Premium IN Magazine 02 2015

Page 1

IMPRONTE DI STILI. Cesare CREMONINI, Dante FERRETTI, Sergio DAGNINO, Alberto NERAZZINI, Un cuore DI NEVE.

SPECIAL DOME. architettura e interior design

RIMINI: Golden box loft, CESENA: Concreta filosofia,

COURMAYEUR: Segni di lusso,

BOLOGNA: Opificio Golinelli.



Editoriale

EDITORIALE di Andrea Masotti

Il personaggio con cui apriamo questo numero di Premium è Cesare Cremonini, di cui ripercorriamo la carriera, da concertista nel salotto dei genitori ai palchi dell’ultimo tour. Rimaniamo nel mondo dello spettacolo con un’intervista a Dante Ferretti, scenografo pluripremiato, tre volte Oscar insieme alla moglie Francesca Lo Schiavo. Con Sergio Dagnino, Direttore generale di Caviro, entriamo nel mondo del vino italiano, prodotto d’eccellenza che ha recentemente superato i cugini francesi in quantità e qualità produttiva. Alberto Nerazzini, giornalista di Report, Sciuscià, Anno Zero, ci parla del futuro del giornalismo d’inchiesta. Visitiamo infine la Campigna, montagna che sa offrire scorci mozzafiato in tutte le stagioni. Le rubriche che aprono la rivista sono come sempre ricche di personaggi, storie, idee: partiamo con Barbara Bertoni, amministratore della casa editrice Imago, che pubblica esclusivi facsimili di manoscritti medioevali. Proseguiamo con Palazzo Albergati di Bologna che ospita una mostra di dipinti dei Brueghel, una famiglia di artisti fiamminghi attivi nel XVI-XVII secolo. Marco Cortesi e Mara Moschini ci spiegano come, grazie al crowfunding, stanno riuscendo a portare sul grande schermo Rwanda, il loro spettacolo di teatro civile. Chiara Maci racconta la sua storia: dalla laurea in giurisprudena al titolo di Miglior Food blogger ai Macchianera Italian Awards 2015. Le ricette di una famiglia nobile emiliana sono protagonisti del nuovo libro di Mariavittoria Andrini, edito da IN Magazine. Ci occupiamo poi di economia con Liberex, il circuito B2B di credito commerciale senza euro, parlandone con il portavoce Alessandro Gheri, e con l’intervento di Stefano

Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ -

2/15

€ 3,00 - N. 2/15

Bonaccini, presidente della Regione, sulle tre eccellenze regionali: benessere, motori e cibo. Le attività di Romagna Solidale ci vengono illustrate dal presidente Arturo Alberti, a cui seguono le riflessioni di Igor Pellicciari, nuovo Console Onorario della Federazione Russa. Andrea Baldini, direttore di MilleChili, ci spiega infine l’incontro tra l’università e la Ferrari. Chiudiamo come sempre con lo Special Dome dedicato alle architetture e alla riflessione sul design. Apriamo con il Golden Box Loft che lo studio Cumo Mori Roversi di Rimini ha realizzato in un appartamento cogliendo la sintesi tra modernità e accoglienza, ambienti sofisticati e ospitali. Segue una serie di considerazioni di filosofia dell’architettura a margine di un intervento dello studio Belliarch di Cesena su una villa posizionata all’inizio della collina ce-

IMPRONTE DI STILI. Cesare CREMONINI, Dante FERRETTI, Sergio DAGNINO, Alberto NERAZZINI, Un cuore DI NEVE.

SPECIAL DOME. architettura e interior design

RIMINI: Golden box loft, CESENA: Concreta filosofia,

COURMAYEUR: Segni di lusso,

BOLOGNA: Opificio Golinelli.

senate. Con l’articolo dedicato al Grand Hotel Mont Blanc di Courmayeur illustriamo le ragioni di una sfida vinta: progettare un hotel a cinque stelle in area montana. Terminiamo con l’Opificio Golinelli di Bologna, nuova cittadella per la conoscenza e la cultura della Fondazione Golinelli, e il nuovo format ristorativo i cui interni sono stati progettati dal santarcangiolese Paolo Amati: si tratta di Casa Clerici, la cui madrina è l’Antonella Clerici televisiva. Il mondo del design è dedicato a Giampiero Bodino, gioielliere, e Erika Calesini, artista del riuso. Chiudiamo il numero con un servizio dedicato al nuovo Centro Accoglienza di Poggio Picenze, progettato dagli architetti Elisa Burnazzi, riminese, e Davide Feltrin, trentino, un centro di aggregazione sociale per giovani e anziani.

Editoriale / 3


Un luogo luminoso, accogliente, dedicato all’archivio della storia Dondup. Uno spazio che racconta il mondo Dondup dai capi delle collezioni all’accoglienza, al design in pieno stile Dondup.


Orari di Apertura Da Martedì a Venerdì: 10.00 – 13.00 | 14.00 – 19.00 Sabato: 10.00 – 13.00 | 15.00 – 20.00 Domenica: 16.00 – 20.00

Via Achille Grandi, 10 61034 Fossombrone (PU) Italy (+39) 0721 740966 archivio@dondup.com www.archiviodondup.it


Design complementi: Pietro Occhetto - Design divani: Stefano Conficconi



Sommario Premium

SOMMARIO - PREMIUM impronte di stili

Editoriale 3

38

Accenti 12 Creative Paper 16 Vernissage 18 On stage 20 Gourmandise 22 Tra le Righe 24

54

New Economy 26 Global Market 28 Social 30 Happening 33 Leadership 34 Sporting Club 36 62

Cesare Cremonini 38 lo scrittore di canzoni.

Dante Ferretti 4 4 lo scenografo piĂš amato da Hollywood.

Sergio Dagnino 4 8 il mondo nel bicchiere.

Alberto Nerazzini 54 alla ricerca dell’inchiesta perduta.

Un cuore di neve 62 tra misteri, leggende e natura incontaminata.

8 / Sommario Premium


Sommario Premium

SOMMARIO - PREMIUM impronte di stili

SPECIAL DOME architettura e interior design

Accenti 70 Golden box loft 72 l’incontro tra essenzialità e calore.

Concreta filosofia 78 la via per comprendere l’architettura.

Segni di lusso 82 il Grand Hotel Courmayeur.

72

Opificio Golinelli 86

“IN MAGAZINE PREMIUM” anno IX - n° 2 novembre 2015 Reg. al Tribunale di Forlì il 28/10/2005 n. 43

l’educazione in pratica.

Casa Clerici 90

Edizioni IN MAGAZINE S.R.L. - Menabò Group Redazione e amministrazione: 47122 Forlì - Via Napoleone Bonaparte, 50 tel. 0543.798463 - fax. 0543.774044

décor, grafica & good food.

Lo splendido manufatto 94

www.inmagazine.it www.menabo.com info@inmagazine.it

Giampiero Bodino.

Erika Calesini 96

Stampa: Grafiche MDM Forlì

dare anima a ciò che non ha anima.

Creare accoglienza il nuovo Centro di aggregazione.

98

Direttore Responsabile: Andrea Masotti.

82

Redazione centrale: Serena Focaccia. Artwork: Lisa Tagliaferri. Impaginazione: Francesca Fantini. Ufficio commerciale: Gianluca Braga, Irena Coso, Laura De Paoli, Elvis Venturini. Collaboratori: Erika Baldini, Annalisa Balzoni, Alessandro Bucci, Simonetta Campanelli, Dolores Carnemolla, Andrea Cesaretti, Nevio Galeati, Gianluca Gatta, Claudia Graziani, Alessandra Leardini, Lucia Lombardi, Serena Macrelli, Sabrina Marin, Maurizio Verdenelli, Antonella Zaghini, Francesco Zardon. Fotografi: AGF, Lorenzo Angelini, Giorgio Benvenuti, Giovanni Bortolani, Riccardo Caselli, Gianluca Colagrossi, Fabrizio De Blasio, Chico De Luigi, Valentina Donatini, Fotoreporter-ER, Riccardo Gallini, Giorgio Sabatini. Chiuso per la stampa il 27/11/2015 Seguici su FB: www.facebook.com/edizioni.inmagazine

86

gruppo

Sommario Premium / 9


Accenti

DONDUP: uno store che si fa storia.

Fossombrone (PU) - Archivio Dondup è il luogo nel quale rivive la magia della storia Dondup, attraverso i capi evergreen delle collezioni e i tocchi di stile delle creazioni che maggiormente ne identificano lo stile. “Lo spazio interno principale è suddiviso in tre campate che hanno come punto focale un grande cancello bianco che, oltre ad essere la separazione tra lo spazio donna e quello uomo, è anche l’ingresso ad un palco rock, il cui fondale diviene una parete ricoperta da proiezioni.”

Archivio Dondup è la traduzione del mondo Dondup, dall’arredo, all’allestimento dei capi, al mood del brand e nasce con lo scopo di sensibilizzare l’immagine del brand, accrescere il racconto di un percorso decennale attraverso i dettagli stilistici e l’assortimento di capi che ne hanno segnato la storia. Le colline e le campagne marchigiane che circondano Archivio Dondup a Fossombrone identificano il luogo più idoneo per esprimere l’evoluzione del mondo Dondup.

TRONA: dalla poltrona ai braccialetti. Pesaro - Christian Tamburinelli (nella foto) è il titolare di Bluestar Fashion Design, azienda Pesarese che produce e distribuisce i prodotti a marchio Trona. Il marchio è nato inizialmente dall’idea del nome della sua poltrona galleggiante realizzata con materiali adoperati nel settore nautico, ideata e brevettata per invenzione industriale, che accoglie l’utilizzatore avvolgendolo come il Trono di un re. Insieme a un caro amico di infanzia, viene ideato il marchio Trona, sul quale è stata poi utilizzata un araldica di famiglia. Oggi Trona è un brand che sta facendo il giro del mondo nel settore del lusso, servendo hotel 5 stelle, resorts, poolbuilders, negozi di arredamento per outdoor e cantieri navali. Tamburinelli ci spiega come nasce la linea di gioielli: “Il nostro brand piace, perché è sinonimo

10 / Accenti

di qualità ed artigianalità, i prodotti sono realizzati a mano in Italia. I fornitori con cui collaboriamo sono principalmente nelle Marche, perché preferisco lavorare con l’indotto locale per quanto è possibile. La nostra linea di bracciali gioiello nasce dall’esigenza di far arrivare il marchio Trona ad un pubblico molto più vasto, dando la possibilità a chi si riconosce nel nostro brand di indossare i nostri articoli realizzati in vera cima nautica in una vasta gamma di colori e dotati di finiture in Oro 18kt o Rodio.” La costante ricerca, la sperimentazione di nuove forme e materiali e il continuo sviluppo di idee e prototipi rendono tutti i prodotti Trona unici nel proprio genere ed un punto di riferimento. info@trona.it - www.buytrona.com

TRONA: dalla poltrona ai braccialetti. Forlì - Andrea Bonavita e le sue foto aeree hanno fatto il pieno di riconoscimenti al Moscow Photo Award 2015. Ha vinto infatti il titolo di Photographer of the Year – massimo riconoscimento del concorso –, è arrivato primo in due categorie, Aerial e Nature, con il lavoro Borders, e ha ottenuto una menzione d’onore per il lavoro Massafra. “Borders si posiziona a metà strada tra il grafico-naturalistico e il filosofico – dice Bonavita – e vuole rappresentare la tendenza umana a creare confini e barriere, dalla terra, all’acqua alle coltivazioni, fino a creare barriere anche nella propria mente, per poi spingersi a costruire barriere nella mente degli altri.” A Forlì le sue foto sono in mostra al 5 al 24 dicembre presso la Galleria Marcolini, in una collettiva di artisti forlivesi.


Info +39 0544 991016

THE BRAND OF THE BRANDS

FENDI CASA BENTLEY HOME TRUSSARDI CASA HERITAGE COLLECTION RITZ PARIS PAUL MATHIEU MILANO MARITTIMA

MILANO

PARIGI

LONDRA

NEW YORK

luxurylivinggroup.com

MIAMI

LOS ANGELES


Accenti

GUCCI JEWELRY presenta il motivo Flora. Pesaro - Presso la gioielleria Bartorelli di Pesaro è possibile ammirare la nuova collezione di gioielli Gucci ispirati al motivo flora. Questa linea poetica, delicata ed elegante, si declina in capolavori di alta gioielleria e in deliziosi gioielli preziosi. I fiori e le farfalle di Gucci Flora sono lavorati in nuovi materiali e con nuove tecniche, mentre altri motivi – come un teschio e un fiore – aggiungono audacia al disegno originale. Sono capolavori che rappresentano l’apice dell’artigianalità Gucci nel campo della gioielleria. I pezzi della linea Gucci Flora abbinano complesse tecniche orafe ad affascinanti design. Collane, bracciali bangle, orecchini e anelli sono realizzati in oro bianco o rosa 18 carati e offrono il perfetto connubio tra femminilità e modernità.

COLOMBINI apre un flag ship store a Londra.

San Marino - Nel cuore di Londra, il Gruppo Colombini ha inaugurato un prestigioso flagship store Rossana, il suo marchio di cucine di lusso. Il gruppo sammarinese, nel suo 50esimo anno di vita, ha infatti aperto a Mayfair, quartiere fulcro dello shopping internazionale della moda e dell’eleganza, uno showroom che, su due livelli, piano terra e lower ground floor, copre una superficie complessiva di quasi 400 mq, in un edificio di nuovissima costruzione. “Siamo fieri di poter vantare un

12 / Accenti

prestigioso showroom nel quartiere gioiello di Londra – dichiara Emanuel Colombini, AD dell’omonimo Gruppo –: per il brand e per il Gruppo rappresenta una solida conferma sia per lo sviluppo del mercato locale che per l’espansione del mercato estero in generale, in un’ottica di sviluppo internazionale della nostra insegna.” Fondato nel 1965, il Gruppo Colombini è diventato una delle aziende leader nel settore dell’arredamento, distribuendo i suoi prodotti in Italia e all’estero.

Chef per un giorno. Pesaro - Il ‘59 Restaurant di Pesaro, ristorante del 5 stelle Hotel Excelsior, mette le proprie cucine a disposizione di tutti gli appassionati di gastronomia: per diventare “Chef per un giorno” è sufficiente invitare almeno 35 persone a pranzo o a cena dopo aver contattato l’hotel concordando una data e un menu con l’équipe del ristorante. La giornata comincia al mattino indossando la divisa delle cucine dell’Hotel Excelsior. Si ricevono poi tutti gli ingredienti necessari - rigorosamente freschi e a Km 0 - e, con l’aiuto dello Chef Massimo Cardinali (nella foto), si preparano i piatti. Lo staff del ‘59 Restaurant segue il cuoco ospite fino all’assaggio e al servizio. Per chi voglia migliorare la propria tecnica l’hotel organizza anche dei corsi di cucina: è sempre lo Chef Massimo Cardinali a spiegare la preparazione di piatti gourmet.


Italian Masterpieces LETTO AURORA DUE. DESIGN BY TITO AGNOLI. poltronafrau.com

Via Martoni, 54 ForlĂŹ Tel. 0543 724163 info@oggettidautore.it


Accenti

OBIETTIVO EMILIA-ROMAGNA.

Rimini - Un grande bottino fotografico sulla regione Emilia-Romagna è stato messo assieme grazie alla lodevole iniziativa Wiki Loves Monuments 2015, una sorta di censimento fotografico a opera degli amanti della nostra terra. I mille scatti pervenuti andranno a confluire in Open Data Monuments, un grande archivio liberamente utilizzabile da privati cittadini e istituzioni per promuovere e diffondere l’immagine

dell’Emilia-Romagna in Italia e all’estero. A latere di questa iniziativa è stato assegnato anche il premio della Federazione Italiana Associazioni Fotografiche, nella sezione “Legame tra monumenti e contemporaneità”, che è andato all’architetto riminese Ivan Ciappelloni per la sua delicata fotografia dall’inusitata prospettiva sulla settecentesca sala della Biblioteca Gambalunga di Rimini. (L.L.)

TAVAR spegne 65 candeline. Ravenna - Tavar, l’azienda che produce e commercializza pavimenti in legno, con prestigiose commesse in tutto il mondo, festeggia quest’anno i 65 anni di attività. Situata nei pressi del portocanale Candiano, Tavar dispone di un’area produttiva che si estende su 100.000 mq, di cui 22.000 coperti, dove si trovano, oltre alla sede direzionale e al nuovissimo show-room, lo stabilimento e i magazzini. Vera pietra miliare nella storia dell’azienda è la ristrutturazione del Teatro alla Scala di Milano nel 2005, ma fra le commesse più importanti spiccano anche i lavori al Museo di Capodimonte a Napoli, alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, e al Cremlino. Il segreto del successo è una combinazione riuscitissima tra la cura, l’attenzione al prodotto di un piccolo laboratorio artigianale, la solidità di un’azienda di famiglia e l’impostazione dell’industria di grande livello.

14 / Accenti

Francesca Amadori nuovo presidente di Romagna Iniziative. Cesena - “Sono onorata di questo mandato di presidente di Romagna Iniziative, che ho intenzione di portare avanti insieme alla fondamentale collaborazione di tutti i soci, già strettamente coinvolti nelle singole attività del Consorzio. Il mio scopo in Romagna Iniziative, in piena continuità con la nostra mission, è quello di sostenere le iniziative più meritevoli del territorio, dallo sport alla cultura, partendo dai più giovani. Investire su di loro significa creare le condizioni per rendere migliore il nostro territorio di domani.” Con queste parole Francesca Amadori (nella foto) indica le linee guida per la sua presidenza, appena annunciata, di Romagna Iniziative, il consorzio che raggruppa dieci aziende significative del territorio cesenate e romagnolo: Amadori, Camac, Cassa di Risparmio di Cesena, Fratelli Battistini, Hippo Group, Orogel, SGR Servizi, Technogym, Trevi Group, Viaggi Manuzzi. Obiettivo del consorzio è sostenere e sviluppare attività socio-culturali e sportive a favore del territorio. Più di 4.000 giovani sono stati coinvolti nei progetti sul territorio di Romagna Iniziative, che investe ogni anno oltre 400.000 euro nelle diverse attività.


The flash of the eye that masters the mind: denim lights up our vision, to go beyond any imagination.

Sight, thought, soul. The denim senses, the innovation spirit. ISKO is a trademark of SANKO TEKSTIL.


Creative Paper

LIBRI MINIATI l’arte di clonare i libri. testo Gianluca Gatta

Barbara Bertoni dirige Imago, una società editrice che ha rispolverato un mestiere antico quanto la scrittura: la riproduzione perfetta di codici antichissimi per istituzioni e bibliofili. Un lavoro ad alto tasso di tecnologia, accurato al punto che la copia non è distinguibile dall’originale.

Gli antichi scriptoria medioevali erano luoghi in cui la cultura veniva preservata dall’oblio grazie al lavoro certosino dei monaci, che copiavano gli antichi testi presenti nelle biblioteche spesso su commissione di altri monasteri. Nel Rinascimento, i signori delle città – anche per questioni di prestigio – si facevano copiare i testi degli autori più celebri e rilevanti per arricchire la propria collezione di libri. Oggi ci sono bibliofili che sono disposti a investire decine di migliaia di euro per una riproduzione perfetta, miniata, con inserti in oro, di un libro che sarebbe altrimenti impossibile anche solo consultare. Imago, società con sede operativa a Castel Guelfo di Bologna, è l’editore che oggi consente tutto questo. È un copista del terzo millennio, che però – a differenza dei suoi antichi precursori – si pone l’obiettivo di riprodurre fedelmente l’originale, fino a renderlo indistinguibile dalla sua copia. “Il risultato finale deve essere tale che, mettendo uno accanto all’altro il manoscritto e il facsimile, almeno sotto una teca, non si deve capire qual è l’originale,” ci dice Barbara Bertoni, amministratore della società. Come riuscite ad ottenere questo risultato? “La cosa fondamentale è la digitalizzazione. Tutte le pagine vengono acquisite singolarmente senza slegare il manoscritto, che viene posizionato su una specie di culla, progettata all’interno delle nostre officine. Dopodiché i file passano nelle mani dei grafici, perché bisogna considerare che il manoscritto può avere anche più di mille anni – abbiamo digitalizzato anche un manoscritto del IX secolo – per cui non ci troviamo di fronte a un libro con le pagine stese, a volte sono invece

16 / Creative Paper

Sopra, un manoscritto realizzato da Imago. A fianco, un artigiano durante la realizzazione di un facsimile.


Creative Paper

arricciate e nemmeno perfettamente rettangolari. Quindi viene fatto in modo che questa distorsione creata dal tempo venga appianata dal punto di vista grafico, così che fronte e retro della pagina digitalizzata corrispondano perfettamente a quelli del codice miniato. Poi ci occupiamo del colore, il cui controllo viene effettuato sempre sotto luci stabilizzate. È una fase in cui spesso ci rechiamo presso l’istituzione o la biblioteca che conserva il libro, per fare confronti e verifiche. Poi c’è la fase dell’oro. Noi riusciamo a riprodurre perfettamente l’oro così come è nel manoscritto originale. Prima ne definiamo il profilo graficamente e poi, dopo la stampa, lo applichiamo direttamente sulla pagina. Si tratta di oro a 23 carati o di ottonella, in polvere o in lamina. Prima della legatura le pagine sono invecchiate, una a una, per riprodurre i segni del tempo, e infine viene cucito e rilegato.” Immagino che debba costare molto a voi come lavorazione, ma anche a chi lo acquista. “Sì, certo. Un tempo il manoscritto era posseduto dai grandi mecenati, come i Medici. Per loro era un simbolo di potere, chiamavano a corte i miniatori più importanti, i legatori più raffinati. C’era quasi una competizione per possedesse il codice più bello. In parte è così anche oggi. Chi decide di acquistare il facsimile di un manoscritto è un collezionista che sa di poter avere qualcosa di esclusivo, che sarà riprodotto al massimo in trecento copie in tutto il mondo. Quindi ha sicuramente un costo importante: si parte dai 3.000 euro fino ad arrivare, in alcuni casi, a 100.000 euro.” Come trovate i manoscritti da riprodurre? “Ci affidiamo alle conoscenze di esperti di livello internazionale, per la conoscenza che hanno dei

manoscritti e perché magari hanno lavorato per decenni all’interno delle biblioteche e ne conoscono il patrimonio. Una volta che viene trovato un manoscritto viene stipulata una convenzione che ci dà la possibilità di riprodurlo in un numero limitato di copie con un’esclusiva mondiale.” Qual è stato il manoscritto più difficile da realizzare? “Sicuramente il Breviario di Ercole I d’Este, per il quale abbiamo investito cinque anni per la digitalizzazione e la messa a punto, quasi quanto gli amanuensi di allora, e impieghiamo circa due mesi per realizzare ogni singolo volume. Lo riproduciamo quindi solo su richiesta, si tratta di un codice che costa 20.000 Euro.” Avete clienti anche all’estero? “Assolutamente, in tutto il mondo. Soprattutto in America, in Germania, in Spagna e in Francia.” Dando uno sguardo al futuro, cosa state preparando adesso? “Guardando ai progetti internazionali, abbiamo appena terminato il Mappamondo di Fra Mauro, un mappamondo a muro grande due metri e mezzo per due metri e mezzo. Era molto conosciuto fino a metà del 1400, fu fatto da un frate camaldolese, visionario, perché aveva anticipato in qualche modo la scoperta delle Americhe. Tra i nostri progetti futuri ce n’è uno legato al 2021, per la ricorrenza dei settecento anni dalla morte di Dante: fino a quella data riprodurremo ogni anno un manoscritto della Divina Commedia mai riprodotto prima. Li stiamo cercando in tutto il mondo. Adesso abbiamo appena terminato quello conservato alla Biblioteca Angelica di Roma.”

Creative Paper / 17


Vernissage

IL GENIO DEI BRUEGHEL capolavori dell’arte fiamminga a Bologna. testo Sabrina Marin

Fino al 28 febbraio 2016 Palazzo Albergati a Bologna ospita una mostra che raccoglie numerose opere pittoriche dei Brueghel, una famiglia di artisti fiamminghi attivi nel XVI-XVII secolo.

Brueghel è il nome, diventato oggi simbolo universale, della più importante famiglia di artisti fiamminghi del XVI e XVII secolo. A partire dal capostipite Pieter Brueghel il Vecchio, la discendenza continua con i figli Pieter il Giovane e Jan il Vecchio, per proseguire con Jan il Giovane, Ambrosius, Abraham, Jan Pieter. Questi pittori sono fra i protagonisti della rivoluzione realista della pittura europea che ha influenzato, attraverso lo sguardo degli stessi inventori, i grandi temi della storia dell’arte occidentale. La realtà quotidiana della vita umana scorre sullo sfondo dei celebri paesaggi invernali, diventati parte del mito delle Fiandre proprio grazie agli artisti della famiglia Brueghel. I loro capolavori raccontano l’allegria contagiosa delle feste popolari insieme ai vizi dei contadini e dei mercanti, la fatica del vivere e le debolezze umane insieme alle opere virtuose e al giudizio morale. La mostra vuole essere un viaggio appassionante nell’epoca d’oro della pittura fiamminga del Seicento alla ricerca del genio visionario di ben cinque generazioni di artisti in grado di incarnare coralmente – come mai nessuno né prima né dopo di loro – lo stile e le tendenze di oltre un secolo di storia dell’arte. Mentre il Rinascimento italiano concentra l’attenzione sull’ideale nobile e virtuoso della figura umana e attraverso l’esperienza di Michelangelo, Leonardo e Tiziano ne esalta la grandezza e le virtù, nelle Fiandre la prospettiva cambia radicalmente. E se nel Rinascimento italiano la natura deve limitarsi a essere uno sfondo rispetto alla magnifica superiorità plastica ed estetica dell’uomo, nella pittura fiamminga – nello stile di Brueghel – la Natura assume pienamente il ruolo di vera protagonista della storia umana e viene rappresentata con una ricchezza visiva, una cura nel dettaglio e una bellezza compositiva mai vista prima nella storia della pittura. Come nella minuziosa e dettagliata Grande natura morta con frutta in un paesaggio (1670) di Abraham Brueghel o nell’incantevole Allegoria dei quattro elementi (1630-35) di Jan Brueghel the Younger e Hendrick van Balen. Il giudizio morale, natura regina, soldati e cacciatori, viaggiatori e mercanti, allegorie e parabole, splendore e vanità, vita silente e danza degli ultimi: attorno a questi gruppi tematici che intitolano le sezioni della mostra si sviluppa il racconto appassionante delle realtà della vita e la meticolosa attenzione con la quale viene descritto il mondo, specchio nel quale riflettersi. www.palazzoalbergati.com

18 / Vernissage

Piero Della Francesca: indagine su un mito. Va subito detto che una mostra come questa allestita a Forlì da febbraio 2016 non si è mai realizzata. Impresa già ardua in partenza perché il riunire un nucleo adeguato di opere di Piero, artista tanto sommo quanto “raro”, è già operazione complessa. Riuscire poi a proporre un confronto con i più grandi maestri del Rinascimento, da Domenico Veneziano, Beato Angelico, Paolo Uccello a Andrea del Castagno, è operazione non semplice. Sarà un viaggio alla scoperta dell’eterna immobilità dei solidi umani di Piero.


NUOVA RANGE ROVER EVOQUE

NATA LIBERA. ANCHE DI VIVERE LA CITTÀ.

Nuova Range Rover Evoque ha trovato il suo habitat naturale in città. Il design innovativo e il suo motore diesel Ingenium, il nostro motore più efficiente per prestazioni ed emissioni, fanno di lei un vero animale metropolitano. E da oggi, Nuova Range Rover Evoque è disponibile anche con il nuovo All-Terrain Progress Control che rende ancora più straordinarie le leggendarie performance di Land Rover. Prenota un test drive e vivi la jungla urbana.

Sva Dakar Via Trieste 235, Ravenna 0544 289301 concierge.svadakar@landroverdealers.it svadakar.landrover.it

Scopri le soluzioni d’acquisto personalizzate di LAND ROVER FINANCIAL SERVICES. Land Rover consiglia Castrol. Consumi da 4,8 a 7,8 litri/100 Km (ciclo combinato). Emissioni CO2 da 125 a 181 g/Km.

EXCLUSIVELY RECOMMENDED BY LAND ROVER


On Stage

DAL TEATRO AL FILM “Rwanda” di Marco Cortesi e Mara Moschini. testo Gianluca Gatta - foto Riccardo Caselli

Il teatro civile di Marco Cortesi e Mara Moschini percorre la strada delle produzioni dal basso per arrivare al grande schermo. Il loro spettacolo di successo “Rwanda” sarà presto un lungometraggio, ma c’è ancora posto per chi vuole impegnarsi nel progetto.

Nel 1994 in Rwanda ha inizio il genocidio più veloce e sistematico della storia: il 6 aprile, l’uccisione del Presidente Juvénal Habyarimana innesca una guerra civile tra le due principali etnie del Paese – Hutu e Tutsi – che termina 104 giorni dopo con quasi un milione di vittime. Marco Cortesi e Mara Moschini, dopo aver portato sul palcoscenico la storia vera di due famiglie, divise dall’appartenenza alle due etnie, hanno deciso di realizzarne l’adattamento cinematografico. Lo spettacolo teatrale è qualcosa che colpisce allo stomaco e che costringe a riflettere su temi che – pur affondando le radici in una vicenda lontana – sono estremamente attuali e vicini alla nostra quotidianità: integrazione tra popoli, rispetto reciproco, convivenza.
 Dopo trecento repliche, più di ventimila spettatori, il coinvolgimento di decine di associazioni, amministrazioni pubbliche e migliaia di studenti in scuole di tutte le Regioni italiane, l’attività svolta in carceri e istituti minorili, lo spettacolo-inchiesta ha scelto la strada del crowfunding, la ricerca di piccoli finanziatori tra privati, per diventare un film. Bastano pochi euro per portare il proprio nome nei titoli di coda ma, soprattutto, per far volare un messaggio che merita una diffusione sempre più ampia. Come siete venuti a conoscenza della storia dei due rwandesi protagonisti dello spettacolo? “Il Rwanda è arrivato nelle nostre vite in maniera quasi casuale – ci dice Marco Cortesi –. Si è trattato a tutti gli effetti di uno spettacolo su commissione. Mentre La Scelta, il nostro spettacolo sulla guerra nella ex-Jugoslavia, si apprestava ad andare in pensione dopo oltre cinquecento repliche, un libro e un DVD, abbiamo cominciato a ricevere mail e messaggi che ci invitavano ad esplorare la storia del Rwanda, una storia tanto drammatica, quanto drammaticamente dimenticata. Una volta accettata la scommessa, ci siamo messi in moto per il lungo periodo di documentazione che ha richiesto quasi nove mesi ininterrotti di studio e ricerca dei testimoni. In questa fase, attraverso un contatto del tutto casuale, abbiamo conosciuto i due protagonisti, Augustin e Cecile, e la loro meravigliosa storia vera di fratellanza e di coraggio.” Come nasce la scelta tua e di Mara di dedicarvi al teatro civile? “La scelta è stata pressoché obbligata. Entrambi attori nel senso classico della parola (cinema,

20 / On Stage

Marco Cortesi e Mara Moschini, protagonisti e autori dello spettacolo teatrale “Rwanda”.


On Stage

TV e teatro di giro), abbiamo vissuto insieme alcune forti esperienze di volontariato internazionale che ci hanno spinto a pensare al nostro lavoro in una chiave nuova, quella del servizio agli altri. In particolare ricordo una donna musulmana conosciuta a Pola, in Croazia. Eravamo presso un campo profughi con una missione umanitaria, lei aveva perso i figli e il marito durante il conflitto. Un giorno ci prende in disparte e ci dice: ‘Tutte queste cose, il cibo, i medicinali, i vestiti, sono importanti… ma ce n’è una che è più importante di tutte le altre: tornate e raccontate! Raccontate quello che è stato, perché cose del genere non devono succedere mai più!’ Quello è stato il momento in cui tutto è cambiato. Ho lasciato la mia agenzia su Roma e una carriera televisiva già avviata per dedicarmi al teatro civile. Molti mi danno ancora oggi del matto. Io credo che sia stata invece la scelta migliore della mia vita.” Qual è l’obiettivo del crowfunding? “Il nostro scopo è trasformare lo spettacolo in un vero e proprio film, forti anche della collaborazione avuta in passato con la RAI. Sapevamo che la realizzazione di un film avrebbe richiesto ingenti risorse economiche. È qui che inizia la parte più sorprendente di questa nostra avventura: la campagna di crowdfunding lanciata sulla piattaforma Produzioni dal Basso il 20 ottobre 2015 ha superato, contro ogni aspettativa e previsione, i 10.000 Euro in soli venti giorni dal lancio raccogliendo il sostegno di quasi trecento persone e oltre cinquanta realtà tra associazioni, Onlus e ONG, oltre al supporto del Comune di Forlì.” Si tratterà di un film totalmente forlivese: maestranze, produzione e regia saranno al 100% locali. Il film verrà girato integralmente nella nostra Provincia e vedrà il supporto e l’aiuto attivo di istituzioni e associazioni locali. La regia video sarà affidata a Riccardo Salvetti, premiato per i suoi lavori in Italia e all’estero (Francia, Egitto, Stati Uniti). Fare la propria parte per aiutare la produzione del film è semplice, basta andare sul sito www. produzionidalbasso.com, cercare la parola “Rwanda” nel motore di ricerca e cliccare poi su “partecipa”. Come in tutte le campagne di crowfunding, a seconda dell’importo della donazione si ottiene una ricompensa, ad esempio donando 30 euro il proprio nome comparirà nei titoli di coda. rwandafilm.marco-cortesi.com

Il teatro civile. Marco Cortesi e Mara Moschini costituiscono l’anima di MC – Teatro Civile, un progetto artistico il cui motto è “Raccontare storie per cambiare la gente”. La caratteristica principale di questo tipo di teatro è raccontare storie vere: i personaggi sono realmente esistiti e si fa riferimento a eventi accaduti. Gli attori, come moderni cantastorie, si rivolgono direttamente al pubblico spiegando il contesto della vicenda, interpretando i personaggi, fermandosi a riflettere ad alta voce. Uno dei più popolari esempi di questo teatro è “Il racconto del Vajont“ di Marco Paolini.

On Stage / 21


Gourmandise

CHIARA MACI vita da foodblogger.

testo Lucia Lombardi - foto Fabrizio De Blasio

“Di Bologna mi manca il suo essere genuina e verace, come me. Ma torno spesso, soprattutto per i tortellini”. Così ci racconta Chiara Maci, classe 1983, “Miglior Food Blogger” ai Macchianera Italian Awards 2015.

Campana di nascita, bolognese di adozione e milanese per scelte lavorative, Chiara Maci è sommelier, volto televisivo in vari programmi, consulente di comunicazione per aziende nell’ambito del food e blogger. Inoltre ha al suo attivo due libri. La incontriamo per una nuova avventura in ambito gastronomico, Chiara Maci #vitadafoodblogger, la nuova produzione originale di Fox International Channels Italy prodotta da LabNext, in onda su FoxLife (Sky, 114), dal 14 dicembre 2015. “Ho sempre amato scrivere e dietro uno schermo ho sempre creduto fosse più semplice esprimersi con sincerità e semplicità, - ci confessa. - In realtà questa nuova esperienza mi sta regalando un nuovo rapporto con me stessa e con il mio pubblico”. In ogni puntata, Chiara realizzerà e racconterà una ricetta, dalla nascita dell’idea alla scelta degli ingredienti, fino alla pubblicazione del post perfetto sui social media. Questo importante traguardo per lei “significa aver fatto il mio lavoro bene, fin qui”. In tanti le hanno domandato qual è la ricetta del suo successo, con noi si schernisce saggiamente, affermando che “non sono più brava di altri, anzi. Sono solo me stessa e non ho paura di far vedere anche le mie debolezze e le mie imprecisioni. È questa la mia forza. Credere in me stessa e nelle mie capacità”. Rispetto al tanto vituperato “inflazionamento” da blog ha idee ben precise, che sembrano quasi massime di vita: “Non guardo mai le cose che non mi piacciono. Preferisco guardare le cose belle. E credo che i blog di successo si selezionino da soli. Io ho iniziato per gioco, ma ho sempre lavorato sodo per costruirmi una credibilità e un nome, negli anni. Ho scelto il blog perché era il modo più facile di scrivere e di arrivare alla gente”. Alle persone effettivamente è arrivata in maniera capillare, questo le ha donato tanta visibilità e, da mamma lavoratrice, conduce, “una vita assurda, ultimamente. Ma ovviamente con grinta e passione ci si riesce. Io sono una che lavora anche 13 ore al giorno ma devo avere sempre tempo per il mio grande amore, Bianca. E riesco sempre a ritagliarmene per lei”. Con il nuovo format Chiara Maci #VitadaFoodblogger “non voglio insegnare niente, non ho mai voluto farlo. Voglio dare i miei consigli e i miei racconti sul cibo. Nessun tutorial ma piuttosto un bel momento per parlare con le persone e raccontare loro la mia vita e il mio cibo”, senza dimenticare la passione per i social network e il web.

22 / Gourmandise

Dal blog alla tv. Chiara Maci è l’esempio vivente di come mollare tutto e reinventarsi una carriera. Con una laurea in Giurisprudenza e un Master in Media Relations, un giorno decide di dedicarsi a quello che le piace fare di più: cucinare e parlare di cucina. Inizia creando un blog con la sorella Angela, www.sorelleinpentola. com, poi Chiara prosegue con un sito tutto suo www.chiaramaci.com e, come molti foodblogger, arriva in tv, in qualità di giurata a “Cuochi e fiamme” su La7, e come coach a “The Chef”, il cooking show de La 5, e in “Giro giro bimbo”.


e-bi

ILLUMINARE È UN’ARTE SHOW ROOM

UN Store MARINARA Via Marinara, 143/145/147 48122 Ravenna (RA) tel. +39 0544 531436

info@tramontiartdesign.com

www.tramontiartdesign.com


Tra le Righe

MARIAVITTORIA ANDRINI il profumo di casa.

testo Gianluca Gatta - foto Gianluca Colagrossi

Mariavittoria Andrini ha curato il volume che raccoglie le ricette di una nobile famiglia emiliana: un viaggio lungo cinque generazioni di donne in cucina.

Che cosa può dire di nuovo l’ennesimo libro di ricette? La domanda è sbagliata, perché la nuova fatica della giornalista e gastronoma Mariavittoria Andrini, “Le ricette di famiglia” (Ed. IN Magazine), non intende offrire qualcosa di nuovo – “Le ricette sono classiche,” ci dice “Nulla di innovativo, nulla di nuovo, sono ricette che si mangiano tutti i giorni in casa” – ma soprattutto ha lo scopo di evidenziare una storia, sottolineare un percorso che ha portato cinque generazioni di una famiglia nobile emiliana, i Frassoldati, a raccogliere, sperimentare, selezionare ricette che sono poi diventate classici della loro tavola. In questo processo non sono mancati adattamenti, rivisitazioni di ricette tradizionali, assimilazioni di piatti non emiliani, tanto da rendere il libro interessante – oltre che come Sopra, l’autrice Mariavittoria Andrini; sotto, il suo libro, “Le ricette di famiglia”, secondo volume di una raccolta di ricette emiliane.

24 / Tra le Righe

riferimento per eseguire le ricette contenute in esso – soprattutto in una prospettiva culturale. Il lavoro di Mariavittoria Andrini è stato, in questa direzione, di carattere filologico, in senso ricostruttivo. “Come su tutti i ricettari di famiglia – dice l’autrice –, ci sono delle annotazioni a margine, a volte ci si dimentica di scrivere il procedimento o, ad esempio, i tempi di preparazione e cottura. Si fa una sintesi e molto è dato per scontato. Quindi ho dovuto provare alcune ricette, perché a volte non riuscivo nemmeno a capire cos’erano. Ad esempio, ad un certo punto si parla di un flan di farina, e mentre leggevo mi chiedevo che cosa fosse, anche perché è tra le ricette salate ma c’è l’aggiunta dello zucchero. Allora l’ho provato e ho visto che è un soufflé, che cresce molto bene nel forno, e la parte dolce, molto delicata, si abbina benissimo con il ragù. Questa è una delle ricette che mi ha sorpreso di più, ma ce ne sono tante altre.” Mariavittoria Andrini ha altri due libri in programma per l’anno venturo, come ci si aspetta da un’autrice instancabile che ha all’attivo collaborazioni con Panorama, Donna Moderna, Bell’Italia, e con le Guide del Gambero Rosso ai Ristoranti e ai Bar d’Italia nonché la cura di numerosi altri libri, tra cui spicca il classico di Olindo Guerrini L’arte di utilizzare gli avanzi della mensa. “Il prossimo libro sarà proprio la biografia di Olindo Guerrini, che uscirà a marzo, in occasione del centenario della morte. A Natale 2016 è previsto, invece, un altro libro di ricette, quelle della mia famiglia, suddiviso per menù. È la raccolta di tutti i menù che ho preparato negli ultimi anni, con i miei esperimenti, le mie ricette, per i miei amici e per la mia famiglia.”


POSILLIPO Hotel / Ristorante Via Dell’Orizzonte, 1 - Gabicce Monte (PU) • Tel. 0541 953373 info@hotelposillipo.com • www.hotelposillipo.com Posillipo l’Osteria Lungomare della Repubblica, 12 - Riccione • www.osteriaposillipo.com Enoteca Posillipo Dolce Officina Viale Ceccarini, 136 – Riccione • Tel. 0541 833439 • www.enoteca-posillipo.com


New Economy

È NATO LIBEREX

il circuito di credito commerciale senza euro. testo Francesco Zardon

Da maggio 2014 si è affacciato sulla scena emiliano-romagnola il Circuito di credito commerciale Liberex gestito dalla società bolognese Liberlab S.r.l., ideato come strumento per il rilancio dell’economia territoriale. Liberex è nato da imprenditori e professionisti che, a partire dal successo di Sardex.net, attivo in Sardegna, hanno deciso di affiancarlo entrando a far parte di una rete di circuiti analoghi.

Liberex è un circuito di credito commerciale rivolto a PMI, artigiani, liberi professionisti ed è basato sul Credito Liberex, che funge da unità di conto e da valuta spendibile tra gli associati per consentire scambi reciproci pagando le forniture con i beni e servizi prodotti, senza l’impiego di euro. Si tratta di un mercato a cui le aziende possono accedere pagando una quota di iscrizione, che rappresenta l’entrata del gestore del sistema, essendo valutate per stabilirne la possibilità di partecipazione in base a criteri di idoneità e alla compatibilità del settore merceologico. “Lo sviluppo del Circuito procede molto bene – commenta Alessandro Gheri, portavoce di Liberex (nella foto) – la crescita avviene in maniera armonica e i nostri associati, dopo un naturale periodo di rodaggio, entrano molto facilmente nella logica dello scambio in compensazione e sono molto ricettivi. Nel primo anno di attività oltre 120 aziende delle Province di Bologna e Cesena hanno aderito al Circuito Liberex e hanno scambiato tra loro il controvalore in euro di oltre 550.000 crediti. Significa oltre 1000 transazioni commerciali che nel mercato in euro non sarebbero potute avvenire.” Ciascuna azienda deve essere in grado sia di acquistare sia di vendere, avendo a disposizione un conto corrente con saldo iniziale a somma zero. Quando un’azienda acquista può andare in rosso per un certo ammontare e può ripianare il proprio debito vendendo ad altri iscritti. Contestualmente, sul conto del venditore vengono accreditati i Liberex a pagamento della fornitura. Sono dunque le imprese a farsi credito reciproco poiché tutte le posizioni di debito e credito sono riferite al circuito nel suo insieme ed è nel momento della transazione che vengono emessi i Liberex, che non sono erogati da una entità centrale ma dipendono dagli interscambi tra gli associati. Poiché il sistema non prevede interessi né attivi né passivi non vi è utilità a tenere fermi i Liberex, che vengono quindi spesi rapidamente incrementando le transazioni, il fatturato, creando nuovi clienti e maggiore liquidità, che si traducono in maggiore competitività, migliori relazioni e un aumento di visibilità, svolgendo una funzione anticiclica e compensando la carenza di liquidità in euro. “La prospettiva – spiega Gheri – è di svilupparci e consolidarci in tutta la Regione. L’obiettivo è di riuscire a coinvolgere in questo progetto non solo le aziende ma anche i semplici cittadini, costruendo un percorso in sinergia con le pubbliche amministrazioni.”

26 / New Economy

Come funziona il circuito Liberex. Il Credito Liberex è una unità di conto scritturale di valore equivalente all’euro, che serve per misurare i crediti e i debiti tra le imprese aderenti al circuito e come valuta spendibile tra di esse, ciascuna essendo sia fornitrice sia acquirente. Nella rete i soci scambiano tra loro beni e servizi adoperando il Liberex per registrare il valore delle transazioni. Ciascuna azienda ha un conto che registra i debiti e i crediti generati dai suoi scambi: per ogni vendita effettuata viene registrato sul conto un accredito, per ogni acquisto effettuato un addebito. Accrediti e addebiti si compensano nel saldo del conto di ogni partecipante. Il sistema è a compensazione multilaterale in quanto i saldi attivi possono essere spesi comprando beni o servizi da qualunque appartenente al sistema, così come i deficit possono essere appianati vendendo a qualunque acquirente del circuito.


PER ACQUISTARE I NOSTRI PRODOTTI ONLINE E PER CONSULTARE L’ELENCO DEI NOSTRI RIVENDITORI:

www.buytrona.com


Global Market

STEFANO BONACCINI il Presidente delle tre eccellenze. testo Claudia Graziani - foto Fotoreporter-ER

La partecipazione a EXPO ha consentito di promuovere nel mondo i tre ambiti di eccellenza dell’Emilia-Romagna: benessere, motori e cibo.

Chiusi i cancelli di EXPO si pensa al dopo: bilanci, cifre, rendiconti. Ridurre a numeri un evento simile non sarà facile, ma potrà aiutare ad inquadrare quanto ciò che si è investito in termini economici e di impegno abbia un riscontro monetario e di immagine. L’EmiliaRomagna è stata una regione molto attiva, presente ad EXPO quotidianamente animando la Piazzetta ExplorER sul Cardo, a pochi passi da Palazzo Italia e dall’Albero della Vita. Per una settimana, è stata protagonista con eventi, convegni, iniziative musicali, spettacoli. Ha portato ad EXPO la propria produttività, i prodotti di eccellenza, ma soprattutto ha cercato di trasmettere il proprio essere, la propria anima. Al presidente della Regione Stefano Bonaccini abbiamo chiesto di fare un primo resoconto. La nostra Regione ha deciso di puntare su Expo non solo per promuovere se stessa, ma per dare un contributo sui temi dell’esposizione mondiale. Perché e in quale modo? “L’Emilia-Romagna è una Regione che vuole essere sempre più europea, sempre più aperta al mondo. EXPO è stata un’occasione importante per allacciare rapporti internazionali proseguendo quello che avevamo già avviato mesi fa. Recentemente con il Guangdong, la più grande e ricca tra le province cinesi, abbiamo siglato un accordo per realizzare iniziative di scambio e cooperazione nei settori del commercio e degli investimenti, della sicurezza alimentare, della tecnologia, della tutela ambientale, della cultura e del turismo. E poi gli Stati Uniti: dal 5 al 10 novembre siamo stati in California per tessere alleanze istituzionali e nuovi rapporti economici. In particolare su temi come start up, ricerca, innovazione, alta tecnologia. Ma è stata anche l’occasione per, dopo EXPO, cercare adesioni al prossimo World Food Research and Innovation Forum, che si svolgerà dal 9 al 10 Maggio 2016 in occasione di Cibus a Parma. L’obiettivo è di diventare sempre più una regione aperta, attraente agli investimenti esteri, ma anche a tutte le forme di collaborazione commerciale, produttive e di ricerca a livello internazionale. Proprio nella Silicon Valley, primo follow-up di EXPO, abbiamo puntato alle opportunità di business sul mercato americano per le imprese emiliano-romagnole della filiera agroindustriale e dell’innovazione tecnologica.” Proprio il World Food Research ad Innovation Forum è stato un momento importante di EXPO perché ha coinvolto a livello internazionale comunità scientifica, istituzioni,

28 / Global Market

Il presidente della Regione EmiliaRomagna, Stefano Bonaccini.


Global Market

imprenditori nel cercare di affrontare le sfide della nutrizione e della sicurezza alimentare. Che ruolo può giocare l’Emilia-Romagna su questi temi? “È una piattaforma voluta e lanciata dalla Regione e da Aster [Consorzio regionale per l’innovazione e la ricerca industriale, n.d.a.] e patrocinata dai ministeri delle Politiche agricole e dello Sviluppo economico, su temi che riguardano l’agenda mondiale. Cioè come fare in modo che il cibo possa essere accessibile per tutti. Cibo sano e sicuro: è una delle sfide più importanti che il mondo intero ha davanti a sé. Noi possiamo portare il nostro contributo, non solo perché a Parma c’è la sede dell’Agenzia Europea della sicurezza alimentare, ma anche attraverso ricerca e innovazione cercare di rendere più sicuri i cibi su larga scala e allungarne la vita allo scaffale, creare varietà colturali più resistenti alle malattie, controllare in tempo e in maniera meno invasiva possibile la qualità degli alimenti, riutilizzare gli scarti dell’industria agroalimentare, puntare a un’agricoltura di precisione e più sostenibile riducendo l’utilizzo delle risorse idriche e dei fertilizzanti. Abbiamo avuto il coraggio come Regione di offrire una piattaforma di discussione, perché da un lato bisogna produrre più cibo per rispondere all’aumento previsto della popolazione mondiale, dall’altro raggiungere questo obiettivo senza compromettere definitivamente il pianeta.” I tre mesi di presenza ad EXPO con la Piazzetta ExploER e poi la settimana del Protagonismo della Regione Emilia-Romagna hanno permesso di concentrare eventi, incontri, spettacoli, testimonial. Che immagine pensa abbia lasciato nei visitatori? “Come Regione che più è stata presente a EXPO in termini di quantità e qualità di eventi e iniziative possiamo dire di aver centrato il primo obiettivo, quello di aver mostrato al mondo quelle che si chiamano eccellenze: i tre brand Wellness Valley, la più grande d’Europa, Motor Valley, una Ferrari faceva bella mostra davanti alla Piazzetta, e Food Valley con i 41 prodotti IGP e DOP, prima Regione in Europa per numero. E poi i 31 soggetti selezionati con un bando che hanno animato per 90 giorni la Piazzetta accompagnando i visitatori in un viaggio nel nostro territorio. Anche interattivo grazie al Touch wall di quattro metri per due: una sorta di mosaico 2.0 composto da 223 icone. Un semplice tocco ha permesso a moltissimi visitatori di portarsi a casa quello che più ha colpito perché testi, foto e icone erano scaricabili su smartphone e tablet. Abbiamo saputo trasmettere il nostro saper fare e il saperlo fare insieme, innovando, ma rimanendo legati alle nostre tradizioni. Ora vedremo cosa EXPO produrrà in futuro.” Certamente un obiettivo era quello di ottenere un ritorno da EXPO in termini di relazioni nazionali e internazionali, ma potrà contribuire alla crescita del PIL regionale? “Se prima di EXPO si calcolava che il suo impatto sarebbe stato di un + 0,2% sull’economia italiana, oggi, alla luce degli ottimi risultati ottenuti dall’esposizione universale di Milano, gli analisti economici ipotizzano un aumento del PIL tra lo 0,3 e lo 0,4%. Senza contare le future commesse che le aziende italiane hanno avuto modo di firmare per il prossimo EXPO, ma non solo. Quindi è ragionevole pensare che una ricaduta positiva ci potrà essere anche per la nostra Regione.” Oltre a questo aspetto economico cosa potrà lasciare EXPO come eredità? “Quando in questa Regione si gioca tutti insieme, si fa squadra nel realizzare filiere, quando c’è una stretta collaborazione fra enti locali, imprese, società civile, terzo settore, volontariato, così come è avvenuto a EXPO, non possiamo e non dobbiamo aver paura del futuro. Qui si costruiscono le esperienze migliori sul versante anche delle riforme istituzionali. EXPO ci ha trasmesso un messaggio di condivisione e una traccia per proseguire nella costruzione di un sistema regionale sempre più efficiente, economicamente sempre più competitivo e in grado per questo di stare nel mondo e crescere nella dimensione internazionale.”

Global Market / 29


Social

ROMAGNA SOLIDALE la Fondazione degli imprenditori romagnoli. testo Gianluca Gatta

La Fondazione Romagna Solidale è l’unica onlus in Italia formata da imprenditori. Il suo obiettivo è finanziare iniziative di beneficenza e di sviluppo del territorio; ce ne parla il presidente Arturo Alberti.

Ha finanziato un progetto per dotare i malati di Alzheimer di braccialetti forniti di sistema GPS e consentirne così ai parenti il controllo degli spostamenti. Ha sostenuto l’apertura del pub L’urlo di Forlì, gestito e animato da La Fraternità, cooperativa sociale della Comunità Papa Giovanni XXIII. Ha cofinanziato un progetto di apprendistato di sei mesi che ha coinvolto ventuno giovani. Si tratta della Fondazione Romagna Solidale che nasce nel 2010 su iniziativa di alcune imprese – tra cui Amadori, Babbi, Formula Servizi, Gruppo Hera, Orogel e Technogym – per rispondere tempestivamente e in modo coordinato ai bisogni fondamentali del tessuto sociale locale: giovani in cerca di lavoro, anziani non autosufficienti, persone con deficit psichico e fisico. “Ma svolgiamo anche attività di supporto a progetti in Paesi in via di sviluppo – ci tiene a precisare Arturo Alberti (nella foto), presidente della fondazione, 69 anni, pediatra, da sempre attivo nel campo della solidarietà –. Sosteniamo progetti a Caracas, in Venezuela, e in Sierra Leone, Kenya ed Etiopia.” La fondazione opera dunque ad ampio raggio nel campo della solidarietà. Si prefigge infatti da statuto di operare iniziative di beneficenza in favore di persone svantaggiate per ragioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari nonché di promuovere e sostenere attività nei settori dell’assistenza sociale e sociosanitaria, della promozione della cultura e dell’arte, dell’istruzione e formazione, ma anche nei settori della tutela e della valorizzazione dell’ambiente e della ricerca scientifica. Romagna Solidale è l’unica Fondazione in Italia ad avere ottenuto nel dicembre 2011 l’iscrizione all’anagrafe delle ONLUS nel settore di attività di beneficenza benché formata da imprese. E proprio questa caratteristica ne rappresenta il fiore all’occhiello perché “agli imprenditori coinvolti nella fondazione – afferma Arturo Alberti – chiediamo non solo un’anticipazione di risorse utili per finanziare i progetti ma anche un’anticipazione di competenze.” I manager e gli esperti presenti nelle aziende sono infatti invitati, con il proprio know how, a mettersi al servizio delle realtà non profit che ottengono l’approvazione dei progetti, il cui iter di approvazione e di controllo è molto preciso: “Le domande ci devono essere rivolte entro il 31 dicembre di ogni anno, noi le esaminiamo e diamo una risposta entro il gennaio successivo. Dopodiché verifichiamo attentamente il percorso delle risorse affinché si raggiungano i risultati aspettati.”

30 / Social


“Exclusive Creations”

Piazza Tre Martiri, 82 |Centro Storico di Rimini | Tel. 0541 21962 | www.rdpreziosi.it


Happening

PENSARE LA MODA gli eventi Menabò nel mondo.

Un autunno pieno di novità per Menabò Group che in partnership con i maggiori brand presenta le innovazioni nel campo del tessile e una riflessione a tutto tondo sulla sostenibilità del mondo del fashion.

L’agenzia forlivese Menabò è protagonista degli eventi internazionali più esclusivi e all’avanguardia nel campo della moda e dell’innovazione tessile. Insieme a ISKO™, azienda leader nel mondo nel campo del denim, ha presentato ai partner internazionali la nuova piattaforma activewear ISKO Arquas™ che, studiando l’evoluzione del denim, lo rende protagonista dell’ultima tendenza di settore: l’athleisure. Nella suggestiva cornice della Biblioteca della Moda a Milano si è tenuto un evento che fa parte del progetto “The denim sapiens, from rigid to future species”, mirato a sviluppare la ricerca nel campo del denim per migliorare le performance del tessuto e sviluppare le contaminazione fra moda e sport. Da Milano a New York, Menabò ha seguito a novembre 2015 anche l’anteprima di ISKO Arquas™ nella Grande Mela presso il flagship store Technogym a Soho, dove sono stati esposti i tessuti che contraddistinguono la stagione 2016, declinati nelle quattro sezioni che formano la collezione Arquas: Dance/Fitness/Yoga, Urban tech, Blue outdoor e Commuter biking. “Transparent as water” è stato invece il titolo della serata che ha animato la suggestiva cornice del piano panoramico della Torre Pirelli a Milano sempre a novembre. Un’occasione esclusiva colta in occasione della serata inaugurale di ITMA, fiera internazionale dedicata alla tecnologia tessile, da MS Printing Solutions che ha lanciato una nuova sfida nel segno della sostenibilità. L’evento, organizzato in partnership con Menabò Group, ha voluto stimolare il dibattito sul tema dell’innovazione sostenibile ed esplorarne le implicazioni sociologiche e culturali che potranno rendere virtuoso il processo di cambiamento discontinuo. L’evento, aperto dal saluto di Paolo Milini, Vice Presidente di MS Printing Solutions, è stato condotto da Andrea Cabrini, Managing Editor di Class Cnbc e Class TV. La tavola rotonda ha visto avvicendarsi le opinioni di illustri ospiti: Francesco Morace, sociologo e saggista che da più di trent’anni si occupa di ricerca sociale e di mercato; Piero Formica, economista, docente universitario e fondatore dell’International Entrepreneurship Academy; Giuseppe Miroglio, Presidente di Miroglio Group. “Transparent As Water” segna la nascita di una nuova era industriale la cui crescita si baserà sulla creatività, la sostenibilità e la tecnologia per modellare l’attuale panorama imprenditoriale e creare un nuovo orizzonte produttivo.

32 / Happening

Sopra, un momento dell’evento “Transparent as a water” che si è tenuto nella Torre Pirelli a Milano; a destra, due momenti delle presentazioni di ISKO ARQUAS™ alla Biblioteca della Moda di Milano e presso il flagship store Technogym di New York.


Happening

Il futuro si tinge di “green”. Menabò è stato uno degli importanti player chiamati come ospiti di “Rethinking Luxury: innovazione responsabile & ingredient branding”, appuntamento tenutosi il 5 novembre nello spazio Vitale Barberis Canonico e moderato da Francesca Romana Rinaldi, responsabile Fashion Sustainability MAFED SDA Bocconi. Una riflessione, quella relativa alla sostenibilità, cruciale per l’industria e che non a caso ha coinvolto alcuni player chiave del settore. La tavola rotonda ha visto infatti la partecipazione di Andrea Masotti – CEO Menabò Group, Marco Lucietti – Global Marketing Director di ISKO™, Francesco Magri – Country Manager & Director di Woolmark Italy, Claudio Marcolli – Managing Director of Swarovski Professional Italy.

Happening / 33


Leadership

IGOR PELLICCIARI gli obiettivi del consolato russo. testo Alessandra Leardini - foto Giorgio Benvenuti

Il nuovo Console onorario della Federazione Russa in Emilia-Romagna, Igor Pellicciari, spiega il contesto delle relazioni con la nostra Regione.

Aprire a Bologna un collegio russo che diventi casa di studenti, docenti ma anche di rappresentanze commerciali, imprenditoriali ed istituzionali russe, riprendendo un’antica tradizione di amore reciproco, come quella tra il grande Paese dell’Est Europa e l’Emilia-Romagna. “Perché non è vero che in questa regione l’amore per la Russia è stato conseguente all’orientamento comunista dell’elettorato dopo la seconda guerra mondiale. Semmai è vero il contrario”. È questo il sogno nel cassetto del Console onorario della Federazione Russa in Emilia-Romagna, il Prof. Igor Pellicciari, che a fine ottobre ha inaugurato ufficialmente la sede del Consolato russo nella città di Bologna. Quali sono gli obiettivi del suo Consolato a livello regionale? “Oltre all’assistenza ai cittadini russi presenti sul territorio di competenza, il Consolato ha tre attività caratterizzanti: lo sviluppo di diplomazia culturale, e in particolare universitaria, tra gli atenei della Regione e quelli Russi; la promozione dell’ottenimento della cittadinanza russa ai figli di matrimoni con uno dei genitori di tale nazionalità; l’assistenza ai turisti russi presenti in Regione così come la promozione del turismo italiano verso la Russia, che ha molte destinazioni da visitare di assoluto interesse.” A proposito di turismo: quali sviluppi possiamo aspettarci dal fronte russo per i prossimi mesi? “Il turismo russo è in ripresa dopo un periodo di calo dovuto alla crisi economica ma anche, va detto, all’aumento di un’offerta turistica interna russa di tutto riguardo, allettante e a buon prezzo, con destinazioni che spaziano dalle città come Mosca e San Pietroburgo a mete quali Sochi e la Crimea. Con l’introduzione di un secondo volo quotidiano Aeroflot su Mosca, Bologna si sta accreditando come nuova destinazione di un turismo russo interessato alla cultura e al business, mentre Rimini sta ripartendo con gli arrivi dei turisti da charter di cui è sempre stata meta favorita e che fanno molto bene al contesto economico romagnolo e sammarinese.” Molto importanti anche i rapporti commerciali tra le imprese emiliano-romagnole e quelle russe... “In tal caso le sanzioni reciproche hanno avuto un impatto nel ridurre la mole complessiva di scambi che comunque restano di assoluto riguardo. Se dipendesse solo dal versante russo e da quello italiano, le sanzioni sarebbero scomparse da tempo.” A breve verrà inaugurato anche un Ufficio del Consolato presso l’aeroporto Fellini di Rimini. Cosa ci può dire in merito? “Lo scalo riminese ha ricominciato a lavorare e dallo scorso aprile aerei russi stanno atterrando a Rimini con visitatori provenienti non solo da Mosca ma da tutta la Russia, attratti dall’offerta del contesto romagnolo e della Repubblica di San Marino. La previsione è che i numeri siano nuovamente in forte crescita per il futuro e, poiché la Federazione Russa segue molto i propri cittadini all’estero, abbiamo pensato di dare loro un importante servizio aprendo un ufficio operativo del Consolato all’interno dell’aeroporto.”

34 / Ever Green


INTIMO SPOSA | INTIMO DONNA | COSTUMI Specializzato in taglie calibrate Via Garibaldi, 103 - 47921 Rimini Tel. 0541.784560 www.cosedisogno.com


Sporting Club

LAB MILLECHILI FERRARI dove università e industria si stringono la mano. testo Alessandro Bucci

Scopo principale del progetto è studiare e progettare telai di autovetture leggere per modelli ad alte prestazioni. Forte dei suoi principali partner (Ferrari, Fiat, Maserati e Riba Composites), il laboratorio è divenuto una vera e propria istituzione, sino ad arrivare al grande successo di quest’anno: il 100% di assunzioni da parte di Ferrari di coloro che hanno conseguito il dottorato. Abbiamo incontrato sul luogo di lavoro il direttore Andrea Baldini. Puoi riassumerci com’è strutturato il MilleChili? “Il laboratorio è strutturato in modo da essere sempre più autonomo, con i ragazzi che si tramandano tra loro le modalità di utilizzo dei software e tutte le procedure di calcolo. È strutturato in teoria in sei dottorandi (due per ogni annualità) per i quali è previsto l’ultimo anno in Ferrari o in centri di ricerca di eccellenza nel mondo. Gli studenti impegnati nella tesi hanno accesso ai laboratori dove un ingegnere Ferrari segue i test in maniera continua.” La riduzione del peso delle vetture è uno dei primi obiettivi del laboratorio. In questo senso, quanti e quali progressi sono stati fatti? “Con le nuove normative che entreranno in vigore lavoreremo più sul telaio e sulla carrozzeria. I passi significativi, presenti già nelle versioni speciali, si vedranno nelle vetture delle nuove generazioni. Abbiamo alleggerito di varie percentuali le versioni M rispetto a quelle attuali. Stiamo indagando anche l’opportunità di inserire i nuovi materiali nelle vetture Ferrari ad alto rateo produttivo, quindi sulla berlinetta più piccola. Si può parlare non solo di alcuni punti percentuali, ma del 10-15% in meno.” Tra i nuovi materiali indagati dal laboratorio, quali si stanno rivelando i più spendibili nel futuro? “È soprattutto la tecnologia che si sta adeguando alla produttività. I materiali più spendibili probabilmente sono tutti i materiali compositi secondo le loro declinazioni. Riba Composites è un partner molto strategico perché si sta adeguando, come molti oggigiorno, a una produttività più alta pur mantenendo la qualità del prodotto.” Dal punto di vista pratico il laboratorio lavora principalmente per il GT ed ha anche una sezione per la F1. Come avviene nello specifico lo studio del comportamento dei materiali a velocità d’impatto differenti? “A seconda del tipo di velocità, esistono varie tipologie di crash. Il test urto pedone interviene sul cofano: la testa va ad impattare e il materiale deve garantire una cedevolezza controllata in modo da non provocare picchi di accelerazione sul cervello della persona e danni permanenti, ad una velocità stabilita dalle normative definite in base agli impatti e ai dati statistici. Nell’impatto del comportamento della vettura globale, quando va ad impattare con un’altra macchina o un muro, non deve esserci eccessiva rigidità. Le vetture di quarant’anni fa non si deformavano, quindi l’energia non veniva assorbita e colpiva direttamente l’uomo. Il materiale utilizzato determina comportamenti diversi. La deformazione plastica si ha quando il materiale assorbe l’energia, dunque quando una deformazione avviene permanentemente. Gli assorbitori d’urto si comportano a soffietto e sono gli organi principali per l’assorbimento di materiali. I materiali compositi invece si frantumano, divenendo detriti ed è questo il modo in cui viene assorbita l’energia.”

36 / Sporting Club

Il Laboratorio MilleChili, progetto inaugurato con il contributo Ferrari tra il 2008 ed il 2009 presso l’Università di Modena, indaga nuovi materiali e fa ricerca, lavorando per F1 e GT.


dorelanbed.it

programma immagine

ENTRA IN UN DORELANBED

“...ecco perchè mi fido della Qualità”

FORLÌ

Via Ravegnana, 409

FAENZA

Via Volta, 1 C.Comm.le Cicogne

IMOLA

Via Ugo la Malfa, 8 Centro Imola Lago

BOLOGNA

Via Stalingrado, 19/EFG


38 / Nome Cognome


Nome Cognome

CESARE CREMONINI lo scrittore di canzoni. testo Erika Baldini - foto AGF

La carriera di Cesare Cremonini è caratterizzata da una grande forza di volontà, per riuscire a riportare sul palco quei momenti in cui, da piccolo, a casa gli chiedevano “suona per noi”. Perché giocare con la musica lo entusiasma ancora. E tanto.

Nome Cognome / 39


Cesare Cremonini

Farsi mago e pagliaccio insieme, questo significava suonare per gli altri e non per se stessi. Cesare Cremonini lo scrive nel suo primo libro, l’autobiografico Le ali sotto i piedi, pubblicato nel 2009. Lui è sempre “quello sul palco”, sin da quando a sei anni viene iscritto a lezione di pianoforte, a undici anni e parecchia voglia di libertà costretto ad esibirsi al piano di casa davanti agli amici dei genitori. Lui che ha scoperto la musica grazie a due personali miti baffuti: l’insegnante suor Ignazia e quel Freddie Mercury che lo porta dall’amore incondizionato per la musica classica all’esaltazione sfrenata per le sonorità pop-rock e all’uso di rimmel e lucidalabbra. Lui in costante equilibrio tra timidezza e voglia di esibizionismo. Lui che scrive e compone i primi testi – tra cui “Vorrei”– all’età di quattordici anni e che a sedici comincia ad esibirsi nel circuito musicale bolognese con il gruppo dei Senza filtro. Il successo arriva tre anni dopo col fortunato incontro con il produttore Walter Mameli e i Lunapop, la band con cui lancia i singoli “50 Special” – subito premiato disco di platino – e “Un giorno migliore”. Dopo l’uscita del primo album ...Squérez? nel novembre 1999 – album basato sulla raccolta delle canzoni scritte da Cesare tra i suoi 15 e 18 anni – i Lunapop diventano il più grosso fenomeno generazionale della musica italiana di inizio secolo. Nell’aprile del 2000 viene pubblicato il terzo singolo “Qualcosa di grande”, canzone con cui il gruppo vince un’edizione del Festivalbar. Presto però il progetto si scontra con varie pressioni ed interessi esterni, malumori interni. Non tutti riescono a reggere la situazione e nel 2001 la band si scioglie ufficialmente.

Sempre dal libro, uscito esattamente 10 anni dopo l’album dei record, capiamo che il giovane autore prende allora un’importante e matura decisione: “scelsi me stesso, perché non avevo più paura di capire chi ero veramente” e “quando ci saremo finalmente decisi a non cercare altro se non noi stessi, quando avremo imparato che togliendo quei pesanti sacchi di sabbia si prende il volo, allora ci sentiremo davvero, e in un solo istante, con le ali sotto ai piedi ”. Cesare, come l’eroe di un moderno racconto di formazione a lieto fine, segue il suo percorso da solo, prima con qualche ruolo scanzonato come attore – recita nella serie televisiva Via Zanardi (2001), in Un amore Perfetto (Valerio Andrei, 2002) e nel film di Pupi Avati Il cuore grande delle ragazze (2011) – e poi con una strepitosa carriera musicale da solista. Chissà

40 / Cesare Cremonini

Sopra, Cesare Cremonini ai tempi degli esordi con i Lunapop. A destra, Cremonini sul tappeto rosso con Pupi Avati e Micaela Ramazzotti con i quali ha girato il film “Il cuore grande delle ragazze”.


Cesare Cremonini

se da finto-timido e allegro sbarazzino immaginava che le ali sotto ai piedi lo avrebbero portato ad essere uno degli artisti più popolari e amati del panorama musicale italiano contemporaneo. In questi giorni il musicista è impegnatissimo in giro per l’Italia, con la sua ultima fatica live. È infatti appena partito, prima data lo scorso 23 ottobre al Palalpitour di Torino, il suo Più che Logico Tour 2015, “fratello maggiore” del Logico Tour dello scorso anno. Proprio dall’esperienza del tour 2014, e dopo la pubblicazione del triplo CD live che lo racconta, è nato il nuovo spettacolo. Un trionfo annunciato: diciotto concerti ed uno show totalmente rinnovato, i biglietti per le date di Roma, Bologna e Milano ben presto esauriti, tanto che la produzione ha aggiunto nuove date a quelle già in programma, palasport e auditorium gremitissimi, social entusiasti, fan in delirio. Il suo pubblico lo adora, la critica oramai da tempo ha smesso di pensare a lui come al belloccio frontman di una boy band nostrana e si è accorta del talento schietto, semplice, vitale di questo cantautore bolognese doc. Trascorsi 16 anni dal ciclone Lunapop, in questi anni Cesare ha mostrato le sue innumerevoli doti artistiche e comunicative. Attraverso i suoi cinque album d’inediti (vincitori di numerosi dischi d’oro e di platino), attraverso due dischi live, un 1999-2010 The Greatest Hits, la colonna sonora per il film I padroni di casa di Edoardo Gabbriellini (“Amor mio”, cantato da Gianni Morandi nel film, ha vinto il Nastro D’argento come miglior canzone originale) e il lavoro realizzato per le musiche dello spettacolo teatrale di Alessandro D’Alatri Tante belle cose, abbiamo avuto la possibilità di apprezzare tutta la sua padronanza della forma-canzone. E ascol-

La carriera di un mago. Cesare Cremonini nasce a Bologna il 27 marzo 1980. Nel 1999 fonda i Lunapop e, nel maggio dello stesso anno, esce in radio 50 Special, il singolo che lancerà il gruppo con più di centomila copie vendute in soli tre mesi. Il 27 novembre 1999, a tre giorni dall’uscita dell’album ... Squérez?, fa il suo debutto in radio Un giorno migliore, il secondo singolo che si aggiudica il disco d’oro con oltre 25.000 copie vendute. Nel 2000 il singolo Qualcosa di grande vince il Festivalbar. L’anno dopo la band si scioglie e Cremonini comincia la sua carriera da solista. L’album Bagùs è del 2002, seguono nel 2005 Maggese, nel 2008 Il Primo Bacio Sulla Luna, nel 2012 La teoria dei colori – di cui il singolo Il Comico (sai che risate) risulta il brano più trasmesso dalle radio italiane per dieci settimane consecutive – e nel 2014 Logico. Nel frattempo, Cremonini non si lascia sfuggire l’occasione di pubblicare un romanzo autobiografico (Le ali sotto ai piedi) pubblicato lo stesso anno, il 2009, in cui riceve il premio History alla carriera ai TRL Awards. Attualmente è impegnato con il Più che Logico Tour, “fratello maggiore” del Logico Tour dello scorso anno.

Cesare Cremonini / 41


Cesare Cremonini

tare e canticchiare canzoni divenute celebri per la loro musicalità e i per i loro testi, per i ritornelli ammaliatori e le frasi ad effetto: dal suo primo album da solista Bagùs (2002) - che significa “tutto ciò che è positivo, piacevole e bello” in indonesiano - “Gli uomini e le donne sono uguali”, “Vieni a vedere perché”, “PadreMadre” e la spensierata “Latin Lover”; da Maggese (2005), registrato ai mitici studi Abbey Road e agli Olympic Studios di Londra, le struggenti “Le tue parole fanno male” e “Ancora un po’”; da Il Primo Bacio Sulla Luna (2006) l’autobiografica “Dicono di me”; l’impegnata e profonda “Il Comico (sai che risate)”, primo singolo estratto da La teoria dei colori (2012); fino a “Logico #1” – tormentone estivo dello spot cornetto Algida – alle riflessive “Io e Anna”, “Cos’hai nella testa?” dell’ultimo album Logico (2014). Un percorso professionale carico di soddisfazioni, gioie, riconoscimenti e premi, collaborazioni importanti – come quelle con la London Telefilmonic Orchestra, Jovanotti e Malika Ayane –, responsabilità, momenti difficili e momenti felici. Un percorso lungo ma che torna alle origini, per non sentirsi mai solo un pagliaccio e un mago. A Milano lo scorso mese di maggio, alla conferenza stampa di presentazione di Più che logico Live, triplo CD con 22 canzoni dal vivo e 4 inediti, Cesare, a chi domanda cosa gli manca nonostante il grandissimo successo dal vivo, risponde così: “In questo bilancio super positivo quello che un po’ mi manca è che la macchina che guidi è molto molto grande e quindi la dimensione di potersi esprimere in modo un po’ più libero e improvvisato non ce l’hai sempre. A volte fare un concerto per venti persone mi permetterebbe di fare lo scemo un po’ di più. Qui invece ci sono delle regole che a volte mi vanno un po’ strette. È per questo che durante il concerto mi ritaglio sempre una ventina di minuti di piano voce. Lì sono io a sei anni in casa con mia madre che mi dice: “Suona per noi”. Quel momento è quello in cui cerco di compensare questa responsabilità che comunque hanno tutti gli artisti che fanno concerti. Lì gioco con la musica come mi viene, ci tengo molto”. Per chi si fosse perso questo spazio intimo, per chi vuole rivivere tutta la performance on stage di Cesare, è uscito a novembre Logico Project, un cofanetto che unisce i due dischi Logico e Più che logico (Live) in un unico lavoro che racchiude gli ultimi due anni di attività di questo “scrittore di canzoni” – come si definisce – e la passione per la musica di una vita.

42 / Cesare Cremonini


w w w.ilmorod iv enezia.net www.ilmorod w w w.ilmorod ivenezia.net iv enezia.net

WINTER COLLECTION / 015 WW I NI N TE TR E RC C OO L LL EL C EC T ITOI O N N/ /0 10 51 5

Follow us Follow Follow us us

Tut t i i capi d ’abbigl iament o tTut t ioro it icapi idcapi d ’abbigl d ’abbigl iament iament o it a d eTu l M i Venezia sono in ovend d edl p eMoro lresso M oro dSAILING i dVenezia i Venezia sono sono in in v end vend it aa. it a St ore a Mar inar p repsresso s o SASAILING ILING St ore St ore a Mar a Mar inar inar a. a.

Via Marinara, 81 - tel. 0544 538870 - Marina di Ravenna V iV a i aM a Mrai nr ianraar, a8, 18 1- t- etl e. l0. 504544 45 3583887807 0- M - a Mrai nr ian ad i d iR aRvaevnennan a


Dante Ferretti

DANTE FERRETTI lo scenografo più amato da Hollywood. testo Maurizio Verdenelli

Un viaggio nella memoria e nei progetti futuri dello scenografo maceratese Dante Ferretti: tre Oscar condivisi con la moglie Francesca Lo Schiavo, una vita in due sui set più premiati di Hollywood.

È già all’opera per il sublime Amadeus. Genio più genio. Così Dante Ferretti, considerato il maggiore tra gli scenografi viventi (alla parola, lui fa i debiti scongiuri) dopo il trionfo di Così fan tutte, con quel cielo in una stanza che inaugurò a giugno il Festival dei due Mondi, sta appuntando le miracolose matite al servizio di un altro capolavoro mozartiano, Le nozze di Figaro, destinato anch’esso ad aprire il sipario sulla prossima rassegna di Spoleto. E c’è da giurare in un altro successo, da dividere naturalmente con la moglie Francesca Lo Schiavo, con la quale forma la coppia più premiata di Hollywood: tre Oscar a testa, rinforzata la bacheca di casa. Non solo di Academy Award a profusione vivono Dante e Francesca nel Paradiso denominato scenografia e costumi, ma pure di altri riconoscimenti in contesti artistici che non sono sempre necessariamente quelli cinematografici. Come Spoleto insegna. Un po’ meno Macerata e quindi lo Sferisterio, che s’è avvalso soltanto una volta dell’opera del maestro nato a Macerata, tanto che lui, un po’ in uggia con la sua pur sempre amata città, si definì “Il fantasma dell’Opera”. Con riferimento espresso all’Arena, non poco distante dalla bottega di famiglia passata al nipote Federico, dall’indimenticabile e adorata sorella Mariella. E con lui e Renata, altra amata nipote, ha festeggiato la nuova sede in via Gramsci del negozio d’arte Cornici Ferretti. Una grande festa popolare con il sindaco di Macerata Romano Carancini consumata sotto il nuovo orologio meccanico della torre civica che allungava la sua ombra sul laboratorio paterno, nel cui retro - ricordava il cognato Benito Lelli - Dante e Valeriano Trubbiani disegnavano a quattro mani. Il campanile di piazza appartiene ai ricordi del celebre scenografo quando a dieci anni lo risaliva in compagnia di un amichetto, figlio del custode. Ricordi tornati buoni in Hugo Cabret, il terzo Oscar, quello cui tiene forse di più seppure non lo dica apertamente. Questione di cuore così in quel rifiuto all’invito di Carancini a far visita all’antica gran macchina dei fratelli Ranieri, i mastri orologiai della torre civica. Dietro quel no, probabilmente Goethe e il su ammonimento a non tornare nei luoghi dove si è stati felici. Il grande scenografo è nella sua casa romana, seduto al tavolo da lavoro pensando a Spoleto, pensiero dominante in proiezione futura: il 59° Festival. “Ho firmato un contratto che prevede dopo Le Nozze di figaro anche l’inaugurazione del Festival 2017.” È lui, Dante da Macerata (dove nessuno ha mai pensato di sottoporgli contratti triennali) il Figaro, in realtà, più celebre e ricercato della scenografia mondiale: il telefono trilla in continuazione con richieste di contratti e collaborazioni. Ha un foglietto dove tiene tutto sotto controllo, o quasi, anche se di Spoleto non ricorda al momento il nome della terza opera da mettere in scena fra due anni: ma son dettagli. Per il momento, dopo il boom ai botteghini di Cenerentola di Kenneth Branagh - un omaggio a Mariella che amava quella favola visceralmente - e l’esperienza all’EXPO, al solito per lui trionfale, con il Padiglione Marche e le figure arcimboldesche al Decumano - salvate da Giorgio Napolitano dalle italiche lentezze c’è posto nella Ferretti’s list anche per un musical italiano: Il divo Nerone. C’è soprattutto un altro lavoro che lo tocca da vicino: riguarda il cinema Fulgor ricostruito a Rimini, quello di Fellini.

44 / Dante Ferretti



Dante Ferretti

Come il cinema Rex, poi Italia, quello della adolescenza… “Vero! Ci ho passato gli anni più belli in quella sala pensando di fare l’attore. L’idea della scenografia è venuta più tardi. Ricordo la fatica quotidiana di trovare i soldi per il biglietto d’ingresso. Mio padre Elvio voleva che mandassi avanti la bottega, ma avevo visto Roma a tredici anni e me n’ero innamorato. Avevo deciso di viverci e lavorarci, se fosse stato possibile.” Ora il cinema Italia è stato chiuso, per sempre. “Possibile?! Perché non è stato fatto nulla per salvarlo? Era un patrimonio culturale, un’idea della città, come le sale allo Sferisterio, al Corso... Un vero lutto, ma perché chi doveva e poteva non si è mosso? Di chi è la responsabilità?” Facciamo così, Maestro, che quando rifaranno il cinema Italia si penserà, come per il Fulgor riminese, a lei. A proposito che rammenta del grande Federico? “Tutto. È stato per me un maestro, un eroe. Da lui ho imparato poi una cosa [ride n.d.a.]: a dire le bugie, a diventare come lui un grande Bugiardo. Giulietta diceva che il marito arrossiva quando gli capitava talvolta di dire la verità. Sulle prime, invero, la Masina aveva fiducia in me. Un giorno stupendosi di vedermi pieno di salute, mi fa: ‘Come hai fatto a ristabilirti tanto in fretta? Federico mi ha detto che sei stato a lungo ricoverato in ospedale a Ferrara, travolto dalle rovine di un’antica abbazia durante il sopralluogo per un film. Aveva poi dovuto assisterti tanto da scordare d’informarmi per giorni...’. In realtà era quella una delle consuete panzane di Fellini a coprire una qualche fuga. Poi Giulietta aveva capito e ai miei assist al marito ironizzava amara: ‘Non vi accorgete quanto siete patetici?’. In realtà lei usava per noi un termine più forte. Erano ormai finiti i tempi in cui mentivo serialmente a Federico nel timore di essere licenziato raccontandogli sogni mai fatti, dai quali egli voleva trarre le trame di nuovi film. Che io, Dantino, come mi chiamava, dicessi bugie lo comprendeva per primo lui, professionista del genere... Adesso questo impegno per il Fulgor felliniano mi riempie di commozione: tra un po’ dovrò curare pure il museo dedicato a Federico. Cui devo il contatto con Scorsese, un suo ammiratore, da me conosciuto sul set de La città delle donne. Marty, anch’egli un mio eroe, il regista della maggior parte dei film dei quali in questi anni ho curato la scenografia.” Ritorniamo all’arte: altri progetti? “Sì, gli interni della casa di Giuseppe Verdi a Busseto mentre ho finito di disegnare il film TV Diabolik che dovrà essere girato a inizio anno.” Ferretti è tornato da qualche giorno da Parigi, stavolta spinto da nessuna premonizione. No, quello che è stato definito l’11 settembre francese, stavolta non l’ha messo in fuga, come accaduto proprio quella mattina di 14 anni fa quando aveva preso alloggio a Manhattan. Pronto a tornare nell’ufficio di una delle torri gemelle dove la sera prima aveva incontrato Anthony Minghella. Con il grande regista inglese, Dante aveva messo a punto la scenografia di un altro film di successo: Ritorno a Cold Mountain (una delle sue dieci nomination all’Oscar). S’erano lasciati con l’impegno di ritrovarsi con Francesca il giorno dopo. Tuttavia in albergo, lo scenografo aveva trascorso una notte piena di terribili sensazioni. Così quella mattina dell’11 settembre 2001, lui era fuggito da Manhattan tre ore prima che le torri gemelle fossero colpite a morte, mentre l’aereo partito da Roma con Francesca Lo Schiavo faceva inversione di rotta sull’Oceano. “Ho poi avuto una vita felice” commenta lui. Amatissimo da tutti. Da Nicole Kidman e da Tom Cruise, ad esempio, che in visita al set Gangs of New York a Cinecittà spinse il produttore renitente a completare la scenografia (costo: 200.000 dollari). “Cruise, per me è un santo!” fa Dante che infatti a Saint Tom dedicò la facciata della chiesa servita a completare la piazza degli scontri.

46 / Dante Ferretti

Ph. Luigi Narici / AGF


LUXURY APARTMENT affitti settimanali e mensili INFOLINE: 0541.602224 www.residencelungomare.com


Sergio Dagnino

48 / Sergio Dagnino


Sergio Dagnino

SERGIO DAGNINO il mondo nel bicchiere.

testo Serena Focaccia - foto Valentina Donatini

Il vino italiano è arrivato al top della classifica mondiale. Di ottobre 2015 è la notizia del superamento della Francia nella produzione, grazie a un super-raccolto superiore del 13% rispetto all’anno scorso. Sergio Dagnino, Direttore Generale di Caviro, racconta la sua esperienza e spiega che... quello che conta sono i canestri.

La cooperativa Caviro di Faenza è la prima società italiana di vini, per quota di mercato a volume e a valore. Costituitasi nel 1966, conta oggi 32 cantine sociali che raggruppano 12.000 viticoltori su una superficie di oltre 30.000 ettari per una produzione di 6.200.000 quintali di uva. Incontriamo il Direttore Generale, Sergio Dagnino, per conoscere più da vicino questa eccellenza italiana, il cui prodotto di punta è il Tavernello, primo marchio italiano di vino in Italia e nel mondo. Qual è stato il suo percorso professionale per arrivare alla direzione di Caviro? “Dopo una breve esperienza nel settore dei beni industriali, sono passato a quello dei beni di largo consumo in un’azienda privata di medie dimensioni dove ho lavorato per diciassette anni, ricoprendo diversi ruoli fino alla direzione. Il portafoglio prodotti – fra i marchi principali Vape, Neutromed, Antica Erboristeria – spaziava dall’igiene della persona e della casa, alla profumeria selezionata; avendo per concorrenti aziende multinazionali le leve competitive erano innovazione e velocità. Dal settembre 2001 sono entrato in Caviro in qualità di Direttore Generale.” Quali sono le peculiarità di un grande gruppo come Caviro? “Siamo la più grande filiera vitivinicola italiana perché associamo 12.000 viticoltori che producono il 10% dell’uva italiana in otto regioni italiane. Siamo anche il primo player sul mercato italiano con una quota di mercato dell’8,3%. Il vino, che rappresenta i 2/3 del fatturato, è il nostro core business e per il 90% proviene dalle nostre cantine socie, ma oltre al vino abbiamo anche la distilleria, che oggi produce una gamma di prodotti, dall’alimentare al farmaceutico, per clienti di tutto il mondo.” Non verrebbe da pensare a un’azienda vitivinicola coinvolta nelle produzioni farmaceutiche. Quale tipo di prodotti produce Caviro in questo ambito particolare? “A differenza del vino, dove con i nostri marchi raggiungiamo i consumatori di tutto il mondo, con i prodotti della distilleria forniamo semilavorati e materie prime alle aziende industriali nostre clienti che le scelgono per le loro ricette e formule. Per il settore farmaceutico i prodotti che forniamo vanno dai colluttori per bocca, ai disinfettanti, ai coloranti naturali, agli eccipienti per antidolorifici o antitrombosi.”

Sergio Dagnino / 49


Sergio Dagnino

Quali sono gli stimoli e le criticità che si incontano nel dirigere una cooperativa agricola di questo tipo? “Premetto che a differenza di un’azienda privata, in cui l’imprenditore in qualsiasi momento può decidere di vendere l’attività, la cooperativa per sua natura non è cedibile: è nostro dovere quindi conciliare i risultati dell’anno e la massima valorizzazione dei prodotti dei soci, con la strategia di medio/lungo termine, affinché la cooperativa cresca e sia solida a beneficio anche dei figli dei nostri viticoltori. Sono stimoli importanti: la base sociale che ci dà la qualità e una massa critica significativa a livello nazionale; il team di enologi altamente qualificato e una squadra manageriale di grande professionalità. Anche le criticità però sono un importante stimolo. Mi riferisco all’imprevedibilità delle vendemmie, che possono impattare su qualità, quantità e costi, all’inarrestabile calo dei consumi in Italia, nonché alle modifiche regolamentari a livello europeo con l’OCM zucchero e OCM vino. Sono tutti fattori che ci hanno spinto ad accelerare la diversificazione e l’innovazione portandoci a investire in qualità oltre 100 milioni di Euro negli ultimi 6 anni.” Le OCM (Organizzazioni Comuni di Mercato) disciplinano la produzione e il commercio dei prodotti agricoli di tutti gli Stati membri dell’Unione Europea dando attuazione alle disposizioni in materia di regolamentazione dei prezzi, sovvenzioni alla produzione e distribuzione, supporto all’import/export di prodotti. Come spiega Dagnino, “nel 2006, l’OCM zucchero ha decretato che la fascia di coltivazione delle barbabietole doveva essere il centro Europa portando alla chiusura del 90% degli zuccherifici italiani. È quindi venuto a mancare il melasso, sottoprodotto della produzione della zucchero da cui si ricava l’alcool, ‘costringendo’ le distillerie a sostituirlo con alcool grezzo proveniente principalmente dai paesi africani. L’OCM vino invece ha decretato lo switch dei contributi comunitari della trasformazione delle eccedenze (distillazioni) alla riduzione dei volumi di produzione e al sostegno all’export extra CEE. La ricerca quindi di nuove fonti e tipologie diverse di materie prime per la distilleria, ci ha portato alla produzione di una gamma più ampia di alcoli alimentari e non.” Quali sono le sfide che la produzione vitivinicola italiana dovrà affrontare nei prossimi anni? E quali gli obiettivi ancora da raggiungere?

50 / Sergio Dagnino


Profondamente comodo, tutto naturale

materassi di qualitĂ e sistemi letto

Via Respighi, 41 - Cattolica (RN) - Tel. 0541 951117 - www.balducciflex.it - info@balducciflex.it


Sergio Dagnino

“Il vino italiano, che all’estero ha raggiunto traguardi importantissimi, sta perdendo competitività rispetto ad altri Paesi produttori. Riguardo alla recente notizia data dai giornali relativa al sorpasso della Francia da parte dell’Italia nei volumi di produzione del vino, secondo me è un po’ come se di un giocatore di pallacanestro sbandierasse la statura e non i canestri che fa. Tra l’altro, la produttività è influenzata dagli andamenti climatici e cambia molto di anno in anno: è anacronistico tutti gli anni fare delle classifiche. L’Italia nell’ultimo decennio ha raggiunto risultati strepitosi con l’export, sia in termini di quote che di qualità, soprattutto negli USA e in qualche paese europeo. Ma… la Francia tuttora gode di un prestigio e di un prezzo medio di vendita molto superiore a quello italiano e al top nel mondo. I francesi sono partiti prima, fanno sistema e non sono caduti nella trappola delle 540 Doc che ha l’Italia. Se ci ‘accontentiamo’ della leadership a volumi rischiamo comunque il sorpasso da parte della Spagna. Ritengo quindi che gli obiettivi prioritari per l’Italia siano di fare sistema come Paese, evitando di disperdere gli investimenti in promozione, e di incentivare le aggregazioni fra le aziende più piccole per consentire loro, sia a livello produttivo che commerciale, di raggiungere i mercati più impegnativi.” L’impegno sociale ed etico per Caviro sono in primo piano con l’adesione alla campagna per il consumo consapevole di alcolici e gli investimenti nella sostenibilità: come si coniugano con le esigenze del mercato?

“Riguardo al consumo di alcool dobbiamo in primo luogo proteggere i giovani, tra i quali è più alto il consumo di superalcolici, educandoli a uno consumo moderato e limitato ai pasti. Nell’Unione Europea diverse lobbies del Nord Europa, dove l’alcolismo ha raggiunto livelli preoccupanti, puntano a vietare o penalizzare il consumo del vino: l’Italia può portare un esempio tutto sommato virtuoso, perché, pur avendo il più elevato consumo pro capite di vino, ha il minor tasso di incidenza di alcolismo. La sostenibilità ambientale è una nostra priorità, oltre che un motivo di orgoglio, perché tutte le nostre produzioni sono programmate tenendo in considerazione l’aspetto ecologico e quindi nel rispetto dell’ambiente. Ad esempio con la distilleria di Faenza processiamo ogni anno 500.000 tonnellate di scarti agricoli o provenienti da aziende alimentari che recuperiamo e trasformiamo per il 99,9% in prodotti farmaceutici, o per l’industria o per l’agricoltura (mandando quindi in discarica solo lo 0,1%). Nel Nord Europa l’attenzione a questi aspetti contribuisce ad accrescere il valore delle aziende (e dei loro prodotti) in grado di dimostrare un impegno concreto in tale direzione. Anche in Italia questa sensibilità è in aumento.” Esportate in oltre 70 paesi: quale italianità Caviro esporta nel mondo e soprattutto in nuovi mercati come la Cina? “Credo che sia dovere di ogni azienda italiana vendere non solo prodotti con la massima qualità compatibile con i posizionamenti sul mercato, ma anche quel patrimonio unico e irripetibile che l’Italia ha di cultura, stile di vita e innovazione.”

52 / Sergio Dagnino

I numeri di Caviro. Caviro è una cooperativa agricola che conta 12.000 viticoltori in 8 regioni italiane: Abruzzo, Emilia-Romagna, Friuli, Marche, Puglia, Sicilia, Toscana, Veneto. Le 32 cantine, con un team di oltre 50 enologi, ricavano 4,9 milioni di ettolitri di vino che conferiscono a Caviro in misura fra il 17% e il 65%. Nel 2014 ha venduto 183 milioni di litri di vino per un totale di oltre 7 milioni di famiglie consumatrici raggiunte in Italia. Caviro è il primo produttore di vino per quota di mercato a volume e valore, prima anche nel settore del vino in brik e terza nel vetro.


Gabicce Monte - tel. 0541.962295 - www.dallagioconda.com - info@dallagioconda.com Siamo aperti per tutte le feste a partire dal 23 dicembre.


Nome Cognome

ALBERTO NERAZZINI alla ricerca dell’inchiesta perduta. testo Nevio Galeati - foto Valentina Donatini

Lo abbiamo visto a Report, Sciuscià, Anno Zero: Alberto Nerazzini ha legato il suo nome al giornalismo d’inchiesta, in un Paese dove se ne sente molto la mancanza.

Agguerrito e ironico, Alberto Nerazzini è uno fra i più interessanti giornalisti investigativi italiani. Modenese, ha iniziato la carriera “inseguendo il classico sogno di molti ragazzini, fare il giornalista appunto”. Poi, dopo essere stato in giro per l’Italia e il mondo (“Sono tornato alla base invecchiato,” dice scherzando), si è stabilito di nuovo in Emilia, da dove parte per realizzare, da free lance, le proprie inchieste. Come vedi lo stato di salute del giornalismo in generale, e di quello d’inchiesta, in particolare? “Già negli anni Ottanta, Giampaolo Pansa segnalava come in Italia si facessero poche inchieste. E indicava cinque ragioni. Per fare un’inchiesta, diceva, serve un giornalista preparato, c’è bisogno di molto lavoro, occorre che il giornale consenta il respiro per sostenere il tempo un poco di più dell’attenzione veloce che si dedica normalmente agli avvenimenti della giornata, c’è bisogno di giornalisti liberi ed è infine indispensabile che i giornali siano liberi. Tutto questo, concludeva, c’è davvero poco, da noi. Trent’anni dopo, tutto è addirittura peggio di allora. Poi, purtroppo, anche Pansa è peggiorato, ma questo è un altro discorso. Come dire: da noi manca una tradizione forte del giornalismo d’inchiesta. O meglio, si è smarrita e confusa… Ho avuto il piacere e l’opportunità di vivere negli Stati Uniti quando avevo solo 17 anni e ho visto, là, quanto orgoglio ci sia nel realizzare inchieste giornalistiche, che sappiano andare a fondo, sviscerare un problema per informare i lettori. Alcuni esempi sono famosi, giusto? Con tutta probabilità, al di là della qualità dei professionisti, in quella realtà gioca a favore del giornalismo d’inchiesta il fatto che gli editori siano più puri, generalmente meno compromessi con altre realtà economiche e, soprattutto, politiche. Noi abbiamo a che fare con personaggi come Caltagirone, Ciarrapico, Angelucci, Berlusconi e Cairo, per fare solo una manciata di nomi.” Quindi non c’è scampo? “Diciamo che le difficoltà si moltiplicano, perché siamo al culmine di un giornalismo ferito, per gli effetti rovinosi di un certo modo di fare informazione molto populista, che addirittura ha demandato parte del proprio ruolo ai talk show, che si limita a proporre inchieste guidate e comandate, che puntano gli occhi su alcuni temi quasi scontati; inchieste che, soprattutto, danno poco fastidio, sono a rischio populismo e, in parte, puntano solo a rassicurare.”

54 / Nome Cognome


Nome Cognome

Nome Cognome / 55


Alberto Nerazzini

Ma non è stato sempre così... “No, certo, basti ricordare la vicenda delle dimissioni del presidente Giovanni Leone in seguito allo scandalo della Lockheed. Altri tempi e altri modi di intendere l’informazione, anche come impegno civile in prima persona. In realtà, oggi, i giovani vorrebbero tornare a quel tipo di giornalismo, contro l’uso di campagne e linee di condotta omologate. Come dire: stessi titoli e teoremi sulle testate che si muovono assieme (Grexit e vicenda Marino a Roma sono solo due esempi). E non ci si chiede più come mai questo possa succedere.” Però alcuni programmi televisivi si sforzano di lavorare in questa direzione. Come mai con quello strumento e non con la carta stampata? “Perché, per fortuna, un minimo di servizio pubblico c’è e deve continuare ad esserci. Anche se siamo ai minimi storici e non come ai tempi delle prime puntate di Sciuscià, quando davvero si poteva osare di più. Certo, per il giornalismo investigativo occorre molto tempo, eppure l’inchiesta avrebbe anche un valore di mercato, si potrebbe vendere bene. Ma questo slancio si è, appunto, un po’ assopito. C’è qualche segnale positivo e pare che anche Sky abbia capito come si debba tornare verso le inchieste.” Eppure i talk show fioriscono e sembrano essere gli unici depositari dell’informazione. Perché? Si tratta soltanto di pigrizia intellettuale? O perché forse non si vuole disturbare il manovratore?

56 / Alberto Nerazzini



Alberto Nerazzini

“Ci sono anche motivazioni squisitamente economiche. E occorre tornare al tema dell’editoria e al fatto di come non ci siano i soldi per fare le inchieste. Trasmissioni come Virus o Ballarò hanno costi ridicoli, come un giornaletto di provincia rispetto a un periodico vero e con firme che possono impegnarsi in inchieste importanti, come il grande Corrado Stajano. Quelle trasmissioni, lunghissime, mescolano i linguaggi, ma soprattutto troppo spesso confondono le acque, invece di fornire informazioni e, se riusciamo ad arrivare ai titoli di coda, siamo annichiliti e confusi. A volte anche spaventati. Pensiamo a Salvini, ad esempio, un’invenzione mediatica al quale si continuano a offrire spazi per esternare. Un animale televisivo come è stato Vittorio Sgarbi. E quando, in una riunione di redazione, parlando di problemi reali, qualcuno se ne esce dicendo: ‘Potremmo invitare Sgarbi, che fa audience’, ecco, allora è proprio finita.” Un’ultima curiosità: che ruolo hanno i social nel cambiamento dell’informazione? “C’è un dato positivo: in un secondo puoi reperire link e riferimenti a siti in grado di fornirti veri approfondimenti; direi su qualsiasi tema. Ed è decisamente meglio che spararsi una puntata intera di Porta a porta. Però nel mare immenso del web ci si deve muovere con attenzione, lucidità e controllo. Perché in quello spazio viaggiano milioni di cose false; oppure si prendono per attuali notizie vecchie di mesi. Quindi abbiamo in mano un canale preziosissimo, ma dobbiamo saperlo controllare, per evitare che la deriva populista aumenti.”

Dalla carta stampata alla Rai. Classe 1973, Alberto Nerazzini è cresciuto in un piccolo centro dell’appennino emiliano, per studiare poi a Modena, a Gorizia e a Firenze. Grazie a una borsa di studio, ha studiato per un anno a Saint Louis, nel Missouri; poi ha avuto esperienze di studio e lavoro anche a Londra. Dal 1998 al 2010 ha vissuto a Roma. Giornalista professionista (si è laureato a Perugia, nel Centro dedicato al giornalismo televisivo), oggi lavora come free lance, dopo aver scritto per diversi quotidiani e settimanali. In Rai ha lavorato per la radio e per la TV: Raggio Verde, Sciuscià, Anno Zero, Report. Ha realizzato diversi documentari e reportage-inchiesta, tra cui Toghe sporche (L’Espresso, 2003), La mafia è bianca (Rizzoli, 2005), Passato Prossimo (La7, 2005). La sua inchiesta più recente, Il grande bluff, che ha indagato la realtà più inesplorata, eppure più importante, della rete finanziaria globale, quella dei paradisi fiscali, è andata in onda il 6 luglio di quest’anno su Rai Tre.

58 / Alberto Nerazzini



Una serata speciale, un momento indimenticabile di quelli che rimangono per sempre, una cena aziendale con i colleghi e i clienti più importanti, i festeggiamenti per una vittoria personale. Il Ristorante Lo Scudiero è il luogo dove vivere i momenti più belli e intensi, per rendere l'evento speciale unico per eleganza e raffinatezza in base alle aspettative e alle richieste di ogni cliente. Gli interni e gli esterni del locale, sono disponibili per foto e riprese esclusive e per servizi professionali dal ritorno d'immagine assicurato. Il Ristorante Lo Scudiero si presta perfettamente per l'organizzazione di banchetti e cerimonie, grazie alla sua ampia sala ricevimenti, perfetto luogo d'incontro per celebrare il vostro giorno più bello. Elegante e accogliente al tempo stesso, Lo Scudiero offre inoltre la possibilità di allestire parte del ricevimento negli splendidi giardini interni di palazzo Baldassini.



Nome Cognome

62 / Nome Cognome


Nome Cognome

UN CUORE DI NEVE

tra misteri, leggende e natura incontaminata. testo Dolores Carnemolla - foto Lorenzo Angelini

La Campigna è il luogo ideale per trascorrere giornate in passeggiata e, nel periodo invernale, poter sciare o “ciaspolareâ€? nei boschi. Un rifugio bianco e silenzioso per gli amanti della natura e del relax.

Nome Cognome / 63


Un cuore di neve

Onde di neve, la magia della galaverna ricamata sui faggi e un silenzio bianco ed incantato: ecco tre buoni motivi per scoprire le montagne della Romagna in inverno. Parola di Leonello Rosa, accompagnatore montano, guida ambientale escursionistica e istruttore di nordic walking. Fu lui nel 2001 a proporre l’attività invernale della ciaspolata, la camminata nella neve con ai piedi delle particolari racchette, le ciaspole appunto. “Camminare con questi attrezzi permette di visitare luoghi e conoscere atmosfere indimenticabili – racconta Rosa –: venivo guardato con incredulità e scetticismo quando cominciai a proporre questa pratica che negli anni si è trasformata in un fenomeno notevolmente esercitato, diventando elemento portante per l’economia invernale della Campigna e del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi.” Ad oggi l’unica stazione invernale attrezzata di tutta la Romagna e del Casentino, la Campigna, è il cuore della montagna romagnola: ha ascendenze storiche importanti, ambienti fuori del comune, presenze faunistiche e rarità floristiche che, insieme al vissuto umano e all’ospitalità dei suoi abitanti, hanno contribuito alla fama di questo luogo facilmente raggiungibile dalle città della pianura romagnola e del versante toscano. Attraverso i tornanti della statale bidentina con i panorami mozzafiato su Sassofratino, Poggio Scali, sul massiccio del Monte Falterona e i pianori del Casentino si arriva in un luogo privilegiato per gli amanti dell’escursionismo e della pratica dello sci e dello snowboard. A onore del vero le due piste di Montefalco e il campo scuola di Fangacci non possono (e non vogliono) competere con le più blasonate stazioni invernali delle Dolomiti, ma lo sci da discesa ha ancora un senso in questi luoghi come palestra di avviamento e per far fronte alle esigenze dei tanti cultori di uno sport che nella natura trova il corollario essenziale. “Il continuo susseguirsi di piccoli e grandi crinali permette al visitatore di spaziare a perdita d’occhio su paesaggi indimenticabili coinvolgendo in un unico quadro la visione di questo meraviglioso territorio – prosegue Leonello Rosa –: la sera quando tramonta il sole le montagne si tingono di azzurro.” Su questi luoghi esiste anche una leggenda che narra di un certo Mantellini, uomo avido e solitario che viveva qui con la sua ca-

64 / Un cuore di neve


Messaggio pubblicitario con finalità promozionale. Per il TAEG, per le condizioni contrattuali del prodotto e per quanto non espressamente indicato, è necessario fare riferimento ai Fogli Informativi a disposizione dei Clienti nelle Filiali della Banca e sul sito internet www.bancacarim.it. La concessione del finanziamento è subordinata alla positiva valutazione di Banca Carim. Offerta valida per richieste presentate entro il 31/03/2016, per importo massimo pari a € 500.000 e comunque fino al 80% del valore dell’immobile. In riferimento all’offerta promozionale, il tasso (T.A.N.) del 2,60%, applicabile per richieste fino al 60% del valore dell’immobile, corrisponde ad un T.A.E.G. pari a 2,86%; per le erogazioni superiori al 60% sarà applicato un tasso fisso (T.A.N.) pari al 2,90%, corrispondente ad un T.A.E.G. del 3,17%. Esempi calcolati su un capitale di € 150.000 e per la durata di 20 anni.


Un cuore di neve

Dormire e mangiare in Campigna. Costruito da Leopoldo II su una struttura precedente del Quattrocento come casina di caccia e trasformato, nei primi del Novecento, in hotel dalla famiglia Tassinari: L’Hotel Ristorante Granduca, situato all’interno del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, dispone di 18 camere e Centro Benessere. Il ristorante Lo Scoiattolo, a conduzione familiare, fin dai primi anni del Novecento mantiene la genuinità dei sapori tipici toscani e romagnoli, accompagnati da specialità della casa.

66 / Un cuore di neve

pretta bianca. Si dice che in punto di morte vendette la sua anima al diavolo pur di restare in quei boschi e poter scatenare un violento temporale, ogni tanto. Gli abitanti delle zone vicine, stanchi di sopportare i continui temporali e le apparizioni dello spirito, si rivolsero a un esorcista che confinò l’anima del Mantellini all’interno del fosso del Satanasso. Da allora, lungo questo fosso, nei giorni in cui la nebbia cala più fitta, si possono sentire strani rumori e lamenti e intravedere il fantasma di Mantellini vestito con un ampio mantello nero e sempre accompagnato dalla sua fedele capretta bianca. Ma oltre questi aneddoti spettrali c’è anche il ricordo caloroso di Matteo, che tra queste montagne è nato e cresciuto e che oggi vive in Inghilterra: “Un percorso, in particolare, mi sta a cuore – ci racconta – ed è la passeggiata che porta ai monti Falco e Falterona. Partendo dal parcheggio del Passo della Calla in direzione Rifugio Città di Forlì ci si muove lungo un sentiero di nessuna difficoltà tecnica e che porta sul crinale della montagna regalando scorci panoramici indimenticabili”. Per chi trent’anni fa partiva dalla città per trascorrere le domeniche sulla neve, un senso di rassicurazione – a distanza di tanto tempo – lo regala la natura intatta: “Il Parco, istituito nel 1993, è stata la salvezza – dice Simona che vive e lavora tra Forlì e Cesena – perché ha fatto sì che tutto sia rimasto identico. È per questo che quando d’inverno salgo in Campigna mi sembra di essere tornata bambina”.



a.d. massimo castagna / graphics enrico severi

Centro Atlante, via 3 Settembre, 17 47891 Dogana - RSM T/F (+378) 0549 961393 E info@venturistudio.com W www.venturistudio.com


SCENOGRAFIE DI STILI. Special Dome è dedicato alle architetture e alla riflessione sul design. Apriamo con il Golden Box Loft che lo studio Cumo Mori Roversi di Rimini ha realizzato in un appartamento cogliendo la sintesi tra modernità e accoglienza, ambienti sofisticati e ospitali. Segue una serie di considerazioni di filosofia dell’architettura a margine di un intervento dello studio Belliarch di Cesena su una villa posizionata all’inizio della collina cesenate. Con l’articolo dedicato al Grand Hotel Mont Blanc di Courmayeur illustriamo le ragioni di una sfida vinta: progettare un hotel a cinque stelle in area montana. Terminiamo con l’Opificio Golinelli di Bologna, nuova cittadella per la conoscenza e la cultura della Fondazione Golinelli, e il nuovo format ristorativo i cui interni sono stati progettati dal santarcangiolese Paolo Amati: si tratta di Casa Clerici, la cui madrina è l’Antonella Clerici televisiva. Il mondo del design è dedicato a Giampiero Bodino, gioielliere, e Erika Calesini, artista del riuso.

RIMINI: Golden box loft, CESENA: Concreta filosofia,

COURMAYEUR: Segni di lusso,

BOLOGNA: Opificio Golinelli.


Accenti

La nuova bici elettrica firmata Ducati Motor. Bologna - Arriva Fat e-Bike Scrambler, la nuova e-bike sviluppata da Italwin su licenza di Ducati Motor. Dal design accattivante e ideale anche per la città, Fat e-Bike Scrambler Ducati offre numerosi vantaggi. La sezione over-size dei copertoni da 4” rende la bici perfetta per le superfici sconnesse, riducendo al minimo la percezione delle asperità e trasformando la guida in città in una piacevole escursione. L’attrito che solitamente viene prodotto dalle superfici sconnesse è vinto dalla spinta del motore elettrico da 250 W a magneti permanenti, alimentato da una batteria a ioni di litio da 400 Wh.

Il labirinto in bambù di FMR.

Open Data Monuments. Bologna - Nasce Open Data Monuments, il primo archivio fotografico digitale regionale libero e gratuito: sono oltre 7.000 le immagini ad alta definizione che raccontano e documentano le bellezze artistiche e paesaggistiche dell’EmiliaRomagna, disponibili gratuitamente on line. Frutto della partecipazione a Wiki Loves Monuments, il più grande concorso fotografico digitale al mondo che promuove i patrimoni locali, l’archivio raccoglie gli scatti realizzati in tre anni da 542 fotografi per professione o per passione, per un totale di 453 soggetti. L’archivio sarà ulteriormente arricchito di altre 6.000 immagini provenienti dall’edizione 2015 di Wiki Loves Monuments. www.cittadarte.emilia-romagna.it

Fontanellato - Il labirinto più grande del mondo nasce a Fontanellato da un’idea di Franco Maria Ricci – editore, designer, collezionista d’arte, bibliofilo – e da una promessa da lui fatta nel 1977 allo scrittore argentino Jorge Luis Borges, affascinato da sempre dal simbolo del labirinto anche visto come metafora della condizione umana. Un luogo di cultura, visitabile, disteso su otto ettari di terreno, da lui progettato con gli architetti Pier Carlo Bontempi, che ha eseguito gli edifici, e Davide Dutto che ha progettato la geometria del parco.

70 / Accenti

Il labirinto è interamente realizzato in bambù. Franco Maria Ricci ha scoperto la sua passione per il bambù negli anni Ottanta. Ha piantato in questi anni più di 20.000 bambù e nel parco se ne possono trovare circa venti specie differenti, da quelle nane a quelle giganti. Il labirinto è la dimostrazione delle immense potenzialità di questa pianta, che non si ammala, non si spoglia d’inverno, assorbe grandi quantità d’anidride carbonica. Anche il pavimento degli edifici è stato realizzato con lo stesso materiale.


daVidecontideSiGn.it

paViMenti e riVeStiMenti, Superfici continue oltreMateria, paViMenti in leGno, pietre naturali, propoSte e coMpoSizioni teSSili, arredaMenti, cucine, baGni e acceSSori, arredi da eSterno, Soluzioni illuMinotecniche, realizzazione centri beneSSere, SerVizi di poSa e tante altre idee.

AmiAmo il DettAglio in ogni suA formA

materiali innovativi a basso impatto ambientale

Via al Mare, 14 - 47842 San GioVanni in M. (rn) - tel. 0541 957697 - www.centrodellaceraMica.it


Nome Cognome

72 / Nome Cognome


Nome Cognome

GOLDEN BOX LOFT l’incontro tra essenzialità e calore. testo Serena Macrelli - foto Riccardo Gallini

Lo studio Cumo Mori Roversi di Rimini ha realizzato in questo appartamento una sintesi tra modernitĂ e accoglienza, ambienti sofisticati e ospitali, con scelte strutturali che ne hanno ampliato la precedente metratura.

Nome Cognome / 73


Golden box loft

Eleganza, giochi di luce e riflessi, dinamicità delle linee: il Golden box loft realizzato dagli architetti Rossella Roversi e Alessandro Mori, dello studio Cumo Mori Roversi di Rimini, è tutto questo. Una sintesi della loro cifra stilistica. L’incontro tra l’essenzialità e il calore ottenuto dall’originale dialogo tra materiali e colori: il legno, l’acciaio inox, l’oro. L’armonia tra l’articolazione sapiente degli spazi e una razionalità morbida e avvolgente. Un altro gioiello tra i tanti realizzati da questo studio impegnato anche nella creazione di ambienti lussuosi, come Augeo Art Space, e nel recupero e nella valorizzazione di edifici storici di pregio, come Palazzo Agolanti, nel centro storico di Rimini – compreso il tratto di mura urbiche romane presenti all’interno –, e il complesso di Palazzo Ghetti, nel Borgo San Giovanni, ex fabbrica di “solfanelli fosforici”. L’appartamento Golden box loft nasce come sopraelevazione, costruita negli anni Ottanta, ottenuta dalla chiusura del lastricato solare di una palazzina riminese anni Sessanta. In origine 83 mq e una rilevante altezza tutta da sfruttare. I proprietari: imprenditore lui, nel campo della moda lei, entrambi molto sensibili all’arte e al design. “Ci hanno chiesto un progetto, struttura e arredi, dal taglio moderno ma non freddo, una casa contemporanea ma non algida,” spiega Rossella Roversi. La ristrutturazione è partita dalla creazione di un ingresso indipendente, un accesso privilegiato esterno pur mantenendo una porta interna di collegamento con il pianerottolo in comune con gli altri appartamenti della famiglia. All’interno, l’inserimento di un soppalco che ha ampliato

di ben 50 mq la superficie, con struttura in acciaio e impalcato in legno, a tre affacci, che dona movimenti inaspettati, alternanze di vuoto e pieno, inclinazioni della luce. Si sale e si scende, si comunica con facilità. Quattro i lucernai ricavati nel tetto a piccole doghe di legno scuro. Un’illuminazione diffusa, che si avvale anche di faretti collocati in punti strategici e di fonti di luce nascoste nelle travi portanti della struttura. La luce proviene dall’alto e dal basso, corre lungo le scale o arriva diretta. “Gli spazi si compenetrano creando un gioco di altezze diverse di affacci e prospettive – sottolinea Alessandro Mori – creati per amplificare la percezione del volume.” Percorsi intersecati, ma fluidi e l’utilizzo di spazi non convenzionali per uno stile di vita moderno e flessibile. Al piano basso l’ingresso sul soggiorno, un angolo living con zona pranzo e angolo cottura a scomparsa. Una raffinata armadiatura di ante apribili e richiudibili permette infatti ai mobili da cucina laccati neri di scomparire. In pochi secondi, al posto dei pensili, una parete di cristallo scuro specchiante dona alla stanza un’atmosfera sofisticata dalla personalità dolce e decisa. Contrasti e armonie: il rovere effetto wengé è in forte contrasto con le pareti bianco-candide, mentre il controsoffitto oro crea un effetto prezioso e accogliente, in sintonia con il pavimento in resina tonalità miele. Dal soggiorno si accede alla camera da letto principale, a un bagno e a un bagno di servizio. “I materiali sono stati montati al naturale, le loro caratteristiche non sono state alterate.”

74 / Golden box loft



Golden box loft

“I proprietari ci hanno affidato anche il disegno degli arredi – aggiunge Rossella Roversi – perché volevano che tutta la casa avesse lo stesso stile, parlasse la stessa lingua.” Mobili realizzati da Bocedi Arredamenti. E così nascono il contenitore con il lato inclinato dell’ingresso, una originalissima madia spatolata oro dalla forma geometrica che rievoca atmosfere ieratiche fondendo funzionalità e ricercatezza, e quello della camera da letto, formato da sette cassetti sfalsati, guardaroba e mobile TV in un unicum pratico ma elegante. Ma su progettazione sono anche l’arredo del soggiorno (tranne gli imbottiti), i bagni, le scale interne in acciaio inox, le porte. Al piano superiore: uno spazio lettura e relax, la camera del bambino e un grande bagno con la vasca. La libreria, leggera e trasparente, ha anche la funzione di parapetto. Mensole in cristallo e acciaio, in continuità con il corrimano, regalano una sensazione di uniformità nell’unione degli opposti. Eleganza e soluzioni capaci di rendere più caldo l’inox che nei progetti più recenti è stato sostituito da materiali come il ferro e il corian. Anche nei bagni le scelte stilistiche dei due architetti sono in sintonia con il resto dell’appartamento: il grande lavandino è appoggiato su una trave ricoperta con mosaico Bisazza di vetro dello stesso tono dei legni e la vasca, con il suo bianco neve, fa da contraltare alle tonalità scure: “Un’alternanza tra il quasi bianco e il quasi nero.” Pochi sono gli oggetti che diventano veri e propri protagonisti. Lampade chic, opere d’arte e grandi vasi con piante grasse arricchiscono gli ambienti.

76 / Golden box loft


ph:Daniele Domenicali

Less is More (Mies van der rohe)

Via Domenico Martoni, 52 - ForlĂŹ - Tel. 0543 723913

www.spazioessenziale.it

By


Concreta filosofia

CONCRETA FILOSOFIA la via per comprendere l’architettura. testo Annalisa Balzoni - foto Giorgio Sabatini

In una dimora cesenate realizzata di recente si ritrovano applicati alcuni concetti di filosofia dell’architettura, con una poetica costruttiva che valorizza uno spazio lineare e a misura d’uomo.

Quale sia lo scopo della filosofia dell’architettura è difficile a definirsi. Diversi sono gli studiosi che ne stanno tentando – e ne hanno tentato – un approccio che metta in evidenza l’origine della tematica, prima ancora di dar spiegazione della sua apparente originalità che sembra tale soltanto ai non addetti ai lavori. E questo perché siamo costitutivamente gettati in uno spazio architettonico. Nasciamo già pronti per abitarlo e per esserne abitati, anzi nessun uomo potrebbe essere-nel-mondo senza vivere all’interno di uno spazio architettonico. Da qui l’inutilità di una distinzione tra interno ed esterno architettonico, poiché di fatto siamo sempre dentro l’architettura. Il presupposto è che l’architettura “si colloca a pieno diritto nell’ambito della biosfera: essa è la risposta degli organismi viventi ad uno stimolo derivante dal rapporto con l’ambiente naturale, con le condizioni vitali dell’ambiente naturale”. L’architettura diventa poesia. Per Sullivan l’architetto deve essere prima di tutto poeta, ovvero guida della società e interprete del suo tempo; pertanto deve conoscere la propria cultura e la propria nazione, poiché la nuova arte deve essere basata interamente sul presente e sulla riscoperta della natura, attraverso cui solamente si può realizzare “la vera, poetica architettura”, come Sullivan, che “ogni opera architettonica ha una funzione [...] e il suo successo si misura dal grado di approssimazione alla realizzazione della funzione che caratterizza la sua forma”. Ogni epoca offre agli architetti materiali e strumenti nuovi che determinano lo sviluppo dei vari stili architettonici – l’architrave nei templi greci, l’arco e la volta nelle basiliche romane –, pertanto per Adler è sbagliato imitare in modo feticistico le forme dei secoli precedenti, ma bisogna approfittare dei mezzi e delle tecniche che l’industria mette a disposizione per sviluppare la propria arte e trovare pronte ed efficaci soluzioni ai crescenti bisogni della nuova era. Per conferire all’architettura caratteri umani ed espressione, l’architetto deve possedere la simpatia. Questo concetto è basilare per indicare una sorta di comunione affettiva, un contagio emotivo in virtù del quale il mondo della natura e analogamente anche l’architettura, se è arte vivente, subisce un processo di antropomorfizzazione e di vivificazione. I concetti espressi trovano vita nell’edificio presentato, di recente costruzione, posizionato all’inizio della collina cesenate; la particolarità del lotto, a forma trapezoidale, ha dettato le linee e la

78 / Concreta filosofia


Concreta filosofia

Concreta filosofia / 79


Concreta filosofia

forma della sagoma della casa. Sviluppata su due piani, utilizzando mezzi e materiali che l’industria e lo sviluppo della ricerca in campo hanno messo a disposizione, l’edificio si presenta caratterizzato da forme lineari e pulite, addolcite nell’ornamento esterno con la scorza di pietra Trani a taglio rettangolare, materiale di risulta di roccia calcarea, compatta e resistente, che riveste la lunga parete prospiciente il giardino, stesso tipo di ornamento lo troviamo anche sul lato interno della stessa parete. Il volume dell’edificio nella parte bassa è forte, la forma trapezoidale dello stesso spinge l’occhio del visitatore verso il giardino, il volume aggettante a lato dell’edificio è occupato internamente dal camino e tagliato da vetrata, tutta la struttura è in cemento armato e il tetto e i solai in legno lamellare. Tre principi definiscono la dimora: volumi semplici, linee pulite e grandi vetrate. La continuità della pulizia delle forme e la cura negli ornamenti vengono evidenziate anche all’interno, dove un particolare di rilievo è la lama in legno di recupero su cui appoggia la scala in vetro e acciaio, progettata dall’architetto Belli; tale soluzione crea un gioco di livelli, facendo in modo che una soluzione strutturale svolga anche funzione di arredo. La luce naturale penetra dall’ampia vetrata sul giardino, la scelta delle pavimentazione in gres bianco a grandi dimensione e quella del soffitto in legno lamellare portano a creare un’atmosfera calda e luminosa, impreziosita dalla scala da cui si accede al reparto notte illuminata dalle aperture realizzate in copertura. Uno sposalizio semplice e perfetto tra forma e ornamento.

80 / Concreta filosofia




SEGNI DI LUSSO

il Grand Hotel Courmayeur Mont Blanc. testo Lucia Lombardi

Adagiata sulle sponde della Dora Baltea, tra abeti, larici, montagne e ghiacciai, si sviluppa Courmayeur, capitale dell’alpinismo mondiale che ha accolto un’innovativa struttura ricettiva a cinque stelle, materializzatasi nel Grand Hotel Courmayeur Mont Blanc, i cui interni sono progettati dallo studio riminese Simonetti.


Segni di lusso

Il complesso alberghiero del Grand Hotel Courmayeur Mont Blanc consta di quattro corpi di fabbrica, quattro chalet, di cui quello centrale è caratterizzato da un’ampia Club House, contenitore dei principali servizi offerti: reception, ristorante, lounge bar, sala colazioni, attorniata dagli altri tre corpi interessati dalle stanze. Il progetto degli interni, che ne caratterizza visceralmente il tutto, è a opera del noto Studio riminese Simonetti. La committenza cercava uno studio specializzato in hôtellerie, che desse risposte efficaci sia estetiche che funzionali. Il progetto su cui lo Studio Simonetti è andato a lavorare era un progetto preliminare, in cui l’involucro esterno era stato redatto dallo Studio Citterio e Anna Giorgi&Partners di Milano. Mentre tutto ciò che rappresentava l’architettonico interno, il layout delle camere, della Club House, era da sviluppare, “noi siamo andati ad intervenire sotto la pelle dell’edificio – chiosano dallo Studio –, a rifare il layout degli spazi e la volumetria interna, dando piena funzionalità all’hotel, cercando di portare l’ospite a intuire in prima persona la possibile fruizione degli spazi interni.” Il progetto dell’interior ha preso le mosse da una visita in loco per dare spazio al genius loci, cioè a quello che il territorio propone dal punto di vista formale e artigianale. Sono partiti dai materiali propri della Val d’Aosta, prediligendo assi di legno piallate a mano, ferro e pietra. Lavorati perlopiù da maestranze artigiane locali. Questi elementi sono stati il fil rouge che li ha condotti nella progettazione delle finiture dell’hotel. Lo Studio Simonetti ha cercato di creare una continuità tra le parti, proponendo e sfruttando ciò che veniva proposto per l’esterno, grandi vetrate e tantissimi scorci sul paesaggio. “Abbiamo cercato di fare una sorta di rammendo, come direbbe Renzo Piano, tra ciò che è il progetto degli esterni e quello degli interni, cercando di aprire il più possibile, soprattutto nella Club House, dove abbiamo totalmente ribaltato il progetto, creando uno spazio aperto a tripla altezza, che quando arriva la sera diventa una grande teca luminosa, che rende visibile dall’esterno la vita dell’albergo e, al contrario, quando le persone sono dentro la struttura possono dialogare con il circostante. In questo processo anche i materiali scelti vanno a creare un unicum estetico che impreziosisce la loro presenza”.

84 / Segni di lusso


Segni di lusso

L’analisi del progetto architettonico degli interni ha percorso due strade. La proposta di un layout che potesse mettere i clienti in contatto coi vari spazi comuni – reception, american bar, ristorante – in maniera del tutto intuitiva, e qui gioca un ruolo di primo piano la grande scala scultorea, che ha due grandi funzioni: una estetica, percepita entrando e, dall’esterno, attraverso le vetrate; l’altra di creare una vera e propria promenade, che porta l’ospite ad essere ricevuto e accolto, attraverso una passeggiata verticale a stretto contatto con l’esterno. Il cliente così è attratto dalle due nature, quella artificiosa dell’architettura e quella del paesaggio circostante, aspetti che si compenetrano vicendevolmente. La seconda strada percorsa dallo Studio “è stata quella dell’immagine da dare a quanto progettato nel layout, e l’immagine per noi ha seguito il brief dato dalla committenza, cioè avere un hotel contemporaneo e moderno, da noi ottenuto usando in maniera creativa alcuni materiali tipici, come nelle stanze, tutte realizzate su disegno originale, nelle quali abbiamo inserito una boiserie in ferro e legno a doghe non complanari, disassate, che potesse rappresentare il legno nella sua natura piena, proprio grazie alla sua lavorazione accostata al ferro, per creare una superficie, una pelle, che desse grande valore estetico. L’idea è stata quella di condurre l’ospite dall’ingressino alla camera tramite un rivestimento continuo, in contrasto con le pareti prospicienti, quasi tutte vetrate. Al bagno si accede aprendo due antine a scomparsa, come si fa con un secrétaire, ci si ritrova così in una sorta di cubo di pietra con inserti in legno che lo scaldano, il bagno diventa luogo contemplativo, di riposo.”

Ph. Chico De Luigi

Tutto è all’insegna della praticità e dell’austerità propria del turismo montano, come l’ampia cabina armadio, anche questa a scomparsa, in continuità con la boiserie, pensata appositamente per i molti oggetti che accompagnano gli sportivi. Una SPA esaudisce il suo ruolo quando l’acqua è presente in maniera dominante. Qui le sono dedicati 500 mq, con le tipiche dotazioni di un cinque stelle: ampi spogliatoi, palestra con attrezzatura adeguata, sala massaggi, bagno turco, docce emozionali, sauna. Posizionata in uno chalet a fianco della Club House, dotata di una piscina di 3,50x11 metri, dove si può tranquillamente nuotare, l’area benessere assorbe la filosofia dell’hotel, la pietra riveste armoniosamente il tutto, calandosi perfettamente nell’ambiente circostante. L’acqua sgorga da una cascata a parete in pietra. L’ampia area bagnata, dotata di cromoterapia, si affaccia direttamente sull’esterno, rendendola bella sia di giorno che di sera e assolutamente ariosa, grazie al dialogo col paesaggio circostante. Progettare un cinque stelle in area montana è una sfida: “Il lusso non può essere rappresentato da un’esibizione di materiali o virtuosismi formali, come è possibile fare in ambiti cittadini. La montagna è un luogo quasi mistico, dove si ha bisogno di riposo e serenità, di un lusso che diventa la qualità del riposo, e la qualità è resa dalla funzionalità coniugata all’estetica, che deve attagliarsi con la psicologia delle persone che frequentano questi luoghi. Spazi adeguati all’accoglienza di persone che, dopo gli sforzi, desiderano sostare in ambienti eleganti, formalmente asciutti, propri della filosofia di chi frequenta la montagna”.

Sopra, gli architetti Massimo e Simona Simonetti; a fianco, una camera dell’hotel. A sinistra, la hall a tripla altezza.

Segni di lusso / 85


Opificio Golinelli

OPIFICIO GOLINELLI

l’educazione in pratica tra scienza, cultura e arte. testo Francesco Zardon

È stato inaugurato a Bologna l’Opificio Golinelli, nuova cittadella per la conoscenza e la cultura, che si presenta sulla scena italiana come uno dei più grandi laboratori con finalità sperimentali e didattiche nel campo delle scienze e della tecnologia.

86 / Opificio Golinelli

La Fondazione Golinelli è sorta a Bologna nel 1988 per volontà dell’imprenditore e filantropo Marino Golinelli, fondatore dell’azienda farmaceutica Alfa Wasserman, l’odierna Alfa Sigma, con l’obiettivo di promuovere l’educazione e la formazione, di diffondere la cultura e la scienza, di favorire la crescita intellettuale ed etica dei giovani e della società. Data la sua rilevanza, la Fondazione è inserita in una rete di relazioni con oltre cento partner nazionali e internazionali che consentono all’Opificio Golinelli di inaugurare le proprie attività essendo già in collegamento con i principali centri analoghi italiani e con i più importanti network europei del settore. Con l’apertura dell’Opificio, Marino Golinelli conferisce un nuovo impulso alla sua Fondazione incentrata sin dalle origini sul principio della responsabilità sociale perseguita attraverso l’obiettivo di far crescere i giovani per il futuro, cosicché possano divenire a pieno titolo cittadini di un mondo globale e complesso. L’Opificio mette a disposizione un luogo fisico ove i ragazzi possano acquisire i valori etici del lavoro e dello studio, della responsabilità sociale e civile, uno spazio di


Opificio Golinelli

ricerca e di sperimentazione per imparare ad affrontare il futuro in modo creativo e costruttivo. L’intento è di aiutare le nuove generazioni affinché ciascuno possa divenire protagonista attivo della propria vita seguendo le proprie aspirazioni, creando nuove professioni e nuove imprese che oggi ancora non esistono. Nell’Opificio sono presenti gli uffici della Fondazione, quartier generale di tutta l’iniziativa, e gli spazi in cui realizzare gran parte delle attività, articolate in sei programmi nazionali pluriennali: la Scuola delle idee, uno spazio ludico per bambini dai 18 mesi ai 13 anni, pensato per stimolare la creatività attraverso un approccio multidisciplinare; il laboratorio delle Scienze in Pratica, rivolto ai ragazzi delle scuole secondarie dai 14 ai 19 anni, finalizzato a stimolare la passione per la scienza e la tecnologia tramite l’opportunità di fare sperimentazioni in laboratorio; il Giardino delle imprese, un percorso per valorizzare la creatività e i talenti dei giovani dai 13 ai 25 anni per avvicinarli alla cultura imprenditoriale con percorsi concreti di ideazione progettuale; Educare a

Ph. Giovanni Bortolani

Opificio Golinelli / 87


Opificio Golinelli

educare, un programma pluriennale nazionale di formazione per insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado, per formare a una didattica interattiva e partecipata, in dialogo fra discipline scientifiche e umanistiche; la Scienza in piazza, manifestazione culturale per la diffusione della cultura scientifica che trasforma strade e aree urbane in science center temporanei; Arte, scienza e conoscenza, un programma con cui la Fondazione, attraverso mostre, convegni e dibattiti, indaga le connessioni tra le arti e le scienze, stimolando il pensiero e la comprensione del mondo. Si prevede che l’Opificio sarà in grado di accogliere oltre 150.000 visite all’anno grazie a un investimento di 12 milioni di euro con i quali sono stati recuperati 9.000 mq di un impianto industriale dismesso, che comprenderanno sia il quartiere generale della Fondazione sia gli spazi in cui saranno realizzate gran parte delle sue attività formative, didattiche e culturali rivolte giovani e alla cittadinanza. Sorto con l’intento di combinare il sapere al saper fare, l’Opificio potrà ospitare contemporaneamente 400 ragazzi in laboratori a posto singolo e in aule didattiche affiancate da spazi comuni multi-funzionali utilizzabili anche a fini espositivi, dagli uffici della Fondazione e da aree verdi in cui sarà possibile realizzare attività all’aperto. Grazie a un intervento di rigenerazione urbana che ha ristrutturato un’area di 3 ettari occupata precedentemente dalle Fonderie Sabiem, gli edifici dell’Opificio Golinelli sorgono in una zona periferica, contribuendo alla strutturazione di un assetto policentrico del capoluogo emiliano, volto a recuperare anche gli spazi industriali dismessi per ricollegarli agli altri centri vitali della città.

88 / Opificio Golinelli


Opificio Golinelli

Marino Golinelli: l’impresa e la fondazione. Laureatosi in Farmacia a Bologna nel 1943, Marino Golinelli nel 1948 rileva il laboratorio Biochimici ALFA per la produzione farmaceutica. Nel 1969 sviluppa nuovi impianti produttivi e di ricerca. Nel 1974 costruisce uno stabilimento per la produzione delle materie prime per il settore farmaceutico e medicale. Dagli anni ’80 l’impresa si espande all’estero e acquisisce marchi come Schiapparelli e Wassermann. Nel 2015 nasce Alfa Sigma che accorpa Alfa Wassermann e Sigma-Tau. Marino Golinelli ritiene che l’imprenditore abbia il dovere di restituire alla società parte delle sue fortune, per cui nel 1988 dà vita alla Fondazione che porta il suo nome, unica fondazione privata italiana ispirata al modello delle fondazioni filantropiche americane, per integrare arte, scienza e cultura, con l’obiettivo di promuovere l’educazione, la formazione e la crescita intellettuale ed etica dei giovani.

La concezione che ha guidato la ristrutturazione si riassume nel concetto di “un esterno locale e un interno globale”, costruito su tre elementi chiave: la strategia del non finito, che prevede l’occupazione parziale della superficie interna, conferendo all’Opificio la flessibilità necessaria per poter mutare nel tempo; il paradosso architettonico, le attività che si svolgono entro la struttura permettono al pubblico di avere uno sguardo verso l’alto, guidato da una sistemazione prospettica che utilizza i capannoni e i luoghi di lavoro; la sinestesia architettonica, ottenuta mediante la presenza di opere d’arte della collezione Golinelli a fianco delle funzionalità dell’edificio necessarie allo studio e alla ricerca. L’approccio ecosostenibile alla base della ristrutturazione consente al complesso architettonico di consumare poca energia e di non produrre emissioni inquinanti. Per le sue caratteristiche l’Opificio ha ottenuto il riconoscimento del Premio Urbanistica 2015 della rivista dell’Istituto Nazionale di Urbanistica per la categoria “Qualità delle infrastrutture e degli spazi pubblici”. Dopo aver investito nella Fondazione 51 milioni di euro, Marino Golinelli metterà a disposizione altri 30 milioni di euro per sviluppare nei prossimi anni il progetto ultra decennale Opus 2065 che persegue tre obiettivi: lo sviluppo di nuove forme altamente innovative di formazione dei giovani e degli insegnanti; un centro di ricerca su campi futuribili del sapere; un fondo per il supporto di nuove attività imprenditoriali. Il progetto Opus 2065 sarà aperto a collaborazioni con enti pubblici e privati, nazionali e internazionali.

Opificio Golinelli / 89


Casa Clerici

CASA CLERICI décor, grafica & good food. testo Lucia Lombardi

Antonella Clerici, uno dei volti più noti della TV italiana, ha affidato a Paolo Amati, architetto romagnolo, la realizzazione del suo nuovo format ristorativo.

Il volto acceso da un sorriso ampio, i colori saturi degli abiti, il mood pop, sono le caratteristiche essenziali di uno dei personaggi televisivi più amati, Antonella Clerici, antesignana dei format dedicati alla cucina e che oggi realizza un format ristorativo, Casa Clerici. Un locale pensato in piena sintonia con la sua immagine pubblica, un nuovo progetto imprenditoriale che è anche una sorta di omaggio al suo pubblico più affezionato, un food corner dell’eccellenza, un ristorante che è allo stesso tempo boutique, bar e pasticceria, aperto in un centro commerciale campano. A curare il progetto di interior è un raffinato architetto santarcangiolese, Paolo Amati, da anni molto apprezzato dalla presentatrice, sia a livello amicale che come professionista. Gioiosità e luminosità sono le peculiarità che identificano il luogo. Il progetto ha avuto una gestazione di due anni, realizzato in collaborazione con Stefano Lombardelli, Anna Maria Del Bianco, abili e fantasiosi scenografi riminesi, nonché con lo Studio Concept di Roma. A invitare il fruitore all’ingresso in Casa Clerici vi è un portale a tetto spiovente, “a casetta”, molto caratterizzante, con vetrate verandate shabby chic, e sovrastato da uno scherzoso e metaforico matterello. Il locale si sviluppa per il lungo, in tre sale comunicanti, tre parti che suddividono esteticamente e funzionalmente gli ambienti, senza però separarli. Anzi, la dislocazione degli spazi permette la naturale circuitazione attraverso gli ampi ambienti. Casa Clerici si sviluppa su oltre 600 mq con 200 posti a sedere. Lo staff – composto da 27 persone, 6 in cucina, 3 al lavaggio, 15 in sala e

90 / Casa Clerici


Casa Clerici

3 al merchandising – si avvale della direzione del Cooking Art Director Riccardo Facchini, Bolognese doc e chef per vocazione. Il format è concepito per essere replicato con disinvoltura e con una precisa connotazione degli ambienti. Una serie di schermi televisivi sono sparsi lungo le pareti e, durante la giornata, per salutare i propri ospiti Antonella vi si collega a sorpresa. Inoltre si potranno acquistare i suoi famosi ricettari e molti altri prodotti esclusivi, come il noto grembiule e le t-shirt firmate Gai Mattiolo. Cooking show, chef ospiti, lezioni di cucina, shopping esclusivo, eventi animeranno le allegre giornate di Casa Clerici. Un mondo interattivo e multiforme quello creato per l’occasione, contemplando i vari aspetti di una accoglienza ristorativa moderna, pensata per la famiglia, i giovani, ma anche l’uomo d’affari. Tutto questo è scandito dal décor che Paolo Amati ha creato ad hoc con i due scenografi, una grafica che riproduce ampi ricami a parete come fossero presine, checkers scozzesi verdi e rosa; forme in forex realizzate appositamente su disegno e montate in loco come fossero scenografie effimere di uno studio televisivo. Casa Clerici è un locale stilisticamente ricco di contaminazioni: dal domestico al teatro di posa, o una piazza di paese, coi suoi allegri stand, di cui si percepisce il fermento e la colorata vitalità. Questo eclettismo anima i molteplici volti del locale polifunzionale, dall’identità precisa. Il tutto è concertato con estrema eleganza, pur non volendolo essere nella sua estetica. Ciò che regna è un’armonia di fondo, nel giocare con forme e contenuti. “Non è ridanciano, ma equilibrato in forme e colori – spiega l’architetto Amati –. I volumi sono morbidi, accentuati da pareti smussate.” I lampadari dai tessuti disegnati appositamente sono collocati in maniera volutamente imprecisa, per donare movimento all’insieme. “Era facile cadere nella baroccata – precisa Paolo –, il confine era abbastanza labile e alto il rischio di mettere il piede in fallo. Grazie ad idee fresche e nuove apportate da ognuno di noi, abbiamo ovviato a questo inconveniente creando un ambiente giocoso, morbido, accogliente, così com’è Antonella stessa, che ognuno di noi conosce e sa rappresentare.” Il mondo della presentatrice è evidente in ogni aspetto del progetto, ma il fulcro è il salotto di casa, il cuore pulsante, arredato attorno al camino, grande elemento simbolico, sopra il quale impera il ritratto della padrona di casa, con sotto appoggiati tutti i cimeli di Antonella, a partire da uno

Casa Clerici / 91


Casa Clerici

dei tapiri ricevuti da Striscia la notizia. L’accogliente spazio è costellato di comode e avvolgenti poltrone su cui degustare aperitivi, organizzare insolite riunioni di lavoro, deliziarsi con le specialità del vicino angolo pasticceria, caffetteria, sala da tè, o fermarsi dopo una sosta al merchandising. A Casa Clerici, infatti, sono ospitati grandi nomi del food Made in Italy, uno su tutti Sal De Riso, presente con il meglio della sua produzione dolciaria, firmata solo da ingredienti di grande qualità adatti a grandi e piccini. La cucina a vista è delineata da una grande vetrata trasparente, contornata da un bancone pensato come un american bar, in modo che qui l’ospite possa mangiare osservando dal vivo la brigata di cucina in azione. Mobili, carte da parati, stoffe, sono tutti disegnati per il progetto. Solo i pouf a forma di tappo di champagne, della colorata sala ristorante, provengono da un fornitore romagnolo, colorati e logati per l’occasione. Lo stile di Amati anche in questo progetto nell’ambito del food riesce a rispecchiare la sua cifra stilistica, in continuo equilibrio fra classico e contemporaneo, ogni progetto diventa occasione per adattare uno stile ad un luogo. Le costanti contrapposizioni tra presente e passato, riletto sempre con spirito critico e innovativo, sviluppano in lui una grande sensibilità nell’affrontare ogni tipologia di progetto. In questo caso, un accogliente e sfaccettato locale, allegro, ma composto, invitante e caratterizzante rispetto alla sua collocazione di per sé spersonalizzante. Un progetto che avvalora la filosofia portante del concept, una messa in scena del food, popular, in cui l’eccellenza si fa accessibile, democratica, entra con gli ospiti in Casa Clerici.

92 / Casa Clerici

Antonella Clerici con l’architetto Paolo Amati all’interno del ristorante Casa Clerici.


IL PIACERE DI GIOC ARE CON ST ILE Seg uic i su

R E P U B B L IC A DI S A N M A R I N O “IL GIOCO E’ RISERVATO AI MAGGIORENNI”

“IL GIOCO PUO’ CAUSARE DIPENDENZA”

“ V E R I F I C A L E P R O B A B I L I T A ’ D I V I N C I T A ’ S U L S I T O W W W. G I O C H I D E L T I T A N O. S M ”


Lo splendido manufatto

LO SPLENDIDO MANUFATTO Giampiero Bodino e l’arte dell’artigianato. testo Andrea Cesaretti

Giampiero Bodino, riccionese d’adozione e uno dei più grandi gioiellieri del mondo, ci accompagna dietro le quinte della sua professione di designer di gioielli, passando da Bulgari, Richemont e ora con la sua maison personale.

Allievo di Giorgetto Giugiaro, Giampiero Bodino comincia la sua esperienza professionale nel mondo delle auto passando alla gioielleria su sollecitazione di Gianni Bulgari, che lo vuole a Roma. Nel 2002 diventa art director di Richemont e nel 2013 apre la sua maison, con sede nell’affascinante cornice di Villa Mozart, dove lo incontriamo per l’intervista. Quali sono i valori che trasmettono i tuoi gioielli e il tuo brand? “Più che di brand, nel nostro caso parliamo di maison perché la nostra è proprio una casa. In termini di valori, quello principale è la consapevolezza che un oggetto che appartiene al mondo dell’alta gioielleria deve durare per sempre, viene tramandato ed entra a far parte della tua storia e di quella della tua famiglia. Un oggetto di alta gioielleria, infatti, deve rappresentare qualcosa di più rispetto al gioiello visto semplicemente come complemento, talvolta addirittura ostentazione, o come investimento esclusivamente economico, ma deve avere piuttosto la presunzione di costituire un investimento emotivo.” Capisco bene ciò che intendi sotto il profilo emozionale. Tuttavia devo chiederti se il gioiello può essere considerato anche un bene di investimento. “Lo è stato certamente in passato. Oggi lo è in situazioni specifiche, ovvero nei pezzi unici come i nostri che partono da una ricerca di una pietra importante, lavorati con una manifattura peculiare e che contengono un valore aggiunto sia estetico che, naturalmente, tangibile a motivo dei loro materiali. Per questo motivo, io mi batto affinché sia rivalutato, nella

94 / Lo splendido manufatto


Lo splendido manufatto

gioielleria, il concetto di pezzo unico.” Dietro ai tuoi pezzi unici c’è però un percorso professionale lungo e importante. Me ne vuoi parlare? “È un percorso, come hai detto tu lungo, condotto presso gioiellieri importanti e formato da tante tappe ciascuna delle quali ha contribuito al risultato di oggi, che è, appunto, l’essere una maison unica come entità e come prodotti che sono, come detto, solo pezzi unici.” C’è un modello di donna, o comunque di persona, a cui ti ispiri nelle tue creazioni? “Con un gioco di parole, rispondo che nel nostro essere unici sia come maison, sia per il fatto che realizziamo pezzi unici, c’è una duplice realtà. C’è la collezione che porto avanti costantemente, composta da pezzi che vengono concepiti singolarmente, che hanno un loro tempo di produzione e che poi vengono alla luce. Questa collezione è il nucleo centrale del mio lavoro, mi rappresenta e procede autonomamente, ispirato da varie cose, e non è riferito necessariamente a un’icona o una persona ideale, ma è piuttosto frutto di una fantasia che si sviluppa intorno a una sorta di celebrazione della decorazione. Poi c’è il gioiello realizzato per un cliente particolare, ed è in questo caso che conduco il mio gusto e la mia ispirazione verso i sogni di una persona che mi sta chiedendo qualcosa realizzata solo per lei.” Dove trovi l’ispirazione per le creazioni? “Non puoi sapere dove e quando nasce un’ispirazione. Può succedere durante un viaggio, leggendo un libro, guardando un oggetto, visitando una mostra. Qualsiasi cosa può far nascere un’ispirazione. Tuttavia, più che di ispirazione, mi sentirei di parlare di una modalità di approccio a quello che mi ispira o meno, e devo dire che l’arte del passato anche recente, il Novecento italiano con le sue sculture, con il lavoro del ferro, ha lasciato testimonianze di un gusto decorativo strabiliante. Devo dire che, per quanto mi riguarda, l’architettura ha un peso piuttosto forte. Io resto affascinato dalle lavorazioni della pietra da costruzione in certe facciate o in certi interni, come pure dal modo in cui l’architettura ha interpretato talvolta la natura e gli animali facendoli diventare elementi di decorazione. E, fortunatamente, è un mondo di cui il nostro Paese è ricco.” Fra poco inaugura la tua mostra di pittura al Museo Bagatti Valsecchi di Milano. Quali sono, se ci sono, i punti di contatto fra le tue opere di gioielleria e la tua pittura? “Tutto ci arricchisce e tutto serve per definire una personalità e un percorso di ricerca. Tuttavia, sono due attività separate. Talvolta ci possono essere delle sovrapposizioni, ma non interferenze o influenze. Si parla spesso di gioielli d’artista, ma l’arte e il gioiello sono due cose separate, il gioiello non è arte, è uno splendido manufatto che può possedere qualcosa di magico come, a volte, anche l’arte, ma rimangono due cose disgiunte e non mi piace confonderle. La mostra al Museo Bagatti Valsecchi è frutto di un incontro fra me e il museo e nasce per quel luogo. I miei lavori di pittura partono sempre dalla fotografia e questa mostra è un’occasione in cui la fotografia, il disegno e la pittura si incontrano in un luogo che è un museo-casa o, se preferisci, una casa-museo ricchissima di spunti e vuol essere uno sguardo attraverso queste stanze ricche di ricordi e di cose.”

Lo splendido manufatto / 95


Erika Calesini

ERIKA CALESINI dare anima a ciò che non ha anima. testo Antonella Zaghini

Erika Calesini regala un’anima a metalli, ferri arrugginiti e a tutto quello che potrebbe apparire solo destinato a una discarica, e che invece diventa un’opera d’arte. Così, biciclette rotte diventano oggetti da collezione.

L’esperienza artistica di Erika Calesini inizia su alcune vecchie biciclette, trasformate – grazie al suo tocco – in oggetti d’arte must have. Di recente ha scoperto di avere un’attrazione per i lampadari. Non lampadari qualsiasi, piuttosto per quelli grandi, enormi, barocchi, ricchi di cristalli e sfaccettature luminose, degli imponenti chandelier. È l’ultima tentazione della giovane artista romagnola che dalla piccola San Giovanni in Marignano si è fatta strada fra New York, Miami, Barcellona, Roma e Londra. “È un nuovo progetto. Per i lampadari ho sempre avuto un’attrazione. Dal mio punto di vista sono elementi che riempiono la casa,” racconta Erika Calesini, una cascata di capelli color grano, occhi che sprizzano gioia e tanti sbaffi di vernice addosso portati con nonchalance. È al lavoro nel suo studio atelier di San Giovanni in Marignano e quando parla dei suoi lavori emana un’energia contagiosa. “Di recente – prosegue – mi sono avvicinata alla fotografia e ho iniziato a fotografarli. Poi mi sono detta: qui serve un tocco artistico, una foto da sola non basta, è poco. Ho sviluppato gli scatti e ho iniziato a lavorarli. Ho mixato smalti, resine all’acqua e screpolanti.” Il risultato è una nuova serie di quadri in edizione limitata, non più di venticinque copie per immagine, che fanno già parlare di sé. Sono soggetti appariscenti, scovati nelle case e ville di amici. Una prima serie di chandelier, i cui riflessi emergono da tele color amaranto, blu oltremare e nero, ha già preso la strada per Miami, destinazione la galleria Cà d’Oro con la quale da anni ha avviato una proficua collaborazione. Altre tele presto seguiranno analoghe strade. Talento e grande lavoro ne hanno fatto un’artista riconosciuta a livello internazionale, tant’è

96 / Erika Calesini


Erika Calesini

che non è raro trovare una sua opera nelle dimore di personalità e vip della cultura e dello spettacolo, in Italia e nel resto del mondo. Il suo percorso artistico inizia da Morciano di Romagna. Guarda per ore il padre fabbro lavorare il ferro. Quando è ora di decidere la scuola non ci sono dubbi: si forma sui banchi dell’istituto d’arte di Pesaro Mengaroni, sezione moda e costume. Appena diplomata fa una prima esperienza collaborando con marchi di moda importanti come Aeffe e Baldinini. Dal 2005 sceglie di dedicarsi completamente all’arte, prende parte alle prime mostre collettive, di lì a poco arriveranno le personali. Sono due i punti di svolta della sua carriera artistica: il passaggio alla Biennale d’Arte di Venezia e subito dopo l’incontro con i titolari della Galleria d’arte Cà d’Oro di Roma. Alla Biennale di Venezia partecipa nel 2011, mentre in occasione dell’edizione del 2015 espone all’Officina delle Zattere. Da quel momento Erika Calesini inizia una fruttuosa collaborazione con la galleria d’arte Cà d’Oro che, oltre a Roma, ha sedi a Miami e New York. Nel 2014 arriva la chiamata da parte del gruppo Fiat, per realizzare delle auto esteticamente modificate, da esporre in occasione di importanti eventi di moda e costume. Il risultato? Tre Lancia Ypsilon che tutte noi vorremmo guidare: la prima, quella di maggiore impatto, è ricoperta interamente di paillettes (53mila, attaccate una per una), la seconda si veste con le borchie e la pelle al pari di un punk, la terza opta per il pizzo: dark su sfondo cipria. Impareggiabile. La sua maggiore qualità è vedere il bello dove la gente non vede che scarto. Il recupero, la second chance, è del resto la sua grande passione/ossessione. Nella sua produzione artistica ci sono temi ricorrenti. L’oggetto più importante, quello che l’ha fatta conoscere al grande pubblico, è appunto la bicicletta. Prima di finire sotto le sue mani è solo della ferraglia scovata dai rigattieri insieme ad ammassi di camere d’aria, catene ed altro. Lei ci vede qualcosa, le bici rinascono a nuova luce, si colorano di bianco, rosa, oppure scelgono la versione black&white, spaziano dall’oro all’argento e si potrebbe continuare all’infinito, sono il simbolo della sua arte. Altro oggetto lavorato con costanza sono le lampade da tavolo (“Adoro la luce, mi ricorda Dio”), le basi portano un’altra sua firma: pezzi di jeans trattati e plastificati. Nelle sculture la fantasia sale in cattedra: hai visto mai un vecchio palo della luce dismesso che cosa diventa se lo rivesti con dei cristalli? Un oggetto che volentieri porteresti a casa.

Erika Calesini / 97


Creare accoglienza

CREARE ACCOGLIENZA il nuovo Centro di aggregazione di Poggio Picenze. testo Lucia Lombardi

Il tragico terremoto d’Abruzzo dell’aprile 2009 ha reso impraticabili molte aree ancora oggi gravemente ferite. Come nel piccolo comune di Poggio Picenze (AQ), dove è sorta l’esigenza di creare un nuovo Centro di aggregazione sociale per giovani e anziani, in sostituzione dell’ormai inagibile vecchia struttura del centro storico, da dedicare alla memoria delle giovani vittime del paese. All’appello dell’amministrazione hanno risposto diverse realtà tra cui l’Associazione Nazionale Cantanti, il gruppo La Provincia Editoriale e Un salvadanaio per l’Abruzzo. In seguito è stato costituito un comitato per gestire e coordinare la raccolta fondi, la progettazione e la realizzazione dell’edificio. L’impresa, le ditte e i progettisti hanno lavorato riducendosi i compensi. Chiamati a realizzare l’opera sono stati gli architetti Elisa Burnazzi, riminese, e Davide Feltrin, trentino, con sedi operative tra Trento e Rimini, che hanno studiato – come spiegano i due progettisti – “un edificio, che riformula l’opera il Grande Cretto di Burri, per celebrare la vita

che rinasce, grazie all’uso di materiali naturali, con il tetto coperto a prato rustico e le facciate inverdite, e il valore della memoria attraverso l’andamento a zig-zag dei volumi che ricorda le crepe verificatesi in seguito all’evento sismico.” Il rivestimento dell’edificio gioca un ruolo fondamentale; gli elementi naturali, il legno e le piante, graminacee e clematidi a fiore rosso, avvolgono il volume costruito dall’uomo. Come il verde celebra il ciclo della vita, così il Centro vuole ricordare il coraggio dei padri e delle madri che hanno scavato a mani e piedi nudi nelle macerie, per salvare non solo i propri figli ma anche quelli degli altri. La costruzione si trova in prossimità dell’ingresso all’area sportiva, da cui si gode davvero una bella vista: la chiesa, il centro storico. Essa è composta da un volume principale chiuso, al quale si affiancano altri due manufatti aperti, può ospitare circa 130 persone, è su un unico livello e ha una superficie interna di circa 240 mq. “Al suo interno trovano posto la hall d’ingresso, due sale polivalenti, la biblioteca con annesse postazioni internet, una sala musica, oltre ai servizi, al magazzino e agli spazi aperti, ma coperti. Il progetto d’arredo, ispirandosi al paesaggio circostante – che con il parco, la chiesa e i monti sullo sfondo evoca situazioni di grande vitalità, ma anche di calma – prevede mobili bianchi uniti al verde, declinato nella tonalità lime.” E come la natura rinasce, anche in condizioni difficili, su terreni poveri di nutrimento, così la vita si rinnova, grazie all’apporto di tutti coloro che lavorando o svagandosi condividono un fine comune, un luogo in cui stare assieme.

98 / Creare accoglienza

Gli architetti Elisa Burnazzi, riminese, e Davide Feltrin, trentino, hanno progettato per Poggio Picenze (AQ) il centro di aggregazione sociale.




Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.