Cenni storici 16
Mario Giacherio
Lele Dinoia
banti da parte di top climber come il giovane Stefano Alippi, di casa al Nibbio ma orientato verso le gare sul sintetico, attività in cui fu ai massimi livelli mondiali per parecchi anni, come Aldo Rovelli, iperspecialista di muri strapiombanti esplosivi, o come Cristian Brenna, forse il più forte arrampicatore lombardo di sempre. Intorno a loro si fortificò un movimento di arrampicatori assai capaci per i quali il livello 8 era pane quotidiano. Da tutto ciò vennero le selettive falesie di Gajum, di Valbrona, del Sasso di Mandello e, nell’alto lago, di Mezzegra. Terminata questa fase intermedia, verso il 1994, si aprì un periodo di relativa stasi, interrotta solo da richiodature o da chiodature di belle falesie talora però piccole, ad esempio l’Occhiolo, o di non facile avvicinamento, come quella di Fiumelatte. Sul versante comasco, tecnicamente dominato sui gradi dal fortissimo Gino Notari, furono molto attivi in quegli anni Lele Gerli e Matteo Maternini, peraltro molto
legati al gruppo di Aldo Rovelli, e in seguito protagonisti della valorizzazione di Carate Urio insieme a Notari stesso. Nella seconda metà degli anni novanta, nelle falesie lecchesi si poteva tangibilimente e finalmente constatare una buona presenza femminile, modesta nel periodo precedente, e in linea non solo con la tendenza francese o tedesca ma anche con quella rilevabile nelle non lontane Finale o Arco. Già dalla fine degli anni 80 in Lombardia c’erano state alcune rarissime eccezioni, come quelle di Giuliana Scaglioni e Nicoletta Costi, milanesi, che già si muovevano sul 7a, fino al caso più unico che raro di Raffaela Valsecchi, prima donna italiana a riuscire su un 8b (Jedi a Cornalba, nel 1990), garista di livello mondiale e in assoluto la miglior arrampicatrice italiana di sempre insieme a Luisa Jovane. Nelle falesie storiche altri tiri si aggiunsero a quelli vecchi, di solito per opera dei locali che avevano elevato queste strutture a luoghi di
Stefano Alippi
Matteo Maternini