Riza Dossier - Rischio diabete: come evitarlo

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RIZA BOOM DI CASI IN TUTTO IL MONDO

Rischio diabete Come evitarlo RISCHIO DIABETE. COME EVITARLO

Scopri tutte le ultime novità nelle cure e nella prevenzione

LA GUIDA PRATICA INDISPENSABILE

Quello che bisogna fare per abbassare la glicemia

TROPPI ZUCCHERI NEL SANGUE? Ecco i segnali-spia per saperlo subito

I grassi più nocivi

Il ruolo dell’intestino

Attenti allo stress

Alcuni tipi fanno più danni dello zucchero

Molto spesso il microbiota influenza questa malattia

Perché l’ansia favorisce i pericolosi picchi glicemici

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SOMMARIO L’EDITORIALE DI VITTORIO CAPRIOGLIO 3

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Che ruolo ha il microbiota?

Diabete: la grande epidemia che si può fermare

IL FOCUS SUL DISTURBO 6

Una malattia dalle mille facce

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Tutto ha inizio dal pancreas

LE REGOLE A TAVOLA 44

Restare in forma è fondamentale

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I consigli alimentari antidiabete

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Anche i grassi cattivi sono pericolosi tanto quanto lo zucchero

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I cibi che fanno bene alla glicemia

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L’importanza dell’acqua: diluisce gli zuccheri (e ne assorbi meno)

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Come disintossicarsi dall’eccesso di glucosio

GLI STRUMENTI E LE CURE

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Esistono dei segnali spia da considerare?

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Un’epidemia di casi oggi: i numeri del diabete

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Conosci la tua glicemia? Ecco gli esami per lo screening

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I nuovi mezzi per misurare la glicemia

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Le novità nella gestione del problema

ALLE ORIGINI DELLA MALATTIA 22

Sono questi i principali fattori di rischio

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La causa può essere anche un altro disturbo?

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Quanto conta la psiche

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Esiste un legame con la celiachia?

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Direttore generale: Liliana Tieger Immagini: 123rf, Adobe Stock, Shutterstock EDIZIONI RIZA s.p.A Via Luigi Anelli, 1 - 20122 Milano www.riza.it - info@riza.it Stampato in Italia da: Caleidograf srl Via Milano 45 - 23899 Robbiate (Lc) Distribuzione per l’Italia: SO.DI.P. “Angelo Patuzzi” S.p.A., Via Bettola n° 18, 20092 Cinisello Balsamo (MI) Tutti i diritti riservati. Questa pubblicazione è protetta da copyright ©. Nessuna parte di essa può essere riprodotta, contenuta in un sistema di recupero o trasmessa in ogni forma e con ogni mezzo elettronico, meccanico, di fotocopia, incisione o altrimenti senza il permesso scritto dell’editore.

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Quando hai voglia di dolce? Opta per queste varianti

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Il menu settimanale che elimina l’incubo diabete

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Digiunare 16 ore può evitare i picchi insulinici?

Le informazioni contenute nella presente pubblicazione sono a scopo informativo e divulgativo: pertanto non intendono sostituire, in alcun caso, il consiglio del medico di fiducia.

LA LETTURA SIMBOLICA

LE CURE NATURALI 78

Le piante che evitano gli sbalzi glicemici

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La visione psicosomatica della malattia

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Gli atteggiamenti vincenti: apriti ai veri istinti

MUOVERSI È FONDAMENTALE 82

Il fungo maitake migliora la sensibilità all’insulina

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Concediti delle lunghe passeggiate

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I massaggi profumati per gli altri organi affaticati

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Quali sono gli altri sport consigliati

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IL FOCUS SUL DISTURBO

UNA MALATTIA dalle mille facce

La vera strategia per combatterlo è giocare d’anticipo, modificando e migliorando le abitudini e i comportamenti quotidiani sbagliati. Vediamo insieme come fare

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l diabete è una malattia cronica. Vale a dire che una volta che insorge, non può essere curata: le terapie introdotte servono a convivere con la malattia, ma non possono più farla regredire in modo completo. Per questo la vera strategia contro il diabete è giocare d’anticipo. Ed è una strategia che funziona per più motivi. Il primo è che il diabete, e parliamo nello specifico del cosiddetto diabete di tipo 2, la forma di gran lunga più diffusa, dipende in larga misura da abitudini e comportamenti quotidiani che abbiamo il potere (e il dovere) di migliorare. In secondo luogo, il diabete non è una malattia che si sviluppa in poche settimane o pochi mesi. È un processo che dura anni e che passa attraverso varie fasi allarmanti, ma ancora reversibili, che sono il più efficace campanello d’allarme per segnalare che è il momento di cambiare rotta.

di tipo 2 aumentino con l’età, è anche vero che oggi l’età media di sviluppo della malattia si sta progressivamente abbassando, anche a causa della dilagante obesità (fattore di rischio per lo sviluppo del diabete) tra bambini e adolescenti.

Quale è quella autoimmune La caratteristica principale della malattia, cioè l’iperglicemia, resta immutata sia nel diabete di tipo 1 sia nel tipo 2. A cambiare radicalmente è il meccanismo che porta al suo sviluppo. Nel diabete di tipo 1 il pancreas del soggetto non è più in grado di produrre l’insulina, che di conseguenza è completamente carente: per questo non ci sono meccanismi efficaci per evitare l’iperglicemia. Perché il pancreas smette di funzionare? Di fatto, in modo analogo a quanto accade nelle malattie autoimmuni, il sistema immunitario innesca una reazione ingiustificata nei confronti delle cellule sane del pancreas e le distrugge “scambiandole” per cellule dannose. Quando i sintomi del diabete di tipo 1 si manifestano, può darsi che quest’azione distruttiva sia in atto da molto tempo e che quindi non sia più reversibile in nessun modo. Ecco perché questa variante della malattia è detta anche diabete insulinodipendente: il trattamento con insulina dura tutta la vita, dal momento che il pancreas non è più in grado di produrre quantità adeguate di questo ormone.

Le due principali tipologie Le due principali tipologie di diabete sono il tipo 1 e il tipo 2. Tradizionalmente il primo viene chiamato diabete giovanile, perché, sebbene possa presentarsi a qualunque età, si presenta maggiormente dagli 0 ai 30 anni, con un picco nella fascia d’età 12-14 anni, quando avviene lo sviluppo puberale. Il diabete di tipo 2, invece, è anche chiamato diabete senile, perché insorge più frequentemente nei soggetti adulti. In realtà, sebbene i casi di diabete

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Come funziona il tipo 1 1 La digestione ricava il glucosio dai cibi. Il glucosio entra in circolo nel sangue e la glicemia si alza.

STOMACO

2 Il pancreas, danneggiato per errore dal sistema immunitario, produce poca insulina o non ne produce affatto. 3 Le cellule del corpo non possono “aprirsi” e ricevere il glucosio, perché non c’è l’insulina che dice loro di farlo.

GLUCOSIO DAI CIBI

POCA INSULINA

4 Se il glucosio non entra nelle cellule e negli organi, il soggetto resta senza energia. 5 Il livello di glucosio nell’organismo rimane elevato (iperglicemia) e il corpo cerca di smaltirlo tramite le urine (che sono tipicamente dolci).

PANCREAS

GLICEMIA ALTA SANGUE

MUSCOLI

SENZA ENERGIA FEGATO

NEL SANGUE SI FORMANO I CORPI CHETONICI

CI SONO VARIE IPOTESI SULLE CAUSE SCATENANTI

La chetoacidosi è una condizione che si può manifestare nella fase iniziale del diabete di tipo 1 oppure quando il paziente non segue una corretta terapia insulinica. Perché si verifichi, occorre una iperglicemia accentuata (valori oltre i 300 mg/dl) e una netta carenza di insulina. L’organismo per produrre energia sfrutta il metabolismo lipidico (vengono bruciati gli acidi grassi e, soprattutto, i trigliceridi) e questo comporta la produzione di corpi chetonici, come acido acetoacetico e acetone. Queste sostanze entrano in circolo e provocano una caduta del pH del sangue fino a valori di acidosi molto pericolosi. I sintomi tipici di chetoacidosi sono nausea, sete e urinazione eccessiva (perché il corpo cerca di espellere le tossine).

Nel diabete di tipo 1 c’è sicuramente una predisposizione genetica, che può portare a un’alterazione del comportamento del sistema immunitario, ma occorrono dei fattori scatenanti per dare il via al processo. Tra le ipotesi c’è lo stress, ma anche infezioni virali tipo la parotite, gli orecchioni, la rosolia, il citomegalovirus, il virus Echo, l’herpes, la poliomielite, l’encefalite da zecche o l’epatite A. Negli ultimi tempi l’attenzione si è concentrata però soprattutto sul virus Coxsackie B, che causa dissenteria. Questo virus ha una notevole somiglianza con le cellule beta del pancreas e potrebbe, proprio per questo, scatenare la reazione di autoimmunità che finisce per distruggere tali cellule.

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IL FOCUS SUL DISTURBO

IL TIPO 2 È IN AUMENTO IN TUTTO IL MONDO C’è una progressiva perdita di efficienza

Il diabete di tipo 2 è il più diffuso oggi: rappresenta il 90% di tutti i casi di questa malattia. È anche la forma che più dipende dallo stile di vita che si conduce (alimentazione, stress, sedentarietà) e che si può prevedere, monitorare e soprattutto prevenire. Ad anticipare la comparsa del diabete di tipo 2, infatti, è la ridotta tolleranza al glucosio (IGT), una condizione asintomatica di pre-diabete in cui si verificano insulino-resistenza, iperglicemia e alterata glicemia a digiuno. La IGT è asintomatica, ma può essere individuata tramite esami del sangue che calcolino con precisione i livelli di glucosio. Circa il 35% delle persone colpite da IGT sviluppa il diabete di tipo 2 entro 8 anni.

Nel diabete di tipo 2, il pancreas non produce una quantità sufficiente di insulina e i recettori che si trovano sulle cellule non rispondono in maniera adeguata all’ormone, quindi non si aprono per far entrare il glucosio. Così si verificano le conseguenze che possiamo già intuire: il corpo non può utilizzare il glucosio circolante come fonte di energia e questa sostanza rimane nel sangue a livelli sempre più elevati, causando iperglicemia. Nonostante la ridotta secrezione di insulina e la resistenza ai suoi effetti, i pazienti con diabete di tipo 2 non sono totalmente dipendenti dall’insuli-

Come funziona il tipo 2 1 La digestione ricava il glucosio dagli alimenti e lo immette nel circolo sanguigno.

STOMACO

PANCREAS

2 La glicemia si alza. 3 Il pancreas emette insulina, ma non a sufficienza per fare entrare il glucosio nelle cellule. PRODUZIONE DI INSULINA

DIGESTIONE

4 Organi e cellule non ricevono glucosio, che resta in circolo.

IPERGLICEMIA

5 Si verifica uno stato di iperglicemia.

SANGUE

MUSCOLI

INSULINORESISTENZA

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LE ALTRE VARIANTI: SECONDARIO E GESTAZIONALE Esistono anche altre tipologie di diabete, come il cosiddetto diabete mellito secondario, nome sotto il quale vengono raggruppati disturbi caratterizzati da un’alterata quantità o azione dell’insulina non rapportabili né al diabete di tipo 1 né al tipo 2 né a caratteri genetici, ma dovuti a una patologia preesistente, che altera il metabolismo del glucosio. In questo caso il diabete viene definito secondario, appunto, rispetto alla malattia che lo ha provocato, che è il disturbo primario: ne sono esempi l’insufficienza endocrina pancreatica provocata da pancreatiti croniche ricorrenti, la fibrosi cistica, la sindrome di Cushing, la acromegalia, la distrofia muscolare, l’iperlipidemia e la sindrome di Down. In alcuni casi tale diabete può essere dovuto anche ai farmaci come, ad esempio, il cortisone. Il diabete gestazionale, invece, è quello che si manifesta negli ultimi tre mesi di gravidanza e nel 90% dei casi scompare dopo il parto, per ripresentarsi però nell’ultimo trimestre delle gravidanze successive. Circa il 50% delle donne che manifestano il diabete gestazionale dopo un periodo di 5-10 anni rischia di soffrire di diabete di tipo 2. Il diabete gestazionale può ripercuotersi sulla salute del feto e del neonato, oltre che della mamma: è quindi necessario diagnosticarlo nel più breve tempo possibile, tramite apposito test, e agire di conseguenza. Secondo uno studio del Mount Sinai Hospital di New York, inoltre, il diabete gestazionale potrebbe essere uno dei fattori correlati all’insorgenza della depressione post-partum. L’incidenza del diabete gestazionale tra le donne gravide è approssimativamente dell’1-2%.

na iniettabile, a differenza di quel che accade per i pazienti con diabete di tipo 1.

(SID), in Italia il diabete di tipo 2 potrebbe interessare 150mila ragazzini, un numero quattro volte più alto rispetto a una decina di anni fa. I casi giovanili di diabete 2 sembrano essere più aggressivi e le cellule pancreatiche sembrano perdere funzionalità anche 3 o 4 volte più velocemente rispetto al solito. Altri fattori che favoriscono la comparsa del diabete di tipo 2 sono la sedentarietà e la dieta sbilanciata. Quest’ultima causa spesso non solo iperglicemia, ma anche ipercolesterolemia e iperlipidemia: tutte condizioni che aumentano le possibilità di ammalarsi di diabete di tipo 2 e che dipendono direttamente da uno stile di vita scorretto. Anche lo stress è sospettato di favorire lo sviluppo del diabete. ■

Dipende da cattivi comportamenti Una leggera o marcata obesità è presente all’incirca nell’80% dei pazienti con diabete di tipo 2, al momento della diagnosi. L’obesità rappresenta infatti il maggior fattore di rischio per lo sviluppo del diabete mellito di questo tipo, a causa della resistenza all’insulina associata al sovrappeso. Non a caso l’aumento dell’obesità e della sedentarietà hanno causato un importante aumento di casi di diabete di questa tipologia, anche tra i giovanissimi (specialmente, appunto, se affetti da obesità infantile). Secondo la Società Italiana di Diabetologia

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le regole a tavola

restare in forma è fondamentale I chili di troppo sono correlati al rischio di diabete di tipo 2, oltre a problemi cardiovascolari e respiratori. Per questo è importante eliminarli

P

er capire qual è il legame tra sovrappeso (e obesità) e diabete possiamo cercare la risposta nei numeri: obesità e sedentarietà sono rilevanti fattori di rischio per la salute in generale, ancora di più per la patologia diabetica. Tra i 4564enni la percentuale di persone Tra i 45-64enni obese che soffrono di diabete è al la percentuale 28,9% per gli uomini e al 32,8% di persone obese per le donne (per i non diabeche soffrono tici rispettivamente 13,0% e di diabete è del 9,5%). Nella stessa classe di per età il 47,5% degli uomini e il gli uomini e del 64,2% delle donne con diabete per non praticano alcuna attività fisile donne ca leggera nel tempo libero. Secondo altri dati la prevalenza di diabete aumenta con l’età e con l’indice di massa corporea (BMI). In particolare, il rischio di diabete è più del doppio per le persone obese rispetto agli individui con un peso nella norma, e tende a crescere progressivamente con l’aumentare dell’età. «I chili di troppo non sono il segno di una stirpe robusta, come si credeva una volta, rappresentano invece un rischio possibile. Sono correlati al diabete di tipo 2, ai problemi cardiovascolari e respiratori, a oltre una decina di tumori. E molti studi evidenziano come l’obesità aumenti il rischio di complicanze nelle persone che si ammalano di Covid-19», scrive Eliana Liotta nel libro Il cibo che ci salverà. «Da deposito di energia che serviva all’occorrenza (come carestie, carenza di cibo), oggi il tessuto adiposo è ricono-

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sciuto come un vero organo che ha funzioni metaboliche ed endocrine e gioca un ruolo centrale nella regolazione energetica del metabolismo», aggiunge francesco morelli, specialista in scienza dell’alimentazione, Cardiologia ed endocrinologia a indirizzo diabetologico e metabolico, autore del nuovo libro “Diabesità” (franco angeli editore). «Così, se da un lato accumula energia, dall’altro invia segnali che regolano importanti funzioni (immunitaria, endocrina, rigenerativa). E l’aumento di volume degli adipociti, le cellule del tessuto adiposo, per eccessi alimentari, può creare disordini metabolici come il diabete tipo 2 e le malattie cardiovascolari».

ne provochi il diabete e che cosa possiamo fare per fermare questo trend. Cercando di dare una risposta, i ricercatori della University of California hanno di recente scoperto che un’adipochina infiammatoria, la LTB4, provoca insulino-resistenza, e che, se si riuscisse con un farmaco a bloccare il recettore che risponde alla LTB4, miglioreremmo sensibilità ed efficacia dell’insulina. Di fatto, si è visto che l’infiammazione del grasso corporeo genera una continua stimolazione dell’insulina, che come sappiamo ha il compito di regolare la quantità di zucchero nel sangue. Anche il consumo di pasti ad alto contenuto di carboidrati (dolci, pane, pasta) genera un’iperproduzione di insulina. Per proteggersi dal rischio obesità, il corpo sviluppa una sorta di “resistenza all’insulina”, che serve a neutralizzare l’azione dell’ormone responsabile dell’accumulo dell’energia alimentare in eccesso sotto forma di grasso; alla lunga però, se l’introito calorico non si riduce, il pancreas impara a produrre sempre maggiori quantità di insulina fino a vincere, tardivamente e abnormemente, tale resistenza. A questo punto che la situazione diventa patologica. L’obesità quindi può portare a un’ipersecrezione di insulina che, a sua volta, provoca un aumento del peso corporeo, creando un circolo vizioso da cui è difficile uscire. Quando l’insulina prodotta in risposta ai pasti è talmente alta da vincere la resistenza cellulare, tutto il glucosio entra rapidamente nelle cellule per essere utilizzato e accumulato sotto forma di grasso. Questo squilibrio metabolico rende la risposta alle diete molto meno efficace; inoltre le possibili crisi ipoglicemiche post prandiali aumentano l’appetito e la sensazione di non poter fare a meno degli zuccheri.

Un meccanismo lento Tutto questo avviene lentamente. Ovvero: il girovita inizia ad aumentare per il grasso viscerale che si accumula nell’addome facendo crescere chili e centimetri. Quando si espande (ed è al massimo delle sue possibilità), non potendo più incamerare lipidi, invia gli stessi verso altri organi o tessuti, come fegato, cuore, muscoli. L’eccessivo volume degli adipociti provoca anche una riduzione del flusso di sangue agli stessi, creando un calo di ossigenazione e una conseguente alterazione della secrezione di alcuni importanti ormoni, detti adipochine, che aumentano. Con questo meccanismo l’obesità o il sovrappeso provoca un’infiammazione che, a sua volta, può condurre al diabete tipo 2. Ciò che non è chiaro è come l’infiammazio-

Occhio ai dolci

l’organizzazione mondiale della sanità (oms) raccomanda una ulteriore diminuzione della quantità di zuccheri (come saccarosio e fruttosio), ossia al di sotto del 5% delle calorie giornaliere, per ottenere ulteriori vantaggi nella riduzione del rischio di patologie come obesità e diabete. il saccarosio e il fruttosio, se assunti in dosi eccessive, interferiscono col nostro metabolismo, aumentando il peso corporeo causato dall’iperinsulinismo (nel caso del saccarosio) e incrementando i trigliceridi del sangue (nel caso del fruttosio). l’unico dolcificante naturale che non dà calorie e non interferisce col nostro metabolismo è la stevia. RIZA dossier

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le regole a tavola

Attenzione al girovita La zona diabesità, ovvero il sovrappeso che può favorire la comparsa di diabete, ha precise misure: un girovita superiore a 88 centimetri per le donne e a 102 cm per gli uomini. Se ti avvicini a queste misure, e vuoi evitare i rischi, hai tutto il tempo per prendere i giusti provvedimenti, riducendo l’apporto calorico, aumentando il consumo di cibi integrali e facendo movimento. La buona notizia è che una piccola perdita di peso abbassa il rischio di sviluppare il diabete; una ricerca pubblicata sul British Medical Journal, citata in centinaia di studi, prova come un calo di chili appena del 5% negli obesi riduca il grasso viscerale fino al 30%, con un beneficio notevolissimo sulla salute. «C’è una buona notizia: il grasso a “mela” è più dannoso per le malattie ma è anche un adipe che si perde più facilmente; al contrario, il “grasso a pera” è sicuramente meno dannoso, ma occorre più fatica per raggiungere l’obiettivo», aggiunge Francesco Morelli, autore del libro Diabesità.

Segui l’orologio La crononutrizione - cioè quando è meglio mangiare durante la giornata - è un’opzione interessante, soprattutto per il paziente con diabete di tipo 2. In realtà quasi sempre tutti noi mangiamo non tenendo in alcun conto i nostri ritmi naturali, influenzati dal ritmo circadiano di luce e buio, ma quelli lavorativi che ci vogliono legati a un pranzo veloce consumato in fretta, a una colazione anch’essa rapida e a una cena come momento di relax e convivialità. «Niente di più sbagliato», ha spiegato Silvio Buscemi, ordinario di Scienze dietetiche all’università di Palermo - la cena dovremmo addirittura saltarla, concentrandoci sugli altri due pasti. Il nostro orologio principale, quello che chiamiamo masterclock, è situato nell’ipofisi e governa altri orologi situati nel nostro organismo, anche a livello gastro-intestinale, che risentono dei ritmi naturali di luce e buio e di un ritmo della nutrizione alterato. Se risincronizziamo persone che mangiano a orari non consoni, il miglioramento è tangibile: un miglior profilo glicemico nel paziente con diabete, una produzione più fisiologica di cortisolo, un minor rischio cardiovascolare». Che vuol dire risincronizzare? Colazione tra le 6.30 e le 8, che deve essere un pasto importante, il principale, pranzo tra le 12 e le 13 ben bilanciato e cena non più tardi delle 19-20, leggerissima. Le stesse cose, mangiate in orari sbagliati, modificano in peggio il profilo metabolico.

• COLAZIONE tra le 6.30 e le 8 • PRANZO tra le 12 e le 13 • CENA non più tardi delle 19-20

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Non dimenticare la frutta Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, le persone che consumano due porzioni di frutta al giorno hanno il 36% di probabilità in meno di sviluppare diabete di tipo 2 (DM2) nei cinque anni successivi rispetto a chi ne consuma meno di mezza porzione. «Questi risultati indicano che una dieta e uno stile di vita sani che includono il consumo di frutta intera sono un’ottima strategia per ridurre il rischio di diabete» afferma il coautore Nicola Bondonno dell’Istituto per la ricerca sulla nutrizione dell’Università Edith Cowan a Perth, in Australia, sottolineando che il diabete è tuttora un enorme onere per la salute pubblica. Il nuovo strumento realizzato dagli esperti di Educazione Nutrizionale Grana Padano consente di calcolare lo zucchero consumato da bambini e adolescenti in una giornata. Vediamolo insieme qui di seguito.

Lo zuccherometro Per i bambini (e non solo) c’è lo zuccherometro, uno strumento - fruibile da smartphone, tablet o PC - che consente di calcolare lo zucchero che ogni giorno si consuma rispetto a quello che si dovrebbe assumere. Realizzato dai nutrizionisti e pediatri del servizio di Educazione Nutrizionale Grana Padano, il programma potrà essere utilizzato dal medico e dal dietista, ma anche dai genitori per combattere il consumo eccessivo di zucchero che compromette la salute dei ragazzi e prevenire malattie gravi come l’obesità e il diabete. Lo zuccherometro è già disponibile sul sito https://www.educazionenutrizionale. granapadano.it/it/zuccherometro/ Come funziona: basta cliccare sugli alimenti che si consumano quotidianamente, dopo aver indicato la quantità; il tool somma gli zuccheri semplici consumati in una giornata da maschi e femmine da 2 a 17 anni, misurando sia lo zucchero naturalmente presente nell’alimento, sia quello aggiunto durante le lavorazioni di prodotti da forno, gelati, creme, ecc., come saccarosio e fruttosio. Dopo aver calcolato la somma dei cucchiaini di zucchero consumati in una giornata, il programma la confronta con i LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento per la Popolazione Italiana) stilati dalla SINU (Società Italiana di Nutrizione Umana). Infine, il programma fornisce all’utente un manuale in pdf che propone alimenti alternativi più saluCalorie Grassi Saturi Zucchero Salato tari e con meno zucchero, comprese ricette semplici da fare in casa, oltre a note utili per conoscere meglio l’alimento e i limiti di consumo. ■ RIZA Dossier

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