei prezzi è stato registrato negli anni Novanta, mentre a partire dal ‘98 i prezzi sono più che raddoppiati, o in centri come Zurigo, Zugo o Ginevra perfino triplicati. Ormai, per un’abitazione non nuova, ma in buono stato, per 115 mq ci vogliono più di 2 milioni di franchi, con il record a Ginevra (2,2 milioni). Se ne deduce che, per 2 milioni di franchi di costi, ci vogliano 400mila franchi di capitale proprio e un reddito di 250mila per ottenere dalle banche un finanziamento dell’80%. Cifre che fanno diminuire di parecchio la platea. Per il momento gli esperti non vedono un cambiamento della tendenza, nonostante un leggero rallentamento della crescita nel primo trimestre 2024. Anche il calo dei tassi d’interesse non provoca un allentamento delle tensioni. Anzi, la leggera riduzione del costo delle ipoteche (tasso fisso a 10 anni dell’1,7%) non sembra influire sull’andamento dei prezzi, che continuano ad aumentare. Il mercato sembra attendere ulteriori ribassi, o perfino un ritorno a tassi ufficiali negativi.
Tra India e Singapore
La fluidità del contesto d’investimento invita alla prudenza in più d’un ambito, anche in considerazione dell’inizio di nuove fasi cicliche di importanti pilastri ‘certi’ nel recente passato.
L’economia globale nel 2025
alla crescita del Pil mondiale nominale per Paese (in punti %)
Norman Villamin, Group Chief Strategist di Union Bancaire Privée (Ubp). A lato, il contributo delle singole economie nazionali alla crescita attesa del Pil mondiale nel 2025. A spingere Cina e Usa.
sarà probabilmente sui rendimenti obbligazionari, in quanto il mercato toro delle obbligazioni, che durava dal 1981 a livello globale, sta per terminare. Dunque, gli hedge fund, in particolare le strategie di arbitraggio del valore relativo, possono rivelarsi preziosi nell’ambito dell’elevata volatilità dei tassi d’interesse prevista.
L’economia statunitense ha finora evitato la recessione e probabilmente si stabilizzerà verso la fine del 2025. L’inflazione dovrebbe toccare il fondo a inizio anno e poi rimbalzare al di sopra del 2,5%, a prescindere dall’impatto delle politiche fiscali previste dal prossimo presidente.
Ciò significa che le previsioni di riduzione dei tassi statunitensi al 3% entro la fine del 2025 appaiono eccessivamente ottimistiche, poiché la Fed dovrà fare i conti non solo con l’elevata crescita dei salari, ma anche con la prospettiva del bilancio espansivo della nuova amministrazione.
Il ritorno di Trump cambierà senza dubbio il panorama non solo economico ma anche geopolitico degli ultimi anni. Ci si aspetta che persegua un cessate il fuoco in Ucraina ed eserciti una pressione fiscale sull’Europa con i dazi, mettendo a dura prova economie già alle prese con ingenti debiti insoluti.
Potrebbe poi riannodare i fili con il suo avversario del primo mandato, la Cina, il che potrebbe influire sulle relazioni degli Stati Uniti con il Messico, una compo-
nente chiave dello spostamento della dipendenza manifatturiera americana dalla Cina, in quanto gli Stati Uniti cercano di limitare l’uso del Messico da parte della Cina per evitare le tariffe. Inoltre, il periodo che precede la rinegoziazione dell’accordo di libero scambio tra Stati Uniti, Messico e Canada, prevista per il 2026, potrebbe essere difficile per tutte le parti, sino a un nuovo accordo.
Alla luce di ciò, è probabile che le numerose aziende che stanno effettuando il reshoring delle loro attività in risposta alle guerre commerciali scelgano come nuova destinazione l’India, un beneficiario geopolitico di queste attese mosse americane.
In Europa, la coalizione di Governo tedesca è crollata in seguito a un dibattito sulla politica fiscale avviato in risposta alle prospettive su Stati Uniti e Cina.Tale disputa sul bilancio tedesco rappresenta di fatto il dibattito sui finanziamenti per la futura competitività dell’intera Unione, affrontato dal rapporto Draghi.
L’impatto principale per gli investitori della politica fiscale espansiva perseguita da Stati Uniti, Regno Unito e Giappone
Così come l’India in ambito commerciale, anche Singapore e l’Asean sono ben posizionati quando la politica fiscale globale si espande. Offrendo una porta d’accesso alle economie a crescita strutturalmente elevata del Sud-Est asiatico e all’India, i titoli azionari di Singapore potrebbero presentare un interessante rapporto rischio/rendimento e un’esposizione alla crescita sostenuta degli Stati Uniti, ai trend di crescita nel Sud e SudEst asiatico e alla Cina.
Nel frattempo, i cambiamenti secolari all’interno dell’economia globale continuano a ritmo sostenuto. L’intelligenza artificiale rimane in prima linea. Tuttavia, la sua introduzione sta entrando in una nuova fase, dopo la corsa dell’hardware è tempo infatti del software.
Nel complesso, il 2025 si preannuncia come un altro anno di importante trasformazione per l’economia globale - sul fronte dell’inflazione, della geopolitica e della tecnologia. Gli investitori dovranno quindi navigare nella frammentazione in atto, concentrandosi al contempo sui supporti di maggior resilienza.
Un’estetica rinnovata con un cuore ‘garantito’
Il nuovo Black Bay di TUDOR, in versione monocromatica, si distingue per gli elementi di design ripensati e la chiusura T-fit. È certificato Master Chronometer dal METAS.
La collezione Black Bay, presentata nel 2012, e riproposta nel 2016 con Calibro di Manifattura, si arricchisce oggi di un terzo segnatempo, che prefigura il futuro estetico e tecnico della linea. Le novità di questa collezione riassumono l’esperienza settantennale di TUDOR nella produzione di orologi subacquei, unendo all’aspetto neo-vintage le tecniche di produzione, l’affidabilità, la robustezza e la qualità delle finiture che rispondono ai più rigorosi standard attuali.
Al Black Bay di terza generazione con lunetta bordeaux, il Marchio affianca ora un nuovo modello monocromatico, con quadrante nero inchiostro sul quale sono applicati indici delle ore e lancette finitura rodio. Le proporzioni sono quelle ‘originali’ del Black Bay, con una cassa di 41 mm di diametro in acciaio dal profilo più sottile, e una lunetta unidirezionale nera con dettagli argentati graduata 60 minuti. Il bracciale in acciaio rivettato a tre maglie o a cinque maglie, e il cinturino in caucciù, hanno tutti la chiusura TUDOR ‘T fit’ con regolazione rapida. Il Calibro di Manifattura MT5602 U, certificato dal Controllo Ufficiale Svizzero dei Cronometri (Cosc), ha spirale del bilanciere in silicio e un’autonomia di 70 ore.
Il nuovo Black Bay, orologio dal design emblematico della collezione TUDOR, conferma l’attitudine del Marchio a padroneggiare uno dei più alti standard in termini di cronometria e resistenza ai campi magnetici. Sottoposto ai test del METAS, l’Istituto federale di metrologia svizzero, il nuovo Black Bay ha superato il protocollo di test della certificazione Master Chronometer. La garanzia è di cinque anni, trasferibile, senza registrazione né revisioni obbligatorie. In vendita da Rocca Via Nassa, 4 . Lugano tel. +41 91 9240065 ww.rocca1794.com
Calcio o finanza? Palla al centro
Negli ultimi anni si sta assistendo a un lento professionalizzarsi dell’industria del calcio, grazie all’arrivo di una nuova tipologia di investitori, istituzionali. L’idea romatica dell’imprenditore tifoso scialacquatore è ormai tramonata, è sempre più necessario trovare le giuste alchimie perché sport e finanza si parlino, per risolvere i molti nodi che da troppo tempo frenano il potenziale del settore. Ma sarà davvero possibile?
Tradizionalmente, se si pensa agli edifici più rappresentativi della loro epoca e dei singoli popoli, le associazioni mentali possono giocare simpatici scherzi. È dunque così che, in semplice ordine cronologico, si sono succedute fasi alterne nella storia del Mediterraneo, e che forse almeno in parte catturano alcuni tratti essenziali delle diverse culture che si sono trasmesse il testimone della Storia. Ecco dunque che in una società apicale e assolutistica come quella egizia, l’attenzione si concentra sulla morte, e sulle sepolture dei diversi sovrani, quindi le piramidi di Giza del 2500 a.C. A distanza di qualche secolo il baricentro della storia si sposta però nella più vicina Grecia, patria di cultura e filosofia, fondamenta di un modo di vivere tipicamente europeo, anche a distanza di oltre 25 secoli. Cosa
incarna questa fase? Probabilmente il Partenone, emblema dell’egemonia dell’Atene periclea del V secolo a.C. dunque un tempio, quindi la religione, ma quella praticata dai vivi. Andando un po’ oltre, il Sole della storia antica è certamente Roma, e qui il balzo è molto più breve, è sufficiente arrivare al I secolo d.C. e alla dinastia Flavia, con il Colosseo, e dunque lo sport e il divertimento. Difficile trovare un ambito più intimamente connesso alla moderna quotidianità, almeno in tempi di pace, ma che ben cattura la prosperità raggiunta da un fu piccolo villaggio di pastori. Se le lancette corrono un po’ oltre, arrivando all’anno mille, quando dunque la prosperità era stata ormai persa, e l’Europa preda delle invasioni barbariche, le esigenze della popolazione evolvono rapidamente, e i castelli si impongono quali protagonisti indiscussi delle sorgenti
grandi capitali europee, così come dei piccoli centri. Stabilizzata che è la situazione ‘geopolitica’, non troppo distante dall’Europa moderna, ecco riaffacciarsi sulla scena la religione; inizia la stagione delle grandi cattedrali, che sfumerà poi nel Rinascimento. E così via... Risulta però particolarmente curioso riflettere su un secondo elemento, a fronte degli accadimenti che segnano ormai la quotidianità. Tramontata la breve epoca dell’oro dei virologi, o almeno spacciati per tali, è qualche tempo che a fronte di conflitti lontani ma sorprendentemente vicini si sono rapidamente imposti sedicenti esperti di geopolitica, e un’ampia pletora di generali sino a qualche anno fa sulla via del tramonto, e destinati a essere rottamati. Se però si pensa alla storia antica, e agli eserciti che l’hanno scandita, protagonista indiscussa è certo la legione
romana, soprattutto repubblicana per i generali che si sono succeduti al comando. Ma cosa ha fatto la differenza, contribuendo a rendere celebre la legione? Evolutasi nel corso di qualche secolo, adattandosi a campi di battaglia e ai nemici, la cifra caratterizzante il dispositivo bellico romano, la cui spina dorsale resterà sempre la fanteria legionaria, è certo la mobilità e la flessibilità lasciata alle singole unità fondamentali della stessa: le coorti.
Pur variando nel corso del tempo il numero di effettivi, tendenzialmente ogni legione era composta da 10 coorti, raggruppamento di 600 legionari o tre manipoli da 200 uomini, disposte a scacchiera su tre linee. La prima linea, dunque quella del fronte e che ne ha anche conservato la terminologia, dove effettivamente ci si scontrava con l’esercito nemico, e le due più arretrate pronte a subentrare o sostituire i legionari in combattimento. Nel corso della battaglia c’era dunque una buona alternanza in prima linea, il che offriva tempo per recuperare ai soldati stanchi, e forze sempre fresche, o quasi, da opporre agli eserciti nemici.
In qualità di macchina ben oliata e disciplinata all’interno di ogni legione tutti erano al corrente del proprio ruolo, e di quello che dovevano fare, sia durante i combattimenti, sia tutto il resto del tempo, dal dove montare la tenda, a dove impastoiare i cavalli e scavare le latrine, secondo schemi studiati e consuetudinari. A tutti gli effetti le legioni erano moderne squadre sportive, chiamate a opporsi a eserciti confusionari e disorganizzati, il cui unico vantaggio era la superiorità numerica, il più delle volte evidentemente insufficiente. O almeno a dirlo è la Storia. E anche qui si potrebbero ritrovare analogie tra eserciti Nato e russi.
Ma se si guarda alla contemporaneità, quali sono gli edifici, o i progetti architettonici, più emblematici di oggi? I parallelismi infatti proseguono. L’industria del calcio. Nonostante nel corso del tempo abbiano cambiato nome, ma nemmeno forma, i moderni stadi sono a tutti gli effetti degni eredi degli anfiteatri romani, ne assolvono le stesse funzioni, e in molti casi sintetizzano l’identità di intere comunità, o almeno di una parte importante delle stesse. È ormai qualche anno che il calcio ha trasceso una dimensione meramente sportiva e si è invece imposto a tutti gli effetti quale realtà economica a sé stante, al pari del
«L’idea che per vincere si debbano fare enormi perdite di bilancio è un’idea ormai tramontata, smentita dai numeri, oltre che non più compatibile con le normative vigenti. A lungo termine successo finanziario e sportivo devono necessariamente andare a braccetto, ed è possibile farlo»
Stefano Cocirio, Chief Financial Officer di Ac Milan
L’impero romano nel 125 d.C.
Ricavi del calcio europeo
Ricavi aggregati dei principali campionati nazionali (2022, mln eur)
turismo o dell’arte. «La stagione 2022/23 assomma diverse caratteristiche uniche se si guarda agli ultimi anni che scandiscono una chiara svolta, non solo in termini finanziari, ma anche di crescente apertura del settore verso il resto del mondo. È stato il primo campionato disputato normalmente, dunque senza restrizioni sani-
Tutte le principali città romane avevano un anfiteatro, proprio come le moderne città europee. Il calcio non è però solo un gioco, ma anche un’industria complessa, economicamente molto rilevante, con fatturati e indotti significativi per comunità intere.
La via meneghina
«La stagione 2022/23 assomma diverse caratteristiche uniche, non solo finanziare. È stato il primo campionato disputato normalmente, dunque senza restrizioni sanitarie; è stata la prima volta nella storia di un mondiale disputato tra novembre e dicembre; ha raggiunto il record storico di 35,3 miliardi di euro di ricavi»
Luciano Monga, Partner di Deloitte Svizzera
L’industria del calcio europeo attira sempre più spesso l’interesse degli investitori, questo principalmente per i decisi passi in avanti compiuti negli ultimi anni, ma si inserisce all’interno di una dinamica ben più ampia. «L’industria sportiva globale nel 2023 valeva 135 miliardi di euro, di cui circa un terzo è il mondo del calcio, che però è il comparto in più rapida espansione. Ciononostante anche in alcuni dei campionati maggiori, ed è il caso della Serie A, il potenziale di crescita è ancora significativo, in termini infrastrutturali e di commercializzazione del prodotto. La Premier League incassa oltre il triplo della Serie A dai soli diritti mediatici, con chiare conseguenze. Problemi risolvibili, a patto di dotarsi di una Governance moderna», riflette Stefano Cocirio, Chief Financial Officer dell’Ac Milan. Sotto molti aspetti, in chiave di rinascenza di un nuovo modo d’interpretare il calcio italiano ed europeo, il Milan è certamente un caso interessante. «L’idea che per vincere si debbano fare enormi perdite di bilancio è un’idea ormai tramontata, smentita dai numeri, oltre che non più compatibile con le normative vigenti. A lungo termine successo finanziario e sportivo devono necessariamente andare a braccetto, per quanto il progetto sportivo debba continuare a essere il baricentro del piano industriale. Rimanere competitivi permette ai club di crescere in modo costante e soprattutto di pianificare», prosegue il Cfo.
Un successo sportivo estemporaneo, e finanziariamente insostenibile, ha del resto già dato sufficientemente spettacolo dei suoi disastrosi risultati, ma per i club più grandi i rischi sono sempre in agguato. «Essere ‘grandi’ ha diversi pro e contro. Da un lato si hanno a disposizione risorse importanti da investire nella squadra, e nella società, al tempo stesso si è soggetti a pressioni enormi per vincere sempre e subito. È dunque fondamentale saper trovare il giusto bilanciamento tra essere competitivi oggi, pianificando a medio termine, ed è quello che sta facendo il Milan, grazie al sostegno di Elliott prima, e RedBird oggi. Dalla perdita di 194,6 milioni di euro del 2019/20, siamo arrivati a un risultato consolidato di 4,1 milioni nel 2023/24, più che raddoppiando i ricavi da 192 milioni ai 457 di quest’anno. Siamo per il terzo anno consecutivo il club che cresce di più in Europa, con un +35%, anche grazie al network di partner e consulenti messi a disposizione dall’azionista», sintetizza Cocirio.
I benefici di avere conti in ordine, e bilanci sani sono del resto evidenti negli ambiti più disparati. «Non avere necessità di ‘far cassa’, consente maggiore serenità nelle scelte. Negli ultimi sette anni siamo stati nella Top10 per investimenti netti nel calciomercato, con il monte ingaggi cresciuto dell’8%, sino a 189 milioni attuali. Ma è stato anche possibile chiudere dieci rinnovi di calciatori professionisti durante la scorsa stagione, oltre a lanciare quest’anno ‘Milan Futuro’, un progetto strategico per il club, con l’obiettivo di coltivare giovani talenti per rafforzare in prospettiva ulteriormente il progetto sportivo», conclude il Cfo.
tarie, sin dalla stagione 2018/19; è stata la prima volta nella storia di un mondiale disputato tra novembre e dicembre, per evidenti problemi della location scelta, il Qatar. È coinciso anche con il rinnovo dei contratti relativi ai diritti mediatici della massima lega inglese, tutti elementi che hanno concorso a spingere al rialzo i ricavi del calcio europeo del 16% anno su anno, raggiungendo il record storico di 35,3 miliardi di euro», esordisce così Luciano Monga, Partner di Deloitte Svizzera. Pur trattandosi di un gioco, quando si discute di calcio, però, a pesare in misura sostanziale è tutto il suo ampio indotto, un importante volano di crescita anche per aree potenzialmente svantaggiate. «A determinate condizioni, dunque non sempre, ha il potere di catalizzare la crescita economica e notevoli benefici sociali di un luogo, attirando investimenti, attraendo notevoli flussi di ‘visitatori’, creando quindi posti di lavoro. Non sono da dimenticare gli effetti a cascata sulle aree circostanti, potenzialmente ancora più significativi, frutto anche della collaborazione con le istituzioni locali in termini di trasporti e strutture sociali, il che indirettamente potrebbe creare nuove forme di turismo. I club sono spesso ottimi datori di lavoro anche in seno alla comunità locale, attraendo professionisti dall’estero, e stimolando lo sviluppo di nuove competenze locali, ad esempio nella costruzione di stadi, progetti pluriennali molto costosi», sottolinea Elena Guglielmin, Cio di Ubs Wealth Management. Qualcosa sull’indotto economico del calcio sulla società civile, qualche dato «Le ricadute economiche dirette e indirette dell’industria sono considerevoli per i club e per le loro comunità, e ovviamente proporzionali al livello di brand. Sono alcune delle motivazioni per cui le società più strutturate intraprendono investimenti a lungo termine, ad esempio in infrastrutture quali gli stadi. La creazione di hotel, ristoranti, asili nido, e negozi permette a questi impianti di diventare un vero proprio ‘polo sociale’, come mostra l’esperienza del Camp Nou a Barcellona», rileva Claudio Morelli, Head of intermediaries di Pictet Asset Management e Presidente dell’Accademia del Servette Football Club Genève 1890. Dunque anche lo sport contribuisce a generare Pil, oltre che benessere per la collettività, in diverse forme. Nel caso della Svizzera tale contributo è però an-
cora diverso, e statisticamente più rilevante. «Hanno sede entro i confini della Confederazione le più influenti associazioni sportive a livello internazionale, com’è il caso del Cio, della Fifa e della Uefa, istituzioni preposte a organizzare regolarmente importanti eventi sportivi, dai Giochi olimpici, ai Campionati europei, ai Mondiali. Si tratta di eventi che generano entrate sostanziali, anche solo in termini di diritti d’immagine e marketing, di cui una parte è utilizzata per coprire le spese, mentre una seconda è ridistribuita ad altre associazioni sportive. In termini statistici queste operazioni figurano quale export svizzero di servizi del settore del tempo libero e dell’intrattenimento, con una chiara incidenza anche sul Pil, dell’ordine di 0,4 punti percentuali spalmati sull’arco di 12 mesi. È un dettaglio che rischia di trarre spesso in inganno sull’andamento del ciclo economico svizzero, com’è il caso del 2024, anno in cui si sono disputati sia gli Europei di calcio sia le Olimpiadi, che mascherano un andamento del Pil più piatto (+1,1% atteso), causato dal forte rallentamento dell’Eurozona», prosegue il Cio di Ubs. La grande evoluzione. Eppure sino a qualche anno fa l’industria del calcio non era ancora quello che è invece oggi, sia in termini di internazionalizzazione, sia in ambito economico-finanziario. Ma cosa ha scatenato questo processo? «Sono principalmente tre le fasi di trasformazione che hanno consentito il globalizzarsi del calcio europeo. Nel 1995 la sentenza Bosman ha permesso la libera circolazione dei giocatori tra campionati della fu Comunità Europea: se nel 1992 la Premier League inglese vantava appena 13 giocatori stranieri, l’anno scorso erano oltre 350. Una seconda fase è stata di ‘promozione’, diversi tornei sono iniziati a essere disputati in altri continenti, com’è il caso di Stati Uniti 1994, Corea/ Giappone 2002, Sud Africa 2010, e Qatar 2022. La terza componente è invece la comunicazione, un importante sforzo di marketing verso mercati non tradizionali, unito al diffondersi dei social media, basti pensare al fenomeno Ronaldo - Messi su Instagram. È così che sono cambiati completamente gli equilibri che una volta regolavano il settore», riflette Moritz Henkel, Etf Product manager di VanEck. In tempi sorprendentemente brevi la situazione è del tutto cambiata, e questo evidentemente apre anche a nuovi scenari.
«Oltre a essere lo sport più popolare al mondo, anche in termini economici l’elenco dei pro è lungo. Un club ben gestito può diversificare le proprie entrate in moltissimi modi, ma soprattutto è un’industria che cresce costantemente, con un potenziale innovativo digitale e tecnologico dei più significativi»
Andrea Traverso, Director Financial Sustainability & Research della Uefa
Calcio europeo
Le dimensioni del mercato (mld eur)
■ ‘Big five’, Le principali leghe europee
■ Principali leghe senza le ’Big five’
■ Altre leghe dei Paesi ‘Big five’
■ Fifa, Uefa e associazioni nazionali ■ Altre leghe
Fonte: Deloitte 24
Le 5 principali leghe europee
Media monte salariale per club (mln eur) Rapporto salari/ricavi (in %) Il monte salariale Evoluzione di ricavi e salari (mln eur)
Fonte: Deloitte 24
Evoluzione dei ricavi dei primi cinque campionati (dati mln eur)
Fonte: Deloitte 2024
«Da semplice intrattenimento, lo sport è diventato oggi una sofisticata e attrattiva asset class. Le valutazioni dei club stanno crescendo, spinte dall’interesse degli investitori che vedono sempre più gli sport quali investimenti stabili e remunerativi. È l’onda lunga di un fenomeno iniziato molto prima negli Stati Uniti, e che sta invece ora interessando in misura significativa anche il calcio europeo, un mercato quasi vergine e molto profondo. Se
Nonostante l’Europa sia la culla del gioco del calcio i cinque principali campionati concentrano grandissima parte delle risorse dell’intero settore, lasciando le briciole ai campionati minori, e agli altri Paesi, che si trovano a barcamenarsi in situazioni finanziariamente complesse. Sopravvivono profonde differenze tra Paesi anche a livello di sostenibilità di bilancio, e impiego di tali risorse.
Profittabilità dubbia
«In generale nelle squadre maschili, in discipline note come il calcio, il profilo rischio/ rendimento è analogo a quello di un Private Equity buyout. Quando si va invece su sport femminile, o discipline meno note, ci si sposta verso il Growth Investment o il Venture Capital»
Nicole Pullen Ross, Head of Private Wealth Management Sports & Entertainment Solutions di Goldman Sachs
Risultato operativo delle cinque principali leghe (mln eur) Inghilterra
Fonte: Deloitte 24
Rischi, ma che rischi?
Nonostante il lento professionalizzarsi della gestione del calcio europeo, in termini di management, sono ancora molti i proprietari di club ‘vecchio stile’, sia in Europa, che altrove. E questo inevitabilmente spinge a qualche doverosa riflessione. «Anche a patto di avere a disposizione i capitali necessari, una preliminare domanda da porsi prima di acquistare un club è quanto rischio si sia disposti a sopportare, e se questi inevitabili rischi finanziari siano o meno mitigati da benefici di natura non economica. Evidentemente non tutto può essere calcolato, a partire dai rischi derivanti dalla squadra e dalle dinamiche di campionato, ma esistono anche elementi più oggettivi, quale la forza del brand, la natura dei contratti d’immagine, la diversificazione dei ricavi, e i rapporti con la tifoseria», sintetizza l’esperta di Goldman Sachs. Anche a dipendenza della tipologia di squadra, e della disciplina, a parità di elementi le conclusioni possono cambiare. «Quale regola del pollice le squadre maschili, in discipline consolidate, come può esserlo il calcio europeo o il football americano, il profilo rischio/rendimento è analogo a quello di un tradizionale Private Equity buyout, per la natura generalmente più matura del business. Quando si va invece su sport femminile, o discipline non ancora seguitissime, la tipologia dell’operazione si sposta man mano verso il Growth Invest-
lo sport si globalizza, il suo ecosistema finanziario evolve, traendo ispirazione da dinamiche che hanno già toccato mercati analoghi, il che spinge a pensare ci si trovi solo all’inizio di un lungo percorso di entusiasmante crescita, per gli investitori oltre che per i tifosi», nota Patrick Emborg, Private Markets analyst di Decalia. Del resto gli atout di un investimento di questo tipo iniziano a essere diversi, e tutti importanti. «Oltre a essere lo sport più popolare a livello globale, anche in termini economici l’elenco dei pro è lungo. Un club ben gestito può diversificare le proprie entrate in moltissimi modi, i diritti mediatici sono un mercato in costante crescita, il coinvolgimento digitale dei tifosi è un ambito ancora tutto da sviluppare al pari della sua monetizzazione, gli stadi e le infrastrutture sportive sono una componente ancora sottovalutata, ma soprattutto è un’industria che cresce costantemente, con un potenziale innovativo digitale e tecnologico dei più significativi. Quando c’è l’interesse, gli strumenti per esporsi al settore si moltiplicano, il che
Dopo anni complessi, infine l’industria sta uscendo dalle cifre rosse, con un po’ di... fortuna?
Fonte: Goldman Sachs Rischio Investitore passivo in fondi sport
ment o il Venture Capital, dunque maggiori rischi, ma anche risultati potenzialmente ancor più importanti, che però molto difficilmente saranno sufficienti a giustificare l’investimento. In questi casi l’investitore ha molto spesso motivazioni diverse, che richiedono ad esempio un coinvolgimento emotivo molto più importante quale supporto», conclude Pullen Ross. Il coinvolgimento del potenziale investitore assume dunque un ruolo decisivo nel giustificare l’operazione. «Al crescere del rischio è evidente che le motivazioni alla base non possano più essere in larga misura razionali o finanziarie, ma il ‘ritorno’ sperato è molto più variegato. Secondo le nostre analisi la componente economica passa al terzo posto, sopravanzata da legami affettivi o passionali, e dal desiderio di ‘lasciare un segno’, simil impact investing», conclude l’esperta.
sta dando origine a strutture finanziarie anche molto complesse intorno a numerosi club europei», evidenzia Andrea Traverso, Director Financial Sustainability & Research di Union of European Football Associations (Uefa).
È una forma d’investimento particolarmente malleabile, sia che a contare sia il rendimento, sia che a prevalere siano invece altri interessi più sottili, e comunicativi. «Si tratta molto spesso di investitori interessati alla forte visibilità strategica, oltre che ai rendimenti importanti, e potenzialmente ancora maggiori. Il Lipsia, un club tedesco controllato dalla Red Bull, e il Paris Saint-Germain, a controllo statale del Qatar, ben catturano questa duplice utilità, rispetto ad altre società detenute invece da investitori istituzionali quale semplice asset di portafoglio. È ormai consolidata la presenza di una stessa proprietà all’interno di più club, in ottica di diversificazione dell’investimento, ma questo al contempo solleva qualche seria preoccupazione che in Europa non è ancora stata davvero indagata, diversamente dagli Stati Uniti dove le regole sono già chiare», rileva l’esperto di VanEck. Al giro di boa. Nonostante il perdurare dell’emergenza pandemica in Europa più che in altre regioni, e con un impatto economico maggiore, gli effetti che ha avuto sul settore si stanno dimostrando tutto sommato positivi, anche a distanza di anni. «A differenza di molti altri comparti, l’industria del calcio si è dimostrata resiliente sia a fasi di importanti disordini finanziari, sia durante la pandemia, nonostante tutte le restrizioni adottate. Le valutazioni dei club si sono dimostrate stabili, e in molti casi hanno continuato a crescere in maniera sorprendente, confermando i dati che vogliono quest’asset class quale eccellente copertura contro la volatilità, vantando una correlazione minima con i mercati finanziari. Il perché di questa dinamica è presto detto, le principali entrate dei club sono solitamente regolate da contratti di lungo periodo, quali i diritti mediatici e le sponsorizzazioni, oltre che da un’affezionata base di tifosi», precisa l’esperto di Decalia. Per quanto in termini di valutazioni il settore abbia retto bene l’urto della pandemia, nonostante le molte difficoltà in termini di ricavi, negli ultimi anni sono stati molti i passaggi di proprietà. Un controsenso? «L’ondata record di operazioni che hanno visto i club europei
«Il calcio ha il potere di catalizzare la crescita economica e notevoli benefici sociali di un luogo, attirando investimenti, attraendo notevoli flussi di ‘visitatori’, creando quindi posti di lavoro. Non sono da dimenticare gli effetti a cascata sulle aree circostanti, potenzialmente ancora più significativi»
Elena Guglielmin, Cio di Ubs Wealth Management
Situazione debitoria
Evoluzione dei livelli di debito bancario dei club (mld eur)
Fonte: Uefa 24
Situazione debitoria
Evoluzione dei debiti verso gli azionisti (mln eur)
Fonte: Uefa 24
protagonisti tra il 2021 e il 2022 è stata guidata da una serie di coincidenze, tra cui la disponibilità improvvisa di ingenti capitali a basso costo; parallelamente i proprietari precedenti dei club avevano riportato ingenti perdite finanziarie per il crollo dei mercati, e avevano dunque messo in vendita diversi asset, tra cui le squadre, interessanti prede di Private Equity e istituzionali. Negli anni successivi la situazione è cambiata, e si è assistito
Se i risultati d’esercizio dei club stanno migliorando, seppur lentamente, la situazione debitoria delle principali leghe sta assumendo contorni drammatici, o comunque particolarmente preoccupanti. Nella maggior parte delle squadre non ha ancora attecchito l’idea che finanza e risultati sportivi possano in realtà convivere, e che soprattutto siano virtuosamente alleati.
Monte salariale
«La sete di ricavi dei club sta spingendo ad aumentare il numero di partite, a creare nuovi tornei, alimentando un circolo vizioso. Il rischio è di perdere di vista che il calcio sia un gioco, e soprattutto che l’atleta è un uomo che per dare spettacolo ha anche bisogno di tempo per recuperare le energie»
Claudio Morelli, Presidente dell’Accademia del Servette Football Club Genève 1890
Evoluzione del costo per salari delle leghe Top5 (mln eur)
Fonte: Deloitte 24
Si aprono gli spread
Differenze di valutazione dei club per lega (in mln eur)
Atlético de Madrid
della I squadra
mente molto positivi. «Nei primi mesi della pandemia si registrò un significativo calo dei ricavi, dovuto all’interruzione delle partite, conseguentemente di trasmissioni e sponsorizzazioni. Da allora c’è stato un rimbalzo, i ricavi hanno ripreso a crescere, e soprattutto è maturata una nuova consapevolezza sull’importanza della sostenibilità finanziaria e operativa del settore, il che sta spingendo i club ad adottare una pianificazione di lungo termine dei finanziamenti, e a un’importante diversificazione delle fonti di ricavo. La strada da percorrere per integrare pratiche finanziarie sostenibili in modo strutturale all’interno delle strategie dei club è sicuramente molto lunga, ma ci sono stati importanti progressi», precisa Henkel. Sempre più in alto. Sulla falsa riga dei campionati del Nord America, la potenziale crescita delle entrate derivanti da diritti mediatici e sponsorizzazioni potrebbe dimostrarsi esponenziale, e in tempi molto brevi, di pari passo al professionalizzarsi del settore. «Nel corso del 2023 i ricavi commerciali aggregati dei club europei sono rimbalzati del 19%, portandosi a quota 7,6 miliardi di euro, anche grazie a un utilizzo migliore degli stadi, mentre i ricavi derivanti dai diritti televisivi delle cinque principali leghe ha raggiunto i 9,2 miliardi. L’aumento aggregato dei ricavi del settore di 2,3 miliardi al netto dei costi ha superato l’incremento del monte salariale di tutti i club, portando a una sensibile contrazione del rapporto salari/ricavi medi in tutte le cinque leghe, che in aggregato hanno registrato un utile operativo superiore a 500 milioni di euro», chiosa Guglielmin.
Fonte: McKinsey
Le valutazioni dei club continuano a correre, e si apre la forbice tra i principali e i secondari, anche all’interno degli stessi campionati. Se volano dunque i ricavi, oltre che le valutazioni, a esplodere sono i monti salariali, e non solo dei giocatori, che di fatto non consentono nella maggior parte dei casi di raggiungere un indispensabile equilibrio finanziario.
a una forte diminuzione di questa tipologia di acquisizioni, con gli investitori che hanno iniziato a preferire club europei di leghe minori, le cui valutazioni sono inferiori, oltre a partecipazioni di minoranza nel capitale dei grandi club», analizza l’esperto della Uefa.
Se dunque nell’immediato il settore era risultato tra i più colpiti dalle restrizioni sanitarie, a distanza di qualche anno gli sviluppi si stanno dimostrando certa -
Il miglioramento dei ricavi e la compressione relativa dei costi non sono però frutto del caso, ma il risultato di un cambio di regime regolatorio. «Questi 500 milioni di euro di utile - l’ultimo risultato positivo erano stati gli 1,4 miliardi del 2018/19 - sono sicuramente stati ottenuti anche grazie a normative sovranazionali e nazionali in ambito di sostenibilità finanziaria dei club implementate negli ultimi anni. Il miglioramento della profittabilità operativa ante imposte si è accompagnata a profitti netti del calcio mercato, e a ricavi straordinari significativi riportati da alcuni top club, come il Barcellona, il Bournmouth e il Chelsea. Nel 2024/25 i ricavi aggregati delle cinque principali leghe raggiungeranno i 21 miliardi di euro, con la Premier League a trainare
l’industria, soprattutto grazie ai nuovi format delle Coppe europee, e al crescente numero di partite, che da sole dovrebbero valere sino a 500 milioni di extra ricavi», evidenzia il Partner di Deloitte.
Dunque almeno apparentemente pacche sulle spalle, e complimenti per tutti? «Non proprio. Rispetto al 2012 i ricavi sono più che raddoppiati, battendo ogni record, ma le sfide finanziarie stanno aumentando per lo scarso controllo sui costi. La Premier League dal 1991 al 2023 ha registrato un Cagr dell’8% a livello di introiti delle partite, del 20% dei diritti mediatici, e del 12% del merchandising, ma comunque non abbastanza da fronteggiare l’esplosione dei costi, salari in primis. Gli ingaggi sono però ‘solo’ due terzi del totale, il restante terzo sono spese operative difficilmente comprimibili, dai costi fissi degli impianti alla loro manutenzione. Il risultato è che nonostante i maggiori ricavi, a fine 2023 i livelli d’indebitamento bancario dei club hanno raggiunto i 12 miliardi di euro, il 50% in più rispetto al 2019, e a causa dell’aumento degli interessi passivi non sono da escludersi scossoni», nota l’esperto di VanEck. Evidentemente non tutti i club sono uguali, e nemmeno tutti i Paesi, sopravvivono infatti peculiarità nazionali, nonostante l’avvicendarsi delle differenti proprietà. «A livello europeo la Bundesliga costituisce una storia a parte, sotto molti aspetti. Il campionato tedesco ha chiuso un 2022/23 con ricavi straordinari, in crescita del 22% a 3,8 miliardi di euro dai 3,1 precedenti. Un terzo dei 700 milioni di nuova raccolta deriva dalla vendita di biglietti, che con una media di quasi 43mila spettatori a partita, e un grado di occupazione degli stadi del 92%, si conferma al top in Europa. Nonostante un incremento del 14% dei salari aggregati il rapporto salari/ricavi rimane al 55%, il più basso tra le cinque principali leghe europee, confermando la lunga tradizione che vede la Germania in più di un ambito finanziariamente molto ‘sostenibile’, e portando a casa un risultato operativo pari a 400 milioni», rileva Monga. Buona gestione? Se dunque la Germania non troppo sorprendentemente è in controtendenza rispetto al resto del mercato, un’ulteriore domanda è se questo possa dipendere anche da altri elementi, o sia una mera questione ‘culturale’. «La struttura del calcio europeo è imperniata sul modello promozione/retrocessione,
«A differenza di molti altri comparti, l’industria del calcio si è dimostrata resiliente sia a fasi di disordini finanziari, sia durante la pandemia. Le valutazioni dei club sono rimaste stabili, e in molti casi hanno continuato a crescere, confermando che quest’asset class sia un’eccellente copertura contro la volatilità»
Patrick Emborg, Private Markets analyst di Decalia
Diritti mediatici
Durata dei contratti (nazionali e internazionali) per stagione (in mln
Fonte: Uefa 23
Passaggi di testimone
Attività di M&A tra le prime cinque leghe europee
il che inevitabilmente accentua l’importanza del successo sportivo rispetto alla sostenibilità finanziaria. È questa una delle principali cause che ha poi effetti a cascata sull’intero funzionamento dell’industria, e dunque gli eccessi di spesa, l’aumento dell’indebitamento, la dipendenza da fonti di finanziamento esterne. Più sottilmente ha anche generato una forte inflazione nel calcio mercato, e un consistente aumento del rapporto salari/ricavi,
Negli ultimi anni è cresciuto fortemente l’interesse per il calcio europeo di investitori istituzionali anche stranieri, che vedono il grande potenziale dell’industria. Nonostante i diritti mediatici siano gran parte dei ricavi dei club, guardando al Nord America i margini di crescita rimangono spaziali, e l’aprirsi di una nuova stagione di rinnovi lascia ben sperare per i prossimi anni.
«Sono tre le fasi che hanno consentito il globalizzarsi del calcio europeo. Nel 1995 la sentenza Bosman ha permesso la libera circolazione dei giocatori tra campionati; una seconda fase è stata di ‘promozione’, tramite diversi tornei disputati in altri continenti; la terza è invece di marketing e comunicazione»
Moritz Henkel, Etf Product manager di VanEck
da un 50% medio nel 1997 per le cinque principali leghe, al 66% del 2023. Da un punto di vista finanziario all’interno dei campionati le differenze sono però sostanziali, e il divario sta aumentando, il che ha ad esempio spinto ad aggiornare il regolamento del Fair Play Finanziario del 2009 con il Regolamento sulla sostenibilità finanziaria del 2022, con risultati ancora tutti da vedere», prosegue Henkel.
Gabbie salariali 3.0
La vecchia Europa ha spesso la cattiva abitudine di importare dagli Stati Uniti non solo energia o tecnologia, ma anche abitudini, terminologie, o modelli operativi, seguendo la ‘moda americana’. Ovviamente non sempre accade, e non in qualunque ambito, ma se a volte invece servirebbe, ovviamente... «Diversamente che nel Vecchio Continente, tutte le squadre partecipanti del massimo campionato di calcio di Stati Uniti e Canada, la Major League Soccer (Mls), sono sottoposte a un rigido tetto salariale, che contribuisce nel mantenere un sano equilibrio non solo finanziario. Fu introdotto per limitare specifiche squadre dal poter spendere troppo nei salari dei giocatori, e distorcere quindi gli equilibri competitivi del gioco, e ogni anno viene rinegoziato. Ad esempio, nel 2023 era di 5,21 milioni di dollari, e di 651mila massimi per giocatore», sintetizza l’esperto di Pictet. Se l’eccezione conferma la regola, ed è comunque sempre utile per tutti poter contare su qualche fuoriclasse, ecco una soluzione ‘casereccia’, ma dagli ottimi risultati. «Nel 2007 è stata introdotta la regola cosiddetta del Designated Player, che consente a ogni squadra di avere sino a tre giocatori fuori quota, il che facilita l’acquisizione di grandi campioni esteri, spesso europei, come fu il caso di David Beckam e Raphael Wicky, entrambi nei due grandi club di Los Angeles. A patto di designarlo come tale, il club può pagare salari anche molto più alti o un costo di trasferimento extra rispetto al resto del budget, vincolato invece al salary cap. Il risultato è un campionato sicuramente più equilibrato tra tutte le 29 squadre partecipanti, almeno in termini finanziari. Ciononostante pur essendo disputato dal 1994, i Los Angeles Galaxy hanno vinto il campionato già cinque volte, ma in condizioni diverse da quelle di molti club europei», conclude Morelli.
Le differenze restano tuttavia importanti, con chiari danni sul funzionamento dei campionati, e sulla soddisfazione dei tifosi. «Pur senza arrivare alla situazione del campionato francese, LaLiga spagnola ben evidenzia alcuni problemi, pur avendo raggiunto i 3,5 miliardi di ricavi aggregati nella scorsa stagione. Il Real Madrid e il Barcellona sono due dei più importanti club al mondo, anche per generazione di ricavi, l’anno scorso pari a 800 milioni di euro a testa, quando le restanti 18 squadre hanno invece una media di 100 milioni di entrate, il che altera molti equilibri. Ad esempio, il 67% dei ricavi commerciali dell’intero campionato è realizzato da questi due club, mentre la media del rapporto salari/ricavi si attesta al 70%. LaLiga la scorsa stagione ha realizzato un utile ante imposte di 400 milioni, in virtù però di ben 607 milioni di ricavi straordinari derivanti da operazioni condotte dai due club», chiarisce il Partner di Deloitte. A far la differenza sono però spesso anche le società stesse, e la qualità dei professionisti chiamati a gestirle. «A contare sono sempre le persone, e in più d’un modo; a livello finanziario il management gioca un ruolo decisivo come mostrano diversi esempi. Esistono società virtuose che dimostrano che una gestione sana e finanziariamente sostenibile può essere implementata, com’è il caso dell’Atalanta, dell’Atletico Bilbao e del Girona, anche in presenza di eventi eccezionali come la pandemia. Esistono però anche casi opposti, il più recente è probabilmente l’Inter, che dopo una serie di perdite finanziarie record ha visto i fondi di Oaktree Capital Management Lp assumere il controllo della holding del club. Il grosso problema è che Oaktree non aveva intenzione di farlo, e l’operazione è avvenuta per un
La situazione di bilancio dei club europei, di tutti i campionati, si conferma essere difficile, con pochi investimenti e molti debiti.
Analisi di bilancio Composizione dei bilanci dei club per Paese (in mln eur)
Fonte: Uefa 2023
Tot. attivi
Passivi medi
Altro Tot. passivi
Squad. Altro
mancato rimborso di un prestito triennale da 395 milioni di euro», riflette il presidente del Servette Fc. Qualcosa sta però cambiando, seppur non alla velocità auspicabile e necessaria. Il che è comunque una buona notizia. «L’arrivo degli istituzionali in Europa sta mutando lentamente il panorama calcistico, su modello del Nord America, dove società di Private Equity proprietarie di club di Nba o Mlb sono ormai la normalità. La gestione di questi club è altamente professionalizzata, e l’efficienza operativa e l’espansione internazionale sono obiettivi da raggiungere. In Europa è una dinamica ancora agli albori, ma che nell’Ac Milan e nel Paris Saint-Germain sta già dimostrando risultati, in termini di esperienza nella gestione, nella massimizzazione dei diritti mediatici e nello sblocco di nuovi flussi di ricavi. Il principale apporto di questi investitori non è il capitale, ma la disciplina finanziaria che obbligano a implementare», nota Emborg. Diversificate, ora! Se dunque gli atout degli istituzionali sono significativi, e a beneficiarne potrebbero essere squadre e tifosi in misura più che sostanziale, nell’immediato qualche esempio alternativo si segnala. «È una tendenza in atto da qualche anno, che vede l’acquisizione di interi club o quote di club da parte di questa nuova tipologia d’investitori. C’è però una storia molto particolare che sta coinvolgendo LaLiga spagnola, il cui protagonista è Cvc, una società di Private Equity con sede nel Regno Unito. Nel luglio 2021 ha acquisito una partecipazione del 10% nei diritti commerciali del massimo campionato spagnolo, per una durata di 50 anni. L’operazione ha come obiettivo di supportare lo sviluppo del calcio spagnolo, grazie a un’iniezione di capitali freschi, il che ha ad esempio portato a una crescita dei ricavi nel 2022/23 del 15%, oltre a ricavi commerciali e da tifosi sopra il miliardo di euro. Quello che sta facendo Cvc è investire nei club, supportandoli in un percorso di crescita, a livello di infrastrutture, giovani, mantenendo il controllo dei costi», rileva Morelli.
Al pari di altri ambiti, i problemi che scontano i campionati europei sono riconducibili alla costruzione barocca del mercato unico. «La struttura della Governance dell’ecosistema sportivo europeo risulta particolarmente frammentata, ma sono stati compiuti significativi passi in avanti per modernizzare le operation,
Problemi di valore
Capitalizzazione dei bilanci dei 55 campionati europei (net equity in % ricavi ‘22)
Fonte: Uefa 2023
Vola il debito
Evoluzione dei livelli debitori dei campionati per Paese (var. ‘19 - ’22) Fonte: Uefa 2023
diversificare le entrate e attrarre nuovi investitori, emulando altri Paesi. I club europei stanno ad esempio cercando di coinvolgere sempre di più digitalmente i tifosi, con l’obiettivo di ampliarne ulteriormente la base, guardando all’Asia e al Medio Oriente. Al tempo stesso stanno rivalutando il ruolo degli stadi, all’interno di una strategia che li veda attivi 365 giorni l’anno, puntando sulla multifunzionalità, com’è il caso del Tottenham Hotspur», chiarisce l’esperto di Decalia.
I club europei in molti casi sono anche detentori di brand mediaticamente fortissimi, il che apre a ulteriori importanti opportunità. «Accanto agli investimenti fissi, esiste l’ampia categoria degli intangibili, ossia in questo specifico settore la monetizzazione del marchio. I titolari di questi diritti stanno sfidando lo status quo, e adattando le strategie di sponsorizzazione, offrendo una nuova ampia paletta di alternative, dalla denominazione degli stadi a una maggior valorizzazione delle sponsorizzazioni esistenti a livello di prezzo. In termini commerciali la penetrazione di nuovi mercati, o lo sviluppo
Se il capitale netto è spesso discutibile, anche l’aumento dei debiti è in forte accelerazione, con una progressiva erosione delle risorse disponibili. Tempo di risanamento?
degli esistenti, procede spedita anche grazie allo sviluppo di capacità interne, il che ad esempio ha portato alla nascita del Barça Licensing & Merchandising», evidenzia il Cio di Ubs.
Quelli che sino a prova contraria restano tutti tentativi, riflettono anche uno stato di profonda arretratezza in cui l’Europa si trovava. Ma com’è stato possibile? «È un’industria che non si era mai professionalizzata, e in cui sopravviveva, e in parte continua, l’idea del ‘patròn’ della squadra, tipicamente un imprenditore o comunque un individuo abbiente, disposto a spendere parte del suo patrimonio per semplice passione, senza aspettarsi un ritorno economico. Qualcosa sta cambiando, e ci si è resi conto che il settore può offrire molto, a patto di saper valorizzare il club, ad esempio ottimizzando
partnership e sponsorizzazioni; valorizzando il settore giovanile, interno ed esterno; operando nel calcio mercato con lungimiranza e raziocinio; investendo in infrastrutture, spesso obsolescenti come in Italia, e garantendo una migliore fan based experience, potenziando quindi il brand», nota il presidente del Servette Fc. Al pari di molti altri ambiti, anche in questo tra il dire e il fare c’è però di mezzo il mare, anche in quella più apparentemente intuitiva delle attività: costruire. «Investire in opere di miglioria o in strutture completamente nuove è la più semplice delle soluzioni per migliorare radicalmente l’esperienza dei tifosi, e generare nuovi ricavi per il club, che vadano oltre i 90 minuti di gioco. L’esplosione dei costi di costruzione del post pandemia sta ponendo però importanti sfide anche ai club più attrezzati, che spesso devono ricorrere a modelli di finanziamento sofisticati, a prescindere dal fatto che molti stadi siano ancora di proprietà pubblica, che complica ulteriormente il quadro. Per costruire il nuovo impianto il Barcellona ha dovuto emettere obbligazioni pari a 1,45 miliardi di euro, mentre per la ristrutturazione del Bernabéu ne sono servite per 1,76 miliardi, con piani di rimborso sull’arco di decenni. I risultati però già si vedono, con un aumento dei ricavi da stadio dei primi 20 club del 31% in pochi anni», rileva l’esperto di VanEck. Data la magnitudo di tali investimenti, la naturale conseguenza è già dietro l’angolo, il che frena le buone intenzioni di molti. «Se guardiamo al 2022 e ai primi 700 club europei, in aggregato sono stati spesi 1,1 miliardi di euro in infrastrut-
(mln eur) Invest.
‘22
Gli stadi sono uno degli attivi con maggior potenziale dell’industria in Europa, ma le difficoltà e i costi sono importanti. Sotto, le valutazioni dei principali club europei, la Top32, supera ampiamente la soglia dei 50 miliardi di euro, in costante e forte progressione, senza affanni.
altre 76 squadre dei principali campionati appena 2,1 miliardi, in linea con gli anni precedenti», precisa Traverso. Se però è ben evidente che costruire uno stadio generi un indotto importante per l’intera durata del cantiere, gli effetti a cascata dello sport in generale sono spesso sottovalutati anche dalle autorità nazionali e locali. «Secondo una recente indagine condotta nel Regno Unito, si stima che per ogni sterlina spesa in sport e attività fisica, ne vengano generate ben 4 in benefici per salute e benessere, e oltre a migliorare la vita delle persone, diminuisce anche gli oneri per il sistema sanitario. Sono questi i veri benefici che i club possono generare per la collettività, a patto di riuscire a individuare le giuste alchimie con la Politica, combinando investimenti necessari con strategie di comunicazione ad hoc, indirizzate ad esempio ai più giovani», sintetizza Guglielmin.
ture sportive, dunque un +25% rispetto al 2021, ma ancora -26% sul 2019. Di questi, 365 milioni sono attribuibili alla sola Premier League, di cui la metà a carico del solo Everton. Al pari che in Francia, dove il Paris Saint-Germain e L’Olympique Lyonnais hanno investito 140 milioni. Allargando l’orizzonte il dato si relativizza ulteriormente, tra il 2018 e il 2022 i primi 20 club inglesi hanno investito solo 2,5 miliardi di euro in impianti, mentre le
Non tutto è però rose e fiori, l’implementazione di nuove tecnologie, la necessità di spingere costantemente i ricavi, oltre a garantire un ritorno degli investimenti, rischia infatti di mettere in ombra un elemento chiave. «Anche nel mondo del calcio è sempre più frequente il ricorso ad algoritmi e Intelligenza Artificiale per analizzare i dati, valutare le prestazioni dei calciatori, identificare nuovi talenti, prendere migliori decisioni tattiche… La sete di ricavi dei club, di ogni ordine e grado, sta anche spingendo Uefa e Fifa ad aumentare il numero di partite, a creare nuovi tornei, alimentando un pericoloso circolo vizioso. Il rischio è di perdere di vista che il calcio sia un gioco, e soprattutto che l’atleta è un uomo che per dare spettacolo ha anche bisogno di tempo per recuperare le energie. Esigenze che la Fifpro, il ‘sindacato mondiale’ dei calciatori, sta iniziando a esporre alle più alte istituzioni del settore, le cui sedi sono tutte in Svizzera», conclude Claudio Morelli.
Al pari di molti altri casi, l’industria del calcio si trova in una fase di profonda evoluzione, con l’urgenza di individuare una nuova formula, per altro già nota, di sano equilibrio tra risultati sportivi e sostenibilità finanziaria dei club. Un club insostenibile non dovrebbe avere un futuro sportivo, e forse qualche sforzo in più il regolatore potrebbe profonderlo. ❏
Fonte: Uefa 2023
Fonte: Uefa 2023
Ciak, si gira!
Accomunate da una grande vitalità nell’ambito della produzione cinematografica, Svizzera e Spagna presentano scenari diversi per quanto concerne il sostegno alla cultura. Al sistema
rossocrociato delle sovvenzioni si contrappone il sistema spagnolo basato sugli incentivi fiscali, che allettano investimenti anche da privati, magari provenienti da altri settori.
Nel periodo natalizio è tradizionale l’uscita di nuove produzioni cinematografiche. È anche un tempo dedicato a bilanci e preventivi, anche di natura finanziaria. Questa cornice mi ha dato lo spunto per questo mio contributo, dedicato ad un aspetto che trovo interessante, ovvero gli incentivi fiscali, alle produzioni cinematografiche, audiovisivi e spettacoli, offerti dall’ordinamento giuridico spagnolo. Ma prima di tutto vale la pena inquadrare la situazione e fare qualche paragone con quello che succede in Svizzera. Nel luglio di quest’anno, il
incremento delle richieste di sostegno. Swiss Films lo scorso anno ha elaborato 310 di queste richieste (+9%). Un record. (…) L’agenzia, in collaborazione con l’Ufficio federale della cultura (Ufc), ha stanziato più di 1,7 milioni di franchi per promuovere la distribuzione internazionale dei film elvetici. Più del doppio rispetto al 2021. Di tale importo, 1,4 milioni sono andati al sostegno alla distribuzione per uscite internazionali mentre 400mila franchi sono stati allocati a sette altre misure di sostegno per la diffusione internazionale del cinema svizzero’. Il Vallese, secondo quanto riportato da Swissinfo.ch lo scorso mese di ottobre, si sta proponendo come ‘nuovo
Corriere del Ticino pubblicava un articolo con informazioni sulle produzioni cinematografiche in Svizzera. I dati sono allettanti: nel 2023 sono stati prodotti 680 film elvetici con un aumento del 60% rispetto al 2022. Dal punto di vista finanziario si è evidenziato che: ‘Tale aumento constante del numero di progetti provoca un
paradiso dei set cinematografici’, grazie a incentivi finanziari e soluzioni logistiche efficaci. Per quanto riguarda gli incentivi finanziari: ‘Il Cantone offre fino a 100mila franchi di rimborso sui costi di produzione. Questa strategia attira progetti molto variegati, tra cui il film d’animazione Sauvages. In generale, in
Svizzera, il sostegno alla cultura è articolato attraverso una norma federale (Legge sulla promozione della cultura, LPCu) e le rispettive norme cantonali (in Ticino: Legge sul sostegno alla cultura) e comunali (a Lugano: Regolamento per l’erogazione di contributi comunali a terzi). Ciò che caratterizza l’attuale sistema vigente in Svizzera in merito agli incentivi alle produzioni cinematografiche in particolare ed alla cultura in generale, è che sotto il profilo finanziario detti incentivi sono configurati sotto forma di sovvenzioni. Diversa, sotto molti aspetti, è la situazione in Spagna. Se già dagli anni ’60 la Spagna è stata scelta come ‘set’ per girare grandi capolavori come Il buono, il brutto, il cattivo e Per un pugno di dollari di Segio Leone, il Cid Campeador con Sofia Loren e Charlton Eston (mio suocero, che ai tempi giocava nel Real Madrid, ancora si ricorda di essersi allenato nella palestra dei giocatori con il grande attore) per poi passare da Star Wars, Indiana Jones e molti altri, ultimamente è stato con l’avvento delle grandi produzioni delle piattaforme digitali ed in particolari con Il Trono di Spade, che è cominciato un vero e proprio ‘boom’ del settore da parte delle produzioni internazionali in Spagna. Ma anche le produzioni nazionali ‘girano’ bene. Secondo il Ministero spagnolo della Cultura e dello Sport, nel 2023, la produzione cinematografica ha continuato a crescere, con film, documentari, film d’animazione e sperimentali. In totale sono stati realizzati 375 lungometraggi. Di questi, 77 sono stati co-prodotti con altri Paesi. Questo sistema di produzione si sta affermando come mezzo fondamentale per far arrivare i film spagnoli sul
A sinistra, una scena di Sauvages, film d’animazione svizzero, diretto da Claude Barras.
mercato estero e per rendere redditizi i grandi investimenti iniziali necessari per produrre un lungometraggio: Francia, Portogallo e Messico sono stati i Paesi con cui è ne stato co-prodotto il maggior numero. Dei 375 lungometraggi prodotti durante l’anno, 173 erano film, 176 documentari, 7 film d’animazione e 19 film sperimentali. Se è vero che il numero dei film in Spagna nel 2023 è stato poco più della metà di quelli prodotti in Svizzera lo stesso anno, dal punto di vista finanziario, le cifre sono altre. Solo di sovvenzioni concesse (alla produzione, ma anche alla distribuzione, proiezione, eventi, ecc.): 117.161.075 euro dal ‘Fondo De Protección a la Cinematografía’ e 11.380.659 euro dal fondo ‘Recuperación y Resilencia’ a un totale di 1077 aziende del settore. Il ‘Ministerio para la Transformación Digital y de la Función Pública’ ha manifestato l’entusiasmo per lo sviluppo del settore anche dal punto di vista della creazione di posti di lavoro. Sulla base di uno studio relativo al 2023 la generazione di occupazione nelle attività audiovisive è aumentata di oltre il 93% in tre anni. ‘In particolare, il lavoro nel settore dei film, dei video e dei programmi televisivi in Spagna è passato da 32mila persone che vi lavoravano nel 2020 a più di 62mila professionisti nel quarto trimestre del 2023. Cifre alimentate sia dall’aumento della produzione nazionale che dal notevole incremento dell’attrazione di riprese cinematografiche internazionali nel nostro Paese. Questa attrazione di riprese, nell’ambito di una strategia trasversale in cui le iniziative sono state coordinate con misure di tredici ministeri, sta facendo della Spagna uno dei principali destinatari di investimenti nella produzione di contenuti originali in Europa, avvicinandosi ai Paesi che tradizionalmente guidano questo investimento, come Francia, Germania e Regno Unito. (…) Nel caso delle produzioni straniere realizzate in Spagna, questo investimento si è tradotto in 10mila contratti di lavoro per un valore di 55,5 milioni di euro, di cui 12 milioni di euro corrispondono all’imposta sul reddito delle persone fisiche, e ha significato un’entrata di quasi 22 milioni di euro per la Previdenza Sociale. Ma a differenza della Svizzera, i cui incentivi sono basati fondamentalmente sulle sovvenzioni, in Spagna sono stati introdotti degli importanti incentivi fiscali che allettano gli investimenti nel settore da parte dei privati, anche se provenienti da settori completamente diversi. Tali incentivi si basano su un sistema di de-
duzioni fiscali applicate a seconda del tipo di produzione e calcolate sui costi totali di produzione. Per esempio, per quelle audiovisive, si applica una deduzione del 30% sul primo milione e del 25% sul rimanente. La base per la deduzione è il costo totale della produzione, aggiungendo le spese per l’ottenimento di copie e le spese di pubblicità e promozione a carico del produttore fino al limite per entrambi del 40% del costo di produzione. Per la produzione e la messa in scena di spettacoli di arti e musica dal vivo, la deduzione è del 20% sulla base della somma dei costi diretti artistici, tecnici e promozionali sostenuti in questi concerti musicali, festival o spettacoli teatrali, danza, ... Di speciale interesse è la deduzione per il produttore straniero che recupera parte del denaro speso in Spagna per la produzione di film o progetti audiovisivi. La deduzione è del 30% sul primo milione e del 25% sull’eccedenza. La base della deduzione è la somma di alcune spese sostenute in territorio spagnolo e direttamente collegate alla produzione. In particolare, le spese del personale creativo, a condizione che sia residente ai fini fiscali in Spagna o in uno Stato membro dello Spazio Economico Europeo, e le spese derivanti dall’utilizzo di industrie tecniche e altri fornitori. Queste deduzioni hanno dei limiti: l’importo della deduzione per le produzioni audiovisive non può superare i 20 milioni di euro per ogni film o produzione. Nel caso di serie audiovisive, la deduzione sarà determinata per episodio e il limite è di 10 milioni di euro per ogni episodio prodotto. Per quanto riguarda la deduzione per concerti e spettacoli, il limite massimo è attualmente fissato a 500mila euro per contribuente in ogni periodo fiscale. In ogni caso le deduzioni sono concesse previo adempimento di vari requisiti (sostanzialmente adempibili da ogni produttore serio). L’incentivo più originale è forse quello denominato ‘Tax Equity Cultural’: consiste nella possibilità, da parte di terzi (di settori completamente differenti), di essere ‘cessionari’ delle deduzioni fiscali derivate dalle produzioni culturali. Attraverso questo sistema un contribuente può finanziare una produzione culturale, senza partecipare nei diritti d’autore, contribuendo ad una parte dei costi della stessa e ricevendo il diritto di applicare nella sua dichiarazione d’imposta una deduzione pari a quanto risulta moltiplicando l’importo finanziato
David Mülchi, Avvocato e Socio dello Studio Legale Mülchi & Asociados, Madrid e Lugano.
per il coefficiente di 1.2. Per esempio, se uno studio legale (non so se sia il miglior esempio) finanzia una produzione audiovisiva per 100mila euro, potrà applicare nella sua dichiarazione fiscale una deduzione di 120mila euro, ovvero con una redditività fiscale del 20%. Il sistema è ben collaudato e la sicurezza giuridica garantita da disposizioni normative precise e da una serie di interpelli vincolanti dell’amministrazione tributaria. Incentivo che può essere applicato direttamente dai terzi interessati ma anche attraverso strutture societarie come la ‘Agrupación de Intereses Economicos (Aie): quest’ultima è un’entità con personalità giuridica e natura commerciale propria, creata per facilitare lo sviluppo o migliorare i risultati dell’attività dei suoi membri. Questo tipo di associazione consente alle aziende di unire le forze in attività economiche ausiliarie, senza scopo di lucro per sé, il che significa che i profitti generati sono destinati ai soci. Tutti questi incentivi interessano i contribuenti con una base imponibile positiva ma la norma tributaria permette di applicare il totale della deduzione non solo nell’esercizio fiscale nel quale è stata generata ma anche nei 15 anni seguenti. Penso che questi incentivi fiscali siano molto positivi e, sebbene non possano sostituire il modello delle sovvenzioni statali, sono un’ottima occasione, per favorire la creatività e il settore delle imprese culturali da parte dei privati. Vi immaginate uno studio legale finanziare la produzione di un cartone animato per ottenere un vantaggio fiscale?
Ingegnarsi per l’ambiente
Migliorare la qualità della vita e dell’ambiente è stato l’obiettivo ben prima che si destasse l’attenzione alle questioni della sostenibilità e iniziasse la rincorsa alla transizione energetica. Aria, suolo, acqua: l’impegno di Csd Ingegneri si rinnova di fronte alle sfide attuali, grazie alla vasta gamma di competenze sviluppatasi dall’alleanza fra ingegneria e geologia, con una rete internazionale saldamente ancorata alle realtà locali e uno spirito multidisciplinare e inventivo.
Geologia e ingegneria. Un connubio che le sfide ambientali ed energetiche hanno reso scontato. Ma a inizio anni Settanta, quando lo shock petrolifero non era ancora intervenuto a risvegliare gli animi e il buco nell’ozono era invisibile ai più, l’idea di offrire servizi che combinassero le competenze delle due discipline era inedita. In Svizzera, la Legge federale sulla protezione dell’ambiente non sarebbe entrata in vigore che nel 1985. Così, quando nel 1970 Carlo Colombi e Bernard Schmutz, geologi, e Jean-Pierre Dorthe, ingegnere civile, decisero di unire le loro competenze in scienze della terra e costruzione, in pochi credevano nel futuro del progetto. Cinquantaquattro anni più tardi, con una trentina di succursali fra Svizzera, Italia, Belgio, Lussemburgo, Germania e Lituania, sono ormai oltre un migliaio i collaboratori della Csd Ingegneri a gestire un totale di seimila progetti circa, di ogni dimensione.
«All’inizio, Colombi, Schmutz e Dorthe si sono occupati di materiali, cave, fondazioni, un po’ tutto quello che si situa all’interfaccia fra mondo sotterraneo e superficie. È stata proprio questa la porta d’accesso all’ambiente, a partire dalla gestione dei rifiuti, che all’epoca era molto approssimativa: la prima novità sono
state le discariche controllate realizzate nei vecchi siti di estrazione di materiali; sono arrivati poi impermeabilizzazione, trattamento dei gas e delle acque di percolazione, tutta una serie di competenze che hanno fatto sì che Csd fosse già pronta quando la questione ambientale si è posta con un’urgenza insospettabile solo pochi anni prima», racconta Agostino Clericetti, dal 2024 Ceo di Csd, dopo trent’anni in cui ha contribuito al successo dello studio con il suo impegno nelle tre regioni linguistiche della Svizzera e a livello internazionale, all’origine di diverse nuove sedi (fra cui quella di Lugano, nel 1995, che ha diretto per 10 anni, oltre a Basilea,
Sopra, Csd è stata incaricata delle indagini geotecniche per la nuova centrale termica a supporto delle reti di teleriscaldamento di Granges-Paccot, Givisiez e Friburgo. La campagna di ricognizione, effettuata nel pieno rispetto delle norme ambientali del sito naturale, ha richiesto di collocare la macchina di perforazione al centro del lago. Sotto, quest’estate è stato inaugurato il nuovo tunnel dell’Albula, al termine di dieci anni per strappare alla montagna quasi 250mila m3 di materiale. Csd è stata responsabile della gestione dei materiali nelle fasi di costruzione, appalto ed esecuzione.
Milano, Neuchâtel) e dell’introduzione di nuove attività (mobilità, pianificazione territoriale). Lui stesso ha fatto parte del primo gruppetto di ingegneri del Politecnico di Losanna uscito con la qualifica “ambientale” sul diploma di Master, nel 1992: «Quando, spinto dalla mia passione sin da piccolo scout per la natura e la montagna, mi sono iscritto all’università, il corso di laurea si chiamava ancora “Genio rurale”, ma grazie alla riforma del piano di studi avvenuta durante il percorso, sostenendo un esame complementare di chimica è stato possibile prendere questa nuova strada», ricorda Agostino Clericetti. Aria, acqua, suolo. Sin dalla fondazione, Csd (acronimo che perpetua le iniziali dei cognomi dei tre fondatori) si è fatta notare per la sua capacità di realizzare studi ambientali. Seguendo i bisogni dei clienti, la gamma delle competenze è andata completandosi in modo ‘naturale’ per offrire soluzioni globali per le questioni legate all’ambiente: cave e materiali edili, acque, strade e ferrovie, edifici e quartieri, clima, economia circolare ed energia, tanto che oggi lo studio conta un’ottantina di specialità. L’ancoraggio locale, con una rete sovraregionale di oltre 20 filiali in Svizzera, assicura un servizio di prossimità, come vogliono la missione dello studio e la sua origine, fin da subito plurilingue. «Se cave e materiali edili, insieme alla geotecnica sono lo zoccolo storico, è poi arrivata la tecnica dei processi, quindi impianti di trattamento dei rifiuti, depurazione delle acque civili e industriali - ad esempio, il termovalorizzatore di Giubiasco, per citare un progetto fondamentale per il nostro territorio che ho potuto seguire personalmente, sin dalle prime discussioni - e solo successivamente si è aggiunta la costruzione, anche in questo caso mettendoci la nostra ‘marcia in più,’ quella della sostenibilità. Siamo stati fra i primi a proporre l’accompagnamento alla certificazione di costruzione sostenibile, contribuendo allo sviluppo di quella svizzera, l’Snbs e, qualche anno dopo, a quella per l’infrastruttura», evidenzia Clericetti. Fra i settori più recenti, l’energia che, particolarità, vede Csd fra i principali attori dell’eolico in Belgio, con tutti i servizi di consulenza attorno alla realizzazione di parchi, dalla valutazione della miglior ubicazione alle misure per la riduzione dell’impatto sulla fauna. La Svizzera, dal canto suo, ha già un mix molto favorevole con l’idroelettrico, ma
«Per una realtà come la nostra, senza linee di produzione, il margine di riduzione dell’impatto ambientale diretto è piccolo, limitato ai trasporti. Il contributo decisivo è quello che invece assicuriamo attraverso la bontà delle soluzioni per i nostri clienti e le scelte da loro operate»
Agostino Clericetti, Ceo CSD Ingegneri
Una capillare presenza locale...
Le sedi di Csd in Svizzera
... e internazionale
Le sedi in Europa di Csd
di attività
per sostenere la decarbonizzazione ed elettrificare ci vorranno indubbiamente più rinnovabili. «Per quanto avversato il nucleare ha l’indubbio vantaggio di non produrre emissioni dirette. Certo, si pone la questione delle scorie, ma con questa dobbiamo comunque confrontarci per le scelte passate. Noi stessi abbiamo un team di punta a livello europeo per la modellizzazione di rischio per le acque sotterranee, impegnato nelle valutazioni per la Nagra e per gli analoghi enti di
diversi paesi europei», osserva Agostino Clericetti.
La biodiversità è un altro tema attorno al quale si stanno moltiplicando le richieste di progetti di valutazione, monitoraggio, rinaturalizzazione o creazione di reti ecologiche, anche in ambiente urbano, e non solo da parte dell’ente pubblico. Negli ultimi cinque anni, Csd ha creato un team dedicato alla mobilità a Lugano, Losanna e Friburgo, e ne ha acquisito uno specializzato in pianificazione del territo-
Fonte: CSD Ingegneri
■ Sedi Csd
Fonte: CSD Ingegneri
Fonte: CSD Ingegneri
In alto, supportato dal 2020 dal team di sostenibilità di Csd, il progetto Zalando Headquarters BHQ-Z ha appena ottenuto il Dgnb Gold Standard. Al centro, Csd segue il progetto di rinaturazione della Petite Glâne (VdFr), per ripristinare la funzionalità biologica e il legame fra fiume e popolazione. In basso, la piattaforma sperimentale Geo-Bim con cui Csd unisce il sistema di informazioni geografico e quello per l’edilizia.
rio a Friburgo. «È infatti cruciale poter intervenire già in fase progettuale, quando ancora le scelte di ubicazione e infrastrutturali devono esser fatte, supportando le autorità in una valutazione lungimirante delle correlazioni fra trasporti, traffico, energia, territorio, sicurezza e conservazione del paesaggio, invece di trovarsi a rincorrere le soluzioni per minimizzare l’impatto ecologico di giochi ormai fatti da tempo», puntualizza il Ceo di Csd. Paese che vai… Ogni mercato ha le sue caratteristiche. Abbastanza prevedibilmente, in Svizzera la committenza pubblica rappresenta un 60% dei progetti in corso. Le Ffs e le ferrovie regionali sono clienti della prima ora. Un altro ambito storico, e purtroppo di grande attualità, è quello della prevenzione dei rischi naturali, che ha visto ad esempio di recente Csd in prima linea nella consulenza alle autorità di Brienz, costrette a decretare l’evacuazione del villaggio di Brienz, che ormai da anni gli esperti della succursale grigionese monitorano. Nel privato, c’è poi il settore immobiliare, dai promotori alle imprese generali al singolo architetto, cui si affiancano l’industria e l’assicurativo. In Ticino predominano i settori storici, come la bonifica dei siti inquinati, la protezione contro i pericoli naturali, l’approvvigionamento idrico, la mitigazione dell’impatto dei grandi cantieri, il potenziamento delle infrastrutture di trasporto pubblico e privato oppure i tanti piccoli progetti di efficientamento energetico nel privato, soprattutto per l’industria e il ramo alberghiero.
La clientela privata prevale invece all’estero. Del migliaio di collaboratori di Csd, un centinaio circa si trova in Belgio e Lussemburgo, una settantina in Lituania - paese che, beneficiando dei fondi Ue, ha saputo dimostrarsi molto attivo nello sviluppo dell’infrastruttura, raggiungendo anche un livello di preparazione disciplinare e tecnologica molto avanzato. In Germania e Italia la presenza è ancora embrionale, una trentina di persone, per due mercati estremamente promettenti, la prima in particolare per la costruzione sostenibile, e la vicina penisola per l’energia e, dopo il crollo del ponte Morandi, per la grande campagna di monitoraggio e valutazione dei manufatti stradali, con lo studio svizzero impegnato, come nel suo Dna, nella diagnostica delle gallerie.
Negli anni Csd ha svolto inoltre decine e decine di missioni anche nei Paesi
emergenti. Un’occasione per condividere non solo le competenze tecniche, ma anche per portare in contesti che ne hanno estremo bisogno l’esperienza organizzativa maturata grazie a una gestione molto vicina al territorio come quella svizzera. Oggi si prosegue soprattutto con i progetti della Seco a supporto del miglioramento infrastrutturale nei nuovi Paesi dell’Unione europea.
Spirito d’Initiative. Se in questi 54 anni Csd è cresciuta con rapidità diventando protagonista dell’ingegneria ambientale svizzera, con un fatturato di 125,7 milioni di franchi nel 2023, ci si è resi conto che per aumentare il peso specifico occorreva rafforzare e ringiovanire l’azionariato che, tratto identitario, era stato sempre limitato a quadri e collaboratori attivi.
«Indubbiamente rivedere la struttura proprietaria è stato un cambiamento importante. Dopo tre passaggi generazionali e con il quarto in arrivo, dal 2018-19 abbiamo cominciato a riflettere con anticipo su come assicurare la continuità aziendale. Al contempo, per poter accelerare la conquista di quote di mercato a livello nazionale ed europeo, accanto a una regolare crescita organica ci vogliono i mezzi per potenziare l’attività di acquisizioni. Dopo la pandemia abbiamo ripreso il ragionamento, con la fortuna di poter scegliere fra diversi interessati, sia grandi gruppi di ingegneria, sia investitori puramente finanziari. Abbiamo preferito la seconda opzione, che ci permette di mantenere la piena indipendenza senza doverci integrare in un altro studio, trovando in Initiative & Finance, società d’investimento francese, un perfetto allineamento di valori e ambizioni strategiche, in particolare grazie al suo nuovo fondo mid-cap “Tomorrow”. Decisivo anche che abbiano acconsentito a mantenere un azionariato largo e diffuso, dunque come in precedenza abbiamo ancora circa un centinaio di azionisti interni, anche con investimenti di portata limitata», sottolinea il Ceo di Csd.
In questi due primi anni che ricorrono proprio a dicembre, Initiative & Finance si è già dimostrato uno sparring partner molto stimolante per discutere, pur senza entrare nell’operatività, le scelte strategiche e maturare, anche grazie al confronto con altre aziende della sua piattaforma di investimento attive in altri settori, un approccio ancor più strutturato alla sostenibilità. E da questo novembre Csd
Sopra, dal 1982 Csd ha seguito il lungo iter di bonifica della discarica di Bonfol, dove erano stoccati i rifiuti della Basler Chemische Industrie, dal monitoraggio alla completa rinaturazione. A destra, nello sfidante progetto di ristrutturazione dell’impianto di trattamento delle acque reflue di Chandoline, Csd ha fornito i servizi di progettazione e gestione generale, coordinamento tecnico specialistico e coordinamento Bim.
ha anche una nuova responsabile M&A. Tutti per uno. Crescere significa anche attirare talenti, quando in Svizzera si formano ancora troppo pochi ingegneri. Vero è che quando si vira al verde, potendo attingere all’altra metà del cielo molto interessata alle tematiche ambientali, si soffre un po’ meno la scarsità, ma fra i tantissimi profili necessari a uno studio multidisciplinare come Csd, altre specializzazioni non godono della stessa sorte, come l’ingegnere del traffico e quello delle infrastrutture. Come accaparrarseli? «Il vantaggio di un’organizzazione come la nostra è poter offrire anche a un neolaureato la possibilità di partecipare a importanti progetti interdisciplinari. Garantiamo un’esperienza molto formativa, anche grazie alla nostra Academy interna, con la possibilità di assumere responsabilità in tempi rapidi. E si può approfittare anche della mobilità fra le diverse sedi. I nostri collaboratori sono poi molto presenti nel mondo accademico, sia per contribuire ad appassionare gli studenti alla nostra disciplina, sia perché viceversa sono una finestra sull’avanguardia dell’innovazione», sottolinea Agostino Clericetti, lui stesso docente di “Trattamento e valorizzazione delle acque e dei rifiuti”
all’Epfl e membro della Commissione consultiva Dacd della Supsi.
Se multidisciplinarietà e varietà culturale apportano grande ricchezza, si pone la sfida di far dialogare fra loro profili molto diversi, per di più in una società decentralizzata e con un migliaio collaboratori. «Abbiamo apposite figure tecniche di riferimento per raccogliere e distribuire conoscenza nei diversi settori. La tecnologia facilita, dopodiché possono esserci le barriere linguistiche, ma soprattutto la varietà delle regolamentazioni cantonali, con tutte le sfumature di cui tener conto. Malgrado qualche difficoltà, lo scambio si dimostra di grande interesse; gli stessi problemi possono presentarsi a Berlino come a Lugano», rileva il Ceo di Csd. Sempre pionieri. Fondamentale per offrire le soluzioni migliori, il continuo aggiornamento tecnologico. Se sull’Ai Csd ha già avviato un progetto pilota per definire i business case, il suo asso nella manica è il GeoBim, un sistema con cui ambisce a integrare in un’unica piattaforma le informazioni Gis (sistemi informativi geografici) utilizzate nella pianificazione ambientale e urbanistica con le informazioni Bim (modellizzazione delle informazioni di costruzione) impiegate nell’edilizia. «Sarebbe un grande vantaggio non solo per i team di progettazione che possono parlare un linguaggio comune e far riferimento a database condivisi su opere molto complesse come quelle infrastrutturali, che sollevano tutta una serie di tangenze con altri progetti già presenti sul territorio, ma anche poi per presentarli ai responsabili delle decisioni e alla stessa popolazione», sottolinea Agostino Clericetti. Se questa è musica del futuro, seppur forse non troppo lontano, i progetti realizzati in questi 54 anni da Csd testimoniano quanto in Svizzera la
sensibilità ambientale e le soluzioni per promuoverla abbiano fatto significativi progressi. Netto, ad esempio, il miglioramento della gestione dei rifiuti o della qualità dell’aria, malgrado il drastico aumento delle attività umane. L’edilizia invece, pur sapendo oggi garantire soluzioni nel rispetto della circolarità, prosegue ancora troppo lentamente nel rinnovo del parco immobiliare, responsabile di ben un quarto delle emissioni.
Ma, in prima battuta, come gestisce Csd la propria, di sostenibilità? «È un tema che il nostro azionista ci ha stimolato a sviluppare. Dopo aver rivisto la carta degli impegni aziendali, stiamo lavorando a un report più strutturato. Tuttavia per una realtà come la nostra, senza linee di produzione, e dunque con consumi energetici contenuti, il margine di riduzione dell’impatto diretto è piccolo, limitato ai trasporti. Il contributo decisivo è quello che invece sappiamo assicurare attraverso la bontà delle soluzioni per i nostri clienti. Stiamo quindi lavorando a un modello in grado di quantificare l’impronta dei progetti in termini di gas a effetto serra e biodiversità per garantire a noi e ai nostri clienti una visione precisa dell’impatto delle scelte operate», conclude il Ceo di Csd Ingegneri.
Mentre, nell’imminenza degli obiettivi di sostenibilità e decarbonizzazione fissati al 2030, le incognite si moltiplicano in uno scenario geopolitico sempre più teso e un’economia sempre più energivora, chi si occupa di ingegneria sa guardare alle sfide con attitudine costruttiva, consapevole che le soluzioni esistono, tutto sta nella capacità di trovarne sempre di migliori. Aria, acqua, suolo, … il solo limite da difendere è quello della sostenibilità.
Susanna Cattaneo
Oltre la tazzina
Seconda al solo Brasile per valore commerciale delle sue esportazioni di caffè, la Svizzera nel volgere di un ventennio si è trasformata in hub internazionale del settore, forte della triade trading - torrefattori - macchine automatiche professionali. Per mantenere la leadership, fondamentale intercettare i nuovi trend di consumo. Un caffè corretto ‘sostenibilità’?
Non soltanto ghiotti di cioccolato, primi per consumo pro capite con una media che sfiora gli 11 kg l’anno, gli svizzeri sono anche notevoli bevitori di caffè, con 7,23 kg l’anno. Benché non abbiano mai posseduto domini coloniali, i prodotti più esclusivi provenienti da oltreoceano hanno saputo conquistare i confederati. Ma ancor più del consumo diretto, che con 9 milioni di abitanti ha i suoi limiti, la Svizzera si è guadagnata un ruolo centrale nel settore del caffè come suo hub commerciale internazionale e, grazie alla sua meccanica di precisione, ha saputo portare ai più alti livelli la tecnologia e l’innovazione a servizio di una perfetta degustazione. Nonostante il ritardo sulla lunga tradizione nazionale nel cioccolato, negli ultimi decenni l’ecosistema rossocrociato del caffè è cresciuto rapidamente ed è ora composto da importanti attori internazionali, tra cui rinomati torrefattori, alcune delle principali compagnie di trading a livello mondiale e i principali produttori di macchine.
Una leadership ben fotografata dal recente studio dedicato da Deloitte al settore. «Mentre negli anni ’90 la Svizzera non trattava quantità rilevanti, le esportazioni di caffè sono decollate a metà anni Duemila aumentando di oltre venti volte, da 0,16 miliardi di franchi nel 2005 a 3,27 miliardi nel 2023. Un valore che la colloca al secondo posto fra gli esportatori di caffè a livello mondiale, dietro al solo Brasile. Un risultato notevole se si considera che non si tratta di una nazione produttrice di caffè come il Brasile o la Colombia, né dispone di un grande mercato interno come gli Stati Uniti o la Francia. È poco noto, ma il caffè è il prodotto agricolo più esportato dalla Confederazione, con un valore annuale di gran lunga superiore ad altri prodotti svizzeri più tradizionali, come il cioccolato e il formaggio», evidenzia Karine Szegedi, Managing Partner, Consumer Industry Lead di Deloitte. Molto più rapida di quella delle importazioni, pure aumentate, la crescita delle esportazioni può essere associata in particolare al successo di Nespresso come
Un conto salato
Già storicamente volatili, i prezzi del caffè stanno subendo l’ulteriore contrazione della produzione, complice la siccità che ha colpito negli scorsi mesi il Brasile, roccaforte del 40% circa della produzione mondiale e, in particolare, della varietà Arabica che del mercato costituisce tre quarti, mentre in Vietnam le coltivazioni di Robusta, la varietà più economica usata ad esempio per il caffè istantaneo, sono state decimate dal tifone Yagi. Nel solo terzo trimestre, i prezzi sono aumentati quasi del 20% (60% da inizio anno) e le preoccupazioni sul potenziale dei prossimi raccolti, che le precipitazioni finalmente copiose sul Brasile non bastano a dissolvere, hanno visto schizzare i futures: una libbra di Arabica sul mercato di New York ha toccato il prezzo più alto dal 1997, a 3,1 dollari, mentre il Robusta a metà settembre veniva scambiato a Londra a 5.829 dollari la tonnellata, record dall’apertura dell’attuale contratto di riferimento nel 2008. Ai timori sui raccolti, si sommano le ricadute delle interruzioni del trasporto nel Mar Rosso, insieme ad altri fattori geopolitici come la minaccia di dazi statunitensi e il Regolamento Ue sulla deforestazione, che entrerà in vigore il 30 dicembre 2025 per grandi operatori e commercianti e un anno più tardi per le piccole imprese, costringendole a un’onerosa due diligence. Al contempo, anche la crescente domanda da parte di immensi mercati emergenti come l’Asia, moltiplica la pressione.
brand globale, che continua a produrre esclusivamente nei suoi tre siti in Svizzera le capsule che poi esporta in oltre 60 Paesi. Attraverso la torrefazione e l’ulteriore lavorazione del caffè verde, gli operatori svizzeri aggiungono un enorme valore al prodotto, rispecchiato dai prezzi: mentre le importazioni costano circa 5 Chf al chilo, le esportazioni raggiungono un valore sei volte superiore, a 30 Chf/kg.
Cruciale è anche il ruolo svolto nel trading: «L’area metropolitana del Lago di Ginevra e di Zurigo ospita una mezza dozzina dei principali trader di caffè del mondo, che si stima rappresentino circa il 70% del commercio globale di caffè grezzo. Le ragioni di questa forte concentrazione sono molteplici, a partire dalla possibilità di inserirsi in un ecosistema con banche, assicurazioni, società di spedizione e trasporto che ne supportano e facilitano le attività, alla posizione geografica che consente di operare agevolmente su diversi fusi orari: l’Asia al mattino, le Americhe nel pomeriggio e l’Africa tutto il giorno», osserva Karine Szegedi. Il 70% del mercato mondiale la Svizzera lo domina anche per numero di macchine da caffè totalmente automatiche. Schaerer, Franke, Thermoplan, Jura, Cafina, Rex Royal, Egro, … un cluster di produttori di macchine per uso domestico e, soprattutto, per uso professionale (dalla ristorazione all’hôtellerie alle catene di caffetterie), segmento quest’ultimo passato dai 100 milioni di Chf circa di export di trent’anni fa a 820 milioni nel 2023.
Il sondaggio condotto da Deloitte nel marzo di quest’anno - che oltre al focus sulla Svizzera ha toccato altri 12 Paesi per un totale di 7mila bevitori di caffè, unitamente alle interviste personali con esperti del settore - consente una significativa panoramica sulle tendenze destinate a plasmare il futuro del mercato. «Come per molti altri prodotti di consumo, la sostenibilità è diventata centrale, sia dal punto di vista ambientale che sociale. Il cambiamento climatico potrebbe sottrarre alla produzione oltre metà delle attuali aree di coltivazione entro il 2050. Inoltre, la deforestazione e le malattie delle piante stanno mettendo a rischio la sopravvivenza della maggior parte delle specie di caffè selvatico. Con ripercussioni anche sulla sostenibilità sociale, dal momento che 125 milioni di agricoltori in tutto il mondo ne dipendono per il loro reddito», avverte l’esperta di Deloitte Svizzera.
«È poco noto, ma il caffè è il prodotto agricolo più esportato dalla Svizzera, con un valore annuale di gran lunga superiore a cioccolato e formaggio: 3,27 miliardi di franchi, venti volte il valore del 2005, il che colloca la Confederazione al secondo posto fra gli esportatori di caffè a livello mondiale, dietro al solo Brasile»
Karine Szegedi, Managing Partner, Consumer Industry Lead di Deloitte
Export di caffè
Valori e volumi medi mensili del commercio di caffè tra il 2018 e il 2023 (mio Usd e mio kg, fra parentesi il rispettivo ranking)
(mio. Usd)
(1)
(mio. kg)
(1)
Fonte: Swiss Trade Monitor
svizzero di caffè
Principali mercati destinazione export svizzero di caffè
mld Chf
La sensibilità si sta quindi diffondendo nel settore, come confermano le iniziative di singoli e, soprattutto, collettive. È il caso di Coffee&Climate che vede commercianti, tostatori, agronomi e formatori unire le forze per sviluppare e condividere soluzioni e risorse pratiche per proteggere i raccolti dall’impatto del cambiamento climatico, come tecniche agricole rigenerative e metodi di irrigazione più efficienti
Negli ultimi anni, il caffè è arrivato a rappresentare un terzo del volume delle esportazioni agricole svizzere (circa 3,3 miliardi di Chf), quando nel 2000 non era che l’1%: si tratta quasi di un decimo dell’export globale di caffè in termini di valore commerciale, secondo alla sola potenza Brasile. Fondamentale il valore aggiunto dalla lavorazione del caffè verde importato.
Fonte: Ufficio federale dogana e sicurezza confini (UDSC)
Fonte: Ufficio federale dogana e sicurezza confini (UDSC)
Luoghi di preparazione e consumo del caffè: la casa è regina
“Quanto spesso...” (n = 7.053)
prepari il caffè a casa
bevi il caffè al lavoro
prendi il caffè in un bar
prendi caffè da asporto
■ Ogni giorno ■ Più volte la settimana (ma non ogni giorno) ■ Una volta alla settimana
■ Almeno una volta al mese ■ Meno di una volta al mese o mai
L’istantaneo sorprende in vetta
Top 5 metodi usati per la preparazione del proprio caffè (n = 7.053)
Caffè istantaneo
Macchina per caffè filtrato
Sistema a capsule
tot. automatica
che siano di facile applicazione anche per i piccoli coltivatori. Complementarmente, fondamentali i paletti posti dalle nuove normative, quali il recente regolamento dell’Ue sulla deforestazione.
A rendere ardua la missione è però la complessità di una catena frammentata dal gran numero di attori, spesso poco trasparente. «Una tendenza attuale del settore è tuttavia il commercio diretto tra coltivatori e torrefattori, senza intermediari. L’obiettivo è sviluppare una partnership a lungo termine al posto di una relazione commerciale in cui il torrefattore effettua un numero limitato di acquisti una tantum. I coltivatori beneficiano così dell’impegno di acquisto dei torrefattori, che fornisce loro stabilità finanziaria e la fiducia necessaria per effettuare investimenti, ad esempio, in macchinari e attrezzature. Inoltre, nel commercio diretto i produttori ricevono solitamente compensi più alti. I torrefattori, dal canto loro, possono comunicare i profili di gusto preferiti dai loro clienti e collaborare al miglioramento dei prodotti. E ai consumatori possono fornire
Ostacoli alla sostenibilità
“Cosa le impedisce di bere regolarmente caffè sostenibile?” (1833 partecipanti*)
Troppo costoso
Non esiste il corrispettivo del mio preferito
Non lo trovo dopove compro caffè
Nel caso del caffè, non mi interessa
Non la ritengo un valore aggiunto per il caffè
*persone che non hanno mai provato caffè sostenibile o lo bevono meno di una volta alla settimana
Deloitte Coffee Study 2024
informazioni precise sulla regione di coltivazione, la varietà di caffè e il metodo di lavorazione», sottolinea Szegedi. Di nuovo, Nespresso su tutte, ha fatto scuola. Se circa un quarto dei partecipanti al sondaggio indica di aver provato caffè sostenibile e uno su sei lo beve almeno una volta alla settimana, la volontà di sostenere salari equi e buone condizioni di lavoro e di contribuire a un’economia del caffè sostenibile è messa alla prova soprattutto dal fattore costo. In media, risulta una disponibilità a pagare un extra di un quarto circa del prezzo del prodotto per acquistare caffè da coltivazione biologica, ma con forti variazioni a seconda del mercato di destinazione. Va però considerato come negli ultimi anni già il caffè convenzionale stia subendo il rally dei prezzi. Sommandosi all’impennata dell’inflazione tra il 2021 e il 2023, il crescente costo della tazzina ha portato sempre più persone a optare per il consumo domestico, scelta rafforzata dalle abitudini maturate negli anni della pandemia. «Contestualmente è decollato l’e-commerce che, sebbene ancora nettamente distaccato dall’acquisto
Le dinamiche del mercato del caffè e le preferenze dei consumatori evolvono, influenzandosi a vicenda. Condivisa la maggiore attenzione a qualità e artigianato, ma il prezzo frena la diffusione su larga scala del caffè sostenibile e, complici pandemia e inflazione, ha rafforzato il consumo a casa, a beneficio dell’e-commerce. Fa però riflettere l’istantaneo in testa.
al supermercato (74% contro 27% degli intervistati), da oltre 9 miliardi di dollari nel 2023 si prevede che sia destinato a raddoppiare entro il 2029, superando i 17 miliardi. Prezzi più bassi, maggiore praticità e un assortimento più ampio sono le principali ragioni del successo», spiega la Consumer Industry Lead di Deloitte. A incidere su comportamenti e abitudini di consumo è anche l’anagrafe. Le generazioni più giovani tendono a bere meno caffè, quando lo fanno spesso è fuori casa, preferiscono le specialità (millenial) e indulgono con latte e zucchero (Gen Z): una sorta di ciclo di vita dei bevitori di caffè che si conclude con l’espresso liscio e amaro per i più attempati. Tendenze che si innestano su quella che viene comunemente identificata come la terza ‘ondata’ dell’evoluzione dell’industria e della cultura del caffè, guidata dai piccoli torrefattori artigianali che, da metà anni Duemila, hanno iniziato a privilegiare le colture monorigine, lavorando quantità inferiori rispetto alle produzioni commerciali per garantire un prodotto pregiato, qualitativamente superiore e sostenibile. Sembra così proseguire l’inversione di rotta rispetto alla prima ondata che nel secolo scorso aveva reso il caffè, da bene di élite, accessibile alle masse, per poi, a metà anni Novanta, lasciar spazio alla fase che ne ha fatto un vero e proprio stile di vita con la grande fioritura di catene di culto come Starbucks e Costa Coffee. Resta da vedere se i nuovi sviluppi sapranno garantire un consenso di mercato altrettanto unanime o se si andrà in direzione di una polarizzazione fra una nicchia virtuosa e il largo consumo. Quello che è certo è che tutti coloro che sono intenzionati a rimanere o diventare leader del settore, Svizzera in primis, sono ben consapevoli di come sia ‘espresso’ dovere tenersi al passo con i tempi.
Andrea Petrucci
Fonte:
Fonte: Deloitte Coffee Study 2024
Fonte: Deloitte Coffee Study 2024
Una tradizione di delizie
Generazione dopo generazione, i marrons glacés e i cioccolatini Giglia, sempre preparati artigianalmente secondo le ricette originali del fondatore Giuseppe, accompagnano le festività, e non solo. Un dono speciale, curato in ogni dettaglio.
Se Giglia non ha bisogno di presentazioni a Lugano, i suoi marrons glacés volano abitualmente anche oltreoceano, fino in Giappone. Fu per prima la Signorina Mariuccia, figlia del fondatore Giuseppe e alla testa per 35 anni dell’azienda, a portarli in tutto il mondo, partecipando a fiere ed esposizioni da Bruxelles, a Stoccolma e New York... Nata come fabbrica conto terzi, ancora oggi accanto ai privati ha la sua clientela privilegiata nelle migliori e più esigenti pasticcerie svizzere. La preparazione dei marrons glacés richiede infatti una maestria unica e il processo messo a punto da Giuseppe Giglia un secolo dopo rimane ineguagliabile. Grazie alla sua abilità nell’arte della canditura ha saputo esaltare il gusto della castagna senza nasconderlo con la glassa zuccherina che di solito ricopre i marrons glacés. Il segreto sta tutto nello sciroppo di cui le castagne,
solo della miglior qualità italiana, si impregnano per osmosi durante la settimana che vi passano immerse a bagnomaria, a una temperatura costante di 53-55°C. Al termine, solo le pepite perfette sono selezionate per essere incartate a mano singolarmente. Fase dopo fase, determinante è la sensibilità maturata in decenni di lavorazione, la conoscenza del prodotto e dei gesti.
A portare avanti la tradizione, ormai da oltre 30 anni, è Cinzia Stuppia-Bervini con una ventina di esperte collaboratrici. Sin da bambina frequentava l’azienda con il papà, contabile dei Giglia. L’unicità della ricetta ha conquistato lei per prima, insieme al desiderio di perpetuare una tradizione artigianale unica. Quando non è impegnata nella produzione, volentieri accompagna dietro le quinte chi bussa all’accogliente negozio di via Ciseri 15, rinnovato nel 2012. Sempre più spesso sono anche giovani, com-
plice la crescente attenzione alla gastronomia regionale. Il palazzo è sempre quello fatto costruire da Giuseppe e suo fratello Cesare. Tanto gusto quanta anima, anche nelle sontuose confezioni, punto di orgoglio per la proprietaria che sceglie con cura i nuovi abbinamenti, tutto personalizzabile su richiesta del cliente, sia nella foggia che nel contenuto. Al must della casa, possono affiancarsi le sue altre specialità, sempre su ricetta di Giuseppe Giglia: arancini, alchechengi, griottes e raisinettes ricoperti di cioccolato fondente e la ricchissima gamma dei cioccolatini, il cui il segreto sta nella massa artigianale e negli ingredienti di prima categoria, ancora intagliati a mano con le vecchie formine, tanto che è impossibile trovarne uno uguale all’altro. La differenza che fa la differenza, dove la sapienza artigianale e la qualità assicurano un prodotto autenticamente inimitabile.
Per informazioni:
Via A. Ciseri 15 . 6900 Lugano Tel. 0041 91 922 08 30 e-shop: www.giglia.ch
In perfetta simbiosi
Esclusiva base di lancio di ogni sua capsula, la Svizzera. Destinazione: il mondo. All’interno, i chicchi selezionati grazie a un programma di approvigionamento pioniere di sostenibilità.
Molto più di un ingrediente, il principio ispiratore di un business model che ha portato un nuovo paradigma all’industria del caffè. Facendone protagonista una nazione alpina.
Se oggi la Svizzera è fra i principali esportatori di un prodotto estraneo alla sua geografia alpina come il caffè, seconda per valore commerciale al solo Brasile che ne è però anche il maggior produttore, il merito va soprattutto al brand che con l’invenzione delle sue capsule ha rivoluzionato mercato e consumi, tanto da diventare per antonomasia sinonimo di caffè.
Basta guardare la cronologia: se a fine anni Novanta la bilancia commerciale svizzera del caffè era poca cosa, dal Duemila ha iniziato a metter su peso anno su anno, proprio in parallelo all’internazionalizzazione di Nespresso, che nel 1996 lanciava il suo primo sito internet, diventato una piattaforma fondamentale per promuovere l’esperienza e i prodotti del marchio, insieme alla rete di boutique che, dalla prima inaugurata a Parigi nel 2000, sono oggi 791, in 93 mercati nel mondo. Nel 2023 la cifra d’affari ha raggiunto quasi 6,4 miliardi di franchi.
«La particolarità è che il caffè Nespresso consumato in tutto il mondo viene esclusivamente prodotto in uno dei nostri tre
centri di produzione svizzeri, ad Avenches e Orbe, nel Canton Vaud, e a Romont, nel Canton Friburgo. In questi tre stabilimenti, viene torrefatto e assemblato tutto il caffè che lavoriamo. Per noi, la Svizzera rappresenta un ecosistema chiave che combina innovazione, know-how e diversità regionale per soddisfare le aspettative di alta qualità. Una simbiosi perfettamente riuscita: sono convinto che senza la Svizzera difficilmente Nespresso avrebbe lo stesso successo e, viceversa, è in parte grazie a Nespresso che la Svizzera è oggi un attore chiave nel commercio mondiale del caffè», sottolinea Nicolas Delteil, da giugno a capo del mercato domestico di Nespresso, dove porta la sua esperienza internazionale dopo aver ricoperto negli ultimi 25 anni diverse posizioni del Gruppo Nestlé, nei mercati cinese, messicano, cileno e francese. Per soddisfare la crescente domanda dei consumatori per i suoi caffè di alta qualità. Negli ultimi dieci anni, oltre ai continui investimenti nelle sue attività, Nespresso ha investito 700 milioni di franchi nei suoi tre centri di produzione nei cantoni
Nespresso non manca di omaggiare la ‘sua’ Svizzera con progetti unici, come la recente edizione limitata Zurich Lungo, creta dallo chef stellato del Dolder Grand Hotel Heiko Nieder, che rivisita la tradizione del caffè crème con un assemblage di chicchi d’arabica provenienti da Nicaragua e Costa Rica.
di Vaud e Friburgo, accompagnati dalla creazione di centinaia di posti di lavoro. «La Svizzera è anche il mercato prescelto per sperimentare regolarmente progetti pilota, come il lancio delle nostre nuove capsule a base di carta adatte al compostaggio domestico», aggiunge il direttore di Nespresso Svizzera. Un mercato interessante, quello nazionale, con un elevato consumo generale annuale pro capite di caffè nel confronto internazionale: secondo le stime della Fao, in Svizzera se ne bevono in media 538 tazze a testa, dunque quasi 5 miliardi, soprattutto in termini di valore caffè porzionato, seguito dal ready-to-drink, caffè in grani, solubile e macinato. «D’altronde è proprio in Svizzera che, nel 1991, abbiamo lanciato un sistema di riciclaggio unico e innovativo delle capsule in alluminio, continuando a svilupparlo in collaborazione con partner elvetici come il Gruppo Barec e La Posta, per rendere il riciclaggio il più semplice possibile per i nostri clienti», ricorda Nicolas Delteil. A 33 anni di distanza, Nespresso conta oltre 3.700 punti di raccolta in Svizzera e utilizza alluminio riciclato per le sue capsule, già oggi all’80% per il sistema Original e all’85% per Vertuo. Nel 2018, Nespresso è stata la prima azienda a utilizzare alluminio di provenienza responsabile (Asi), fornito da Rio Tinto, per produrre le sue capsule di caffè, aprendo la strada a standard globali per una produzione di alluminio sostenibile e responsabile.
Con il suo approccio, l’azienda svizzera ha ampiamente precorso il trend della sostenibilità oggi sulla bocca di tutti, facendone la base del proprio business model. «Più di 20 anni fa, Nespresso si è resa conto che l’unico modo per garantire una fornitura a lungo termine di caffè verde di alta qualità era concentrarsi su una coltivazione socialmente e ambientalmente responsabile. Questo ha portato alla creazione nel 2003 del programma AAA Sustainable quality, creato in collaborazione con l’Ong Rainforest Alliance, dal quale ormai proviene il 94% del nostro caffè. Dai primi 300 coltivatori in Costa Rica, oggi include oltre 157mila produttori di caffè in 18 Paesi e 676 collaboratori sul campo, tra cui agronomi che aiutano i coltivatori a migliorare la qualità del caffè e la produttività delle loro aziende attraverso pratiche agricole sostenibili e rigenerative. I coltivatori ottengono un premio per il caffè di qualità superiore che vendono a Nespresso e, dato che riescono a produrne di più, raccolto dopo raccolto aumentano ulteriormente il reddito, proteggendo al contempo le risorse ambientali e sociali. Da parte nostra, rifornendoci sempre dagli stessi coltivatori, possiamo garantire nel tempo il profilo aromatico e la qualità dei nostri caffè», illustra il direttore di Nespresso Svizzera.
Con un miliardo di franchi investiti nella strategia di sostenibilità The Positive Cup tra il 2014 e il 2023, mossa dall’ambizione di creare una tazzina di caffè a impatto ambientale positivo, Nespresso continua a guidare la trasformazione sostenibile, con una visione a lungo termine che permette anche di non trasferire sistematicamente al consumatore l’aumento del prezzo di caffè verde, in ascesa da alcuni anni a questa parte.
Speculare al rapporto diretto con i produttori di caffè, quello con clienti in tutto il mondo, permette di comprendere le esigenze di consumatori di diverse generazioni e provenienze. «Siamo costantemente alla ricerca di nuove tendenze e innovazioni per soddisfare le esigenze degli amanti del caffè. I modelli di consumo variano da paese a paese. Ad esempio, il sistema Vertuo è certamente un prodotto di punta per il mercato statunitense, dove l’abbiamo lanciata nel 2014 per soddisfare i gusti di una clientela che ama consumare grandi tazze di caffè, ma piace in tutto il mondo anche per la sua versatilità, che consente di estrarre diverse lunghezze,
«Oltre a esser il Paese dove produciamo ogni nostra capsula, la Svizzera è anche il mercato prescelto per sperimentare regolarmente progetti pilota, come il lancio delle nostre nuove capsule a base di carta adatte al compostaggio domestico»
Nicolas Delteil, Direttore di Nespresso Svizzera
Un impatto positivo su larga scala
Produttori ed ettari coltivati del Nespresso AAA Sustainable Quality Program, 2023
Da 300 coltivatori in Costa Rica nel 2003, con il suo programma di approvvigionamento, Nespresso coinvolge oggi 157mila produttori di caffè in oltre 18 Paesi, garantendo caffè della massima qualità e, al contempo, proteggendo l’ambiente e sostenendo lo sviluppo delle comunità locali. Un pilastro del suo impegno per una sostenibilità a 360 gradi, che ha un altro dei suoi punti di forza nel sistema unico e innovativo di riciclo delle capsule in alluminio, cui ora si affianca la capsula compostabile in carta.
da ristretto a caraffa, per non parlare di tutte le possibilità di creazione di varie ricette», osserva Nicolas Delteil. È questo ecosistema nella sua interezza a costituire il valore aggiunto di ogni singola capsula e la unique selling proposition di un brand che ha capito sin dalle origini, ancor prima che si muovessero i piccoli torrefattori, come occorresse lavorare sull’intera filiera, dalla ciliegia del caffè al riciclaggio.
I frutti della sostenibilità Selezione di indicatori chiave,
Caffè verde dal programma AAA
Modelli di macchine Nespresso con plastica riciclata
Fonte: Nespresso, The Positive Cup 2023
Un ciclo virtuoso quanto gustoso. Che ovviamente ha i suoi costi, a partire dallo “Swiss made”. Eppure i tanti imitatori nati attorno a Nespresso proponendo capsule più economiche non ne hanno intaccato il successo, semmai decretandone lo statuto di classico, quanto la capacità di continuare a innovare ne conferma il ruolo di pioniere.
Susanna Cattaneo
Fonte: Nespresso, The Positive Cup 2023
Degustazione high-tech
Dal chicco alla tazzina, il viaggio è più lungo di quanto non potrebbe sembrare. Soprattutto: più tecnologico. Dietro alle più sofisticate macchine da caffè completamente automatiche, è infatti necessaria la più avanzata sapienza ingegneristica, unita alla massima precisione manifatturiera e alla profonda conoscenza del prodotto, per un’esperienza degustativa allo stato dell’arte.
Quando il caffè, oltre a un rituale, diventa un culto da intenditori o deve rispondere ai grandi volumi di bar e ristorazione, la scelta della miscela in grani è il must. Pioniera delle prime macchine completamente automatiche, la Svizzera ha sviluppato un vero e proprio cluster, mettendo a frutto le sinergie con la sua meccanica di precisione e un R&D dei più innovativi: oggi si stima che controlli il 70% della produzione mondiale, per ovvie ragioni quasi interamente destinata all’export.
Premium anche a casa. Mentre la maggioranza di queste macchine automatiche è riservata esclusivamente all’uso professionale, Jura si distingue con le sue linee pensate anche per la più esigente - e facoltosa - clientela domestica. Fondata nel 1931 a Niederbuchsiten, per sei decenni l’azienda solettese ha venduto un’ampia
gamma di elettrodomestici, principalmente in Svizzera. A fine anni Ottanta, la formula alla base del suo grande successo non bastava però più per tenere il passo. «Il panorama dei consumatori stava cambiando. Nuovi attori si affacciavano sul mercato. Le circostanze richiedevano un nuovo approccio strategico. Sebbene all’epoca il mercato delle macchine completamente automatiche esistesse quasi esclusivamente in Svizzera, abbiamo creduto nelle sue potenzialità decidendo di concentrarci in esclusiva su questo segmento, per diventarne leader d’innovazione, consapevoli che i nostri punti di forza e i valori svizzeri ci avrebbero permesso di puntare a un’espansione internazionale», spiega Emanuel Probst, da oltre trent’anni alla sua guida. Il calcolo ha funzionato: Jura è presente in circa 50 Paesi in tutto il mondo, dove realizza oltre il 93% del suo fatturato, da allora decu-
plicato a 658,3 milioni di franchi. Oltre 900 i dipendenti.
Fin dall’inizio, l’azienda è stata sinonimo di innovazione, qualità, prodotti durevoli, e quindi sostenibili, anche grazie a un servizio eccellente, uniti a una filosofia decisamente premium. L’esperienza accumulata in più di trent’anni è sostenuta dagli ulteriori investimenti in R&D. Due anni e mezzo fa è stato inaugurato il nuovo centro di innovazione, tecnologia e qualità presso la sede di Niederbuchsiten. «Con un investimento di circa 29 milioni di franchi, il Campus Jura rappresenta un forte impegno verso la Svizzera come sede aziendale. Circa 50 ingegneri e specialisti lavorano qui alle macchine completamente automatiche del futuro. Fulcro è un impianto di prova di resistenza con 102 stazioni completamente automatizzate. Permettendoci di ottenere risultati più rapidi, ci consente di aumentare continuamente il ritmo di innovazione», osserva il Ceo di Jura.
È proprio quest’innovazione allo stato dell’arte ad aver permesso all’azienda di affermasi come brand premium presso la clientela privata, segmento altrimenti ampiamente servito dai ben più economici sistemi a capsule. Alla semplice pressione di un pulsante, le sue macchine completamente automatiche offrono un’ampissima gamma di specialità di caffè perfette, macinato fresco.
«Per esaltare al massimo il sapore di ogni miscela e tostatura sono necessari componenti sofisticati. Adattarli a ogni specialità e controllarli con precisione attraverso l’elettronica richiede conoscenze approfondite, esperienza e comprensione del caffè. È necessario definire un numero
apparentemente infinito di parametri in un’interazione complessa, e noi prestiamo attenzione a ogni dettaglio», sottolinea Emanuel Probst. D’altronde era già stata l’intuizione del fondatore Leo Henzirohs chiedersi - erano gli anni della Grande Depressione - non tanto cosa produrre e a chi vendere, quanto piuttosto cosa servisse per semplificare la vita delle persone. «I nostri prodotti sono inoltre durevoli e possono essere sottoposti a manutenzione per molti anni.“Riparare invece di buttare” è la massima di Jura fin dalla sua fondazione, sostenuta dai nostri servizi di assistenza. Questo fa delle nostre macchine completamente automatiche un investimento a lungo termine. Una longevità a cui contribuisce anche il design: coltiviamo un linguaggio chiaro e senza fronzoli, con il ‘tocco’ dell’Europa di lingua tedesca, che permette di mantenere la freschezza nel tempo», sottolinea Emanuel Probst. La gamma comprende anche macchine professionali per l’ufficio e il settore commerciale, la cui quota varia da mercato a mercato, a volte fungendo da biglietto di ingresso.
Fondamentale la collaborazione con un partner svizzero per la produzione Oem: analogamente all’accoppiata Apple-Foxconn, Jura controlla il prodotto e il mercato, Eugster/Frismag si prende cura della produzione materiale delle sue macchine completamente automatiche in stabilimenti ultramoderni e all’avanguardia, in Svizzera e Portogallo. Sono oltre 462mila le unità fabbricate all’anno.
La pipeline di prodotti è ben nutrita. Passione e curiosità sono l’attitudine fondamentale di chi vuol rimanere leader. «Andiamo in giro per il mondo con occhi e orecchie aperte. Parlare con i nostri
«Per esaltare sapore di ogni miscela e tostatura sono necessari componenti sofisticati.
Adattarli a ogni specialità e controllarli con precisione attraverso l’elettronica richiede conoscenze approfondite, esperienza e comprensione del caffè, per definire un numero apparentemente infinito di parametri in un’interazione complessa»
collaboratori nei diversi mercati ci aiuta a identificare tempestivamente trend locali con un potenziale globale. Un esempio: i nostri colleghi australiani continuavano a parlare di “Flat White”. Abbiamo sviluppato una tecnologia per preparare questa specialità che unisce espresso, latte caldo e schiuma di latte con la semplice pressione
Svolta epocale per Jura è stata l’Impressa 500, lanciata nel 1994, prima macchina completamente automatica per preparare il caffè in base ai gusti individuali. L’unità di erogazione variabile, il controllo elettronico e il sistema di pre-erogazione assicuravano sempre condizioni di estrazione ottimali. L’ultima pietra miliare è la Z10, che include anche le specialità Cold Brew.
Campus Jura, il centro per test di resistenza intensivi per verificarne in condizioni realistiche il comportamento nel corso dell’intera vita del prodotto.
di un pulsante. E oggi tutto il mondo beve il Flat White», conclude il Ceo di Jura, vincente anche nella scelta di un ambasciatore come Roger Federer, primo testimonial nella storia dell’azienda solettese, che dal 2006 ne ha portato il brand nel mondo, incarnandone perfettamente la garanzia di affidabilità e qualità.
Principali esportatori di macchine da caffè In milioni Usd, 2023
Gli ingranaggi del caffè
Produttori di macchine da caffè non si nasce, ma si diventa. Guardando alle origini delle aziende svizzere che oggi guidano il mercato, tratto comune è l’esordio in altri settori in cui si sono maturate le competenze poi sfruttate per la conversione quando è emersa la domanda da parte del mercato. Per Schaerer (1892), sono state le capacità maturate nella realizzazione di dispositivi medicali la pietra angolare su cui costruire, nel primo dopoguerra desideroso di lusso, la sua prima macchina da caffè per grandi volumi, esattamente un secolo fa. Egro, nata come Kastor Egloff nel 1849, era inizialmente una piccola officina a Rohrdorf che produceva utensili da cucina in metallo. Rex-Royal ha alle sue spalle la Hgz-Aktiengesellschaft (1937), spinta dal declino nel secondo dopoguerra della richiesta di generatori di gas di legna per l’alimentazione di motori a benzina (Hgz stava per Holzgasgeneratoren Zürich) alla conversione. Un leader mondiale della fornitura di prodotti e servizi per cucine residenziali, foodservice e minimarket come Franke Group è entrato nel segmento dei sistemi per la preparazione del caffè acquisendo nel 1984 l’azienda svizzera specialista di macchine da caffè Augsburger, che le ha permesso di estendere la sua partnership con McDonald’s, cui già riforniva le cucine, e diventare poi un riferimento del settore.
In Svizzera, a dar slancio alla produzione di macchine completamente automatiche per la preparazione di caffè, cappuccini e variazioni sul tema è stata anche, come spesso accade, l’evoluzione sociale: in questo caso, il contraccolpo del primo contratto collettivo di lavoro per il settore della ristorazione, firmato 50 anni fa, che costringendo molti esercenti a ridurre il personale per compensare l’aumento (doveroso) dei salari, ha richiesto che anche camerieri senza una formazione specialistica potessero soddisfare le richieste dei clienti.
Dal latte al caffè, una ricetta unica. Proprio nel 2024, festeggia mezzo secolo un altro interprete del know-how svizzero al servizio dell’arte del caffè, Thermoplan, riuscita anche nella sfida di rimanere un’azienda di famiglia. Inizialmente attiva nella produzione di macchine automatiche per montare la panna e spumare il latte, ha fatto tesoro di quest’esperienza quando ha deciso di soddisfare la crescente domanda di macchine da caffè completamente automatiche di alta qualità. «La nostra competenza nella creazione di una
schiuma di latte perfetta ci ha permesso di realizzare importanti innovazioni come, nel 2006, la prima macchina da caffè completamente automatica al mondo in grado di produrre schiuma di latte fredda con la semplice pressione di un pulsante. Nel corso dei decenni, abbiamo continuamente perfezionato questa esperienza, consolidando la nostra posizione di leader mondiale nella produzione automatica di schiuma di latte», afferma il Ceo Adrian Steiner, che ha iniziato a lavorare in Thermoplan nel 1998, come
Si stima che le aziende svizzere producano circa il 70% delle macchine da caffè completamente automatiche vendute nel mondo, le più tecnologiche e complesse. Una leadership acquista in particolare a partire dagli anni Novanta, anche grazie a partnership con catene internazionali di caffetteria e ristorazione.
21esimo dipendente, dando un contributo decisivo alla sua rapida crescita. Con 550 impiegati nella sede a Weggis (Lucerna) e oltre 200 partner certificati per la vendita e l’assistenza, oggi è presente in oltre 80 Paesi. «Questa rete globale, che funge sia da canale di distribuzione sia da punto di contatto diretto e locale per la clientela, è indispensabile poiché esportiamo il 98% delle circa 35mila macchine che produciamo a Weggis. Negli ultimi anni, mercati come la Cina e gli Stati Uniti sono cresciuti in modo significativo», precisa il Ceo di Thermoplan.
Punto di svolta, è stata la partnership strategica con Starbucks iniziata nel 1999, di cui l’azienda lucernese tuttora è fornitrice esclusiva. «Nel corso del tempo, abbiamo stabilito altre partnership con catene di caffè che operano a livello globale e con clienti di grandi dimensioni, tra cui aziende svizzere. Il nostro impegno per la qualità e la precisione si riflette nei nostri componenti, l’80% dei quali proviene da fornitori locali in Svizzera. Questa intensa collaborazione con realtà nazionali garantisce che le nostre macchine soddisfino gli standard più elevati, sostenendo al contempo l’artigianato e le competenze locali, cosa di cui siamo molto orgogliosi», dichiara Adrian Steiner. I fatti lo confermano: proprio per i suoi 50 anni, Thermoplan ha inaugurato un nuovo edificio, suo quinto stabilimento, che raddoppia superficie e capacità produttiva, un investimento da 80 milioni di franchi. Battezzato “unique”, è stato progettato in modo ampiamente digitale, servendosi del Bim per una pianificazione più intelligente, efficiente e sostenibile.
L’R&D è uno dei pilastri per Thermoplan, che gli dedica più di 120 dipendenti, quasi un quarto del totale. «Tecnologia e artigianato vanno di pari passo garantendo che ogni prodotto rifletta sia l’innovazione che la meticolosa attenzione ai dettagli. Con tutte le operazioni centralizzate nella nostra sede “unique”, abbiamo
Fonte:
Fonte: Ufficio federale dogane e sicurezza delle frontiere (UDSC)
la flessibilità necessaria per adattarci rapidamente alle richieste di produzione, assicurando l’eccellenza in ogni fase. Che si tratti di rispondere a sfide ambientali o all’evoluzione delle preferenze dei consumatori, lavoriamo a stretto contatto con i nostri partner per trovare soluzioni che creino vantaggi e sinergie reciproche. Ad esempio, rivoluzionario è stato il nostro sistema brevettato e collaudato, presente nella linea Black&White4, composto da due soli moduli, idraulici e meccanici, che rendono l’assistenza e la manutenzione estremamente semplici ed efficienti. Il design riduce al minimo i tempi di inattività della macchina, vantaggio significativo nell’ambiente frenetico della gastronomica», illustra il Ceo di Thermoplan. Con l’apertura del nuovo edificio, è stata anche istituita un’Academy del caffè. «A partire dal 2025, abbiamo in programma di offrire corsi per i nostri partner, clienti e appassionati di caffè. Inoltre, per celebrare il nostro 50esimo anniversario, abbiamo collaborato con Caritas Svizzera a un progetto chiamato uniqueBean che mira a sostenere le famiglie di coltivatori di caffè in Etiopia, aiutandole a passare a pratiche agricole più sostenibili», evidenzia Adrian Steiner. L’impegno a 360 gradi dell’azienda di Weggis è stato riconosciuto anche dal prestigioso Swiss Manufacturing Award 2024 dell’Institute of Technology Management dell’Università di San Gallo. Una strategia a lungo termine che Thermoplan può perseguire con la maggior indipendenza e flessibilità di un’azienda di famiglia. «L’agilità dei nostri processi decisionali è stata essenziale per la nostra crescita e riflette la nostra identità di azienda che considera ogni dipendente parte della famiglia e del suo successo. Per questo diamo grande importanza al sostegno e alla promozione dei nostri
«Tecnologia e artigianato vanno di pari passo, garantendo che ogni prodotto rifletta sia l’innovazione che la meticolosa attenzione ai dettagli. Che si tratti di rispondere a sfide ambientali o all’evoluzione delle preferenze dei consumatori, lavoriamo a stretto contatto con i nostri partner per trovare soluzioni che creino vantaggi e sinergie reciproche»
Adrian Steiner, Ceo di Thermoplan
Sopra, la prima macchina da caffè completamente automatica in grado di produrre schiuma di latte fredda alla semplice pressione di un pulsante, presentata da Thermoplan nel 2006. Sotto, il rivoluzionario sistema composto da due soli moduli, idraulici e meccanici, che rende assistenza e manutenzione estremamente semplici ed efficienti.
Sopra, il nuovo edificio “unique” a Weggis, con cui Thermoplan nel suo 50esimo anniversario conferma il suo radicamento in Svizzera e raddoppia superficie e capacità produttiva.
impiegati, ad esempio attraverso opportunità di formazione e sviluppo mirate», conclude il Ceo di Thermoplan.
Rimanere in sintonia con le tendenze del mercato e con l’evoluzione delle esigenze dei clienti sarà ovviamente essenziale per mantenere una posizione all’avanguardia nel settore, per Thermoplan come per tutte le realtà di eccellenza che formano il cluster svizzero delle macchine da caffè automatiche. Per un successo che automatico non è, l’attenzione deve rimanere rivolta alla produzione di alta qualità e all’innovazione, in grado di offrire valore aggiunto. E, ovviamente, per permettere al miglior caffè di esprimere al massimo il suo aroma, premendo un semplice tasto, fisico o digitale.
Susanna Cattaneo
Software, una seconda pelle
Che siano grandi o Pmi, le aziende affrontano sfide comuni in ambito tecnologico e organizzativo. Sfide che si declinano in modo diverso, a seconda delle dimensioni e delle risorse disponibili. Il gestionale personalizzato è il miglior ‘socio in affari’.
In un mercato altamente competitivo, la digitalizzazione non è più un’opzione, ma una necessità.
Con Maurizio Prior, ceo di Mtf Business Solutions, ci siamo soffermati sulle modalità con cui le imprese del territorio possono essere affiancate per affrontare le sfide tecnologiche e organizzative imposte dall’attualità.
Maurizio Prior, voi sviluppate software gestionali innovativi… La realizzazione di progetti software standard è il nostro core business, con una solida presenza in Ticino. Nel fornire consulenza, applichiamo metodologie collaudate e utilizziamo software riconosciuti a livello globale. Collaboriamo infatti strettamente con i principali player internazionali - come Sap e Microsoft - i quali, grazie alla loro capacità di realizzare economie di scala e di investire costantemente nelle nuove tecnologie, ci garantiscono un’innovazione continua. Capitalizzando i loro investimenti, trasformiamo tali progressi in vantaggi competitivi tangibili per i nostri clienti. Clienti su impulso dei quali, spesso, ci troviamo ad ampliare i processi standard di questi software, già ricchi di funzionalità, con soluzioni personalizzate e rispondenti alle specifiche esigenze di ogni cliente; anche integrando l’Intelligenza Artificiale. Con l’esperienza maturata in oltre 300 progetti realizzati in Ticino, siamo oggi in grado di comprendere al meglio tali necessità e di offrire consulenze mirate, ottimizzando gli investimenti e generando un valore aggiunto misurabile.
Come i nostri partner tecnologici, anche noi investiamo in Ricerca e Sviluppo: indispensabile per restare allineati ad un mercato in continua evoluzione.
Quando non si considera la possibilità di integrare l’Intelligenza Artificiale nei propri processi organizzativi e gestionali, probabilmente è perché non ne sono stati considerati, a priori, il potenziale e l’utilità. Esistono infatti modelli di Ia specifici per ogni settore o funzione, e nuovi modelli vengono sviluppati quotidianamente da Istituti di Ricerca, Università e aziende. Come azienda, da oltre un anno integriamo strategicamente questa tecnologia nei nostri progetti, nel rispetto dei principi etici che guidano il nostro operato. L’Ia richiede piattaforme sicure e una potenza di calcolo elevata. Perché emergano le vere potenzialità di questa tecnologia occorre un approccio strutturato e progressivo. Nei software gestionali - il nostro settore di attività - l’Ia può avere un impatto davvero significativo, specialmente nei processi caratterizzati da attività ripetitive e poco stimolanti. Tuttavia il ruolo dell’uomo, con le sue competenze, creatività e capacità di pensiero critico, rimane insostituibile. Nel nostro lavoro, utilizziamo componenti Ia standard, di fornitori globali, e li integriamo nei processi dei nostri clienti. Molte aziende, che beneficiano già quotidianamente di questa tecnologia, richiedono continuamente ulteriori personalizzazioni e miglioramenti, a riprova del valore tangibile che l’Ia è in grado di generare. Quale idea si è fatto del rapporto che, allo stato attuale, intercorre tra l’Ia e le aziende ticinesi? Attualmente si avverte ancora l’effetto ‘wow’ generato dall’Intelligenza Artificiale, con molte presentazioni pubbliche che propongono applicazioni, spesso già viste e ripetitive, basate su ChatGpt. Con un approccio più pragmatico, preferiamo mostrare ai nostri clienti l’applicazione concreta di queste
Maurizio Prior, Ceo di Mtf Business Solutions, con sede a Rivera.
tecnologie nei loro processi e nei software gestionali già in uso.
Sono convinto che nei prossimi due o tre anni assisteremo ad importanti cambiamenti. Ritengo che il timore verso l’Ia non sia particolarmente diffuso, fatto salvo il caso degli slogan che la descrivono come una minaccia o un sostituto dell’essere umano, alimentando così comprensibili preoccupazioni.
Le soluzioni in Cloud garantiscono alle imprese efficienza e scalabilità… Dai nostri laboratori sono già nate soluzioni gestionali cloud-native, ampiamente riconosciute da numerosi clienti, sia a livello locale che nazionale. Queste soluzioni garantiscono sicurezza e scalabilità, offrendo un servizio accessibile tramite browser, con un canone fisso e tutto incluso. In questo modello, il cliente non acquista nulla ma usufruisce del servizio in modalità di noleggio, con la libertà di interrompere il canone annualmente.
Un importante vantaggio competitivo delle tecnologie native per il Cloud è dato dalla possibilità di correggere, aggiornare o estendere la piattaforma in modo rapido. Le correzioni, gli aggiornamenti tecnologici o le estensioni funzionali vengono resi disponibili con un semplice click, e i clienti possono quindi beneficiarne immediatamente. Anche in questo ambito, perseguiamo il nostro modello di business basandoci sulle soluzioni più affidabili e sicure disponibili sul mercato, come il Cloud di Microsoft Azure o Aws.
Simona Galli
Il gusto dell’eccellenza casearia
Il formaggio è frutto di un duro e attento lavoro, di un’alchimia perfetta tra uomo e natura, di una cultura che si tramanda da migliaia di anni.
Grazie all’intuizione e alla visione di Jürg Dräyer, Cetra Alimentari SA si distingue, sin dal 1977, nel mercato lattiero caseario di riferimento.
Importatore di diverse varietà di formaggio italiano per la grande distribuzione, come il Gorgonzola, il Parmigiano Reggiano (Bio EU e Bio Suisse), il Pecorino Romano, ecc., Jürg Dräyer non dimentica le sue origini - è pur sempre un casaro dell’Emmental - e la voglia di avere delle attività direttamente legate al territorio a sostegno dell’economia locale è tra i suoi obiettivi.
Ecco così che nel tempo la Cetra Alimentari SA diventa la maggiore azio-
nista del Caseificio dimostrativo del Gottardo, sostiene e recupera l’attività della Lati, acquisisce due aziende nella Svizzera interna, la Chäs & Co e la Chäs & Vreneli, divenendo una realtà che trasporta, vende e trasforma oltre 3.000 tonnellate di formaggio.
A sostegno del territorio e della realtà locale, Jürg Dräyer s’ingaggia anche nel primo progetto di sviluppo regionale, detto “Eccellenze Alpestri”, volto a sostenere l’operato dei casari d’alpe, al promovimento turistico dei nostri alpeggi e allo smercio del formaggio d’alpe ticinese Dop, opportunamente stagionato in una cantina d’affinamento con clima controllato.
Cetra Alimentari SA si pone quindi come ambasciatore di formaggi del territorio, con le sue eccellenze e particolarità, tra queste, il “Merlottino”, che conquista sempre più consensi per la sua cremosità e il gusto saporito e persistente, grazie al riuscito matrimonio tra formaggio e vino. Specialità che, soprattutto durante le festività natalizie, non possono mancare sulle tavole dei buongustai ticinesi.Prelibatezze che racchiudono storie di pastori, casari e pascoli unici, come unico è il gusto e il sapore di questi formaggi. Sia esso per l’aperitivo, per un piatto principale o come dessert, il formaggio si distingue per essere sempre al posto
Sopra, Jürg Dräyer, CEO di Cetra Alimentari SA. Accanto, il “Merlottino” conquista con la sua cremosità e il gusto saporito e persistente, una prelibatezza che celebra l’incontro fra due prodotti per eccellenza del territorio, vino e formaggio.
giusto al momento giusto. Cetra Alimentari SA lo sa bene e consiglia a tutti un Natale in compagnia delle nostre “eccellenze”, ricco di gusto!
Per informazioni: Via Cantonale 16 6805 Mezzovico Tel. +41 91 935 51 51 cetra.ch
L’inventore in abito benedettino
Monaco dell’Abbazia di Einsiedeln e anche scienziato dalle geniali intuizioni. Accanto alla sua vita spirituale, Padre Athanasius Tschopp (1803-1882) fu autore di invenzioni rivoluzionarie, fra cui un precursore del fax. Tanto in anticipo sui tempi, da faticare a trovare udienza.
Quando il 10 aprile 1803 Jakob Kaspar Tschopp venne alla luce in una fattoria lucernese, a Knutwil, nessuno poteva immaginare la vita avventurosa che lo attendeva. I genitori Regina e Kaspar Tschopp-Felber mandarono il figlio alla scuola dell’Abbazia di Einsiedeln e, a soli 17 anni, decise di prendere i voti. Sei anni più tardi, ordinato sacerdote, divenne Padre Athanasius.
Cominciò quindi a insegnare fisica alla scuola del monastero dove fondò un gabinetto di fisica, una sorta di laboratorio per inventori. Tuttavia, Jakob Kaspar Tschopp non si interessava soltanto alla scienza: era anche professore di teologia e insegnava catechismo nella parrocchia di Einsiedeln. Con un talento per la tecnologia, ricoprì successivamente le cariche di istruttore dei fratelli, sottopriore e decano di Einsiedeln (1846-1855).
Ma Padre Athanasius si spinse addirittura oltre: nel 1823, appena ventenne, costruì un nuovo strumento a fiato, che battezzò “Ventilhorn” (corno a valvole).
A 32 anni inventò una macchina per disegnare ellissi, parabole e iperboli, con la quale poteva progettare specchi parabolici concavi con la massima precisione e facilità.
Nel 1840 gli venne l’idea di un “Copirtelegraphenapparat” elettromagnetico. Ne affidò la fabbricazione a Meinrad Theiler, un meccanico di Einsiedeln. L’elemento centrale del Typotelegraph, altro nome con cui era noto il dispositivo, era costituito da un cilindro rotante sul quale si poteva scrivere un messaggio con un inchiostro colorato che non conduceva l’elettricità. L’intera superficie veniva poi scansionata da un ago elettrico che trasmetteva il messaggio sotto forma di impulso elettrico a un apparecchio ricevente,
Il modello del ricevitore di segnale del Typotelegraph inventato da Padre Athanasius e realizzato dal meccanico Meirad Theiler di Einsiedeln. Su un cilindro delle stesse dimensioni del trasmettitore, ma ricoperto di carta, viene trascritto il messaggio, comunicato a distanza tramite impulsi elettrici. L’antesignano del fax.
anch’esso munito di un rullo, avvolto però di carta, sul quale veniva trasposto il messaggio grazie a una penna che smetteva di disegnare quando l’ago del trasmettitore passava sul colore non conduttivo: di fatto il predecessore del fax.
Padre Athanasius non poteva ignorare il potenziale rivoluzionario della sua invenzione, dato che a quei tempi si poteva comunicare soltanto di persona o per lettera. Tuttavia, come ecclesiastico dovette fare i conti anche con l’atteggiamento quantomeno critico della Chiesa cattolica nei confronti della tecnologia e del progresso tecnico: un sacerdote tedesco aveva definito la ferrovia “diavoleria”, mentre l’elettricità era “satana nei fili”.
Intenzionato a contrastare i pregiudizi, il sacerdote si rivolse ufficialmente alle autorità federali di Berna che discuteva dell’introduzione il sistema telegrafico in Svizzera, appoggiato anche dal governo
Bollettino dell’Amministrazione dei telegrafi e dei telefoni svizzeri, 1942. Disegno del 1850 ca.
svittese, che raccomandò l’invenzione dell’innovativo benedettino all’Alto Consiglio Federale. Pur riconoscendo i grandi risultati ottenuti da Tschopp e Theiler, la proposta venne declinata ritenendo, come si evince dalla lettera di risposta, che l’idea su cui si basavano, troppo complicata per affidarla a dei telegrafisti, avrebbe richiesto invece dei meccanici in grado di rimettere in funzione il dispositivo in caso di guasto, come accadeva di frequente.
Una seconda opportunità sembrò presentarsi quando il Dipartimento Federale delle Poste e delle Costruzioni creò la prima officina telegrafica: Meinrad Theiler si presentò per uno dei due posti di responsabile, ma la sua candidatura venne respinta, offrendogli un ben più modesto impiego come “pulitore di batterie”, che rifiutò cortesemente. Senza però scoraggiarsi: Theiler continuò a cercare clienti per il typotelegrafo, nel frattempo perfezionato, recandosi a Parigi e a Londra. Questa volta ebbe maggior successo. Nel giugno 1854 depositò a Londra il suo primo brevetto, intitolato “Improvements in printing telegraphs” e l’apparecchio finì per essere adottato su larga scala in borsa per trasmettere i corsi del mercato azionario.
Anche padre Athanasius fu spinto a partire dal suo spirito intraprendente, im-
barcandosi sul piroscafo Atlantic alla volta dell’America, dove divenne priore dell’Abbazia di Saint Meinrad, fondata dai monaci di Eisiedeln nell’Indiana (tuttora esistente, è una delle due arciabbazie negli Stati Uniti). Nel frattempo, il duo Theiler-Tschopp ottenne finalmente il riconoscimento sperato anche in patria: il Typotelegraph fu premiato con la medaglia di bronzo alla Terza Esposizione Commerciale Svizzera di Berna nel 1857.
Padre Athanasius Tschopp in una litografia del 1840 circa, Zentralbibliothek Zürich.
Poco tempo dopo, entrambi rientrarono in Svizzera per motivi di salute. Theiler fece nuovamente domanda all’Officina telegrafica federale, ma nonostante la sua esperienza internazionale, gli venne rifiutato il posto di assistente. Si trasferì quindi nuovamente a Londra, dove visse fino alla morte nel 1873 e fondò la M. Theiler & Sons, Telegraph Engineers (uno dei figli menzionati nel nome della società, Richard Theiler avrebbe in
Gli spunti del blog del Museo nazionale svizzero
Questo contributo, scritto da Michael van Orsouw, PhD in storia, poeta e scrittore (in foto) proviene dal blog del Museo nazionale svizzero (Mns), dove più volte alla settimana vengono pubblicate storie emozionanti del passato. Un canale, accanto a mostre e pubblicazioni, per adempiere anche nell’universo digitale al suo mandato, che comprende la comunicazione di temi relativi a società, culture e identità svizzera. Gli articoli non solo trattano argomenti relativi alle mostre in corso al Landesmuseum di Zurigo, al Forum della storia svizzera di Svitto e al Castello di Prangins - i tre musei sotto il cappello del Mns - ma riflettono anche l’attualità e offrono spunti molto vari: dal ‘computer’ degli antichi greci al calcio femminile e agli affari di spionaggio della Seconda guerra mondiale. Tra gli autori figurano collaboratori del Mns, colleghi di altri musei e storici. Inaugurato nell’aprile del 2017, a fine 2023 il blog aveva collezionato complessivamente 974 articoli (116 nel 2023). Genera oltre un milione di visite all’anno. Siccome i contributi vengono pubblicati solo in tedesco, francese e inglese, Ticino Management ha voluto proporre ai suoi lettori la traduzione di questo articolo, che incontra appieno lo spirito innovativo della sezione “Eureka”. blog.nationalmuseum.ch
seguito fondato l’Electrotechnische Institut Theiler, che ha poi dato vita alla Landis & Gyr di Zugo).
Padre Athanasius disse invece addio alla fisica per diventare direttore spirituale e amministratore degli edifici del convento benedettino di Einsiedeln. Nel vicino convento femminile di Au a Trachslau, assunse il ruolo di confessore e cappellano, diventando una sorta di manager e responsabile degli affari esterni. Le sue doti di uomo di mondo furono messe a frutto, poiché il convento aveva contatti con l’imperatrice austriaca Elisabetta che, dopo la morte della figlia, aveva cercato conforto spirituale nel monastero e da allora era strettamente legata alle monache benedettine di Au.
Athanasius “pensava a tutto”, come si legge in un documento del monastero. Creò nuovi disegni per il laboratorio di tessitura e nuovi modelli per quello di ricamo. Aiutò nella realizzazione dei reliquiari e redasse nuovi inventari dei beni del monastero e, soprattutto, delle sue entrate. Trovò anche il tempo di passare alla storia come autore di trattati sul pellegrinaggio, di scritti religiosi popolari e di una Storia della Svizzera per le scuole. Morì a Einsiedeln nel 1882, a 79 anni. Il Nidwaldner Volksblatt lo descrisse come un “geniale inventore”. Le cui invenzioni, non avevano tuttavia ricevuto il riconoscimento che meritavano.
Michael van Orsouw
Rivoluzione d’orgoglio
Alla base del successo di Plan B, una città e una cittadinanza che continuano a crederci, stimolando un cambiamento che riscuote consenso anche a livello globale.
Quando nel marzo 2022 Plan B fu annunciato, molti lo guardarono e ci guardarono con scetticismo. L’idea che una città come Lugano potesse diventare un hub continentale per Bitcoin e le tecnologie decentralizzate sembrava, ai più, irrealistica, o al limite un’utopia. Oggi, a quasi tre anni di distanza, quell’intuizione si è però trasformata, concretamente, in una realtà che sta ridefinendo il volto tecnologico e finanziario della città. Ma questo percorso, nella sostanza, era iniziato ancor prima di quel 3 marzo. Erano i giorni durissimi della pandemia, quando furono introdotti i Lvga point per sostenere il commercio locale: è quello il momento esatto in cui si spalancarono le porte del mondo della Blockchain. Ma è stato l’incontro con Paolo Ardoino di Tether, alla fine del 2021, a catalizzare una visione ancora più ambiziosa: fare di Lugano l’epicentro dell’innovazione Blockchain in Europa.
I numeri parlano chiaro: oggi oltre 400 attività commerciali accettano pagamenti in Bitcoin, Tether e Lvga, 40mila cittadini utilizzano il wallet MyLvga, e nell’estate 2024 si è registrato un incremento del 65% nelle transazioni rispetto al 2023. Plan B non è però solo numeri, è un progetto che sta trasformando Lugano in un laboratorio vivente di innovazione finanziaria e tecnologica. La recente terza edizione del Forum, con oltre 2.900 partecipanti da 60 Paesi, ha confermato questa evoluzione, segnalando Lugano quale chiaro punto di riferimento. Ma, del resto, la Svizzera ha sempre avuto un approccio pragmatico verso l’innovazione. È risaputo: mentre altri Paesi cercano di normare a priori, frenando lo sviluppo, in Svizzera si preferisce sperimentare, capire e solo poi regolamentare. E non è un caso se siamo riusciti a emettere i primi tre bond digitali su Blockchain, accettati dalla Banca Nazionale Svizzera e valutati positivamente da Moody’s.
Michele Foletti, Sindaco della città di Lugano. A lato, il Plan B Forum 2024.
Tre i pilastri su cui si basa questo successo: formazione, innovazione e comunità. La collaborazione con Usi, Supsi e Franklin University sta creando una nuova generazione di professionisti. L’apertura del PoW.Space offre uno spazio fisico per l’innovazione, e la nascente Fondazione Plan B a sua volta, ne amplierà ulteriormente l’impatto. Ma ciò che più inorgoglisce è il cambiamento culturale che si sta stimolando (e governando): Lugano sta dimostrando che le tecnologie blockchain non sono innovazioni ‘aleatorie’, o peggio speculazione; sono strumenti per costruire un futuro più efficiente e inclusivo. Non a caso, tale esperienza sta già ispirando altre città, come dimostra l’imminente Plan B Forum di El Salvador. Negli spazi che un tempo ospitavano la Banca Intermobiliare, oggi prende vita PoW.Space, un hub di 2100 metri quadrati dedicato all’innovazione, un vero e proprio ecosistema dove innovatori, sviluppatori e imprenditori possono trasformare le loro idee in progetti concreti. Guardando al futuro, la visione rimane chiara: continuare a innovare, mantenendo sempre al centro i bisogni reali di cittadini e imprese. Lo scetticismo iniziale si è trasformato in partecipazione attiva crescente, dimostrando che anche una città può pigiare sull’acceleratore di un cambiamento con un impatto globale, quando ha il coraggio di sperimentare e la forza di crederci. Ed è per tutto questo che il Plan B non è (solo) un progetto tecnologicamente avanzato: è una scommessa forte, un cambio di paradigma, un nuovo modo di pensare la città e i suoi servizi.
Una biblioteca senza narratore
Per quanto potente e nutrita di dati, l’Ai ancora non sa compiere il salto dalla comprensione tecnica alla creazione di un legame emotivo, necessario per una solida strategia di branding.
Nel celebre film Will Hunting - Genio ribelle, il professor Sean sfida il giovane Will con una riflessione tagliente: “Puoi descrivermi ogni dettaglio della Cappella Sistina, ma non sai cosa si prova a starci dentro, a guardare quel soffitto. Non hai mai respirato quell’aria.” Questa frase racchiude una verità profonda, valida oggi più che mai: conoscere i dati non significa comprenderli, e sapere qualcosa non equivale a viverla. L’intelligenza artificiale rappresenta lo stesso paradosso. Può leggere tutto, elaborare miliardi di informazioni e generare contenuti con velocità straordinaria, ma può davvero respirare l’‘aria’ della tua storia e dei tuoi valori?.
Come il pennello per un pittore o il pianoforte per un compositore, l’Ai è uno strumento. Potente, certo, ma sterile senza qualcuno che sappia usarlo per raccontare una storia. L’Ai è come una biblioteca infinita, piena di libri, dati e immagini. È tutto lì, a disposizione, ma una biblioteca non ti racconterà mai una storia emozionante da sola. Serve un narratore. Qualcuno che sappia scegliere le parole giuste, dare ritmo, creare connessione. La tecnologia non può (per ora) decidere cosa è rilevante per il tuo pubblico, né può interpretare le emozioni che muovono le scelte creative. Non può fare il salto dalla comprensione tecnica alla capacità di costruire un legame emotivo. Pensare che l’intelligenza artificiale possa sostituire la creatività umana è
un’illusione pericolosa. La tecnologia è uno strumento potente, ma il valore reale sta nella combinazione tra tecnologia e intelligenza umana. L’Ai non crea strategia: esegue. Può generare contenuti in modo rapido, ma solo un professionista sa trasformarli in messaggi che parlano davvero al proprio pubblico di riferimento. È come chiedere a un robot di dipingere un
Florian Anderhub, fondatore e Chief Vision Officer di Ander Group.
capolavoro: può replicare ogni dettaglio tecnico, ma non capirà mai cosa significa raccontare una storia attraverso il colore e la forma. E qui entra in gioco il valore dei professionisti del settore, che non si limitano a usare strumenti tecnologici ma li integrano con una visione strategica. Immagina di poter creare messaggi personalizzati per migliaia di clienti, ognuno calibrato sui loro bisogni e desideri. L’Ai lo rende possibile, ma è il tocco umano
che garantisce che questi messaggi siano coerenti, autentici e in linea con la tua identità di brand. O pensa alla velocità con cui oggi è possibile produrre contenuti per diverse piattaforme. Senza strategia, però, quella velocità si traduce in rumore: messaggi disconnessi, privi di significato. Affidarsi ciecamente all’Ai rischia di generare un branding ‘senza anima’. Un brand non è fatto solo di immagini e slogan: è fatto di storie vissute, valori condivisi e connessioni profonde che si costruiscono nel tempo. L’Ai eccelle nel rispondere rapidamente e con precisione, ma manca della capacità di garantire quella continuità strategica che distingue un brand solido da uno effimero. I valori di un’azienda non sono un dato da processare o un contenuto da generare, ma l’espressione di una visione coerente, capace di adattarsi senza perdere la propria identità. Ed è proprio questa coerenza, costruita con cura e consolidata nel tempo, che trasforma ogni messaggio in un’esperienza autentica e duratura.
Nel finale di Will Hunting, il protagonista comprende che non basta sapere: bisogna vivere. E allora la domanda è semplice: sei pronto a lasciare che un algoritmo racconti la tua storia o preferisci affidarti a chi sa trasformare un brand in un’esperienza che emozioni?
Il futuro dell’energia
I semplici dati possono assumere un ruolo determinante nel garantire un futuro molto più verde e sostenibile al settore energetico, grazie al solo sviluppo tecnologico.
Uno dei settori rivelatosi più critico negli ultimi anni è certo l’energia. Ce n’è un bisogno disperato, e a costo contenuto, ma la si importa spesso da luoghi lontani, ad alto costo, e previ accordi complessi. È anche un’industria che deve essere decarbonizzata, in un quadro geopolitico molto fluido, ma quale ruolo potranno assumere i dati nel consentirlo?
Interviene Toni Volpe, Ceo di Nadara, nata a inizio 2024 da una fusione, per creare il primo provider di eolico onshore in Europa. Di proprietà di un fondo privato, ha un fatturato di oltre un miliardo di euro e rappresenta un leader dell’energia verde in molti Paesi europei. «Nell’acquisizione, elaborazione e utilizzo dei dati siamo un po’ indietro rispetto ad altri settori. La fusione ha innescato la necessità, ad esempio, di un data lake combinato, dove raccogliere e pulire i dati interni. La priorità per noi è sistemare le basi, quando si tratta di informazioni e approfondimenti rilevanti per il business», afferma Volpe. Tuttavia, i flussi di dati sono un’area di interesse per il futuro di Nadara. «Dal punto di vista della fornitura, l’esigenza di decarbonizzazione ci ha costretto a passare a un approccio collaborativo e olistico con tutta la nostra rete. In passato, l’unica cosa che contava era il costo, oggi qualsiasi acquisto deve includere la cooperazione e la condivisione di informazioni, piani, obiettivi, nel pieno rispetto dei dati riservati, ma con l’obiettivo di migliorare l’infrastruttura. C’è bisogno di impianti solari o eolici che abbiano un impatto e la massima efficienza, ma le metriche per il successo sono più complesse del solo costo. Non abbiamo sensori ovunque e non elaboriamo tutti i dati automaticamente, ma ci stiamo muovendo in quella
direzione, così che ogni impianto possa fornire informazioni. E dobbiamo farlo su larga scala, così da arrivare ad avere fabbriche energetiche future sempre migliori», sottolinea Volpe.
Lo stesso principio si applica ai collaboratori e ai partner. «Oltre alla salute e alla sicurezza, che sono fondamentali, il tracciamento e il monitoraggio delle persone ci consentiranno di passare da
Frank Pagano, azionista di Tokenance, Senior Partner di Jakala, Contributor de Il Sole 24 Ore.
interventi basati sulla programmazione ad azioni proattive e predittive, basate sulle condizioni effettive della rete, riducendo così i costi e acquisendo dati reali, utili in termini di innovazione e nel fornire servizi migliori. Il rapporto con i nostri grandi clienti diretti, ad esempio, si muove nella stessa direzione di apertura e collaborazione. Quello che oggi avviene con uno scambio manuale passerà a un flusso automatizzato, con azioni immediate intraprese dalle macchine», aggiunge Volpe. Le tecnologie esponenziali, come l’Ia,
vengono utilizzate per la manutenzione e, lentamente ma progressivamente, anche per compiti di consulenza analitica. Il contributo umano è ancora presente, e può essere sostituito dalle macchine nel medio termine, generando così efficienze. «Difficile da quantificare con esattezza, ma l’efficienza dell’intero settore si aggira almeno intorno al 15%, e potrebbe essere di più in uno scenario di flussi di dati e azioni o reazioni istantanee e senza soluzione di continuità. Se vogliamo fare una previsione, l’energia del futuro sarà verde e rimarrà una commodity, con un costo sempre più basso, soprattutto grazie ai progressi tecnologici. Le aziende come la nostra dovranno integrare le vendite di energia con servizi a maggior valore aggiunto. È per questo che stiamo internalizzando intelligenza umana e artificiale di grande livello», conclude Volpe. Il marketing, la tecnologia e le regolamentazioni internazionali porteranno il mondo a un futuro in cui l’energia proverrà al 100% da fonti verdi, e conveniente. Energia e manodopera saranno impiegate in modo intelligente, dove e quando sarà necessario. Le reti, distribuite a livello globale e fisicamente sulla superficie terrestre, potrebbero acquisire più dati di quelli necessari per produrre mega-watt, trasformando i ‘mulini’ eolici in fabbriche di dati. Volpe è abituato ai cambiamenti. L’industria avrà bisogno di macchine per far funzionare la produzione di watt verdi come un orologio, e di esseri umani per aggiungere altro ‘verde’ al verde di un’energia davvero pulita.
Toni Volpe, Ceo di Nadara.
Carbon tax alle frontiere
Con l’Ue di gran lunga il primo partner commerciale elvetico, le aziende svizzere non possono ignorare gli sviluppi normativi europei, indipendentemente dalle scelte politiche nazionali.
Il sistema di scambio delle quote di emissioni (Ets) è uno strumento chiave nella politica climatica europea. Questo meccanismo di mercato permette alle aziende di commerciare diritti di emissione di CO2: chi inquina meno può vendere le proprie quote in eccesso, mentre chi necessita di emettere di più deve acquistarne sul mercato. Questo sistema “cap and trade” crea un incentivo economico diretto per la riduzione delle emissioni, stabilendo un prezzo di mercato per il carbonio. Dal 2020, la Svizzera è l’unico paese terzo il cui sistema è collegato all’Ets europeo, garantendo parità di condizioni con i concorrenti europei nella gestione delle emissioni. Le quote di emissione svizzere ed europee sono reciprocamente riconosciute e possono essere scambiate liberamente tra i due sistemi, creando un mercato più liquido ed efficiente.
In risposta alla crescente pressione globale per la riduzione delle emissioni, l’Ue ha recentemente introdotto il Carbon Border Adjustment Mechanism (Cbam), una misura destinata a rivoluzionare il commercio internazionale dei prodotti ad alta intensità di carbonio. Il Cbam mira a evitare il cosiddetto “carbon leakage”, ovvero la delocalizzazione della produzione in paesi con standard ambientali meno stringenti, imponendo un prezzo sul carbonio per le importazioni equivalente a quello pagato dai produttori Ue.
Il Consiglio federale, dopo un’analisi della situazione, ha deciso per il momento di non adottare un sistema analogo, concentrandosi invece sulla salvaguardia del vantaggioso accordo Ets esistente. Secondo l’esecutivo, questa scelta riflette la tradizionale autonomia svizzera in materia di politica economica e si basa
su un’analisi costi-benefici secondo qui il Cbam avvantaggerebbe solo un numero limitato di industrie mentre imporrebbe oneri amministrativi significativi all’intero tessuto economico.
Tuttavia, i dati dell’Ufficio federale di statistica pubblicati nel maggio 2024 parlano chiaro: nel 2023 l’Unione europea si conferma di gran lunga il principale partner commerciale della Svizzera. Questa realtà economica rende impossibile per le aziende svizzere ignorare gli sviluppi normativi dell’Ue, indipendentemente dalle scelte politiche nazionali. Dal primo ottobre 2023, infatti, gli importatori europei devono dichiarare le emissioni incorporate nei prodotti importati da paesi terzi, Svizzera inclusa, per settori chiave come acciaio, alluminio, cemento, fertilizzanti, idrogeno ed elettricità.
Il sistema Cbam richiede una documentazione dettagliata delle emissioni dirette e indirette associate alla produzione, includendo non solo le emissioni del processo produttivo ma anche quelle legate all’energia utilizzata. Per le aziende elvetiche questo crea una situazione particolare quando importano prodotti da paesi terzi (come per esempio la Cina) per poi rivenderli all’Ue senza sostanziali trasformazioni: in questi casi devono necessariamente fornire ai loro clienti europei i dati sulle emissioni del paese di origine. Non è una scelta opzionale: senza questi dati, l’accesso al mercato europeo potrebbe essere notevolmente compromesso dal 2026, quando il sistema passerà dalla fase di semplice reporting a quella di effettiva imposizione economica.
La sfida immediata per le aziende svizzere è quindi duplice: da un lato, devono implementare sistemi accurati di monitoraggio e reporting delle emissioni
Tobias Lotti, membro del Circolo Giovani Giuristi Zurigo.
per soddisfare le richieste dei clienti Ue; dall’altro, devono prepararsi all’impatto economico del Cbam dal 2026, quando le emissioni dichiarate si tradurranno in costi effettivi per le importazioni nell’Ue. Il messaggio per il tessuto industriale svizzero è inequivocabile: la decisione del Consiglio federale di non adottare il Cbam non esime le aziende dalla necessità di prepararsi a questo nuovo sistema. Con l’Ue che rappresenta una quota così significativa dell’export svizzero, la capacità di adattarsi rapidamente alle nuove normative europee diventa cruciale per mantenere la competitività internazionale. Data la complessità del sistema e le stringenti tempistiche di implementazione, diverse società di consulenza specializzate si sono già stabilite sul territorio svizzero, offrendo servizi specifici per la gestione del Cbam. Questi attori stanno emergendo come facilitatori chiave nella transizione, supportando le aziende nell’implementazione dei sistemi di monitoraggio necessari e nella gestione delle dichiarazioni Cbam richieste dall’Ue.
La sfida del Carbon Border Adjustment Mechanism rappresenta quindi un’opportunità per ripensare i processi produttivi in ottica di sostenibilità, anticipando un trend che, indipendentemente dalle scelte politiche svizzere, è destinato a ridisegnare il commercio internazionale nei prossimi decenni. Il vantaggio del collegamento Ets esistente potrebbe rivelarsi cruciale in questa transizione, offrendo alle aziende svizzere un’importante base di partenza per affrontare le sfide della decarbonizzazione del commercio internazionale.
Rin-corsa allo spazio
Nonostante il vantaggio accumulato dal Nord America, l’industria aerospaziale europea sta provando a colmare le distanze. Non mancano i progetti promettenti.
Se si pensa alle aziende spaziali, il pensiero vola immediatamente agli Stati Uniti. Esempio pratico: solo due società attualmente offrono servizi di trasporto cargo da e verso la Stazione Spaziale Internazionale, entrambe hanno sede lì.
Eppure, anche il comparto europeo sta dando segnali incoraggianti, com’è il caso di The Exploration Company, che opera in Germania, Francia e Italia. La società, fondata tre anni fa dagli ingegneri aerospaziali Hélène Huby, Sebastien Reichstat e Pierre Vine, ha recentemente concluso un round da 160 milioni di dollari per costruire la prima capsula spaziale riutilizzabile europea, chiamata Nyx. Si tratta di un mezzo che sarà capace di trasportare 3.000 chili di carico da e verso la Terra, con volo inaugurale previsto nel 2028.
Come affermato di recente da Huby “Siamo la prima azienda al mondo in cui questo progetto è finanziato principalmente da investitori privati”, una dinamica dunque opposta rispetto alla capsula Dragon di SpaceX, il cui principale finanziatore risponde al nome di Nasa.
Il round di The Exploration Company, guidato da Balderton Capital e Plural, ha portato il totale dei finanziamenti raccolti dalla startup a oltre 208 milioni di dollari. All’ultima operazione hanno partecipato anche Bessemer Venture Partners, Ngp Capital e due fondi sovrani europei, French Tech Souveraineté e DeepTech & Climate Fonds.
“Negli ultimi tre anni siamo riusciti a rispettare tutte le promesse”, ha sottolineato Huby, “Abbiamo raggiunto i nostri obiettivi di cassa ogni trimestre. Gli investitori hanno dunque potuto ciclicamente constatare che siamo in grado di rispettare i tempi, i costi e la qualità”.
La Start up sta collaborando anche con l’Agenzia Spaziale Europea (Esa), che ha riconosciuto la necessità di sviluppare capacità autonome di lancio e trasporto spaziale. Quest’anno, le due parti hanno siglato un contratto di studio del valore di circa 25 milioni di euro per sviluppare servizi di ritorno del carico; l’accordo, che durerà fino al 2026, prevede l’opportunità di avviare ulteriori attività in futuro.
Con l’Esa, in particolare, è stato firmato contratto simile al programma Commercial Orbital Return Transportation Services
«Secondo le più recenti stime di McKinsey, l’economia spaziale globale raggiungerà un valore di 1.800 miliardi di dollari entro il 2035, rispetto ai 630 miliardi del 2023. E le aziende europee non vogliono certo lasciare tutti i profitti ai concorrenti americani»
della Nasa, avviato nel 2006. Quel programma ha portato ad accordi di trasporto del valore di miliardi di dollari assegnati a SpaceX e Orbital Sciences Corporation (ora Northrop Grumman).
Sul fronte commerciale, la società europea sta registrando risultati interessanti. Circa il 90% del portafoglio ordini, pari a 770 milioni di dollari, proviene da sviluppatori privati di stazioni spaziali come Vast, Axiom Space e Starlab. Lo ha riportato TechCrunch.
Il prossimo anno è in calendario una missione dimostrativa, ‘Mission Possible’, in collaborazione con SpaceX. “Stiamo
Alessandro Beggio, Ceo e fondatore di Vector Wealth Management.
cercando di imparare il più possibile da loro”, ha affermato Huby, “Ma crediamo anche che il mondo abbia bisogno di maggiore concorrenza e vogliamo, passo dopo passo, costruire una valida alternativa. Siamo pienamente consapevoli di essere in ritardo, di essere molto più piccoli, ma dobbiamo iniziare.
In Europa, inoltre, si sta mettendo in mostra D-Orbit, azienda italiana specializzata nella logistica spaziale, che quest’anno ha chiuso un round da 150 milioni di euro, guidato dal colosso industriale giapponese Marubeni. E hanno partecipato anche altri investitori, tra cui Cdp Venture Capital, Seraphim Space Investment Trust, Primo Ventures e un consorzio guidato da United Ventures, che include la Bri e il Fondo Europeo degli Investimenti.
L’azienda comasca è riuscita a creare fiducia intorno a sé grazie al successo di oltre 15 missioni spaziali, posizionando in orbita vari carrier Ion. Ovvero veicoli orbitali che consentono di portare nel cosmo più satelliti in contemporanea. E lo fanno posizionando ciascun cliente esattamente nel punto richiesto, senza perdere troppo tempo in termini di set-up rispetto ai lanciatori tradizionali, che generalmente danno priorità ai carichi maggiori, lasciando così quelli minori a operazioni che richiedono lunghe manovre in orbita. Secondo le stime di McKinsey, l’economia spaziale globale avrà un valore di 1.800 miliardi di dollari entro il 2035, rispetto ai 630 miliardi del 2023. E le aziende europee non vogliono lasciare tutti i profitti agli americani.
regionale
Stabilità, e... finanza /analisi
Alla Politica le aziende chiedono principalmente stabilità, dunque in continuità con il passato, ma anche chiarezza rispetto ai rapporti con gli Stati vicini, partner commerciali fondamentali. Per destreggiarsi nella quotidianità sono però innovazione e formazione le principali alleate.
Tempi sicuramente complessi per chi vuole fare impresa, e chi già la fa, in primis le aziende, chiamate quotidianamente a confrontarsi con un contesto globale complesso, e particolarmente fluido che più d’un’incertezza alimenta. Guardando alla Svizzera, dunque un territorio comunque privilegiato e abbastanza protetto rispetto a molti altri Paesi, anche europei, quali sono i principali ostacoli?
Secondo il Rapporto sulle opportunità 2025, le aziende identificano la burocrazia e i requisiti normativi (77%) come il principale onere per la loro crescita, ben prima dell’incertezza sulla crescita economica (51%) e della geopolitica (33%).
Per far fronte alle sfide normative, le aziende si concentrano in primo luogo sullo sviluppo del capitale umano e sulla tecnologia, temi per i quali stanno anche chiaramente stanziando i maggiori budget d’investimento.
Per assicurarsi l’accesso a tecnologie e innovazioni dirompenti e aumentare la propria competitività, le aziende fanno principalmente affidamento sull’assunzione di personale qualificato (60%) e sulla collaborazione con altre aziende (51%). Inoltre, circa il 40% delle aziende investe in ricerca e sviluppo. Due terzi delle aziende finanziano questi investimenti con crediti bancari o crediti in conto corrente. Come forma di finanzia-
Quali sono le tre sfide che vi frenano maggiormente?
Sondaggio condotto in occasione dello studio (tre risposte, in % totale)
Requisiti normativi/burocrazia
Crescita economica incerta
Incertezza geopolitica
Franco svizzero forte
Rischi informatici
Altro
Mancato accesso ai finanziamenti
Timori per la sicurezza riguardanti la catena di approvigionamento
Limitate capacità di spazio delle sede
Il Rapporto
Tra luglio e settembre 2024, i dirigenti delle principali aziende svizzere sono stati intervistati per il Rapporto sulle opportunità 2025 sotto l’egida dell’Hslu. Al sondaggio anonimo hanno partecipato in tutto 214 persone, la maggior parte delle quali erano membri del Consiglio di amministrazione e della Direzione. Un quinto degli intervistati lavora in aziende con un fatturato superiore a 500 milioni di franchi e oltre il 40% impiega più di 250 collaboratori. In futuro la ricerca sarà condotta su base annua per illustrare gli sviluppi e le tendenze a lungo termine.
mento al terzo posto figurano le ipoteche (19%). Più di un’azienda su dieci si affida interamente ai propri fondi per finanziare gli investimenti.
La perdurante forza del franco svizzero è considerato una sfida dal 22,4% degli intervistati. Tuttavia, non tutte le aziende intervistate ne sono ugualmente colpite, poiché alcune non sono così orientate all’esportazione. La misura adottata più di frequente per abbattere questo ostacolo è l’hedging naturale (43,8%), ossia il massimo bilanciamento possibile di acquisti e vendite in valuta estera. Stabilità e formazione. Il Rapporto mostra in modo chiaro dove le aziende elvetiche intervistate riscontrano il principale vantaggio della Svizzera in qualità di Piazza economica. Un’azienda su due cita la stabilità economica e politica. Seguono, seppur con un netto distacco, la flessibilità del mercato del lavoro e la forte capacità innovativa, rispettivamente al secondo e terzo posto.
In generale, le aziende chiedono una minore influenza da parte della Politica. Ciò emerge in modo molto evidente nel desiderio di una minore ingerenza statale legata a un minore onere normativo (75%). Il quadro è simile per le politiche fiscali e del mercato del lavoro, nonché per le misure di politica finanziaria e monetaria, la regolamentazione in materia di sostenibilità e i sussidi statali.
Stando alle imprese, solo le politiche legate alla formazione dovrebbero essere promosse con più vigore per contrastare la carenza di lavoratori qualificati. Il 47% degli intervistati vorrebbe assistere a più
L’eccesso di burocrazia, seppur a livelli diversi, è un male comune nel vecchio Continente, da cui non è esente nemmeno la Svizzera, come le aziende elvetiche sottolineano.
Fonte: Raiffeisen 2024
iniziative statali in materia di formazione e solo poco meno del 20% è favorevole a una minore ingerenza in questo settore. Richieste alla Politica. Se dunque le preferenze e i bisogni delle imprese risultano abbastanza netti, e con un ampio consenso, quali sono i desiderata delle imprese? «Il Rapporto mostra un atteggiamento differenziato delle aziende nei confronti dell’agenda politica. I dirigenti intervistati sottolineano che si debba continuare a garantire la stabilità. Secondo il sondaggio, le aziende hanno inoltre un chiaro piano per affrontare le varie sfide. In particolare, si stanno concentrando su nuovi modelli aziendali e su nuove tecnologie per garantire o ampliare il loro vantaggio competitivo. L’accento sulle innovazioni tecnologiche mostra la direzione che deve intraprendere l’economia svizzera. Trovo che il dinamismo e l’ottimismo delle aziende locali sia una ventata di positività» commenta Goran Juric, Responsabile Centro Clientela aziendale di Raiffeisen Svizzera nella regione di lingua italiana.
Le aziende vedono più opportunità che rischi in temi attuali come l’intelligenza artificiale (Ia) e la sostenibilità aziendale. Settori come la trasparenza della catena di approvvigionamento, le sovvenzioni statali e gli accordi di libero scambio vengono classificati come meno rilevanti in termini sia di opportunità sia di rischi. Flessibilità sul posto di lavoro. Secondo il sondaggio, per essere attraenti come datore di lavoro, le aziende puntano su modelli di orario di lavoro più flessibili che promuovono la compatibilità tra professione e famiglia e che sono considerati più importanti degli incentivi puramente monetari. I programmi interni di perfezionamento stanno diventando sempre più importanti, soprattutto nei settori dell’intelligenza artificiale e dei sistemi digitali. Queste competenze sono considerate fondamentali per un risultato aziendale di successo e per far fronte alle attuali dinamiche tecnologiche.
Stefan Behringer, professore e responsabile del Competence Center Controlling dell’Ifz, l’Istituto per i servizi finan-
«Secondo l’indagine, le imprese per affrontare le sfide di oggi si stanno concentrando su nuovi modelli aziendali e su nuove tecnologie per garantire o ampliare il loro vantaggio competitivo. L’accento sulle innovazioni tecnologiche mostra la direzione che deve intraprendere l’economia svizzera»
Goran Juric, Responsabile Centro Clientela aziendale di Raiffeisen Svizzera nella regione di lingua italiana
In che modo si assicura l’accesso a tecnologie e innovazione?
Sondaggio condotto in occasione dello studio (risposte multiple, % tot)
Assunzione di personale specializzato
Cooperazione con imprese
Investimenti in ricerca e sviluppo
Acquisto di nuove tecnologie
Cooperazione con istituti di ricerca
Transazione aziendali (Mergers & Acquisitions)
Acquisto di licenze Altro
Fonte: Raiffeisen 2024
Cosa si chiede alla Politica? Le principali richieste espresse alla Politica
Burocrazia e misure normative
Politica del mercato del lavoro
fiscale
Misure di politica finanziaria e monetaria Politica della formazione Regolamenti sulla sostenibilità Sussidi statali
Raiffeisen 2024
Sensibilità e ambiti diversi di azione, ma una comune visione a livello di quello che la Politica dovrebbe fare, al pari delle soluzioni per uscire dall’angolo: tecnologie e innovazione.
ziari di Zugo dell’Università di scienze applicate di Lucerna, la principale università di scienze applicate nel settore finanziario in Svizzera, che ha condotto lo studio, spiega: «Secondo l’indagine, la sfida più grande per le aziende consiste nell’organizzare le strutture interne del personale in modo più efficiente e flessibile. Le aziende si trovano ad affrontare il compito di abbattere i compartimenti
stagni e di portare avanti la transizione verso le soluzioni digitali. Nella gestione della conoscenza, in particolare, sussiste una forte necessità di introdurre piattaforme digitali per condividere e memorizzare la conoscenza in modo efficiente. L’Intelligenza Artificiale può fornire un contributo importante in tal senso».
Achille Barni
Nessuna misura
Fonte:
Svezia da scoprire
Le small cap scandinave sono poco note. Innovative e caratterizzate da elevate barriere all’ingresso nei rispettivi mercati, meritano invece una certa attenzione.
Small Cap nordiche
Performance dei diversi indici a confronto (a 10 anni, indicizzati in Eur)
A lato, l’ottima performance realizzata dalle small cap dei Paesi nordici, Svezia in testa, sfuggono spesso all’attenzione di molti investitori.
Nel mondo delle small cap quotate, gli investitori non dovrebbero esitare a cogliere le opportunità che si presentano oltre i confini nazionali, soprattutto a causa del fatto che in tutta Europa esiste un ampio bacino di aziende innovative. La Svezia, in particolare, vanta un ecosistema imprenditoriale dinamico, aperto al mercato globale e favorevole allo sviluppo delle imprese e alla raccolta di capitali.
Questo Paese, membro dell’Unione Europea ma non dell’Eurozona, conta non meno di mille società quotate in borsa per una popolazione di soli 10,5 milioni di abitanti! Oltre a grandi aziende di livello mondiale come Ikea, Volvo, Ericsson e Spotify, il Paese ospita un gran numero di small cap particolarmente innovative. La sfida per gli investitori sta nell’individuare questi titoli, in quanto alcune small cap non sono facilmente reperibili e i Rapporti Annuali sono spesso redatti solo in svedese.
Tra queste società svedesi, Mips si distingue come produttore di un innovativo sistema di sicurezza integrato
nei caschi. Questi includono caschi per moto, biciclette, sport invernali e caschi da costruzione. La soluzione sviluppata da questa azienda riduce la forza di rotazione trasmessa alla testa in caso di impatto obliquo creando così un mercato nuovo e commercializzando questa soluzione integrata senza produrre i propri caschi.
L’azienda vanta una solida posizione finanziaria, con un margine lordo del 71,6% nel primo semestre, stabile nel tempo. Al 30 giugno, il fatturato semestrale era invece di 216 milioni di corone svedesi (circa 18 milioni di franchi), in crescita del 14% rispetto al 2023.
Dopo la correzione del 2022 e dell’anno scorso, Mips ha dimostrato la sua capacità di ripresa. L’azienda beneficia della pubblicità gratuita fornita dai produttori di caschi, obbligati a mostrare il logo Mips sotto forma di un piccolo punto giallo. Quando si tratta di sicurezza, i clienti non lesinano, e la comprovata utilità del dispositivo offre all’azienda svedese un’ottima visibilità, considerando che il tasso di penetrazione dei caschi, soprattutto tra i ciclisti e in Europa, sia ancora basso.
Un settore ricco di opportunità. Un’altra azienda svedese di alta qualità è Fortnox, un editore di software di gestione aziendale rivolto alle Pmi, un mercato non prioritario per i grandi operatori globali come Sap. Facili da usare e basate sul modello SaaS/Erp, le soluzioni offerte da Fortnox sono dedicate alla contabilità generale e alle funzioni amministrative (fatturazione, buste paga, supporto alle vendite, registrazioni, ecc.).
Fortnox ha registrato una crescita molto forte negli ultimi anni, concentrandosi sul mercato nazionale, ma vantando quasi 700mila clienti, una cifra considerevole su scala svedese.
L’azienda gode di un elevato livello di redditività (margine Ebitda del 50% l’anno scorso) e di un team di gestione stabile, che le conferiscono una solida base finanziaria per perseguire una crescita redditizia ed eventualmente conquistare nuovi mercati.
Mips e Fortnox testimoniano la ricchezza dell’ecosistema della piccola imprenditoria svedese e offrono agli investitori l’opportunità di uscire dai sentieri battuti. In un contesto di elevata volatilità, diversificare è essenziale. Gli investitori non dovrebbero quindi trascurare le opportunità offerte dalle small cap innovative presenti in Europa.
Franck Sabbah, Head of Sales Asset Management Continental Europe di Berenberg.
Fonte: Bloomberg, IX-24
Misteri strutturati
Tra gli strumenti più versatili e polivalenti finanziariamente parlando, i prodotti strutturati ricoprono un ruolo guida, nonostante un’ingiustificata cattiva reputazione.
cosa e dove
Quote di mercato per tipologia di prodotto in Europa (per
Pierre-Yves Breton, Founding Partner di Aydo. A lato, le quote di mercato degli strutturati per sottostante.
Iprodotti strutturati sono ormai una componente imprescindibile dei portafogli degli investitori, sia in Svizzera che a livello internazionale. Sebbene le modalità e le strutture di rimborso possano variare, il successo di questa classe di attivi è ormai consolidato.
In quanto mercato maturo, negli ultimi 15 anni si è sviluppata una notevole automazione dei processi di lancio: dalla documentazione alla quotazione, fino alla creazione del prodotto a livello clearing house. Questa automazione ha contribuito a ridurre i costi di emissione, rendendo possibile la creazione di strumenti su misura anche per importi limitati.
Se vent’anni fa l’emissione di una semplice reverse convertible su titoli come Roche, Nestlé e Novartis richiedeva almeno dieci milioni di franchi e l’impiego di numerosi professionisti nei reparti Front, Middle e Back Office, sia presso la banca emittente che presso Euroclear, oggi lo stesso prodotto può essere lanciato in pochi minuti, con pochi clic, e per importi decisamente più contenuti, senza alcun intervento umano.
Il consulente/venditore sta dunque scomparendo? Molto probabilmente no. Al contrario, l’automazione e l’intelligenza artificiale sono strumenti alleati del broker, in grado di moltiplicare il suo tempo e migliorare il servizio offerto.
Le dimensioni minime dei prodotti sono diminuite, il numero di opzioni è aumentato, ma i volumi sono rimasti invariati. E le giornate hanno ancora 24 ore!
L’unico modo per tenere il passo e mantenere lo stesso livello di servizio nei confronti dei propri clienti non implica l’eliminazione della figura del consulente. Gli investitori hanno bisogno di consulenti che li educhino, li guidino e li supportino. Pertanto, il consulente deve essere ‘potenziato’ dalla tecnologia, che gli consente di presentare soluzioni in modo semplice, chiaro e, soprattutto, completo. Questo obiettivo si raggiunge solo attraverso un uso intelligente e integrato dei dati e una profilazione accurata del cliente.
È però fondamentale rivolgersi a veri professionisti del settore, e società specializzate con esperienza; troppo spesso si osserva come la distribuzione di prodotti
finanziari avvenga in un contesto locale, con soluzioni che variano significativamente da un Paese all’altro. Ogni nazione ha il proprio “bestseller”, che spesso riflette prerogative fiscali locali o pregiudizi sociologici. Ad esempio, in Svizzera è popolare il reverse convertible a 1 anno, mentre in Francia il prodotto più comune è l’autocall indicizzato a 10 anni. Come andare oltre questa barriera? Educazione e contenuti adeguati, chiari e attraenti. In un contesto in cui il numero di prodotti è cresciuto considerevolmente, l’unico modo è sfruttare la tecnologia. Si creerà così un circolo virtuoso per gli investitori, che avranno finalmente accesso a soluzioni diversificate e performanti, uscendo dalla loro zona di comfort. Sarebbe un peccato per chi desideri utilizzare la propria liquidità in eccesso, non poter accedere alla vasta gamma di meccanismi e profili di guadagno offerti dagli strutturati. In questo modo, si potrà ridurre anche la confusione del “Odio i prodotti strutturati”. Affermazione frutto di una visione distorta e limitata. Ecco dunque alcune caratteristiche:
Troppe volte gli strutturati sono confinati ai best-seller. In realtà, sono la famiglia di strumenti finanziari più adattabile in assoluto. Praticamente ogni esigenza dell’investitore può essere soddisfatta tramite una soluzione ‘strutturata’.
Fonte: Aydo 2024, Srp
Strutturare
volumi di vendita)
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Per investitori qualificati
La Svizzera ha introdotto una nuova categoria di fondi, il L-Qif, riservata esclusivamente agli investitori qualificati. Quanto potrà beneficiarne la Piazza finanziaria elvetica?
Apartire dal primo marzo 2024 è entrata in vigore una revisione della normativa in ambito di investimenti collettivi di capitale in Svizzera (Legge sugli investimenti collettivi, “LICol”), che introduce un’importante e significativa innovazione per il settore: il cosiddetto fondo riservato a investitori qualificati (Limited Qualified Investor Fund, “L-Qif”).
La Piazza finanziaria svizzera è un centro rilevante per la gestione patrimoniale e la distribuzione di fondi di investimento. Tuttavia, a livello di prodotti, subisce la concorrenza rispetto ad altre giurisdizioni, fra tutti il Lussemburgo. I motivi sono svariati, in primis però l’accesso limitato al mercato dell’Ue, l’aggravio dell’imposta preventiva svizzera nonché i costi elevati per ottenere l’approvazione ai sensi della normativa applicabile. Per cercare di colmare, almeno in parte, questi svantaggi, la Svizzera - ispirandosi a modelli esteri, fra cui il Raif (Reserved Alternative Investment Fund) lussemburghese - ha quindi introdotto una nuova categoria di fondi, il L-Qif.
Nell’ordinamento svizzero, il L-Qif non rappresenta una nuova forma giuridica autonoma di investimento collettivo, bensì introduce una nuova categoria di fondi che deve essere strutturata secondo le forme legali esistenti e previste nella LICol. Per gli investimenti collettivi aperti (Open-Ended Fund), le forme legali possibili per il L-Qif sono quindi quelle dei fondi contrattuali di investimento e delle società di investimento a capitale variabile (Sicav), mentre per gli investimenti collettivi di capitale chiusi (Closed-Ended Fund) è prevista unicamente la forma della società in accomandita per investimenti collettivi di capitale (SAcCol).
La grande novità introdotta dal L-Qif consiste nel fatto che tale tipologia di investimento non richiede né un’autorizzazione né un’approvazione della Finma e non è assoggettato alla vigilanza di quest’ultima (cfr. la definizione legale contenuta all’art. 118a cpv. 1 lett. d LICol). Per compensare la mancanza di supervisione da parte della Finma, l’amministrazione di un L-Qif deve tuttavia essere affidata a istituti specifici, soggetti alla vigilanza Finma. Viene così garantito - perlomeno indirettamente - un livello
«La restrizione della cerchia degli investitori per i L-Qif che investono direttamente in immobili potrebbe ridurne l’attrattiva. Inoltre, alcuni svantaggi competitivi rispetto ad altre piazze finanziarie estere persistono, tra i quali, l’applicabilità dell’imposta preventiva»
minimo di protezione degli investitori e la tutela della qualità della Piazza finanziaria elvetica. Inoltre, l’istituto cui compete l’amministrazione di un L-Qif deve notificare al Dipartimento federale delle finanze (Dff) l’assunzione dell’amministrazione di un L-Qif o la rinuncia alla stessa. Il Consiglio federale tiene quindi un elenco pubblico di tutti i L-Qif. Il L-Qif è riservato esclusivamente agli investitori qualificati ai sensi della LICol in congiunzione con la Legge sui servizi finanziari (“LSerFi”). Questa importante limitazione esiste poiché i fondi L-Qif non sono supervisionati dalla Finma e seguono norme di investimento più
Rocco Rigozzi, avvocato, LL.M. e notaio, partner dello Studio Bär & Karrer (a Zurigo e Lugano), specializzato in transazioni immobiliari e corporate/ M&A, autore del presente contributo insieme all’Avv. Andrea Ziswiler, LL.M, partner Studio Bär & Karrer (Lugano), specializzato in operazioni di finanziamento, mercato dei capitali e transazioni corporate/M&A.
flessibili rispetto ai fondi soggetti al suo controllo, il che aumenta il rischio per gli investitori. La categoria di investitori qualificati comprende principalmente gli intermediari finanziari, le assicurazioni, nonché gli istituti di previdenza. Anche i clienti privati facoltosi possono accedere a un L-Qif se dichiarano di voler essere trattati come clienti professionali (cosiddetto opting-out). Inoltre, i clienti privati con contratti di gestione patrimoniale o di consulenza in investimenti possono essere considerati investitori qualificati, a meno che non dichiarino esplicitamente di non volerlo essere (cosiddetto opting-in).
Un’importante restrizione vale tuttavia per i fondi L-Qif con investimenti diretti in immobili - questi L-Qif sono riservati esclusivamente a determinati clienti professionali ai sensi della LSerFi. Rimane da valutare se la Piazza finanziaria elvetica potrà beneficiare della nuova istituzione del L-Qif. Tuttavia, è importante sottolineare che la restrizione della cerchia degli investitori per i L-Qif che investono direttamente in immobili potrebbe ridurre l’attrattiva di questo strumento. Inoltre, alcuni svantaggi competitivi rispetto ad altre piazze finanziarie estere persistono, tra i quali, l’applicabilità dell’imposta preventiva.
C’era una volta... e c’è ancora?
La terza Piazza finanziaria svizzera nel corso dei decenni ha accumulato notevoli competenze, e un modo unico di concepire e interpretare un cliente molto diverso dagli altri due hub nazionali. Basterà questo a reggere l’urto di una finanza costretta infine a cambiare?
Tanto tempo fa, in una galassia lontana, stava una Piazza che sognava grandi cose che avrebbe voluto fare in poco tempo, e soprattutto bene, distinguendosi tra le sue dirette concorrenti nazionali, e mano mano anche quelle più lontane. Certo, le ambizioni tendono per natura a essere leggermente sopravvalutate, eppure erano in molti a condividerle, dunque molto più che una pia speranza doveva esservi. A distanza di qualche decennio il mondo è cambiato in misura radicale, la geografia finanziaria è evoluta, quella economica ne è stata completamente stravolta. La finanza in primis non è più quella di una volta, seppur paradossalmente conti oggi molto più di ieri. «Sono nell’Associazione da oltre un ventennio, dal 2003, e posso sicuramente affermare siano stati anni molto complessi per il settore, ma soprattutto per la Piazza svizzera nel suo insieme, e quella Luganese in particolare. I primi Duemila alle
nostre latitudini erano stati segnati dalle varie ondate di amnistie fiscali della vicina Repubblica, evoluti dal 2005 in questioni di natura più europea, dunque l’Euroritenuta e Rubik, per arrivare poi nel 2008 alla Grande Crisi, e al salvataggio di Ubs. Senza scordare la caduta del segreto bancario, e guardando a casa nostra, l’altrettanto significativa caduta di Bsi nel maggio 2016, due eventi altrettanto storici», esordisce così Franco Citterio, Direttore dell’Associazione Bancaria Ticinese (Abt). Anni quindi densi di eventi, e ricorrenze, i cui sviluppi sono ancora oggi parte della quotidianità non solo degli operatori del settore, ma di milioni di persone, più o meno indirettamente coinvolte. «Nonostante in diversi casi non esista una relazione diretta tra causa ed effetto, è indubbio che tutto sia cominciato nel 2008, e nella più singolare delle circostanze. Scoppia la crisi a Wall Street, vacillano i giganti bancari, Berna corre a salvare il suo campione. È l’inizio degli
A lato, Piazza della Riforma a Lugano; il cuore della terza Piazza finanziaria svizzera, da diversi decenni.
attacchi, prevalentemente ma non solo di Washington e Londra alla nostra Piazza, che porteranno nel 2017 alla caduta del Segreto bancario, e dunque allo scambio negli anni successivi di informazioni relative a migliaia di nostri clienti anche con stati che di democratico non hanno ancora oggi nulla. Si può senza dubbio affermare sia stata una delle più grandi vergogne, e che non si sia fatto nemmeno lontanamente il possibile per impedirlo. È però sempre sulle ali del 2008, e non va dimenticato, che il comparto dei Gestori indipendenti ricomincia a correre», rileva Fabio Poma, Vice Presidente dell’Associazione Svizzera dei Gestori (Asg) e Managing Director di Wullschleger Martinenghi Manzini Group di Lugano. In ordine temporale, l’ultimo trauma, e dei più sostanziali seppur passato in sordina, doveva però ancora arrivare. «Altra data fondamentale per il settore è certamente stata il 19 marzo 2023, con l’acquisizione di Credit Suisse da parte di Ubs, e la fine dei 150 anni di storia del secondo istituto bancario svizzero. La maggior parte delle conseguenze di tale operazione, che ha sicuramente lanciato un messaggio molto chiaro al resto del mondo, è ancora tutta da scoprire, e ci vorrà del tempo, ma il Ticino non dovrebbe esserne eccessivamente impattato, al pari di diversi altri cantoni di frontiera. Rimangono certo estremamente preoccupanti le ricadute che tale acquisizione avrà in termini sociali, occupazionali, economici e d’immagine per la Piazza, ma è altrettanto evidente che qualcosa doveva
La dimensione bancaria
N. di istituti per tipologia attivi in Ticino
«Dentro e fuori Cantone si tende molto spesso a sottostimare la Piazza finanziaria ticinese, non solo quale piattaforma di proiezione verso sud, ma anche in termini di competenze consolidate nel Private Banking, e di un’ecosistema che negli ultimi quattro anni è tornato a crescere»
Nata il 22 ottobre 1920, l’Associazione Bancaria Ticinese ha da poco passato il secolo di storia, un traguardo dei più significativi, indice forse del fatto che fosse destino che proprio a Lugano nascesse una Piazza importante. Eppure in questo generoso arco temporale molto è cambiato, nel bene e nel male. «Un dato dice molto dell’industria bancaria oggi: il 42% del personale in Ticino ha oltre 50 anni, il che pone più d’un problema, ma richiama anche l’attenzione sul fatto che ai più giovani la finanza in generale, e gli istituti ancora di più, interessano sempre meno. Ovviamente la nostra Piazza sconta anche qualche altro problema, il Ticino non è molto attrattivo per under 35 senza una famiglia, Zurigo e Ginevra patiscono molto meno questa tendenza, ma è una realtà», rileva Citterio. Se ancora negli Ottanta e Novanta il problema non c’era, e anzi, la finanza era tra i settori più ambiti, molto è cambiato, a vantaggio ad esempio di digitale e tecnologia. «A livello di opportunità professionali, è questo uno dei momenti più interessanti per entrare nel settore. Il bancario non gode più dell’allure di un tempo, l’immagine che le banche offrono verso l’esterno dovrebbe essere sicuramaente migliorata, proprio perchè in termini concorrenziali il capitale umano è il vero fattore determinante, da qui gli sforzi e le iniziative che tutti stanno portando avanti, Abti inclusa. Anche in questo caso il quadro è però molto frammentato, il Ticino è infatti diverso da Zurigo, che è ancora diversa da Milano o Londra; le banche tradizionali si trovano in una condizione diversa da quelle più digitali e innovative, e nel caso degli indipendenti è ancora diverso. È sicuramente una tematica complessa», conclude il direttore.
essere fatto, ed è innegabile che è stato fatto, e ha sortito degli immediati effetti positivi per tutti», riflette il direttore.
L’affaire Credit Suisse nei prossimi anni sarà certamente ancora destinato a far discutere, ma nell’immediato ha riacceso il dibattito sulla reale utilità di almeno una parte del mastodontico impianto normativo sviluppatosi negli ultimi anni. «Anche nel 2008 era evidente che qualcosa andasse fatto, la Crisi si era originata, tra le diverse cause, per l’assenza di regole in cui era indubbiamente prosperato tra gli altri il nostro settore. Gli eccessi del quadro normativo derivante hanno però scaricato i loro effetti principalmente sul settore bancario, il che ha ridato slancio al parabancario, e all’ecosistema degli indipendenti, sino a qualche anno fa risparmiati da buona parte degli oneri burocratici, che seppur parzialmente oggi stanno infine arrivando. Altro dibattito sarebbe invece l’analisi di tutti gli effetti che questa ondata normativa ha avuto, su clienti e operatori, al pari delle ‘misure’ adottate per uscire dalla Crisi, che a distanza di diversi anni stiamo ancora apprezzando», nota il vicepresidente.
A essere completamente cambiato è però l’intero quadro di riferimento con cui la Svizzera è chiamata inevitabilmente a confrontarsi quotidianamente, a partire dalla vicina Bruxelles. «È ormai un classico avere rapporti complessi con l’Unione Europea, al pari dell’eterna negoziazione di un nuovo accordo che possa dimostrarsi migliore dei precedenti, ma soprattutto risolutivo. È improbabile ci saranno sconvolgenti aperture da parte di Bruxelles, ma siamo fiduciosi del fatto che i negoziatori europei siano più ragionevoli rispetto alle risposte ottenute da Francia e Italia. La cornice normativa entro cui il sistema bancario dovrà operare dovrebbe essere chiarita il prima possibile, e stiamo facendo del nostro meglio perché solo gli istituti direttamente coinvolti a operare in Europa diventino soggetti al diritto europeo. A fine 2023 è stato raggiunto un importante accordo di mutuo riconoscimento con Londra, che ci ha riaperto un importante mercato, ma certamente il vero obiettivo dev’essere l’Europa, ferma restando la volontà popolare che
Prosegue la diminuzione degli istituti bancari presenti in Ticino, ma le apparenze spesso ingannano.
ha più volte confermato l’indipendenza svizzera», evidenzia Citterio.
Molto spesso le regole del gioco sono il gioco stesso, e chi le scrive è l’indiscusso deus. Si può dunque ben comprendere quanto la questione sia determinante e dirimente, specie nel caso della Svizzera, e di uno dei suoi traini, l’industria finanziaria. «Il nodo è ancora tutto da sciogliere, e per quanto auspichiamo tutti possa essere raggiunto un accordo, e che questo possa essere confermato in una quasi certa conseguente sessione referendaria, è meglio non dare nulla per scontato, o cedere a facili ottimismi. Già oggi, in assenza di obblighi di legge, il sistema bancario è molto più restrittivo in termini normativi sulla clientela estera di quanto non dovrebbe, applica infatti normalmente la Mifid 2, e non soltanto la nostra Legge sui servizi finanziari, come dovrebbe. Le scuse sono molte, tra tutte sovente è scomodata la Convenzione di Lugano, ma allo stato attuale non ci sarebbe l’obbligo. La Piazza per quanto concerne i doveri si è di fatto già ampiamente uniformata alle regole europee, a rimanere molto remoti sono i diritti, a partire dal libero accesso al mercato unico, che invece è quello che più le interesserebbe», chiosa Poma. La terza gamba. Oltre a Pharma e orologiero, è indubbio che la Svizzera sia patria della finanza, e diversamente da altre Piazze circa concorrenti, è altamente specializzata nel Wealth Management, con una tradizione di lunga data. Se però il pensiero istintivamente corre a Zurigo e Ginevra, la questione non si esaurisce lì. «Dentro e fuori Cantone si tende molto spesso a sottostimare la Piazza ticinese, non solo quale piattaforma di proiezione verso sud, ma anche in termini di competenze consolidate nel Private Banking, e di un ecosistema che negli ultimi quattro anni è tornato a crescere. È 35esima a livello globale secondo il Global Financial Centres Index, offre lavoro a ottime condizioni a oltre 12mila persone e nel suo insieme ha ancora un significativo gettito fiscale per la collettività, e contribuisce al 10% del Pil cantonale. Si tratta di dati oggettivi, che non si dovrebbe dimenticare. Nello specifico, la Piazza bancaria si conferma forte, pur al netto di Credit Suisse,
«Che si tratti di una fusione, di un’acquisizione o di una cessione sarà sempre l’ultima delle alternative percorribili, di per sé ci sono importanti freni tecnici e legali, sono processi molto impegnativi, ma anche reputazionali: perdersi un dettaglio potrebbe avere conseguenze catastrofiche»
Fabio Poma, Vice Presidente dell’Associazione Svizzera dei Gestori
L’associazione
N. dei membri per tipologia (in unità)
L’associazione
Ripartizione geografica dei membri
Asg è la principale associazione di categoria che raggruppa la galassia dei gestori indipendenti.
■
Fonte: Asg
Troppi, ma perché?
Svizzera tedesca Svizzera romanda Ticino
■ Società ■ Supporter ■ Soci indivuali
Fonte: Xxxxx
Fondata nel 1986, l’Associazione Svizzera dei Gestori ha assistito a tutte le principali fasi che la Piazza elvetica ha attraversato negli ultimi quattro decenni, e a sua volta è cambiata. «Per molto tempo oltre a essere un luogo di scambio di idee e confronto, e difesa di interessi comuni, ha ricoperto, tra le altre, la funzione di organo di autodisciplina del settore, ruolo che di recente ha poi perso. A oggi delle oltre 1600 realtà svizzere indipendenti, circa 1000 ne fanno parte, di cui circa il 60% ha meno di cinque collaboratori. Si capisce quindi facilmente il perché della nascita negli ultimi anni di piattaforme come Aquila, che sono più che benvenute, e in parte anche dell’ammorbidimento dei criteri che Finma avrebbe voluto applicare con la nuova stretta normativa», rileva Poma. La pressione esercitata dalle autorità dovrebbe però contribuire in misura significativa a ridurne il numero, in tempi sorprendentemente brevi, dopo decenni di vane attese. Ma... «Porre un’asticella troppo elevata, e costringere al formarsi di realtà molto grosse, sarebbe un errore. Oltre che ad andare sacrificata sarebbe l’invidiata da tutti vivacità della Piazza, ci si dovrebbe porre un salomonico ‘Cui prodest’. Se si dovesse artificialmente spingere, per assurdo, per avere 80-100 strutture, a quel punto molto grandi, si sarebbe perso molto, e ci sarebbe una concorrenza diretta e agguerrita con il sistema bancario, e senza possibilità di vittoria, dimenticando le logiche cooperative che hanno reso grande l’industria. La numerosità degli indipendenti, che è sempre bene sottolineare facciano in termini di raccolta il grosso del lavoro delle banche, è la migliore polizza sulla vita per un futuro prospero per l’intera Piazza», conclude il vicepresidente.
Il sistema Ticino
Segmentazione della Piazza (dati 2021)
Categoria Società al 31.12 Addetti al 31.12
Banche 37 5.445
Attività finanziarie 853 3.252
Assicurazioni 318 2.224
Totale 1.208 10.921
Autorizzazioni
Ripartizione dei gestori autorizzati Finma
Asg XI-2024
ci sono istituti che stanno crescendo e soprattutto l’indotto è ancora molto importante, per quanto siano indubbiamente passati i fasti dei 78 istituti di una volta, e forse gli attuali 38 diminuiranno ulteriormente», precisa il direttore. Bene o male il perimetro del settore bancario è tracciato e tracciabile, seppur segnato da scivoloni e scandali, oltre a molti successi, per natura meno mediaticamente interessanti. Ma la vera forza della Piazza qual è? «Si è soliti tacciare la galassia degli External Asset Manager di essere particolarmente polverizzata, e frastagliata, con migliaia di piccolissime realtà con due o tre collaboratori. Quello che si omette di dire è che in molti di questi casi si tratti di società non molto strutturate, certo, ma che servono una clientela soddisfatta e contenta della loro offerta. È una qualità completamente diversa da quella di gestori con decine di collaboratori, o realtà bancarie con centinaia e migliaia, ma è comunque tutta ricchezza, e di quella più preziosa, ben radicata nel territorio, e per natura poco mobile, diversamente ad esempio da istituti che a
dipendenza del business potrebbero anche decidere di mollare gli ormeggi, e spostarsi», rileva il vicepresidente. Pluralismo e diversità di idee e visioni sono la vera forza di una Piazza, al pari della numerosità degli operatori presenti, forse ancor prima della loro qualità. Una questione dibattuta, ma sempre discutibile. «Considerate le necessità quotidiane del mercato ticinese una decina di istituti sarebbero più che sufficienti, ma cosa ne sarebbe dell’indotto? Intorno alla Piazza vive una certa tipologia di immobiliare, un retail di un certo standing, opportunità lavorative e professionisti dal profilo internazionale, possiamo sperare di attrarre una certa tipologia di famiglie, oggi in uscita dal Regno Unito e non solo… Nonostante gli sforzi fatti negli ultimi anni che hanno compensato in parte il calo del peso specifico della finanza, allo stato attuale non vedo concrete alternative, il che dovrebbe essere di ulteriore sprone a fare il possibile per mantenere e migliorare le competenze che ci sono, diversificando il business model di quasi tutti gli operatori monoprodotto, Private Banking, e mono-
Il consolidamento della Piazza elvetica è un evergreen della sua storia.
mercato, Italia. Ovviamente molto facile a dirsi, complesso a farsi», nota Citterio. Cosa aspettarsi dunque dal Ticino nei prossimi anni, all’insegna di una concorrenza sempre più accesa? «L’accesso al mercato europeo costituirebbe una chiara svolta, in grado di fare sì la differenza. È dunque improbabile che questo accada. Dalla nostra continuiamo ad avere una Svizzera stabile, politicamente ed economicamente, in un mondo sempre più instabile e conteso, il che sicuramente aiuterà anche la Piazza, elvetica e luganese. Non mi aspetto eccessivi sconvolgimenti nel breve, le masse non dovrebbero più andare disperse, ma è probabile passino di mano, sia a livello di clientela che di gestore. Tra cinque anni ci saranno stati sicuramente molti matrimoni, la geografia sarà dunque diversa, pur essendo l’ultima opzione che un gestore, pur in difficoltà, intraprenderebbe», rileva Poma. Sono ormai anni che se ne discute, il consolidamento locale e nazionale è stato più volte annunciato, e non è mai arrivato. Quali le ragioni e perché dovrebbe essere oggi diverso? «Qualunque indipendente, lo suggerisce il termine stesso, tiene moltissimo alla propria indipendenza. È nato così, e molto spesso non condividendo più il progetto di una banca, è a tutti gli effetti un’iniziativa imprenditoriale a cui si tiene anche affettivamente. Che si tratti di una fusione, di un’acquisizione o di una cessione sarà sempre l’ultima delle alternative percorribili, di per sé ci sono importanti freni tecnici e legali, sono processi molto impegnativi, ma anche reputazionali: per quanto si possa conoscere bene la propria clientela, e tutti lo pensiamo, c’è sempre il dubbio che alla controparte possa essere sfuggito anche solo un dettaglio, dalle catastrofiche conseguenze. L’evoluzione del quadro normativo è però la ‘novità’, la garanzia a che questa volta sia diverso», conclude il vicepresidente di Asg.
Di strada ne è dunque stata fatta molta, e la Piazza si trova oggi confrontata con un fondamentale cambiamento, che salvo un netto cambio di mentalità, e forse anche persone, rischia di travolgerla. La vera domanda è dunque se saprà rimettersi in gioco. O forse se vorrà farlo.
Federico Introzzi
Fonte: Asg
Fonte:
Fonte: Abt 2024
DINAMICA della bellezza
Un design che diventa ponte tra natura e aspirazione umana, unendo estetica e funzionalità. Emozionando con le sue linee e le sue forme. E dimostrando che il progresso può essere rispettoso del pianeta, senza rinunciare a lusso e potenza.
In Pininfarina concepiamo il design come visione del futuro della mobilità, in grado di combinare forma e funzione immaginando scenari inediti. Da 95 anni, l’essenza del nostro approccio si basa su una combinazione tra bellezza e tecnologia, tradizione e innovazione, funzionalità ed emozione. Ogni linea tracciata, ogni curva modellata e ogni dettaglio rifinito, nascono dalla volontà di combinare bellezza senza tempo e progresso, con l’obiettivo finale di immaginare e disegnare il futuro.
Da sempre, Pininfarina osserva la natura non solo per trarne ispirazione, ma per imparare dai suoi equilibri, dalle sue proporzioni e dalla sua straordinaria capacità di unire estetica e funzionalità. Tale visione permea ogni progetto nel settore automotive - e non solo. Design e Ingegneria altamente specializzata si fondono in un processo end-to-end per dare vita a serie limitate che incarnano il nostro concetto di “timeless beauty”, bellezza senza tempo. La Battista, hypercar 100% elettrica, ne è un chiaro esempio: con uno sguardo audace al futuro, rappresenta il perfetto connubio tra performance e sostenibilità, rispettoso del pianeta senza rinunciare a potenza e lusso.
Già a partire dagli anni ’30, infatti, il nostro fondatore Battista Pinin Farina sosteneva che gli elementi naturali non fossero solo fonte di ispirazione estetica, ma anche funzionale, e che la capacità di tradurli nella costruzione delle auto permettesse di migliorare l’efficienza aerodinamica e le prestazioni dei veicoli. Un’intuizione che si è trasformata in realtà con la creazione della galleria del vento in scala 1:1, una delle prime al mondo nel settore automotive. Questo straordinario strumento, realizzato per studiare e ottimizzare i flussi aerodinamici in tempo reale, rappresenta l’incarnazione dell’approccio futuristico di Pininfarina, permettendo di dar vita a veicoli che non seguono solo una pura visione estetica, ma risultano anche estremamente performanti e sostenibili.
La ricerca delle forme si è da allora trasposta in proporzioni perfette, in cui ogni dettaglio è studiato per garantire un equilibrio visivo e dinamico attraverso un design che diventa ponte tra natura e aspirazione umana. Midsummer, uno dei nostri progetti più recenti, che celebra l’esperienza nel coachbuilding tra Morgan e Pininfarina, rappresenta ciò che per noi significa creare opere senza
Dalla collaborazione fra Morgan e Pininfarina, nasce Midsummer, omaggio - in serie limitata di 50 esemplari - al fascino senza tempo della barchetta, con l’emozione delle sue linee sinuose e raffinate.
tempo e dare vita a un prodotto che parla al cuore, evocando emozioni profonde e un senso di appartenenza culturale in cui ognuno possa identificarsi.
Oggi, il compito dei nostri designer è guidare il progresso, con particolare attenzione a come sta evolvendo il settore automotive, tra mobilità sostenibile, tecnologie all’avanguardia ed esperienze sempre più immersive e personali dell’utente. Con questo approccio, Pininfarina continua a distinguersi non solo per la creazione di forme eleganti ma anche per il suo impegno nel ridefinire i canoni del lusso accessibile in relazione a sostenibilità e tecnologia. L’obiettivo è chiaro: non solo anticipare il futuro, ma renderlo un luogo più bello e desiderabile per tutti.
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Il team multidisciplinare di Diamond Medical lavora con un approccio integrato che include chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica, così come medicina estetica, rigenerativa e anti-aging. Ogni trattamento è studiato per garantire i risultati migliori, nel rispetto della bellezza naturale e dell’unicità di ogni paziente.
Estetica, e oltre. «In ogni tipologia di trattamento o intervento, il benessere del paziente ha un’importanza centrale», esordisce il dottor Martino Meoli, specialista svizzero FMH in chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica e specialista europeo EBOPRAS. «La premessa», nota Martino Meoli, fondatore di Diamond Medical, attivo a Lugano, Ascona, Lucerna e Grono, «è una comunicazione chiara, per comprendere le preoccupazioni o le richieste del paziente e adattare i piani di trattamento. Il paziente è seguito infatti a 360 gradi».
Se si prende in considerazione la chirurgia plastica o la chirurgia ricostruttiva, lo scopo è migliorare significativamente la qualità della vita dei pazienti, aiutandoli nel recupero dopo infortuni o malattie e contribuendo al loro benessere psicologico. «Stabilire una relazione di fiducia duratura richiede empatia, che è importante tanto quanto la competenza», prosegue il medico chirurgo. Martino Meoli, dopo la laurea in medicina all’Università di Zurigo, la specializzazione e il conseguimento del titolo di specialista europeo, ha approfondito le sue esperienze professionali in Spagna, Francia, Austria, Stati Uniti.
È membro, tra le altre associazioni, del comitato della Società Svizzera di Chirurgia Estetica.
L’eccellenza nel curare i pazienti, assicurando che ricevano le migliori cure possibili con le tecniche più avanzate ed etiche disponibili, è una priorità fin dal primo incontro, negli studi di Diamond Medical dove, da quest’anno, il chirurgo Martino Meoli è affiancato dalla Dr.ssa med. Francesca Zuliani e dal Dr. med. Stefano Spennato.
Con riferimento alla chirurgia estetica, la parola d’ordine è naturalezza. Mediante interventi che non si ripropongono di apportare trasformazioni estreme, quanto piuttosto di esaltare le caratteristiche personali, mantenendo un aspetto autentico e armonioso.
«Presso Diamond Medical, ogni intervento di chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica è una creazione su misura, frutto di artigianalità, precisione e innovazione medica, volta a garantire risultati straordinari e una sicurezza assoluta per la salute del paziente», sintetizza il dottor Meoli. Le possibilità spaziano dai lifting al viso, e a diverse altre parti del corpo, al lipofilling, che prevede l’utilizzo di grasso
autologo per volumizzare e ridefinire la parte interessata.
Frequenti, su pazienti spesso uomini, sono la blefaroplastica, la rinoplastica e l’addominoplastica.
Passando dalla chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica alla medicina estetica, i trattamenti possibili nelle sedi di Diamond Medical includono trattamenti ‘dalla testa ai piedi’, letteralmente: dalla biostimolazione dei capelli, che li rinforza e ne stimola la crescita, migliorandone densità e qualità, a quelli per viso e corpo: «Questi trattamenti mirano a correggere con precisione ed efficacia diversi problemi estetici, tra cui rughe, cicatrici, perdita di volume, lassità cutanea e depositi di grasso localizzati. I filler di acido ialuronico e il botulino sono alcuni dei trattamenti più richiesti. I filler si utilizzano per riempire le rughe e ripristinare il volume perduto in aree come guance e labbra, mentre il botulino è impiegato per ridurre la comparsa di rughe dinamiche causate dai movimenti muscolari a livello della fronte e intorno agli occhi; agisce bloccando temporaneamente i segnali nervosi ai muscoli facciali. Il risultato è un volto nel complesso più giovane e più rilassato», spiega Meoli.
Nella pagina accanto, il team medico di Diamond Medical, con sedi a Lugano, Lucerna, Ascona e Grono: il Dr. med. Martino Meoli (al centro), che ha dato vita al progetto, con la Dr.ssa med. Francesca Zuliani e il Dr. med. Stefano Spennato, che da quest’anno lo affiancano.
In questa pagina, a destra, il dottor Meoli, specialista in chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica, nel corso di un intervento.
Sotto, la preparazione di un intervento estetico non invasivo per eliminare le prime rughe del viso.
«La combinazione di botulino e filler è alla base di ‘Beautification’, una novità: si tratta di un protocollo che esalta i volumi naturali, ringiovanisce e armonizza il viso», spiega il fondatore di Diamond Medical, che prosegue: «Alleato fondamentale di un viso giovane o ringiovanito, il collagene può essere stimolato con approcci diversi. La biostimolazione agisce direttamente sulla tonicità e sulla luminosità della pelle attraverso l’iniezione di sostanze specifiche, come vitamine e antiossidanti, che migliorano progressivamente la qualità cutanea. L’acido polilattico, invece, è un trattamento rigenerativo che va più in profondità, stimolando la produzione di collagene per un effetto lifting naturale e graduale, ideale per ridefinire i contorni
del viso». Su texture, tono e imperfezioni cutanee si agisce invece con una esfoliazione chimica della pelle.
Uno degli aspetti più attraenti della medicina estetica è la possibilità di ottenere risultati visibili in tempi brevi, spesso con poche sedute, in regime ambulatoriale. Non essendo necessari tagli o anestesia generale, i pazienti evitano il rischio di complicazioni associate agli interventi chirurgici invasivi, come cicatrici permanenti o lunghi tempi di recupero, e possono tornare rapidamente alle attività quotidiane. L’innovazione continua rende questi trattamenti sempre più accessibili e personalizzabili. Vi si ricorre non solo per l’efficacia ma anche per la sensazione di benessere e di fiducia in se stessi che tali trattamenti restituiscono ai pazienti. Con la medicina estetica, nota il medico: «Si può intervenire anche per prevenire; se l’intento è quello di eliminare o ridurre i segni dell’invecchiamento, si ricorre spesso a trattamenti multimodali». In passato la cura della bellezza sembrava essere una prerogativa femminile, oggi si assiste invece al costante aumento di uomini che desiderano prevenire o curare inestetismi ed effetti dell’invecchiamento. «Con trattamenti di medicina estetica (per esempio filler e botulino per il viso) o di chirurgia correttiva per esempio di orecchie (otoplastica) o petto (ginecomastia)», spe-
cifica il chirurgo, che mette in luce altri ambiti della medicina, in cui Diamond Medical è attivo, destinati ancora una volta tanto alla donna quanto all’uomo: «La medicina rigenerativa e anti-aging sono sempre più affermate, anche tra i nostri pazienti. Si tratta di un approccio esclusivo che va oltre l’estetica, portando indietro il tempo grazie a processi di rigenerazione profonda. In un percorso all’avanguardia, i nostri trattamenti rigenerativi non si limitano a migliorare l’aspetto esteriore, ma lavorano in profondità per un miglioramento autentico e continuativo», aggiunge il chirurgo. Di fronte alla crescente richiesta di trattamenti di medicina e chirurgia, come rimedio ma anche come prevenzione, complici di bellezza e di giovinezza, il dottor Martino Meoli ed i suoi colleghi di Diamond Medical sottolineano l’importanza che la soluzione scelta sia la più giusta e soprattutto che sia opportuna: «Il nostro compito è quello di ascoltare e informare, e alla fine consigliare. Ogni paziente è infatti unico e merita un approccio su misura, nel quale competenza, innovazione medica e sensibilità si fondono per creare un’esperienza di benessere e bellezza senza pari».
L’industria svizzera dei fondi continua a inanellare nuovi record storici, complice l’andamento dei mercati. Si entra però ora nel vivo delle prospettive 2025, cosa aspettarsi?
Il mercato svizzero dei fondi al chiudersi del terzo trimestre dell’anno ha raggiunto la considerevole cifra di 1,565 trilioni di franchi di masse amministrate, in crescita di 58,8 miliardi nel trimestre e di ben 196,83 sull’intero arco dell’anno, dunque un +14,4%. Si tratta del quarto rialzo trimestrale consecutivo, e di altrettanti record storici.
Il sentiment degli investitori continua dunque a rimanere positivo, nonostante i movimenti di politica monetaria, supportato dall’ottimo andamento dei mercati da un lato, ma anche da new money pari a 23,7 miliardi sul trimestre, confluito in larga misura sui monetari, per circa 16,2 miliardi sul mese, e 14,1 da inizio anno. Sviluppi importanti anche a seguito della completata acquisizione di Credit Suisse, i cui fondi sono stati ridenominati e il fu istituto rimosso dalla classifica, che ha accolto Amundi nella Top10, con Ubs è arrivata a detenere il 36,3% del mercato.
Al netto dunque dell’ottimo andamento dell’industria dei fondi svizzeri, mercati e investitori stanno entrando nel vivo delle ultime settimane dell’anno, o nelle prime del successivo, discutendo di prospettive 2025 e relative strategie. Ancora una volta a segnalarsi la geopolitica, con tutti i rischi annessi, dunque Medio Oriente, Ucraina, Cina, Stati Uniti, Francia, Germania... per citarne solo qualcuno. Del resto, la lista dei ‘fronti’ caldi inizia a essere sensibilmente lunga e sotto molti aspetti, a prescindere dal come, riuscire a chiuderne qualcuno potrebbe essere una prima bozza di soluzione. Nonostante tutti i rischi connessi al ritorno di Trump, le cui conseguenze potrebbero essere di termine sorprendentemente lungo, se dovesse riuscire a raggiungere un accordo di pace in Israele e Ucraina sarebbe certamente il migliore dei possibili regali per la cara vecchia Europa, chiamata già a misurarsi con problemi interni molto significativi.
Il mercato svizzero dei fondi (Dati Morningstar in mln di franchi)
Categoria fondi
Raccolta per Asset class (in milioni di franchi)
Osservatorio 4.0
Caro lettore, L’Osservatorio sta infine sfondando la famosa terza dimensione, l’online, per essere sempre più completo e aderente all’evoluzione vorticosa dei mercati finanziari, tenendo il passo. Una parte dei contributi dei numerosi Partner che da anni contribuiscono alla sua ricchezza, e che molti apprezzano, inizieranno a essere web-only, specie per quelle tematiche molto più ‘liquide’. Buona meta-lettura FI
Flora Dishnica, Product Specialist di Pictet Am. A lato, la congiuntura globale già prima dell’elezione di Trump presentava qualche criticità.
aggravare la situazione ciclica, nel 2023 la Bce ha proseguito l’atteggiamento restrittivo culminato con l’ultimo rialzo di settembre ’23 per contrastare l’impennata dell’inflazione. Con l’avvio del ciclo di tagli della Bce nel giugno ’24 e a fronte di una situazione energetica stabilizzata è probabile l’Europa possa finalmente vedere la tanto attesa ripresa (Pil di consenso per il 2025 +1,2%). Sulle prospettive di più lungo periodo, l’Europa necessita di riforme strutturali per sperare a un potenziale di crescita più elevato, come ben analizzato dal rapporto Draghi. Azioni. Dal punto di vista azionario, i capitoli più rilevanti dell’agenda di Trump sono la riduzione delle tasse e il programma di deregolamentazione, soprattutto di fronte a un’amministrazione interamente repubblicana. Sono quindi favorite le società ad alta tassazione marginale (tipicamente le piccole/medie capitalizzazioni) e quelle società che beneficiano della riduzione della regolamentazione.
In contesto globale è in continua evoluzione. Negli Stati Uniti le condizioni macro si confermano stabili, con una crescita del Pil nel terzo trimestre pari al 2,8%. Nonostante il lieve rallentamento rispetto ai trimestri precedenti, gli Stati Uniti crescono ancora sopra il potenziale. Da qui l’alta probabilità del discusso ‘atterraggio morbido’.
Dopo il taglio corposo della Fed, la Cina ha invece risposto con stimoli monetari
per 2 trilioni di renminbi, pari all’1,6% del Pil, che rappresentano però molto probabilmente solo l’inizio di una manovra fiscale di entità simile, ancora da confermarsi, che andrebbe almeno in parte a sterilizzare i probabili dazi statunitensi. La crescita europea invece è esigua dal quarto trimestre del 2022 e la Germania è stato il Paese più colpito dallo stravolgimento degli equilibri energetici dell’Eurozona post-invasione dell’Ucraina. Ad
Tra queste ultime, i settori per i quali l’impatto potrebbe essere maggiore sono quello finanziario, quello energetico/ estrattivo e quello farmaceutico. Le tariffe hanno una duplice chiave di lettura. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, ci saranno dei settori penalizzati (chi fa uso di semilavorati) e settori che vedranno nascere opportunità grazie al fenomeno del reshoring industriale, ossia il rientro in patria delle filiere produttive. A livello geografico, i listini caratterizzati da titoli concentrati sull’export verso gli Stati Uni-
ti potrebbero subire ripercussioni.
A livello settoriale globale sembra logico mantenere una strategia barbell, sovrappesando quindi il finanziario, più ciclico, al pari delle Utility, fortemente difensive. Il comparto finanziario dovrebbe poter beneficiare di solidi margini, contenute insolvenze, e un atteso miglioramento della domanda di prestiti, senza trascurare che il bancario è al momento il settore meno costoso a livello globale. Le Utility presentano invece la dinamica più positiva tra i settori difensivi, e offrono un interessante dividend yield, di circa il 4%.
Maggiore cautela nei confronti del Giappone, dunque una posizione neutrale, a seguito della recente sconfitta elettorale del potente Lpd, che ha perso il controllo della camera bassa del Parlamento, come non accadeva da metà degli anni Cinquanta. Le attuali valutazioni escono da una sovraperformance durata qualche anno, ma è anche tra i pochi a registrare una stretta monetaria, e una crescita debole, che unita a scarsi margini di ulteriore deprezzamento dello yen rendono improbabile un’ulteriore corsa. Valute. Benché buona parte delle principali Banche Centrali stia tagliando i tassi, è probabile che emergeranno divergenze. Già per dicembre si attende una revisione delle stime della Fed sul tasso ‘terminale’ a un livello più alto rispetto alle ultime previsioni e più vicino alle stime ‘hawkish’ del mercato. Le difficoltà che sta riscontrando, e continuerà a farlo, l’Eurozona sono in parte scontate dal mercato, il che dovrebbe controbilanciare la possibilità di un differenziale tassi ancora elevato rispetto agli Usa. È verosimile la Bce porti gli interessi al di sotto del tasso neutrale del 2%, diversamente dalla Fed. Mantenendo un atteggiamento neutrale verso le altre valute, l’oro può invece continuare a essere una buona fonte di diversificazione. È stato infatti uno degli asset di rischio vincenti del 2024, con guadagni vicini al 30%. Una fase di assestamento è fisiologica, ma il trend sembra intatto. Da quando è aumentato il rischio geopolitico, le Banche Centrali, soprattutto emergenti, hanno aumentato strutturalmente l’allocazione in oro per proteggersi dal rischio di sanzioni. Finché le condizioni di fondo non cambieranno (una distensione del rischio geopolitico sarebbe sicuramente dannosa per i prezzi di questa attività finanziaria), è difficile prevedere un’inversione di tendenza.
Divergenze settoriali
Stima degli Eps Fy25 dei diversi settori (dati globali, ribassati a 100)
Fonte: Refinitiv, Pam 24
Caro, ma non troppo
Earnings yield (12m) meno titoli gov. locali (10y) in punti percentuali
Obbligazioni . Nonostante gli spread creditizi stretti, i bilanci societari appaiono infatti in salute, così come più in generale quelli dei consumatori, in particolare negli Stati Uniti, e i tassi di insolvenza si presentano bassi e in calo. Le analisi mostrano che i ritorni attesi sul credito sono altamente correlati al rendimento, il che permette agli investitori di trascurare i tassi di insolvenza, anche nell’High Yield.
Nel frattempo, il debito emergente offre un carry interessante di fronte a una Fed, che a prescindere dal tasso terminale è in territorio accomodante. Dunque, un investimento da avere in portafoglio. Per quanto riguarda il debito sovrano, è bene rimanere neutrali sulla maggior parte dei Paesi sviluppati. Il quadro è leggermente più confuso per i Treasury: se la vittoria di Trump rappresenta un aspetto negativo, il recente aumento dei premi a termine, e la notevole riduzione dei tagli dei tassi impliciti da parte della Fed fino alla fine del 2025 sono importanti fattori di offset da tenere in considerazione. Le valutazioni suggeriscono che le obbliga-
Se da un lato si aprono le differenze tra Eps dei diversi settori, dall’altro anche la scelta tra bond o azioni a dipendenza dei Paesi potrebbe non risultare così scontata, almeno in termini di prezzo.
zioni sono sostanzialmente al fair value. È probabile possano essere dunque un elemento molto utile per la diversificazione dei portafogli nel corso del prossimo anno, ma non strutturalmente presenti.
L’anno si conclude quindi con una fase di transizione sino all’insediamento di Trump il 20 gennaio. Le nomine sono state quasi tute annunciate. Il Segretario del Tesoro che è stato scelto, Scott Bessent, riporta la speranza di una gestione più prudente della spesa.
Per l’anno prossimo è probabile il ritorno alla ‘normalità’ del regime di correlazioni. Ciò spinge a una costruzione di portafoglio più tradizionale, con una maggiore esposizione obbligazionaria, da gestire però attivamente (tra regioni, emittenti e durata finanziaria).
Usa (0.1) Eurozona (5.4) Svizzera (5.56) Uk (4.3) Giappone (5.9) Cina (8.2)
Fonte: Refinitiv, Pam 24
Ruggenti, non per tutti
Sono vari i trend in corso ormai da diversi anni, che vanno a sommarsi con dinamiche molto più recenti e contingenti, specifiche a ogni Paese. Si delinea un 2025 complesso.
Corsa inarrestabile
Crescita reale del Pil americano e andamento dei tasso dei Fed Fund (in %)
Matteo Ramenghi, Cio di Ubs
Wealth Management Italia. A lato, la performance straordinaria realizzata dal Pil americano negli ultimi trimestri, nonostante i tassi.
Dall’inizio del decennio, mercato azionario, Pil nominale e utili societari statunitensi sono cresciuti rispettivamente di oltre l’80%, del 34 e del 69. Pandemia, guerre e aumento dei tassi d’interesse non hanno impedito una corsa che, almeno in parte, è stata spinta dagli stimoli fiscali. Questi sviluppi hanno portato a parlare dei nuovi ‘Ruggenti anni Venti’, facendo un parallelo con il periodo intercorso tra il 1922 e il 1928, quando il Pil americano crebbe del 40%.
Il rovescio della medaglia di questi buoni andamenti è l’insostenibile politica fiscale degli Stati Uniti, con un deficit di bilancio previsto oltre il 6% del Pil anche nel 2025 e un debito pubblico che è passato da meno del 60% all’inizio del secolo a oltre il 100%.
L’anno prossimo, ci si aspetta che la crescita economica americana rallenti leggermente, pur rimanendo vicina al 2%, sostenuta dai tagli fiscali e dalla deregolamentazione promessi da Trump. Nuovi dazi e regole più dure sull’immigrazione potrebbero rivelarsi misure inflazioni-
stiche, ciononostante ci si attende che l’inflazione continui a diminuire. Non tutte le aree economiche stanno beneficiando di andamenti simili: dopo la pandemia l’Europa è cresciuta a tassi che non si vedevano da decenni, ma per via della guerra in Ucraina, di una gestione fiscale restrittiva, di pochi investimenti in innovazione e dei noti problemi strutturali si trova in stagnazione da due anni.
L’anno prossimo potrebbe esserci una piccola accelerazione se le famiglie ridurranno i tassi di risparmio a vantaggio dei consumi, che potrebbero beneficiare anche della discesa dei tassi d’interesse. Due elementi potrebbero incidere in modo significativo: i dazi annunciati da Trump e l’evoluzione della guerra in Ucraina.
Anche la Cina affronta una fase complessa, stretta tra la crisi immobiliare, una debole domanda interna e la prospettiva di nuovi dazi. Le autorità cinesi hanno però avviato stimoli monetari e fiscali su larga scala e la crescita dovrebbe attestarsi a circa il 4,5% nel 2025, in leggero calo rispetto a quest’anno.
In un’ottica di maggiori dazi e quindi
maggior solidità delle economie orientate ai consumi domestici, India e Indonesia dovrebbero essere meglio posizionate, visto il forte andamento demografico.
Se questo è il quadro per i prossimi mesi, occorre tenere in considerazione anche i principali trend: deglobalizzazione, demografia, digitalizzazione, cambiamenti climatici e quindi decarbonizzazione, oltre all’elevato livello dei debiti pubblici.
Una delle principali politiche portate avanti da Trump sono i dazi che, questa volta, potrebbero non riguardare solo la Cina, ma anche l’Europa. Le restrizioni sul commercio e sui flussi di capitale tipicamente hanno un impatto negativo sull’economia e generano inflazione. Alcuni settori potrebbero però trarne vantaggio, per esempio l’automazione.
A livello mondiale, la popolazione di età pari o superiore a 65 anni è aumentata di circa 100 milioni dal 2020. Stati Uniti, Europa e Asia settentrionale invecchiano, mentre Africa e Asia meridionale registrano forti tassi di crescita. Per gli investitori si potrebbero aprire opportunità nel campo della longevità.
Digitalizzazione e intelligenza artificiale sono al centro di tutte le trasformazioni economiche. Si possono immaginare tre fasi in questa rivoluzione: creazione dell’infrastruttura, diffusione ad ampio raggio delle applicazioni e, infine, aumento della produttività e diffusi impatti economici. Oggi si è prevalentemente nella prima fase: le quattro più grandi aziende
Fonte: Bloomberg, Ubs
tecnologiche quest’anno avranno investito 218 miliardi di dollari per l’Ia, con un tasso di crescita del 47% rispetto all’anno scorso. Al centro di questi investimenti ci sono data center e microchip.
I microchip sono fondamentali per l’Ia, fornendo la potenza di calcolo. I leader in questo campo possono quindi contare su rapide crescite dei fatturati e ampi margini. L’innovazione nei microchip ha implicazioni economiche, strategiche e perfino geopolitiche. Infatti, è di poche settimane fa la notizia che gli Stati Uniti avrebbero ordinato a Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (Tsmc) di interrompere le spedizioni di chip avanzati per l’Ia destinate alla Cina. Da un punto di vista macroeconomico, l’incremento della produttività è la fase più interessante. Tuttavia, serve un’attenta regolamentazione per assicurare un’ampia diffusione dei benefici grazie alla concorrenza tra operatori, con riflessi positivi per l’inflazione e le economie avanzate che potrebbero così sopperire alla riduzione della popolazione attiva. Si tratta però di tecnologie estremamente energivore che, insieme all’elettrificazione dei trasporti, porteranno a una crescente domanda di elettricità. L’utilizzo di rinnovabili continua ad aumentare e ci si può immaginare che la pressione normativa per ridurre le emissioni di Co2 continui, spingendo al rialzo i prezzi di alcune risorse come il litio o il rame.
Complessivamente si stimano 3mila miliardi di dollari di investimenti entro la fine del decennio nella generazione, nelle batterie e nelle infrastrutture energetiche. L’Europa rischia di trovarsi svantaggiata anche su questo fronte perché molti grandi Paesi, come Italia, Germania e Spagna, hanno rinunciato o stanno rinunciando al nucleare, mentre Stati Uniti e Cina intensificano gli investimenti proprio per far fronte alla domanda attesa per l’Ia.
Alcune società tecnologiche come Google, Microsoft e Amazon hanno raggiunto accordi con operatori del settore per predisporre mini reattori modulari nucleari e gestire centrali nucleari esistenti.
Dopo due anni di elevati tassi d’interesse, famiglie e aziende hanno accumulato livelli di liquidità che non si vedevano da oltre tre decenni. Per esempio, il volume dei fondi monetari statunitensi è raddoppiato dal 2021, superando per la prima volta i 7 trilioni di dollari, e sui depositi a termine c’è stata una forte competizione
Si apre la forbice
Evoluzione attesa della popolazione attiva (15-64) in % del totale
Un, Ubs
tra le banche anche in Europa. Man mano che i tassi scendono, ci potrebbe essere una migrazione di questa liquidità verso impieghi più remunerativi come obbligazioni, immobiliare e azioni.
In questo contesto, sarà da preferirsi l’azionario americano con particolare riguardo ad alcuni settori: tecnologia, utility e finanziari. Per quanto riguarda la tecnologia, meglio le mega cap, i semiconduttori e alcune aziende private innovative. Le utility potrebbero risentire di un minor supporto governativo alle rinnovabili, ma la domanda di elettricità sarà in forte crescita. Il settore finanziario dovrebbe invece trarre beneficio dalla deregolamentazione promessa da Trump.
Oltre agli Stati Uniti, un’esposizione diversificata all’Asia, escludendo il Giappone, può andare incontro a trend demografici favorevoli, mentre in Europa si vedono opportunità nelle small e mid cap, le società a piccola capitalizzazione, in considerazione dei tassi in discesa e delle basse valutazioni.
Tassi più bassi dovrebbero creare un contesto ampiamente favorevole per le
Se il continuo rafforzamento del dollaro qualche pensiero lo solleva, è anche vero che si è ormai prossimi a una nuova fase demografica che vedrà la popolazione attiva di molte aree geografiche iniziare a scendere. Questo è sicuramente un elemento di grande novità.
obbligazioni. I titoli investment grade presentano ancora rendimenti ampiamente superiori all’inflazione attesa, con potenziale di apprezzamento in caso di un rallentamento economico più marcato.
Per quanto riguarda le valute, a medio termine il dollaro appare vulnerabile per via della debole posizione fiscale. In termini relativi, l’euro dovrebbe apprezzarsi anche se a breve pesa la debolezza dell’economia europea e la complessa situazione politica.
Sempre con riguardo alla discesa dei tassi e in ottica difensiva, considerando che continuano gli acquisti da parte delle Banche Centrali di molti Paesi emergenti, l’oro sembra ancora ben posizionato.
Fonte: Bloomberg, Ubs
Fonte:
Cosa attendersi?
Il passaggio di testimone a Washington potrebbe avere nel breve e nel medio periodo significative conseguenze economiche e finanziarie. Non era però un segreto.
Corsa elettorale
Performance degli indici azionari americani dal 1951 in anni elettorali (1-I: 100)
Mario Montagnani, Senior Investment Strategist di Vontobel. A lato, l’ottima performance media storica nel post elezioni.
Performance media annuale
Avendo incassato un’ampia maggioranza elettorale, Donald Trump entrerà alla Casa Bianca, e per la seconda volta, forte del controllo di entrambi i rami del Congresso, il che gli offre la possibilità concreta di tradurre la sua agenda politica in leggi. E tale libertà è facile possa farsi sentire anche sui mercati.
Già nei giorni successivi gli effetti non hanno tardato a palesarsi. Hanno reagito inizialmente con un aumento dei prezzi azionari, un rafforzamento del dollaro e una diminuzione dei prezzi dei Treasury, mentre i rendimenti salivano.
Questo non dovrebbe sorprendere, e anzi è ‘perfettamente secondo i piani’. Guardando all’andamento degli indici azionari statunitensi dal 1950, l’evidenza mostra che i mercati generalmente reagiscono positivamente alla certezza di un risultato elettorale, indipendentemente dal partito vincente. E questo effetto tende spesso a durare diversi mesi.
Come spesso avviene al cambio di inquilino, anche la politica economica potrebbe molto probabilmente cambiare
registro, e in questo caso ciò potrebbe influenzare l’inflazione. I piani di Trump per aumentare la spesa pubblica, ridurre le tasse e limitare l’immigrazione potrebbero avere effetti inflazionistici e ampliare il deficit di bilancio, rappresentando una sfida significativa per la Fed.
In campagna elettorale c’è stato un gran discutere dell’introduzione di nuovi dazi, il cui obiettivo sarebbe rafforzare le imprese americane, proteggendone i posti di lavoro, ma non sarebbe comunque un ‘pasto gratis’. È un’eventualità che è stata molto dibattuta. L’introduzione di nuovi importanti dazi potrebbe infatti dargli un vantaggio politico sul piano interno, ma potrebbe creare o aggravare tensioni globali, ad esempio con Cina e Unione Europea. Le catene di approvvigionamento potrebbero risentirne, l’inflazione potrebbe riaccendersi e la crescita del commercio globale rallentare.
Se a contare sono certamente le decisioni di politica economica, un altro capitolo particolarmente sensibile dell’agenda di Trump, e forse ancor più decisivo per la stabilità dei mercati, sarà però la politica
estera, come è sempre stato in passato. In precedenza Trump ha adottato un approccio piuttosto transazionale alla politica estera, coerente con il suo credo “America First”. Applicato al contesto geopolitico attuale, questo potrebbe portare a una maggiore pressione sugli alleati e a un’intensificazione delle tensioni, in particolare in relazione al caso Ucraina, che coinvolge direttamente la vicina Europa.
Politica estera, con chiari riflessi anche sulla politica interna, che almeno nell’immediato andrebbero a incidere su diversi settore e industrie, penalizzando sicuramente alcuni.
Una delle priorità dichiarate del presidente rieletto è rilanciare l’industria americana, in particolare nei settori della difesa, dell’aerospazio, delle infrastrutture e più in generale del settore industriale. In ambito energetico, intende deregolamentare a favore di carbone, nucleare e idroelettrico. Questi sono solo alcuni esempi dei settori che potrebbero trarre vantaggio dalla nuova amministrazione.
Al contrario, i veicoli elettrici potrebbero risultarne penalizzati; Trump sta pianificando infatti di ridurre le normative in questo campo, limitare le importazioni dalla Cina e di eliminare il credito d’imposta per l’acquisto di veicoli elettrici come parte di una più ampia legislazione fiscale. Anche altre aree, come energie rinnovabili, sanità e tecnologia, potrebbero essere influenzate. Tali sviluppi avranno inevitabilmente un riflesso sui mercati, e gli investitori dovranno tenerne conto.
Fonte: Vontobel 2024
Il grande ritorno
Le conseguenze del cambio di inquilino alla Casa Bianca sono particolarmente ampie e varie, ma non per questo solo negative. Dipende dagli ambiti, e soprattutto dai Paesi.
Salari americani
Evoluzione degli indici salariali americani (var. % y/y, media mobile 3m)
Luca Paolazzi, economista e Advisor di Ceresio Investors. A lato, le pressioni salariali negli Stati Uniti.
europea perché è imposta dall’alto), con evidentemente penalizzazione dei beni di lusso (orologi, abiti, auto...); l’India è decollata e si sta affermando anche come nuovo hub manifatturiero globale (più che friendshoring è unfoeshoring); e il Giappone è finalmente uscito da un terzo di secolo di deflazione.
Quali sono le conseguenze economiche prossime di Mr Trump rieletto? Alcune si sono già manifestate: rialzo dei tassi a lunga e delle azioni, soprattutto tecnologiche, e rafforzamento del dollaro. Per capire perché occorre osservare il quadro economico americano e delle altre aree del Mondo vicine e lontane. L’economia americana ‘is booming’, ha sintetizzato Jamie Dimon, Ceo di Jp Morgan Chase (che capitalizza più di sei volte Ubs). Il mercato del lavoro ha rallentato, sì, ma resta in piena occupazione. L’inflazione è più bassa sì, ma la dinamica salariale, primo motore mobile delle pressioni inflazionistiche, viaggia di un punto e mezzo sopra i ritmi prepandemia. La coppia occupazione-consumi spinge la domanda, grazie anche al tesoretto di eccesso di risparmi accumulati durante i lunghi mesi di lockdown. I doomsayers, che nelle loro sfere di cristallo avevano visto una recessione, hanno dovuto fare un giro dall’oculista. La Fed non è né indietro né davanti alla curva, ma puntuale nel ridurre la restrizione monetaria.
All’opposto, l’Eurozona se la passa male e peggio se la passerà. L’epicentro della crisi è la Germania, dove imperversa la crisi (irreversibile?) dell’Automotive e dove è in difficoltà il modello della bazar economy incentrato sull’export, a causa dell’onda di riflusso della globalizzazione. Su queste ferite viene sparso a piene mani il sale della restrizione delle politiche di bilancio, inevitabile stando alle regole europee, che tuttavia sono monche. Perché in un’unione monetaria è giusto che i singoli stati non soggioghino la politica monetaria spendendo e spandendo; ma è sbagliato che non ci sia un bilancio comune, come rievocato da Mario Draghi. Dunque, è molto difficile che la congiuntura dell’economia dell’Eurozona migliori nei prossimi trimestri, nonostante i salari reali stiano aumentando, anche per recuperare un po’ del potere d’acquisto perduto, e la diminuzione dei tassi stimoli la domanda nelle costruzioni e nel manifatturiero.
In Asia il quadro è assai variegato: la Cina insegue un’economia più verde e inclusiva (l’hanno chiamata common prosperity e si distingue dall’omonima
La messa a terra delle promesse elettorali di Trump significa basse tasse e alte tariffe doganali; le une e le altre spingono l’inflazione e favoriscono l’aumento di fatturato e margini delle imprese americane, per la minor concorrenza. La riduzione dell’immigrazione ha pure un effetto inflazionistico (più alti salari per lavoratori più scarsi), il che è negativo per i margini. Gli effetti inflazionistici più l’ulteriore ampliamento del deficit pubblico spiegano l’aumento dei tassi a lunga.
Le imprese tecnologiche trarranno vantaggio dalla minore pressione regolatoria, sottoforma del venir meno del rischio di un giro di vite antitrust che sotto l’amministrazione Biden aveva iniziato a manifestarsi. Non è un bene per il benessere equo e sostenibile, ma lo è per le quotazioni delle Magnifiche Sette. Altre ricadute ci saranno su singoli settori, o dall’eventuale fine della guerra in Ucraina e di quella ‘industriale’, stile Ira. Tali politiche sono simmetricamente dannose per i partner commerciali americani, Cina ed Europa in testa. Ma se la prima ha già abbandonato la crescita tirata dall’export, la seconda deve attrezzarsi a fare a meno del suo surplus nei conti con l’estero, stimolando la domanda interna.
Fonte: Elaborazione Ref, Fed Atlanta
Un quadro che evolve
Ad avere segnato il secondo semestre dell’anno una rapida evoluzione del quadro politico in diversi Paesi chiave dell’economia mondiale. Come comportarsi nel 2025?
Le mosse della Fed Andamento dei tassi d’interesse (in %) e fasi recessive negli Stati Uniti
Riccardo De Cenzo, investment advisor e Portfolio Manager di Bg Valeur. A lato, nonostante il gran dibattere il Pil americano continua a correre, e la Fed si sta mantenendo particolarmente cauto nell’abbassare ulteriormente i tassi.
Negli ultimi giorni e settimane, il panorama politico globale ha subito cambiamenti significativi che hanno avuto un impatto rilevante sui mercati finanziari. La vittoria di Donald Trump nelle elezioni presidenziali, il collasso del Governo tedesco, la perdita della maggioranza da parte del Partito Liberal Democratico (Ldp) in Giappone e la vittoria schiacciante del Partito Laburista nel Regno Unito sono eventi che hanno contribuito a un incremento dei rendimenti obbligazionari e ad un allargamento degli spread.
La vittoria di Trump ha portato ad un aumento delle aspettative di crescita economica e di inflazione negli Stati Uniti. Le politiche economiche della nuova amministrazione, come l’estensione del Tax Cuts and Jobs Act (Tcja) e una regolamentazione più leggera per i settori energetico e bancario, sono attese essere uno stimolo per l’economia. Tuttavia, queste politiche potrebbero essere parzialmente compensate da tariffe più alte ed espulsioni di massa, a seconda della loro tempistica e implementazione.
Le aspettative di inflazione sono aumentate significativamente dopo le elezioni, con il tasso di inflazione implicito a 5 anni salito al 2,4% e quello a 10 anni al 2,6%. Questo aumento delle aspettative inflazionistiche è dovuto alle politiche pro-crescita e alla già elevata crescita economica. Storicamente, i rendimenti dei Treasury a 10 anni hanno seguito la crescita del Pil nominale. Con l’inflazione dei prezzi al consumo attualmente intorno al 3% annuo, si prevede una crescita del Pil nominale di almeno il 5% nel 2025. I rendimenti dei Treasury a 10 anni sono quindi previsti in aumento, seguendo la crescita del Pil nominale.
Il mercato ora prevede meno tagli dei tassi da parte della Fed rispetto a quanto previsto in precedenza, con il tasso terminale che dovrebbe stabilizzarsi intorno al 3,8%, quasi 100 punti base in più rispetto alla proiezione mediana di settembre della Fed. Se da una parte il mercato obbligazionario ha reagito negativamente all’elezione di Trump, con un marcato sell-off che ha portato a un rialzo della parte lunga della curva dei rendimenti, gli investitori
azionari hanno festeggiato la vittoria del 47esimo Presidente degli Stati Uniti, per tutte le precedenti ragioni.
Volgendo lo sguardo al Vecchio Continente, l’Europa si trova ad affrontare due guerre commerciali contemporaneamente con gli Stati Uniti e la Cina, una situazione sfavorevole per le esportazioni di beni europei. Questo pessimismo è emerso anche nei due principali listini azionari europei, dove, dalle elezioni Presidenziali del 5 novembre, sono entrambi in territorio negativo.
Inoltre, l’Europa dovrà aumentare le spese per la difesa e il supporto all’Ucraina. Sebbene l’inflazione headline europea sia tornata al target, l’inflazione core e i costi unitari del lavoro rimangono sopra il target. La Bce probabilmente ridurrà i tassi di altri 25 punti al 3,00% a dicembre, con ulteriori riduzioni previste nel 2025.
Il Giappone sta affrontando un’inflazione persistente e costi unitari del lavoro elevati. La debolezza dello yen, definita dal Ministro delle Finanze Kato come ‘unilaterale e rapida’, potrebbe portare a un altro aumento dei tassi da parte della Banca del Giappone (BoJ). Nonostante la BoJ preferirebbe rimanere in disparte, la persistente debolezza dello yen potrebbe costringerla ad agire.
Nel Regno Unito, il Partito Laburista ha introdotto un bilancio espansivo con maggiori spese e tasse più alte, che è stato
Fonte: Bloomberg
L’aprirsi della differenza in termini di tasso tra dollaro ed euro sta progressivamente rafforzando il biglietto verde, la cui corsa è ripartita dopo le elezioni di novembre. Al tempo stesso prosegue contrastato l’andamento dei mercati, Nord America ed Europa.
accolto negativamente dal mercato. Con l’inflazione core e i costi unitari del lavoro ben al di sopra del target, la Banca d’Inghilterra (BoE) avrà meno flessibilità per tagliare i tassi il prossimo anno.
L’economia globale ha mostrato una notevole resilienza, con le probabilità di recessione in calo, rispetto a quanto stimato lo scorso anno. Tuttavia, i rischi includono l’incertezza delle politiche monetarie e fiscali, l’inflazione persistente, escalation delle Guerre in Medio Oriente e in Ucraina, e la crescita cinese in rallentamento. Gli investitori devono dunque rimanere vigili e adattare le loro strategie d’investimento in risposta ai cambiamenti politici ed economici globali.
La diversificazione e un’attenta analisi delle condizioni di mercato saranno cruciali per navigare in questo periodo di incertezza. Le politiche pro-crescita della nuova amministrazione Trump stanno aumentando le aspettative di inflazione e di crescita del Pil nominale. Questo sta portando a un aumento dei rendimenti dei Treasury a 10 anni e a una revisione delle aspettative del mercato sui tassi di interesse della Fed. La riduzione del rischio di default e la crescita degli utili migliorano le prospettive per le piccole imprese e le obbligazioni High Yield.
Sul fronte azionario, a livello geografico, è da preferirsi il mercato americano rispetto a quello europeo e agli Emergenti, in quanto l’economia statunitense si sta dimostrando più solida. La Fed ha maggiore margine di manovra e il neoeletto presidente ha promesso misure espansionistiche, mirando a stimolare l’economia con tasse più basse e presumibilmente ulteriore debito.
Sebbene le tariffe possano rappresentare un ostacolo alla crescita americana, è importante considerare la loro entità, le tempistiche e se saranno compensate dalle politiche fiscali espansive e per il momento il mercato sembra credere di più all’effetto positivo che non a quello negativo dell’elezione di Trump.
Un anno di borse
Andamento dei principali listini negli ultimi 12 mesi (XI-24: 100) Msci World
Fonte: Bloomberg
La forza del dollaro
Andamento dello Us dollar index nell’ultimo anno
Fonte: Bloomberg
Dall’altro lato dell’Atlantico invece si vedono diverse nubi addensarsi. I rischi geopolitici in Europa sono sempre presenti, la dipendenza energetica continua a essere un problema e la mancanza di una leadership forte solleva interrogativi.
Francia e Germania stanno affrontando sfide diverse che compromettono la loro capacità di rappresentare gli interessi europei. Inoltre, l’industria automobilistica ha faticato a tenere il passo con le innovazioni tecnologiche negli ultimi cinque anni, mentre la dipendenza del settore del lusso dai consumi asiatici è un tema sempre più rilevante.
È vero che le valutazioni in Europa sono decisamente più attraenti rispetto a quelle americane, ma al momento non sembra che questo sia sufficiente. Per diventare più ottimisti, ci sarebbe bisogno di un segnale positivo su almeno uno dei temi menzionati in precedenza. Attualmente, si può dunque mantenere una posizione neutrale su questo mercato, in quanto tutte queste preoccupazioni sono già state prezzate dai mercati che infatti hanno molto penalizzato i listini europei
nella seconda metà dell’anno.
Per quanto riguarda la Cina, la ricchezza delle famiglie sta diminuendo a causa dello scoppio della bolla immobiliare, le vendite al dettaglio sono inferiori del 20% rispetto alla media antecedente la pandemia e la possibilità di una guerra commerciale con gli Stati Uniti stanno pesando sul sentiment degli investitori verso questa regione. Ad ogni modo, il Governo cinese è intervenuto consistentemente ed è probabile che al bisogno possa ulteriormente intervenire, attraverso nuovi pacchetti di stimoli, con lo scopo di raggiungere gli obiettivi di crescita prefissati.
A fronte delle valutazioni elevate e di rischi che l’economia globale dovrà affrontare nel 2025, diversificare i propri investimenti, sia a livello geografico che settoriale, si conferma essere il miglior approccio per gestire il proprio portafoglio; a livello geografico sono da preferirsi gli Stati Uniti osservando però con particolare attenzione che la Trump economy non porti volatilità nel breve termine e che le tensioni geopolitiche non portino a escalation indesiderate.
Vittoria
Con juicio, si puedes!
Le prospettive per i mercati privati europei nel corso del 2025 appaiono discrete, diversi i motivi di ottimismo, per quanto sia comunque indispensabile prestare una certa cautela.
Questione di multipli
Evoluzioni dei multipli dei titoli europei (2018-2024)
La frase che il Manzoni mette in bocca al Cancelliere Ferrer quando esorta il suo cocchiere viene di solito riportata solo in parte, ossia ‘Adelante Pedro, con juicio’, tralasciando il finale ‘si puedes’. Non è però un dettaglio, date le circostanze in cui Pedro deve barcamenarsi nello sfuggire velocemente dalla folla minacciosa. Di fronte alla minaccia Pedro è timoroso; ma diventa spavaldo quando confortato dalla protezione dei soldati. Analogamente gli investitori.
Il 2025 potrebbe essere un buon anno per gli asset privati, tra cui Private Equity e Private Debt. È vero, escono da un periodo difficile, ma la situazione è migliorata molto sia per gli operatori, che per gli investitori, dunque perché cautela? Ecco tre motivi di ottimismo, e tre di cautela.
Il contesto macroeconomico, almeno negli Stati Uniti, è migliorato. La vittoria di Trump, accompagnata dalla riconquista di entrambi i rami del Congresso, ha galvanizzato, forse fin troppo, i mercati azionari. I commenti degli strategist convergono su un 2025 di ulteriori anche se
modesti progressi, punteggiati da occasionali storni e ritracciamenti. Tassi di interesse in discesa e tenuta dei consumi sostengono gli ottimisti, ma la volatilità in aumento è il sottotraccia di molti commenti. Alla base di questo scenario ci sono le liberalizzazioni, aumento della produzione di petrolio e, ovviamente, la riduzione delle tasse. Su tutto, poi, regna sovrana l’Intelligenza Artificiale che lascia ben sperare in termini di produttività.
Un secondo elemento riguarda le ingenti somme a disposizione degli operatori in attesa di essere investite, la cosiddetta Dry Powder. A prima vista non è un elemento positivo, ma la prospettiva cambia quando le si paragona alla dimensione del mercato pubblico: il rapporto infatti è rimasto stabile, perché anche i mercati pubblici sono saliti, e non di poco. I multipli europei che emergono dalle transazioni di acquisto e vendita, dopo essere saliti molto tra il ‘20 e il ‘22 stanno ritornando a livelli più normali, segno di parsimonia e disciplina degli operatori.
Infine, il numero di società quotate negli Stati Uniti è sceso da circa 7mila
Giovanni Castellino, responsabile
Institutional Business Development di Pkb Private Bank. A lato, l’evoluzione dei mulipli di Private Equity europei.
a poco più di 4mila in 25 anni. Perché? L’assillo della trimestrale che delude di un centesimo e fa crollare il titolo aumenta l’appeal dell’azionista privato di medio-lungo periodo, che apporta capacità imprenditoriali e il cui obiettivo è to ‘buy good businesses and to make them great’. E le ombre? La presidenza Trump, di nuovo: l’escalation commerciale, lo spettro di una drastica riduzione dell’immigrazione e un atteggiamento più conflittuale nei confronti del resto del mondo sono elementi di potenziale turbolenza. Un secondo elemento è rappresentato dall’aumento nel numero di società detenute dai fondi specializzati e giunte alla maturità, cioè al momento in cui bisogna pensare a cederle. Vista la bonaccia degli ultimi tre anni, il loro numero è quasi raddoppiato: i gestori di Pe devono gestire molte più partecipazioni in parallelo, mettendo sotto pressione gli organici. Il terzo elemento è la possibilità che l’economia americana mostri segni di surriscaldamento: questo potrebbe interrompere o addirittura invertire il ciclo benigno di riduzione dei tassi, trasformando il binomio crescita-bassa inflazione in stagnazione-inflazione. Le conseguenze non sarebbero positive per i mercati.
Periodi di bassa ‘liquidità’ dei mercati privati sono generalmente seguiti da periodi in cui questi mercati conseguono rendimenti migliori di quelli pubblici. E quando i mercati pubblici vanno bene per due-tre anni, generalmente passano il testimone a quelli privati. Ci si trova qui, dunque si può procedere, ‘con juicio’.
Fonte: Gain.pro survey, Novembre 2024
Questione di equilibri
Il quadro macro e politico potrebbe riservare rapide evoluzioni nel corso dell’anno, che conseguentemente dovrebbero essere riprese a livello di strategie di portafoglio.
Thomas Wille, Cio di Copernicus Wealth Management. A lato, le stime di alcuni indicatori macroeconomici.
La crescita del Pil mondiale rimane robusta, superiore al 3% nel 2025, con ampi contributi regionali nonostante le notevoli variazioni. La crescita degli Stati Uniti si riduce al 2,1%, superando comunque l’1,8% potenziale. L’Eurozona accelera all’1,2%, nonostante il freno di Germania e Francia. L’Asia si difende con un +4,6%, grazie al +7% indiano. L’inflazione si stabilizza vicino a una media del 2% nelle principali economie avanzate, mentre sale all’1% in Cina, e si limita al 4,3% in India. Il mix crescita/inflazione rimane favorevole, anche se con diversi potenziali rischi. Scenario di base (70%). È caratterizzato da una crescita globale moderata e da un’inflazione in calo, che consentono il normalizzarsi della politica monetaria. Nonostante rischi di volatilità, a patto di mantenere una flessibilità tattica non dovrebbero mancare opportunità per gli investitori, che dovrebbero considerare i picchi quali interessanti punti d’ingresso, pur rimanendo disciplinati. Scenario orso (20%). I due principali rischi sono la ripartenza dell’inflazione,
stile anni ‘70, e una crescita globale in calo verso il 2% in un contesto di rallentamento. A dimostrarsi vulnerabile sarebbe l’Eurozona, e la Bce potrebbe riaprire i rubinetti del Qe. Le valutazioni azionarie non sarebbero quindi più così ragionevoli, soprattutto se si considerano i premi per il rischio compressi in tutte le asset class. Scenario toro (10%). La crescita globale potrebbe superare il 3,5%, trainata dall’innovazione tecnologica, in particolare dagli aumenti di produttività derivanti dall’Ia, sostenendo la crescita, contenendo l’inflazione. Scontando una ripresa in Cina ed Eurozona, ci sarebbero i presupposti per mantenere una politica monetaria accomodante, favorendo un apprezzamento degli asset più rischiosi, mantenendo stabile il reddito fisso. Strategia cross-asset. Si conferma una posizione di ‘rischio’ a favore delle azioni rispetto alle obbligazioni, in particolare per gli investitori in franchi. La maggiore volatilità prevista richiede una gestione agile del portafoglio e un attento posizionamento del rischio.
Azionario. I mercati statunitensi man-
tengono la loro leadership grazie a una crescita superiore degli utili, a margini stabili e alla componente tech. Il focus rimane sulle società di qualità, con utili solidi, vantaggio competitivo, e buoni dividendi, grazie a un payout ratio sostenibile. Reddito fisso. Con i rendimenti svizzeri che rimangono sotto lo 0,5% e gli spread creditizi compressi, rimane fondamentale un posizionamento selettivo in titoli di alta qualità, senza scendere a compromessi. Strategia ‘Gold plus’. I metalli preziosi mantengono la loro importanza come diversificatore e copertura dall’inflazione, offrendo un potenziale interessante in un contesto di politica monetaria in evoluzione e di maggiore incertezza. Sfide e rischi. Le politiche proposte in materia di dazi, immigrazione e reshoring da Trump hanno implicazioni inflazionistiche intrinseche e potenzialmente frenano la crescita. Sebbene l’attuazione possa essere molto ampia, cambiamenti significativi delle politiche richiedono un attento posizionamento del portafoglio e strategie di gestione del rischio.
Qualche rischio anche rispetto all’indipendenza della Fed, che sarà messa a dura prova, e qualsiasi confronto con la Casa Bianca potrebbe innescare una significativa incertezza di mercato.
Da ultimo, i livelli di debito e deficit raggiunti negli Stati Uniti, nonostante un contesto macro positivo, aprono a una vulnerabilità strutturale che potrebbe innescare improvvisi cambiamenti nel sentiment del mercato, con ripercussioni su azioni e titoli di Stato.
Fonte: Bloomberg, Copernicus
Stati Uniti Europa Svizzera Cina Mondo
Prudenti convinzioni
Quello che va sempre più delineandosi è uno scenario forse troppo positivo, rispetto a molti potenziali incidenti di percorso.
Quali gli effetti della Trumpenomics sul resto del mondo?
Manodopera
Evoluzione della forza lavoro negli Stati Uniti (composizione, in mia persone)
Fabrizio Biondo, Head of innovative and liquid alternative investments di Lemanik Invest A lato, le promesse elettorali di Trump quanto a immigrazione potrebbero avere conseguenze.
Il 2024 si avvia a conclusione su ali dorate, regalando per il momento agli investitori risultati straordinari soprattutto in tre ambiti.
In primis, il mercato azionario americano, la cui performance Ytd (S&P +25%) si iscrive tra le 20 migliori degli ultimi 100 anni, mentre quella cumulata nel biennio, superiore al +50%, è al sesto posto di sempre. Il lascito è un multiplo stimato a 12 mesi molto ambizioso (P/E 22x), che nell’ultimo mezzo secolo è stato superato solo due volte: prima della bolla del 2000, e durante la pandemia; anche gli utili sottostanti sono ambiziosi, dato che nel 2024 le frequenti revisioni negative nette hanno spostato una parte degli Eps attesi al 2025 (con una crescita stimata del +14%), e che la qualità di questi utili è diventata sempre più discutibile, come testimoniato dal gap esponenziale tra la crescita stimata degli Eps e quella dei flussi di cassa netti per l’azionista.
In secundis, il credito americano, con spread a livelli non più osservati dopo la crisi del 2008, che in termini assoluti si collocano a cortissima distanza dai minimi
di sempre. In particolare, il mercato Hy si trova a meno di 20 punti base dal minimo assoluto toccato nel giugno del 2007 (243 bp), in costanza di rating medio, mentre il mercato Ig si trova al di sotto persino dei livelli di quel periodo, e a soli 10 bp dai minimi assoluti toccati negli anni Novanta, avendo oggi però una qualità media creditizia inferiore di un notch in entrambi i casi. Il mercato Hy americano prezza un calo drastico del tasso di fallimento stimato a 12 mesi all’1%, assumendo valori standard di recupero medio e di premio di liquidità, rispettivamente pari al 40% e 200 bp. Ciò richiede un’economia statunitense molto più che resiliente sul piano fondamentale, o un quadro tecnico eccezionalmente favorevole come quello del 2024, capace di comprimere gli spread notevolmente al di sotto del loro fair value grazie alla presenza sempre più pervasiva di investitori focalizzati sui rendimenti complessivi e non sugli spread.
In tertiis, gli antagonisti naturali (l’oro) e sintetici (le criptovalute) delle fiat currency. L’esplosione del bitcoin (>120% Ytd) potrebbe essere derubricata come
l’ennesima ondata speculativa, poi potenziata dalla vittoria di Trump; l’apprezzamento dell’oro (>30%), che ha subito una battuta d’arresto dopo le elezioni, è stato invece fortemente supportato dall’establishment anti-americano (Banche Centrali emergenti), trovando un solo riscontro di magnitudo simile dagli anni Ottanta a oggi (nel 2007). Tuttavia, tra il 1974 e la fine del 2001 l’oro era rimasto intrappolato per gran parte del tempo in un range tra i 300 e i 400 dollari, mentre nei 23 anni successivi ha incrementato il proprio valore di 8 volte e di circa 2400 dollari, di cui 1700 soltanto negli ultimi 8 anni, e per la maggior parte del tempo con l’inflazione sotto controllo.
Fuori da questi tre ambiti, i mercati nel 2024 hanno restituito ritorni interessanti, lontani dalle valutazioni più brillanti del passato, e perdendo notevole terreno contro gli omologhi americani, in modo particolare dopo le elezioni, e il ritorno dell’eccezionalismo americano.
Il consensus 2025 sembra improntato a un plebiscito a favore delle attività rischiose, in particolare americane, e del Trump 2.0, e da una crescente cautela invece per quanto riguarda invece il resto del mondo e la traiettoria generale dei tassi di interesse. È probabilmente nel radicamento di questo eccezionalismo, e nel carattere sempre più divisivo dello sviluppo economico a livello globale, che è possibile ravvisare la ragione principale
del successo delle valute antagoniste, unica reale alternativa al ruolo egemonico del dollaro. Riguardo invece al suddetto ottimismo assoluto e relativo, la sua fondatezza dipenderà da tre fattori chiave: - Il timing e la esatta sequenza delle misure annunciate: la Trumponomics 2.0 nel suo complesso è una ricetta tossica per il resto del mondo, e per gli Stati Uniti stessi. La combinazione tra tagli fiscali da una parte, e dazi e lotta all’immigrazione dall’altra, avrà implicazioni finali regressive e disinflazionistiche per la crescita: i dazi deprimono il commercio mondiale e colpiscono i consumatori senza distinzione, mentre i tagli fiscali sono selettivi e destinati a premiare fasce di reddito che hanno bassa elasticità di domanda relativa.
L’eventuale riduzione del flusso di immigrati priverebbe l’economia americana del suo unico motore di espansione della forza lavoro, riducendone il potenziale. L’inflazione verrebbe scagliata al rialzo negli anni di applicazione delle misure, ma poi la crescita più depressa eserciterebbe pressioni disinflazionistiche, come il mercato sembra anticipare guardando alla divergenza tra la Break-even inflation a 10 anni e il 5 anni 5 anni forward. Uno stimolo positivo alla crescita nel 2025 potrebbe dunque arrivare solo da un mismatch temporale, con tagli fiscali varati in netto anticipo, e con un approccio incrementale alle tariffe che ne scarichi il peso soprattutto nel 2026. Inoltre, nessuno degli obiettivi dichiarati di Trump verrebbe raggiunto: la riduzione del disavanzo commerciale non è compatibile con un incremento del deficit federale; la creazione dei posti di lavoro nel settore manifatturiero non è credibile; la propensione ad investire delle aziende non è cambiata nel Trump 1.0 con misure simili; persino l’intento punitivo nei confronti della Cina potrebbe configurarsi come una vittoria di Pirro, dato che i cinesi da tempo stanno guardando agli Emergenti.
- Il mercato del lavoro americano: resta il principale fattore dirimente per la crescita, dato che il suo rallentamento controllato potrebbe registrare un cambio di marcia in concomitanza con il maggiore bilanciamento tra posizioni lavorative aperte e disoccupati. Le richieste continuative di sussidi continuano a crescere a ritmo basso ma costante. I margini di profitto sono sui massimi, ed una loro eventuale contrazione indotta dalle tariffe e dalla correlata crescita dei costi
Indebitamento record
Traiettoria attesa del debito federale americano (in % del Pil)
Frequenza dei profit warning delle quotate in Europa (in
potrebbe spingere in alto i licenziamenti, imponendo una frenata ai consumi.
- Il quadro geopolitico: una risoluzione pacifica dei conflitti in corso potrebbe ridurre i rischi che gravano su determinate aree emergenti e generare esternalità positive sul fronte della ricostruzione, come il caso dell’Europa in Ucraina.
La combinazione tra un posizionamento plebiscitario e valutazioni record degli asset rischiosi americani deve invitare ad una notevole prudenza. La cautela su inflazione e tassi ha un fondamento di medio termine esclusivamente ‘meccanico’, ma è sicuramente meglio privilegiare posizioni di curva a posizioni spiccatamente direzionali. I mercati azionari europei scontano l’andamento asfittico degli utili e la crescente frequenza dei profit warning, con improbabili miglioramenti.
Il 2025 offrirà un punto di entrata molto attraente sulle valute emergenti a causa dell’iniziale proseguimento del Trump trade, che troverà una legittimazione fondamentale nel rallentamento economico globale che seguirà nel 2026 alla graduale imposizione delle tariffe.
È ormai acclarato che il deficit americano rimarrà stabilmente molto alto, il che porterà a un ulteriore forte incremento del debito federale.
Gli azionari emergenti hanno subito un notevole derating relativo contro gli Usa, ma in termini assoluti non sono a buon mercato se si esclude la Cina.
In ambito creditizio, ha senso continuare a privilegiare il mercato Hy scandinavo, sostenuto da un primario vibrante e sempre più internazionale, e da un profilo rischio-rendimento più bilanciato, e l’Hy europeo che, in un eventuale proseguimento del trend globale di contrazione dei premi al rischio, presenta margini di manovra storicamente più interessanti rispetto agli americani e un minor rischio di tasso. Nel complesso però, dato che gli spread sono storicamente molto ristretti, abbiamo usato la forza del mercato negli ultimi mesi per incrementare in modo deciso le protezioni derivate di credito, dato il costo storicamente appetibile di strumenti di protezione convessi.
Fonte: Alpine Macro 24
Debito Usa (% PIL) Proposte di Trump Previsioni Cbo
Fonte: Bloomberg Finance LP, JP Morgan Allerta europea
%)
Tra dazi e inflazione
Dollaro forte, debolezza europea e tensioni sui prezzi di Co2 e Gas: saranno le dinamiche chiave del mercato globale delle materie prime nel corso dei prossimi 12 mesi.
Focus sul Co2
Evoluzione dei prezzi dei Carbon Emission Futures (in euro)
Matherika 2024
In questo contesto storico, i cambi valutari e le scelte politiche rappresentano i principali driver dei prezzi. Nella seduta del 22 novembre, il cambio euro/dollaro ha toccato un nuovo minimo annuale, scendendo fino a quota 1,033. Il rafforzamento del dollaro riflette non solo il divario tra la situazione economica statunitense e quella europea, ma anche l’influenza della nuova Amministrazione e l’ipotesi di nuovi dazi verso il resto del mondo, Cina in primis. Questo apprezzamento del dollaro si è manifestato rispetto a tutte le principali valute globali, coinvolgendo anche quelle emergenti. Tuttavia, l’intenzione di Trump di favorire un dollaro debole per stimolare le esportazioni e migliorare la bilancia commerciale, unita alla necessità di contenere le pressioni inflazionistiche, obiettivo raggiungibile con un ipotetico calo del prezzo del petrolio, potrebbe indicare che il trend rialzista della valuta americana non sia destinato a durare per tutto il 2025 e a tale proposito va seguito il livello di 70 dollari al barile sul Brent. Questo orientamento potrebbe spinge-
re il cambio dollaro/yuan verso valori inferiori a quelli attuali di 7,25, riportandoli più vicino ai minimi annuali registrati a fine settembre, a 6,97. Il Governo cinese ha annunciato la rimozione del rimborso dell’Iva sull’export di prodotti in alluminio e rame. Questa decisione potrebbe generare un aumento dei prezzi sui mercati internazionali, in quanto le aziende cinesi potrebbero ridurre l’export di questi prodotti verso il resto del mondo.
In Europa, la situazione appare tutt’altro che positiva. Sebbene l’inflazione sia vicina all’obiettivo del 2%, l’industria continua a mostrare segnali di rallentamento. Di conseguenza, il mercato sta già scontando un aumento del differenziale tra i tassi di riferimento della Bce e quelli della Fed, ipotizzando una maggiore probabilità di tagli futuri a Francoforte.
La forza del dollaro si sta rivelando un peso per i prezzi delle materie prime. Il future del Co2 quotato in euro, ad esempio, ha fatto un minimo esattamente il 6 novembre a 62,4 euro per poi toccare un massimo relativo nella seduta del 25 novembre a 71,5 con un incremento del
Andrea Guarneri, Head of Derivatives Sales di Kommodities Partners. A lato, l’evoluzione del mercato dei carbon credit europeo.
14,5%. Tuttavia, il valore rimane distante sia dal massimo annuale di 78,1 sia dal record storico (agosto 2022) di 99,2.
La debolezza dell’euro ha portato la valuta a perdere terreno anche nei confronti del franco svizzero. Infatti, l’euro/franco ha segnato un nuovo minimo annuale in area 0,92 il 22 novembre, con un lieve recupero in chiusura mensile in area 0,93 nonostante le aperture da parte della BNS per futuri tagli dei tassi d’interesse. Metalli. Dopo il calo post elezioni, il rame ha toccato un minimo a 8.870 dollari, superiore al livello del 5 agosto a 8.714. Una rottura del supporto a 8.700 potrebbe spingere i prezzi fino a 8.200, mentre il superamento della resistenza a 9.200 aprirebbe la strada verso i 9.800. L’alluminio, invece, ha vissuto una forte volatilità dopo l’annuncio cinese della rimozione del rimborso Iva sulle esportazioni, oscillando in un range tra 2.600 e 2.700 dollari. Una rottura di quest’ultimo livello, considerato un’importante resistenza a causa dell’intensificazione dell’export cinese prima dell’annuncio, potrebbe innescare un nuovo slancio, spingendo i prezzi fino a 3.000 dollari. Per quanto riguarda il nickel, torna alla ribalta l’idea di quotarlo su un Exchange diverso dall’Lme. In particolare, si ipotizza una quotazione sullo Shfe di Shanghai dal marzo 2025. Questa transizione potrebbe introdurre nuova volatilità nei prezzi, insieme all’opportunità di monitorare lo spread tra le due quotazioni, mettendo in dubbio il ruolo storico di Londra.
Fonte:
Rancate (Mendrisio), Cantone Ticino, Svizzera
(1815-1884)
Carlo Bossoli
Pittore giramondo tra le corti reali e il magico Oriente
20 ottobre 2024 - 23 febbraio 2025
Carlo Bossoli, Veduta di Lugano. Piazza Grande particolare, 1849. Lugano, Museo d’arte della Svizzera italiana, Collezione
Città di Lugano, inv. CCL-91
orologeria
Seducente con audacia ed eleganza cultura /
Cubitus Grande Data, Giorno della settimana e Fasi lunari Istantanei, Ref. 5822P-001. In platino, ha indicazioni inedite grazie ad un nuovo movimento, il calibro 240 PS CI J LU a carica automatica (foto in alto a destra), per il quale sono state depositate sei domande di brevetto, una delle quali riguarda la gestione dell’energia necessaria alle diverse visualizzazioni e al loro salto simultaneo in 18 millisecondi. In abbinamento all’orologio, gemelli che ne riprendono le caratteristiche.
Premia l’attesa. La nuova collezione Cubitus, in tre versioni, sa di sorprendere, fin dal primo colpo d’occhio. Con una cassa quadrata con angoli stondati dalla geometria inedita e un quadrante con motivo orizzontale stampato a rilievo, presenta un paradigma da grande classico.
Sebbene Patek Philippe sia nota per il virtuosismo con cui realizza le sue complicazioni, nel campo del design ha sviluppato una propria firma estetica, con la creazione di alcuni degli orologi più celebri e immediatamente riconoscibili nell’universo dell’alta orologeria. La creatività è sempre stata al centro della filosofia della Manifattura ginevrina a conduzione familiare, descritta dalla sua ampia gamma di collezioni e modelli in ogni segmento del mercato. Ogni nuovo segnatempo è l’opportunità per la Maison di esprimere la propria visione della bella orologeria e di dare libero corso all’immaginazione e all’inventiva, attingendo a numerose fonti di ispirazione. Come risultato di questo approccio, le collezioni nate nel corso degli anni hanno tutte un loro carattere particolare. Calatrava (1932), l’archetipo dell’orologio da polso tondo; Golden Ellipse (1968), il cui
design armonioso s’ispira alla Sezione Aurea; Nautilus (1976), quintessenza dell’eleganza sportiva; la collezione Gondolo (1993), una moderna reinterpretazione dello spirito Art Déco; l’Aquanaut (1997), l’emblema dello stile sportivo ed elegante contemporaneo; Twenty~4 (1999), l’incarnazione dell’eleganza intramontabile al femminile, completato, nel 2018, dal lancio del Twenty~4 Automatic.
Tutti modelli dalle linee essenziali, destinati ad attraversare le mode senza nulla perdere della loro forza e della loro bellezza. Icone del design in orologeria che si sono leggermente evolute nel tempo, mantenendo intatto il loro potere di seduzione, anno dopo anno e generazione dopo generazione. La collezione Cubitus è una reinterpretazione dello stile sportivo ed elegante. Con questo intento, la Manifattura ha scelto di esplorare una nuova geometria basata sul quadrato. Basta visitare il Patek Philippe Museum di Ginevra per rendersi conto che la Maison aveva già proposto, nelle sue collezioni, numerose casse di forma quadrangolare (quadrate, rettangolari, a trapezio, coussin), soprattutto durante il periodo dell’Art Déco, quando questo tipo di estetica era molto in voga. Tuttavia la collezione è connotata da un design del tutto originale e innovativo, dove la lunetta quadrata è caratterizzata da angoli stondati: una forma audace e sottile che abbina il quadrato, il cerchio e l’ottagono. La nuova cassa si distingue anche per le due anse ai lati della carrure e per la sua architettura in due parti (fondo cassa/carrure + lunetta), con incassatura da sopra.
Il diametro di 45 mm si sposa al profilo estremamente sottile, garanzia di un’eleganza intramontabile.
Altra caratteristica distintiva di questo design dallo stile affermato è il contrasto tra le finiture satinate verticali sulla parte piatta della lunetta e sulla parte superiore della cassa, e lucide sullo smusso dell’angolo della lunetta e sui fianchi della car-
rure. Per ogni orologio (cassa e bracciale) sono quasi cinquantacinque le operazioni manuali necessarie per le finiture, realizzate con la stessa lavorazione a regola d’arte che caratterizza tutte le creazioni di Patek Philippe.
Il bracciale metallico integrato di due dei tre modelli Cubitus presenta le stesse finiture alternate: satinate verticali sulle maglie laterali e lucide sulle maglie centrali. Mentre per il modello in platino (Ref. 5822P-001) lo stile moderno, tecnico, elegante e disinvolto dell’orologio è completato dal cinturino in materiale
Sopra, la Ref. 5821/1AR-001. Il calibro 26-330 S C è a carica automatica con secondi al centro, visualizzazione della data a ore 3 e funzione ‘stop secondi’. Massa oscillante in oro 21 carati con motivo orizzontale. Cassa, lunetta e bracciale in oro rosa e acciaio con finiture a contrasto satinate e lucide. Quadrante blu soleil con motivo orizzontale a rilievo. Indici applicati e lancette ore/ minuti in oro rosa con rivestimento luminescente bianco.
La nuova cassa quadrata dagli angoli arrotondati della collezione Cubitus, strutturata in due parti con anse laterali, del diametro di 45 mm, si distingue per l’elegante sottigliezza. A destra, la Ref. 5821/1A, presenta un colore raffinato verde oliva soleil. Il bracciale in acciaio è dotato di un sistema di regolazione bloccabile e di una fibbia déployante brevettata Patek Philippe, per una portabilità all’insegna del comfort e della sicurezza. Nel cuore di questo nuovo modello batte il calibro 26-330 S C a carica automatica con funzione ‘stop secondi’ e rotore centrale in oro 21 carati impreziosito dallo stesso motivo orizzontale del quadrante.
composito ultraresistente di colore blu marino con motivo tessile e cuciture a contrasto écru. Sul fermaglio déployant in platino è inciso il nome della collezione Cubitus.
Per sottolineare il carattere della nuova collezione Cubitus ed evidenziarne il tocco sportivo, i quadranti sono stati impreziositi con un suggestivo motivo orizzontale stampato a rilievo che genera
particolari giochi di luce. Questa decorazione orizzontale, firma distintiva della collezione, è presente anche sui rotori e sui mini-rotori dei movimenti Patek Philippe che animano i modelli Cubitus ed è abbinata alla croce di Calatrava, emblema della Manifattura ginevrina. Un nuovo classico.
Simona Manzione
L’architettura che scandisce le ore
Le opere di Santiago Calatrava sono definite dal design organico, fluido e scultoreo; che sia grattacielo, ponte o museo. L’archistar ora per la prima volta applica il suo linguaggio stilistico a un orologio, creando una nuova icona del tempo. Naturalmente, in Svizzera.
Èil primo orologio disegnato da Santiago Calatrava. Il nuovo segnatempo, dotato di un’innovativa garanzia, nasce da una collaborazione dell’archistar con la storica House of Gübelin, fondata nel 1854. Santiago Calatrava, architetto, ingegnere e artista, descrive così la sua ispirazione e il processo di creazione: «Lavorare con un’azienda di così lunga tradizione, guidata dalla stessa famiglia da molte generazioni, è stato per me un piacere e una sfida. La sfida di trovare una propo-
sta capace di affermare l’alta qualità nel tempo. Ed è ciò a cui mi sono ispirato: l’idea del tempo. Il tempo esiste perché c’è il cambiamento, il cambiamento significa movimento; l’essenza eterna del tempo è la componente dinamica della sua forma».
Il tempo per Gübelin è una storia di famiglia, non solo per il suo scorrere...
Signor Raphael Gübelin, che cosa rappresenta questo progetto per l’azienda di cui è a capo, come sesta generazione di famiglia?
La nostra Maison è stata fondata nel 1854: ne deriva una lunga storia e una grande esperienza nel campo degli orologi. Dopo 20 anni, presentiamo un nuovo segnatempo Gübelin.
Fin dal nascere dell’idea di un nuovo orologio, non avevo dubbi in merito alle caratteristiche che avrebbe dovuto avere: doveva trattarsi di un orologio straordinario con un design unico. Con Ipsomatic, disegnato da Santiago Calatrava, ho avuto la certezza che l’auspicio si stava realizzando. Questo segnatempo è anche un omaggio al nostro patrimonio, da cui il nome Ipsomatic e lo storico movimento Felsa. L’orologio è in platino e limitato a 170 esemplari, per sottolineare il 170. mo anniversario dell’azienda.
In questa pagina, tre immagini che si riferiscono all’orologio Gübelin Ipsomatic, lanciato lo scorso ottobre. Disegnato da Santiago Calatrava, è in platino. Si tratta di un’edizione limitata a 170 pezzi, per celebrare i 170 anni della Maison svizzera, che ha il suo quartier generale a Lucerna.
Perché proprio Santiago Calatrava?
Le nostre famiglie sono amiche da tempo. Quando Santiago Calatrava ha condiviso con noi l’idea di disegnare un orologio da realizzare insieme, ne siamo stati entusiasti. È stata una grande opportunità per lanciare un segnatempo caratterizzato dal suo iconico linguaggio delle forme. È bastato guardare i primi schizzi, per convincerci della bontà dell’iniziativa.
Sopra, l’archistar Santiago Calatrava. L’architetto, ingegnere e scultore spagnolo e svizzero che ha realizzato per Gübelin il segnatempo Ipsomatic, ha siglato numerose celebri opere in tutto il mondo, tra le quali per esempio la Città delle Arti e delle Scienze a Valencia, la Biblioteca della facoltà di Diritto a Zurigo.
Ipsomatic segna una novità mondiale nel settore degli orologi, grazie alla ‘Proof of Authenticity’ che lo accompagna. Quali sono le particolarità di questa garanzia di autenticità e tracciabilità?
L’autenticità è uno dei valori fondamentali per la nostra Maison. Con la ‘Proof of Authenticity’, i tracciatori fisici sono affiancati dalla tecnologia digitale blockchain per gli orologi. Con Ipsomatic, la introduciamo per la prima volta nell’àmbito degli orologi. Ogni componente del segnatempo può essere marcato utilizzando una combinazione innovativa di tecnologie fisiche e digitali. La Proof of Authenticity offre all’intero settore orologiero un livello di autenticità e tracciabilità completamente nuovo.
«La Proof of Authenticity offre all’intero settore orologiero un livello di autenticità e tracciabilità completamente nuovo. Ogni componente dell’orologio può essere marcato utilizzando una combinazione innovativa di tecnologie fisiche e digitali. Con Ipsomatic, introduciamo per la prima volta questa innovazione negli orologi»
Raphael Gübelin, Presidente, Gübelin
Oltre all’autenticità, c’è una corrispondenza di codici e valori tra i mondi della gioielleria e dell’orologeria Gübelin?
Che si tratti di gioiellieri, orologiai o gemmologi, la nostra azienda svizzera a conduzione familiare si basa su valori tra i quali competenza e ispirazione. In tutto ciò che facciamo, siamo guidati dalla nostra filosofia Deeply Inspired, che unisce bellezza, conoscenza e artigianalità in modo unico. Tutto questo è espresso dalla nostra pietra simbolo, il rubino. Ogni creazione Gübelin, che sia un gioiello o un orologio, è caratterizzata infatti dalla presenza di un rubino. E Ipsomatic non fa eccezione.
Sopra, Raphael Gübelin, a capo della azienda di famiglia di cui rappresenta la sesta generazione. La House of Gübelin, dal 1854, si occupa di gioielli, pietre preziose, alta orologeria.
Ipsomatic, come è nato questo nome?
Si ispira al leggendario modello Gübelin degli anni Cinquanta e Sessanta, anch’esso alimentato da un movimento Felsa. Il nuovo orologio deriva il proprio nome dal latino ‘Ipso’, evidenziando così il movimento meccanico e nello specifico il movimento a carica automatica.
Nel 1954, per il nostro 100° anniversario avevamo presentato un Ipsomatic speciale, con un rotore finemente rifinito e inciso con le date 1854-1954. In omaggio a questo modello, oggi anche il rotore del nuovo Ipsomatic reca incise le date 1854-2024 e la scritta ‘Gübelin Jubilé’. Come convivono l’universo della gioielleria e delle pietre preziose e quello dell’orologeria nella House of Gübelin?
La nostra esperienza in gioielleria, gemmologia e orologeria è davvero unica nel panorama. Questi settori si completano a vicenda, perfettamente.
Abbiamo appena lanciato un bracciale della collezione ‘Sparks’ in edizione speciale. Questo bracciale rivière, in platino con spinelli grigi e neri e tanzaniti, si abbina perfettamente all’orologio Ipsomatic. Un connubio armonioso, specchio della interconnessione esistente tra questi due àmbiti, gioielleria e orologeria, per la Maison. Un connubio che testimonia la prospettiva del suo futuro.
Simona Manzione
Lancette che puntano al futuro
Per Forbes è il numero 1 degli Under 30 in Svizzera. Merito di una leadership moderna che rivede la tradizione orologiera di lusso in un’ottica smart. Prove tecniche di una nuova era.
Forbes Svizzera ha appena celebrato i trenta individui ‘under 30’ di maggior impatto e ispirazione. Insignito del prestigioso premio Forbes Under 30 Switzerland, Federico Ziviani ha conquistato il podio. A soli 29 anni, Federico Ziviani, il visionario Ceo del marchio svizzero di orologi di lusso Gerald Charles, sta stabilendo nuovi parametri di riferimento nel settore. Nell’universo dell’orologe-
Sopra, Federico Ziviani, Ceo di Gerald Charles. La sua leadership del marchio svizzero di orologi di lusso gli è valsa l’attribuzione del premio Under 30 Switzerland da parte di Forbes Svizzera. A destra, il segnatempo Masterlink: bracciale integrato e l’asimmetrica cassa della collezione originale ‘Maestro’.
ria, questo riconoscimento segna una tappa significativa per la Maison e per il suo leader. Gerald Charles sta infatti tracciando un percorso di innovazione e determinazione. Ziviani sta dimostrando che la perseveranza e la lungimiranza possono superare anche le sfide più difficili del settore. Introducendo idee nuove nel rispetto dei rigorosi standard dell’alta orologeria, sta guidando un nuovo capitolo per la Maison. Questo riconoscimento sottolinea il successo della visione unica di Gerald Charles e della leadership del suo Ceo.
La Maison Gerald Charles è un’azienda orologiera indipendente, a conduzione familiare, con sede a Ginevra. È stata fondata nel 2000 da Gérald Charles Genta, che ha dato i suoi due nomi di battesimo al suo ultimo marchio per creare un legame unico tra lui e le sue creazioni.
Nel 2003, Genta ha deciso di vendere l’azienda alla famiglia Ziviani, partner fidati e amici di lunga data, rimanendo come designer in chief fino al 2011. Giampaolo Ziviani ha guidato l’azienda come Direttore Generale, al fianco di Genta. Dalla fondazione dell’azienda, gli orologi Gerald Charles sono stati prodotti in quantità limitate per una nicchia di collezionisti. Genta ha lasciato all’azienda un importante archivio dei suoi ultimi 11 anni di disegni originali. Molti sono ancora inediti e rappresentano una fonte di ispirazione a lungo termine e un tesoro per lo sviluppo della Maison. Nel 2019, un nuovo CdA è entrato a far parte dell’azienda, con Federico Ziviani come amministratore delegato, e così è iniziato un nuovo capitolo. Dal 2023 Franco Ziviani si unisce all’azienda di famiglia come Presidente di Gerald Charles. La scorsa primavera, Gerald Charles ha inaugurato il suo Atelier, una nuova sede e un polo culturale a Ginevra, situato in rue du MontBlanc 3, dove sono disponibili sia il Museo che la collezione principale. Gli orologi Gerald Charles, sono realizzati nel rispetto degli standard Qualité Fleurier, per offrire precisione e prestazioni superiori, oltre a un’eccezionale resistenza all’acqua e agli urti. La Maison porta avanti, nel futuro, l’eredità di Genta: ‘Creatività artistica, maestria tecnica’.
Simona Manzione
2025
Un anno di ispirazione, formazione e networking con i grandi business thinker del panorama mondiale per ispirare il cambiamento e guidare la crescita di persone e imprese
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Pura armonia, per gli occhi e l’anima
È stata la prima fondazione privata in Francia dedicata all’arte contemporanea. Molto più di un museo: concepita insieme agli artisti stessi, fra i maggiori del secolo scorso, con cui i galleristi Aimé e Marguerite Maeght hanno voluto condividere un luogo speciale. Sessant’anni dopo, con una nuova estensione, continua a risplendere della sua viva luce, fra le pinete della Costa Azzurra.
Gli esterni della Fondation Maeght, con le vetrate sugli interni dell’estensione progettata da Silvio D’Ascia. Accanto, la nuova Salle Nicole Dessalut.
Nel cortile che gli è intitolato, è lo stesso Giacometti ad aver scelto la posizione di ogni sua scultura: ben due versioni de L’Homme qui marche e della Femme debout, la serie completa di Femme de Venise e la Grande tête de Diego. Una linea bianca è il pittorico filo d’Arianna per non smarrirsi nel Labirinto disegnato e popolato da Miró con venti oniriche creature della sua mitologia. Nel giardino delle sculture, all’ombra dei grandi pini marittimi, opere di Jean Arp, Alexander Calder, Eduardo Chillida, Erik Dietman, Barbara Hepworth, … I pesci di Georges Braque nuotano sul fondo della grande vasca esterna e la sua mano si ritrova nel bianco uccello della vetrata della Cappella dedicata a San Bernardo, con la via Crucis in ardesia scolpita Raoul Ubac. No, non è un luogo utopico ma ha un indirizzo preciso: Fondation Maeght, 623 Chemin des Gardettes, Saint-Paul de Vence. Non nella Parigi epicentro delle
avanguardie novecentesche, ma in Costa Azzurra attorno a una coppia di visionari galleristi ed editori, Marguerite e Aimé Maeght, è nata, sessant’anni fa, la Fondazione che ne porta il cognome. Al vernissage, il 28 luglio 1964, presente una folta schiera di artisti, il discorso del Ministro della cultura André Malraux fece storia.
«All’epoca in Francia non esistevano musei d’arte contemporanea. Il Pompidou, il Fracs e il Palais de Tokyo sono arrivati dopo. Con la loro galleria, Aimé (1906-1981) e Marguerite (1909-1977) Maeght rappresentavano i più grandi artisti del loro tempo, che erano anche diventati parte integrante della loro famiglia. Quando, nel 1953, una leucemia si portò via, a soli undici anni il loro secondo genito, Bernard, si strinsero intorno alla coppia. Furono Braque e Léger a dare lo spunto decisivo, suggerendo che per superare il dolore della perdita occorreva “intraprendere qualcosa di molto più grande di sé”. Così si fece strada l’ambizione di
creare non un museo, statico e inerte, ma un luogo in cui gli artisti potessero vivere, includendo arte, natura e architettura in un unico insieme», sottolinea Nicolas Gitton, Direttore della Fondation Maeght. Già avvezzi a pensare fuori dagli schemi - ad esempio, era stata la loro galleria parigina a ospitare la leggendaria Prima Mostra Internazionale del Surrealismo del 1947, organizzata da André Breton
Per i suoi 60 anni, la Fondation Maeght, a Saint-Paul de Vence, si è regalata una nuova estensione, che permetterà di dar maggior visibilità alla sua eccezionale Collezione permanente, accanto alle mostre temporanee. Un compito che l’architetto Silvio d’Ascia ha interpretato con grande sensibilità, ricavando gli spazi in profondità per non alterare proporzioni e ritmo dell’edificio originario di Sert e preservando il dialogo con la natura grazie alle ampie finestre che invitano a scoprire gli esterni, a partire dal Labirinto disegnato e popolato da Miró al cortile allestito da Alberto Giacometti con alcune fra le sue più celebri sculture.
e Marcel Duchamp - Aimé e Marguerite decisero di sfruttare i terreni che avevano acquistato nell’entroterra di Nizza per costruire quella che è diventata la prima fondazione privata dedicata all’arte contemporanea in Francia, sul modello delle collezioni Barnes, Philips e Solomon R. Guggenheim che avevano scoperto durante un viaggio programmatico negli Stati Uniti. A presiederla oggi è ancora
«Quando nel 1964 è nata la Fondation Maeght, in Francia non esistevano musei d’arte contemporanea. Il Pompidou, il Fracs e il Palais de Tokyo sono arrivati dopo. L’architetto Josep Lluis Sert lavorò a stretto contatto con gli artisti per creare non un museo statico e inerte, ma un luogo dove arte, natura e architettura potessero vivere in un unico insieme»
Nicolas Gitton, Direttore della Fondation Maeght
il loro primogenito, Adrien, 94 anni. Un luogo, e un progetto, fondato sull’amicizia e sulla condivisione. Pensato per e con gli artisti: disseminate tra muri e giardini, patii e terrazze, sale e nicchie, le loro opere si inseriscono nel progetto di Josep Lluís Sert. Con il suo spirito umanista e modernista, l’architetto catalano (suggerito da Mirò, suo amico di infanzia, per cui aveva realizzato l’atelier a Palma de Maiorca), ha saputo reinterpretare i codici del villaggio mediterraneo, combinando la geometria con la razionalità funzionale e la pulizia di forme e volumi, la semplicità dei materiali - mattoni, terracotta, cemento e pietra - e il calore della luce naturale indiretta, senza soluzione di continuità fra esterni e interni, natura e arte. Pura armonia, per gli occhi e l’anima. Stagione dopo stagione, la Fondation Maeght ha ospitato una gamma eclettica di eventi, dai piû svariati concerti alle sfilate di moda, ma soprattutto oltre 150 esposizioni, fra cui mostre memorabili
come L’art vivant aux États-Unisnel 1970, Le musée imaginaire de Malraux nel 1973, un tour de force impossibile da riprodurre oggi, e grandi monografie come quelle su Chagall (1967), Calder (1969) e Braque (1980), confronti inediti come quello fra Bacon e Freud nel 1992, mostre tematiche come Il nudo nel XX secolo nel 2000 o La Russia nelle Avanguardie nel 2004, o più recentemente La famiglia Giacometti (2021) e, quest’estate, Amitiés: Matisse-Bonnard, due maestri che, se fra loro condividevano la fascinazione per il colore, intrecciarono intimamente i rispettivi percorsi con quelli dei Maeght, decisivi nello sviluppo della loro attività di galleristi. Una mostra, quest’ultima, inaugurata proprio in occasione dei 60 anni della Fondazione, insieme alla sua nuova estensione. Immaginare un ampliamento per l’architettura iconica di Josep Lluís Sert presentava il rischio di intaccare lo spirito del luogo, nonché la sua struttura, insignita dal Ministero della cultura del
marchio “Architecture contemporaine remarquable”. «L’edificio di Sert è un capolavoro di armonia e proporzioni che era fondamentale non alterare, come occorreva evitare di proporre un pastiche del suo stile. L’obiettivo era di creare un ampliamento decisamente contemporaneo, pur rispettando l’architettura originale. Con la sua proposta di sottrazione piuttosto che di aggiunta, Silvio d’Ascia ha risolto brillantemente la quadratura del cerchio. Il suo progetto è allo stesso tempo ambizioso e discreto, rispettoso ma impregnato di una chiara identità. Ha la forza dell’evidenza», sottolinea Nicolas Gitton. Il progetto dell’architetto di origini italiane, che ha il suo studio a Parigi, ha permesso di aumentare del 65% la superficie espositiva. Un intervento quasi invisibile a prima vista: i due nuovi volumi principali sono infatti stati ricavati nello spessore della base calcarea dell’edificio, estraendo quasi 4mila mq di terreno. Sotto la Cour Giacometti, trova spazio la Salle Nicole Dassault, 390 mq, intitolata alla moglie del politico e industriale Serge, scomparsa nel 2019. Proprio la famiglia Dessault, che da anni sostiene i Maeght, ha finanziato con 1 milione di euro il progetto (un quinto del costo totale), mentre Stato, Regione e Dipartimento hanno contribuito con mezzo milione ciascuno. Sotto la Cour Miró si trova poi una seconda sala più piccola, collegata alla prima da una galleria. L’osmosi con l’esterno è garantita dalle grandi finestre che affacciano sul giardino.
fino al prossimo 9 febbraio della mostra temporanea, l’artista coreana Minjung Kim (sopra, Blue mountain, 2022).
I ripetuti motivi delle sue composizioni meditative entrano in consonanza con gli spazi della Fondation Maeght.
In particolare i nuovi spazi andranno a vantaggio della collezione permanente che, dal nucleo originario di un centinaio di opere, si è sviluppata fino a contarne 13mila, il che ne fa una delle più importanti collezioni di arte moderna e contemporanea in Europa. «Comprende grandi nomi come Miró, Braque, Chagall, Giacometti e Calder, ma anche artisti meno noti come Ubac, Dodeigne, Fiedler e Palazuelo. Inoltre sono presenti anche grandi gruppi di stampe e libri d’artista, le passioni di Aimé, che di formazione era litografo», illustra il direttore. «Non avendo spazio a sufficienza per mostrare la Collezione, la Fondazione si è da sempre distinta per una politica di prestito molto attiva, partendo dal principio che un’opera sia fatta per essere vista, se lo stato di conservazione lo consente. Oggi, benché rimanga vasta, questo è un po’ meno necessario. Infatti grazie agli spazi aggiuntivi, potremo affiancare un’esposizione permanente alla mostra temporanea. Molti visitatori che arrivavano alla Fondazione per la prima volta, erano delusi di non poterne vedere le opere, soprattutto se la mostra in corso non era nelle loro corde. Per questo motivo, in passato ci siamo astenuti dall’allestire mostre troppo spiazzanti per un pubblico generalista. Avendo la fortuna di essere uno dei luoghi imperdibili della Costa Azzurra, abbiamo infatti un pubblico molto ampio. Per molti visitatori, la Fondation Maeght rimane uno dei primi incontri con l’arte moderna e contemporanea,
in un contesto meno intimidatorio di quello del museo tradizionale. Ora che la Collezione permanente ha un proprio spazio, potremo osare di più anche nella programmazione», conclude il direttore della Fondation Maeght, che si avvia a chiudere questo anno speciale con circa 180mila visitatori: il 60% stranieri, soprattutto europei, ma con una percentuale crescente di asiatici e americani.
L’estensione permette al contempo di esporre la collezione di libri e di moltiplicare le attività complementari, come concerti, conferenze, giornate di studio e spettacoli, nell’ottica di perpetuare lo spirito d’avanguardia che ha portato alla sua creazione.
Proprio in questi mesi, l’arte contemporanea è al centro dell’attenzione con la mostra dedicata, fino al prossimo 9 febbraio, all’artista coreana Minjung Kim. Le sue opere poetiche e minimaliste, in equilibrio fra tradizione e modernità, trovano qui una perfetta collocazione. Qui, dove in tutta la sua forza si dispiega il genius loci che ha ispirato la mano dei tanti che hanno contribuito a fare della Fondation Maeght l’espressione di una fra le più felici stagioni creative. Un luogo di libertà e scambio, per amore dell’arte e degli artisti. Sul muro esterno della biblioteca, Aimé e Marguerite ancora accolgono simbolicamente i visitatori, eternati dal mosaico che Chagall dedicò ai due padroni di casa. Non poteva che intitolarsi Les Amoureux
Perfetto interprete dell’illuminata visione imprenditoriale di Adriano Olivetti, sviluppandone l’innovativo stile comunicativo Giovanni Pintori ha saputo raggiungere quella sintesi iconica fra concetto del prodotto e immagine che eleva la pubblicità ad arte. Un maestro della grafica da riscoprire grazie al progetto integrato fra il m.a.x museo di Chiasso e il Man di Nuoro.
Che Adriano Olivetti sia stato un imprenditore illuminato lo confermano tanto la sua capacità di leggere il mercato e l’evoluzione tecnologica - “Parola o numero, ogni dato è informazione che alimenta il circolo vitale, il respiro della gestione moderna: dal centro alla periferia, dalla periferia al centro. Esatta, veloce, sicura, l’informazione viaggia verso il futuro dell’impresa - su macchine, su sistemi Olivetti ” campeggiava su uno dei suoi manifesti - quanto la ricerca di un equilibrio tra profitto, democrazia e giustizia sociale che ne fece un precursore del moderno welfare - “La fabbrica non può guardare solo all’indice dei profitti. Deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia”, dichiarava.
Altrettanto efficacemente aveva compreso l’importanza della comunicazione di impresa per veicolare una produzione che, per quanto innovativa, non sarebbe altrimenti stata conosciuta e diffusa. Già nel 1928, fresco di laurea in ingegneria, attivava il Servizio pubblicità all’interno dell’azienda di famiglia ampliando, alla luce di quanto osservato nel suo primo soggiorno negli Stati Uniti, la visione del padre Camillo che già aveva chiamato artisti e grafici di primo peso a realizzare le campagne della Olivetti. Di capitale importanza per lo sviluppo e l’affermazione del suo innovativo stile comunicativo sarebbe stato l’incontro fra Adriano e Giovanni Pintori (1912-1999): un talento approdato dalla Sardegna all’Istituto Superiore per l’Industria Artistica (Isia) di Monza, grazie a un borsa di studio voluta dal Consiglio
Giovanni Pintori, Olivetti Lettera 22, manifesto, stampa offset, 70 x 50 cm, Archivio privato Paolo Pintori. Con sintesi iconica, archi, simboli e l’uso del colore suggeriscono il movimento delle dita sui tasti.
di economia corporativa di Nuoro per permettere ai suoi giovani di formarsi a quella che allora era una sorta di Bauhaus italiano, votato a mettere in dialogo le arti, nella loro pluralità, e l’industria: proprio le due dimensioni che Olivetti chiedeva ai suoi creativi di coniugare per una fabbrica che voleva producesse libertà e bellezza.
Arruolato dal giovane imprenditore insieme ai due conterranei compagni di studi, Salvatore Fancello, che morirà al fronte, e Costantino Nivola che proseguirà poi la carriera oltreoceano, Giovanni trascorrerà in Olivetti trent’anni (1937-1967), curandone a tutto tondo la brand identity: dalla creazione del noto logo con una particolare O squadrata (1947), ai celebri calendari aziendali (dal 1951 al 1968, in anticipo su Pirelli) senza dimenticare gli allestimenti degli showroom.
In particolare dal secondo dopoguerra, a capo dell’Ufficio Tecnico Pubblicità, realizza i memorabili manifesti che accompagnano il successo mondiale delle macchine per scrivere e dei calcolatori della Olivetti, definendo una fisionomia sempre riconoscibile e, allo stesso tempo, sorprendente e innovativa. Numeri e lettere, linee, trattini, punti esclamativi, cerchi, frecce: un linguaggio segnico dinamico e giocoso, come l’uso dei colori, prevalentemente primari, a servizio di una comunicazione di estrema efficacia e chiarezza, che sposa invenzione e analiticità, riuscendo a essere poetica senza tradire l’elementarità dei propri mezzi. Un’apparente leggerezza dietro la quale sta la profondità della ricerca che permette al designer di suggellare concetto e funzione in metafore iconiche. Si pensi alla genialità del “manifesto del pallottoliere” del 1946, per la Elettrosumma 14, da cui proprio ha inizio la sua produzione più originale: la scelta di uno strumento infantile di calcolo, richiamando un oggetto ben familiare all’e-
Accanto, Pintori gioca con immagini e concetti: se già nel 1946 si serve dell’efficacissima metafora del pallottoliere per pubblizzare le macchine da colcolo della Olivetti, nel caso della 82 Diaspron, prodotta dal 1959, è il nastro della macchina da scrivere srotolato a diventare l’elemento grafico di comunicazione. In basso, la consacrazione internazionale, con la copertina creata per Fortune (marzo 1953).
poca, suggerisce l’idea che la macchina Olivetti possa risolvere con altrettanta semplicità le operazioni più complesse. Come Pintori stesso affermava in un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista americana Print nel 1961: “Il messaggio grafico, quando riesce a diventare una forma d’arte, è il solo che raggiunga la totalità del suo pubblico potenziale”. Un salto che gli riuscì e il suo valore venne riconosciuto a livello internazionale: se nella mostra Olivetti. Design in Industry dedicata nel 1952 dal MoMA poté esporre a New York il meglio di tutta la comunicazione d’impresa e, nel marzo successivo, firmava una copertina di Fortune, venne chiamato a far parte del neocostituito consiglio dell’Agi (Alliance Graphique Internationale) di cui diventerà poi presidente. Nel 1984, la prestigiosa rivista giapponese Idea lo annovera tra i trenta designer più significativi del XX secolo.
A offrire l’occasione di apprezzare tutta la modernità progettuale e la forza innovativa del suo linguaggio è la mostra in corso, fino al prossimo 16 febbraio, al m.a.x. museo di Chiasso. Una sorta di ‘racconto grafico’ che restituisce l’iter creativo e professionale di Giovanni Pintori facendo parlare oltre trecento materiali fra schizzi, bozzetti, disegni acquerellati, carte intestate, bellissimi manifesti originali, le affascinanti costruzioni lignee di moto perpetuo, pubblicazioni varie e documenti.
Una mostra che si inserisce nel filone dedicato ai grandi maestri del graphic design dal m.a.x. museo (peraltro Pintori ebbe occasione di collaborare, fra i tanti creativi che passarono dalla Olivetti, proprio con Max Huber), frutto di un progetto integrato con il Man_Museo d’Arte Provincia di Nuoro, depositario di parte del suo archivio, che con
questo gemellaggio - suggellato anche dal patrocinio dell’Ambasciata italiana in Svizzera - torna a proiettare in una dimensione internazionale la valorizzazione dell’artista sardo. Al contempo si conferma la grande capacità ideativa e realizzativa del Centro Culturale di Chiasso che, attraverso queste sinergie con istituzioni internazionali, interpreta al meglio la sua geografia di confine, favorendo la condivisone di competenze e rendendo sostenibili progetti di ampio respiro. Dal 21 marzo al 25 giugno 2025 sarà il Man di Nuoro a ospitare la mostra, che è curata dalle direttrici dei due musei, Nicoletta Ossanna Cavadini e Chiara Gatti.
I materiali includono prestiti dall’Associazione Archivio Storico Olivetti, dalla Fondazione Adriano Olivetti di Ivrea, dai Musei Civici di Monza, dalla Biblioteca dell’Accademia di architettura di Mendrisio e da alcune collezioni private, ricordando anche gli anni giovanili e quelli successivi all’esperienza in Olivetti dove, dopo l’improvvisa morte di Adriano nel 1960 (mentre attraversava la Svizzera in treno), per Pintori era impossibile rinnovare la felicità di quella comunione creativa. Proseguì dunque come libero professionista, lavorando negli anni ’70 per alcune altri importanti aziende, fra cui Merzario, Pirelli, Gabbianella, Ambrosetti e Parchi Liguria. Per la prima volta viene resa visibile al pubblico anche la Collezione privata del figlio Paolo che, lui architetto, ha seguito con grande competenza il padre nel riordino dei suoi archivi, aiutandolo nella selezione dei materiali per i quali riteneva importante essere analizzato, studiato e ricordato. Un compito che l’ha anche costretto ad assecondarne la ferrea volontà di distruggere la produzione pittorica che lo ha accompagnato dopo gli anni Ottanta, riprendendo temi cari e studiati in gioventù. Un ultimo capitolo che lo spirito critico di chi per tutta la vita ha sorvegliato l’equilibrio delle sue composizioni ha preferito stralciare. Protagonista assoluta deve restare l’opera grafica, in cui ha raggiunto quella sintesi fra prodotto e immagine, tecnica e arte che, come il suo complice Adriano Olivetti, poneva a ideale di perfezione e dalla quale tuttora emana immutata una travolgente forza comunicativa.
Una narrazione Esg, Environmental-Social-Governance, non dovrebbe limitarsi al reporting, ma riuscire a riflettere valori umani, responsabilità etica nonché l’ambizione di creare valore condiviso e sostenibile.
Le aziende rischiano spesso di trattare la sostenibilità in un modo percepito come distante dalla realtà quotidiana. Un linguaggio tecnico o legale eccessivo le allontana dal loro pubblico, perdendo così l’occasione di raggiungere realmente tutti. Da comunicatrice ed esperta in comunicazione Esg, trovo che sia fondamentale ‘umanizzare’ la sostenibilità.
Umanizzare significa renderla accessibile e comprensibile da parte di tutti, e integrabile nella vita quotidiana.
È innegabile che le aziende devono rispondere a normative e affrontare i rischi climatici. Tuttavia, oltre alla conformità e alla gestione dei rischi, le narrazioni sulla sostenibilità esprimono tutto il loro potenziale solo se trasmesse in modo coinvolgente e chiaro.
Fa sentire la sua urgenza il diffondersi di un approccio che sappia tradurre dati complessi in messaggi emotivamente e praticamente significativi. È per questo che le aziende più attente si affidano a professionisti della comunicazione capaci di usare metodi innovativi e formati su misura, affinché il messaggio raggiunga il maggior numero di persone. Che si tratti di contenuti immersivi o racconti sui dipendenti, una narrazione Esg - Environmental (ambiente), Social (società) e Governance - per essere coinvolgente deve non solo limitarsi al reporting, ma riuscire a riflettere valori umani, responsabilità etica nonché l’ambizione di creare valore condiviso e sostenibile.
Invece di limitarsi a metriche di carbonio o report di conformità, le aziende potrebbero arricchire il loro canale di comunicazione, includendovi anche il racconto delle storie delle persone che danno vita alla sostenibilità, valorizzando il dialogo
diretto con i propri stakeholder. Occasioni come workshop o eventi interattivi possono favorire un confronto aperto e trasparente, consentendo a dipendenti, clienti e partner di comprendere a fondo i valori aziendali e partecipare attivamente al cambiamento. Inoltre, per le aziende è un’opportunità di ottenere feedback e adattare le loro strategie di sostenibilità.
La comunicazione Esg non dovrebbe solo informare, ma coinvolgere, promuovendo una cultura di responsabilità condivisa verso l’ambiente e la società.
In questo senso, l’investimento in formazione interna e sensibilizzazione è cruciale: dipendenti motivati e consapevoli diventano ambasciatori della sostenibilità, allineando gli obiettivi aziendali con le aspirazioni della comunità. Con questi approcci, le aziende amplificano l’impatto del loro impegno verso un futuro sostenibile.
Un design visivamente accattivante e la grafica dei dati rendono l’informazione più comprensibile. Infografiche ben fatte e una narrazione fluida rendono di conseguenza il contenuto Esg più accessibile e impattante. La sostenibilità non è più una tendenza, ma una necessità. Richiede l’impegno di tutti - collaboratori, clienti, investitori e pubblico - per sentirsi parte del cambiamento. Credo fermamente che questa trasformazione sia fondamentale per ispirare azioni e impegni concreti, portando significativi progressi verso la sostenibilità. L’auspicio è che le aziende agiscano tempestivamente, pianificando strategie e misure sostenibili e rendendo la loro comunicazione uno strumento inclusivo di coinvolgimento.
Prendendo in considerazione le aziende ticinesi, in questo caso i temi più rilevanti in ambito ESG includono il monitorag-
Maria Antonietta Potsios, Consulente Esg e Comunicazione, open up - Agenzia di Comunicazione e PR, Ginevra, Zurigo.
gio e la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, la gestione della supply chain in modo responsabile, il benessere dei dipendenti e gli impatti sul territorio e la rendicontazione obbiettiva della performance Esg. La ragione primaria è la sempre maggiore richiesta di informazioni e di rendicontazioni da parte dei clienti e degli investitori, ma vi sono varie altre ragioni, tra cui la necessità e l’appetibile traguardo di attirare giovani talenti qualificati, l’ottenimento di sussidi cantonali e federali, e, sicuramente, il desiderio di migliorare la reputazione aziendale. Restano comunque delle sfide, tra cui la notevole mancanza di know-how e di risorse dedicate, la grande complessità e i continui aggiornamenti delle normative e l’improrogabilità di un cambio di mentalità all’interno dell’azienda. Molte aziende, specialmente le Pmi, possono trovare difficoltoso allocare tempo e risorse umane necessarie per sviluppare e implementare strategie di sostenibilità. Inoltre, orientarsi tra le numerose normative e standard Esg è veramente complicato. Un altro ostacolo significativo è il cambiamento culturale: per integrare la sostenibilità in modo efficace, è necessario che tutta l’organizzazione, soprattutto i vertici, sia aggiornata, allineata e motivata a seguire queste pratiche. Buone prassi, conoscenze specifiche e il sostegno di comunicatori esperti nella materia sono l’inizio di un percorso virtuoso, e in definitiva fruttuoso per l’azienda.
CERTIFICAZIONI PER IL RICONOSCIMENTO
DELLE COMPETENZE DI LEADERSHIP
DI UFFICIALI, ISTRUTTORI E COMANDANTI DEI POMPIERI
Le attività di leadership nelle funzioni di milizia sono state finora poco riconosciute in Svizzera, così come le esperienze e le competenze dei pompieri. I capi milizia assumono talvolta funzioni di comando complesse e di alta responsabilità.
Swiss Leaders ha sviluppato un certificato e i relativi modelli di competenza in collaborazione con la Coordinazione svizzera dei pompieri (CSP).
In collaborazione con
Come si ottiene il certificato?
Chi è ufficiale, istruttore o comandante dei vigili del fuoco può ottenere un certificato delle competenze di leadership Swiss Leaders.
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Dimostrazioni di ultrapotenza
A forza di parlare di auto elettriche e relative problematiche, ci si dimentica quasi che per gli aficionados dei potenti motori benzina, ci sono ancora alcuni modelli ultrapotenti, sia coupé e cabrio che Suv.
Range Rover 4,4 V8 SV
Che la Range Rover sia lussuosa e perfetta anche come autentico fuoristrada è ormai risaputo, ma che dal 2024 sia anche l’auto più potente e veloce mai prodotta dalle parti di Coventry non è altrettanto noto. Se prima ruggiva con un 5.0 V8 Supercharged, ora è mossa da un nuovo V8 che conta 60 cavalli in più, per un totale di 635 cavalli e 750 Nm. La cilindrata scende da 5.0 a 4.4 litri, coadiuvati da due turbine twin scroll tra le bancate. A garantire potenza in ogni situazione contribuiscono il sistema Valvetronic di alzata variabile delle valvole di aspirazione e la doppia fasatura variabile dell’albero a camme. Deriva dalla Bmw, che monta lo stesso propulsore sulla M5 CS. Abbinato a questo motore il noto cambio a otto marce Zf, che si sposa alla perfezione con la sua potenza.
Grazie alla trazione integrale, questa Range Rover accelera da 0 a 100 km/h in 3,8 secondi, mentre in pista raggiunge i 290 km/h. Si distingue dalle altre Range con un’efficace 6D Dynamics, sistema di controllo del rollio e del beccheggio dalle prestazioni sbalorditive. Grazie all’azione del sistema sospensivo, i movimenti del corpo vettura sono limitati a un massimo di 2,5 gradi. La sensazione è di avere sempre l’auto sotto il pieno controllo. Monta un sistema di sospensioni dotato di ammortizzatori idraulici e molle pneumatiche, dove il 6D Dynamics sostituisce il sistema elettronico di controllo attivo del rollio Dynamic Response Pro della Range Rover introducendo nuovi ammortizzatori semi-attivi, a variazione continua, che consentono un controllo indipendente della compressione e del rimbalzo.
Basta scegliere tra le varie modalità di guida per scoprire le anime differenti di questa Range Rover, che si trasforma in auto ad alte prestazioni oppure in fuoristrada, grazie a due differenziali bloccabili centrale e posteriore. Sulla SV debutta anche il Body and Soul Seat (Bass) che offre un’esperienza audio multidimensionale e consente agli occupanti dei sedili anteriori di percepire fisicamente il suono. Grazie al sistema audio tattile della Subpac - tecnologia utilizzata dai migliori artisti e compositori del mondo - i trasduttori tattili allineati agli schienali dei sedili anteriori generano vibrazioni audio ad alta fedeltà in tempo reale, rendendo il suono all’interno dell’abitacolo più coinvolgente e totale, in combinazione con il Meridian Signature Sound System da 29 altoparlanti e 1430 W. Spoiler: funziona. Stando a quanto dichiara il produttore, i programmi Body e Soul Seat Wellness possono persino aiutare a migliorare il benessere mentale e fisiologico degli occupanti dei sedili anteriori, influenzando la variabilità della frequenza cardiaca (Hrv), la variazione nel tempo tra ogni battito cardiaco. Un’alta Hrv è indicativa di bassi livelli di stress e rilassamento. In vendita a partire da 214.400.- franchi.
Range Rover 4,4 V8 SV
Alfa Romeo Stelvio Quadrifoglio
Dalla sua presentazione nel 2016, l’Alfa Romeo Stelvio ha avuto il ruolo di protagonista nelle vendite, fino all’arrivo della Tonale nel 2022. Entrambi i modelli hanno ridefinito lo standard del piacere di guida offerto da un Suv.
La versione Quadrifoglio, la più potente e sportiva, eleva ulteriormente le potenzialità di un telaio che ha fatto scuola. Con il restyling, la Stelvio si presenta con modifiche estetiche e meccaniche, mentre la versione Quadrifoglio riconferma il suo 2.9 V6 biturbo, ora potenziato a 520 cavalli e con un nuovo differenziale autobloccante meccanico che ottimizza la distribuzione della coppia. Questo accorgimento tecnico, che deriva dall’esperienza fatta sulla Giulia Gta, migliora la trazione e la stabilità, rendendo l’auto più agile e veloce in curva, mettendo in modo più efficace la potenza a terra.
L’estetica rinnovata mantiene il family feeling grazie ai nuovi fari full-led matrix. L’aspetto sportivo viene sottolineato da cerchi in lega bruniti, disponibili fino a 21”, e dalle pinze freno rosse. L’abitacolo
nera e Alcantara, con finiture in carbonio 3D per cruscotto, tunnel centrale e pannelli porta. Il volante rivestito in pelle e Alcantara con inserti in fibra di carbonio, aggiunge un tocco di sportività. Il quadro strumenti digitale da 12,3” offre un’interfaccia intuitiva e configurabile, con la modalità “Race” specifica per le versioni Quadrifoglio che fornisce tutte le informazioni essenziali per la guida sportiva. Il sistema infotainment rivisto e completo nelle funzioni è facile da usare ed offre davvero un ottimo sound qualora ci si stufasse del fantastico rombo dello scarico. A partire da 111.900.- franchi.
Jaguar F-Type R 75 Convertible
Con livrea di ispirazione E-Type da corsa, la Jaguar F-Type R75 V8 in versione Coupé o Convertible chiude un’era poiché dal 2025 Jaguar prevede solo auto elettriche. L’ultima perla di un illustre
Come le altre due special edition, la F-Type R75 si distingue grazie all’ispirazione stilistica che riprende le prime E-Type “Project Zp” vincitrici di una gara. I fari pixel a led anteriori con luci diurne caratteristiche dal classico design a J di Jaguar si amalgamano alla perfezione con il design aerodinamico di F-Type. Lo splitter anteriore, la cornice della griglia, la grembialatura posteriore, le prese d’aria laterali e accenti esterni rifiniti in nero lucido gloss black, aggiungono un tocco speciale e si distingue con i cerchi in lega forgiati da 20 pollici, pinze dei freni rosse, volante in pelle con logo R, sedili anteriori elettrici a 12 regolazioni con funzione memoria e scarichi attivi commutabili per sottolineare anche a livello di audio il poderoso V8 da 5.0 litri con 575 cavalli. Poiché sarà l’ultima F-Type, è giusto che Jaguar cali dentro il suo cofano questo motore che permette un’accelerazione 0-100 km/h in 3,7 secondi, velocità massima di 300 km/h e trazione integrale Awd per celebrate i 75 anni delle auto sportive Jaguar. A partire da 154.000.- franchi.
Claus Winterhalter
Alfa Romeo Stelvio Quadrifoglio
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