Romagna24Economia n.3

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AGROALIMENTARE DOSSIER

Il settore cerca il riscatto tra emergenze climatiche e dazi

Dossier Agroalimentare

in questo numero:

Agricoltura, la crisi presenta il conto pagina 3

Alessio Mammi: “Serve più innovazione per far crescere l’agricoltura” pagina 9

Frutticultura, la crisi di un modello pagina 13

Macfrut, l’ortofrutta in vetrina pagina 19

“Il settore rischia tra troppi vincoli e pochi incentivi” pagina 23

Massimiliano Bernabini: “Un pilastro dell’economia che rischia grosso” pagina 25

L’industria agroalimentare tiene il passo pagina 29

Vino, la Romagna ai vertici nazionali pagina 33

La produzione di energia aiuta il settore pagina 37

Agriturismo, Forlì in testa per le strutture pagina 43

Positiva la “campagna d’autunno” 2024 di Apofruit pagina 45

Con un valore di oltre 5 miliardi la produzione agricola resta uno dei pilastri dell’economia regionale che per almeno un terzo viene realizzato in Romagna, un’area in cui l’agroindustria è particolarmente forte. A inizio 2025, l’agricoltura romagnola vive una situazione di emergenza senza precedenti. Gli eventi meteorologici degli ultimi due anni stanno mettendo a dura prova la resistenza di un settore chiave per l’economia del nostro territorio. Dopo le alluvioni del 2023 e del 2024, ora i terreni agricoli sono in condizioni molto gravi, a causa della abbondanti precipitazioni degli ultimi mesi, tanto da mettere a serio rischio tutta la produzione dell’interno anno. Ma ciononostante gli agricoltori non mollano, come emerge da questo numero di Romagna24Economia dedicato proprio al settore primario e all’agroindustria. Intanto nei campi arriva sempre più innovazione con droni e agricoltura di precisione che intercettano fondi regionali in attesa che la nuova Pac Comunitaria delinei il futuro che aspetta gli agricoltori romagnoli.

MENSILE DI ECONOMIA, AFFARI, IMPRESA E SOCIETA’

Agricoltura, la crisi presenta il conto

Nel 2023 ricavi scesi a 5,3 miliardi (-530 milioni)

Nel corso dell’annata 2023 - in base alle elaborazioni della Regione EmiliaRomagna - il valore della produzione agricola dell’Emilia-Romagna ha subito un ridimensionamento del 9% che signi ca una perdita di circa 530 milioni di euro, con i ricavi passati da quasi 5,9 miliardi del 2022 a 5,3 miliardi del 2023. Il calo è dovuto a una serie di fattori meteo-climatici, in particolare le gelate tardive di aprile e le eccezionali precipitazioni che hanno alluvionato e devastato gran parte del territorio della Romagna. A fronte di un lieve calo della Plv degli allevamenti (-1%), è stato il settore delle produzioni vegetali a determinare in maniera decisiva la riduzione del valore agricolo regionale, con una perdita di oltre 510 milioni di euro (-17%) rispetto al 2022. Ad incidere sono stati soprattutto i cali dei cereali (-30%, circa -250 milioni di euro) e del comparto frutta (-28,6%) con oltre 185 milioni di euro in meno. Male anche le colture industriali (-16,5%), penaliz-

Le alluvioni e le gelate tardive tarpano le ali al settore

zate dall’andamento di soia (-32,6%) e girasole (-23,1%), le foraggiere (-28,7%) e le colture sementiere, con ricavi dimezzati. Uniche produzioni vegetali in positivo le colture orticole (+14,5%), trascinate dal pomodoro da industria, e il vino (+13,6%), grazie all’incremento delle quotazioni medie nonostante il calo dei volumi di uva vendemmiata. La sostanziale stabilità del valore della produzione del settore allevamenti regionale (-1%, poco più di 20milioni di euro in meno) è la risultante di un calo delle quantità prodotte a fronte di un generalizzato incremento del livello delle quotazioni, con la sola eccezione dei prezzi degli avicunicoli, mentre il latte ha avuto un ruolo stabilizzante sia in termini di prezzo e produzioni sia per il rilievo del settore. Oltre che su tutto il comparto, l’alluvione in Romagna del maggio 2023 ha inciso anche sul risultato produttivo negativo dei comparti carni avicunicole e uova.

Avversità climatiche a getto continuo I dati del 2024 ancora non sono disponibili ma le avversità climatiche non si sono attenuate. Intanto, a inizio 2025, l’agricoltura romagnola vive una situazione di emergenza senza precedenti. Gli eventi meteorologici degli ultimi due anni stanno mettendo a dura prova la resistenza di un settore chiave per l’economia del nostro territorio. Dopo le alluvioni del 2023 e del 2024, oggi, alle porte della primavera 2025, i terreni agricoli sono in condizioni molto gravi, a causa della abbondanti precipitazioni degli ultimi mesi, tanto da mettere a serio rischio tutta la produzione dell’interno anno.

“La situazione è certamente critica e c’è il rischio che possa aggravarsi ulteriormente”. Giovanni Giambi, direttore generale di Agrisfera - la più grande cooperativa agricola ravennate, con circa 4mila ettari di terreno tra le province di Ravenna e Ferrara, che assieme ad altre 6 Cooperative Agricole Braccianti della provincia di Ravenna aderisce a Promosagri – guarda con preoccupazione all’andamento del meteo. E anche se i umi non escono dagli argini la situazione è preoccupante. “L’annata 2025 sarà peggiore del 2023” - spiega Giambi che aggiunge: “da settembre 2024 a marzo, sulla nostra campagna sono caduti no a 950 millimetri di pioggia, quantità molto superiore a quella che registravamo in passato. I dati di settembre indicano che è stato il mese più piovoso degli ultimi 20 anni e siamo andati in di col-

tà già dalle semine delle colture cerealicole, seminando in ritardo e non in condizioni ottimali. Ora c’è il rischio che non vengano seminate anche alcune colture primaverili e ormai fare agricoltura diventa sempre più di cile”.

L’analisi di Promosagri

Ci sono cooperative agricole di Promosagri che hanno dovuto distruggere semine già e ettuate e sono a rischio tra i 600 e i 700 ettari di terreni che non verranno seminati. “In questo momento i timori maggiori sono per le semine e le colture di pomodoro, barbabietola, pisello da industria, patate, cipolle e erba. Ciò che rende la situazione peggiore rispetto al 2023, anno dell’alluvione – sottolinea Giambi – con un calo del fatturato che potrebbe superare i 4 milioni di euro. E poi non conosciamo l’aggravio dei costi necessari per ripristinare le coltivazioni in questi terreni, che sono oggi talmente destrutturati da non poter essere utilizzati per le normali attività agricole”. Naturalmente, se non si produce non si fanno ricavi e siccome sono ripartiti i mutui sospesi dopo l’alluvione c’è il rischio che non si riescano neppure a pagare le rate dei mutui. Una situazione per la quale, conclude Giambi, si prospetta la possibilità di “chiedere lo Stato di Crisi per l’agricoltura in Emilia-Romagna. Governo e Regione devono trovare delle soluzioni per poter aiutare il settore agricolo, che ormai rischia di essere messo in ginocchio”.

Giovanni Giambi, direttore generale Agrisfera

A

Forlì l’agricoltura vale il 3,9% del Pil

Le superfici in flessione di oltre il 7%

L’agricoltura costituisce un settore caratterizzante l’economia della Provincia di Forlì-Cesena. Esso si inserisce – secondo i dati elaborati dalla Camera di commercio della Romagna - in differenti attività nella catena del valore agroalimentare e a monte del settore alimentare. Al suo interno sono individuabili comparti d’eccellenza e di specializzazione a livello nazionale, quali l’avicoltura e l’ortofrutta. Il 3,9% del valore aggiunto generato in provincia deriva dall’agricoltura, incidenza superiore al dato regionale (2,2%) e nazionale (2,1%).

Con riferimento al 31 dicembre 2024, nel Registro imprese risultano attive 5.793 imprese agricole che rappresentano il 16,3% delle imprese attive in provincia (mentre a livello regionale e nazionale l’incidenza è pari, rispettivamente, al 13% e al 13,5%). Le imprese del settore sono in diminuzione rispetto ai 12 mesi precedenti (-2,2%), con una dinamica sovrapponibile a quella regionale (-2,4%) e nazionale (2,2%).

Gli addetti alle imprese agricole attive al 31 dicembre 2024 sono il 13,3% del totale, valore ampiamente superiore al dato regionale (5,3%) e nazionale (5,4%). In provincia, la dimensione media dell’impresa agricola (addetti alle imprese attive) è pari a 4 addetti, superiore al dato regionale (2) e nazionale (2).

Plv a quota 497,4 milioni

Le stime della produzione lorda vendibile (Plv) agricola del 2024, elaborate dall’U cio Informazione economica – Valorizzazione dati della Camera di commercio della Romagna, riportano un valore assoluto di tale aggregato pari a 497,4 milioni di euro correnti (+2,6% rispetto alla Plv consuntiva del 2023). La variazione dell’intera Plv) è la combinazione di un e etto volume positivo (+4,8%) e di una dinamica dei prezzi medi in moderata riduzione (2,1%). La Sau (super cie agricola utilizzata) risulta in essione (-7,2%) per l’anno in esame, a causa alle minori disponibilità di terreni produttivi, conseguenti alle alluvioni del maggio 2023 e del settembre 2024. Positiva la performance delle coltivazioni erbacee per la ripresa produttiva di cereali, orticole, foraggi e colture industriali; in ripresa la Plv delle coltivazioni arboree, per il recupero della produzione raccolta di frutta estiva, autunnale e olivo; in ridimensionamento la Plv del comparto carni (allevamenti) e delle produzioni animali (uova e latte); in essione la Plv del comparto avicolo (-12,8%) e delle uova (-6,2%).

Un comparto del settore agricolo locale riguarda la pesca marittima. Dal punto di vista dell’imprenditorialità, il settore al 31 dicembre 2024 si compone di 86 imprese attive (comprensive di quelle praticanti acquacoltura), in diminuzione di 3 unità rispetto al 2023. Le imprese della pesca costituiscono l’1,5% del totale delle imprese del settore agricoltura e l’1,0% dei relativi addetti. Nel corso del 2024, nel Mercato ittico di Cesenatico sono stati commercializzati 8.888 quintali di prodotto (-5,5% rispetto all’anno precedente) per un valore di 7,2 milioni di euro (+15,3%). La minore o erta di mercato ha comportato un incremento del prezzo medio del 22%.

A Rimini imprese agricole in calo

Produzione 2024 a quota 123 milioni (-7,1%)

Il settore agricoltura riminese – secondo i dati elaborati dalla Camera di commercio della Romagna - genera l’1,1% della ricchezza provinciale (valore aggiunto a prezzi base e correnti). In provincia si possono identi care alcune tipicità produttive, come ad esempio il formaggio di Fossa, speci cità colturali come le orticole e, in considerazione della morfologia territoriale, l’attività della Pesca marittima. Dal 2009, l’agricoltura del territorio riminese risulta ra orzata, in termini di numerosità delle imprese, dall’ingresso in provincia dei sette Comuni dell’Alta Valmarecchia. Una ulteriore espansione del settore agricoltura è avvenuta nel 2022 in seguito all’annessione dei Comuni di Montecopiolo e Sassofeltrio al territorio provinciale. Con riferimento al 31 dicembre 2024, nel Registro imprese risultano attive 2.290 imprese agricole che rappresentano il 6,6% delle aziende attive in provincia (mentre a livello regionale e nazionale l’incidenza è pari, rispettivamente, al 13% e al 13,5%). Rispetto al medesimo periodo del 2023, le imprese agricole riminesi sono diminuite del 3,5%, presentando una essione più accentuata rispetto al dato regionale (2,4%) e nazionale (2,2%).

imprese attive) è pari a 2 addetti, in linea con il dato regionale (2) e nazionale (2).

In essione volumi e prezzi Le stime della produzione lorda vendibile (Plv) agricola del 2024, e ettuate dalla Regione EmiliaRomagna – Settore Agricoltura Caccia e Pesca – Ambito Rimini e dall’U cio Informazione economica – Valorizzazione dati della Camera di commercio della Romagna, riportano un valore assoluto di tale aggregato pari a 123 milioni di euro correnti (-7,1% rispetto alla Plv del 2023). Tale dinamica complessiva è la combinazione di un e etto volumi negativo (-3,8%) e di una moderata essione dei prezzi medi alla produzione (-3,4%).

Stabile la performance delle coltivazioni erbacee: all’interno del comparto è in crescita la Plv delle orticole, in essione quella di cereali e foraggere. In diminuzione la Plv delle coltivazioni arboree, per il ridimensionamento dei prezzi medi di olivo e vite. In essione la Plv degli allevamenti da carne per il rientro delle quotazioni, le minori produzioni avicole e la riduzione delle consistenze di suini e bovini. In diminuzione, in ne, la Plv delle produzioni animali (uova e latte), conseguente alle dinamiche del comparto avicolo e bovino. Il comparto della pesca rappresenta per la provincia di Rimini un settore tipico, con attività prevalente la pesca marittima. In termini di numerosità delle imprese, il comparto al 31 dicembre 2024 si costituisce di 182 imprese attive (il 7,9% del totale di quelle del settore Agricoltura e il 12,2% degli addetti). La loro dimensione media è di 3 addetti. Le imprese si sono ridotte di 4 unità rispetto al 2023 (2,2%); negli ultimi 5 anni (2024-2019), invece, si registra una diminuzione pari al 9%.

Gli addetti alle imprese agricole attive a ne 2024 sono il 2,8% degli addetti alle imprese del totale, valore inferiore al dato regionale (5,3%) e nazionale (5,4%). In provincia, la dimensione media dell’impresa agricola (addetti alle

Nel mercato ittico di Rimini, nel corso del 2024, sono stati commercializzati 15.475 quintali di prodotto (0,7% rispetto all’anno precedente), per un valore di 10,7 milioni di euro (+8,0% in termini nominali). Il prezzo medio del pescato è in aumento dell’8,8% rispetto a quello medio rilevato nel 2023.

L’innovazione aiuta il settore

Appena chiusi bandi per 9 milioni

Un plafond di 9 milioni di euro a sostegno dell’innovazione in agricoltura. È questo il valore complessivo degli ultimi due bandi dello Sviluppo rurale 2023-27 della Regione Emilia-Romagna pubblicati a ne anno e per i quali il termine di invio delle domande sono scaduti il 30 aprile scorso e che ha visto una forte partecipazione da parte delle imprese. Secondo l’assessorato regionale all’Agricoltura “si apre una fase cruciale per le imprese agricole e agroalimentari dell’Emilia-Romagna. Siamo la Regione che investe di più in innovazione tramite i fondi dello sviluppo rurale e vogliamo continuare in questa direzione, accompagnando le imprese a innovare i processi produttivi per renderle ancora più competitive e sostenibili, con l’obiettivo di garantire occupazione e giusto reddito su tutta la liera”. Il primo bando assegna ben 8 milioni di euro a sostegno delle azioni pilota e di collaudo dell’innovazione (intervento “SRG08 - Sostegno ad azioni pilota e di collaudo dell’innovazione”) ed è destinato a imprese/ operatori del settore agricolo e della liera agroalimentare (in forma singola e/o associata), associazioni di produttori, organizzazioni interprofessionali, consorzi di tutela di produzioni tutelate e cooperative. Ciascun bene ciario potrà presentare un solo progetto di innovazione e i settori tra i quali saranno ripartite le risorse sono ortofrutticolo, lattiero-caseario,

seminativi, sementiero, oleoproteaginose, foraggere, suinicolo, vitivinicolo e altri settori produzioni vegetali, avicolo, uova e altri settori produzioni animali.

Gli “Hub dell’innovazione” Il secondo bando pubblicato (“SRG09- Cooperazione per azioni di supporto all’innovazione e servizi rivolti ai settori agricolo, forestale e agroalimentare”) mette a disposizione degli Hub dell’innovazione la cifra di 1 milione di euro (ripartiti per settore vegetale 540.000 euro e zootecnico 460.000 euro).

Con la de nizione “Hub dell’innovazione” si intendono quei partenariati che dovranno o rire risposte sistemiche alle esigenze o problemi delle imprese e dei territori rurali, previsti dal Complemento di programmazione per lo sviluppo rurale del Piano strategico della Pac 2023-2027 con l’obiettivo di supportare l’innovazione in agricoltura.

La Regione Emilia-Romagna sostiene la creazione di questi Hub facilitando l’incontro e la creazione di collaborazioni tra centri di ricerca, associazioni di imprenditori agricoli/forestali, organizzazioni di produttori o loro associazioni e organismi di consulenza, al ne di migliorare i legami tra agricoltura e ricerca e a stimolare l’ammodernamento dell’attività agricola attraverso l’adozione di soluzioni innovative nelle aziende agricole e la fornitura di servizi.

l’intervista › Alessio Mammi
“Serve più ricerca per far crescere l’agricoltura” Regione in campo per sostenere un comparto vitale dell’economia

Aiutiamo l’agricoltura a battere i tanti nemici che la insidiano e a difendersi dai cambiamenti climatici ma anche dall’invecchiamento dei titolari delle aziende per favorire il passaggio del testimone. Alessio Mammi, assessore regionale all’Agricoltura, spiega la strategia della Regione Emilia-Romagna in campo agricolo.

Qual è lo stato dell’agricoltura romagnola oggi?

Oltre 20 milioni per favorire le attività dei centri di innovazione

L’agricoltura romagnola, che rappresenta un patrimonio importante per la nostra Regione, sta attraversando da diversi anni una fase molto complessa, complici diversi fattori: dai cambiamenti climatici, che hanno avuto nell’alluvione del 2023 l’evento più impattante, a tanti altri eventi di carattere più localizzato. Penso, ad esempio, al ripetersi di gelate tardive, a fenomeni grandinigeni, così come alle nuove topatie che, seppur con e etti più limitati, comportano perdi-

Alessio Mammi, Assessore regionale all’agricoltura e agroalimentare, caccia e pesca

te produttive importanti, con risvolti problematici sui canali commerciali delle singole aziende coinvolte. In particolare, l’ortofrutta –che vede nella Romagna il cuore della coltivazione regionale, con prodotti DOP e IGP apprezzati ed esportati in tutto il mondo – subisce gli e etti più gravi, con perdite molto signi cative sia in termini di quantità che di qualità. Tuttavia, a fronte di questa situazione, crediamo che non si debbano subire passivamente gli eventi, perché c’è il rischio concreto di perdere quote di mercato internazionali a favore di altri Paesi, quote che poi sarebbe molto di cile recuperare. Per questo, come Regione, abbiamo messo in campo un piano di rilancio del settore, che vede proprio nell’ortofrutta e nelle produzioni vitivinicole (altro grande ambito di altissima qualità e valore in Romagna) i due settori su cui investire risorse importanti.

Quali misure di sostegno sta mettendo in campo la Regione per fronteggiare la situazione descritta in Romagna e con quanti fondi?

Come Regione abbiamo lanciato lo scorso anno il progetto “Frutteti resilienti” che prevede nel biennio 2024/25 di mettere a disposizione delle aziende oltre 70 milioni di euro per il ripristino del potenziale produttivo e della redditività delle stesse, con una intensità di aiuto del 60%, per ra orzare le protezioni meccaniche sulle produzioni frutticole in campo, consapevoli che dobbiamo creare le condizioni perché si possa continuare a produrre nonostante le avversità in corso. Di questi, 30 milioni sono stati destinati speci catamente, attraverso un bando straordinario, alle zone alluvionate, mentre 13 milioni serviranno per nanziare l’acquisto di sistemi antibrina. Si tratta di risorse importanti che ci permetteranno di realizzare almeno 1.000 ettari di nuovi frutteti protetti e installare protezioni su circa 2.500 ettari di coltivazioni esistenti, per raggiungere un totale di 3.500 ettari di frutteti protetti dai danni causati dagli e etti dei cambiamenti climatici. A ciò si a anca il sostegno al settore vitivinicolo che, nel territorio romagnolo, vede alcuni vitigni molto apprezzati, fra cui il Sangiovese e l’Albana. Crediamo che, anche alla luce delle tensioni internazionali e delle politiche dei dazi, sia importante puntare sulla promozione, sia a livello nazionale che internazionale, sostenendo le imprese e i consorzi. Per questo, negli ultimi 5 anni, l’Emilia-Romagna ha investito più di 30 milioni di euro, perché siamo fermamente convinti che i nostri vini debbano essere promossi, di usi e fatti conoscere in tutto il mondo.

Christophe Hansen, commissario europeo all’Agricoltura e Alimentazione (foto Wikipedia.org)

dover a rontare scenari eccezionali e difcilmente prevedibili. Di queste tematiche ho avuto modo di parlare anche con il Commissario europeo all’Agricoltura e all’Alimentazione, Christophe Hansen, per portare il punto di vista della nostra Regione, che si colloca a pieno titolo fra le più “agricole” in Europa.

Le imprese agricole scontano il problema del ricambio generazionale, per non disperdere esperienza e capacità produttiva. Cosa sta facendo la Regione per accompagnare questo processo?

Si sta discutendo di PAC. Come sarebbe utile organizzarla?

Come ho avuto modo di condividere nel mio nuovo ruolo di rappresentanza al Comitato delle Regioni di Bruxelles, è importante che le Regioni continuino ad avere, anche in questa fase in cui si stanno delineando in seno all’Unione Europea le priorità della Politica Agricola Comune che entrerà in vigore dal 2027, un ruolo centrale nella programmazione e nella gestione delle misure. La PAC riassume in sé politiche fondamentali per il sostegno al reddito degli agricoltori e deve sempre più tendere a garantire la competitività delle imprese, salvaguardando al contempo ambiente e clima. A tutto ciò deve accompagnarsi un processo di sempli cazione delle procedure, a nché vi sia maggiore essibilità nei confronti degli agricoltori, che si trovano di anno in anno a

Il ricambio generazionale è fondamentale non solo nella nostra Regione, ma in tutto il Paese, per mantenere un settore agricolo dinamico, competitivo, capace di valorizzare le produzioni locali e pronto ad a rontare le s de del cambiamento climatico e del mercato globale. Proverei, pertanto, a vederlo non come un problema, ma piuttosto come un’opportunità. I giovani che decidono di dedicarsi a questo settore portano con sé nuove competenze, grazie anche a una formazione professionale in ambito agricolo che nel frattempo è cresciuta, e sono maggiormente interessati a introdurre soluzioni innovative. Dopo un primo bando rivolto agli under 41, che ha riscosso molta attenzione nanziando 225 nuovi insediamenti, è stato avviato un secondo bando da 30 milioni di euro, con risorse della programmazione dello Sviluppo Rurale 2023-2027. Questo bando prevede nuovi contributi

a fondo perduto per l’insediamento dei giovani agricoltori e per gli investimenti produttivi, con l’obiettivo di garantire la competitività delle imprese.

L’innovazione resta cruciale. Come si sta orientando la Regione?

L’Emilia-Romagna è la Regione che, nel nostro Paese, investe le maggiori risorse della programmazione della Politica agricola comunitaria nell’innovazione, basti pensare che dei 913 milioni di euro a disposizione per il periodo 2023/27, il 5%, un dato ben al di sopra della media delle regioni italiane, verrà destinato a tale scopo. Solo nel 2025, sono previsti quasi 20 milioni di euro per nanziare, tra le al-

tre cose, l’impiego di droni per monitorare le produzioni, l’uso di sensori ambientali, le pratiche contro l’antibiotico-resistenza e quelle di adattamento ai cambiamenti climatici. Si tratta di progetti che adottano un approccio integrato tra Regione, università, centri di ricerca e imprese, garantendo che le sperimentazioni trovino poi diretta applicazione nei sistemi produttivi, assicurando una maggiore sostenibilità economica, sociale e ambientale. L’agricoltura del futuro non la creiamo domani, ma oggi. È importante ricordarselo sempre, per continuare a essere competitivi nei mercati internazionali.

Lotta senza quartiere al granchio blu

Si spera che il polpo combatta il “nemico” delle vongole

La Regione ha previsto nel bilancio 2025 un ulteriore stanziamento di un milione di euro di risorse regionali per far fronte all’emergenza granchio blu. Fondi che saranno dedicati a coprire le spese sostenute dalle imprese per il suo smaltimento e trasporto, e che si aggiungono ai due milioni complessivi già nanziati nel 2023 e 2024, tra ristori e rimborsi. E alle porte c’è anche una collaborazione con l’università di Bologna per sperimentare un progetto, totalmente green e biologico, di contrasto al crostaceo attraverso il popolamento in speci ci ambiti marini di polpi, che riuscirebbero- questo è l’auspicio- a contenere il moltiplicarsi dei granchi. Il massimo impegno della Regione è stato ribadito a Goro dal presidente Michele de Pascale e dall’assessore all’Agricoltura, Alessio Mammi, che hanno incontrato le associazioni delle imprese e delle cooperative locali, insieme alla sindaca Marika Bugnoli e al primo cittadino di Comacchio, Pierluigi Negri. Proprio Goro e i canali adduttori di Comacchio sono le aree maggiormente colpite in Italia dalla di usione del granchio blu: qui venivano prodotte circa 16mila tonnellate di

vongole che corrispondono al 55% della produzione italiana e al 40% di quella europea- con un’occupazione di circa 1.700 addetti.

“È in corso una vera e propria emergenza economica e sociale, con decine e decine di famiglie che rischiano di perdere quella che è la loro fonte di reddito principale”, hanno sottolineato de Pascale e Mammi. “Come Regione – hanno aggiunto - non abbiamo mai fatto mancare il nostro appoggio a queste comunità e continueremo a sostenerle e aiutarle, lo dimostra anche quest’ultimo stanziamento. Ma è evidente che serve mettere in pratica il Piano nazionale annunciato dal commissario straordinario Caterino, perché le nuove misure entrino a regime il prima possibile. Per questo gli abbiamo anche chiesto di venire a presentarlo qui in Emilia-Romagna”.

Frutticultura, la crisi di un

modello

Estirpazioni al ritmo di mille ettari l’anno

Il modello di frutticoltura moderna, nato a Massa Lombarda agli inizi del ‘900, è in crisi generalizzata da oltre vent’anni. Il semplice produrre frutta non basta più a garantire un reddito per il produttore e, di fronte a questa realtà, sono sorti diversi modelli di frutticoltura, dal biologico, al chilometro zero, alla produzione per vendite dirette online, no alle consegne a domicilio in tutto il Paese. Tuttavia, si tratta di soluzioni che funzionano solo per super ci molto ridotte, avvantaggiate per collocazione geogra ca, facilità di logistica mentre sono di cilmente praticabili per le imprese frutticole di maggiore dimensione.

Estirpazioni a tutto gas

Al posto di pere e pesche mele e kiwi ma il saldo è negativo

coltivazioni arboree da frutto, riferita al periodo 2012–2022, di oltre 11.000 ettari, pari al 17,5%). Le specie che hanno perso più super cie sono il pero con una diminuzione di 6.478 ettari, il pesco con 5.244 ettari e le nettarine con 5.079, solo parzialmente sostituite con melo, albicocco e actinidia.

Frutteti in di coltà in Romagna e le estirpazioni viaggiano al ritmo di circa 1.000 ettari l’anno. E, anche per questo, si assiste a un drastico calo di produzione in particolare nelle annate 2020, 2021 e anche 2023 e 2024 con una diminuzione di circa il 50% dei quantitativi raccolti rispetto al 2012. Conseguentemente, anche le super ci coltivate a frutta evidenziano un costante calo con una scomparsa delle

Da tempo si levano voci preoccupate sul destino della Fruit Valley, intensa come la zona frutticola che ha il suo baricentro produttivo nelle province romagnole, all’origine della frutticoltura intensiva nazionale e della sua complessa liera (campo, post raccolta, meccanizzazione, servizi e logistica). Negli ultimi decenni questo modello ha accusato di coltà importanti come la perdita di indotto e della marginalità per i produttori, l’abbandono dell’attività produttiva, gli e etti estremi del clima e la concorrenza internazionale della Spagna che ha eroso grosse quote di mercato alla frutticoltura italiana.

In 20 anni persi 30mila ettari

Tutte le di coltà del settore sono recentemente emerse grazie all’Accademia Nazionale di Agricoltura che,

presso lo stabilimento della Coop. Agrintesa a Bagnacavallo, ha organizzato il convegno “Fruit valley, guardiamo avanti!” per delineare un quadro sintetico della attuale consistenza produttiva delle principali liere frutticole e delle possibili soluzioni per il ra orzamento della produttività e sostenibilità economica-ambientale.

Dal 2000 al 2020 la regione è stata colpita da un trend molto negativo, che ha visto la perdita complessiva di 30mila ettari di colture legnose agrarie, di cui 10mila ettari tra pesche nettarine e pere (rispettivamente -32% e -56%), un tempo il ore all’occhiello della produzione emiliano-romagnola a livello mondiale. Nel contempo, kiwi, mele e albicocche hanno resistito meglio, seppure con quantitativi minori di terreni coltivati, senza però riuscire a coprire le super ci ormai perdute. Questa preoccupante decrescita ha portato, in soli 7 anni, al dimezzarsi del valore produttivo della frutticoltura emiliano romagnola, passata da 320 milioni nel 2017 a 116 milioni di oggi, a fronte di un consumo annuo di circa 15 miliardi di euro di frutta in Italia. L’Emilia-Romagna ha così perso totalmente la leadership nella produzione internazionale di pere, ma al contempo ha sviluppato altre colture, come kiwi e susino le quali, nonostante le di coltà date dalla variabilità di prezzi e l’insicurezza del mercato internazionale, hanno ottenuto nuove quote di mercato. Nel complesso l’Italia non ha più il primato produttivo frutticolo ma l’Emilia-Romagna, pur nelle tante di coltà, può giocare ancora un ruolo fondamentale per la frutticoltura, grazie allo spirito innovativo, alla capacità di fare ricerca, al dialogo fra le istituzioni.

Biotecnologie in aiuto

La ricerca varietale e le biotecnologie sono visti come strumenti fondamentali per portare soluzioni utili ai problemi dati dal nuovo clima (presenza della cimice asiatica, malattie delle piante, gelate, mancanza o abbondanza di acqua, temperature elevate) ed è necessario sviluppare maggiormente le TEA (Tecnologie di Evoluzione Assistita) dando la possibilità ai produttori di sperimentarle quanto prima in campo. A so rire in modo particolare sono le pere sottoposte a un

drastico calo della super cie, dai 20mila ettari del 2014 agli 11mila del 2024, e alla riduzione del potenziale produttivo regionale. Dal 2019 la produzione di pere è scesa di 400mila tonnellate in meno. “Le pere – spiega Elisa Macchi, Centro Servizi Ortofrutticoli Cso - un tempo eccellenza mondiale, dal 2019 hanno registrato un vero disastro produttivo passando da 500mila tonnellate annue, alle attuali 100mila. Questo è successo perché, purtroppo, le pere sono i frutti che maggiormente subiscono gli stress del cambiamento climatico, soprattutto la tipologia abate, subendo malattie come la cimice asiatica che sono state devastanti, a fronte di una scarsa resa varietale”. La provincia che ha subito maggiormente questi problemi è stata Ferrara, che era la prima produttrice a livello europeo, con adesso solo 4mila ettari coltivati a fronte degli 8mila pre 2019. In ne, la ridotta o erta interna, vede una perdita di quote sui mercati esteri e l’export è sceso da una media di 150mila tonnellate a poco oltre le 20mila tonnellate nella campagna 2023/2024. Parallelamente, aumentano le importazioni e nel 2023/24 da Belgio e Olanda sono arrivate quasi 57mila tonnellate di pere e oltre 42mila tonnellate dalla Spagna. Vanno meglio le mele con 5mila gli ettari coltivati con una tendenza alla crescita mediante una innovazione varietale molto buona, mentre il pesco è in calo con 7.400 ettari, la metà di 10 anni fa, con -6% di pesche e -2% di nettarine, ma il peso dell’Emilia-Romagna nella produzione di pesche italiane rimane buono (18% pesche e 36% nettarine). In ne, cresce il susino con l’Emilia-Romagna al primo posto in Italia, con 3.800 ettari e il 5% dell’o erta complessiva, essendo l’Italia produttrice per il 10% a livello europeo, dopo la Romania e a pari merito con Spagna e Francia.

Elisa Macchi, direttore Centro Servizi Ortofrutticoli

Innovazione, irrigazione e antigrandine

Regione in campo con 105,9 milioni

Miglioramento delle produzioni, tecniche a basso impatto ambientale, investimenti per a rontare le conseguenze del cambiamento climatico e per posizionarsi in maniera strategica sui mercati. Sono gli ambiti principali nanziati per il 2025 con oltre 108 milioni di euro di fondi europei, in sinergia con le organizzazioni dei produttori, e le loro associazioni dei settori ortofrutta e delle patate. Le risorse provengono dal Fondo europeo agricolo di garanzia (Feaga), di sostegno agli interventi settoriali degli ortofrutticoli e delle patate previsti dal programma strategico della Politica agricola comune. Gli aiuti sono destinati alle Organizzazioni dei produttori e le Associazioni di Organizzazioni dei produttori dei settori degli ortofrutticoli e delle patate riconosciute dalla Regione Emilia-Romagna per le spese approvate negli 11 Programmi operativi presentati.

Ortofrutta: investimenti per 105,9 milioni di euro Il settore ortofrutticolo bene cia della quota maggiore dei fondi con 105,9 milioni di euro a sostegno di otto programmi operativi presentati da sette Aop (che includono 38 Organizzazioni di diverse Regioni) e un’Organizzazione singola. La spesa complessiva prevista è di 199,4 milioni di euro e copre una vasta gamma di interventi. Più del 43% del budget è destinato al miglioramento della qualità delle produzioni agricole primarie. Tra gli interventi gurano l’acquisto di attrezzature innovative, impianti di irrigazione e antigrandine, il rinnovo degli impianti frutticoli e l’adozione di tecniche di produzione integrata a basso impatto ambientale. Le azioni di sistema ricevono quasi il 41% dei fondi, con l’obiettivo di sostenere la commercializzazione delle produzioni. Tra gli interventi sono inclusi gli investimenti in macchinari per la gestione post-raccolta, progetti per a rontare il cambiamento climatico, attività di prevenzione delle crisi di mercato e iniziative promozionali. In ne, il 16% della spesa è destinato alle attività di controllo della qualità, marketing e supporto tecnico per l’adozione di tecniche agricole sostenibili. Anche il comparto pataticolo ottiene un importante sostegno con 2,3 milioni di euro per tre programmi operativi approvati. Sono coinvolti 257 produttori agricoli, prevalentemente localizzati in Emilia-Romagna, e prevedono una spesa complessiva di 3,8 milioni di euro.

Il kiwi supera le di coltà Va bene, invece, il kiwi. L’export di kiwi regionale, nel 2023, è stato di 251 milioni di euro, il 4% del fatturato nazionale. In regione – ha spiegato Guido Caselli, vice segretario generale di Unioncamere Emilia-Romagna – la super cie produttiva è di 4mila ettari e si produce il 18% del kiwi italiano. In regione 5 grandi imprese realizzano il 60% della produzione regionale, mentre il resto è suddiviso in produttori più piccoli. Da sempre la Nuova Zelanda è il primo produttore al mondo, ma l’Italia è al secondo posto, col 16% del mercato mondiale ed esportiamo in Cina, Germania e Spagna.

Nella ricerca di nuovi paradigmi produttivi, che proteggano il reddito del frutticoltore, potrebbe inserirsi il concetto di agrivoltaico, accoppiando questa forma di produzione di energia alle produzioni vegetali. Per molti motivi la frutticoltura si presta particolarmente a queste forme di coltivazione perché, modulando l’intercettazione luminosa delle chiome senza scendere a livelli di ombreggiamento eccessivi, si possono mantenere rese e qualità del prodotto, con forti risparmi idrici. Al tempo stesso, la disponibilità di elettricità a basso costo permetterebbe di adottare veicoli a trazione elettrica al posto dei tradizionali trattori, eliminando la fonte principale dell’impronta di carbonio del frutteto.

Apo Conerpo studia il rilancio

Più innovazione in campo e controlli sull’import

L’ortofrutta italiana si trova oggi ad affrontare s de epocali che ne mettono a rischio la sostenibilità economica e produttiva, fra e etti del cambiamento climatico, crisi delle liere principali che rischiano una prematura estinzione, topatie, parassiti e dinamiche di mercato che favoriscono le produzioni a basso costo importate dall’estero. E l’Europa, se da un lato rimarca a parole la centralità del settore agricolo, sul piano normativo continua in un percorso di “disarmo forzato” dei produttori, rimuovendo una dopo l’altra tutte le molecole e caci per tutelare le produzioni. Uno scenario complesso sul quale ha voluto accendere i ri ettori Apo Conerpo, principale Organizzazione di Produttori (OP) ortofrutticola europea, che, in occasione delle celebrazioni per il proprio trentennale, ha chiamato a raccolta le istituzioni europee, nazionali e regionali per il convegno “Coltivare il futuro tra politiche green e mercato” tenutosi nello scorso mese di marzo a Bologna. Con oltre 6.000 soci produttori, 50 cooperative associate e 32.000 ettari coltivati. Apo Conerpo è la principale Organizzazione di Produttori ortofrutticoli d’Europa e da trent’anni mette al centro del proprio operare il lavoro dei propri soci a rontando con loro le grandi s de del settore: dalle crisi di mercato alle emergenze tosanitarie, no agli e etti del cambiamento climatico. Con un volume d’a ari medio annuo di circa 800 milioni di euro, 190 tecnici specializzati, 90 stabilimenti e un sistema integrato di liali commerciali (Alegra,

Brio, Conserve Italia, Naturitalia, Opera, Valfrutta Fresco), Apo Conerpo presidia i principali mercati italiani ed europei del prodotto fresco e trasformato, valorizzando qualità, tracciabilità e sostenibilità delle produzioni.

Sul palco, insieme al presidente di Apo Conerpo, Davide Vernocchi, anche Veronika Vrecionova, presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo, Felice Assenza, responsabile ICQRF del Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare, Ra aele Drei, presidente di Fedagripesca Confcooperative, Alessio Mammi, assessore all’Agricoltura della Regione Emilia-Romagna, e Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative. L’evento, introdotto dal direttore generale di Apo Conerpo, Daniele M. Ghezzi, che ha ripercorso le tappe salienti della storia trentennale dell’Organizzazione di Produttori inquadrandone l’impegno per la tutela e la valorizzazione del lavoro dei soci e il ruolo cruciale nel sistema ortofrutticolo nazionale ed europeo, ha visto la presentazione del report esclusivo realizzato da Nomisma “S de e strategie per la resilienza dell’ortofrutta”.

Una fase critica

“L’ortofrutta italiana sta a rontando una delle fasi più critiche della propria storia – ha illustrato Davide Vernocchi – con la combinazione di cambiamento climatico, restrizioni normative europee e concorrenza internaziona-

le, rischia di compromettere la competitività di un settore strategico per l’economia del Paese e per l’intera Europa. La questione non riguarda solo la produzione, ma l’intero sistema agroalimentare, dalla tutela del reddito degli agricoltori alla sicurezza alimentare per i consumatori. Uno degli aspetti più problematici per il settore riguarda la progressiva riduzione dei prodotti tosanitari disponibili imposta dalla Commissione Europea. L’Italia ha perso circa il 70% delle molecole autorizzate, con un’accelerazione drastica a partire dal 2000. Questo oggi signi ca che per ogni principio attivo eliminato, in mancanza di alternative e caci si rischia di perdere intere colture fondamentali per il tessuto produttivo nazionale con un impatto gravissimo sia sul piano economico che di sostenibilità ambientale. Perché

Davide Vernocchi, direttore Apo Conerpo

cole tosanitarie autorizzate negli ultimi vent’anni e l’assenza di reciprocità nelle regole commerciali con i Paesi extra-UE rappresentano ulteriori fattori di pressione che compromettono la redditività delle aziende agricole italiane.

La ricetta di Apo Conerpo

meno molecole signi ca più spreco alimentare: l’impossibilità di trattare adeguatamente le malattie sta incrementando i prodotti scartati, inadatti sia al commercio sia alla trasformazione industriale. Non possiamo permetterci di perdere altre super ci produttive né di lasciare il mercato interno nelle mani di prodotti di importazione che non garantiscono gli stessi standard qualitativi e ambientali delle nostre produzioni”.

Il report di Nomisma

La ricerca, illustrata dalla responsabile Strategic Advisory di Nomisma Ersilia Di Tullio, ha o erto un quadro approfondito dello stato di salute dell’ortofrutta italiana ed emiliano-romagnola, evidenziando le dinamiche di mercato, l’impatto del cambiamento climatico e le s de della transizione

ecologica. Il report ha messo in luce le criticità di alcune liere emblematiche, evidenziando dati allarmanti: la perdita di oltre il 45% delle super ci coltivate a pere in Emilia-Romagna dal 2014 a oggi, il drastico calo degli ettari dedicati a pesche e nettarine (-56,5% dal 2014 al 2024) e la contrazione del catasto produttivo del kiwi (-6,1% negli ultimi cinque anni), con una signi cativa riduzione dell’export e un aumento delle importazioni che ne minacciano la competitività.

Parallelamente, il report ha evidenziato come l’Italia, nonostante la forte vocazione produttiva, stia progressivamente perdendo la propria autosu cienza in alcune colture strategiche, con conseguenze dirette sull’equilibrio del mercato interno. L’abolizione da parte della Commissione Europea dei quattro quinti delle mole-

La strada per uscire dalla crisi che minaccia l’ortofrutta italiana c’è e ha tappe precise: “Servono regole commerciali basate sulla reciprocità per garantire equità tra produttori europei ed extra-UE – incalza Vernocchi -, occorrono maggiori investimenti in ricerca e innovazione per sviluppare soluzioni produttive e caci, bisogna ra orzare gli strumenti di difesa attiva e passiva, fondamentali per la protezione delle colture di fronte agli e etti del cambiamento climatico, e parlare di riduzione dei principi attivi utilizzabili solo in presenza di alternative valide. E serve sempre di più un concreto sostegno all’aggregazione di qualità per aumentare la competitività delle OP: in Emilia-Romagna abbiamo esempi virtuosi, come quelli sul settore pericolo che hanno dato risultati importanti. Apo Conerpo è pronta a fare la sua parte, ma servono politiche agricole comunitarie che sostengano davvero il settore. Per trent’anni abbiamo lavorato, facendo sistema, cercando di dare risposte e soluzioni alle s de delle nostre liere, dalle crisi di mercato a quelle legate alla cimice asiatica, dalla moria e batteriosi del kiwi alle problematiche del pero, cercando di mettere a valore le risorse messe a disposizione dalla Comunità Europea. Continueremo a farlo ma oggi parliamo all’Europa: Bruxelles deve decidere se si vuole davvero salvaguardare la nostra produzione ortofrutticola o se si vuole lasciare il mercato ai prodotti d’importazione, meno sicuri e meno sostenibili. Il tempo, ormai, è tiranno”.

Lavoro, partecipazione, sostenibilità e futuro: la Romagna agroalimentare tra le s de del presente e del domani

La Romagna è un simbolo di eccellenza nel panorama agroalimentare italiano, con una tradizione che vanta una forte vocazione all’export e una specializzazione che la rende un punto di riferimento nei settori ortofrutticolo, vitivinicolo e zootecnico. Il territorio romagnolo è particolarmente orgoglioso del suo settore avicolo, che da solo rappresenta oltre il 20% delle carni bianche e l’11% delle uova prodotte in Italia, con un valore economico che supera i 2 miliardi di euro. Tuttavia, nonostante questi numeri, la Romagna affronta s de che minacciano la stabilità e il futuro del settore.

Un settore sottoposto a pressioni climatiche e sociali

Negli ultimi anni, la Romagna ha subito eventi climatici estremi che hanno compromesso la produzione agricola. Alluvioni, frane e siccità, che hanno colpito il territorio nel 2023 e 2024, hanno messo a rischio la sicurezza economica delle imprese agricole. “La crisi climatica si aggiunge a una crisi strutturale preesistente, aumentando l’urgenza di interventi istituzionali per la gestione degli eventi - sottolinea Francesco Marinelli, Segretario Generale della CISL Romagna -, è fondamentale che le istituzioni non solo attivino tempestivi aiuti, ma investano anche in strategie di prevenzione, con interventi sul territorio e infrastrutture adeguate per mitigare i rischi legati agli eventi naturali estremi.”

La questione della manodopera: una dipendenza dai lavoratori immigrati Una delle principali criticità del settore agroalimentare romagnolo è la carenza di manodopera. La disa ezione verso il lavoro nei campi, unita alla riduzione dei ussi migratori e alle di coltà burocratiche, mette a rischio la produttività delle imprese. Oltre il 50% dei lavoratori impiegati nell’agricoltura romagnola proviene dall’estero. Il sistema di “chiamata al buio” non risponde più alle necessità aziendali, costringendo gli imprenditori ad aspettare mesi prima di vedere arrivare i lavoratori richiesti, spesso troppo tardi, quando la stagione agricola è già conclusa. “È urgente trovare soluzioni rapide per garantire una manodopera stabile e quali cata”, evidenzia Marinelli.

ispettori e tecnici della prevenzione. La battaglia contro il caporalato richiede la collaborazione di tutti: dalle istituzioni alle forze sociali”.

concorrenza leale e i diritti dei lavoratori”.

Un futuro sostenibile e inclusivo per l’agricoltura romagnola

Il ruolo cruciale dei lavoratori immigrati nel modello Romagna Nel corso di un convegno sulla manodopera immigrata, organizzato dalla FAI CISL Romagna (Federazione Agricola Alimentare Ambientale Industriale della CISL) nei mesi scorsi a Cesena, sono emersi i dati che confermano l’importanza dei lavoratori stranieri nell’agroalimentare romagnolo. Nelle province di ForlìCesena, Ravenna e Rimini, il numero di lavoratori immigrati è fondamentale per il buon funzionamento delle liere agroalimentari. La provincia di Forlì-Cesena, ad esempio, impiega oltre 20.000 lavoratori agricoli, di cui circa 6.800 provenienti da Paesi extracomunitari. “Il ‘modello Romagna’ si fonda su un sistema cooperativo di grandi dimensioni, dove i lavoratori stranieri ricoprono un ruolo centrale - a erma Marinelli -, tuttavia, emerge anche la di coltà di tutelare i diritti di questi lavoratori, specialmente nelle piccole aziende, dove i fenomeni di sfruttamento e lavoro nero sono ancora di usi”

Il ruolo dei dazi: una minaccia per l’agricoltura romagnola

Il futuro del settore agroalimentare romagnolo dipenderà dalla capacità di integrare i lavoratori stranieri in modo equo, garantendo loro condizioni di lavoro dignitose e una piena inclusione sociale. La CISL sta lavorando per costruire un modello che favorisca l’immigrazione regolare, la quali cazione delle competenze e la protezione dei diritti dei lavoratori. Inoltre, l’agricoltura romagnola deve a rontare le s de del cambiamento climatico, della globalizzazione e della concorrenza internazionale. La Politica Agricola Comune (PAC) rappresenta una grande opportunità per la Romagna, ma anche una grande s da, richiedendo vigilanza per assicurare che le imprese che rispettano i diritti dei lavoratori ricevano il giusto supporto.

Conclusione: il modello Romagna come esempio di integrazione e sostenibilità Guardando al futuro, è essenziale che la Romagna investa non solo nella gestione delle s de, ma anche nelle opportunità legate a un modello di agricoltura sostenibile e inclusiva, che metta al centro il rispetto per l’ambiente, il benessere dei lavoratori e la competitività delle aziende. “Solo un’agricoltura che valorizza il lavoro e la partecipazione di tutti, senza lasciare indietro nessuno, potrà a rontare con successo le s de del futuro e rimanere un faro di eccellenza nel panorama agroalimentare europeo. Non possiamo lasciare che la crisi climatica e la mancanza di manodopera mettano a rischio il futuro del nostro settore agricolo, eccellenza che la Romagna ha sempre rappresentato.”, chiosa Marinelli.

Caporalato: una piaga che ancora colpisce il settore

Il fenomeno del caporalato rimane una piaga in molte aree agricole della Romagna. Nonostante le leggi come la 199/2016 sul contrasto al caporalato, il problema persiste. Nel 2020, la CISL ha partecipato come parte civile in un caso di sfruttamento lavorativo che ha coinvolto false cooperative e caporali. “Oggi il sindacato continua a lottare per una maggiore prevenzione e una repressione più e cacecommenta il segretario -, oltre agli strumenti legislativi, occorre intensi care il controllo attraverso ispezioni più frequenti e l’assunzione di

Oltre alle s de interne, il settore agroalimentare romagnolo è sempre più esposto alle tensioni commerciali globali, in particolare alla guerra dei dazi. Le politiche protezionistiche e l’introduzione di dazi sulle esportazioni di prodotti alimentari rappresentano una minaccia per l’economia agricola romagnola, che dipende in gran parte dalle esportazioni. Le tari e doganali imposte da alcuni paesi, in particolare sui prodotti agroalimentari, rischiano di penalizzare le aziende italiane. “Non possiamo permettere che i dazi mettano a rischio il lavoro di migliaia di persone. Le preoccupazioni sui dazi si estendono anche agli accordi commerciali internazionali, come quello con i Paesi del Mercosur, dove la CISL ha chiesto che vengano garantiti standard equi di lavoro e protezione dell’ambiente - ribadisce il segretario cislino -. Gli accordi commerciali devono rispettare la

“Anche la dimensione internazionale, con le problematiche legate ai dazi e agli accordi commerciali, richiede una risposta forte e coordinata - conclude il segretario generale della CISL Romagna -. L’adozione di politiche agricole che tutelino l’equità, la concorrenza leale e i diritti dei lavoratori deve essere una priorità, se si vuole preservare il settore agroalimentare italiano nel contesto della globalizzazione”.

SEDE DI RAVENNA

Via Vulcano, 78/80

Tel. 0544 261811 www.cislromagna.it

Macfrut, l’ortofrutta in vetrina La fiera

a Rimini in calendario dal 6 all’8 maggio

Macfrut, molto più di una era: un viaggio nella liera mondiale dell’ortofrutta lungo 365 giorni che trova il suo punto di incontro da martedì 6 a giovedì 8 maggio 2025 al Rimini Expo Centre. E che in occasione della 42esima edizione lancia un forte messaggio: la salute vien mangiando e l’ortofrutta è alla base della sana alimentazione. In altre parole è “Healthy food”, come è stata chiamata la novità di Macfrut 2025, la grande arena insieme a esperti scienti ci, chef e testimonial di fama nazionale che si fanno portavoce di questi valori a partire dalla campionessa olimpica Valentina Vezzali presente alla conferenza stampa dell’evento. Tutto questo nel contesto di una tre giorni eristica ancora una volta con numeri in crescita: incremento dell’area espositiva (+6%), oltre 1.400 espositori, spiccata presenza internazionale al 40%, 1.500 top buyer da tutto il mondo interconnessi con gli espositori in una apposita piattaforma networking, vero e proprio ore all’occhiello della manife-

Oltre 1.400 espositori e 1.500 top buyer da tutto il mondo

stazione. E ancora: tre Simposi mondiali (biotecnologie, patata, piante aromatiche del Mediterraneo), Egitto Paese partner, Lazio Regione protagonista, Saloni tematici su trend e tendenze del settore coordinati da un team di esperti, un campo prova sull’innovazione frutticola e orticola, oltre un centinaio di eventi nel corso dei tre giorni. La presentazione di Macfrut 2025 è avvenuta lo scorso 3 aprile presso Agenzia ICE a Roma alla presenza di Francesco Lollobrigida Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Matteo Zoppas Presidente Agenzia ICE, Sergio Marchi Direttore Ismea, Renzo Piraccini Presidente Macfrut, Valentina Vezzali Campionessa Olimpica e testimonial Healthy Food Show, Silvia Sabbadini ISHS Biotechnology Symposium, Giancarlo Righini Assessore Agricoltura Regione Lazio, Marco Riccardo Rusconi Direttore AICS, Stefano Gagliardi Direttore Assoavi.

Una vetrina per l’Italia

Per Francesco Lollobrigida Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste “Questo appuntamento è cruciale per il nostro export ortofrutticolo. Apre a mercati che apprezzano la qualità italiana e favorisce la di usione delle nostre tecnologie produttive. Le ere servono a creare connessioni tra produttori e acquirenti, e l’Italia o re un’enorme varietà di prodotti, attirando anche operatori stranieri. La sinergia tra imprese e mercati è fondamentale e i risultati si vedono. L’aumento del reddito dei nostri agricoltori è il più alto in Europa”. Da parte sua, ha ribadito Matteo Zoppas, presidente Agenzia Ice, “Il comparto ortofrutticolo italiano è una delle eccellenze del Made in Italy e rappresenta un pilastro fondamentale della liera agroalimentare nazionale, riconosciuto a livello internazionale per la qualità delle sue produzioni, l’innovazione tecnologica e la capacità di conquistare nuovi mercati. Nel 2024, l’export del settore ha raggiunto un valore di 6,4 miliardi di euro, registrando una crescita del 6,3% rispetto al 2023 e del 30,3% rispetto al 2019. L’Agenzia ICE è impegnata a rafforzare l’internazionalizzazione delle imprese italiane del comparto, sostenendo la loro presenza sui mercati esteri e promuovendo nuove opportunità di business”.

zione del settore ed elemento fondamentale di conoscenza e networking per la crescita professionale. Mi fa piacere che sempre più aziende italiane concordano sulla esigenza di una grande vetrina internazionale per proporre le eccellenze della produzione sui mercati mondiali. Siamo un motore di sviluppo per la promozione della liera ortofrutticola che non si esaurisce nei tre giorni eristici dal momento che propone un percorso di a ancamento alle aziende che dura per tutto l’arco dell’anno. Tutto questo con lo sguardo aperto alle nuove opportunità del settore come nel caso dell’Healthy Food sui nuovi trend del cibo sano”.

Oltre il 40% di espositori esteri

Per Renzo Piraccini, presidente di Macfrut:, sempre più la rassegna “si conferma una era unica nel settore: vetrina per l’ortofrutta italiana nel mondo, momento di aggrega-

Con una presenza di espositori esteri superiore al 40%, Macfrut si conferma l’evento eristico agrifood più internazionale del panorama italiano. Questo è possibile attraverso un ricco planning di presentazioni in giro per il mondo lungo tutto l’anno, accompagnato da una ricca attività di incoming buyer in collaborazione con Agenzia ICE. Paese partner sarà l’Egitto protagonista con una grande area con 40 aziende. Nel corso della tre giorni eristica lo stato nordafricano sarà al centro di eventi, show cooking, incontri e presentazioni internazionali insieme a un’ampia delegazione istituzionale e di imprese. Grande novità di Macfrut sarà “The Healthy Food Show”, un format inedito nella grande arena appositamente realizzata. Protagonisti sono i prodotti ortofrutticoli innovativi ad alto valore nutrizionale presentati in un percorso esperienziale che unisce l’autorevolezza della trattazione scienti ca con un linguaggio comprensibile al grande pubblico. Un percorso che mette insieme esperti scienti ci, chef, aziende e undici testimonial conosciuti dal grande pubblico nei panni di “ambasciatori” del mangiare sano: Manue -

immagini di Macfrut 2024 da macfrut.com
ph. Shutterstock
Francesco Lollobrigida, Ministro dell’Agricoltura
Matteo Zoppas, presidente Agenzia Ice
Renzo Piraccini, presidente Macfrut

la Arcuri, Matilde Brandi, Mirko Casadei, Mercedezs Henger, Daniele Lupo, Valeria Marini, Justine Mattera, Stella Menna, Annalisa Minetti, Raimondo Todaro, Valentina Vezzali. Cinque i talk in programma uniti dal l rouge che il nostro benessere e la nostra salute sono strettamente in uenzati da ciò che mangiamo.

In scena le biotecnologie

In ne, Macfrut sarà la capitale mondiale delle biotec-

nologie applicate all’orticoltura. In era per la prima volta sarà ospitato l’International Symposium on Biotechnological Tools in Horticulture, promosso dall’International Society of Horticultural Science (ISHS, società che promuove la ricerca su tutti i settori delle scienze orticole), in collaborazione il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari ed Ambientali dell’Università Politecnica delle Marche, con il coordinamento di Silvia Sabbadini, Angela Ricci, Luca Capriotti e Bruno Mezzetti. L’evento vede la partecipazione dei massimi esperti mondiali del settore per un’occasione di incontro tra la ricerca biotecnologica delle piante e la liera produttiva. Nel corso dei tre giorni saranno presentati gli aggiornamenti tecnico scienti ci sulle innovative tecnologie applicate alle colture vegetali: dalla propagazione in vitro alla creazione di nuove varietà resilienti e di elevata qualità, no all’applicazione delle varie “omiche” per la genotipizzazione/fenotipizzazione delle piante. Al momento circa 200 gli iscritti al Simposio provenienti da 37 Paesi da tutto il mondo.

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l’intervista › Andrea Betti

“Il settore rischia tra troppi vincoli e pochi incentivi” Occorre favorire l’inserimento dei giovani in azienda

Abbandonati dalla politica e assediati dal clima. Il mondo agricolo sta vivendo con profonda apprensione un momento davvero di cile, come sottolinea il presidente di Confagricoltura Ravenna Andrea Betti.

Qual è lo stato dell’agricoltura ravennate oggi?

La Regione intervenga con nuove leggi su lotta alla fauna selvatica e agriturismi

Gli imprenditori agricoli si sentono abbandonati dalla politica. Calamità naturali, cambiamento climatico e crisi di mercato rendono sempre più di cile il lavoro nei campi a ossando la redditività sia in pianura che in collina, dove la situazione è ancora più drammatica e si richiedono interventi rapidi di ripristino e messa in sicurezza. Ci sono aree sempre più fragili – la valle del Senio, del Lamone e del Marzeno, a esempio – che non possono più attendere. Il territorio Ravennate è stato colpito come mai prima da eventi atmosferici devastanti, che hanno aggravato la crisi di settori strategici come il frutticolo. Il sentimento dominante che serpeggia nel comparto è di s ducia, malcon-

tento e disa ezione nei confronti delle istituzioni. Dalle alluvioni del maggio 2023 ad oggi sono arrivati solo i pochi spiccioli del fondo di solidarietà e null’altro… Si attendono ancora i risarcimenti del fondo Agricat. Andare avanti è dura.

Quali sono i punti di forza e quelli di debolezza dell’agricoltura ravennate?

Partiamo dalle criticità. La campagna 2025 è cominciata male, con i terreni saturi d’acqua per eccesso di pioggia e liere bloccate: pomodoro da industria, cereali, barbabietola da zucchero, ortaggi e colture sementiere. Si sono accumulati ritardi per orticole, mais e piante industriali, nella preparazione del letto di semina e nelle operazioni pre-trapianto e trapianto del pomodoro da industria. Preoccupano, in particolare nel nostro areale, le molteplici anomalie nel ciclo di crescita del grano dovute a ristagni idrici e allagamenti. Servono sistemi di drenaggio e reti di scolo e cienti per tutte le colture non solo quelle specializzate ma anche impianti irrigui in-

Andrea Betti, presidente Confagricoltura Ravenna

telligenti nei periodi siccitosi, in condizioni di scarsità d’acqua. Quanto ai punti di forza, ne avevamo eccome, grazie a un sistema agricolo integrato, costruito su basi solide, che negli anni ha saputo valorizzare imprese e cooperative. Ora invece serve un cambio di passo epocale, maggior aggregazione e organizzazione dell’o erta, con nuove strategie di marketing. Il mondo del vino è in forte so erenza per l’incubo dazi, gli ordini sono fermi.

Cosa ci si aspetta dalle politiche Ue?

Bisogna dare una svolta alla politica agricola europea. Vogliamo discontinuità con il passato e diciamo non al Green Deal e no a troppi vincoli e pochi incentivi per gli agricoltori. La Pac 2028-2034 si decide nei prossimi mesi: Confagricoltura guarda con ducia al piano di lavoro presentato dal commissario Ue all’agricoltura Christophe Hansen. L’obiettivo è ridare centralità all’agricoltore e alla sua capacità di generare reddito, migliorando l’orientamento al mercato e la competitività, dando una spinta all’innovazione come pure, consolidando le liere, garantendo la tracciabilità e trasparenza a tavola, puntando alla sostenibilità purché sia economica, sociale e ambientale per conseguire la neutralità climatica entro il 2050, e sostenendo politiche basate sulle evidenze scienti che e la sempli cazione delle norme, assicurando sempre il principio di reciprocità per poter affrontare le s de globali ad armi pari rispetto agli altri Paesi. Come valuta le scelte della Regione in fatto di sostegno all’agricoltura?

Adesso occorrono nuove leggi speciali, non possiamo continuare a subire gli eventi catastrofali. Poi chiediamo con forza di ridurre la burocrazia e di apportare modi che al quadro normativo regionale, ossia: la legge sugli Agriturismi n. 4/2009, migliorando sia la capacità ricettiva sia l’of-

ferta enogastronomica per riuscire a tenere il passo con le altre Regioni che hanno fatto dell’agriturismo un punto di forza e di attrazione turistica; la legge sulla Caccia n.15/1994, rivedendo quelle politiche che privilegiano la difesa ad oltranza di specie quali nutrie, cinghiali, cormorani o piccioni e individuando modalità e procedure per risarcire le aziende del danno reale arrecato dalla fauna selvatica; la legge sui Parchi n.11/1988, attenuando l’approccio bio-centrico e imprimendo un vero cambiamento culturale che passa attraverso una maggiore rappresentanza agricola nella governance degli enti parco.

Cresce l’interesse verso l’agrivoltaico?

Sì, ma le aziende non hanno nora ottenuto il supporto adeguato, in termini di incentivi e contributi anche a fondo perduto, per cui investire nell’agrivoltaico è rimasta una scelta per pochi. Inoltre, Confagricoltura ha avanzato una richiesta speci ca, quella di rivedere la normativa regionale che regola il fotovoltaico a terra: le nostre aziende associate desiderano rendere redditizi anche i terreni agricoli non produttivi mettendo a terra pannelli solari.

Le imprese sono rette da titolari sempre più anziani: cosa si può fare per riportare i giovani all’agricoltura?

Servono misure concrete che permettano ad un giovane non solo di insediarsi, ma anche di rimanere in agricoltura. Quasi il 90% dei nostri associati gestisce un’azienda di famiglia, a dimostrazione dello stretto legame tra attività di impresa e “familiarità” con il settore. Questo signi ca che permane di cile, se non impossibile, per chi non ha radici familiari in questo ambito, l’ingresso in agricoltura. Se si vuole realmente garantire un ricambio generazionale nel settore occorre puntare su aziende potenzialmente capaci di generare reddito, da accompagnare e supportare nei primi 5 anni di vita, quelli più critici. Poi le aziende agricole condotte da under 40 hanno nel Dna l’innovazione che richiede nuove gure professionali: serve quindi incoraggiare la formazione specialistica per il personale dipendente delle imprese nei settori vitali dell’economia locale anche con incentivi regionali. Non da ultimo, bisogna favorire la fuoriuscita degli imprenditori in età pensionabile, sull’esempio di ciò che è stato già fatto in Italia per altre categorie professionali.

intervista a › Massimiliano Bernabini

“Un pilastro dell’economia che rischia grosso”
Emergenza climatica e invecchiamento i problemi maggiori

“Un pilastro dell’economia locale che ora attraversa un momento di grave di coltà”. A dirlo è Massimiliano Bernabini, Cesena, 1974, imprenditore avicolo e attuale presidente di Coldiretti Forlì-Cesena. Diplomato in ragioneria, vive a Gambettola con la compagna e i loro quattro gli. La sua carriera è strettamente legata al Gruppo Bernabini, un’azienda familiare attiva da oltre cinquant’anni nel settore avicolo, specializzata nell’allevamento di pollastre e galline ovaiole. Sotto la guida della famiglia e sua, l’azienda produce annualmente circa 160 milioni di uova, consolidando la sua posizione nel mercato nazionale. Sotto la sua leadership, Coldiretti Forlì-Cesena ha partecipato a importanti manifestazioni nazionali, come quella tenutasi a Parma nel marzo 2025, dove migliaia di agricoltori hanno richiesto all’Europa misure concrete per la tutela del settore agricolo e della salute dei consumatori. Inoltre, ha a rontato problematiche legate alla fauna selvatica, come gli attacchi

Da valorizzare

e difendere le eccellenze locali dai vini ai formaggi

Massimiliano Bernabini, presidente di Coldiretti Forlì-Cesena

dei lupi alle aziende agricole locali, chiedendo interventi urgenti per garantire la sicurezza degli allevatori e del bestiame. Attraverso il suo impegno, Bernabini continua a rappresentare un punto di riferimento per l’agricoltura nella provincia di ForlìCesena, lavorando per il benessere degli agricoltori e la valorizzazione del territorio.

Presidente Bernabini, qual è lo stato si salute dell’agricoltura oggi?

“L’agricoltura nella provincia di Forlì-Cesena rappresenta un pilastro fondamentale dell’economia locale, con una tradizione radicata e una produzione diversi cata di eccellenze agroalimentari. Tuttavia, il settore a ronta s de signi cative che ne in uenzano la sostenibilità e la competitività”.

Quali sono i punti di forza del settore?

“Tra i punti di forza, la provincia vanta numerosi prodotti a Denominazione di origine protetta (Dop) e Indicazione geogra ca protetta (Igp), che testimoniano la qualità e l’unici-

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tà delle produzioni locali. Ad esempio, il “Forlì IGP” comprende diverse tipologie di vini, tra cui Bianco, Rosso, Rosato, Spumante Bianco, Spumante Rosato e Passito Rosso, ottenuti da vitigni autoctoni e internazionali coltivati nel territorio provinciale . Un altro esempio è il “Colli Romagna Centrale DOP”, che include vini prodotti nei comuni della provincia, valorizzando ulteriormente il patrimonio vitivinicolo locale, a ciò si aggiungono tutti i prodotti tipici e di montagna, come il raviggiolo, la piadina romagnola, lo scalogno di Romagna e tanto altro. L’agricoltura nella provincia di Forlì-Cesena possiede un patrimonio di prodotti di eccellenza e un potenziale signi cativo. A rontare le s de attuali richiede un impegno congiunto per promuovere l’innovazione, sostenere le aziende nelle emergenze ambientali e favorire il ricambio generazionale, garantendo così un futuro sostenibile e prospero per il settore agricolo locale”.

Non mancano le debolezze, però…

strutturali e politiche di supporto per aiutare gli agricoltori a fronteggiare le conseguenze dei cambiamenti climatici”.

Qual è il livello di innovazione nelle aziende agricole?

“L’adozione di pratiche innovative è fondamentale per migliorare la competitività e la sostenibilità del settore agricolo. Nella provincia di Forlì-Cesena, alcune aziende stanno integrando tec-

“Certamente il comparto a ronta diverse criticità. Negli ultimi anni, si è registrata una diminuzione del numero di imprese agricole attive. Secondo dati recenti, le imprese giovanili agricole sono 209, rappresentando l’8,5% del totale delle imprese giovanili e il 3,6% delle imprese del settore. Questo calo evidenzia le di coltà nel garantire un ricambio generazionale e nel mantenere viva l’attività agricola sul territorio”.

E poi c’è il problema dei problemi, l’emergenza ambientale…

“L’emergenza ambientale è una s da crescente per gli agricoltori della provincia di Forlì-Cesena. Eventi climatici estremi, come alluvioni e siccità, hanno causato danni signi cativi alle colture e alle infrastrutture agricole. Ad esempio, le recenti e dolorose alluvioni hanno lasciato centinaia di ettari di terreno sommersi nel fango, compromettendo la produttività e la sostenibilità delle aziende agricole locali. Queste situazioni richiedono interventi

nologie avanzate e metodi sostenibili nella produzione. Ad esempio, l’introduzione di sistemi di irrigazione a goccia e l’uso di droni per il monitoraggio delle colture stanno contribuendo a ottimizzare le risorse e a ridurre l’impatto ambientale. Tuttavia, la di usione dell’innovazione è ancora limitata, e molte aziende necessitano di supporto per accedere a queste tecnologie. I nostri u ci, tecnici e funzionari, organizzano e promuovono costantemente corsi per aggiornare gli associati su tutte le novità e le strategie per migliorare continuamente l’attività aziendale”.

I titolari delle aziende invecchiano sempre più. Come si può a rontare il problema?

“L’invecchiamento della popolazione agricola è una questione critica. A livello nazionale, l’Italia si posiziona al quarto posto in Europa per numero di giovani occupati in agricoltura, con il 9,8%. Tuttavia, nella provincia di Forlì-Cesena, le imprese giovanili agricole rappresentano solo il 3,6% delle imprese del settore. Per incentivare l’ingresso dei giovani nel settore, è essenziale o rire formazione speci ca, accesso facilitato al credito e promuovere l’adozione di tecnologie innovative. Iniziative come i corsi di formazione organizzati da Coldiretti Giovani Impresa stanno contribuendo a stimolare l’interesse delle nuove generazioni verso l’agricoltura”.

L’industria

agroalimentare tiene il passo In

campo oltre 8mila aziende con 150mila addetti

Un valore di circa 9,5 miliardi, il 6% del valore aggiunto regionale In Emilia-Romagna l’industria agro-alimentare vede al lavoro quasi 8 mila aziende con più di 150mila addetti. Con riferimento ai mercati di destinazione, circa 1,5 miliardi dell’export dell’Emilia-Romagna è diretto in Germania, 1,2 miliardi in Francia e oltre 800milioni euro negli Stati Uniti su cui pesa il rischio dazi. Tra le specialità alimentari maggiormente esportate emergono quelle dei derivati del latte (1.074 milioni), i prodotti a base di carne (1.000 milioni), la frutta e gli ortaggi lavorati e conservati (839 milioni). La Germania si conferma il principale paese di destinazione, con un’incidenza sulle esportazioni regionali pari al 18,2%. Seguono la Francia (14,1%) e il Regno Unito (7,4%).

Germania

principale Paese di destinazione e sugli Usa pesa il rischio

dazi

In controtendenza all’andamento generale cresce il fatturato dell’industria alimentare che fa registrare nel 2023 un aumento del 6,7% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti re-

lativa ai dati Istat sul fatturato annuale dell’industria che, a fronte dell’aumento dell’agroalimentare, vede un calo complessivo dello 0,5% rispetto al 2022.

Il primato dell’export

A sostenere l’industria alimentare – sottolinea la Coldiretti – sono sia i consumi interni in valore (calati però in volume) ma anche e soprattutto le esportazioni che nel 2023 hanno raggiunto il massimo storico di 64 miliardi di euro. Il principale mercato di destinazione dei prodotti agroalimentari italiani è l’Unione Europea che – sottolinea la Coldiretti – assorbe circa 2/3 delle esportazioni ma ben 1/3 è con Germania, Francia e Stati Uniti che si classi cano come i partner di maggior rilievo, sebbene per gli Usa si registri una contrazione delle spedizioni nel 2023. Si tratta di un risultato che conferma il primato dell’agroalimentare Made in Italy che ha superato il valore di 580 miliardi di euro nella liera aggregata ed è diventato la prima ricchezza dell’Italia nonostante le di -

coltà legate all’aumento dei costi e alle tensioni internazionali. Un patrimonio che vede impegnati ben 4 milioni di lavoratori in 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristora-

Fruttagel sconta il peso dell’alluvione

Esercizio

positivo nonostante il disastro

zione e 230mila punti vendita al dettaglio e può contare con Campagna Amica sulla più ampia rete dei mercati di vendita diretta degli agricoltori con diecimila punti vendita tra fattorie e mercati.

nell’approvvigionamento di imballi, ricambistiche e materiali dovute al con itto in Ucraina, l’azienda di Alfonsine ha chiuso l’esercizio 2022 con un buon utile. Nel corso Cda del mese di giugno 2023 Fruttagel - presidente e amministratore delegato Stanislao Giuseppe Fabbrino - ha presentato una revisione del proprio budget per l’esercizio 2023, ridotto di circa 8 milioni, resasi necessaria a causa delle conseguenze dell’alluvione che, oltre ad aver determinato la perdita di oltre 2.000 tonnellate di

Stanislao Giuseppe Fabbrino, presidente e amministratore delegato Fruttagel

Il fatturato 2022 di Fruttagel (Alfonsine, Ravenna) si è attestato a oltre 146,7 milioni di euro, in crescita rispetto al budget dell’esercizio stesso per e etto degli incrementi dei prezzi di listino ottenuti nel corso dell’anno, necessari per far fronte all’esponenziale incremento dei costi energetici, delle materie prime e degli imballi. A volume, al contrario, si è registrata una leggera contrazione delle vendite, determinata sia da un calo dei consumi sul mondo grocery e di largo consumo confezionato sia da una minore disponibilità di materia prima in ambito prodotti surgelati. Nonostante le di coltà legate all’andamento dei costi e alle problematiche a livello organizzativo e di piani cazione delle produzioni a causa della carenza di materie prime dovute alla siccità e nonostante i ritardi e le di coltà

prodotto surgelato stoccate presso le celle dell’Azienda

Irfa a Sant’Agata sul Santerno (completamente alluvionata), hanno inciso sia sulle campagne di raccolta in corso sia su quelle in previsione nei prossimi mesi, con una riduzione signi cativa dei quantitativi di piselli, fagiolini, borlotti e pomodori. Il nuovo budget per l’esercizio in corso è stato rideterminato in 157 milioni di euro, con una riduzione di circa 8 milioni di rispetto al budget originario, conservando tuttavia una previsione positiva di chiusura dell’esercizio.

Orogel porta in tavola le verdure Crescono contorni, zuppe e passate

Nell’ultimo anno le vendite dei surgelati in retail hanno subìto una leggera essione. Uno dei pochi segmenti che invece ha registrato un segno positivo è stato quello dei vegetali frozen (+0,6% sul 2022). Uno dei protagonisti nazionali del settore è la Orogel di Cesena, con oltre 2.300 dipendenti, di cui 1.200 solo a Cesena e 3 stabilimenti produttivi (nel surgelato) a Cesena, Policoro e Ficarolo e 5 magazzini attivi (fresco). Al lavoro anche 1.625 soci che coltivano in campo aperto con sistemi di produzione integrata, residuo zero e biologica, 49 distributori e 9.484 ettari di super cie coltivata. Orogel nel 2023 ha registrato una performance del +0,8%, leggermente superiore a quella del suo segmento di riferimento, ha consolidato la sua quota di mercato (13,3% a volume, la migliore performance rispetto ai brand di aziende competitor) e ha lavorato 118mila tonnellate di vegetali. Il fatturato è stato di 325 milioni e l’aumento (320 milioni nel 2022) è attribuibile soprattutto a un cambiamento dei prodotti messi in carrello nell’ultimo periodo: è stata infatti rivolta maggiore attenzione ai prodotti ad alto valore aggiunto, con una importante componente di servizio. L’ultimo anno ha visto Orogel anche impegnata in una rigorosa politica di contenimento dei prezzi: l’ultimo listino è stato prodotto a ne 2022 e da allora non ha subito aggiornamenti. L’azienda si è fatta carico di assorbire gli aumenti dei costi e questo ha sicuramente inciso sulla tenuta dei volumi di vendita. Un impegno che è stato chiaramente oneroso, ma gestito responsabilmente anche grazie agli investimenti nalizzati a

un’ottimizzazione dei cicli produttivi. Orogel è una cooperativa che conta oltre 1.600 soci: focus prioritario è da sempre la salvaguardia dei soci conferitori che in questi anni stanno subendo aggravi al limite dell’insostenibilità, mettendo a rischio la tenuta di questo comparto già penalizzato dalla forte incertezza climatica con cui è ormai necessario fare i conti. Allo scopo Orogel si impegna da sempre a retribuire equamente e coinvolgere la sua base sociale in progetti di sostenibilità, di recupero delle acque, di risparmio energetico per permettere ai piccoli produttori agricoli di contenere i loro costi. Nell’ultimo anno la domanda si è parzialmente ride nita: c’è stato un lieve calo di prodotti in generale considerati più “basici” nell’uso in cucina, mentre hanno performato bene i prodotti-servizio. Contorni, zuppe, passati di verdura: i consumatori sempre di più riconoscono il valore di prodotti che oltre alla bontà e genuinità permettono di ottimizzare il tempo ai fornelli: praticità e versatilità d’impiego sono ormai parole d’ordine nella de nizione della lista della spesa. In particolare questo è evidente su referenze che facilitano la preparazione di ricette impegnative (per di coltà o tempi di realizzazione) e di cili da replicare con ingredienti freschi.

Bruno Piraccini, presidente Orogel
immagini
da orogel.it

Da anni l’Azienda Agricola Casadei ha intrapreso un progetto di forte valore territoriale, con la produzione di vino Sangiovese di Romagna, Albana di Romagna e la coltivazione degli ulivi per la produzione dell’olio extravergine d’oliva. Qui, le vigne si incontrano con gli ulivi in un panorama bucolico, accogliente e tranquillo. L’azienda a conduzione famigliare essendo da sempre grande amante della vera storia e tradizione romagnola, le vuole raccontare con l’intento di far conoscere e apprezzare i prodotti del nostro meraviglioso territorio. Inoltre, già certificata come azienda biologica continua a concentrare i suoi sforzi sia in campo sia all’interno della cantina per avere un’attenta cura dell’ecosistema e un continuo studio delle tecniche che lo salvaguardino.

AZIENDA AGRICOLA CASADEI di Casadei Claudio

Vino, la Romagna ai vertici nazionali

Associate al Consorzio oltre 5.200 aziende

Con oltre 6 milioni di ettolitri di vino prodotti, la Regione Emilia-Romagna, nel 2023, si conferma al terzo posto tra le regioni produttrici ad un passo dal raggiungere la Puglia che aveva perso molti ettolitri per cause inerenti al clima. E le stime sulla produzione 2024 indicano ancora un incremento per l’Emilia-Romagna, che supera i 7 milioni di ettolitri e supera la Puglia. Tuttavia, anche l’export, pur mostrando segnali positivi, non è riuscito a bilanciare completamente le perdite del mercato interno. Secondo Ismea, nel primo semestre del 2024, l’export ha mostrato una crescita del 2,4% in volume e del 3,2% in valore rispetto al 2023, ma i dati primaverili hanno smorzato gli entusiasmi, con un calo rispetto al trend di inizio anno, quando l’incremento si attestava intorno al 6-7%. Gli spumanti continuano a trainare l’export, con un incremento dell’11% in volume e del 7% in valore. Al contrario, le vendite di vino sfuso e bag-in-box sono diminuite rispettivamente del 6% e del 5%.

La Regione nel 2024 è stato il secondo produttore e ha sopravanzato la Puglia

La presenza al Vinitaly E dal 6 al 9 aprile, il Consorzio Vini di Romagna è tornato a Vinitaly per la 57esima edizione della principale manifestazione enologica italiana. Con una collettiva di 18 produttori romagnoli, il Consorzio era presente presso il Padiglione 1 – Emilia-Romagna (Stand C2/E2), proponendo ai visitatori un viaggio “alla scoperta dell’autentica tradizione vinicola romagnola”. Domenica 6 aprile si è tenuta una masterclass “Rocche di Romagna: il nuovo racconto del Romagna Sangiovese” condotta da Filippo Bartolotta che ha guidato i partecipanti attraverso le ricchezze enologiche del territorio romagnolo. Un’occasione imperdibile per esplorare e degustare il Romagna Sangiovese attraverso la lente dei territori. Ogni sottozona è identi cata dal pro lo della rocca locale (storico simbolo delle imponenti e assai numerose fortezze disseminate in Romagna) e i Sangiovese Sottozona rivelano peculiarità e sfumature identi cative dei vari territori, il cui mosaico d’insieme restituisce la variegata personalità

del Sangiovese romagnolo. Il progetto e marchio collettivo Rocche di Romagna “mira –si legge nel progetto - a un racconto d’immediata comprensione del progetto Sottozone e del suo valore, fungendo in ciò da acceleratore di conoscenza e di usione d’interesse per la tipologia e gli areali, mettendo in luce il gran lavoro svolto sul Romagna Sangiovese nell’ultimo decennio, con etichette di pregio a rinverdire la grande tradizione dei rossi romagnoli”.

Non solo Sangiovese

Oltre al celebre Romagna Sangiovese Doc, i visitatori hanno potuto incontrare le Dop e Igp della regione, a partire da Romagna Albana Docg, primo bianco italiano a ottenere la Denominazione garantita, capace di sorprendere nelle versioni “secco”. Non è mancato poi il “Novebolle Romagna DOC Spumante”, emblema della tradizione spumantistica romagnola, che coniuga un’anima contemporanea a una storia che a onda le radici a ne ‘800. Completa l’o erta il Rimini Rebola e altri autoctoni bianchi e rossi.

Oggi il Consorzio conta otto cantine cooperative, 107 produttori vini catori, cinque imbottigliatori e 5.200 aziende viticole iscritte agli albi delle vigne Doc e Docg. Di questi, le 18 Cantine che porteranno a Vinitaly i loro migliori prodotti saranno: Ferrucci della sottozona Serra; Tenuta Uccellina e Trerè di Brisighella; Poderi del Nazareno, La Sabbiona, Spi-

netta e Poderi Morini della sottozona Oriolo; Cantina Forlì Predappio, Condè, Drei Donà e Fattoria Nicolucci di Predappio; Celli, Tenuta La Viola e Fattoria Paradiso di Bertinoro; La Cantina di Cesena e Zavalloni della sottozona Cesena, per nire con Tenuta Casali di Mercato Saraceno e San Patrignano di Coriano di Rimini. Adesso l’obiettivo dei produttori e della Regione è quello di aumentare la qualità e la competitività sui mercati dei vini dell’Emilia-Romagna. Lo precisa il nuovo programma operativo 2025/26 attraverso il quale la Regione mette a disposizione 7 milioni di euro per sostenere gli investimenti delle imprese vitivinicolenalizzati ad aumentare il valore aggiunto delle produzioni. Le risorse provengono dall’Organizzazione comune di mercato (Ocm) del settore vitivinicolo e verranno distribuite in conto capitale no a un contributo massimo per intervento che copra il 19% della spesa ammissibile per le grandi imprese, il 20% per le imprese intermedie e il 40% per le realtà di più piccole dimensioni.

Gli interventi previsti

Gli interventi nanziabili riguardano investimenti materiali e/o immateriali in impianti di trattamento e in infrastrutture vinicole, nonché in strutture e strumenti di commercializzazione del vino diretti a migliorare il rendimento globale dell’impresa e ad aumentarne la competitività.

in questa pagina ph. Shutterstock

Terre

Cevico,

ricavi per 206 milioni

L’export nel 2024 ha pesato per il 46%

Terre Cevico nel 2024 ha a rontato la sua prima vendemmia nella veste di cooperativa di primo grado. Un banco di prova importante, anche di tipo organizzativo, superato nonostante le molte traversie meteorologiche. Oltre i 960.000 quintali di uva conferita e la raccolta meccanizzata rappresenta ormai il 75% del totale. La Cooperativa Terre Cevico si conferma tra i principali player del vino italiani e la presentazione del bilancio 2023/24 è avvenuta nel dicembre scorso al Teatro Socjale di Piangipane nel corso del quale è stato presentato per il settimo anno consecutivo anche il Bilancio di sostenibilità (2023/2024).

Il primo bilancio con le incorporazioni a regime (Le Romagnole, Winex, Romagnole 2, Due Tigli, Rocche Malatestiane, Enoica) evidenzia un fatturato consolidato di 206 milioni di euro con un utile netto di 1,6 milioni di euro, plusvalore per soci a 8,2 milioni di euro (il valore originato dalla di erenza tra le liquidazioni dei prodotti

Sono ammessi al contributo gli investimenti per la costruzione e ristrutturazione di immobili strumentali allo svolgimento dell’attività vitivinicola; l’acquisto di impianti, macchinari ed attrezzature speci ci per l’attività di trasformazione e/o commercializzazione; gli arredi ed allestimenti nalizzati alla funzionalità di punti vendita diretta al consumatore nale; la creazione e/o implementazione di siti internet, nalizzati all’ e-commerce; l’acquisto di software destinati esclusivamente alla gestione delle operazioni di cantina; le spese tecniche, quali onorari di professionisti e consulenti, direttamente riconducibili agli investimenti proposti.

conferiti e il prezzo di mercato) e patrimonio netto a 79,3 milioni di euro. Dal 1 gennaio 2024 è in vigore il nuovo assetto organizzativo: da Consorzio a Cooperativa di primo grado con liera di produzione tutta interna, socio viticoltore al centro del sistema e nuovo Cda.

Il confronto con le annate precedenti registra quindi un fatturato consolidato in crescita del 5% rispetto all’esercizio precedente. Un dato che sale addirittura in doppia cifra nell’ultimo triennio per una crescita del 51% rispetto all’esercizio 2020/2021 (136 milioni) anche in funzione delle acquisizioni realizzate.

Per quanto riguarda il settore del confezionato a crescere è soprattutto il mercato italiano che sale a quota 83,7 milioni di euro registrando un +3% sull’anno precedente (81,2 milioni). L’export determina il 46% dei ricavi di prodotto confezionato del gruppo.

La Cooperativa di Lugo oggi opera, anche tramite le sue controllate, su 90 nazioni con leadership in alcune aree come, Giappone, Svezia, Stati Uniti, Cina, Ucraina e negli ultimi sette anni ha visto una forte crescita dell’export passato dai 42,9 milioni dell’esercizio 2017/18 ai 71 milioni (+65%). I primi tre mercati esteri di imbottigliato vedono al primo posto il Regno Unito (9,5 milioni di euro), il Giappone (7,7 milioni) e la Svezia (6,5 milioni). Il canale Italia cresce in valore il mercato nella Grande distribuzione con 54,7 milioni di euro (+ 3,4%) e nel canale Horeca che vale 19 milioni di euro (+7,8%).

Il bando

Possono partecipare al bando microimprese, piccole e medie imprese, grandi imprese e cooperative con sede in Emilia-Romagna. Ogni investimento proposto dovrà avere una dimensione minima di 10mila euro e una dimensione massima di 2 milioni di euro, pena la non ammissibilità della domanda. Le domande potranno essere presentate online compilando la modulistica prodotta SIAG – Sistema Informativo Agricolo di AGREA Siag entro il 30 aprile 2025. Per poter compilare la domanda on line è necessario farsi accreditare alla piattaforma con procedura Agrea.

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La produzione di energia aiuta il settore L’agrivoltaico non ruba spazio alle colture

Meno incertezza per le imprese che intendono investire nella produzione di energia da fonti rinnovabili in aree agricole. La giunta regionale ha approvato a ne 2024 la delibera sui criteri per l’individuazione delle aree interessate da coltivazioni certi cate e procedure di controllo ai ni dell’installazione di impianti fotovoltaici in area agricola. La delibera precisa puntualmente la de nizione di produzioni agricole certi cate ovvero produzioni biologiche; produzioni registrate presso il sistema di qualità nazionale produzione integrata; produzioni a denominazione d’origine e ad indicazione geogra ca; foraggi prodotti nella zona d’origine del formaggio Dop Parmigiano-Reggiano.

Agrivoltaico avanzato

Caviro diventa autosu ciente anche grazie ai pannelli

ché, in entrambi i casi, la proiezione a terra dei pannelli e delle strutture di sostegno, nella loro maggiore estensione, non superi la misura massima del 10% delle aree nella disponibilità del richiedente. La Giunta regionale, con apposita delibera, sentita la Commissione assembleare competente, può individuare i casi nei quali siano ammesse quote più elevate di aree interessate da impianti agrivoltaici, a seguito del monitoraggio dell’impatto degli impianti realizzati sulle colture, sul risparmio idrico, sulla produttività agricola per le diverse tipologie di colture e sulla continuità delle attività agricole e pastorali delle aziende agricole interessate.

Fotovoltaico nelle cave dismesse

Nelle aree agricole interessate da coltivazioni certi cate sono ammessi esclusivamente impianti agrivoltaici avanzati, rispondenti alla normativa tecnica di riferimento, compresi gli impianti agrivoltaici con tecnologia di tipo verticale pur-

Nelle aree di cava dismesse con destinazione nale agricola la Regione consente l’installazione sia di impianti agrivoltaici, sia di impianti a terra, nella totalità delle aree nella disponibilità del richiedente. Con questa delibera la giunta ha approvato anche le procedure di veri ca della presenza di una

DEBIOTIZZAZIONE

Una buona e importante debiotizzazione-disinfestazione dei locali e soprattutto eseguita con prodotti e attrezzature idonee e registrate, sono l’inizio di una corretta conservazione e mantenimento con conseguenze su tutta la liera del prodotto.

DISINFESTAZIONE E CONSERVAZIONE DELLE DERRATE

A seconda delle tipologie di prodotto (tramite anidride carbonica, fos na, insetticidi di contatto) e ai locali in cui si trovano (magazzini, silo, container, big bag)

La corretta conservazione del cereale avviene attraverso un controllo speci co e accurato delle masse in stoccaggio. I valori rilevati fondamentali quali: tipologia di infestazione; temperatura; umidità; stato generale di conservazione

FUMIGAZIONE A STABILIMENTI AGROALIMENTARI Molini-Pasti ci

con PRO-FUME gas che ha sostituito il bromuro di metile, nuovo approccio alla fumigazione, (FUMIGAZIONE DI PRECISIONE) ci consente durante la fase di trattamento di immettere nei locali solo la quantità necessaria per il buon esito della fumigazione stessa.

o più colture certi cate sulle super ci agricole interessate da impianti fotovoltaici ai ni della localizzazione degli impianti stessi.

L’esperienza di Caviro

Nel solco dell’impegno verso l’economia circolare e la sostenibilità, Gruppo Caviro ha inaugurato nei mesi scorsi il più grande impianto agrivoltaico avanzato in Italia, realizzato sul vigneto adiacente a Cantine Caviro. L’impianto, con un investimento complessivo di 1,5 milioni di euro, è stato completato in otto mesi ed è composto in totale da 63 tracker monoassiali e 1.386 pannelli solari bifacciali su una super cie pari a 1,5 ettari. La produzione annua di 1.300.000 kWh di energia elettrica rappresenta l’ultimo passo per completare l’autosu cienza energetica della sede vino di Caviro.

L’agrivoltaico è di tipo “avanzato” ovvero, grazie al costante monitoraggio, assolve a due funzioni speci che: la produzione di energia pulita rinnovabile e la protezione della vite. L’impianto infatti è stato progettato per restituire la migliore inclinazione possibile dei pannelli fotovoltaici proteggendo così le viti dai danni atmosferici come grandini e gelate primaverili, traendo vantaggio dal corretto soleggiamento per una su ciente fotosintesi.

“La s da che Caviro intende intraprendere con questo progetto pilota è capire se l’indiscussa valenza energetica può anche abbinarsi a un vigneto complessivamente più sostenibile, dove quantità e qualità non vengano modi cate, e la copertura fotovoltaica riesca a mitigare i danni conseguenti

l’elevata incidenza di eventi climatici estremi”, spiega Giampaolo Bassetti, direttore generale di Caviro.

La crescita delle viti in impianto sarà messa a confronto con quella delle piante in campo aperto, consentendo così ai ricercatori di veri care la produttività delle piante e la qualità delle uve.

L’obiettivo è acquisire dati e conoscenze che potranno contribuire allo sviluppo di soluzioni sempre più e cienti e personalizzate, adattate alle caratteristiche speci che del territorio.

“Siamo felici di dare il via a una sperimentazione innovativa, che può essere un modello replicabile per le cantine della nostra liera. L’impianto ci permetterà di identi care le varietà di viti più adatte a questo tipo di coltura, oltre a incrementare l’e cienza energetica complessiva. Un’iniziativa che unisce tradizione e innovazione, contribuendo in modo concreto alla transizione verso un futuro più sostenibile”, conclude Bassetti.

Giampaolo Bassetti, direttore generale Caviro
immagini da caviro.com

Agrivoltaico tra Faenza e Cesena

Con Hera energia pulita per 11mila famiglie e per Orogel

Energy park al via a Faenza e collaborazione con Orogel. Il Gruppo Hera si è aggiudicato 9,4 milioni di euro per nanziare due progetti all’avanguardia per lo sviluppo di sistemi agrivoltaici avanzati. Il nanziamento rientra nella misura del Piano

Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), Investimento 1.1 “Sviluppo Agrivoltaico”, nell’ambito della Missione 2 “Rivoluzione verde e Transizione ecologica”, Componente 2, “Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile”. Gli impianti forniranno un importante contributo per la transizione energetica e la decarbonizzazione in Emilia-Romagna: presentano, infatti, una potenza di picco complessiva di oltre 19 MW, equivalente al consumo di circa 11.000 famiglie italiane e al risparmio di 7.700 tonnellate di CO2 annue, pari all’anidride carbonica assorbita in un anno da un bosco di circa 830 ettari, corrispondenti a circa 1.200 campi da calcio. In particolare, 6,6 milioni di euro sono stati assegnati al progetto del Gruppo

Hera per lo sviluppo di un Energy Park a Faenza, mentre 2,8 milioni al progetto cesenate di Horowatt, newco tra la multiutility e la società cooperativa agricola Orogel.

L’Energy park di Faenza

Il progetto di Energy Park di Faenza ha ottenuto il maggior contributo tra i progetti ammessi nel Centro-Nord ed è risultato decimo nella graduatoria italiana. Per promuovere la realizzazione di questi sistemi ibridi agricolturaenergia, il bando PNRR prevede l’erogazione di un incentivo composto da

un contributo in conto capitale, pari al massimo al 40% delle spese sostenute per la realizzazione dell’impianto, e di una tari a incentivante ssa e predeterminata per 20 anni applicata alla produzione di energia elettrica netta immessa in rete. La tari a predeterminata stabilita dal GSE consente al Gruppo Hera di eliminare i rischi legati alle oscillazioni dei prezzi della commodity durante la vita utile dell’impianto. L’Energy Park di Faenza sorgerà su una vasta area che si estende a ovest della città su una super cie di circa 70 ettari. Il nuovo impianto sarà composto da oltre 22.000 pannelli bifacciali per una potenza totale di circa 14 MW; si stima una produzione di energia elettrica di circa 21,5 GWh all’anno, pari al consumo di circa 7.500 famiglie, con un risparmio annuo in termini di anidride carbonica di 5.700 tonnellate. L’energia elettrica prodotta sarà direttamente immessa in rete, riducendo signi cativamente l’impronta carbonica di Faenza e aumentando l’autosu cienza energetica della città.

Gli attori coinvolti nel progetto sono

Comune di Faenza, Gruppo Hera con Studio LBLA, Unione della Romagna Faentina e la Società Agricola Le Cicogne, partecipata da Crédit Agricole e dalla Fondazione Banca del Monte e Cassa di Risparmio di Faenza che hanno ipotizzato di destinare circa un terzo della super cie alla produzione di energia contestuale alla coltivazione agricola, un terzo all’agricoltura in campo aperto e un terzo alla urban forest. In questa nuova infrastruttura green, l’agrivoltaico associato all’agricoltura di precisione utilizzerà tecniche digitali per monitorare e ottimizzare i processi di produzione agricola, riducendone l’impatto ambientale: l’impianto sarà costituito da strutture di sostegno dei pannelli fotovoltaici posizionate ad una altezza da terra che permette il passaggio dei mezzi agricoli utilizzati per la coltivazione. Questi sistemi consentono di ridurre al minimo l’occupazione di suolo, permettendo la coltivazione del 90-95% dei terreni sui quali sono installati. Il funzionamento di questi impianti è, inoltre, a inseguimento solare: un dispositivo meccanico automatico orienta, infatti, i pannelli fotovoltaici nella direzione dei raggi solari. I pannelli fotovoltaici che saranno installati saranno poi bifacciali, ossia consentiranno di sfruttare la radiazione luminosa su entrambe le facce del modulo

e gestito da Hera Servizi Energia, la ESCo del Gruppo Hera. Si tratta di un’opera di grande rilevanza, sia per la riduzione dei costi energetici di Orogel, sia per i bene ci ambientali: si stima infatti che l’impianto porterà a un risparmio annuo di 2.000 tonnellate di anidride carbonica emessa.

Obiettivo di questo progetto è anche sperimentare una virtuosa coesisten-

con l’obiettivo di massimizzare la generazione di energia elettrica. Si ipotizza, inoltre, l’installazione di adeguati sistemi di monitoraggio che permetteranno di veri care l’incidenza degli impianti sulla produzione agricola. L’avvio delle opere per la realizzazione dell’impianto è previsto nel 2025, con ne lavori a inizio 2026.

L’esperienza di Orogel

Horowatt realizzerà presso lo stabilimento cesenate del Gruppo Orogel un impianto agrivoltaico innovativo in grado di produrre circa 8 GWh ogni anno, energia autoconsumata per oltre l’80% dagli stessi stabilimenti della cooperativa agricola. L’impianto agrivoltaico sarà costruito e gestito da Horowatt e si integrerà con l’impianto di cogenerazione esistente realizzato

za fra la tecnologia agrivoltaica e le coltivazioni agricole, senza consumare suolo e creando sinergie con le coltivazioni, che saranno protette dalle temperature eccessive e potranno godere di una maggior umidità dei terreni. I pannelli fotovoltaici saranno, montati su strutture in metallo ad un’altezza di circa 3 metri, su cienti a consentire l’esecuzione di tutte le attività agricole sottostanti. Inoltre, grazie a una so sticata automazione integrata con sensori sui terreni, i pannelli potranno essere orientati non solo per inseguire la rotazione del sole, garantendo la massima e cienza produttiva, ma anche per rispondere a speci che esigenze agricole, a bene cio delle coltivazioni sottostanti (agricoltura 4.0). La realizzazione dell’intervento è prevista nel corso del 2025.

Agriturismo, Forlì in testa per le strutture

In flessione il numero degli esercizi ma a Pasqua è stato boom

Si mostrano in essione gli agriturismi. Nel 2023 le aziende agrituristiche in Romagna erano 373: a Forlì-Cesena 183 (-5,2%, -13 aziende); 70 nella provincia di Rimini e 120 nella provincia di Ravenna (-9%, -19 aziende). La provincia di Forlì-Cesena in regione si distingue numericamente per le attività didattiche, culturali, sportive, ricreative o erte nelle strutture. Nel 2023, in regione, il numero degli arrivi complessivi confermano il recupero rispetto ai livelli pre-pandemia (+20,4%). Il numero di turisti negli agriturismi è stato di 198mila unità (+6,5% sul 2022;) per 534.904 notti (+3,3% italiani, +12% stranieri). Intanto, continua il trend positivo dell’agriturismo in occasione delle festività più celebrate. “Sold out per Pasqua e andamento favorevole anche per i ponti di ne aprile, sale al completo già da qualche giorno per i pranzi tradizionali del 20 e di Pasquetta”, osserva Gianpietro Bisagni, presidente regionale di Agriturist, che rappresenta gli agriturismi associati a

I turisti amano le vacanza nei campi e i pernottamenti aumentano

Confagricoltura. L’agriturista tipo in Emilia-Romagna è soprattutto italiano ma stanno tendenzialmente aumentando le presenze straniere in particolare dalla Germania e dalla Francia, grazie a prenotazioni on line spesso last minute, e nonostante la concorrenza agguerrita degli a tti brevi. Bene anche le richieste per soggiorni e ristorazione in concomitanza con grandi eventi o ere nelle città limitrofe ed è picco di prenotazioni legate alle manifestazioni dell’Autodromo di Imola.

“Il 46% del valore dei primi dieci prodotti certi cati DOP e IGP italiani è rappresentato da produzioni emiliano–romagnole - ricorda Bisagni - la vacanza in agriturismo richiama chi vuole vivere un’esperienza nell’esperienza alle radici dell’enogastronomia locale nei casei ci, nelle cantine e nei frantoi, chi vuole fare un viaggio nel viaggio, in bici o a piedi lungo i cammini. Ma il potenziale attrattivo immenso, essenziale per destagionalizzare sempre di più l’attività,

rimane inespresso per via dei vincoli che ancora limitano la capacità ricettiva e la somministrazione di cibo in agriturismo, secondo la legge regionale n.4/2009 oramai vecchia e obsoleta”. Di più. Il turista moderno è alla ricerca di nuove forme di ospitalità open air: casette sull’albero, particolari alloggi mimetizzati nel paesaggio o campeggi insoliti come il glamping. “Attendiamo il via libera per innovare le nostre strutture e rispondere a un target crescente”, conclude il presidente di Agriturist Emilia-Romagna.

In arrivo 11,2 milioni

Intanto sono in arrivo oltre 11,2 milioni di euro per interventi nelle aziende agrituristiche con l’obiettivo di rinnovare, ampliare, creare nuove strutture per l’accoglienza e varie attività. La Giunta regionale ha, infatti, approvato la graduatoria delle domande di sostegno relative al bando SRD03 investimenti nelle aziende agrituristiche per diversi care la loro attività così come de nito dal bando del 15 gennaio 2024. L’intervento, destinato agli imprenditori agricoli, si propone di incentivare gli investimenti di diversi cazione favorendo la crescita economica, lo sviluppo sostenibile e l’attrattività delle zone rurali, anche con il ne di evitarne lo spopolamento e per contribuire all’incremento del reddito delle famiglie attraverso la creazione e lo sviluppo di attività agrituristiche.

I nanziamenti messi a disposizione dal bando, 9,2 milioni

di euro, uniti a economie che si sono generate da bandi relativi ad altre azioni, permettendo così il nanziamento di 66 attività agrituristiche, con un importo totale concedibile pari a oltre 11.228.000 euro. Con lo scorrimento della graduatoria delle imprese, si risponderà nelle prossime settimane a tutte le domande ammissibili.

“Con queste risorse regionali sosteniamo un settore, quello agrituristico - ha commentato l’assessore regionale all’Agricoltura e Agroalimentare, Alessio Mammi - che si conferma in crescita e caratterizzato da un’ottima propensione agli investimenti. Le persone sono sempre più interessate all’esperienza dell’agriturismo, e le aziende potranno così avviare nuove attività o adeguare e ampliare le strutture. Scorreremo presto la graduatoria, nanziando tutte le domande ammissibili per permettere alle imprese di realizzare tutti i progetti ammessi”.

Gli interventi nanziati

Varie le spese ammesse dagli interventi nanziati, tra cui il recupero, la ristrutturazione e ampliamento di fabbricati esistenti, la realizzazione di piazzole per campeggio e relative infrastrutture di servizio, interventi su strutture sse per attività ricreative, sportive, culturali, didattiche e per il tempo libero (comprese piscine e percorsi vita), allestimento di camere, sala ristorazione, cucina e locali accessori utilizzati per l’attività agrituristica.

Positiva la “campagna d’autunno” 2024 di Apofruit Conferiti 155mila quintali di prodotto in crescita del 24%

Oltre 155.000 quintali di frutta conferita con un incremento del 24% rispetto al 2023. La campagna autunnale 2024 di Apofruit – che in un anno lavora 128mila tonnellate di frutta con un volume d’a ari di 243 milioni - si chiude con risultati decisamente positivi, segnando un ritorno a livelli di conferimento in linea con le potenzialità della cooperativa. A fare il punto della situazione sono Mirco Zanotti, Ernesto Fornari e Mirco Zanelli, rispettivamente presidente, direttore generale e direttore commerciale della cooperativa, un’organizzazione produttiva con 12 stabilimenti di lavorazione e 12 strutture per il ritiro e lo stoccaggio dei prodotti. “Quella dell’ortofrutta autunnale 2024 – commenta Zanotti – è stata una campagna all’insegna del ritorno alla normalità nei quantitativi conferiti, dopo un 2023 particolarmente complesso sotto questo aspetto. A fronte dei quantitativi attesi, tra i soci abbiamo riscontrato durante le assemblee una buona soddisfazione, motivata anche dal fatto che la liquidazione ha fatto registrare, in termini di valore, un +14% rispetto al

Le liquidazioni ai produttori in aumento del 14% rispetto al 2023

2023. Un risultato che, a conti fatti, riconosce oggettivamente anche le strategie adottate da Apofruit lungo tutta la liera, dalla campagna no ai nostri partner della distribuzione”. Ernesto Fornari puntualizza: “Il quantitativo complessivo conferito per la campagna autunnale ha raggiunto i 155.000 quintali, con un incremento del 24% rispetto al 2023. La liquidazione netta ai soci è stata pari a 11 milioni e 980mila euro. Si tratta di un risultato che conferma la ripresa della produttività e l’ottimo equilibrio tra prezzo, resa e qualità. Il prodotto principale della stagione sono state le pere William con 52.000 quintali, il doppio rispetto al 2023 seguite dall’uva da tavola, con 40.000 quintali totali in aumento del 4% rispetto al 2023. Da segnalare anche le buone performance produttive di kaki, mele e susine”.

Passando al dettaglio delle principali referenze, Zanelli spiega: “Per l’uva da tavola seedless sono stati conferiti 30.000 quintali di prodotto convenzionale e 10.000 quintali biologici. Rispetto all’anno precedente ciò signi ca un aumento

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del 6%, sebbene la stagione sia partita in salita per una minore produttività per le varietà precoci, si è poi recuperato con le varietà medio tardive”.

Nelle pere si nota un netto recupero dei volumi rispetto a un disastroso 2023. Sono stati conferiti infatti 40.000 quintali di prodotto convenzionale e 11.000 quintali di biologico. Per la varietà Williams bianca 55+ sono stati riconosciuti 0,74 euro il chilo nel convenzionale e 1,05 euro il chilo per il biologico; per la Williams rosse rispettivamente 0,89 e 1,15 euro il chilo.

Per le mele del gruppo Gala, la produzione si è mantenuta sostanzialmente stabile rispetto all’anno precedente, recuperando soprattutto dal punto della quantità di prima categoria rispetto alle problematiche legate al cra-

king del 2023 e bene ciando anche di un miglioramento delle quotazioni. Sono stati conferiti 11.000 quintali di prodotto convenzionale e 6.000 quintali di biologico. Le liquidazioni medie che sono di erenziate come sempre in base agli areali produttivi ed alle diverse varietà del gruppo, per il convenzionale sono comprese tra 0,40 e 0,56 euro il chilo, e per il biologico tra 0,83 e 0,97 euro il chilo.

Per i kaki, le liquidazioni hanno mostrato un buon equilibrio tra resa e prezzo considerando l’aumento del quantitativo del prodotto conferito che si è attestato sui 17.000 quintali per il convenzionale e 6.000 quintali per il Bio, con il caco

tipo che ha raggiunto i 0,68 euro il chilo nel convenzionale e i 0,87 euro nel biologico. Proseguendo con la susina Angeleno, il volume complessivo ha raggiunto i 16.000 quintali, in crescita rispetto ai 10.000 dell’anno precedente. In particolare, per il prodotto convenzionale standard il prezzo riconosciuto è stato di 0,70 euro il chilo, per quello aderente al Progetto Qualità 0,78 euro, mentre per la produzione biologica si è arrivati a 0,93 euro il chilo.

“Nel complesso – concludono Zanotti e Fornari – la liquidazione autunnale 2024 conferma la validità dei modelli adottati dalla cooperativa, nel valorizzare i diversi prodotti lungo tutta la liera. Come sempre, sono stati coinvolti tutti gli areali in cui siamo presenti, dal nord al sud dell’Italia. A tal proposito, non è da dimenticare anche la sempre più importante o erta orticola dalla Sicilia, con particolare riferimento a pomodori, zucchine e peperoni i cui conferimenti e ettuati dal 1° ottobre al 31 dicembre vengono anch’essi liquidati ora”.

Ernesto Fornari, direttore generale
Mirco Zanelli, direttore commerciale
Mirco Zanotti, presidente Apofruit Italia
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