Investimenti
Valori: restano gli alternativi
La volata dei tassi d’interesse ha stemperato l’attrattiva dei grandi vincitori degli anni della Caccia al rendimento. Eppure il segmento Fine Wine ha tenuto botta, e nel lungo periodo continua a vantare una performance stellare. Almeno il vino, non è stato annacquato?
Vincere l’inflazione si può
Il Fine Wine rispetto alla media ponderata della Cpi del G20 (2004: 100)
Le ragioni per cui il Fine Wine dovrebbe entrare a far parte di un portafoglio d’investimento, e nemmeno troppo ricercato, sono molteplici, e intercettano un trend in atto già da diversi anni. Non fosse altro il vino si colloca tra gli Alternatives, nello specifico tra i Collectibles, dunque al pari di opere d’arte e orologi, pur presentando anche nei loro confronti qualche atout significativo.
Vino sì, ma dove?
Se dunque il vino può a tutti gli effetti essere o diventare un bene d’investimento, dove custodirlo non è solo una questione di sicurezza. Una condizione necessaria per conservarlo tale. «Sono oltre 15 anni che siamo attivi in questo settore, ci occupiamo dell’intera logistica di opere d’arte, gioielli, e anche del vino. Abbiamo caveau blindati dove conservarlo nelle migliori condizioni, e garantiamo anche un servizio affidabile per consegnarlo e spedirlo, anche laddove si tratti di collezioni importanti. Prendiamo la sicurezza molto sul serio, ma abbiamo comunque capacità per ospitarne sino a 100mila bottiglie, tra la nostra sede di Chiasso e quella di Hong Kong, hub ideale per tutto il mercato cinese», commenta Riccardo Fuochi, Presidente di Swiss Logistic Center di Chiasso. L’equilibrio di domanda e offerta è sempre un tema spinoso per moltissimi mercati, nel caso del vino si inserisce il terzo incomodo. «La domanda di Fine Wine sta crescendo stabilmente, l’offerta inevitabilmente è stazionaria, dunque i prezzi incrementano. Parimenti sta aumentando la domanda di luoghi adatti alla conservazione, ma le strutture adatte non sono molte. A livello globale non esiste un framework normativo o di certificazione per custodirlo, solo Hong Kong impone una serie di requisiti. La nostra clientela tradizionale sono banche, fondi d’investimento, rivenditori di livello e collezionisti. Sono quest’ultimi il segmento dalla crescita più elevata e che crede fortemente nel vino. Forniamo a tutti i nostri clienti regolarmente, anche su base quotidiana, i grafici con tutti i valori delle condizioni climatiche di conservazione, sia quando il bene è stoccato, sia quando è in movimento, che solitamente avviene per via aerea», conclude Fuochi.
Anche la singola bottiglia può essere venduta, si conferma essere un mercato particolarmente liquido, mescendo con rara abilità una dimensione di consumo, a una d’investimento, che gli regala ad esempio diverse carte da giocare anche in un contesto a elevata inflazione. Se è dunque possibile cedere una singola bottiglia, rispetto a un’intera cassa, ciò non è possibile nel caso di arte e orologi, spesso parte di collezioni, e che dunque devono essere ceduti in blocco, complicando e allungando l’intero processo di vendita.
Le note positive, anche in questo ristretto confronto, non sono però finite. Non è soggetto a sviluppo tecnologico, anzi, e non è facile preda di mode o simpatie del momento, come invece avviene soprattutto nel caso di arte e artisti, che in un battito di ciglia possono finire dalle stelle alle stalle.
Guardando all’inflazione delle principali economie mondiali e all’andamento borsistico degli indici di riferimento del vino, si può concludere che il segmento tenga botta e continui a performare molto positivamente, proteggendo e conservando il potere d’acquisto.
L’offerta è strutturalmente molto poco elastica, i vini d’investimento provengono infatti da una manciata di regioni molto ristrette del globo, concentrate prevalentemente in Francia, Italia e Stati Uniti, con qualche altra rara eccezione. Al tempo stesso è un bene facilmente deperibile, che acquisisce valore nel corso degli anni, periodo durante cui le bottiglie possono finire con il perdersi, il rompersi, o più semplicemente essere anche bevute, il che riduce ulteriormente l’offerta, spingendo il valore della preziosa e ricercata rimanenza.
La domanda è invece destinata inevitabilmente a crescere, anche grazie all’aumento del benessere in molte regioni del mondo, particolarmente popolose, che vedono negli ‘orpelli europei’ nuovi oggetti del desiderio, siano essi orologi, accessori di moda o anche vino.
Entro il 2025 le masse gestite a livello globale (AuM) raggiungeranno i 145 trilioni di dollari, stando a recenti stime di PwC, di questi circa il 15%, dunque 21 trilioni, sono già oggi investiti nel vasto universo degli alternativi, che pur avendo registrato qualche difficoltà nell’ultimo biennio, a fronte dello stabilizzarsi del quadro inflativo, e il ritracciamento dei tassi d’interesse, dovrebbero tornare a correre presto.
Prendendo in considerazione il vino d’investimento, dunque una piccola nicchia del totale della produzione vitivinicola mondiale, a distinguersi su tutti sono fondamentalmente due dati: rendimento medio annuo del 5,3%, volatilità attesa del 4,5%. Un unicum rispetto a tutte le altre asset class, dalle più innovative (Bitcoin a 5 anni registra una volatilità media del 73%), alle più tradizionali (il solido S&P500 Total Return registra un altrettanto significativo 18%), pur tralasciando anni eccezionalmente negativi, come di recente accaduto nel caso del mercato obbligazionario, la classica ciambella di salvataggio dell’investitore medio europeo. Ulteriore surplus una correlazione negativa con tutte le altre asset class.
Se dunque l’obiettivo è stabilizzare il portafoglio, in una fase particolarmente incerta e rischiosa, come l’attuale, confrontata con grane geopolitiche, bucce di banana economiche, e qualche incidente finanziario sempre dietro l’angolo (vedi i mercati americani e giapponesi di agosto), allora il vino può essere davvero un’alternativa. Nel lungo periodo i vini
«La domanda di Fine Wine sta crescendo stabilmente, mentre l’offerta inevitabilmente rimane stazionaria, dunque i prezzi continueranno a incrementare. Parimenti sta aumentando rapidamente la domanda di luoghi adatti alla conservazione di questo bene, ma le strutture adatte non sono molte»
Riccardo Fuochi, Presidente di
Swiss Logistic Center
Il Fine Wine corre anche in borsa Andamento di diversi indici azionari (2004: 100)
migliori, catturati ad esempio dall’indice Liv-Ex Investables, uno di diversi, fanno decisamente meglio della concorrenza, pur rimanendo estremamente liquidi. E dunque, considerando l’arco temporale dal 1988 al 2024, il rendimento dell’indice è stato superiore al 2000%, rispetto a un altrettanto ragguardevole 1600% dello S&P500, e di un ben più modesto oro, fermo invece al 500%.
L’arrivo alla spicciolata di investitori dai Paesi emergenti ha scombussolato molti equilibri degli ultimi anni, ma è sicuramente solo l’inizio. A scendere in campo sono infatti due pesi massimi della demografia mondiale, più benestanti di prima, almeno in una loro piccola parte che però, trattandosi di Cina e India, implica comunque l’interessamento e l’avvicinamento a questo mercato di qualche milione di potenziali investitori. Se a questo si sommano i cambiamenti climatici, che qualche minaccia alla produzione sicuramente potrebbero porla, ci sono tutti gli ingredienti necessari per concludere che nei prossimi anni il vino continuerà a
Anche in borsa, e senza risalire alla notte dei tempi, gli indici di riferimento del Fine Wine, e soprattutto quelli dei vini migliori, si segnalano rispetto ai più agguerriti concorrenti, senza sfigurare. Anzi, le performance sono decisamente migliori, e soprattutto molto più stabili, e meno volatili nel tempo. Oltre che alternativi, i vini possono fare da stabilizzatori dei portafogli.
correre, ma che soprattutto ne verrà generosamente versato sempre meno. Indipendentemente da che sia stata una buona o pessima annata, stappata l’ultima bottiglia è dichiarata definitivamente finita, e non c’è alcun mezzo per tornare indietro. Diversamente da qualunque altro bene di consumo e d’investimento, dove qualche aggiunta è pur sempre possibile, e per certi versi anche migliorata rispetto all’originale.
Giulio De Biase
Sete ardente di collezioni rare
Punto di riferimento per chi in vino investe cercando valore, le aste non solo offrono una vetrina privilegiata sull’andamento del mercato, ma ancor prima sulla storia di eccezionali collezioni e dei loro proprietari. Una qualità che si rispecchia nelle cifre record delle vendite, come illustra
Tim Triptree, Direttore Internazionale Christie's Wine & Spirits, ripercorrendo il primo semestre.
Nonostante lo sfidante contesto economico globale, il primo semestre del 2024 è stato un successo per le vendite di vini e liquori pregiati di Christie’s, sottolineando la sua leadership nel settore, ‘battuto’ sin dalla prima asta nel 1766. In particolare, quest’anno si evidenzia il crescente interesse per le collezioni appartenenti a un unico proprietario, che hanno superato le aspettative, raggiungendo prezzi e tassi di aggiudicazione davvero impressionanti. Un risultato incoraggiante, che dimostra la tenuta del mercato dei vini e dei liquori pregiati nelle aste.
Nella prima metà del 2024 Christie’s ha tenuto 13 aste - 3 dal vivo e 10 online - con 6.866 lotti offerti e un tasso di sell through del 91%, per un totale di 29 milioni di dollari. Il 36% di tutti gli acquirenti e offerenti erano nuovi (rispetto al
28% del 2023); il 55% dall’area Emea, il 26% dall’Apac e il 19% dalle Americhe. Uno scenario significativamente diverso rispetto all’anno precedente (13% Emea, 31% Apac, 56% Americhe). La maggior parte (88%) è entrata attraverso le vendite online: il 45% sono Millennials (rispetto al 41% del 2023), di cui un 12% donne.
La prima asta del 2024 (Christie’s Los Angeles, 15-29 febbraio) ha subito manifestato una tendenza dell’anno, ovvero la forte performance di Bordeaux, in particolare le annate mature dei principali produttori della regione, che vista l’alta domanda stanno diventando sempre più rare con il crescente consumo che limita le riserve e spinge i collezionisti a offerte aggressive. Bordeaux Classics: The Masterpiece Collection presentava alcuni dei più grandi vini mai prodotti a Bordeaux, come Château Mouton Rothschild 1982 e Château Haut-Brion 1989.
Fra i trend del 2024, il crescente successo delle collezioni singleowner, come The Epic Cellar con i suoi vini pregiati provenienti dai domini più ricercati di Bordeaux e Borgogna. Un tesoro delle migliori annate (in foto, Château Mouton Rothschild 1945), all'asta lo scorso primo giugno da Christie's Hong Kong. Seconda tranche, il 4 ottobre.
Da Christie’s Londra abbiamo iniziato l’anno con Le Gavroche Part I: The Restaurant e Part II: The Wine Cellar, due vendite online che si sono svolte dal 10 al 24 aprile. Le aste hanno commemorato l’illustre percorso di 57 anni del ristorante francese due stelle Michelin di Londra, che ha chiuso i battenti lo scorso 13 gennaio. Quando nel 1967 i fratelli Albert e Michel Roux Snr hanno aperto Le Gavroche, portando l’alta cucina francese nel cuore di Londra, hanno dato il via a una rivoluzione gastronomica. Ma a creare un ambiente apprezzato da personaggi come Charlie Chaplin, Judi Dench o Mick Jagger, hanno contribuito anche le opere d’arte (fra cui il quadro che rappresenta il monello di strada de Les Misérables di Victor Hugo che dà il nome al ristorante), gli arredi, le porcellane Wedgwood e... un’eccezionale cantina. Le vendite sono state un grande successo, con il 100% dei lotti aggiudicati per un totale di 2,27 milioni di sterline. Partecipanti da 39 paesi, con il 60% degli offerenti alla loro prima esperienza da Christie’s e il 34% di Millennials fra offerenti e acquirenti. Sono stati raggiunti prezzi elevati in tutta l’eccezionale selezione di Borgogna, tra cui il
magnifico Richebourg 1993 del Domaine de la Romanée-Conti, acquistato per 35mila sterline contro una stima di 1422mila per 7 bottiglie. Nella collezione di celebri Bordeaux, due magnum Château Lafite Rothschild 1945 sono state battute a £ 15mila contro una stima di 6-8mila. Il primo giugno, a Hong Kong, un’altra grande occasione con l’offerta in asta dal vivo di The Epic Cellar. Questa collezione di un unico proprietario presentava i vini dei più ricercati domini di Bordeaux e Borgogna; un tesoro di vini eccezionali delle migliori annate. Tra i pezzi forti della Borgogna, oltre 90 lotti di Domaine de la Romanée-Conti, i cui risultati dimostrano l’incessante entusiasmo e la domanda di questi superbi Borgogna. La vendita ha totalizzato ben 66,9 milioni di Hkd. Seconda parte, il prossimo 4 ottobre, con The Epic Cellar Part II Il 6 e 7 giugno a Londra, Christie’s ha tenuto un’asta dal vivo di due giorni, A Legacy Preserved: The Last Treasures of The Avery Collection. Dopo la prima memorabile asta da Christie’s nel 2016, si trattava dell’ultima opportunità per aggiudicarsi i tesori ancora custoditi dalla cantina della famiglia degli Avery, fra i più prestigiosi commercianti di vini pregiati con sede a Bristol dal 1793. Degli innovatori appassionati e instancabili che hanno precorso i tempi, collezionando alcuni dei più grandi e rari vini mai messi in bottiglia. L’asta di 933 lotti è stata aggiudicata al 100% con risultati stellari, superando le stime più alte e generando un totale di 2,57 mio. di sterline. Tra i molti punti salienti della vendita, il lotto 476 - due bottiglie di Clos de Tart, Grand Cru 1945, la cui stima era di £ 2-3mila sterline, è stato ven duto per 43.750 sterline. Anche nel secondo semestre si continua con un calenda rio altrettanto ricco, a partire dall’asta online a Hong Kong dal 20 settembre al 7 ottobre; Fine & Rare Wines from a
Il magnifico Richebourg 1993 del Domaine de la Romanée-Conti, acquistato per 35mila sterline nell’asta Le Gavroche Parte II di Christie’s Londra, con i tesori dell’omonimo ristorante londinese.
«In particolare, quest’anno si evidenzia il crescente interesse per le collezioni appartenenti a un unico proprietario, che hanno superato le aspettative, raggiungendo prezzi e tassi di aggiudicazione impressionanti. Un risultato che dimostra la tenuta del mercato dei vini e dei liquori pregiati nelle aste»
Tim Triptree, MW Master of Wine e Direttore Internazionale Christie's Wine & Spirits
Chi si aggiudica i vini da collezione?
Provenienza, fascia di età e nuovi acquirenti aste Fine
Generazione di appartenenza
Baby BoomersGenMillenials X
Nati>1946Genz
Wine Lover’s Impeccable Cellar: nome che sottolinea le straordinarie condizioni di conservazione della collezione di questo proprietario che, vero amante del vino, ha voluto garantire alle etichette collezionate con la sua competenza di uomo d’affari e grande viaggiatore. Scavata nel granito di Kitzbühel sotto la sua magnifica casa alpina è una delle cantine più belle mai visitate dagli specialisti di Christie’s, che ha permesso di ottenere vini maturi in condizioni di freschezza impeccabili, fra cui alcuni dei migliori vini di Bordeaux, Borgogna, Rodano, Champagne, Italia, Spagna, Portogallo, Australia e Madeira. In concomitanza con l’asta, verrà inaugurato l’edificio Hendersen, nuova icona della skyline di Hong Kong, progettato dal rinomato studio Zaha Hadid Architects, che diventerà la nuova sede centrale di Christie’s in Asia e Pacifico. A seguire, a Los Angeles dal 3 al 16 ottobre Fine and Rare Wines Online: LA Edition e a Londra Fine and Rare Wines & Spirits Online: London Edition dall’8 al 22 ottobre.
Sopra, una fotografia degli acquirenti dei vini battuti all'asta da Christie's nel 2023. Sotto, tra i punti salienti dell’asta dell'Avery Collection (Londra, 6-7 giugno), il lotto 476 - due bottiglie di Clos de Tart, Grand Cru 1945, la cui stima era di 2-3.000 sterline, venduto per £43.750.
L’architettura del calice
La degustazione di un vino è un’esperienza multisensoriale che inizia molto prima dell’assaggio, dalla progettazione del giusto calice.
Benché i vitigni abbiano nel loro Dna profili di gusto inconfondibili, per esaltarne le qualità è necessario scegliere il giusto ‘strumento’. Età, struttura e affinamento di un vino richiedono specifiche forme per dischiudere il loro potenziale. «È il contenuto a determinare la forma: solo un bicchiere perfettamente disegnato e realizzato è in grado di massimizzare l’aroma e il sapore del vino per trasmetterne il ‘messaggio’ ai nostri sensi», sottolinea Maximilian Josef Riedel, undicesima generazione alla testa dell’omonima azienda, l’austriaca Riedel, tra le più alte espressioni dell’industria e dell’arte vetraria a servizio del vino. Fondata in Boemia nel 1756, e presto passata a occuparsi di articoli di lusso in cristallo e lavorazioni speciali, è in pratica ripartita da zero alla fine della Seconda guerra mondiale, espropriata di tutti gli stabilimenti produttivi e della totalità dei beni privati. La sua tradizione è rinata nella cittadina di Kufstein, nel Tirolo austriaco, con Walter Riedel, ottava generazione. Al suo visionario figlio, Claus Josef Riedel, va l’appellativo di “padre del bicchiere da vino moderno”. «Il marchio era allora noto per prodotti in vetro spesso, colorato e intagliato che andavano allora di moda. Ma Claus fece una scoperta incredibile: durante una degustazione comparata dello stesso vino da una serie di bicchieri diversi, si rese
conto che forma e dimensione avevano un impatto significativo sulla percezione sensoriale. Attraverso una ricerca rigorosa e innumerevoli esperimenti, è riuscito a mettere a punto una serie di calici per esaltare armonia, equilibrio e profondità di varietà particolari di vini. Ha disegnato ogni bicchiere secondo il principio del Bauhaus “La forma segue la funzione”. Caratterizzati da uno stelo lungo e da bevanti in vetro soffiato lisci, sottili e senza decorazioni ornamentali, i suoi calici sono stati vincitori di numerosi premi negli anni Cinquanta e Sessanta. Con la sua visione ha rivoluzionato il settore enologico, offrendo strumenti dalla funzionalità ottimale, che garantiscono una migliore esperienza degustativa», sottolinea il nipote Maximilian Josef Riedel.
In particolare con il lancio nel 1973 della prima collezione dedicata alla degustazione di vini, champagne e liquori, realizzata a mano in cristallo e oggi nota in tutto il mondo con il nome di Sommeliers, Claus ha segnato l’inizio della leadership di Riedel. Oggi i suoi stabilimenti producono 55 milioni di bicchieri da vino all’anno. Tante altre linee sono seguite, anche create da Maximilian Josef che, in parallelo al ruolo di Ceo, si è affermato come designer di calici e decanter.
«I calici e i bicchieri specifici per varietà sono dotati di finissimi bevanti con forma, dimensioni e diametro dell’orlo studiati
Sopra, Maximilian Josef Riedel, undicesima generazione dell’azienda austriaca che ha rivoluzionato l’esperienza enologica con i suoi calici specifici per varietà.
per trasportare al meglio le caratteristiche dei vari vini al palato. Quando si immerge il naso in un bicchiere, il vino dovrebbe offrire diversi caratteri aromatici che formano un’espressione armoniosa, proprio come tutti gli strumenti di un’orchestra. È dall’aroma deriva il 70% del gusto. Un bicchiere dalla forma sbagliata distorce il profilo aromatico, come un tamburo che suona fuori tempo o un violino stonato. Le dimensioni e la forma influiscono sul modo in cui il vino viene diretto e distribuito al palato a dipendenza del diametro dell’orlo, della curva del labbro e di quanto è necessario inclinare la testa per bere. Un calice deve dunque essere un capolavoro della tecnica per garantire un perfetto equilibrio tra bouquet, texture, gusto e note di quello specifico vitigno», sottolinea il Ceo.
Riprendendo il complesso procedimento messo a punto da Georg, esclusivo di Riedel, ogni calice è progettato attraverso un workshop sensoriale pratico, testato a confronto con altre forme per assicurare che ogni varietà di vino venga esaltata in modo ottimale.
Impegno, passione, competenza, rispetto: ispirata dagli stessi valori che fanno un gran vino, ARVI da 20 anni seleziona il meglio di Bacco per appassionati e collezionisti.
Fondata da Paolo Cattaneo e dalla sua famiglia nel 2004, ARVI rappresenta il culmine di un’esperienza ventennale nel settore vinicolo e della commercializzazione del vino. Forte di una solida base di conoscenze e competenze acquisite negli anni, la famiglia Cattaneo ha deciso di creare un’azienda che incarnasse l’amore per l’arte e il vino, le sue due grandi passioni.
Oggi, ARVI offre una selezione raffinata e diversificata di vini pregiati, provenienti dalle migliori regioni vinicole del mondo, con oltre 10mila etichette custodite nelle proprie cantine: le più prestigiose classificazioni di Bordeaux, si affiancano a una vasta selezione dei migliori vini di Borgogna, Rodano e Champagne, nonché dei principali produttori italiani, spagnoli, australiani, americani e sudamericani. Degna di nota è anche la collezione di grandi formati, dai Magnum da 150 cl ai formati da 27 litri. Non mancano poi gli accessori per il vino, tra i quali spicca una collezione di tastevin di ogni epoca e provenienza. Con tre punti vendita a Melano, Lugano
L’arte di Bacco
Arte e vino per festeggiare i 20 anni di ARVI, che li porta inscritti nel suo nome e nella sua anima: sopra, la speciale cassa con i sei rinomati Châteaux de Bordeaux e l’opera creata dall’artista Andrea Ravo Mattoni.
e Zurigo, gestiti da esperti sommelier ed enologi, ARVI offre servizi personalizzati e di consulenza per i propri clienti. Fondamentale è trasmettere la cultura e l’amore per il vino: «Il vino è chiaramente la nostra passione, il filo conduttore di tutte le nostre attività e il cuore pulsante della nostra amata azienda. E vogliamo che questo ventesimo anniversario sia all’insegna dell’innovazione, della fiducia e della sostenibilità, valori che ci stanno a cuore come il buon vino», dichiara Paolo Cattaneo, Presidente di ARVI.
Per festeggiare i suoi 20 anni, ARVI ha sviluppato un progetto creativo coinvolgendo un artista del calibro di Andrea Ravo Mattoni e sei rinomati Châteaux di Bordeaux per la creazione di un’opera di oltre 12 metri per 4, realizzata unendo i coperchi di 300 casse di vino e impiegando le più recenti tecnologie generative di Intelligenza Artificiale: Château
Ducru-Beaucaillou, Château Lafite Rothschild, Château La Mission Haut-Brion, Château Léoville Las Cases, Château Palmer, Château Troplong Mondot sono i produttori che hanno preso parte a questo progetto, fornendo ognuno 300 bottiglie datate 2004 - anno della fondazione di ARVI - provenienti direttamente dalle riserve delle loro cantine (Ex-Château).
Ogni bottiglia è stata utilizzata per comporre la speciale cassa di vino da sei bottiglie, il cui coperchio è diventato un tassello dell’immensa opera realizzata da Ravo. I clienti interessati possono farne parte acquistando una cassetta, pezzo unico e numerato, che la trasforma in un vero e proprio pezzo d’arte.
Visita il sito www.arvi.ch per scoprire di più sul progetto ed entrare a far parte della storia di ARVI.
Economia del vino, non solo numeri
Sebbene il vino rappresenti un’importante filiera per molti Paesi, è solo negli ultimi cinquant’anni circa che suscita un vero e proprio interesse da parte dell’economia. Gli anni ’90, e ancor più il primo decennio del nuovo millennio, sono stati caratterizzati da un’intensa attività di ricerca. Le origini. In un articolo di riferimento apparso nel 2012 ( Wine economics , nel “Journal of Wine Economics”), Karl Storchmann offriva una preziosa panoramica sulle pubblicazioni nell’ambito dell’economia del vino. Orley Ashenfelter, professore emerito a Princeton, è generalmente considerato il pioniere della disciplina. Da grande appassionato, si è interessato alla modellizzazione dei prezzi dei vini, proponendo un’analisi quantitativa ed empirica in netto contrasto con la letteratura vinicola patinata dell’epoca, con l’idea di poter identificare quali vini fossero economici, e quindi da acquistare, e quali fossero troppo costosi e da evitare. Determinare il “giusto prezzo” di un vino è però un esercizio arduo. A differenza della maggior parte degli altri beni, il vino infatti non genera flussi di cassa. I metodi di valutazione tradizio -
I temi proposti dalla sedicesima conferenza dell’American Association of Wine Economists, svoltasi per la prima volta in Svizzera, all’EHL di Losanna, offrono l’occasione per fare il punto sulle questioni chiave che caratterizzeranno l’economia del vino, disciplina relativamente recente che, oltre al settore agrario, tocca finanza, commercio, crescita e ambiente.
nali non sono quindi applicabili. In parole povere, il prezzo di un vino in un determinato momento dipende da due fattori: le condizioni del mercato vinicolo (equilibrio domanda-offerta) che definiscono il livello generale dei prezzi, le caratteristiche del vino e il modo in cui il mercato le valuta.
Oltre alla questione dei prezzi e della “finanza del vino” in generale, Storchmann individuava altri due temi chiave: le valutazioni degli esperti e l’impatto del cambiamento climatico. Due argomenti strettamente legati alla questione della qualità, che è ovviamente un fattore determinante per il prezzo. Tuttavia, per
Sopra, due momenti della Conferenza dell’American Association of Wine Economists a Losanna, a inizio luglio: oltre alle tavole rotonde, gli oltre 130 partecipanti hanno potuto degustare vini svizzeri e visitare le cantine. La produzione ticinese è stata presentata al Museo Olimpico. Membro dell’AAWE, Philippe Masset, Professore associato dell’EHL Hospitality Business School di Losanna, ha partecipato all’evento, di cui propone una sua sintesi in queste due pagine. Fra le sue aree di ricerca, l’economia del vino e la gestione finanziaria dell’ospitalità.
la maggior parte dei consumatori è difficile valutare la qualità di un vino prima di averlo acquistato e provato, inoltre molti vini devono essere invecchiati per diversi anni per essere apprezzati appieno. Perciò si dice che il vino è un “bene da intenditori”. Il ruolo degli esperti è proprio quello di fornire ai consumatori informazioni che li aiutino a prendere le loro decisioni. Alcuni, come Robert Parker (ora in pensione), hanno acquisito una tale visibilità da diventare influenti, incidendo direttamente sulla domanda, e quindi sui prezzi. Oggi si parla di un “mercato dell’expertise”, con molti specialisti che fanno a gara per ottenere la massima visibilità, anche se devono affrontare la concorrenza di social media, portali e app dedicate, come Vivino o CellarTracker. Il cambiamento climatico, nel frattempo, sta rimescolando le carte: alcune regioni penalizzate dalla siccità accusano un calo della quantità prodotta (e talvolta anche della qualità); altre con una grande reputazione faticano a mantenere il livello che ne ha decretato il successo. Ne deriva una serie di interrogativi riguardo alle modalità di adattamento (cambiamenti nelle varietà di uve e/o nelle tecniche di vinificazione) e alla distribuzione geografica della produzione da qui al 2050. L’attualità . Dal programma proposto dalla conferenza annuale dell’American Association of Wine Economists, tenu-
«La caratteristica principale dell’economia del vino nel 2024 sembra essere la sua apertura ad altri alcolici e a temi transdisciplinari. Né possono mancare all’appello innovazione tecnologica e intelligenza artificiale, di cui già molti operatori del settore si avvalgono per migliorare le attività in vigna, in cantina e le vendite»
Philippe Masset, Professore associato EHL Hospitality Business School - Losanna
tasi lo scorso luglio per la prima volta in Svizzera, all’EHL Hospitality Business School di Losanna, si può notare che la ricerca si è notevolmente diversificata negli ultimi anni. Ai tre temi identificati da Storchmann, si sono aggiunte le questioni relative al mercato del vino biologico e naturale, il ruolo delle denominazioni di origine controllata, lo sviluppo di mercati di nicchia, gli effetti della regolamentazione e delle politiche tariffarie sulle importazioni, l’impatto della guerra in Ucraina sul mercato del vino, e così via. Ma forse la caratteristica principale dell’economia del vino nel 2024 è la sua apertura ad altri alcolici (liquori, sidri, birre e persino alcuni liquori esotici come
L’American Association of Wine Economists a Losanna
L’American Association of Wine Economists (AAWE, wine-economics. org) è la più importante associazione accademica al mondo dedicata all’economia del vino. Annualmente organizza una conferenza in una regione in cui il vino ha una notevole importanza economica e culturale. Quest’anno si è tenuta per la prima volta in Svizzera, a inizio luglio 2024. Dopo Città del Capo nel 2023, l’EHL Hospitality Business School (Losanna) ha avuto l’onore di ospitare questo prestigioso evento, che riunisce non solo accademici, ma anche giornalisti e professionisti del settore. Più di 130 partecipanti hanno contribuito a un programma ricco di presentazioni, tavole rotonde, visite ai vigneti, degustazioni e, soprattutto, scambi affascinanti - perché il vino rimane un formidabile legame sociale. Prossimo appuntamento a San Luis Obispo, in California, dal 18 al 22 luglio 2025.
il Baijiu, il più antico distillato della tradizione cinese) e a temi transdisciplinari. Va detto che il vino costituisce un laboratorio ideale per effettuare sperimentazioni volte a comprendere meglio la percezione e il comportamento dei consumatori. Tanto da parlare di “psicologia del vino”. Non potevano mancare all’appello innovazione tecnologica e intelligenza artificiale, di cui già molti operatori dell’industria vinicola si avvalgono per migliorare le attività in vigna, in cantina e le vendite, come è emerso dal panel con cinque esperti dedicato all’argomento. Un esempio è la combinazione di dati meteorologici e satellitari con l’Ia per monitorare la qualità dell’uva in tempo reale e ottimizzare i trattamenti. Vini svizzeri . Poiché la conferenza si è svolta in Svizzera, un posto speciale è stato riservato alla produzione di casa. Una tavola rotonda incentrata sui vitigni autoctoni ha evidenziato le caratteristiche specifiche di vigneti e mercato svizzeri. I partecipanti hanno inoltre potuto degustare una selezione rappresentativa di Pinot noir provenienti da tutta la Svizzera, bianchi e rossi autoctoni (Petite Arvine, Completer, Cornalin, ecc.) e di Chasselas vodesi delle annate dal 2000 al 2023. Visite nel Canton Vaud e nel Vallese e una serata dedicata al Ticino al Museo Olimpico di Losanna hanno permesso di approfondire l’industria vinicola svizzera e fare paralleli e confronti con altre regioni. Come ha osservato José Vouillamoz - biologo vallesano che è un’autorità mondiale in materia di genetica dell’uva - alla fine della sua presentazione, e come hanno affermato altri partecipanti nei loro post e articoli sui social media, “Siate intelligenti, bevete vini svizzeri!”.
Genuino valore del territorio
Con un indotto complessivo di 80 milioni di franchi, la filiera vitivinicola rappresenta un atout del Ticino e della sua tradizione, dando vita anche a originali esperienze enoturistiche, come “Nel cuore della vendemmia”, per promuoverla e gustarla.
Momento in cui le fatiche di dodici mesi si trasformano in raccolto, la vendemmia è da sempre l’appuntamento culminante dell’annata per i viticoltori. In Ticino coinvolge 2.579 produttori e 185 vinificatori. Cinquantamila gli ettolitri di vino generati dai quasi 1.200 ettari di superficie viticola (l’8% dei 14.500 a livello nazionale), per un valore di 26 milioni di franchi. L’85% della produzione è costituita da uve a bacca rossa, di cui il 30% vinificato in bianco, e il restante 15% da uve bianche. Assoluto protagonista è il Merlot, pari all’80% della superficie vitata cantonale, seguito da Chardonnay, Sauvignon Blanc, Cabernet, Pinot Nero e altri vitigni, distribuiti lungo tutto il territorio, tra i 220 e i 700 metri di altitudine. La grande varietà di microclimi e terreni a nord e sud del Ceneri dà origine a produzioni anche molto diverse fra loro, in funzione del terroir e della filosofia aziendale. Nel suo insieme la filiera arriva così a triplicare il valore della produzione, generando un indotto complessivo di 80 milioni di franchi. L’intersettorialità della viticoltura con la gastronomia e il turismo ha contribuito a creare le sempre più apprezzate esperienze in cantina o nei vigneti: dalle classiche degustazioni alle attività di bike&wine, wine&dine e altre iniziative speciali.
programma dedicato per rendere l’esperienza della vendemmia accessibile a un vasto pubblico. Una mezza giornata che coinvolge enologi ed esperti per introdurre i partecipanti al lavoro in vigna, insieme alla spiegazione delle tappe di produzione del vino, pranzo e, naturalmente, la degustazione. Un momento autentico per vivere il territorio con occhi diversi, da condividere con la famiglia, con amici o colleghi nei weekend del 21-22 settembre e del 28-29 settembre (iscrizioni sul sito: www.nelcuoredellavendemmia.ch e il costo per persona adulta è Chf 49.-.
Tra le aziende che aderiscono sull’intero territorio nazionale, da quest’anno anche due realtà ticinesi, la Cantina Settemaggio a Monte Carasso e la Cantina alla Maggia di Ascona.
che parla da sé, portando il prestigio della nostra produzione vinicola oltre le frontiere cantonali, si affiancano le iniziative promozionali di Ticinowine, legate a una formula collaudata e radicate al territorio. In particolare da 24 anni si conferma il successo di “Cantine Aperte”, evento di primavera, che consente di visitare le cantine, scoprirne i vini e le tradizioni. Un’altra iniziativa è “Vini in Villa”, l’evento prenatalizio che, nella cornice di Villa Ciani, presenta un centinaio di etichette ticinesi (29.1101.12.2024). Oltre Gottardo, da tre anni il “ Ticinowine Tour” tocca cinque città (quest’anno San Gallo, Lucerna, Soletta, Losanna e Thun) per far conoscere con una formula molto autentica l’offerta vitivinicola del territorio.
È il caso del progetto nazionale “Nel cuore della vendemmia”, nato in Vallese e ormai giunto alla sua quarta edizione sotto l’egida di Swiss Wine Promotion, vedendo crescere il suo pubblico e il numero di aziende vitivinicole che propongono un
Un’occasione per accogliere in Ticino appassionati della natura, amanti del vino ed enoturisti provenienti da tutta la Svizzera, attirati in primis dal suo Merlot, la cui qualità ottiene continui riconoscimenti nei concorsi internazionali, come le 46 medaglie alla scorsa edizione del Mondial Du Merlot, la cui premiazione si è svolta a giugno a Zurigo. A questo ambasciatore
Per implementare la notorietà dei marchi, Ticinowine individua anche attività che consentano una promozione a livello internazionale, ad esempio è stato beverage partner del Locarno Film Festival anche per la sua 77esima edizione. Più di 50 etichette del territorio hanno accompagnato gli eventi ufficiali deliziando prestigiosi ospiti nazionali e da tutto il mondo, oltre ad aver firmato, novità di quest’anno, anche la carta dei vini del “Piazza Grande Restaurant”: protagonista il Merlot, declinato in tutte le sue varianti - rosso, bianco, rosato e spumante -, insieme alla Bondola, vitigno presidio Slow Food, e agli assemblaggi con Chardonnay, Cabernet Sauvignon, Gamaret, Syrah e Pinot Nero.
Onore ai vini svizzeri
Il 2024 conferma la competitività dei vini svizzeri, che sanno meritarsi le medaglie più prestigiose ai concorsi internazionali. Da scoprire nelle prossime pagine attraverso le parole dei loro artefici.
Con circa 250 varietà di uve coltivate (168 denominazione Aoc) su una superficie che non raggiunge nemmeno 15mila ettari - l’equivalente dell’Alsazia dove però di varietà se producono 10 - la Svizzera con le sue sei regioni vitivinicole rappresenta un unicum. Malgrado una produzione ridotta e costi elevati non ne facciano, per usare un eufemismo, una forte esportatrice, con una quota inferiore all’1% (che peraltro include anche il vino che da qui transita come hub commerciale), ciò non impedisce alle sue etichette di raggiungere una qualità che nei concorsi internazionali si guadagna le medaglie più prestigiose. Merito del clima particolare, di un terroir dove la vigna è una tradizione millenaria e della capacità di produttori tenaci e visionari di innovare nel solco della tradizione, portando al vertice le loro tenute.
A far faville la Petite Arvine del Vallese: soltanto il 2% della superficie vinicola, ma senza rivali quando si tratta di premi, tanto da esser stata anche la prima a portare in Svizzera un 100/100 dalla classifica di Robert Parker. Anche i rossi, che rappresentano ben il 56% dei vitigni colti-
Ripartizione delle superfici vinicole per Cantone, 2023
vati, raccolgono ottimi risultati. È la stessa Svizzera, a gestire il concorso enologico internazionale dedicato al Pinot Nero, dal momento che, in relazione alla sua superficie viticola, è il paese a vantarne la maggior produzione, come pure organizza il Mondiale dello Chasselas, seconda varietà più diffusa, ad Aigle, e quello del Merlot & Assemblages.
Nelle prossime pagine, un poker di bottiglie premiate, presentate dai loro stessi produttori.
I vitigni coltivati in Svizzera Quote di superfici per rossi e bianchi, 2023 Fonte: Ufag 2023
Il Vallese rimane il Cantone con la superficie viticola più estesa, circa un terzo dei vigneti svizzeri che occupano complessivamente su 14.569 ettari. Seguono Vaud, Ginevra e Ticino. Quanto alle varietà, predominano i vitigni rossi, 56% della superficie. Il Pinot Nero resta la varietà più coltivata, dietro cui si piazzano lo Chasselas e il Merlot. Con solo il 2%, la Petite Arvine domina quanto a medaglie.
Vino
Fuoriclasse
Robert Parker - Wine Advocate
Per la prima volta, un vitigno svizzero ha ottenuto il punteggio massimo in una fra le più influenti classifiche nel mondo del vino. Naso, colore, aspetto, bouquet, palato e potenziale di evoluzione sono alcuni fra i criteri valutati per attribuire i 100 punti dai sommelier di Robert Parker Wine Advocate. Nel 2023 su oltre 280 vini svizzeri degustati, 27 ne hanno ottenuti più di 95 punti, ma solo Grain par Grain 2020 Petite Arvine di Marie-Thérèse Chappaz ha fatto l’en plein.
La tenuta di Marie-Thérèse Chappaz si estende su 10 ettari distribuiti in quattro villaggi vallesani, Fully, Charrat, Leytron e Chamoson. Il suo approccio biodinamico e un lavoro autenticamente artigianale, che si prende pazientemente cura di ogni varietà delle sue uve, esaltano i punti di forza di un terroir eccezionale, producendo nettari regolarmente acclamati da critici e chef.
Ho scelto di curare e amare la mia terra, di coltivarla e di rispettare ogni terroir, ogni varietà di uva. Dal 1988, Grain par Grain è stato prodotto solo cinque volte, nel 2007, 2011, 2014, 2016 e 2020. Il processo richiede pazienza e meticolosità... L’annata 2020 è stata soleggiata, precoce, quasi estrema. Le uve della nostra varietà autoctona, la Petite Arvine, erano pronte a inizio settembre. Già allora si poteva notare la botrite sugli acini, una muffa ‘nobile’, che ha il potere di concentrare gli zuccheri, ma anche l’acidità. Per i raccoglitori, le istruzioni erano semplici: selezionare esclusivamente questi acini speciali, a uno a uno, come si fa con i mirtilli. Dopo tre passaggi successivi fra i filari, tra fine settembre e inizio ottobre le uve di questa vendemmia Grain par Grain erano calde e pronte per essere lavorate. È seguita una pressatura molto lunga, di oltre dieci ore, nella nostra piccola pressa verticale. Il mosto d’uva, simile al miele, fermenta poi a lungo in una piccola botte di rovere francese. I lieviti indigeni formano poco più del 3% di alcol e poi interrompono il loro processo di fermentazione in questo ambiente estremamente dolce. Lo zucchero naturale ancora presente è chiamato ‘residuo’. La sua concentrazione in un litro di Grain par Grain è di ben 750 grammi. Prima di essere imbottigliata, questa cuvée confidenziale viene invecchiata per un anno in botte, e poi per un secondo anno in bottiglie di vetro, in modo che ognuna possa rivelare note di tè freddo, mango, ribes e zafferano.
Monumentale
Concours Mondial de Bruxelles
Buyer, distributori, enologi, critici, ricercatori, ... i 350 degustatori professionisti chiamati a inizio giugno a valutare oltre 7.500 rossi e bianchi di 42 paesi alla 31esima edizione del Concours Mondial de Bruxelles (Cmb), per la prima volta tenutosi nel continente americano, in Messico, sono stati conquistati da Les Titans - Petite Arvine 2020 della cantina Provins, attribuendogli una grande medaglia d’oro e il premio “Switzerland Revelation”.
Maturati in condizioni estreme, nel cuore delle più imponenti dighe d’alta quota della Svizzera, i vini Les Titans, gamma che ho sviluppato per la cantina vallesana Provins, sfidano il tempo. La temperatura costantemente molto bassa, l’alta quota, la debole pressione atmosferica e l’elevata umidità sono le specificità tecniche di queste cantine, uniche al mondo: fanno sì che il vino evolva lentamente, anche in modo impercettibile, nel corso di diversi mesi, giustificando i lunghi periodi di maturazione di due anni. L’umidità satura permette di chiudere la porosità del legno delle botti e limita al minimo indispensabile la penetrazione dell’ossigeno nel vino, contribuendo al fenomeno generale dell’allungamento dei tempi e dei suoi effetti. Lo stesso tempo di invecchiamento in pianura farebbe sviluppare troppo il vino e perdere le sue qualità. Quindi, dominando lo scorrere del tempo, grazie alle condizioni di invecchiamento molto specifiche, il vino guadagna in eleganza, espressività e freschezza. Questo gli conferisce anche un notevole potenziale di invecchiamento.
La mineralità è la caratteristica principale del Petite Arvine Les Titans 2020, invecchiato per 24 mesi in botti di rovere a 2.200 metri di altitudine nella diga della Grande Dixence. Rivela aromi agrumati come pompelmo e limone. Al palato, presenta un perfetto equilibrio tra morbidezza e ricchezza, con un bel finale acido. Si consiglia di servirlo come aperitivo o con frutti di mare e pesce.
Luc Sermier enologo
Les Titans - Petite Arvine 2020 – Aoc Valais Provins
Provins è una delle cantine svizzere ad aver vinto più medaglie in concorsi nazionali e internazionali: risultati che premiano il lavoro dei suoi enologi e dei circa 1.200 viticoltori che forniscono uve ineccepibili. Fondata nel 1930, costituisce quasi il 13% della produzione del Vallese, con circa 600 ettari coltivati. Gestisce i propri vigneti su quasi 150 ettari con un sistema di mezzadria; il resto viene lavorato dai viticoltori locali.
Vino speciale &
valore
Tonificante palmarès
Martigny Petite Arvine
Aoc Valais 2022
Domaine Gérald Besse
Sarah Besse ingegnere viticolo ed enologa
Le parcelle della tenuta di Patricia e Gérald Besse si trovano nei vigneti di Martigny e Bovernier. Pendii ripidi che richiedono una viticoltura manuale e poco meccanizzata, per ottenere prodotti di qualità. Le diverse varietà d’uva vengono vinificate con rispetto, valorizzando il terroir e la sua tipicità per creare vini schietti e pieni di carattere. Con l’arrivo della figlia Sarah, la tradizione si rinnova, sempre però fedele all’approccio artigianale originario.
Decanter World Wine Awards
I “Best in Show” sono il più alto riconoscimento che il wine magazine britannico Decanter, punto di riferimento del settore, attribuisce al fior fior delle oltre 18mila bottiglie valutate dai suoi esperti. In una degustazione separata, i quattro co-presidenti riassaggiano tutti i vincitori della medaglia platino per selezionare le migliori etichette. Un onore guadagnato il 19 giugno dal Martigny Petite Arvine 2022 del Domaine Gérald Besse.
Imiei genitori, Patricia e Gérald Besse, hanno acquistato il loro primo ettaro nel 1979. Hanno ripiantato completamente le viti e fatto la loro prima vendemmia esattamente 40 anni fa, nel 1984. Stagione dopo stagione hanno proseguito, fino a estendere la tenuta a 20 ettari. La natura e l’uva sono dunque state parte della mia vita sin dall’infanzia. Prima l’uva e il suo succo, poi il profumo del vino e il primo assaggio… Undici anni fa ho iniziato a lavorare in vigna, perché per fare un buon vino ci vuole prima di tutto una buona uva. Dal 2016, come enologa, mi occupo anche della vinificazione.
Amo i vini caratterizzati da molta finezza e mineralità al palato, accompagnati da una buona acidità. La Petite Arvine ne è il re, con un tocco di salinità sul finale. È esattamente il mio tipo di vino, molto raffinato, con una buona acidità e mineralità. Il vitigno è piantato su roccia granitica, con un terreno di 2 ettari composto da sabbia e argilla, con molti ciottoli. È esposto a sud-ovest a 550 metri di altitudine su un pendio molto ripido, che nel periodo estivo gode del clima mediterraneo della Valle del Rodano.
Il 1992 è stata la prima annata della nostra Petite Arvine. Su questo vino effettuo solo la prima fermentazione per preservarne gli aromi freschi, con note caratterizzanti di rabarbaro, pompelmo rosa e scorza di agrumi, e la buona acidità. Per rispettarli, l’affinamento avviene rigorosamente in vasche di acciaio inox. Presenta un bouquet complesso, esuberante e ricco di freschezza.
Sorprendente
Mondial Merlot & Assemblages
Se a confermarsi re del Merlot, terzo vitigno in Svizzera per estensione, è il Ticino, con 23 delle 59 medaglie d’oro e il premio Gran Maestro alla Fattoria Moncucchetto, a Cantina Ra Canva e ad Angelo Delea, ad aver fatto sensazione alla 17esima edizione del Mondial du Merlot & Assemblages a metà giugno a Zurigo, ottenendo il titolo di miglior Merlot svizzero puro, è il lucernese Merlot Rosenau 2022 dei due giovani talenti che hanno rilevato Weinbau Ottiger.
La nostra avventura di viticoltori è iniziata nel 2022, quando abbiamo avuto la possibilità di rilevare Weinbau Ottiger, che dal prossimo 7 dicembre, al termine del processo di rebranding, prenderà il nome di Weingut Kastanienbaum, per darle una nostra identità e sottolineare il legame con il terroir dell’omonimo villaggio lucernese. La posizione prealpina direttamente sulle rive del lago dei Quattro Cantoni offre infatti un clima ideale per la viticoltura, con terreni ghiaiosi e sabbiosi, poveri di sostanze nutritive. La nostra filosofia di produzione segue un approccio minimalista che si applica nel vigneto - con basse rese, uve sane e mature, e tutti i lavori svolti a mano - come in cantina, con un invecchiamento classico in barrique francesi per almeno 12 mesi, seguito da una filtrazione grossolana. Il vino viene poi imbottigliato senza aggiunta di aromi.
Aver vinto il titolo di miglior Merlot svizzero, categoria solitamente presidiata dal Ticino, ci riempie di gioia e ci motiva a continuare a sviluppare i nostri prodotti. Il Rosenau 2022 riesce a racchiudere in bottiglia l’essenza del nostro microclima a Kastanienbaum. Rispetto agli altri Merlot risulta non troppo fermentato, accessibile, con meno note verdi (paprika, edera); presenta un bellissimo colore rosso granato con riflessi violacei, aromi intensi di ciliegie nere e cassis, completati da fini note tostate di tabacco e caffè. Al palato è potente, con una struttura multistrato e un’eleganza vellutata, che si abbina bene a carni rosse o risotti.
Merlot Rosenau
Aoc Luzern 2022
Weinbau Ottiger
Kevin Studer e Denis Koch viticoltori
In origine, Kevin Studer si è formato come apprendista cuoco, Denis Koch come paesaggista, ma la passione per il vino li ha spinti verso l’enologia. Quando poi è arrivata la possibilità di rilevare la tenuta fondata nel 1981 da Toni Ottiger, hanno potuto mettere radici. Oggi fanno tesoro delle esperienze passate, Kevin impegnato principalmente in cantina, Denis nei vigneti, ma ogni decisione viene presa insieme. Giovanissimi - 33 e 29 anni - ma già vincenti, sono stati anche nominati “Rookies of the Year” da Gault Millau, che così segnala e sostiene i talenti emergenti.