Ravenna IN Magazine 01 2024

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TECNOLOGIA MOBILE

FOSCHI

GULMINELLI ravenna
E
CHE EMOZIONE
MASCHILE IN CIMA AL MONDO n.1 2024 www.inmagazine.it Leggi la rivista online
GIANNI PARMIANI DIALETTO,
VOLLEY

L’eleganza è una questione di sguardi

Via Alcide De Gasperi 1/3 Ravenna | www.occhialeriadicesare.it

Il primo numero dell’anno è all’insegna di tecnologia, cultura, artigianato, sport e storia. La copertina è dedicata a Vittorio Foschi e Michela Gulminelli di Technacy, abili nel capire in anticipo che tutto ciò che in un primo tempo si faceva solo col computer, poi sarebbe stato possibile farlo anche con il telefonino. Si aprono poi le porte dell’Archivio di Stato di Ravenna, con 9 km lineari di storia, e della Ca’ de Vèn, iconica enoteca tappa di turisti e ravennati. Gianni Parmiani racconta della difficile sfida di salvare il dialetto romagnolo, mentre Marisa Barboni dell’arte del ricamo bizantino. Il magazine celebra anche la Ravenna capitale del volley maschile italiano, con il Messaggero dei record, e i 150 anni della Canottieri Ravenna, fabbrica di talenti. Spazio infine all’artista bulgara Kina Bogdanova con le sue opere tra mosaico e poesia.

Edizioni IN Magazine s.r.l.

Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 Forlì | T. 0543.798463

www.inmagazine.it | info@inmagazine.it

Anno XXIII N. 1

Reg. di Tribunale di Forlì il 16/01/2002 n.1

Direttore Responsabile: Andrea Masotti

Redazione centrale: Clarissa Costa

Coordinamento di redazione: Roberta Bezzi

Artwork e impaginazione: Francesca Fantini, Sabrina Cella

Ufficio commerciale: Gianluca Braga

Stampa: La Pieve Poligrafica Villa Verucchio (RN)

Chiuso per la stampa il 14/03/2024

Collaboratori: Alessandra Albarello, Chiara Bissi, Andrea Casadio, Anna De Lutiis, Massimo Montanari, Aldo Savini

Fotografi: Lidia Bagnara, Franco Ferretti, Massimo Fiorentini, Marco Parollo.

Tutti i diritti sono riservati. Foto e articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e citando la fonte. In ottemperanza a quanto stabilito dal Regolamento UE 2016/679 (GDPR) sulla privacy, se non vuoi più ricevere questa rivista in formato elettronico e/o cartaceo puoi chiedere la cancellazione del tuo nominativo dal nostro database scrivendo a privacy@inmagazine.it

DI ANDREA MASOTTI Scopri IN Magazine Romagna, il nuovo portale che raccoglie storie di eccellenza e territorio. 24 34 08 20 08 PROFILI TECNOLOGIA MOBILE 14 CULTURA KM LINEARI DI STORIA 24 LUOGHI FASCINO ETERNO 30 ARTIGIANATO RICAMO BYZANTINO 34 STORIA VOLLEY MASCHILE 40 SPORT CANOTTIERI RAVENNA 04 PILLOLE NOTIZIE DALLA PROVINCIA
EDITORIALE
47 ARTE KINA BOGDANOVA
20 TEATRO GIANNI PARMIANI

PILLOLE

FESTIVAL GRAZIA DELEDDA

CERVIA | Il 18 e 19 maggio torna il festival promosso dall’associazione ‘Grazia Deledda, una Nobel a Cervia’ per valorizzare l’eredità culturale della scrittrice sarda che acquistò sul lungomare della città del sale, con i proventi del prestigioso riconoscimento, Villa Caravella, dove vi trascorse molte estati. L’associazione nata dalla passione della giornalista Marisa Ostolani proporrà una serie di appuntamenti dedicati all’opera dell’autrice di Canne al vento, Cenere, Il segreto dell’uomo solitario, per citare solo alcune opere della sua ricca produzione. Teatro degli incontri della maratona letteraria sarà lo spazio esterno della villa, che l’associazione vorrebbe venisse recuperato come Giardino di Grazia e come stazione culturale del nuovo lungomare cervese pedonalizzato.

RAVENNA FESTIVAL 2024

RAVENNA | A guidare e a dare il titolo alla 35a edizione del Ravenna Festival è un verso della Genesi: “E fu sera e fu mattina.” Si rifletterà infatti sugli effetti del cambiamento climatico e non poteva essere diversamente dopo i tragici fatti dell’alluvione di maggio 2023. L’apertura del festival spetta a Riccardo Muti (nella foto) che l’11 maggio dirigerà la Wiener Philharmoniker, a conferma di un prestigioso e duraturo sodalizio. Tra gli ospiti: Eleonora Abbagnato, Simon Rattle, Kirill Petrenko, Accademia Bizantina, Giovanni Sollima, Paolo Fresu e Omar Sosa, Sergio Bernal, Mario Brunello, Colapesce Dimartino, Laura Morante, Ian Bostridge, Ballet de l’Opéra de Lyon, Philip Glass Ensemble, Hildur Gudnadottir.

FERRETTI INVESTE A RAVENNA

RAVENNA | Prosegue l’espansione nel territorio di Ravenna di Ferretti Group, azienda forlivese attiva nel settore della nautica. Dopo aver già acquisito il sito produttivo della Rosetti Marino circa un anno fa, con un’area di oltre 70.000 metri quadrati, a gennaio la società ha siglato un accordo per l’acquisizione di altri 30.000 metri quadrati vicini al cantiere San Vitale. Nel complesso un investimento di circa 14 milioni di euro per un’area complessiva di 100.000 metri quadrati da destinare alla produzione dei segmenti Made-to-measure, Composite e Vela dei marchi Ferretti Yachts e Wally. In questo modo, il gruppo aumenta ulteriormente la capacità produttiva di circa il 10%.

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PILLOLE

ROMANZO PER RAGAZZI

RAVENNA | Si intitola Il riparatore di sogni il nuovo romanzo di Linda Traversi, edito da Einaudi Ragazzi. Il testo è un’opera per ragazzi e ragazze dai 13 anni, e si concentra sul tema del coraggio di aprirsi e di legarsi alle persone che ci circondano. Protagonista della storia è Maia, 14 anni, che non si fida di nessuno. In famiglia si crede un’intrusa e a scuola percepisce di essere diversa. L’unico posto in cui si sente al sicuro è il suo ‘paradiso delle cose pensate’, da lei creato estraendo parole a caso da alcuni sacchetti. Una storia di formazione, un racconto d’amore, amicizia e identità scritto con eleganza e dolcezza, ma anche incisività. Linda Traversi, ravennate d’adozione, ha già scritto Esco un attimo e La panchina delle cose difficili, candidato al Bancarellino.

UN MEDICO A MASTERCHEF

RAVENNA | Si è classificato quinto, arrivando a un passo dalla finale, il concorrente ravennate di MasterChef 13 : Niccolò Califano, 26 anni, medico con la passione per la cucina e per il teatro. “Continuerò a cucinare, non voglio morire di fame.” Queste le parole con cui si è congedato, confermando il suo black humor e il suo pessimismo-realismo con cui ha saputo conquistare il pubblico come mai prima d’ora. Al momento lavora come medico al nuovo Cau di Ravenna e al centro per anziani Rosa dei Venti, ma c’è da scommetterci che nei prossimi mesi lavorerà un po’ meno per potersi dedicare alla parte più creativa, quella della vita: “La medicina è troppo arida. Ho bisogno di arte nella mia vita, altrimenti non sono felice.”

CONCERTI JAZZ

RAVENNA | Dal 3 al 13 maggio va in scena Ravenna Jazz, che offre una panoramica geografica sul jazz dagli Usa a Cuba, con ritorno in Europa e in Italia, dalle formazioni orchestrali extralarge al solo. Ospiterà: Abdullah Ibrahim, pianista africano che ha raggiunto un ruolo da protagonista nel jazz mondiale, una primadonna del canto afroamericano come Jazzmeia Horn (nella foto), il jazz ‘sinfonico’ dell’Italian Jazz Orchestra con John De Leo e Rita Marcotulli, le seduzioni caraibiche della cubana Ana Carla Maza, le voci a cappella dell’Anonima Armonisti, l’apoteosi virtuosistica del jazz manouche di Joscho Stephan, le atmosfere oniriche del duo Opez, il soul jazz e il lounge di Sam Paglia, il jazz puro di Alessandro Scala.

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TECNOLOGIA

VITTORIO FOSCHI E MICHELA GULMINELLI INSIEME CON TECHNACY MOBILE

Creatività, ricerca e innovazione sono tre parole che calzano a pennello con Technacy, azienda cervese fondata nel 2011 da Vittorio Foschi che ne è l’attuale amministratore delegato. Nell’ultimo triennio il tasso di crescita è stato in doppia cifra, motivo per cui è stata segnalata tra le aziende italiane più performanti di ‘Campioni della crescita 2024’, l’annuale classifica curata dall’ITQF per conto di Affari & Finanza. L’intuizione vincente? Aver capito in anticipo che tutto ciò che in un primo tempo si faceva solo col computer, poi sarebbe stato possibile farlo anche con il telefonino. L’obiettivo di Technacy, come ricordato dal termine stesso in inglese che in Australia identifica una specifica materia di studio universitario, è quello di capire, applicare e comunicare soluzioni tecnologiche, da utilizzare nella vita quotidiana di ogni persona per migliorarla. In sintesi, l’azienda sviluppa applicativi per la gestione di Sim ed eSim, venduti a grandi compagnie telefoniche. Oltre a Foschi, hanno contribuito alla

nascita di Technacy, sin dall’inizio, la compagna Michela Gulminelli (risorse umane), Antonio Strada (sviluppo) e Anna Tommaselli (amministrazione). L’azienda, pur essendo orientata all’espansione internazionale, è fortemente legata al territorio come dimostra l’acquisto in asta pubblica – nel marzo 2020 – di un ex colonia marina a Pinarella che, dopo lavori di ristrutturazione e riqualificazione, diventerà la nuova sede e spazio aperto alle imprese.

Vittorio Foschi, come le è venuta l’idea di aprire Technacy nel marzo 2011?

“È stata una sfida. Faccio parte della seconda generazione di periti informatici a cui le porte del lavoro si sono spalancate subito dopo il diploma. Negli anni Novanta, il raccordo scuola-lavoro funzionava. Dopo vent’anni il grande passo, ossia l’apertura di un’azienda tutta mia insieme a mia moglie e a due collaboratori che, come me, decidono di lasciare un ambiente lavorativo comodo per entrare in un mondo imprevedibile. Siamo comun-

PROFILI
DI ROBERTA BEZZI FOTO LIDIA BAGNARA
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que rimasti nel nostro settore, quello dell’informatica e delle telecomunicazioni, proseguendo il percorso già iniziato. Credevamo in quello che stavamo facendo.”

Dal 2018, anno della svolta con l’acquisizione di Vodafone e Tim come clienti, la crescita dell’azienda è stata esponenziale. Cosa è successo?

“Siamo cresciuti notevolmente passando da 6 a una ventina di persone per far fronte alla mole crescente di lavoro: la creazione di piattaforme software per compagnie telefoniche. Fondamentale è stata l’osservazione del contesto in continua evoluzione e la sperimentazione ogni giorno di nuove soluzioni in grado di rispondere all’evolversi

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dei bisogni e dei cambiamenti tecnologici. L’intuizione vincente è stata quella di capire che tutto ciò che ha un Sim entra nella sfera degli applicativi della telefonia mobile e può essere migliorato in termini di controllo e sicurezza.”

Si potrebbe riassumere la vostra filosofia con ‘la tecnologia che migliora la vita’?

“Sì, la tecnologia deve migliorare il benessere, altrimenti non ha senso. La nostra è una visione olistica. Ci crediamo dal 2009, ancora prima che nascesse Technacy a livello societario, quando il mercato si stava aprendo alla globalizzazione e le aziende alla mobilità. Abbiamo sempre creduto che il cellulare sarebbe diventato lo strumento del futuro perché consente di essere perennemente connessi, cosa che ha cambiato il mondo. E oggi siamo già pronti sul fronte eSim. Ogni nuovo smartphone le utilizza. Per il team del motomondiale MTA Racing abbiamo creato lo scorso anno una soluzione con cui gestire in tutto il mondo il roaming aziendale, grazie alle possibilità offerte della eSim. Da inizio anno è diventato un prodotto a disposizione di ogni cliente.”

Non c’è azienda senza persone e infatti siete nati come un gruppo di colleghi-amici. In più, nel vostro caso l’azienda è fortemente radicata nel territorio...

“Da sempre alla ricerca di nuove opportunità, abbiamo deciso di prendere una vecchia colonia di viale Italia 330 a Pinarella, dove nascerà la nostra ‘Silicon Valley’, o meglio la nostra ‘Silicon Beach’. Un luogo unico, davanti alla spiaggia e alla pineta, in cui già ci immaginiamo di passare la pausa pranzo e qualche momento di svago dal lavoro. In più, il tetto della colonia è completamente calpestabile e si presta per eventi e feste. Insomma è una bella suggestione. La struttura, completamente in disuso e in stato di abbandono, richiede molte cure e dovrà essere un domani anche sostenibile dal punto di vista economico.

Oltre che per portare valore all’azienda, vorremmo utilizzare questo edificio di quat-

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tro piani per collaborare con altre imprese, attraverso esperienze di co-working, condivisioni e contaminazione. È quella che chiamiamo Open Innovation.”

Michela Gulminelli, lei è responsabile delle risorse umane: quanto è importante creare un ambiente lavorativo confortevole?

“È fondamentale. Anche se qualcuno che va via c’è sempre, è inevitabile, ci piace che le persone vivano bene in azienda, anche perché per apprendere le giuste competenze ci vuole tempo. Il progetto di recupero della colonia va in questa direzione: creare un posto innovativo per il lavoro.”

Quali sono stati i momenti più difficili che Technacy ha dovuto affrontare?

“All’inizio e per lungo tempo abbiamo dovuto gestire tante situazioni, anche al limite. Ci è capitato spesso di avere una prospettiva di pochi mesi, per il timore di non farcela. E ogni volta ci stupivamo di esserci ancora. Poi, dal 2018, i puntini si sono uniti da soli e le cose hanno cominciato a ingranare.”

Punto di forza dell’azienda è l’internazionalizzazione. A che punto siete?

“L’espansione internazionale è iniziata nel 2019 grazie all’accordo con il gruppo olandese Calvi, una delle compagnie leader mondiali della fatturazione digitale. Questo ci ha

PUR ESSENDO ORIENTATA ALL’ESPANSIONE INTERNAZIONALE, L’AZIENDA È FORTEMENTE LEGATA AL TERRITORIO: NEL 2020 ACQUISTA UN EX COLONIA MARINA A PINARELLA CHE DIVENTERÀ LA NUOVA

SEDE E SPAZIO APERTO ALLE IMPRESE.

portato a partecipare a fiere internazionali come quella a Barcellona. Mettere il naso fuori dai confini, ci ha fatto capire quante potenzialità ci sono ancora da sfruttare. Partiremo presto in tutta l’Africa e in alcuni stati tecnologicamente più evoluti e che hanno problemi simili ai nostri di qualche anno fa, come Dubai e i Paesi del Golfo, dove la nostra piattaforma roaming può essere utile. Da rilevare poi che nel 2022 Technacy è entrata ufficialmente nell’organizzazione mondiale Global System for Mobile Communications (GSMA), di cui fanno parte solo 14 aziende italiane sugli oltre mille membri internazionali, e che quest’anno abbiamo aperto la nostra prima sede legale all’estero in Spagna, a Madrid. Per sostenere il percorso d’internazionalizzazione, utilizziamo il team di innovation manager di Smartech, società di servizi per l’innovazione alle imprese di Confindustria Romagna.”

Un sogno nel cassetto?

“Premesso che crediamo che il mondo della telefonia mobile sia a un punto di svolta e che nasceranno nuovi modi di portare questo tipo di servizio, ci piacerebbe diventare operatori di telefonia mobile. Poi abbiamo un bel po’ di progetti da sviluppare ma la cui nascita non dipende solo dalla nostra volontà.”

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IN APERTURA, MICHELA GULMINELLI E VITTORIO FOSCHI. NELLA PAGINA PRECEDENTE, UNO SCATTO INSIEME AL TEAM DEL MOTOMONDIALE MTA, DI CUI L’AZIENDA È SPONSOR. IN ALTO, UNO DEI SOFTWARE REALIZZATI DA TECHNACY.
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KM LINEARI

LA GRANDE CULTURA CONSERVATA NELL’ARCHIVIO DI STATO DI RAVENNA

DI STORIA

Per misurare la grandezza degli Archivi di Stato si usano i chilometri lineari, un’unità di misura inusuale che fa di Ravenna una sede di media grandezza in Italia. Quello ravennate si estende per 9 km in un edificio in piazzetta dell’Esarcato, e contando la sede di Faenza si arriva a 12 km; Modena raggiunge i 30 km mentre Roma supera i 100. Nove funzionari, diretti da Michela Dolcini, si occupano della conservazione e tutela di documenti, di 7.000 pergamene, e poi di intere collezioni di libri, mappe, piante, in un arco temporale che va dal Novecento fino alla fine del 1900. Un viaggio nel tempo attraverso il sapiente lavoro di chi per secoli ha registrato, documentato ogni attività umana, ogni atto capace di regolare la vita pubblica e le relazioni tra cittadini e tra questi e le autorità. Cura l’archivio un gruppo dinamico e giovane che alla gestione ordinaria affianca un’intensa attività didattica e divulgativa, organizzando mostre, convegni, eventi, nonché curando un’efficace comuni-

cazione digitale, tramite il sito internet e i social. Promuove inoltre progetti di ricerca dedicati alla conoscenza dello sterminato patrimonio, composto dall’Archivio Notarile di Ravenna e Cervia, dal Catasto terreni prenapoleonico, dagli archivi delle corporazioni religiose con le celebri mappe delle pinete, della Legazione apostolica di Ravenna e della Romagna; e ancora gli archivi della città della Bassa Romagna, della Prefettura, della Questura, della Provincia, del genio civile, della Camera di Commercio, della famiglia Rasponi dalle Teste, e i tesoretti Bernicoli e Zoli, solo per citare alcune voci. A Faenza sono conservati atti del governo della città e di Brisighella, Castel Bolognese e Casola Valsenio.

Nelle sale di consultazione e di studio si possono incontrare ricercatori, storici, studiosi, studenti, ma anche architetti e notai in cerca di passaggi di proprietà, di commissioni di opere d’arte o di progetti depositati. Più di recente le ricerche si sono concentrate,

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CULTURA
DI CHIARA BISSI FOTO MASSIMO FIORENTINI

dopo l’alluvione, sulla genesi e costruzione di opere pubbliche. I ricercatori che si muovono sicuri, sempre affiancati dal personale, tra testi in latino e in italiano volgare, indagano mappe, leggono rogiti notarili o verbali di inchieste e atti processuali, alla scoperta di vicende inedite e di particolari misconosciuti, e per questo si distinguono dai tanti compilatori di storie e vicende scritte e riscritte, che affollano l’editoria locale e nazionale. Non manca poi chi si rivolge all’Archivio di Stato dall’estero in cerca dei propri avi italiani nelle liste di leva o nei ruoli militari. “Non è possibile fare ricerca in archivio per argomento,” racconta la direttrice Dolcini, affiancata dal responsabile della didattica

DIRETTO DA MICHELA DOLCINI E CURATO DA UN GRUPPO DINAMICO E GIOVANE, L’ARCHIVIO DI STATO RAVENNATE SI OCCUPA DI UN’INTENSA ATTIVITÀ DIDATTICA E DIVULGATIVA, DI PROGETTI DI RICERCA E DI COMUNICAZIONE.

Fabio Lelli. “I documenti non sono ordinati per materia, occorre sapere quale soggetto li ha prodotti. Serve conoscere i nuclei maggiori e la loro organizzazione. Con le scuole lavoriamo molto sull’importanza delle fonti e dei documenti con visite guidate e percorsi didattici mirati, dall’Alto Medioevo all’Unità d’Italia.” La storia della costa ravennate e dei segni d’acqua; i contratti agrari e la vita dei monaci nelle grandi abbazie ravennati; il Brefotrofio dell’ospedale Santa Maria delle Croci che si occupava della cura dei neonati abbandonati, sono solo alcune tracce che raccontano il passato. Una mostra dal grande impatto emotivo, che raccoglie registri e piccoli oggetti che accompagnavano i neonati,

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CULTURA
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L’ARCHIVIO CONSERVA 7.000 PERGAMENE, INTERE COLLEZIONI DI LIBRI, MAPPE, PIANTE. TRA I TEMI DA APPROFONDIRE, LA STORIA DELLA COSTA RAVENNATE, DEI MONACI, DEI CONTRATTI AGRARI E LE TRACCE LASCIATE DA DANTE ALIGHIERI.

IN

a cui dopo l’Unità d’Italia venivano dati non più cognomi come Casadio o Casadei o Diotallevi ma nomi di cibi, frutti, piante e professioni. Medagliette, cuori, biglietti, nastri, ricami raccontano lo strazio delle madri per l’abbandono dei propri figli. Ma anche la storia più recente offre vicende di grande interesse, grazie al tribunale: ecco il furto della cosiddetta Corazza di Teodorico del 1924; l’assalto della Federazione delle cooperative del 1922 e prima il processo a seguito del ritrovamento del corpo di Anita Garibaldi a Mandriole nel 1849. Di sicuro effetto sono le firme dei notai, prima in forma di disegno con l’onnipresente croce, con acronimi e simboli riferibile al proprio nome, poi dal Settecento in forma di timbro con motti e illustrazioni curatissime.

Un capitolo a parte va riservato allo studio delle tracce lasciate da Dante Alighieri durante la sua permanenza in città, al successivo culto, alla vicenda delle ossa e della costruzione della Tomba. In occasione del VII centenario della morte del Sommo Po-

eta l’attenzione sui documenti ‘danteschi’ dell’Archivio è stata massima. “In occasione del Dantedì 2021,” spiega la direttrice, “Laura Pasquini, storica dell’arte medievale all’Università degli Studi di Bologna, ha dedicato alle fonti iconografiche della Commedia, riconducibili ai mosaici tardo antichi di Ravenna, un contributo video visibile nel sito dell’archivio.” Purtroppo non esistono documenti attribuibili al Poeta, ma c’è più di un riferimento. “In un documento notarile,” ricordano la direttrice Dolcini e il funzionario Lelli, “appare una frase che cita suor Beatrice come figlia Dantis, abbiamo materiale sull’avventura delle ossa e le diatribe francescane, e poi fascicoli sullo spostamento dei resti nei secoli, fino all’ultima apertura della cassetta avvenuta negli anni Quaranta con l’elenco del contenuto.” Di grande interesse la figura del notaio Pietro Giardini, citato da Boccaccio e per certo componente del cenacolo ravennate di Dante. E infine molto documenti si riferiscono alla creazione della zona del Silenzio.

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QUESTE PAGINE, L’ARCHIVIO DI STATO RAVENNATE. NELLA PAGINA PRECEDENTE, MICHELA DOLCINI E FABIO LELLI.

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DIALETTO,

IL SUCCESSO DEI DOPPIAGGI IN ROMAGNOLO DELL’ATTORE GIANNI PARMIANI

CHE EMOZIONE

Se il dialetto romagnolo ancora resiste, malgrado tutto, lo si deve a persone come Gianni Parmiani. Attore, regista e autore nato a Lugo ma residente da tempo a Bagnacavallo, figlio d’arte, nei mesi scorsi si è trovato a doppiare in romagnolo e per gioco brevi filmati di re Carlo III, personaggio che per le sue caratteristiche fisiche e comportamentali è già simpatico di suo. Il risultato è stato travolgente, se si considera che il video ha avuto una inaspettata valanga di visualizzazioni. Così Parmiani ne ha prodotti altri, pubblicandoli poi sulla sia pagina Facebook, riuscendo nell’ardua impresa di incuriosire anche i giovani. “Tutto è nato come un divertissement,” racconta Parmiani. “A ispirarmi è stata una scena che un po’ come tutti ho visto in tv, successiva alla morte della regina Elisabetta, in cui Carlo si è trovato a firmare in una grande sala e sopra a un tavolino così piccolo che a stento conteneva i fogli e alcuni oggetti. Tale era la scomodità che, a un certo punto, gli è scattato un moto di stizza

verso il valletto al quale ha chiesto di sportargli le cose. Quell’atteggiamento non proprio da re, mi ha fatto ricordare mio nonno quando a fine pranzo o cena, voleva un po’ di spazio sul tavolo per fare i conti o alcuni suoi lavoretti. In dialetto, chiedeva a mia madre di cavargli le cose inutili di torno.” Tutto nasce quindi da questa somiglianza. Parmiani ha poi ripreso col cellulare il video, ha eseguito un montaggio casereccio con l’aiuto di una App e poi lo ha doppiato. Il passo successivo è stato quello di postarlo su Facebook dove non si aspettava di avere in men che non si dica oltre 100.000 visualizzazioni e numerose condivisioni. “In tanti mi hanno scritto entusiasti,” ricorda l’attore, “chiedendomi se lo facevo di lavoro, come l’avevo realizzato e il significato di alcuni termini utilizzati. La vera sorpresa poi è stato scoprire che tanti ragazzi, colpiti dal filmato, ne avevano suggerito la visione a genitori e nonni. Visto che già mi divertivo, questo mi ha stimolato a crearne altri sempre sul filo

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TEATRO
DI ROBERTA BEZZI FOTO FRANCO FERRETTI

di un’ironia mai volgare. L’uso del dialetto è comunque rispettoso, aiuta a creare caricature ma senza troppe forzature. Solo di recente, dopo aver saputo della malattia del re Carlo, ho deciso di sospendere l’attività.”

A livello divulgativo per l’attore è stato un esperimento curioso. Non è completamente da escludersi, guardando al prossimo futuro, che si possa replicare con altri personaggi. Parmiani si lascia scappare infatti di aver già provato a fare il doppiaggio della scena cult de Il gladiatore che ha già girato a qualche amico. “Per me è un gioco,” ci tiene a sottolineare. “Sono stato contattato da alcune agenzie interessate a sviluppare un progetto al riguardo ma poi diventerebbe un’altra cosa e al momento non me la sento.” Gianni Parmiani nasce in una famiglia di artisti. Il capostipite è il nonno Mario, a cui si deve fra l’altro anche il trasferimento da Como a Bagnacavallo. “Essere un romagnolo doc... è relativo,” dice Gianni. Nel 1946 Mario aveva già fatto un po’ di filodrammatica, ma non

in dialetto visto che era stato bandito dal regime fascista per andare verso il nazionalismo. Alla fine della guerra è tra i fondatori della compagnia dilettantistica La Rumagnola di Bagnacavallo dove sono cresciuti i figli Giuseppe e Arturo. Per Gianni e Paolo Parmiani, figli di Giuseppe, è stato dunque inevitabile diventare teatranti. Sono stati subito ‘arruolati’ per portare in giro le commedie. “Col teatro sono partito a 8 anni,” ricorda Gianni. “Nel 1968, nello spettacolo Cla bela famiulena, eravamo tutti in scena: mio nonno Mario, il capo della compagnia, con mio padre, mio zio, mio fratello Paolo e io. Per quanto mi riguarda, avevo una sola scena alla fine del secondo atto. Poi nel 1973, a San Lorenzo di Lugo, mio padre fonda La Compagine, compagnia di ricerca nel campo del teatro in dialetto romagnolo che ha ormai più di 50 anni.”

Il sodalizio con il fratello Paolo è longevo e proficuo, grazie a testi innovativi in cui si fondono la tradizione, la cultura popolare e

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QUESTE PAGINE, L’ATTORE, REGISTA E AUTORE GIANNI PARMIANI DURANTE ALCUNE ESIBIZIONI.

HA OLTRE CINQUANT’ANNI DI

CARRIERA ALLE SPALLE

GIANNI PARMIANI, CHE

HA INIZIATO A STARE

SUL PALCO A 8 ANNI, CON IL NONNO MARIO, IL CAPOSTIPITE, IL

PADRE GIUSEPPE, LO ZIO

ARTURO E IL FRATELLO

PAOLO. NEI SUOI

SPETTACOLI CERCA DI

FONDERE TRADIZIONE, CULTURA POPOLARE E CABARET.

il cabaret. “Noi ce la mettiamo tutta,” rivela, “ma il dialetto è destinato a morire se non ci sarà più nessuno che lo parla. Io sono nato parlando il dialetto e ancora mi emoziono a sentire certe cose. Dagli anni Settanta in poi è prevalsa una certa vergogna nel parlarlo e non è bastato lo sforzo di Raffaello Baldini, di Ivano Marescotti e del compianto Giovanni Nadiani per evitarne la disfatta. Se è finita la lingua latina dell’impero romano, figurarsi se non può finire il dialetto romagnolo. Però c’è una tendenza a utilizzarlo come lingua teatrale, mescolandolo con parti in italiano.” Nel corso degli anni Parmiani ha collaborato, fra gli altri, con l’Orchestra Corelli, con Eugenio Sideri e con il Teatro delle Albe. Nel 2017 Marco Martinelli lo ha chiamato per interpretare la pièce Saluti da Brescello, scelto per rappresentare l’Emilia-Romagna nell’ambito del colossale progetto Ritratto di una nazione. Più volte è andato in scena, nei panni di don Camillo, prima in coppia con Gigi Dall’Aglio e poi con Luigi Dadina.

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CA’ DE VÈN È L’ICONICA

ENOTECA TAPPA DI TURISTI E RAVENNATI

È lunga la storia di quella che oggi è conosciuta come Ca’ de Vèn. La notizia più antica su questo edificio è conservata in un documento del 22 giugno 1397, dal quale si apprende dell’esistenza di “una casa con balcone, posta nella guaita di San Francesco, presso la via che conduce alla Basilica di San Francesco.” È proprio nel cuore di Ravenna, in prossimità della tomba del grande poeta Dante Alighieri, meta di ogni turista in tutte le stagioni e momento magico, ogni giorno, nell’ora ‘che volge al desio’ quando viene letto un canto della Divina Commedia. La Ca’ de Vèn è il luogo ideale per gustare un calice di buon vino, la piadina romagnola che emana un profumo irresistibile e offerte che si accordano con le risorse del territorio e vanno anche oltre confine. Nella mente dei ravennati c’è ancora il ricordo del periodo in cui, a partire dal 1877, nel palazzo venne inaugurata la Drogheria Bellenghi,

LA NOTIZIA PIÙ ANTICA SU QUESTO EDIFICIO È CONSERVATA IN UN DOCUMENTO

DEL 22 GIUGNO 1397, MA È SOLO NEL 1975 CHE IN QUESTO LUOGO ICONICO FU INAUGURATA LA CA’ DE VÈN COME ENOTECA DEI VINI DI ROMAGNA.

luogo affascinante con larghi cassettoni contenenti cereali di ogni specie. Fu nel 1975 che in questo luogo fu inaugurata la Ca’ de Vèn come enoteca dei vini di Romagna, esattamente Consorzio Vini di Romagna, Ente tutela vini.

Arrivando a oggi, entrando nel locale suggestivo e sempre animato anche dai tanti ragazzi –

che non chiamerei ‘camerieri’ – che fanno parte della coreografia, ci si imbatte in due donne che sono le figure di riferimento del locale: Rita Manzillo e Maria Grazia Guidi. Rita si occupa dei vini, per i quali rimane figura emblematica, mentre Grazia segue il lato amministrativo e non solo, perché nella grande famiglia della Ca’ de Vén è facile e naturale rivestire ruoli che comprendono anche l’accoglienza fatta con grande gentilezza. Ecco perché è facile incontrare Grazia, giovane donna dal sorriso accogliente e rassicurante, alla cassa mentre prende prenotazioni telefoniche, dà consigli sulla sistemazione e spesso accompagna i clienti alla scelta del tavolo. “Ho sempre avuto interesse per questo lavoro,” racconta Grazia, “fin da quando ho iniziato al ristorante Casolare, dove seguivo essenzialmente il lato amministrativo. In quegli anni mi sono appassionata ai vini e ho fatto corsi di sommelier

24
LUOGHI
ETERNO DI ANNA DE LUTIIS
FOTO LIDIA BAGNARA

dove ho conosciuto Rita. Ed è stata lei, più tardi, a chiedermi se volevo entrare a far parte della famiglia. Naturalmente l’elemento che mi ha spinto non è stato solo quello amministrativo ma la passione per i vini del nostro territorio e questa speciale atmosfera che rivela amicizia e lo star bene insieme, come dimostrano i clienti abituali ma anche i numerosi turisti che vedono nel nostro locale una tappa imprescindibile, potendo

contare anche sulla degustazione di vini speciali.” Il locale è molto accogliente anche se a volte c’è tantissima gente ed è difficile essere disponibili con tutti. “Si cerca sempre di usare per tutti lo stesso metodo: gentilezza e disponibilità, saper capire cosa il cliente sta cercando e si aspetta di trovare in un luogo come questo, ben noto non solo in Italia ma anche all’estero.”

La Ca’ de Vèn ha saputo affrontare anche i difficili anni della

pandemia da Covid. “È arrivata all’improvviso, dalla sera alla mattina abbiamo dovuto chiudere. Siamo rimasti con tutte le provviste, che abbiamo donato a molte associazioni. La nostra politica è quella di avere un ‘salvadanaio’ per le emergenze ed è quello che abbiamo usato per superare il lungo periodo di chiusura. Abbiamo provato con l’asporto ma veniva meno il fascino che questo luogo offre, quindi abbiamo smesso.” Poi il

25 IN ALTO, IL SOFFITTO AFFRESCATO DELLO STORICO PALAZZO IN CUI HA SEDE LA CA’ DE VÈN.

peggio e passato e si è ripartiti. C’è sempre stata un’atmosfera di familiarità e condivisione fra i ragazzi: “Per esempio le mance vengono divise anche con coloro che lavorano all’interno, in cucina. Il lavoro per fortuna va bene perché il locale si trova nel pieno del percorso turistico e diventa inevitabile fermarsi qui.” La maggiore pubblicità è il passaparola. Un po’ tutti sono passati da qui: anche personaggi televisivi come Alberto Angela e Licia Colò che, arrivati in città per girare documentari, ne hanno approfittato per visitare monumenti e finire la giornata alla Ca’ de Vèn.

Tradizione sì, ma anche innovazione: il locale ha dimostrato di saper leggere i cambiamenti della società, e lo dimostra la moda dell’aperitivo all’esterno o anche all’angolo bar, all’interno, molto apprezzato da gruppi di clienti, soprattutto giovani, durante i weekend. Per l’occasione

è difficile trovare un tavolino libero, in particolare in via Guido da Polenta dove si può sorseggiare il vino e al contempo ammirare, poco lontano, la tomba di Dante e la facciata della Chiesa di San Francesco. Per un brindisi e un saluto, cosa suggerisce Grazia? “Un buon Sangiovese oppure... bollicine!”

OGGI GUIDANO

QUESTO LOCALE ICONICO RITA

MANZILLO E MARIA

GRAZIA GUIDI.

NEGLI ANNI SONO

RIUSCITE A MANTENERE

IL SAPORE DELLA

TRADIZIONE, PUR APRENDOSI ALLE

NUOVE MODE.

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LUOGHI
IN ALTO, DA SINISTRA, RITA MANZILLO E MARIA GRAZIA GUIDI. A LATO, L’INTERNO DEL LOCALE.

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RICAMO

LE TOVAGLIE D’ALTARE RICAMATE DA MARISA BARBONI

BYZANTINO

Luci e ombre si alternano sui ricami bizantini come sui bassorilievi di Ravenna. La Byzantina Ars, il ricamo bizantino, riproduce infatti rigorosamente i motivi ornamentali delle chiese e dei monumenti della città romagnola ma anche i colori, inconfondibili e cangianti, dei mosaici. Caratteristiche che la rendono unica e riconoscibile. Quando sia stata istituita esattamente la scuola di ricamo nessuno lo sa con certezza, ma nel 1927 la ‘Scuola della Piccola Provvidenza’, come veniva chiamata allora, era già in grado di sostenersi economicamente. L’attività era nata dall’idea di un gruppo di signore dell’Azione Cattolica, tra cui le sorelle Poggiali, di formare orfane e giovani indigenti a un’attività che le avrebbe rese indipendenti e, a tale scopo, era stata ingaggiata un’esperta maestra di ricamo, la signora Fancella della ditta Canetta di Milano. Nel 1987 fu poi il C.I.F. (Centro Italiano Fem-

“A VOLTE HO RICAMATO ANCHE 16 ORE AL GIORNO, UTILIZZANDO UNA LENTE DI INGRANDIMENTO,” SPIEGA MARISA

BARBONI, MAESTRA E CUSTODE DELLA

NOBILE TECNICA DELLA

BYZANTINA ARS, CHE HA

REALIZZATO A MANO LE TOVAGLIE D’ALTARE PER SAN VITALE.

minile) a dare un nuovo slancio e maggiore visibilità a questa eccellenza artigianale strettamente legata al territorio con l’istituzione di corsi e la partecipazione a diverse mostre e manifestazioni. Fino ad arrivare al 22 novembre del 2023 quando, alla presenza delle autorità competenti, sono

state donate ufficialmente a San Vitale dal C.I.F. le due tovaglie realizzate per l’altare della chiesa. Artefice di queste straordinarie opere d’arte Marisa Barboni che, dopo essere stata allieva di Adriana Nardi, è diventata lei stessa maestra di ricamo bizantino seguendo una vera e propria passione. Un incontro che, quarant’anni fa, le ha cambiato letteralmente la vita, tant’è che ora non riesce più a immaginarsi senza avere un ricamo in mano. L’idea delle due tovaglie le era venuta dopo che il gruppo di ricamo Reggio Ricama aveva realizzato un manufatto destinato alla Basilica di San Pietro. E la scelta di presentarlo a Ravenna non era stata certo casuale perché l’ispirazione era arrivata proprio da una delle prime rappresentazioni di una tovaglia d’altare in un mosaico di San Vitale raffigurante il sacrificio di Abele e Melchisedech. C’è voluto oltre un anno di lavoro certosino per realizzare le due

31 ARTIGIANATO
DI ALESSANDRA ALBARELLO FOTO LIDIA BAGNARA

RUBRICA

tovaglie riprendendo il motivo geometrico di una transenna della basilica. “Il geometrico è bello ma difficilissimo. A volte ho ricamato anche 16 ore al giorno, utilizzando una lente di ingrandimento,” spiega Marisa Barboni che prima delle 23 non posa mai l’ago, il filo e il telaio. E non si fa fatica a capirlo quando si intravedono quei punti erba microscopici, realizzati prendendo 2 o tre fili di tessuto alla volta. La Byzantina Ars ha infatti delle regole ben precise, dei criteri definiti dalla scuola che bisogna seguire per ottenere un lavoro perfetto. A partire dalla scelta del tessuto, solo lino bianco o écru, perché la trama deve essere regolare ed evidente. Dopo aver identificato il motivo, lo si trasferisce sulla stoffa con la carta carbone e poi

si realizza il disegno a punto erba utilizzando il colore marrone, mentre il fondo viene invece riempito, questa volta posizionando il lino in drittofilo sul telaio, con il punto stuoia in una delle tonalità riprese dai mosaici bizantini. Sono solo sette: pavone, blu (lo stesso del cielo stellato di Galla Placidia e della cappella di Sant’Andrea), l’azzurro, il giallo oro, il rosso porpora, il mattone e il verde che è stato utilizzato per le tovaglie di San Vitale dove predomina nei mosaici. Anche per i bordi ci sono delle tecniche da seguire: prevalentemente a pippiolini o a barrette, oppure a punto festone per le forme ovali o rotonde. I motivi ornamentali che emergono in negativo dal fondo luminoso e colorato sono molteplici. Li ritroviamo tutti nella

ricca iconografia della città di Ravenna in una sorta di Grand Tour e, oltre alle transenne comprendono, tra gli altri, anche le foglie di acanto, il pavone e perfino moltissimi particolari ripresi dalla Cattedra d’Avorio del primo arcivescovo di Ravenna Massimiano, conservata al Museo Arcivescovile. Ma se è vero che, per una sorta di naturale assonanza spirituale, la Byzantina Ars viene utilizzata principalmente per i paramenti sacri tra cui la mitria donata a Papa Francesco ed eseguita sempre da Marisa Barboni, spesso decora anche tovaglie, lenzuola, runner, asciugamani, paralumi, cuscini e molto altro ancora. “Negli anni Novanta indossavo infatti un tubino con il colletto ricamato,” ricorda Marisa Barboni che, con alcune sue allieve, è stata protagonista di un documentario girato qualche anno fa da Rai3 per la trasmissione Geo. E mentre il suo sguardo e le sue mani indugiano su questi piccoli capolavori, il pensiero va automaticamente al futuro della Byzantina Ars e a chi proseguirà questa preziosa tradizione artigianale. Un’arte sospesa tra terra e cielo, tra luci e ombre.

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IN ALTO, IL DETTAGLIO DI ALCUNI RICAMI BIZANTINI REALIZZATI DALLE SAPIENTI MANI DALLA MAESTRA MARISA BARBONI, NELLA FOTO IN APERTURA.

VITE

IL CALEIDOSCOPIO DEL GUSTO

IL RISTORANTE

DI SAN PATRIGNANO, LUOGO DI FORMAZIONE E DI SPERIMENTAZIONE, HA TROVATO UN NUOVO INTERPRETE NEL TALENTUOSO CHEF GIUSEPPE BIUSO, SICILIANO D’ORIGINE E ROMAGNOLO D’ADOZIONE.

Il cibo come veicolo di cultura, di identità e di rinascita. Queste le premesse nella genesi del ristorante Vite, nato una quindicina di anni fa come esperimento di ristorazione e formazione di alto livello rivolto ad un pubblico esterno rispetto a San Patrignano. Presupposti che hanno trovato un nuovo interprete nel talentuoso chef Giuseppe Biuso, siciliano d’origine e romagnolo d’adozione.

ettari dove sorgono le coltivazioni, gli allevamenti, il caseificio e le eccellenze di San Patrignano.”

Biuso ha portato con sé diversi componenti della sua brigata, compreso il sommelier Simone Beghello e, in un’ottica di inclusione, ha accolto una ragazza e un ragazzo provenienti dalla Comunità in qualità di aiuto-cuoco.

Ha avuto maestri come Nino Di Costanzo e Antonino Cannavacciuolo, ma da tempo lavora a una cucina dalla forte impronta personale. Ama le sue origini, andando oltre le citazioni tradizionali, e ogni piatto è il risultato di un processo fatto di ispirazione e di una lunga elaborazione Stella Verde Michelin nel 2023 per l’autoproduzione di materie prime, Vite si rimette in gioco e punta tutto all’eccellenza. Chef Biuso ha chiesto alla Comunità di coltivare una lista di vegetali, dalla Sicilia fa arrivare il cioccolato di Modica, il sommacco e la mandorla. “Proponiamo un’esperienza immersiva appagante, in un caleidoscopio del gusto in cui gli ingredienti sono il carburante di un percorso fatto di entusiasmo e creatività. Nel piatto, solo ingredienti perfettamente abbinati e ciascuno distinguibile dagli altri.” Rispetto della stagionalità e delle materie prime sono comuni denominatori di un intreccio saggio tra nord e sud. Una proposta di carattere che conduce verso una nuova meraviglia per le papille.

Via

L’approdo al Vite è una scelta tutt’altro che scontata, considerando che lo chef aveva già ottenuto una stella Michelin al Cappero del Therasia Resort di Vulcano, nelle Eolie. “Mi era costato dover lasciare la famiglia e non veder crescere i miei figli,” racconta. “Ho sempre sperato di trovare in Romagna una possibilità altrettanto stimolante L’opportunità di guidare il Vite è una sfida, una nuova dimensione dell’alta cucina in una collina di sapori che si affaccia sul mare, all’interno di una tenuta di 280

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IN CIMA

RAVENNA CAPITALE DEL VOLLEY MASCHILE ITALIANO

AL MONDO

Accade abbastanza spesso che una bella storia abbia anche un inizio più o meno leggendario. Quello della pallavolo maschile ravennate, bello lo è di certo. Vuole infatti una tradizione lungamente ripetuta che la prima comparsa della pallavolo in Italia sia avvenuta proprio qui, nel 1918, a opera dei soldati americani ospitati nella base navale di Porto Corsini durante gli ultimi mesi della prima guerra mondiale. Prove concrete che documentino l’episodio non sono in effetti ancora emerse, ma questo non inficia un dato di fatto difficilmente smentibile: Ravenna è stata e resta davvero la ‘culla’, nonché una delle capitali, della pallavolo italiana. Al di là della vera o presunta origine sulle rive del Candiano, il volley, nato negli Stati Uniti alla fine dell’Ottocento, si diffuse in Italia fra gli anni Venti e Trenta all’interno dell’Opera Nazionale Dopolavoro, e trovò appunto a Ravenna un ambiente in cui attecchì in maniera particolarmente precoce e profonda. Protagonista di questo sviluppo fu l’associazionismo cattolico, e suo teatro privilegiato il Ricreatorio arcivescovile. Fu appunto nel campo di gioco di via Nino Bixio che, a

34 STORIA
DI ANDREA CASADIO FOTO MASSIMO FIORENTINI

partire dal 1943, pionieri come Angelo Costa e Orfeo Montanari, rispettivamente allenatore e capitano, potenziarono la sezione pallavolistica della polisportiva Robur, uno dei più antichi sodalizi cittadini rifondato negli anni precedenti. Quando, nell’estate del 1946, l’appena istituita Federazione Italiana Pallavolo (uno dei suoi fondatori fu appunto Costa) organizzò a Genova il primo campionato nazionale, anche la Robur comparve fra le otto società partecipanti: e con pieno successo, visto che ottenne la vittoria finale appuntandosi sul petto il primo scudetto della storia pallavolistica italiana. Anche se in parte inaspettata, quell’affermazione si rivelò nient’affatto estemporanea. I biancazzurri della Robur si laurearono infatti campioni d’Italia anche per i tre anni seguenti, fino al 1949, e poi ancora nel 1952. Proprio allora, però, sopravvenne la prima di quelle vicissitudini societarie che avrebbero fatto della storia del volley ravennate una continua alternanza di ascese e di cadute. Fu così che, in seguito a vari dissapori interni, nel 1953 la sezione pallavolistica della Robur abbandonò le com-

LA POLISPORTIVA

ROBUR VINSE IL PRIMO

SCUDETTO DELLA

STORIA PALLAVOLISTICA ITALIANA.

I BIANCAZZURRI

SI LAUREARONO CAMPIONI D’ITALIA ANCHE PER I TRE

ANNI SEGUENTI E POI ANCORA NEL 1952. MERITO DEI PIONIERI ANGELO COSTA E ORFEO MONTANARI, ALLENATORE E CAPITANO.

petizioni, per continuare a vivacchiare negli anni seguenti soprattutto a livello giovanile. Chi ne raccolse l’eredità fu ancora una volta Angelo Costa. Accogliendo le richieste dei Vigili del Fuoco, intenzionati, a Ravenna come altrove, a impegnarsi nello sport, nel 1963 il demiurgo della pallavolo cittadina fondò una nuova società, appunto la Vigili del Fuoco ‘Natale Casadio’. Al di là dei risultati più che soddi-

sfacenti, con il veloce ritorno in serie A, l’esperienza della ‘Casadio’ fu importante anche perché contribuì in maniera decisiva a cementare il rapporto fra la città e la pallavolo. Con un settore giovanile di notevole valore sportivo e di grande impatto sociale, e un pubblico numeroso e appassionato sugli spalti, in quegli anni il volley divenne davvero lo ‘sport nazionale’ ravennate, proprio mentre il movimento entrava nella sua fase moderna. Nel 1975-76 anche a Ravenna comparve infatti sulle maglie il primo sponsor, la Giaiotti (industria friulana di mobili per uffici), e fra i giocatori il primo straniero, il polacco Szymczyk. Era però un mondo nel quale la vecchia società non era più in grado di reggere. Nel 1977 i Vigili cedettero il titolo sportivo al Comune, che fondò un nuovo sodalizio destinato negli anni seguenti a una vita stentata col sostegno precario di vari sponsor, fino alla retrocessione in A2. Finché, nel 1987, la nuova svolta, con l’ingresso sulla scena di Giuseppe Brusi. Reduce dai trionfi della Teodora, il manager di S. Zaccaria organizzò una cordata di imprenditori attivi soprattutto in ambito portuale, che

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CON L’INGRESSO DEL GRUPPO FERRUZZI NELLA PALLAVOLO RAVENNATE, IL

MESSAGGERO VINCE:

LO SCUDETTO NEL 25 MAGGIO 1991 AL PALA DE ANDRÉ, UNA COPPA

ITALIA E UN MONDIALE PER CLUB (1991), DUE COPPE DEI CAMPIONI E UNA SUPERCOPPA EUROPEA (1992).

NELLA PAGINA PRECEDENTE:

A SINISTRA, GIUSEPPE BRUSI ABBRACCIA

ANDREA GARDINI PER LA CONQUISTA

DELLO SCUDETTO IL 25 MAGGIO 1991; A DESTRA, YURIY PETROVICH PANCHENKO

CON DANIELE RICCI.

IN ALTO, STEVE TIMMONS.

fondò la nuova società del Porto Ravenna Volley. Fu subito una storia di successo, perché già il primo campionato si concluse con l’agognato ritorno in A1. Il meglio, però, doveva ancora venire, e si materializzò un paio di anni dopo quando, nell’estate del 1990, Brusi ricevette una telefonata di Carlo Sama che gli annunciava l’intenzione del Gruppo Ferruzzi di entrare nella pallavolo ravennate. Gli anni esaltanti del Messaggero, dove l’indubbio strapotere economico si appoggiò sulle basi di una genuina tradizione sportiva, meriterebbero una trattazione ben più esaustiva. L’arrivo dall’America dei due giocatori forse più forti al mondo, Kiraly e Timmons, all’interno di un gruppo già di livello assoluto guidato dal ravennate doc Daniele Ricci, lo scudetto conquistato nella trionfale serata del 25 maggio 1991 al Pala De André, una coppa Italia e un Mondiale per club (1991), due coppe dei Campioni e una supercoppa europea (1992), oltre a vari successi anche in ambito giovanile, sono le tappe di un’epoca in cui lo sport fu l’immagine di una città che quasi si stupiva di vedersi in cima al mondo. Un’epoca interrotta nel luglio del 1993 con il colpo di pistola che sancì la morte di Raul Gardini e la fine del Gruppo Ferruzzi. La sapienza di Brusi e il sostegno del nuovo sponsor Edilcuoghi favorirono sul momento un atterraggio più che morbido, coronato da due nuove vittorie in Supercoppa e in Coppa Campioni, ma alla lunga la caduta nella nuova crisi non poté essere evitata. Il punto più basso fu raggiunto nel 2000,

con la cessione dei diritti dell’A1 e la scomparsa dal proscenio del volley nazionale. Da quell’abisso iniziò però anche una paziente opera di ricostruzione, che proprio le risorse morali e tecniche garantite dalla lunga tradizione cittadina poterono assicurare. Un primo passo fu la fondazione, da parte di alcuni ex giocatori, della nuova società Pallavolo Angelo Costa nel 2004. Questa, due anni dopo, unì le forze con la vecchia e gloriosa Robur. Il risultato fu la rinascita sportiva,

coronata dal ritorno in A1 nel 2011. Nel 2013 anche il Porto entrò a far parte del gruppo, inserendo nel mosaico l’ultimo tassello di quella che è l’attuale Porto Robur Costa. Dopo il successo della Challenge Cup nel 2018, il 2022 ha visto purtroppo un nuovo ritorno in A2, dove attualmente la squadra milita con il sostegno economico della Consar. In attesa – è bello credere e lecito sperare – di tornare al più presto nei lidi dove la Storia la reclama.

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STORIA
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ADVERTORIAL RISTORANTE

AL 45

ELEGANZA IN CENTRO STORICO

IL RISTORANTE, COMPLETAMENTE RINNOVATO, OGGI OFFRE SALE PIÙ ACCOGLIENTI E RAFFINATE, MENÙ DI PESCE E CARNE, ANCHE SENZA GLUTINE, UNA RICCA CANTINA DI VINI E UN SERVIZIO ATTENTO E PERSONALIZZATO.

Nel cuore del centro storico di Ravenna, il ristorante Al 45 propone i sapori della tradizione ma con una cucina innovativa particolarmente apprezzata sia dalla storica clientela sia dai turisti di passaggio. Il pesce freschissimo di alta qualità rappresenta il tratto distintivo del menù, carne frollata ad arte, paste artigianali tirate rigorosamente al matterello dalle sfogline, prodotti di stagione e del territorio. Sono questi i punti di forza del locale di via Paolo Costa, aperto il 4 luglio 2011, che di recente è stato completamente rinnovato in modo da rendere le sale più eleganti e raffinate, in linea con le moderne esigenze della clientela. Colori neutri alle pareti, negli arredi e nei comple-

menti d’arredo che oscillano dal beige, al marrone, al grigio, linee pulite e di design, illuminazione su misura in grado di ricreare la giusta atmosfera. Nel complesso una settantina di posti ben distanziati, con tavoli grandi, quadrati, comodi e nuove avvolgenti poltroncine. Anche il servizio è stato rinnovato e reso ancor più attento e personalizzato, mentre il menù è stato accuratamente studiato per essere più attento alla stagionalità dei prodotti, con un occhio di riguardo alla qualità delle materie prime.

“Tanti cambiamenti per proporci al meglio a chi ci ha sempre dimostrato fiducia,” racconta il titolare, Andrea Porcelli . “Per elevare ulteriormente la qualità

della nostra proposta, abbiamo deciso di fare una scelta netta, eliminando la pizzeria che prima in pratica divideva in due il locale. Ora siamo a tutti gli effetti un ristorante ricercato per chi vuole scoprire il meglio della tradizione del territorio in chiave più contemporanea e sperimentale. Una scelta non casuale ma legata alla recente apertura di Angolo 45 in via Berlinguer, sempre a Ravenna, dove in pratica abbiamo trasferito la pizzeria e dove proponiamo anche una carta più classica dei piatti romagnoli. Due diverse offerte in due location diverse della città, in modo da accontentare tutti.” E ora uno sguardo al nuovo menù messo a punto. Quello a base di pesce è

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“ORA SIAMO A TUTTI GLI EFFETTI UN RISTORANTE RICERCATO PER CHI VUOLE SCOPRIRE

IL MEGLIO DELLA TRADIZIONE DEL TERRITORIO IN CHIAVE PIÙ CONTEMPORANEA,”

RACCONTA IL TITOLARE ANDREA PORCELLI.

TRA I PROSSIMI PROGETTI, L’APERTURA DI UN PUNTO VENDITA CON PRODOTTI TIPICI E PIADINERIA.

sempre stato un punto di forza di Al 45, visto che pochi locali del centro storico lo proponevano fino a qualche anno fa. Il pesce dell’Adriatico, pescato e fresco di giornata, è sempre protagonista. Viene cucinato al naturale, senza esagerare con spezie e panature. Ampio spazio viene dato anche ai crudi, alle tartare e ai carpacci. Anche la carne si è guadagnata un posto di rilievo grazie a una vetrinetta in cui poter ammirare la stagionatura e la frollatura dei vari tagli. Non possono mancare poi i salumi locali come la Mora romagnola accompagnati dallo squacquerone Dop, la piadina, le

paste fresche, in primis tagliatelle e cappelletti, il meglio delle verdure di stagione, oltre a una ricca cantina di vini. Tratto distintivo di entrambi i locali di Porcelli è poi la possibilità di gustare le varie portate anche nella versione senza glutine. Tra gli obiettivi vi è quello infatti di offrire anche ai clienti celiaci ricette stuzzicanti e tradizionali, garantendo la qualità dei prodotti, la sicurezza della propria cucina, e con la dovuta tecnica di preparazione dei piatti. “In tutti questi anni,” ricorda Porcelli, “abbiamo fortemente contribuito alla riqualificazione di quest’area del centro storico

prima un po’ dimenticata. Vista la vicinanza ai principali monumenti, siamo presto diventati un punto di riferimento anche per i turisti da cui abbiamo sempre avuto riscontri positivi . Ecco perché continueremo a investire in questa direzione.” Tra i prossimi progetti vi sono per esempio l’apertura di un punto vendita con prodotti tipici e piadineria a fianco del ristorante. Al 45 ha infatti partecipato al bando ‘Turismo sostenibile’ per creare anche una pedana in strada in cui poter ricaricare un paio di biciclette a disposizione dei turisti che desiderano fare un percorso tra i

monumenti e portarsi dietro un pranzo al sacco. Anche il servizio di consegna a domicilio e di catering è stato potenziato. “La gente ha mantenuto alcune abitudini acquisite durante la pandemia,” afferma Porcelli, “fra cui quella di farsi portare a casa del buon cibo. Così come ha imparato a pranzare o cenare all’aperto anche quando fuori fa un po’ più fresco. Tutti spunti di cui abbiamo fatto tesoro, per essere sempre al passo coi tempi.” Al 45 propone infine serate a tema il venerdì con un menù a base di carne o di pesce a prezzo fisso, con piatti non presenti nel menù standard.

Via Paolo Costa 45, Ravenna (RA) | T. 320 161 6761 | www.al45.it
© Luke ArtWorks Luca Bezzi tutti diritti sono riservati. presente progetto grafico tutelato dalla Legge 633 22.04.1941 sui diritti d’autore. quindi proibita ogni riproduzione, totale parziale, con qualsiasi mezzo per qualsiasi utilizzo. BOZZE VISIONE L’approvazione una queste bozze, sottintende controllo accurato ogni sua parte, ovvero: testi, grafica, colori, misure posizioni dei vari elementi. La stessa deve essere restituita con relativa approvazione. Diritti proprietà delle creazioni Legge 633 del 22/4/41 Decreto Legge 1485 del 14/12/42 seguenti. Al pagamento C M Y K 100 Progetto restyling marchio e logotipo Ravenna 4 marzo 2021 cliente AL45 A 5 L 4

CANOTTIERI

UN ALTRO TRAGUARDO PER LA FABBRICA DI TALENTI RAVENNATI

DA 150 ANNI

Il 2023 è stato un anno cruciale per la Canottieri Ravenna. Il club remiero ha infatti spento le 150 candeline sulla propria torta: un lunghissimo percorso che gli ha permesso di scrivere pagine gloriose dello sport cittadino, di formare diverse generazioni di giovani ravennati e di riempire a dismisura la propria bacheca di titoli e trofei. Il palmares della Canottieri annovera oltre 50 titoli italiani, 6 titoli mondiali e 2 europei, il bronzo olimpico di Bruno Rosetti a Pechino 2020, le 3 partecipazioni olimpiche di Marcello Miani e le innumerevoli medaglie ottenute in campo internazionale ed italiano.

“Ci sono 103 atleti che come Canottieri sono saliti sul podio di un campionato italiano,” aggiunge alla sontuosa contabilità Raffaele Canè, che nei suoi vari ruoli all’interno della Canottieri ha trascorso 50 anni. “Senza dimenticare le tante benemerenze ricevute sia come società – la Stella d’Oro del Coni nel 1997 e, dieci anni prima, quella d’argento, e la medaglia della Federazione nel 1954

per l’ultra cinquantenaria attività – sia come singoli dirigenti. Per me personalmente l’esperienza alla Canottieri è stata gratificante e ricca di soddisfazioni, avendo poi anche vissuto tutte le trasformazioni e le evoluzioni della società.”

E soprattutto la Canottieri è stata una fabbrica di talenti, grazie a una scuola di tecnici di alto profilo. L’ultima punta di diamante è Marco Prati che, dopo aver vinto nel 2022 un mondiale Juniores nel singolo e due titoli italiani Juniores e Under 23 sempre nel singolo, è nel giro della nazionale e da gennaio è entrato a far parte del gruppo sportivo delle Fiamme Gialle. “Prati è il miglior singolista, attualmente, in Italia,” è convinto l’attuale presidente Claudio Miccoli, tornato alla guida del club nell’aprile scorso dopo averlo diretto dal 2005 al 2011, “e in nazionale contano molto su di lui per la remata di coppia, anche in funzione olimpica. Non si è mai visto in una finale del mondiale juniores un atleta imporsi con 10 secondi di vantaggio

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SPORT
DI MASSIMO MONTANARI FOTO MASSIMO FIORENTINI

sul secondo, come ha fatto Marco.” Dietro a Prati gareggia, si allena e si muove un team formato da una quarantina di agonisti, che coprono tutte le categorie giovanili, dai 13 ai 18 anni, seguiti dai tecnici Thomas Cervellati e Giacomo Gasperoni e dal direttore sportivo Roberto Bertoni, ai quali si aggiungono i Master e il pararowing (canottaggio per disabili). Un presente solido e un futuro garantito che nascono da un passato in cui la Canottieri ha saputo crescere adattandosi ai cambiamenti.

IN

NELLA

SEDE

La Canottieri è nata nel 1873 sulle rive del Canale Candiano. “Nelle piante cittadine del 1878 si vede chiaramente la casa dei Canottieri,” ricorda Canè, “là dove adesso c’è la Darsena di città. Quando furono fatti i lavori

per allargare il bacino di manovra c’è stato il trasferimento, e nel 1925 la Canottieri è stata re-inaugurata nell’area dietro il cimitero, di fronte alla raffineria Sarom.” Con l’avvento dell’Anic nel 1954 la Canottieri fu costretta a chiudere. Un vuoto di dieci anni e poi la ripartenza con il presidente Nevio Baldisserri nella sede di Marina di Ravenna, in piazzale Adriatico, dove adesso c’è Marinara e dove tuttora cura il rimessaggio e l’alaggio di imbarcazioni (fino a 7 metri di lunghezza) che non necessitano di posto barca in acqua. Poi vennero le sedi alla Pialassa del Piombone, ai Tre Laghi e infine alla Standiana, quando ancora era in fase di escavazione. “Quell’area doveva essere una cava di estrazione dei materiali per costruire la diga di Ridracoli

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ALTO, IL CAMPIONE MARCO PRATI, OGGI PARTE DEL GRUPPO SPORTIVO DELLE FIAMME GIALLE. PAGINA SEGUENTE, L’INAUGURAZIONE DELLA ‘CANOTTIERI CORSINI’ DEL 28 GIUGNO 1925.

e non era certo nata per il canottaggio,” ricorda Canè. “Fu quando la cava esaurì la sua funzione che si prospettò l’ipotesi di trasformarla in bacino e campo di gara. Nel 1985 la variante fu inserita nel piano regolatore e la Standiana divenne ciò che è oggi, anche se la sua inaugurazione è avvenuta nel 1997.” Dal 2008 il Circolo Nautico Canottieri Marina Club della Canottieri Ravenna ha trovato una nuova collocazione all’interno del prestigioso Porto Turistico Marinara, dove prosegue la propria attività di assistenza al diportismo nautico. E proprio qui volge lo sguardo Miccoli nella progettualità del 2024. “Sistemare la sede di Marina di Ravenna

“L’OBIETTIVO È DI TORNARE IN CITTÀ E RIAFFACCIARSI SU QUEL CANALE CANDIANO IN CUI NACQUE

LA CANOTTIERI, INSERENDOSI NEL PROCESSO DI RIQUALIFICAZIONE E RIVALORIZZAZIONE AVVIATO DAL COMUNE.”

è una delle priorità di questo mio secondo mandato,” spiega, “oltre a quella di riequilibrare i conti, e di trovare uno o più sponsor che ci permettano di investire sulle barche.” Ma più di tutti c’è il preciso obiettivo di tornare alle origini. “La Canottieri deve tornare in città e dentro la città e riaffacciarsi su quel Canale Candiano in cui nacque, inserendosi nel processo di riqualificazione e rivalorizzazione avviato dal Comune. Ipotizziamo di creare in Darsena un centro di avviamento al canottaggio in modo che i genitori e le famiglie possano vedere i loro figli remare in quel contesto, lasciando alla Standiana esclusivamente l’attività agonistica.”

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SVA DAKAR

STILE E INNOVAZIONE CON SPORTEQUIPE E ICH-X

LA CONCESSIONARIA

APRE TRE NUOVE

SEDI DEDICATE

ALLA NUOVA

GAMMA DI MODELLI

SPORTEQUIPE E ICH-X

CHE UNISCONO TECNOLOGIA ED ESTETICA.

Il Gruppo SVA entra in scena con due nuovissimi brand nel segmento premium, Sportequipe e ICH-X , offrendo una gamma composta da quattro modelli Suv e un Off-road puro. E lo fa in grande, aprendo tre nuove sedi dedicate , rispettivamente a Ravenna, Bologna e Savignano sul Rubicone. “L’automotive si sta riconfigurando a 360° e noi contiamo di essere presenti sulle città come punto di riferimento per quello che concerne la mobilità di oggi e del futuro.”

I modelli Sportequipe e ICHX proposti uniscono attitudine sportiva, lifestyle ed ecosostenibilità, mantenendo la promessa di un carattere unico, competitivo e contemporaneo. I quat-

tro diversi Suv di segmento alto spaziano dal modello compatto Sportequipe 5, da 4,32 metri, fino all’ammiraglia Sportequipe 8, un sette posti da 4,72 metri, disponibile anche in versione ibrida plug-in.

Sportequipe 5 è il Suv dalle dimensioni compatte, perfetto per la città e per il viaggio grazie alle ottime prestazioni di guida e ai consumi ridotti con l’alimentazione Thermohybrid che combina la motorizzazione benzina con quella GPL. Dalle linee raffinare e il look sportivo, propone interni in pregiato Alcantara, display touch da 12.3 pollici con Android Auto e Apple Car Play, ambient light a colorazione variabile, tettuccio elettrico, sensori di par-

cheggio posteriori e un sistema di telecamere a 360°. Disponibile da settembre, sarà proposta con tre diverse motorizzazioni termiche. Con i suoi 4,5 metri di lunghezza, Sportequipe 6 sarà il suv intermedio di gamma. Tecnologico, spazioso e confortevole, con una ricca dotazione di serie e cerchi da 20 pollici che contribuiscono a conferirgli un aspetto grintoso e sportivo. Presenta: un Motore 1.500cc 4 cilindri turbo, Thermohybrid (Benzina + GPL) con cambio automatico CVT, trazione anteriore, 5 posti, il tetto panoramico con apertura elettrica della parte anteriore, condizionatore automatico bizona, smartphone wireless charger, infotainment da 12,3 pollici

BRAND MANAGER, SIMONA SMERALDI ICH-X K2

LA GAMMA PROPOSTA SPAZIA DAL SUV COMPATTO SPORTEQUIPE 5, ALL’AMMIRAGLIA SPORTEQUIPE 8, DISPONIBILE ANCHE IN VERSIONE IBRIDA PLUG-IN, FINO AL PIÙ ‘SELVAGGIO’ K2 PRESENTATO DA ICH-X. “CON LE TRE NUOVE SEDI, CONTIAMO DI ESSERE IL PUNTO DI RIFERIMENTO DELLA MOBILITÀ DI OGGI E DEL FUTURO. AD.

con Apple Car Play e Android Auto, cruscotto LCD da 12 pollici e sistema di apertura e chiusura Soft Touch Keyless.

Sportequipe 7 è un Suv di 4,70 metri pensato per tutti, con 7 posti per donare ancora più comfort, versatilità e funzionalità. Dal frontale imponente e il look sportivo, è spinto da un 1.5 turbo benzina da 160 Cv abbinato a un cambio automatico DCT con doppia frizione a secco e 6 rapporti, e ha una velocità massima di 190 km/h. Con i suoi 4,72 metri di lunghezza, Sportequipe 8 è il Suv più spazioso della gamma, con 7 posti e motorizzazione Benzina Plug-in Hybrid. Ariosità e spaziosità sono garantite non solo dalle generose dimensioni, ma anche dal tetto panoramico. Il comfort, invece, diventa una regola, grazie alla ricca tecno-

logia di bordo e ai sedili riscaldabili, ventilati e regolabili elettricamente. Grazie al sistema di alimentazione tri-modale (elettrico, benzina, GPL) Sportequipe 8 offre un’autonomia complessiva di quasi 1.500 km.

L’ultimo e anche il più ‘selvaggio’ è il K2 presentato da ICH-X: un 2.0 diesel da 162cv, omologabile autocarro trasporto persone, che può essere guidato anche da neopatentati. Il mezzo è full optional, con la possibilità di inserire le ridotte. Il tettuccio esterno rimovibile in tre parti rende questo off-road completamente decappottabile, in soli 10 minuti.

I consulenti Sva sono a disposizione del pubblico presso le nuove sedi di Ravenna, Bologna e Savignano sul Rubicone per valutare insieme al cliente la miglior soluzione su misura.

Ravenna | SVA Dakar Via Trieste, 227 | T. 0544 289311 | info@svaravenna.it Savignano sul Rubicone | SVA Dakar Via Emilia Ovest, 86 | T. 0541 1611706 | vendita.savignano@sva-sportequipe.it Bologna | SVA Dakar Via Persicetana vecchia, 7/4 | T. 051 5941599 | vendita.bologna@sva-sportequipe.it
GIANMARCO GAMBERINI SEDE DI RAVENNA SEDE DI BOLOGNA SEDE DI SAVIGNANO

Vogliamo rivoluzionare il concetto di “stabilimento balneare” dando vita non solo ad un luogo in cui mangiare vista mare, al tramonto, ma ad un luogo in cui vivere un’esperienza. Così abbiamo deciso di lanciare il concetto di “agriturismo ittico” come cucina che pone la materia prima al centro. La nostra cucina porta con sé l’eredità della tradizione e della storicità cervese, la filosofia del ‘km0’ e della filiera con prodotti del territorio.

Spiaggia, bar e ristorante Lungomare D’Annunzio 211 48015 Cervia

(RA)

MOSAICO

DALLA BULGARIA

A RAVENNA: LE OPERE DI KINA BOGDANOVA

E POESIA

Ravenna sognata, Ravenna desiderata, Ravenna scoperta, Ravenna amata: un filo rosso emozionale lega Kina Bogdanova alla città del mosaico. Nata a Varna in Bulgaria nel 1974 in una famiglia di artisti, il padre architetto e la madre insegnante d’arte. Ha vissuto sempre nella capitale Sofia, ma d’estate passava alcuni mesi al mare dai nonni sul Mar Nero, mare che rimane una presenza costante nella sua poetica. In Bulgaria ha vissuto in un’epoca di radicali avvenimenti: durante l’adolescenza ha assistito al cambio di regime in seguito al crollo del muro di Berlino, al passaggio da un sistema politico e sociale a un altro con profonde ricadute nella vita quotidiana. Dopo le scuole superiori in un Istituto di Arti applicate dove ha studiato arte tessile, all’Università di Sofia ha frequentato il corso di specializzazione di Pedagogia dell’arte figurativa. Dopo un viaggio alla scoperta di Ravenna, a 28 anni, rimane affascinata dalla città e decide di iscriversi a biennio di Mosaico dell’Accademia di Belle Arti. Si sente fortunata ad aver incontrato i maestri ravennati: il primo anno ha seguito l’insegnamento di Marco di Luca, succes-

sivamente di Luciana Notturni, Daniele Strada, Dusciana Bravura e Felice Nittolo, e ha anche conosciuto Paolo Racagni. Su questi presupposti ha ripreso la sua attività artistica. Aveva già realizzato mostre di pittura, ma conoscere il mondo del mosaico contemporaneo ha arricchito la sua percezione, il suo approccio

anche alla pittura, tanto che in seguito ha realizzato alcuni personaggi dei suoi quadri anche in mosaico, contaminando vari linguaggi: la pittura, la scultura e il mosaico contemporaneo. I primi lavori in pittura a tempera e a olio presentano figure con gli occhi chiusi, figure sognanti che rimandano all’opera

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ARTE
DI ALDO SAVINI FOTO LIDIA BAGNARA

di Chagall, al surrealismo, a un mondo dove domina un sentimento di rilassatezza e di pace: ogni scena è un racconto visivo che introduce a una dimensione simbolica fatta di intrecci e sfaccettature, tra frammenti di realtà e rimandi introspettivi che lasciano affiorare quel mondo infantile che persiste nel presente. Anche le opere di scultura rivestite in mosaico vogliono essere racconti, immaginate e progettate prima in disegno a bozzetto per definirne dimensione, forma e materiali. Il colore intenso dei primi lavori dominati dai contrasti si sono addolciti nelle tonalità per offrire una visione armonica che consente giochi, movimenti, rievocazioni. Per l’ambientazione delle sue storie, dei suoi racconti visivi, riprende sia il mondo naturale con gli alberi, le foglie, gli animali, tra tutti il piccione, e il mondo marino con la figura dominante del pesce, presenze

che assumono una valenza metaforica che sconfina dal dato realistico per addentrarsi in un ambito poetico. Il pesce immaginato è derivato da Il pittore e il pesce, una poesia di Raimond Carvar: “...un pesce saltò fuori dall’acqua / scura sotto il pontile e ricadde in acqua / e poi venne su di nuovo come una saetta / per ergersi sulla coda e scrollarsi tutto.” Il

PER L’AMBIENTAZIONE

DEI SUOI RACCONTI

VISIVI, RIPRENDE SIA

IL MONDO NATURALE

E ANIMALE, TRA TUTTI

IL PICCIONE, SIA IL

MONDO MARINO

CON LA FIGURA

DOMINANTE DEL

PESCE. PRESENZE

CHE ASSUMONO UNA VALENZA METAFORICA.

pesce che esce dall’acqua e poi vi ricade per ritornare a vivere a testa in giù per Kina rappresenta il senso e il desiderio di esistere. Ne sono seguiti molti, sempre a testa in giù e in forme diverse, come il pesce tulipano, il pesce foglia, il pesce carciofo, immagini di contaminazioni di forme naturali, ma anche di forme artistiche, tra racconto e poesia.

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IN QUESTE PAGINE, L’ARTISTA KINA BOGDANOVA RITRATTA INSIEME ALLE SUE OPERE ISPIRATE ALLA NATURA E AL MONDO MARINO.

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AGENZIA DAVIDE STAFFA

L’EMOZIONE È LA CARTA VINCENTE

COSA DEVE FARE OGGI UN LOCALE PER DISTINGUERSI?

I CONSIGLI DI DAVIDE STAFFA SU VINI, DISTILLATI E PRODOTTI DI QUALITÀ, PER UN’ESPERIENZA DA RICORDARE.

Professionalità, ricerca e specializzazione sono gli elementi con cui un ristorante o un cocktail bar può distinguersi. Ecco i consigli di Davide Staffa dell’omonima agenzia che rappresenta, in esclusiva per la zona di Ravenna, vini, distillati selezionati e alcuni prodotti alimentari di qualità (tipo il caviale Calvisius) per il canale Horeca.

Quanto è importante oggi per un locale distinguersi per la qualità dei suoi prodotti a livello di vini e distillati?

“Negli ultimi vent’anni, grazie forse anche ai corsi di sommelier, il livello di conoscenza nel mondo enologico è molto cresciuto. Per cui i privati hanno alzato la richiesta di prodotti di nicchia e di alto profilo. Un cam-

biamento purtroppo non capito dalla maggioranza dei ristoratori che si affida ancora a distributori generalizzati che, se da un lato offrono un ottimo servizio di acque, bevande alla spina, dall’altro tendono a proporre gli stessi vini per tutte le tipologie di locali, omologando così le carte vini.” Come si riconosce oggi una buona carta vini?

“Dal livello di ricerca che è stata fatta a monte, che a sua volta è frutto della cultura e della passione di un ristoratore che punta a distinguersi per la qualità del prodotto, per solleticare l’interesse di una clientela sempre più esigente. Oggi, per fare la differenza, bisogna muoversi in questa direzione: distinguersi per non estinguersi.”

Per quanto riguarda i vini, su cosa val la pena puntare?

“In primis sui prodotti del territorio di origine, a km zero, sempre più di tendenza e apprezzati anche dai turisti che vogliono assaggiare le specialità del luogo. Poi servono alcune etichette, cosiddette blasonate, per una fascia di clienti che non ha una grande conoscenza del mondo dei vini ma punta sulla certezza. Il terzo consiglio, infine, è quello di inserire prodotti di ‘nicchia’ che – se proposti, raccontati e fatti assaggiare – possono affascinare il cliente e farlo tornare.”

Cosa dire invece per i distillati? “Vale lo stesso ragionamento fatto per i vini. Bisogna puntare su prodotti non presenti sugli scaffali della grande distribuzione organizzata, frutto del

lavoro di piccoli produttori artigiani, distillati unici e sempre differenti in grado di affascinare al primo sorso.”

Quanto è importante emozionare la clientela?

“È la carta vincente. Oggi come oggi la gente non ha più bisogno di mangiare o bere solo per riempire la pancia. Una cena o un dopo cena deve trasformarsi in un’esperienza emozionale, in un percorso che diverte, coinvolge e fa stare bene. Per una serata unica, da ricordare e da raccontare agli amici.”

Si può conciliare la qualità del prodotto al giusto prezzo?

“Sì, deve essere l’obiettivo, evitando quindi ricarichi eccessivi perché la gente è ormai abituata a confrontare i prezzi che si trovano sul mercato del web.

Meglio quindi non esagerare, magari poi le bottiglie stappate potranno diventare anche due anziché una, alla fine.”

Ravenna | M. 347 894 9326 | agenziastaffa@gmail.com

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