itinerari chiodati per la maggior parte in maniera tradizionale. L’esplorazione continua e si aggiungono altri nomi: Gregorio Savoldelli, Ruggero Andreoli, Ugo Pegurri, Giovanni Martinelli. Compaiono i primi spit usati con molta parsimonia e posizionati in apertura dal basso; prendono forma itinerari ancora oggi temuti e ripetuti, a nord: Un Giardino Per Gianmario, Medaglie di Matley, Grande Grimpe, a sud: Yook Yook, Panico e Salamico, Qualcosa di travolgente. Con i primi anni Novanta, sulla nord, nascono itinerari fantastici e ancora più esigenti per chiodatura e difficoltà obbligate: la Via del Cuore, linea stupenda e sostenuta scovata da Maurizio Pierangelo, Nadia e Ivan Tiraboschi, oppure le vie aperte da Simone Moro: Paco e Simon Mago, dove le difficoltà sono sostenute e l’obbligato in apertura veramente elevato. Fa eccezione la nascita di Miss Mescalina a cura di Moioli-Capponi, pensata e chiodata perché i ripetitori possano scalare senza troppi patemi. Un capitolo a parte è quello scritto sulla nord da Tiberio Quecchia che apre quattro itinerari con difficoltà obbligate significative e un uso rarefatto di protezioni generalmente chiodi; si tratta di linee ancora oggi poco ripetute, vero e proprio terreno di avventura dove si deve dare fondo alle proprie risorse: tra queste Greenpeace è forse la più abbordabile. Gli anni passano e i nomi si susseguono così come le nuove vie, immediatamente prese d’assalto dagli alpinisti locali: Giovanni Noris e la sua GianMauri, Maurizio Arosio e Aurelio Messina con Fantasia d’autunno e Carpe Diem; Gianni Tomasoni con i numerosi itinerari in perfetto stile plaisir e Alessandro Ruggeri con Alpilandia e Folletto Genki, Marco Vago con Dal tramonto all’alba e infine Roby Piantoni, Yuri Parimbelli, Giangi Angeloni e Daniele Calegari. Con il passare degli anni quasi tutti gli itinerari che presentavano ancora passi in artificiale sono stati liberati spingendo le difficoltà in libera sino all’8a, altri sono stati saliti in invernale, altri ancora in solitaria o in free-solo, ancora tanto si deve fare in questi tre ambiti. Oltre alle ripetizioni, ancora oggi la ricerca continua e nuovi itinerari, sia di stampo classico che moderno vengono tracciati sulle placche della sud o sulle muraglie della nord, basta avere fantasia ed entusiasmo. La Presolana ha ancora qualche regalo in serbo per i suoi spasimanti.
Sulla sud ora si vedono più cordate, ma difficilmente si fa la coda. Gli itinerari sono così numerosi e dalle comode discese in doppia che c’è solo l’imbarazzo della scelta. Sulla nord, se escludiamo le file sullo spigolo e su Miss Mescalina, le facce invece sono le solite, quelle degli innamorati di questa grande parete severa e austera. A volte si può essere gli unici su tutta la parete ed è bello godere di tanta pace e solitudine. LA ROCCIA La Presolana è un massiccio dolomitico ben articolato che si sviluppa in una lunga barra da est verso ovest lungo la quale si allineano sei cime distinte: Presolana Orientale (2485 m), Presolana Centrale (2511 m), Presolana del Prato (2447 m), Presolana Occidentale (2521 m), Presolana di Castione (2463 m). Alla cresta principale si congiungono le creste e gli spigoli secondari che salgono dai due versanti, i quali, alternandosi ai canali, danno origine a una teoria di torrioni, pilastri e placche di ogni forma e dimensione. Non ovunque la roccia è buona, solo alcune sono le zone adatte per creare linee di salita, in queste zone però bisogna dire che la roccia non è solo buona ma talvolta ottima, un bellissimo calcare generalmente grigio e compatto lavorato da buchi di tutte le dimensioni e le fogge. Un discorso a parte merita il versante nord caratterizzato dall’imponente muraglia che sale al cengione Bendotti ed è chiusa a ovest dall’elegante spigolo Castiglioni. Qui la roccia sul primo tiro per quasi tutte le vie non è un granché ma poi presenta caratteristiche notevoli e la parete sale vertiginosa, regalando un senso di vuoto impressionante. QUANDO In virtù della quota e della sua morfologia il clima è quello tipico dei massicci dolomitici. Il periodo ideale per scalare varia in funzione dell’esposizione. A sud ideali sono la tarda primavera e l’autunno, l’estate è caratterizzata dall’addensarsi di nebbie nelle ore più calde della giornata che possono anche evolversi in violenti temporali. Anche nelle belle giornate d’inverno è possibile scalare sulle pareti meglio esposte. Diversa è la situazione della nord, particolarmente fredda d’inverno la parete conserva a lungo, sino ad estate inoltrata, accumuli di neve ai suoi piedi, il periodo migliore resta l’estate, da luglio a settembre.
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