Ravenna IN Magazine 02 2025

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RICCARDO FOCACCIA

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In copertina, Riccardo Focaccia racconta la storia e la visione di Focaccia Group Automotive nell’allestimento di veicoli speciali, un’impresa guidata da cuore e valori romagnoli. Scopriamo poi come Simon Valvassori e Vanessa Zanzelli abbiano riacceso la passione per il Mah Jong Valvassori grazie ai social, e incontriamo Roberta Montanari, corista delle star ora in tour con Vasco Rossi. Le sorelle Longo ci narrano la storia della loro libreria di famiglia, oggi spazio di incontro con gruppi di lettura. Incontriamo Nevio Spadoni, docente, poeta e letterato, e Lalla Novo, presidente del centro ippico Le Siepi, uno dei campi ostacoli più prestigiosi d’Europa. Facciamo poi un tuffo nella storia per scoprire le incursioni piratesche sulle nostre coste, vi presentiamo un’anteprima del prossimo Premio Faenza per la ceramica e, infine, incontriamo l’artista Rosetta Berardi. Buona lettura!

Edizioni IN Magazine s.r.l. Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 Forlì | T. 0543.798463 www.inmagazine.it | info@inmagazine.it

Anno XXIV N. 2

Reg. di Tribunale di Forlì il 16/01/2002 n.1

Direttore Responsabile: Andrea Masotti

Redazione centrale: Clarissa Costa

Coordinamento di redazione: Roberta Bezzi

Artwork e impaginazione: Francesca Fantini

Ufficio commerciale: Gianluca Braga

Stampa: La Pieve Poligrafica Villa Verucchio (RN) Chiuso per la stampa il 16/05/2025

Collaboratori: Alessandra Albarello, Chiara Bissi, Andrea Casadio, Anna De Lutiis, Massimo Montanari, Aldo Savini. Fotografi: Lidia Bagnara, Massimo Fiorentini.

Tutti i diritti sono riservati. Foto e articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e citando la fonte. In ottemperanza a quanto stabilito dal Regolamento UE 2016/679 (GDPR) sulla privacy, se non vuoi più ricevere questa rivista in formato elettronico e/o cartaceo puoi chiedere la cancellazione del tuo nominativo dal nostro database scrivendo a privacy@inmagazine.it

e territorio.

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PILLOLE

STREET ART REFRESHINK

RAVENNA | Porta la firma dello street artist novarese Refreshink, nome d’arte di Giovanni Magnoli, il murales di oltre 5 metri realizzato su uno dei muri del parco Francesca Da Polenta nell’ex Caserma. L’opera, commissionata dal MAR - Museo d’arte della Città di Ravenna, celebra Francesca da Polenta e la Commedia di Dante (canto V dell’Inferno). Si ispira ai quadri di William Dyce per l’immagine di Paolo e Francesca intenti nella lettura ‘galeotta’, e di Joseph Noel Panton per la grande riproduzione del volto di Dante. Si aggiungono una scritta imponente e alcune greche decorative. In occasione della Biennale del Mosaico, Refreshink ha già realizzato l’opera situata nell’area esterna del MAR in via di Roma, che riproduce la celebre The flower thrower di Banksy.

RAVENNA | Resterà aperta fino al 29 giugno, alla Fondazione Sabe per l’Arte di Ravenna, Vortice cosmico, la mostra personale dell’artista Andrea Raccagni (Imola, 1921-2005), esponente di spicco dell’informale italiano, che ne celebra il ventennale della scomparsa. L’esposizione, curata da Claudio Spadoni, valorizza la sua ricerca plastica, la capacità di solidificare entità gassose altrimenti inconsistenti. Una capacità dimostrata nei Liberi attraverso l’interpretazione del tema cosmico, declinato nelle forme della sfera, della spirale, della nebulosa e della galassia, o di esplosioni nucleari nella serie dei Funghi di Chernobyl Una scelta che riflette l’esigenza di ripensare la scultura in soluzioni dinamiche ed eteree.

ACCADEMIA TEATRO CINEMA

RAVENNA | C’è tempo fino al 4 agosto per candidarsi al Biennio di Alta Formazione Attoriale 2025-2027 dell’ATC Accademia Teatro Cinema di Marina di Ravenna, fondata e diretta dall’attore e docente Cristiano Caldironi. Sono disponibili un massimo di 16 allievi, non esistono limiti di età. Ogni candidatura, oltre alle prove selettive, sarà valutata in base a motivazione e talento. Il Biennio offre una programmazione strutturata su 22 weekend l’anno; studio della recitazione teatrale e cinematografica; laboratori con docenti, registi, casting director, attori e pedagoghi internazionali; focus su dizione, voce e uso del corpo, elementi necessari alla recitazione; produzioni, set, masterclass, networking e crescita concreta.

“Oggi ti accadrà qualcosa di bello”

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PILLOLE

FAENZA | Il gruppo faentino Tampieri rafforza la propria posizione nella filiera agroindustriale con l’acquisizione di Italcol, azienda toscana con sede a Castelfiorentino, in Provincia di Firenze. L’operazione rappresenta un passo strategico verso l’ampliamento dell’offerta del gruppo, con un’espansione significativa in un settore in continua evoluzione, dove sostenibilità e innovazione giocano un ruolo sempre più centrale. Italcol si distingue da tempo per la sua attenzione all’uso responsabile delle risorse naturali, alla sicurezza alimentare e al benessere animale. L’integrazione tra le due realtà non è soltanto industriale, ma anche culturale, fondata su una condivisione di principi che pongono al centro la responsabilità ambientale e sociale lungo tutta la filiera produttiva.

RECORD PER ROSETTI MARINO

RAVENNA | Fatturato record e utile quadruplicato per il gruppo ravennate Rosetti Marino, attivo nella progettazione, realizzazione e fornitura di impianti per l’eolico, l’oil&gas, la carbon neutrality e la cantieristica navale e quotato su Euronext Growth Milan. Ha chiuso il 2024 con ricavi consolidati pari a 582,6 milioni di euro, con un incremento di oltre 220 milioni rispetto al 2023. Dando un’occhiata al bilancio 2024, il portafoglio ordini ammonta a 1.160 milioni di euro: 622 milioni nel settore Oil&Gas e 538 milioni nel settore Renewables & Carbon. Il margine operativo lordo (Ebitda) consolidato è stato di 53,675 milioni, corrispondente al 9,21% del Pil; il risultato netto consolidato è stato di 29,975 milioni.

UN’ESTATE DI EVENTI

CERVIA | Intrattenimento e cultura sono gli ingredienti dell’estate 2025 a Cervia. All’Arena dei Pini, dal 14 giugno al 9 luglio, da non perdere la rassegna Il Trebbo in musica 2.5, nell’ambito del Ravenna Festival. Poi la Notte Rosa, che sarà anticipata a giugno dal 20 al 22. Il 12 luglio è attesa la tappa de La Milanesiana, la manifestazione culturale a cura di Elisabetta Sgarbi, e la rassegna letteraria La spiaggia ama il libro. Cervia Festival, a luglio, porterà in piazza Garibaldi la grande musica con concerti per tutti i gusti e lo spettacolo di Paolo Crepet Il reato di pensare. Ad agosto, grande festa con i fuochi d’artificio per San Lorenzo e il concerto della Grande Orchestra Città di Cervia per Ferragosto.

La nuova Collezione targata Original Parquet, I BELLISSIMI, una serie di pavimenti in quattro formati, plancia Elite Business e Easy Business, Spina italiana e Francese e in tre diverse finiture, Rovere Trasparente, Rovere Sabbia e nell’affascinante ed elegante Noce Americano.

Una collezione che può soddisfare ogni gusto ed esigenza di arredo, dal più classico a quello di design.

collezione

RICCARDO

MANAGER

DAL CUORE

ROMAGNOLO

ALLA GUIDA

DI FOCACCIA GROUP

FOCACCIA

“Pensiamo storto per fare andare dritte le cose.” In questa frase c’è lo spirito con cui l’imprenditore cervese Riccardo Focaccia porta avanti l’impresa di famiglia, Focaccia Group Locomotive, che da settant’anni trasforma le esigenze di mobilità in soluzioni su misura. “Sono cresciuto con la convinzione che chi si si loda, si imbroda. Siamo persone normali, facciamo il nostro mestiere, altrimenti diventiamo politici. Bisogna mantenere i piedi per terra, essere realisti, per ottenere le cose.” Quello di Focaccia è anche un approccio alla vita che, come sostiene, “può essere diversa a seconda di come si decide di affrontarla. Ogni giorno ringraziamo per quello che abbiamo.” E qui si avvertono anche i valori, orgogliosamente romagnoli, trasmessi da chi lo ha preceduto, che da sempre sono alla base di un modo lungimirante di fare imprenditoria. Che poi i risultati siano arrivati, e anche molto positivi, è un valore aggiunto. Oggi Focaccia Group è leader nell’allestimento di veicoli speciali:

ambulanze, ‘pantere’ della polizia o pulmini per il trasporto disabili. E anche sistemi di sollevamento di aiuto per disabili al punto che, se si prende un taxi a Tokyo o a Taiwan, è probabile che il meccanismo sia made in Romagna. Fra l’altro Focaccia è noto anche per aver realizzato nel 2011 l’ormai celebre Papamobile elettrica per la visita di Papa Benedetto XVI in piazza San Marco a Venezia. Un’auto speciale che è tuttora in dotazione della Gendarmeria Vaticana. Nel portafoglio clienti c’è un buon numero di protagonisti internazionali dell’auto, quali Stellantis, Toyota, Volkswagen e altri. Focaccia, lei fa parte della terza generazione a capo dell’azienda. Può ricordare come tutto è iniziato?

“Grazie a mio nonno Dino, classe 1899, che non poté partire né per la Prima guerra mondiale perché era più basso del re, né per la seconda perché aveva ormai 40 anni. Dopo aver lavorato per anni come artigiano nell’officina dello stabilimento aeronautico

DI ROBERTA BEZZI
FOTO LIDIA BAGNARA

Caproni di Predappio, nel 1954 aprì a Imola una carrozzeria di riparazione di residuati bellici, e da lì partirono le prime trasformazioni.

Negli anni Sessanta si trasferì verso Cervia e mio padre Licio prese in mano le redini di quella che ormai era diventata una classica carrozzeria per riparazioni.”

Quando e come si è verificato il fondamentale passaggio verso l’allestimento di veicoli speciali?

“Dopo una fase di prime sperimentazione negli anni Settanta, è stato nei successivi due decenni che abbiamo intravisto nuove opportunità di mercato, creando molteplici allestimenti per il tempo libero, per le regie

RICCARDO FOCACCIA

PORTA AVANTI

L’IMPRESA DI FAMIGLIA, CHE TRASFORMA LE ESIGENZE DI MOBILITÀ IN SOLUZIONI SU MISURA: DALLE

AMBULANZE, ALLE ‘PANTERE’ DELLA POLIZIA O PULMINI PER IL TRASPORTO DISABILI.

mobili e per lavori particolari. Verso la metà degli anni Novanta sono entrato in azienda e, a partire dalla grande esperienza con il legno, il ferro e l’elettronica, ho valutato quale settore di allestimenti speciali meritava un investimento particolare. Ho pensato in primis al trasporto disabili con un piccolo sollevatore per carrozzina, dove l’artigianalità è essenziale. Poi ho scoperto altri ambiti fino alle polizie locali che richiedevano per esempio uffici mobili ben fatti. Grazie alle varie richieste dei clienti, abbiamo avuto modo di divertirci.”

Arrivando ai tempi più recenti, impossibile non ricordare le ripetute crisi. Come siete riusciti ad affrontarle?

“Gli ultimi vent’anni sono stati tosti, abbiamo assistito alla chiusura di decine di concorrenti. Per quanto ci riguarda non ci siamo mai distratti e siamo riusciti a mantenere decine di allestimenti per trasporto disabile, polizie locali e nazionali, dal trasporto merci al trasporto persone. Abbiamo puntato molto all’industrializzazione, per dare una risposta ai volumi richiesti dal mercato, crescendo anno dopo anno. Oggi 320 persone lavorano per Focaccia Group che ha due sedi: la prima a Cervia e la seconda a Chivasso, nell’ex fabbrica Lancia e Abarth, la più grande d’Europa, a seguito dell’acquisizione della Nct. Lavoriamo molto con le flotte e le case produttrici che ci hanno sempre scelto per quei lavori che loro non possono fare in serie. In definitiva, abbiamo portato avanti le ‘nicchie’, dimostrando sempre serietà e umiltà, senza mai pensare di essere arrivati.”

Puntare ai 100 milioni di euro di fatturato è realistico?

“Dopo i 50 milioni del 2024, quest’anno chiuderemo intorno ai 77-80 milioni, quindi ci arriveremo in un paio d’anni. Ci tengo però a precisare che non sono solo i numeri a fare la forza, quanto i margini economici, la soddisfazione del cliente, altrimenti il rischio è che sia solo più grande il botto che si farà. Abbiamo passato gli ultimi tre anni a investire e ad allargarci e oggi possiamo dire

GLC con tecnologia ibrida EQ - WLTP ciclo ponderato misto: Emissioni CO2 (g/km): 15 (400 e 4MATIC) – 11 (300 de 4MATIC). Consumo (l/100 Km) 0,7 (400 e 4MATIC) 0,4 (300 de 4MATIC). Consumo energia elettrica (kWh/100km): ciclo ponderato misto 24,6 (400 e 4MATIC) - 22,6 (400 e 4MATIC).

di essere i più grandi di tutti. Basti pensare che abbiamo siglato un accordo per fornitura di circa 17.000 veicoli a basse emissioni con Poste Italiane per ammodernarne la flotta.” La vera grande sfida del prossimo futuro resta l’export?

“Sì. Esportiamo solo il 10% delle nostre produzioni, quindi questa è la montagna da scalare. A breve ripartiremo, grazie anche alla filiale in Svizzera con mia sorella, ma operando in modo diverso dall’Italia, ossia senza arrivare al cliente finale ma collaborando con aziende che ci aiutino a capire le esigenze specifiche di mercato. Quando si fanno allestimenti speciali di nicchia, bisogna sapersi adattare, essere camaleontici come è nella natura romagnola.”

Quando ‘costa’ sviluppare un prodotto?

“Molto soprattutto in termini di sacrificio mentale. Per questo, a volte, diciamo di no.

“QUEST’ANNO CHIUDEREMO IL FATTURATO SUI 77-80 MILIONI, ARRIVEREMO AI 100 IN UN PAIO D’ANNI. CI TENGO PERÒ A PRECISARE CHE NON SONO SOLO I NUMERI A FARE LA FORZA, QUANTO LA SODDISFAZIONE DEL CLIENTE.”

Chi si rivolge a noi, deve capire ciò che c’è dietro il nostro lavoro e apprezzare la nostra specializzazione. L’anno scorso abbiamo realizzato Lamborghini Urus, un allestimento per la Polizia Stradale. Ci era stato chiesto di vender loro gli allestimenti, ma abbiamo rifiutato e abbiamo voluto l’auto da allestire in collaborazione con i loro tecnici, fino alle prove su strada. Un bell’orgoglio per noi.”

La vostra Papamobile è stata a lungo usata anche da Papa Francesco…

“Sì. Quando nacque mio figlio, ho ricevuto una lettera dal Papa, una benedizione in più. Continuiamo a fare le assistenze e le vetture per la Gendarmeria, speriamo di conquistare il paradiso.”

Dario Fo invece vi commissionò il sollevatore Fiorella nel ’95, che ha sancito il vostro ingresso nel settore delle soluzioni per la mobilità delle persone in carrozzina… “In realtà, fummo noi a presentarci all’artista fresco di premio Nobel. Al Maurizio Costanzo Show disse che non sapeva come spendere quei 2 milioni di euro senza che venissero ‘mangiati’ in tasse. Così gli offrimmo un’opportunità e realizzammo i primi 50 furgoni per il trasporto per disabili. Pensare che oggi ne facciamo 6.000.”

Si può dire che ci avere sempre messo il cuore?

“Sì, senza si va poco lontano!”

TESSERE

L’AMORE

PER IL

MAH JONG

DI VALVASSORI

SI RIACCENDE

SUI SOCIAL

DI FAMIGLIA

La storia d’amore tra la famiglia Valvassori, produttrice per decenni del gioco cinese del Mah Jong, e i ravennati è cosa nota e trovò posto su queste pagine in uno dei primi numeri editi. Oggi gli eredi Simon Valvassori, direttore commerciale di una multinazionale svizzera e amministratore delegato della filiale italiana nel settore della logistica e dei trasporti, e Vanessa Zanzelli, illustratrice e art director, socia fondatrice dello studio Lance Libere, hanno riacceso quella passione mai sopita, grazie ai social media. Una passione nata nel negozio, aperto nel 1955 da Michele Valvassori, chiuso nel 2004. Così la parabola di famiglia nata dal bisnonno Ludovico, ebanista, e realizzata dal figlio Michele, primo produttore in Italia di pedine con stampa a pressa e disegni originali, si arricchisce di un nuovo capitolo. Vanessa, da generazioni il Mah Jong è uno dei passatempi più amati dai ravennati, e per tutti il gioco è sempre stato quello edito da Valvassori. Come è nata in voi eredi l’i-

dea di raccontare sui social media una tradizione di famiglia?

“Tutto è avvenuto in modo piuttosto inaspettato. A inizio gennaio, mentre ero nel mio studio a lavorare, ho adocchiato un manifesto del Mah Jong di mia madre di quarant’anni fa che conservo appoggiato al muro. Sopra c’è scritto: ‘Giocare con l’originale MahJong Valvassori a Ravenna dal 1955’. In quel momento ho realizzato che quest’anno ricorre il settantesimo anniversario e ho subito chiamato mio cugino Simon. L’intenzione iniziale era quella di celebrare la ricorrenza con una mostra commemorativa, e la pagina Instagram che abbiamo creato doveva fungere da trailer, un modo per anticipare e mettere in fila il retaggio di storie e materiali familiari che conserviamo da sempre. Tuttavia, quello che è successo dopo ha superato le nostre aspettative. La risposta della comunità ravennate è stata incredibilmente calorosa e immediata. Abbiamo iniziato a ricevere un flusso costante di feedback, ricordi, aneddo-

ti legati al Mah Jong Valvassori. Questo ha dato una nuova linfa vitale al progetto Instagram, che ha quasi preso una sua autonomia, diventando un vero e proprio spazio di condivisione e di racconto collettivo.”

Vanessa e Simon, che effetto fa una condivisione così appassionata?

“Siamo ben consapevoli di quanto il Mah Jong Valvassori faccia parte di Ravenna ed eravamo ottimisti, ma tanta rapidità ci ha lasciati di stucco. I ricordi legati a nostro nonno, al Mah Jong, al suo suono, alle vetrine del negozio, sono davvero emozionanti. Abbiamo iniziato a fare post condivisi con chi ci manda le foto del suo Mah Jong e stiamo pensando a come rispondere alle tante domande che ci giungono. In molti ci scrivono perché hanno una pedina mancante o scheggiata, stiamo lavorando per ridare il valore originario alle confezioni del gioco incomplete. Abbiamo riscoperto, una volta in più, quanto profondo sia il legame tra i ravennati e il ‘loro’ Mah Jong: questo ha dato un nuovo

significato al nostro progetto, trasformandolo da una semplice celebrazione in una vera e propria riscoperta di un patrimonio culturale collettivo.”

Ci sono storie che vi hanno colpito più di altre?

“Questo forse è l’aspetto più emozionante e coinvolgente. La sensazione di essere una famiglia, una storia in mezzo a un mucchio di storie accompagnate dal suono inconfondibile delle pedine nelle interminabili serate di gioco. Abbiamo scoperto che tutti conservano il loro Mah Jong Valvassori con affetto e orgoglio. Chi l’ha ricevuto in regalo per il matrimonio, chi per i diciotto anni. Ci hanno raccontato di quando si fermavano incantati davanti alle vetrine del negozio. Abbiamo scoperto che i nonni lo portano nel cuore e lo insegnano ai nipoti, che chi si trasferisce all’estero se lo porta dietro, ci hanno ringraziati per aver dato un nome al suono che ha accompagnato la loro infanzia. E abbiamo appreso che, oltre all’inconfondi-

bile suono che tutti conosciamo, le pedine hanno anche un profumo di famiglia, serate tra amici e dolce nostalgia.”

Vanessa, la vostra storia di famiglia e di impresa è stata raccolta anche da un docufilm di Gerardo La Mattina, dedicato al Mah Jong in Romagna, che esperienza è stata?

“Particolare. La notizia della produzione del docufilm mi è arrivata in un periodo in cui avevo cominciato a scavare fra le storie di famiglia, una delle tante coincidenze che mi fa pensare che ‘abbiamo degli antenati che spingono’. Dopo la notizia della produzione, sono arrivate le telefonate dei ravennati appassionati di Mah Jong. Uno in particolare,

CON I SOCIAL, SIMON VALVASSORI E VANESSA ZANZELLI

RIACCENDONO LA PASSIONE PER IL MAH

JONG. UN NUOVO

CAPITOLO DELLA

PARABOLA DI FAMIGLIA

NATA DAL BISNONNO

LUDOVICO DAL FIGLIO

MICHELE.

un personaggio mitologico, mai conosciuto, presentato come ‘Il Pennuto’, era arrivato a proporre una cena all’osteria dei Due Cantoni al mio ex vicino di casa in cambio di un mio contatto telefonico: voleva sapere se ero in possesso delle matrici del Mah Jong tradizionale di mio nonno, quello realizzato con la pressa da lui progettata. Così ho scoperto che, effettivamente, possedevo le matrici, ne ho imparato la storia e l’ho raccontata sullo schermo. Sono contenta di aver potuto raccontare l’estro e l’intraprendenza di Michele Valvassori, mio nonno, nello spazio che mi è stato concesso.”

Ci sono in atto progetti per rendere fruibile il prezioso patrimonio di matrici, illustrazioni, bozzetti, tessere?

“Stiamo catalogando tutto il materiale in nostro possesso e vorremmo condividerlo con i ravennati. Vorremmo esporre i disegni originali del nonno, i bozzetti scartati e non, le prime foto delle pedine realizzate da Vitale Valvassori, le matrici del Mah Jong Valvassori metodo tradizionale, quello a pressa, le pedine dei primi draghi, poi abbandonati, e i loro studi, gli strumenti da lavoro e ovviamente i Mah Jong da collezione. Ci piacerebbe, poi, coinvolgere i giovani creativi, magari per rielaborare i disegni originali del nonno con tecniche e linguaggi contemporanei e forse sorprendenti. Ne sarebbe fiero e incuriosito. Ci piacerebbe poi documentare con foto e video le gare di Mah Jong nei circoli del territorio, tuttora in corso, alcune delle quali sono state organizzate a seguito della nostra sortita digitale. Non è facile, richiede molto tempo, sappiamo già che non succederà quest’anno, ma facciamo sul serio: Ravenna se lo merita.”

MI.RA EXCLUSIVE RESIDENCE. Il Borgo green nel cuore di Ravenna

Il progetto immobiliare di Via Mingaiola, realizzato da Nuovostudio, è molto più di un complesso di ville e appartamenti residenziali: è un investimento nel tuo futuro, un’opportunità per vivere in un ambiente esclusivo e sostenibile nel cuore di una città ricca di storia e cultura. Immersa in un contesto urbano vivace e ben servito, questo borgo contemporaneo offre un’atmosfera elegante che abbraccia sicurezza e comfort. Le 17 unità abitative, distribuite in un design contemporaneo di classe energetica A e superiore, sono state concepite per soddisfare i desideri di una clientela esigente, alla ricerca di spazi luminosi, finiture di pregio e un’attenzione particolare alla sostenibilità ambientale.

Il complesso è stato inserito dal quotidiano immobiliare “Focus” tra i 40 progetti più importanti d’Italia nel 2024.

LA CORISTA

ROBERTA MONTANARI E I TOUR CON I PIÙ GRANDI ARTISTI

DELLE STAR

Con alle spalle tour musicali al seguito di Vasco Rossi, Cesare Cremonini, Elisa, Eros Ramazzotti, Gianna Nannini, Marco Mengoni, Enrico Brignano, Tommaso Paradiso, la lughese Roberta Montanari si è guadagnata la fama di ‘corista delle star’. Proprio in questi giorni è impegnata, fra l’altro, nel tour negli stadi del grande Vasco Rossi. Una vita intensa, sempre di corsa e spesso in viaggio da una città all’altra, ma ricca di soddisfazioni, perché non capita a tutti di trasformare la propria passione in un lavoro. Cresciuta tra San Lorenzo e Ca’ di Lugo, il suo percorso musicale inizia alla fine degli anni Novanta, in età adolescenziale alle scuole superiori, dove si avvicina al canto e si esibisce in pubblico per le prime volte. Un vero e proprio colpo di fulmine che la porta a coltivare la musica anche entrando a far parte di alcune band. Quando ha capito che avrebbe potuto costruire sulla musica una professione?

“Quando si è concretizzata la prima opportunità nei primi anni Duemila: lavorare in un tour importante con Cesare Cremonini. Ricordo ancora l’emozione, sentivo forte l’esigenza di ‘crescere’

DI ROBERTA BEZZI

ROBERTA MONTANARI

HA COSTRUITO

SULLA MUSICA

UNA PROFESSIONE, DIVENTANDO CORISTA E

INSEGNANTE DI CANTO

E AFFIANCANDO SUL

PALCO GRANDI ARTISTI

COME VASCO ROSSI, CESARE CREMONINI, ELISA, EROS

RAMAZZOTTI, GIANNA NANNINI, MARCO MENGONI.

e, da quando sono stata chiamata quella prima volta, è partito un percorso lavorativo che tuttora continua. Sarò sempre grata a chi mi ha dato questa prima possibilità.”

Lei ha sempre desiderato fare la corista?

“Sì, da quando avevo circa 1415 anni sognavo di fare questo lavoro. Compito della corista è quello di supportare sia il cantante principale che la parte musicale, arricchendo il brano con armonizzazioni o effetti vocali che danno maggiore profondità

e dinamismo alla musica. Bisogna avere una buona preparazione musicale e, ovviamente, un orecchio ben abituato. In pratica, tecnicamente, la corista può rendere il suono complessivo più ricco. Può fare piccole parti soliste: in alcuni pezzi, può anche avere momenti da solista o dialogare vocalmente con il cantante principale.”

Dopo la travolgente esperienza con Cremonini, sono arrivate altre chiamate importanti…

“Sì, e da quel momento non mi sono più fermata. Cosa assolutamente non scontata. Diventare una corista, vent’anni fa, era piuttosto difficile, non c’erano Instagram o Facebook come adesso, la concorrenza era alta e le opportunità stabili non molte. In generale, è un processo lento, bisogna costruire giorno per giorno, creando rapporti umani e professionali con una certa serietà e affidabilità. Il lato umano è assolutamente fondamentale.

Grazie al cielo ho avuto tutte situazioni professionali piuttosto durature e ciò mi ha sempre ripagato tanto.”

Inevitabile chiederle: con quale artista ha trovato un feeling maggiore?

“Impossibile scegliere. Ogni ar-

MUSICA

“È UN MESTIERE MOLTO SOTTOVALUTATO E INVECE RICHIEDE IMPEGNO,” RACCONTA. “DURANTE IL TOUR SI DIVENTA UN PO’ UNA FAMIGLIA CHE PASSA MOLTO TEMPO INSIEME, È QUINDI IMPORTANTE ESSERE EMPATICI, SAPER CONVIVERE CON ALTRI NEL RISPETTO DI TUTTI.”

tista mi ha regalato qualcosa di straordinario, mi ha arricchito enormemente. Ho avuto la fortuna di lavorare con cantanti che mi piacciono parecchio.”

Ci sono state richieste più complesse di altre? Cosa serve per essere una buona corista?

“In linea di massima, ogni artista ha le proprie esigenze a livello tecnico e non c’è sempre una richiesta specifica. Durante il tour si diventa un po’ una famiglia che passa molto tempo insieme, è quindi importante essere empatici, saper convivere con altri nel rispetto di tutti. Fondamentale è poi l’attitudine sul palco di saper stare un passo indietro, ricordando che si sta esercitando un ruolo di supporto, nella con-

sapevolezza che l’artista protagonista è un altro.”

Questo significa che non si può diventare una brava corista come ‘ripiego’?

“Esatto. Se si finisce a fare la corista, volendo essere una solista, si va certamente a vivere male questa professione e potrebbe non funzionare. Questo è un mestiere molto sottovalutato e invece richiede impegno. Per me, fortunatamente, è stata una scelta a lungo desiderata e non un ripiego.”

Le è mai capitato di non trovarsi bene o di avere qualche difficoltà in più?

“No, tutti sono sempre stati carini e professionali. In un ambiente di lavoro è importante stare

bene. Forse i tour più duri fisicamente sono quelli con frequenti cambi di fuso orario.”

Il suo sogno nel cassetto?

“Beh, se devo proprio sognare, mi manca l‘esperienza con un artista straniero. Ma, comunque, sono molto appagata e sarei soddisfatta anche se il mio percorso finisse domani.”

A quale altra attività si dedica quando non è in tour?

“Insegno canto moderno al Saint Louis College of Music nella sede di Milano, e privatamente a casa mia in Romagna. Mi muovo anche per fare Masterclass in accademie o scuole in giro per l’Italia. Infine, sto ultimando gli esami per laurearmi in Psicologia.”

Viale Baccarini 19

0546

Viale Baccarini 19 Info 0546 697311 micfaenza.org Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza

Viale Baccarini 19 Info 0546 697311 micfaenza.org

ELEGANCE IN EVERY LINE, INNOVATION IN EVERY SPACE

PROJECT ONE STUDIO

In PROJECT ONE STUDIO, ispirazione e progettazione si uniscono in una visione condivisa, plasmando spazi che raccontano una storia. La grammatica architettonica si intreccia armoniosamente con le esigenze del committente, dando forma a linee eleganti e spazi innovativi. È questa la missione che guida l’operato della società presieduta dall’ingegnere Fabio Bartolini, dall’architetto Emanuele Pasini e dall’ingegnere Gianmarco Pasini Frutto di un importante processo di rebranding, Project One Studio rappresenta l’evoluzione dello storico studio tecnico Galassi Giannessi Pasini, attivo dal 1981 e da sempre punto di riferimento a Cesena. La nuova identità, presentata ufficialmente nel 2022, restituisce una prospetti-

va contemporanea più forte, riconoscibile eppure discreta, capace di lasciare un segno senza cercare protagonismi. “Il nostro approccio stilistico è flessibile, mai confinato a un solo linguaggio,” afferma l’ingegner Fabio Bartolini. “La nostra forza risiede nella capacità di adattarci con efficacia alle esigenze del cliente, grazie a un approccio integrato che coniuga sostenibilità ambientale ed economica. Siamo progettisti poliedrici, aperti alla sperimentazione e in continua evoluzione.”

Lo studio si distingue per la qualità estetica e funzionale dei suoi progetti, curati in ogni dettaglio: dalla fattibilità tecnica alla resa visiva, dalla distribuzione degli spazi alla funzionalità.

Ogni soluzione nasce da un ascolto attento e si sviluppa con il supporto delle più avanzate tecnologie digitali: i clienti possono seguire l’evoluzione del progetto in tempo reale, grazie a modelli render personalizzati e immersivi. Particolare attenzione è riservata alla progettazione bio ed eco-sostenibile, con l’adozione di strategie che garantiscono il minimo impatto ambientale e la massima ottimizzazione economica. Tra i clienti dello studio figurano realtà di rilievo come Technogym, Wellness Foundation, BCC Riviera Banca, Hilti Group, Casa di Cura San Lorenzino, Mareco Luce, SAC Petroli, SAC Energy, CMC Lamiere, CILS Onlus, Villa Monti Banks, Poliambulatorio A-Medic, Centro Medico San Mauro e Automa Group.

Il nucleo fondatore di Project One Studio si è formato già ai tempi accademici, consolidandosi attraverso le prime esperienze condivise nello studio originario, poi oggetto di un’importante trasformazione. “Abbiamo background differenti e complementari,” spiega l’ingegner Gianmarco Pasini, “frutto di percorsi universitari di alto livello, svolti presso poli di eccellenza e arricchiti da master e specializzazioni che oggi costituiscono il nostro valore aggiunto.” Lo studio guarda al futuro come a un laboratorio aperto e in costante trasformazione, pronto a esplorare nuove frontiere progettuali.

“Vogliamo metterci continuamente in discussione,” afferma l’architetto Emanuele Pasini, “sperimentare forme, materiali e linguaggi per anticipare i bisogni di domani. Per noi, l’architettura è un dialogo vivo tra innovazione, sostenibilità e identità del luogo Siamo ossessionati dalla ricerca della perfezione: non ci accontentiamo della prima idea, ma rifiniamo ogni scelta con rigore e passione. Il nostro compito è dare forma al potenziale degli spazi, generando architetture che ispirano e trasformano. Ogni progetto è un’occasione per plasmare il futuro.”

CULTURA

FRA LIBRI

LE SORELLE LONGO APRONO

LE PORTE DELLA LIBRERIA

E AMICI

DI ALESSANDRA ALBARELLO
FOTO LIDIA BAGNARA

Le storie partono da molto lontano. Quella della libreria Longo ha attraversato interi continenti, paesaggi geografici ed emotivi, per approdare in piazzetta degli Ariani, proprio di fronte al Battistero, patrimonio Unesco dal 1996. Tutto ha inizio a Massaua, in Eritrea, dove Adalgisa (conosciuta come Cicci), emiliana, e Nino (diminutivo di Angelo) Longo, di origini pugliesi, aprono un emporio dove si può trovare di tutto, compresi libri e cartoleria, per la cui vendita detengono una licenza specifica. Nel 1950, Anno Santo, mentre Cicci e il figlio Alfio di appena 10 anni sono in Italia per visitare i parenti, la situazione politica in Eritrea precipita improvvisamente e Nino è costretto a lasciare l’Africa per raggiungerli. Come rimpatriato può decidere la città dove stabilirsi, scegliendo tra varie opzioni. Sceglie Ravenna, d’istinto, di cuore: non c’è mai stato ma, forse, ha visto qualche immagine sfogliando i libri del suo emporio, e poi sa che è vicina al luogo dove vive la famiglia di origine di Cicci. Gli viene anche assegnato un lavoro come guardiano dei monumenti che lui osserva, ogni giorno, respirandone la bellez-

FONDATA DA NONNO NINO E NONNA CICCI, OGGI LA LIBRERIA, DI RECENTE TRASFERITA NELLA

PIAZZETTA DEGLI

ARIANI, È GESTITA DA ANGELA E ALBERTA

LONGO. “NEL 2017

ABBIAMO CREATO DEI

MOMENTI DI INCONTRO

CON I GRUPPI DI LETTURA.”

za ed elaborando i suoi prossimi progetti. È Cicci però che a un certo punto lo sprona a riprendersi quella vita di prima, fatta di carta, di persone, di incontri, di parole, di emozioni. E così ottengono di nuovo la licenza per vendere libri e nel 1959 aprono la loro prima libreria in via Diaz, pochi numeri più in là dei locali dove si trasferiranno qualche anno dopo.

Nino però non si accontenta, la sua testa gira a mille, è una fucina continua di idee. Grazie a quell’esperienza come guardiano dei monumenti, ha potuto nota-

re la mancanza assoluta di guide e racconti sul patrimonio artistico ravennate. Fonda quindi una casa editrice, iniziando a stampare cartoline e guide, per poi estendere la pubblicazione, una volta affiancato dal figlio Alfio, anche a libri sulla storia locale, sulla dantistica e sull’italianistica, intrecciando così dei rapporti con le Università, soprattutto straniere.

Angela Longo inizia a collaborare con la libreria nel 2009 per aiutare la nonna Cicci, ormai molto anziana: “Sarei dovuta rimanere solamente per il periodo natalizio, poi i tempi si sono dilatati e sono ancora qui… Trovo che sia molto bello lavorare con i libri a diretto contatto con il pubblico,” ci dice. Assieme alla sorella Alberta gestisce ora la libreria che si è recentemente trasferita nella piazzetta degli Ariani, nei locali di proprietà del nonno, adibiti nel tempo a diverse attività come negozio di souvenir e spazio espositivo.

All’apertura, il 7 marzo, è stata organizzata con il Planetario di Ravenna l’osservazione della Luna, un rito simbolico che sarà probabilmente ripetuto a ogni anniversario: “Ci piaceva moltissimo l’idea di inaugura-

“ABBIAMO SEMPRE CERCATO DI TENERE

TUTTI I TIPI DI LIBRI, PERCHÉ LI VEDIAMO

COME STRUMENTI DI CONOSCENZA

MA ANCHE DI INTRATTENIMENTO, DI PIACERE FINE

A SE STESSO E DI SOLITUDINE: LA LETTURA HA ANCHE UNA DIMENSIONE SOLITARIA.”

CULTURA

re la nuova libreria Longo con l’osservazione pacifica e beneaugurante della Luna, che si rinnova continuamente attraverso i suoi cicli. E dopo il trasloco ci faceva anche ridere pensare di aver perso il senno per poi ritrovarlo sulla Luna come Astolfo nell’Orlando Furioso…” Eh già, il trasloco. Nello spazio di 66 mq, più piccolo rispetto a quello precedente, Angela e Alberta ci hanno voluto far entrare anche quel legame indissolubile con la propria storia e il passato. Un segno forte di continuità è infatti rappresentato dal recupero dei vecchi mobili di legno degli anni Settanta acquistati dai nonni, alcuni dei quali sono stati ridipinti di verde, nella stessa tonalità del soffitto della libreria di via Diaz, mentre su una parete campeggia ancora la vecchia insegna. Una zona è dedicata all’editoria per ragazzi e alla cartoleria, poi c’è la narrativa per adulti con un’attenzione particolare alle piccole case editrici, i libri sulla natura

e sulla cucina, ma naturalmente un’ampia sezione è riservata alla storia locale, ai mosaici e a Dante.

“Con Alberta abbiamo sviluppato ulteriormente la narrativa, iniziando a creare nel 2017 dei momenti di incontro con i gruppi di lettura che si riuniscono ogni primo lunedì del mese,” ci spiega Angela. Oltre a questa iniziativa, ormai collaudata, che crea una stretta connessione con il panorama editoriale contemporaneo, la libreria Longo organizza per i bambini degli incontri in collaborazione con ‘Nati per Leggere’ e ‘Pedaleggiamo’, un percorso in bicicletta attraverso la città che prevede delle tappe per la lettura. Il legame con Ravenna e il territorio è quindi sempre molto forte ed evidente, non solo con i lettori, molti dei quali sono ormai diventati amici, ma anche con le altre librerie e le iniziative culturali. Da qui è passato anche Montale e diversi sono poi gli stranieri che

si soffermano, turisti che si affezionano e poi ritornano: “L’altro giorno è entrata una signora che ci ha mostrato una guida acquistata da sua mamma in questo negozio nel 1961, durante un viaggio in Italia. Era tutta segnata con i suoi appunti… La figlia, dopo oltre 60 anni, ha voluto ripercorrere quell’itinerario tracciato da sua madre ed è venuta a cercarci,” racconta Angela. L’itinerario che ha invece intrapreso la libreria rispecchia appieno il pensiero delle due titolari: “Abbiamo sempre cercato di tenere tutti i tipi di libri, perché non crediamo nel loro potere salvifico. Li vediamo piuttosto come strumenti di conoscenza ma anche di intrattenimento, di piacere fine a se stesso e di solitudine, perché la lettura ha anche una dimensione solitaria. Più che suggerire delle strade, i libri per noi hanno valore quando riescono a restituire la complessità del mondo e dell’animo umano.”

IN APERTURA, LE SORELLE ANGELA E ALBERTA LONGO. SOTTO, IL GRUPPO DI LETTURA ORGANIZZATO DALLA LIBRERIA LONGO.

SCRITTURA

IL FUOCO

NEVIO SPADONI: DOCENTE, POETA, DRAMMATURGO

E LETTERATO

DELLA POESIA

Incontrando Nevio Spadoni nella sua casa nel centro storico di Ravenna, si notano subito il computer e due deliziose gattine, Frida e Cabiria, che non si preoccupano minimamente della presenza di un estraneo e continuano a sonnecchiare padrone delle poltrone. Spadoni, già docente di Filosofia, poeta, drammaturgo e letterato, nasce a San Pietro in Vincoli, nella campagna ravennate, dove trascorre i primi anni della sua vita, innamorato della natura, mentre cresceva in lui la poetica capacità di conoscerla, osservarla, innamorarsene. La sua passione per la filosofia nasce già al liceo e prosegue all’università, dove incontra il professore Enzo Melandri – “un genio,” come lui racconta. Nell’insegnamento trova subito la via giusta per comunicare e trasmettere ai suoi alunni la passione per la materia.

“Mi sono trovato sempre bene sia con gli alunni che con i colleghi che continuo a vedere, a

COMPONE LA PRIMA

POESIA A SOLI

QUINDICI ANNI, IN CONCOMITANZA

CON LA MORTE

DEL PADRE, E IL SUO

PRIMO MONOLOGO

TEATRALE LUS (LUCE)

VIENE PRODOTTO DA

TEATRO DELLE ALBE

E RAVENNA TEATRO, RAGGIUNGENDO POI

ALCUNI PAESI EUROPEI

E PERFINO GLI USA.

incontrare, anche a distanza di tanti anni e spesso anche con le famiglie.”

A dare a Nevio una direzione che seguirà tutta la vita è stata la poesia, la prima la compone a soli quindici anni in concomitanza con la morte del padre. “Si

è aperto per me un momento di profonda riflessione che mi ha portato a chiudermi e a meditare sul significato dell’esistenza.” Nel 1985 esce la sua prima raccolta, Par su cont (Per conto suo) e da allora la sua produzione poetica continua fino ad oggi. “Ho privilegiato il dialetto perché è la mia prima lingua, quella dei miei genitori e dei miei nonni, quella, come si suol dire, succhiata con il latte materno. Per me ha rappresentato un elemento catartico, di liberazione dalle mie angosce.”

Il suo primo contatto con il pubblico avviene a Boncellino, in una serata in cui Ermanna Montanari e Marco Martinelli leggono le sue poesie. È a loro che Nevio Spadoni fa leggere il suo primo monologo teatrale Lus (Luce), definito da Gianni Celati il suo capolavoro, che subito è prodotto da Teatro delle Albe e Ravenna Teatro con la regia e l’interpretazione di Montanari. Primo lavoro teatrale che supera

DI ANNA DE LUTIIS

“HO PRIVILEGIATO IL DIALETTO PERCHÉ È LA MIA PRIMA LINGUA, QUELLA DEI MIEI GENITORI E DEI MIEI NONNI. ANCHE NEI MOMENTI DIFFICILI, NON SONO SOLO. LA PAROLA POETICA È PIÙ FORTE DI OGNI DIFFICOLTÀ, PIÙ FORTE DEI MOMENTI BUI CHE HO INCONTRATO.”

IN QUESTE PAGINE,

SCRITTURA

i confini ravennati per raggiungere alcuni Paesi europei e perfino gli Stati Uniti. Inizia così una serie di successi teatrali. Il monologo La Pérsa, che viene in parte integrato in Perhindérion, di cui Spadoni è coautore insieme a Martinelli, viene messo in scena nel 1998 al Teatro Rasi. Il monologo originale viene riproposto diversi anni dopo da Daniela Piccari, che lo presenta nel 2008, nell’ambito della rassegna Ravenna Festival. Ermanna Montanari sarà protagonista al Teatro Goldoni di Venezia de L’isola di Alcina, sempre di Spadoni, con cui l’attrice vince il premio Ubu. In seguito l’opera è stata presentata in molte città italiane, in diversi Paesi europei e anche negli

Stati Uniti: a New York, Berlino, Limoges, Lisbona, Mosca, Mons e Tunisi. È sorprendente come un’opera teatrale scritta in dialetto possa aver fatto il giro del mondo. Il successo porta anche a un sempre maggiore interesse per Nevio Spadoni e le sue opere e Cristina Mazzavillani Muti, allora direttore artistico e presidente di Ravenna Festival, chiede a Nevio delle opere teatrali per il Festival. Spadoni ha prodotto, su richiesta, tre opere teatrali, legate a notissimi personaggi, ambientate a Ravenna: Galla Placidia, Francesca da Rimini, Lord Byron e Teresa Guiccioli, quest’ultima interpretata da Elena Bucci e Chiara Muti. L’autore inevitabilmente trasferisce nelle

sue opere il vissuto che ha plasmato i primi anni della sua vita e che incide e riemerge inaspettatamente.

“La vita della campagna era sotto il mio sguardo,” racconta. “I ciliegi in fiore, l’esplosione della primavera, i frutti, le corse attraverso i campi, a piedi nudi già nel mese di marzo, il rapporto privilegiato con gli animali che dura ancora oggi visto che convivo con due gattine, che dormono con me.” Poi il suo sguardo si rattrista quando racconta di sua madre, severa nel rapporto diretto ma che esprimeva il suo orgoglio quando parlava con gli altri del figlio poeta. Molti sono i premi, i riconoscimenti e le segnalazioni ricevute già dalle prime pubblicazioni. Tra cui: Premio nazionale ‘Guido Gozzano’, per Cal parôl fati in ca; Guardiagrele (CH), Premio alla carriera per la poesia dialettale; Premio Pascoli di poesia (XX edizione) a San Mauro Pascoli; Premio di poesia Giuseppe Malattia della Vallata, nell’ambito del Festival letterario Pordenonelegge. Attualmente Spadoni si divide tra letture pubbliche delle sue poesie, collaborazioni con Il Resto del Carlino scrivendo di cultura e tradizioni romagnole. Per la rassegna Il Teatro di Nevio Spadoni, proposto dalla Cappella Musicale della Basilica di San Francesco, giunto alla sua terza edizione ha presentato il suo nuovo lavoro Giobbe. La paziente speranza, frutto del superamento del momento difficile vissuto negli ultimi mesi. “Anche nei momenti difficili, non sono solo,” conclude. “Ho un fuoco dentro che nessuno potrà mai spegnere: la poesia. La parola poetica è più forte di ogni difficoltà, più forte dei momenti bui che ho incontrato, che tutti in qualche modo incontrano nella vita.”

“AMIAMO RACCONTARE STORIE D’AMORE... CI PIACEREBBE RACCONTARE ANCHE LA VOSTRA!”

DI PIRATI

PER SECOLI

UNA MINACCIA

COSTANTE

NELLE

COSTE

ROMAGNOLE

E DI MARE

Con il sopraggiungere dell’estate sta per rinnovarsi uno dei riti più amati dai ravennati, così come dalle migliaia di turisti che ogni anno scelgono la costa romagnola come meta delle loro vacanze: la migrazione in massa verso le spiagge, con il contorno di attività ludiche e sociali che conferiscono al concetto stesso di mare il carattere indiscusso di emblema della spensieratezza della bella stagione. Eppure, non è sempre stato così. Vista in prospettiva storica, la scoperta del mare come luogo privilegiato dello svago estivo è un fenomeno relativamente nuovo, dal momento che risale a non oltre duecento anni fa e, in Romagna, a epoche ancor più recenti. Per lunghi secoli, anche in piena estate, le spiagge furono un luogo selvaggio e isolato, dove il silenzio era rotto solo dall’eco della risacca e dal garrire dei gabbiani, e la vastità degli orizzonti era animata unicamente dalla presenza saltuaria delle barche

LA SCOPERTA DEL

MARE COME LUOGO

DI SVAGO ESTIVO

È UN FENOMENO

RELATIVAMENTE

NUOVO. A LUNGO LE SPIAGGE FURONO UN LUOGO SELVAGGIO

E ISOLATO A CAUSA

DELLE INCURSIONI

DEI PIRATI E DELLA

PRESENZA DI PALUDI

NELL’IMMEDIATO

ENTROTERRA.

dei pescatori o da pochi ‘marginali’, come i pastori, che osavano spingere i propri passi verso queste solitudini. Per quali motivi? In primo luogo, almeno per quanto riguarda le basse coste ravennati, per le caratteristiche ambientali di

questo paesaggio, con la presenza delle paludi nell’immediato entroterra che rendeva difficile l’accesso alla spiaggia ed endemica la diffusione della malaria. C’era però anche un’altra ragione a rendere scarsamente consigliabile avventurarsi sul mare senza le dovute precauzioni, e cioè la presenza dei pirati. Quella che ai nostri occhi è naturale attribuire unicamente a orizzonti esotici, fu infatti per secoli una minaccia costante anche nelle coste romagnole, per quanto in stretta relazione con la mutevole evoluzione del contesto storico. Per esempio, il crollo dell’impero romano e poi la conquista araba dell’Africa settentrionale causarono nel Mediterraneo una fase di instabilità caratterizzata dalle incursioni saracene. Per l’Adriatico, tuttavia, le informazioni che abbiamo al riguardo si infittiscono soprattutto dalla fine del Medioevo, e probabilmente non solo per l’esiguità della documentazione riguardante

DI ANDREA CASADIO FOTO MASSIMO FIORENTINI

i secoli precedenti. A dare un nuovo impulso al fenomeno nel nostro mare fu specificamente, fra il Quattro e il Cinquecento, l’espansione dell’impero ottomano nella penisola balcanica. I protagonisti degli assalti alle spiagge ravennati e romagnole provenivano infatti, in gran parte, dalle città dell’Adriatico meridionale in mano turca, come Dulcigno e Valona. Non erano le grandi flotte degli stati barbareschi di Algeri, Tunisi o Tripoli, che minacciavano soprattutto le città del Tirreno e del Mediterraneo occidentale. Nel nostro caso si trattava di una pirateria che gli storici hanno definito ‘di grado inferiore’,

frammentata, non però meno pericolosa per chi era oggetto delle sue sgradite attenzioni. La tattica di questi piccoli e veloci natanti era quella di nascondersi nottetempo nelle insenature e nei bassi fondali della costa, per poi aggredire di sorpresa le navi pescherecce che prendevano il largo all’alba, o quelle impegnate nella navigazione di cabotaggio. Non mancavano anche operazioni più ardite, come risalire i fiumi e sbarcare nelle campagne dell’entroterra alla ricerca di fattorie isolate o di sfortunati viandanti. Il bottino, infatti, non erano solo le merci, ma anche le persone, e cioè gli equipaggi delle navi catturate o gli abitanti

dei luoghi di approdo, destinati a una sorte più o meno sventurata. Talvolta, i vascelli dei pirati stazionavano al largo per alcuni giorni con l’obiettivo di pattuire con le popolazioni locali un riscatto immediato dei rapiti; più spesso, questi venivano condotti nei mercati di schiavi delle basi di partenza, dove li attendeva un destino che poteva essere un successivo riscatto, anche a distanza di anni (esistevano a tal fine varie associazioni e confraternite impegnate in un’opera di raccolta fondi) oppure una schiavitù perpetua, e a volte anche la conversione all’islam. Per quanto riguarda specificamente il Ravennate, è dalla

IN ALTO, LA ‘TORRACCIA’, L’ANTICA TORRE LITORANEA DI AVVISTAMENTO, OGGI

metà del Cinquecento che compaiono le prime testimonianze di incursioni piratesche. Il 1564 fu a questo riguardo un anno ‘infame e funesto’, come afferma lo storico Girolamo Rossi, che riferisce pure che l’anno seguente il consiglio comunale nominò un apposito corpo di difesa con a capo i principali nobili della città. D’altro lato, qualche volta capitava che fossero i pirati ad avere la peggio, come quando, nel 1572, l’equipaggio di una grande nave proveniente da Valona e finita in secca nei pressi del Savio fu catturato da un gruppo di giovani ravennati prontamente accorsi sul luogo, e poi esibito alla vista della cittadinanza di fronte

al duomo, al termine di un Te Deum di ringraziamento. Oltre all’organizzazione di squadre di vigilanza, una reazione all’infittirsi delle incursioni piratesche fu l’allestimento di un sistema di torri di avvistamento lungo la costa, in particolare alle foci dei corsi d’acqua, che erano utilizzate anche come scali portuali: manufatti simili furono edificati a Bellocchio, a Primaro (qui i resti della torre eretta alla fine del XVI secolo giacciono tuttora sul fondale al largo di foce Reno, dal momento che l’edificio fu costruito su una lingua di terra successivamente erosa dal mare), al Bevano, al Savio. Tutti sono oggi scomparsi, con

IL BOTTINO DEI PIRATI?

NON SOLO MERCI

MA ANCHE PERSONE. PER ARGINARE IL PROBLEMA, FURONO ALLESTITI CORPI DI DIFESA E TORRI DI AVVISTAMENTO LUNGO LA COSTA, COME LA TORRACCIA, COSTRUITA VERSO IL 1670.

l’eccezione della cosiddetta Torraccia, costruita verso il 1670 al porto Candiano, allora imboccatura del canale Panfilio, la cui massiccia mole, isolata in quella che è oggi una campagna solitaria e lontana dal mare nei pressi della pineta di Classe, è una delle presenze più caratteristiche – e più stranianti – del territorio ravennate.

Nella seconda metà del Seicento, in effetti, e cioè ad almeno un secolo dalla loro comparsa in grande stile, le incursioni dei pirati erano ancora un pericolo assai presente. Fu solo nel corso del Settecento, in concomitanza con il progressivo indebolimento della presenza turca nei Balcani, che il fenomeno cominciò finalmente a recedere, per poi esaurirsi del tutto all’inizio del secolo seguente. A quel punto, le spiagge cominciarono a essere meta delle escursioni dei primi timidi bagnanti. Oggi, negli assolati e affollati pomeriggi estivi, è difficile credere che sia esistito un tempo in cui lo spuntare di una vela all’orizzonte provocava il terrore di chi, dal bagnasciuga o dall’alto di una torre, scrutava l’orizzonte delle spiagge allora solitarie dell’Adriatico.

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COPURA

MASSIMA EFFICACIA NEL CAMPO DEI SERVIZI

Festeggia i suoi primi 50 anni Copura, eccellenza italiana dei servizi di pulizia, multiservizi e servizi integrati. Una storia unica ed emblematica al tempo stesso che merita di essere ripercorsa e celebrata, a partire da quel 1975

in cui nacque l’idea imprenditoriale. Era il 27 dicembre quando delle giovani e intraprendenti donne lavoratrici di Ravenna , che si occupavano di servizi, decisero di mettersi in società e muovere i primi passi per cre-

FESTEGGIA 50 ANNI LA COOPERATIVA RAVENNATE, ECCELLENZA

ITALIANA DEI SERVIZI DI PULIZIA.

are un’organizzazione che consentisse loro di conquistare non solo una posizione lavorativa più sicura, ma anche un maggiore riconoscimento sociale. Nasce così la Cooperativa Pulizie Ravenna, nome alla base dell’attuale acronimo Copura. A piccoli passi l’organico si amplia, la cooperativa si espande e si diversificano i servizi, entrano nuove tecnologie ma resta intatto il rispetto per le risorse più preziose: i lavoratori e le lavoratrici. Nel corso degli anni, la cooperativa ha intrapreso un percorso di crescita entrando in rete con altre realtà del mondo cooperativo, avviando collaborazioni strategiche ed ampliando i propri ambiti di intervento.Un’altra tappa importante risale al 1985, ossia a quando le socie si rendono conto che la struttura iniziale non era più sufficiente, che c’era bisogno di un direttore, in grado di coniugare le idee pionieristiche con una visione moderna più adatta a un mercato in costante crescita. E così è iniziata l’avventura di Corrado Pirazzini, a lungo direttore di Copura, e oggi presidente.

“Con l’ente pubblico che inizia ad appaltare i servizi,” ricorda Pirazzini,“comincia il grande impegno della cooperativa in ambito sanitario : gli interventi e i servizi presso importanti Aziende Ospedaliere diventeranno un pilastro fondamentale per la crescita aziendale.” Nel corso degli anni Novanta, insieme all’ampliamento della gamma di servizi offerti, la Cooperativa

FONDATA NEL

1975 DALL’IDEA IMPRENDITORIALE

DI GIOVANI E

INTRAPRENDENTI DONNE, OGGI COPURA È PRESENTE

SULL’INTERO TERRITORIO

NAZIONALE OFFRENDO

SERVIZI DI FACILITY

MANAGEMENT NEL SEGNO

DELL’INNOVAZIONE

TECNOLOGICA E DELLA

QUALIFICAZIONE PROFESSIONALE.

inizia a estendere il raggio d’azione territoriale uscendo dal perimetro emiliano-romagnolo per approdare in Lombardia e Veneto. Un passo significativo che ha visto Copura esportare la propria esperienza e i propri servizi, confermando il grado di competenza raggiunto.

Oggi l’azienda è presente sull’intero territorio nazionale ed ha prestato servizi in luoghi iconici come il Palazzo del Quirinale e la Tenuta di Castelporziano a Roma, e il Palazzo della Regione Lombardia a Milano . Verso gli anni Duemila, arrivano le prime certificazioni che disegnano oggi il profilo di un’azienda impegnata verso responsabilità sociale e sostenibilità.

La sede aziendale si trasferisce in spazi più ampi, l’organico cresce notevolmente (arrivando agli attuali 1.300 dipendenti a fronte degli 80 iniziali) e si amplia l’offerta dei servizi, fino a quel momento focalizzata sulle pulizie, estendendosi a facchinaggio, logistica e servizi ausiliari. In parallelo, matura sempre più l’esperienza nel campo della pulizia e della sanificazione ospedaliera, sino ad acquisire le

competenze e il know how per affrontare la pulizia di aree ad altissimo rischio: blocchi operatori, centrali di sterilizzazione, unità coronariche, emodialisi, reparti infettivi, rianimazione e terapie intensive, oltre che svolgere servizi come il trasporto di materiale sanitario (all’interno delle strutture e ‘su gomma’), la distribuzione di farmaci, l’assistenza al vitto e il trasporto pazienti. “Un altro passaggio significativo,” aggiunge il presidente Pirazzini, “risale a otto anni fa quando Copura acquisisce la società Kineo con sede a Bologna che si occupa principalmente di gestione e manutenzione di impianti tecnologici. Una scelta necessaria per restare competitivi in un mercato in continua trasformazione e per poter partecipare agli appalti anche negli attualissimi settori dell’energia e delle manutenzioni. Guardando al futuro,” prosegue, “è quanto mai necessario acquisire nuovi servizi per allargarci, considerando che ormai il mercato in cui siamo leader è saturo. In cinquant’anni di storia non abbiamo mai avuto un bilancio negativo. Per questo, in futuro sarà ancora

Con la stessa passione, da sempre.

più importante identificare nuovi settori da affiancare a quelli già esistenti, così da fungere da motore propulsore per la crescita.”

La celebrazione del mezzo secolo è prevista il prossimo autunno, con eventi dal forte conte-

nuto valoriale, rivolti non solo ai soci e portatori di interesse della cooperativa, ma anche e soprattutto aperti alla città di Ravenna, e pensati per favorire la condivisione di riflessioni importanti sui tempi in cui viviamo.

Una passione autentica non passa mai. A noi è servita in questi cinquant’anni per crescere, innovare, diventare più sostenibili. Oggi siamo in tanti, così come numerose sono le organizzazioni che si sono affidate ai nostri servizi. Un percorso lungo e impegnativo, che mai ha perso di vista l’ambizione costruttiva e la capacità
“visionaria” delle donne che sono state fondatrici della nostra cooperativa.
Tutti giorni, tutti insieme, verso domani. www.copura.it

IPPICA

LE SIEPI

TRA I MIGLIORI

CAMPI

OSTACOLI D’EUROPA

A 5 STELLE

Il rilevante appuntamento con i campionati tricolori nella settimana di Pasqua ha ribadito la sua centralità nel panorama agonistico e organizzativo dell’equitazione italiana. E i cinquant’anni festeggiati nel 2024, con un articolato calendario di gare ed eventi, tra cui i Campionati Italiani e l’Adriatic Tour, ne hanno confermato la vitalità e l’energia. Il centro ippico Le Siepi, domiciliato a Savio di Ravenna in via Nullo Baldini, ma considerato a tutti gli effetti impianto cervese, è oggi una delle eccellenze sportive del territorio e uno dei campi ostacoli più prestigiosi d’Europa, a premiare quella che, in quell’anno 1974, fu un’autentica visione di Amedeo Sovera.

“Quando Amedeo decise di creare il centro ippico in una zona che all’epoca era una pura spianata di sabbia,” racconta la moglie Lalla Novo, presidente che guida Le Siepi dal 2008 dopo la morte del marito, “aveva in mente un progetto lungimiran-

NASCE NEL 1974

GRAZIE ALLA PASSIONE

PER I CAVALLI DI

AMEDEO SOVERA, CONOSCIUTO COME

‘PUPO’. FONDAMENTALE

ANCHE IL CONTRIBUTO

DELLA MOGLIE

LALLA NOVO, CAMPIONESSA

DELL’EQUITAZIONE.

te che potesse concretizzare in qualche modo la sua passione per i cavalli.” Sovera amava le sfide. Conosciuto come ‘Pupo’, fu tra gli ispiratori del salto di qualità e della trasformazione del Mare e Pineta, il primo albergo a Milano Marittima, e il 22 luglio 1974 aprì per la prima volta i cancelli dell’attuale centro ippico. “L’ha costruito poco

alla volta, dotandolo di tutte le strutture e attrezzature di cui aveva bisogno,” ricorda ancora Novo. “Ossia le scuderie, i campi gara al coperto e all’aperto, le strutture per il ricovero dei cavalli, e le piante, che oggi sono più di 5.000.” Ma il contributo di Lalla Novo non è stato da meno: oltre alla mente serviva un braccio bello forte e Lalla lo aveva, grazie a un percorso sportivo piuttosto brillante, maturato inevitabilmente dentro una famiglia vocata allo sport. Il padre di Lalla era Ferruccio Novo, il creatore di quella formidabile squadra di calcio che è stata il grande Torino. Lalla è diventata una campionessa dell’equitazione, è stata due volte sul podio dei campionati europei nel 1966 a Gijón, in Spagna (vinse il bronzo) e nel 1967, a Fontainebleau, in Francia, con l’argento al collo, vanta 32 presenze con la nazionale italiana nella Coppa delle Nazioni, è stata una delle poche

DI MASSIMO MONTANARI FOTO MASSIMO FIORENTINI
“LE SIEPI È CONOSCIUTO IN TUTTA EUROPA, A NOI INTERESSA CONTINUARE A OSPITARE LE GARE, I TROFEI, LE MANIFESTAZIONI E I RELATIVI CONCORRENTI.”

IN QUESTE PAGINE, IL CENTRO IPPICO LE SIEPI, ECCELLENZA SPORTIVA DEL TERRITORIO. IN ALTO, LALLA NOVO, PRESIDE DEL CENTRO ED EXCAMPIONESSA DI EQUITAZIONE.

amazzoni italiane capaci di vincerla in Piazza di Siena ed è stata riserva della squadra italiana di salto a ostacoli alle Olimpiadi di Monaco 1972. Una carriera che le è valsa l’inserimento all’interno della Enciclopedia dello sport della Treccani.

E mentre il centro si ampliava, cominciava ad attirare l’interesse della federazione per l’organizzazione di trofei, campionati e gare – “ho perso il conto di quante ne sono state fatte qui,” ammette la presidente – ma cominciava a diventare anche una sorta di club house, di punto di ritrovo, di salotto per l’intera equitazione italiana. “Tanti amici sono passati di qua, e sono tornati una volta che hanno vi-

sto il contesto. Senza falsa modestia, altri lo faranno quando capiranno esattamente cos’è il circolo. Il centro Le Siepi è conosciuto in tutta Europa, a noi interessa continuare a ospitare le gare, i trofei, le manifestazioni e i relativi concorrenti. I cavalieri aspettano il calendario nazionale per organizzarsi e partecipare. Sono arrivate richieste anche da Qatar, Nigeria e Bahrein.” Il livello molto alto dell’impianto non è sfuggito al nuovo sindaco di Cervia, Mattia Missiroli, che considera Le Siepi punto di riferimento della città dello sport. “Questo impianto è un po’ come il formaggio in un toast,” chiarisce la presidente con un’espressione singolare. “Ap-

parteniamo a Ravenna ma di fatto l’attività si ripercuote quasi totalmente su Cervia, visto che qui c’è tutta la sistemazione alberghiera nei periodi delle gare.” Tra i punti di forza del centro ippico ci sono anche i percorsi disegnati da Uliano Vezzani, con cui Le Siepi ha allacciato una felice e robusta collaborazione. Tra i più grandi course designer internazionali, Vezzani, correggese di nascita, ha costruito percorsi nelle coppe del Mondo, in tantissime edizioni dello CSIO Roma-Piazza di Siena, in oltre 100 tappe del Longines Global Champions Tour, “e qui da noi disegna i tracciati delle competizioni più importanti, come è accaduto in occasioni dei campionati italiani,” sottolinea Lalla. “Uliano ha mosso i suoi primi passi come aiutante del direttore di campo, poi è cresciuto in esperienza e ha lavorato moltissimo in Arabia, e in tante parti del mondo. Averlo nel nostro staff è per noi un grande onore e una bella soddisfazione.”

Lasciata alla spalle la rassegna tricolore, ora il centro ippico Le Siepi guarda agli appuntamenti estivi, tra i quali spiccano un campionato tecnici istruttori giovani a luglio e il ritorno dell’Adriatic Tour, due concorsi internazionali di salto ostacoli nella prima e seconda settimana di agosto, il modo migliore per iniziare altri cinquant’anni di attività.

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Allestimenti per veicoli commerciali con l’obiettivo di migliorarne l’utilizzo professionale. Questo è il cuore dell’attività di Car Fibreglass di Ravenna, una solida realtà imprenditoriale che ha saputo crescere e diversificarsi nel tempo, dimostrando sempre grande attenzione ai cambiamenti del mercato e delle normative, flessibilità produttiva e alta professionalità. Tramite la ricerca e l’impiego di nuovi materiali e sistemi di produzione, l’azienda con sede in via O. Magnani 15 (zona Bassette), riesce a ottimizzare costantemente i propri processi interni, incrementando la qualità e riducendo i tempi di consegna dei prodotti. Car Fibreglass, infatti, segue internamente l’inte-

ro processo di produzione, dalla progettazione alla realizzazione del modello, dalla creazione dello stampo alla realizzazione, dall’installazione del prodotto sul veicolo fino al test di validazione. Il tutto avviene nel pieno rispetto dell’ambiente, per sprecare meno energia e garantire al contempo la sicurezza del posto di lavoro. “Dal 2017 abbiamo realizzato una nuova di linea di produzione completamente automatizzata di prodotti in ABS,” spiega l’amministratore Luca Barboni “I nostri pannelli di rivestimento interno per veicoli commerciali non sono dunque più realizzati in vetroresina come in precedenza. Un passaggio importante da diversi punti di vista. Anzitut-

to a livello ecologico: mentre la vetroresina era destinata alla discarica come materiale inerte, l’ABS è interamente riciclabile Un ‘guadagno’ per l’ambiente e per la salute dei lavoratori, visto che non ci sono rischi legati alle emissioni. C’è poi da considerare che, in questo modo, si ottengono prodotti di maggiore qualità in minor tempo.”

Car Fibreglass è in grado di realizzare qualsiasi tipo di pannello e di garantire la massima personalizzazione per la gioia dei propri clienti. Si producono, per esempio, pannelli per il vano di carico di furgoni che trasportano alimenti HACCP (frutta, verdura, pane, ecc.) e medicinali, che offrono un’ottima protezione igie-

“GRAZIE ALL’UTILIZZO DELL’ABS, INNOVATIVO

MATERIALE PLASTICO

RICICLABILE, SIAMO

RIUSCITI A SVILUPPARE

NUOVI PRODOTTI, COME

LA PARATIA PARA-ALITO DRIVER GUARD CHE

CONSENTE DI MIGLIORARE

LA SICUREZZA DEL CONDUCENTE E DEI PASSEGGERI.”

nica, in quanto facili da pulire e disinfettare come richiesto dalle normative. Così come pannelli per il trasporto di persone disabili, camping e veicoli speciali. “Il nostro è un prodotto industriale a tutti gli effetti, che possiamo adattare per vari utilizzi,” precisa Barboni. Le origini di Car Fibreglass risalgono al 1974, l’azienda ha dunque di recente celebrato il cinquantesimo compleanno con una grande festa insieme a clienti e operatori del settore. “Mio padre Franco,” ricorda il figlio Luca, “insieme ai suoi fratelli, aprì quella che in origine era una carrozzeria per la costruzione e la riparazione di autocarri. Già negli anni Ottanta si registra la prima evoluzione con la specializzazione in camping car e nel rialzo di tetti di veicoli vari, e il conseguente avvio della produzione dei materiali necessari. Poi l’azienda ha iniziato a proporre interni per le ambulanze che, per legge, dovevano essere facilmente igienizzabili. Su questa scia, negli anni Novanta, è nato uno dei nostri prodotti di punta,

il Cover, l’allestimento a base di pannelli lavabili, impermeabili e resistenti ai disinfettanti, indispensabile per tutti coloro che traportano medicinali, alimenti in HACCP, materiali pericolosi in Adr, salme.”

Grazie al Cover, Car Fibreglass è riuscita giocarsi la carta dell’internazionalizzazione, grazie a una rete di venditori diffusi in tutta Europa . Circa il 30-40% della produzione è ora rivolta all’estero, in particolare in Europa, America e Asia, raggiungendo circa 40 Paesi nel mondo. “Siamo riusciti a passare indenni la pandemia da Covid-19,” aggiunge Barboni. “Grazie all’utilizzo dell’ABS, innovativo materiale plastico, siamo riusciti a sviluppare nuovi prodotti, come la paratia para-alito Driver Guard che consente di migliorare la sicurezza del conducente e dei passeggeri. Un accorgimento particolarmente indicato per taxi, noleggio con conducente, trasporto persone in particolari condizioni, autovetture private.”

Più di recente si registra poi un

nuovo investimento, ossia il raddoppio delle linee produttive con un’altra termo-formatrice e un nuovo centro di lavoro. Nel complesso attualmente l’azienda, che ha un organico di 26 persone, può contare su 5 impianti, 4 centri di lavoro, 2 termo-formatrici e pannelli fotovoltaici sui tetti per 240 kw totali, che garantiscono l’autoproduzione

di corrente elettrica. Una curiosità? Il prossimo giugno, Car Fibreglass finirà l’ultimo lotto in ABS per i veicoli della San Carlo, la nota azienda produttrice di patatine, che prevede un originale e innovativo sistema di tre porte posteriori. “Un lavoro su misura per una flotta di mille veicoli che ci ha dato grande soddisfazione,” conclude Barboni.

L’ ARREDO PROGETTATO A MISURA

CERAMICA

Per chi desidera avere un’idea del panorama contemporaneo internazionale legato alla ceramica, materia plastica che negli ultimi anni sta ricevendo una grande attenzione, da non perdere è la 63a edizione del Premio Faenza, dal 28 giugno al 30 novembre al MIC di Faenza. Si tratta della storica Biennale Internazionale della Ceramica d’Arte Contemporanea, tra le più importanti e riconosciute al mondo nel settore. Sono un centinaio gli artisti, provenienti da tutto il mondo, dalla Cina e Corea fino ad arrivare al Sud America, selezionati dalla giuria internazionale composta da Claudia Casali (direttrice del MIC di Faenza, presidente di giuria), Hyeyoung Cho (Korea Association of Art & Design), Valentins Petjko (Latvian Ceramic Biennale) e Marco Maria Polloniato (curatore).

Claudia Casali, quante richieste di partecipazione avete ricevuto?

“Quest’anno, il Premio Faenza ha registrato la presentazione di ben 1.318 opere da 874 artisti, 200 per la categoria under 35 e 674 per quella over 35, rappresentanti di 72 nazioni. Un’edizione straordinaria che ha messo in difficoltà la giuria internazionale, nella selezione finale. Sono

AL MIC DI FAENZA RITORNA LA STORICA BIENNALE

D’ARTE

“IN MOSTRA VEDREMO SCULTURE E INSTALLAZIONI, CON UNA PROFONDA ATTENZIONE ALLE TEMATICHE ATTUALI, SOCIALI, POLITICHE, AMBIENTALISTE: LA NOSTRA BIENNALE È UNO SGUARDO SU NOI STESSI E SULLA NOSTRA IDENTITÀ.”

PREMIO

state ammesse 107 opere di artisti provenienti da tutto il mondo a rappresentare oltre 34 nazioni. In mostra vedremo sculture e installazioni, come richiesto dal bando, con una profonda attenzione alle tematiche attuali, sociali, politiche, ambientaliste: come di consueto, la nostra Biennale è uno sguardo su noi stessi e sulla nostra identità.”

Il Premio Faenza ha oltre 80 anni di storia. Può citare un paio di edizioni che sono rimaste nella memoria?

“Sicuramente l’edizione celebrativa degli 80 anni ovvero 60 edizioni, dal titolo Ceramics Now!, realizzata nel 2018 su invito. 15 curatori internazionali hanno se-

lezionato 50 artisti rappresentativi di una modalità di fare scultura e installazioni uniche, con maestri di chiara fama e talenti riconosciuti. Fu una festa della ceramica arricchita di eventi performativi, musicali, riflessioni che hanno riportato Faenza al centro del mondo della ceramica internazionale.”

C’è poi stata quella del Covid che doveva tenersi nel 2020… “Particolare e sicuramente memorabile. La giuria aveva predisposto la selezione degli artisti ma non riuscimmo ad allestire la mostra. Per dare valore ai selezionati, organizzammo una serie di talk online molto partecipati: era un modo di far vivere la co-

munità artistica ceramica in un momento in cui la presenza era negata. Questa modalità di presentazione online e in streaming è stata mantenuta sia per l’edizione attuale che per la precedente: ogni mercoledì pomeriggio siamo online e raccontiamo il premio attraverso i suoi protagonisti. Questi episodi rimangono visibili sul nostro canale YouTube. Ormai è un podcast consolidato e molto seguito.” Il Premio offre una panoramica internazionale sulla ceramica. Negli ultimi anni, quali sono stati i Paesi che più si sono distinti o hanno fatto ‘progressi’? “È una domanda complessa. Tradizionalmente il Paese con più partecipazione, oltre ovviamente l’Italia per una questione logistica, è il Giappone. Fin dagli anni Settanta gli artisti giapponesi hanno avuto molto spazio nella nostra Biennale e si sono distinti con Premi importanti: uno fra tutti Sueharu Fukami, che grazie al riconoscimento faentino divenne poi una star internazionale. Negli anni è aumentata la partecipazione cinese grazie ai tanti centri di formazione e valorizzazione della ceramica nati e rilanciati negli ultimi 15 anni. La Cina si caratterizza soprattutto per la produzione eccellente under 35. Sorprendono molto le presenze lettoni, lituane, belghe, coreane, polacche. L’area baltica ha una vitalità eccezionale grazie al supporto di centri come il Mark Rotko Center organizzatore del Martinsons Award.”

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POETICA

ROSETTA BERARDI: RICERCA

CREATIVA

TRA PITTURA E FOTOGRAFIA

DEI MATERIALI

Dal profondo sud, con un carico di memorie ancestrali e di aspettative esistenziali, Rosetta arriva a Ravenna nel 1963 dove trova un ambiente accogliente e stimolante e dove assume nel 1977 il nome d’arte ‘Berardi’ per onorare la memoria di una persona cara. A Caltagirone aveva studiato fino al diploma al liceo artistico. A Ravenna collabora in uno studio d’ingegneria, frequenta l’Accademia di Belle Arti e come spesso succede l’arte e la vita si confondono. Il modo di vivere in cui opera oggi è improntato all’attenzione dell’arte e dei libri: nella casa editrice di cui si occupa, cura quella parte che può avere un rapporto con l’arte.

I MATERIALI HANNO

AVUTO UN RUOLO SIGNIFICATIVO

NELLA SUA RICERCA, MATERIALI SEMPLICI E PRIMARI IN GRADO DI ACCOGLIERE FORME

MINIMALI. L’INCENDIO

DELLA PINETA DI LIDO

DI DANTE LA PORTA A

LAVORARE SUL TEMA

DELLA NATURA VIOLATA, E PER VENT’ANNI

FOTOGRAFA TANTE

DONNE VELATE RIPRESE

DA DIETRO.

Gli anni dell’Accademia sono stati molto entusiasmanti per il bel rapporto con gli insegnanti, in particolare con il maestro Umberto Folli, un artista legato alla tradizione della ‘buona’ pittura aggiornata in versione espressionista. Dipingeva molto dal vero ed era brava a fare ritratti tanto che le è rimasta una particolare disposizione all’astrazione fisionomica. In quegli anni, a Ravenna, le mostre proposte da Giulio Guberti

alla Loggetta Lombardesca erano in aperta contrapposizione con l’insegnamento di Storia dell’arte da parte del professor Raffaele De Grada. Nasce quindi la necessità di frequentare il Dams per comprendere meglio l’arte contemporanea: per tutto il periodo dell’università non ha dipinto, e solo alla conclusione, dopo la laurea in Storia dell’Arte contemporanea con Piergiovanni Castagnoli, riprende a dipingere e si ritrova completamente diversa poiché la preparazione in accademia non corrispondeva più ai nuovi interessi. Ha intrattenuto un’intensa amicizia e assidua frequentazione con Giulio Guberti, ma la lezione di Folli era sempre presente, perché il rigore e la sintesi formale delle sue opere derivavano dall’insegnamento di Folli. Fin da quegli anni i materiali hanno avuto un ruolo significativo nella sua ricerca, sia le carte piegate e manipolate che la tela tarlatana unita al ferro, materiali semplici e pri-

DI ALDO SAVINI
FOTO LIDIA BAGNARA

mari in grado di accogliere forme geometriche minimali o segni grafici decisamente concettuali. Deve succedere un evento che la colpisca, che la stimoli a creare opere che hanno a che fare con quell’evento vissuto, velato di dramma e dolore. L’incendio della pineta di Lido di Dante

del 2012 l’ha coinvolta emotivamente; qualche giorno dopo è andata a vedere quello che era rimasto, veramente era un cimitero, e talmente forte era l’impressione che ha iniziato a lavorare sul tema della natura violata e tuttora continua a lavorarci

Qualcuno le dice che queste opere ricordano l’Oriente, il Giappone, e in effetti utilizza un pennello giapponese. Nel suo soggiorno in Giappone ha infatti studiato l’arte giapponese, l’ikebana, e poiché ama l’essenzialità, è portata a riprodurre la natura non con uno sguardo descrittivo, ma tende piuttosto a ridurre l’aspetto coloristico al bianco e nero. Quando ricorre ai colori, usa quelli primari, rosso, blu e giallo sempre puliti senza sconfinamenti tonali. Con l’avvento della macchina fotografica digitale ha avviato un’altra ricerca perché può utilizzare il mouse come fosse un pennello, anche per lavori di grandi dimensioni. Nel ciclo di opere fotografiche Dietro il volto. L’universale mistero del velo le fotografie, realizzate nell’arco di venti anni durante i viaggi in Turchia, India, Spagna e nel mondo arabo, sono state decontestualizzate, ha eliminato tutto quello che era attorno per

rendere la figura monumentale e mettere in risalto i diversi modi in cui il velo viene portato. Quando si è accorta, dopo anni, di aver fotografato tante donne velate riprese da dietro, si è chiesta perché subiva questo fascino e, andando indietro nella memoria, ha ricordato che la nonna portava il velo per andare in chiesa e da bambina desiderava di poterlo indossare anche lei. Un altro elemento che in questi Paesi ha attirato la sua attenzione è la scrittura che invadeva i muri delle città. Interessata, impegnata per una serie di dipinti calligrafici che raffigurano lettere cinesi, indiane e arabe come

‘tracce della memoria’. Queste opere sono state esposte per la prima volta a Parigi nella sede dell’Unesco dove è stata invitata per una mostra personale a rappresentare l’Italia nella Giornata Internazionale della donna, l’8 marzo 2007. L’ideogramma ha una valenza concettuale, perché altro non è che la rappresentazione grafica di un concetto e, come tale, comporta una visione poetica del reale rivissuto interiormente. Già Giorgio Bonomi, sul finire del secolo scorso, avvertiva come nelle ricerche della Berardi sopravvivesse “un senso tragico del tempo e della vita, ora in

BERARDI FOCALIZZA LA SUA ATTENZIONE ANCHE SULLA SCRITTURA

PRODUCENDO UNA SERIE DI DIPINTI CALLIGRAFICI CHE RAFFIGURANO LETTERE

CINESI, INDIANE E ARABE COME ‘TRACCE DELLA MEMORIA’, ESPOSTI PER LA PRIMA VOLTA A PARIGI NELLA SEDE DELL’UNESCO.

modo esplicito ora in modo allusivo e simbolico […] con tutti i rimandi di nostalgia, tristezza, di interrogativi che lo scorrere del tempo implica.”

Una sensibilità poetica che attraversa l’intera produzione di Rosetta Berardi, come sintetizza il titolo della recente retrospettiva a Palazzo Rasponi delle Teste, Iconografie del dolore privato. Dolore che, nella conclusione del testo in catalogo di Linda Kniffitz, “da manifestazione introspettiva e solitaria diviene testimonianza e metafora di una condizione che coinvolge realmente e strettamente l’umanità intera.”

lapievepoligra ca.it

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