r&f 11-2020

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retailfood novembre 2020 • € 5,00 - In caso di mancato recapito inviare al CMP di Milano Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi

TRAVEL RETAIL SHOPPING CENTER

Centri commerciali, incubo lockdown Il nuovo corso del CNCC Parola di Roberto Zoia Dark kitchen, ghost restaurant Tra mito e realtà Fisico o digitale? Tertium! La scelta di Moschino e Arcus RE


GUSTO MELA VERDE

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Il magnesio contribuisce alla riduzione della stanchezza e dell’affaticamento

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Lo zinco contribuisce alla normale funzione del sistema immunitario

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INFORMARSI È UN BENE, NON FARLO MALE: LEGGI RETAIL&food RETAIL&food è l’unica rivista italiana specializzata nel travel retail, un settore in forte crescita e con buone prospettive di sviluppo anche per i prossimi anni. Inoltre R&f è uno dei mezzi più apprezzati e consultati da retailers e operatori attivi in outlet e centri commerciali. Con oltre 10.000 lettori a numero, una presenza qualificata presso tutte le fiere di settore. 10 numeri all’anno, più di 9.000 iscritti alla newsletter, 1 pagina facebook, 181.000 pagine viste grazie allo sfoglio on line della rivista, retail&food è oggi uno dei mezzi più letti, consultati e apprezzati dalle business communities di riferimento.

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Anno 15 · numero 11 - novembre 2020 Direttore responsabile Andrea Aiello Coordinamento editoriale Andrea Penazzi - andrea.penazzi@retailfood.it In redazione Nicola Grolla - nicola.grolla@retailfood.it Contatti info@retailfood.it - www.retailfood.it Pubblicità e traffico pubblicitario Roberta Motta - roberta.motta@edifis.it Hanno collaborato Massimo Luigi Andreis, Alessandro Barzaghi, Roberto Bramati, Giulia Comparini, Luca Esposito, David Montorsi, Roberta Motta, Camilla Rocca, Kevin Rozario Grafica Mariella Salvi Foto Archivio Edifis, Flickr, Fotolia, iStockphoto Stampa Aziende Grafiche Printing S.r.l. - Via Milano 3/5 - 20068 Peschiera Borromeo (MI) Prezzo di una copia € 5,00 - Arretrati € 10,00 Abbonamento Italia: € 50,00 Europa: € 90,00 Resto del mondo: € 110,00 abbonamenti@edifis.it Amministrazione amministrazione@edifis.it

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SOMMARIO 4

N. 11 novembre 2020

News

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News opening

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BOLLETTINO CORONAVIRUS Retail, un coprifuoco che sa di lockdown

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PAROLA DI ROBERTO ZOIA Il nuovo corso del CNCC tra sviluppo del business, comunicazione e rapporti con la politica

26 RETAIL RE: IL PUNTO

DI VISTA Kryalos: la logistica asset class più desiderata

28 L’OSSERVATORIO

URBISTAT - ADCC L’andamento dei centri commerciali dalla prospettiva dei direttori

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CONSULENZA E FORMAZIONE Tertium datur! Soluzioni per il retail tra fisico e digitale

35 CANONI E RENDIMENTI Gli affitti retail a Milano (e in Lombardia) prima e durante il Covid

30 38 TREND eCOMMERCE

L’eCommerce sfonda la soglia dei 30 miliardi di euro

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CASE HISTORY CALZATURE Velasca: un passo online, un passo offline

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CASE HISTORY SIRIO Sirio riaccende la stella nel travel retail

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FOCUS PAGAMENTI ELETTRONICI L’anello di congiunzione fra retail e digitale

50 NETCOMM

eCommerce e digital evolution per il settore food: una crescita dirompente

53 DARK KITCHEN

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Virtuale, cooperativa e senza tavoli: ecco la nuova ristorazione

56 News Servizi e Fornitori 58 World Travel Retail 60 News International 62 Vetrina 64 La Foto RUBRICHE

4 STOCK OPTION 10 LA RUBRICA LEGALE 59 DUTY FREE WORLD 60 NEW MARKETS OUTLOOK

novembre 2020 | retail food

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News

UN LOCKDOWN NATALIZIO BRUCEREBBE 25 MLD DI CONSUMI

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n lockdown natalizio da solo rischia di far sfumare una spesa di 25 miliardi di euro, una vera e propria apocalisse per il nostro Paese, dunque, come emerge dal nuovo Rapporto Censis-Confimprese Il valore sociale dei consumi, realizzato con il contributo di Ceetrus. Tra gli altri dati di questo fosco scenario, una seconda ondata di restrizioni fino al lockdown, aggiungendosi agli effetti del primo, determinerebbe a fine anno un crollo dei consumi in generale di 229 miliardi di euro (-19,5% reale in un anno) e un catastrofico taglio potenziale fino a 5 milioni di posti di lavoro. Per il retail si stima una sforbiciata di 95 miliardi di euro di fatturato (-21,6% reale) con un rischio taglio per oltre 700mila posti di lavoro. Entrando nel merito del pensiero degli italiani, la metà è disposta ad accettare i rigori della seconda ondata dell’epidemia solo perché è convinta che a breve arriverà una cura risolutiva o il vaccino. Lo dicono soprattutto i residenti del Sud (il 55,2% rispetto alla

A I GIGLI IL PRIMO POP-UP STORE TESLA IN UN CENTRO COMMERCIALE

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empre di più i centri commerciali si candidano a diventare protagonisti nella transizione energetica dell’automotive. Oltre a mettere a disposizione un ampio numero di colonnine di ricarica nei parcheggi, con il primo pop-up store di Tesla, nello specifico al centro commerciali I Gigli, diventano anche vetrina della mobilità elettrica su quattro ruote. La nota azienda statunitense apre dunque il suo nuovo temporary store a Firenze e specificatamente nello shopping mall di proprietà Eurocommecial Properties, dove tutti i clienti potranno ammirare una delle auto elettriche più iconiche del momento, la Model 3. Sarà inoltre possibile visionare tutte le funzionalità di infotainment dell’auto e ricevere le informazioni dal personale Tesla preposto; è attivo anche un servizio di prenotazione di appositi Test Drive personalizzati, con partenza direttamente dal parcheggio del centro commerciale.

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media nazionale del 49,7%) e gli anziani (il 53,5%). L’asticella è fissata a Natale: ecco esplicitato l’orizzonte massimo di tenuta psicologica degli italiani all’indomani delle nuove restrizioni. Nell’emergenza si sono accelerati cambiamenti significativi nei comportamenti di consumo degli italiani. I consumatori sono diventati più sfuggenti e infedeli: 18 milioni hanno modificato i propri comportamenti di acquisto, cambiando negozi o brand di riferimento, gestendo diversamente la spesa, cambiando i criteri di scelta dei luoghi di acquisto. Dall’inizio della pandemia, 13 milioni hanno cambiato i negozi in cui di solito effettuano gli acquisti alimentari. Nel periodo dell’emergenza il 42,7% ha acquistato online prodotti che prima comprava nei negozi fisici, in particolare i giovani (52,2%) e i laureati (47,4%). In generale, dopo il Covid-19 il 38% degli italiani afferma che non tornerà alle vecchie abitudini di consumo.

Stock option |

BUY

ASOS L’eTailer inglese archivia il 2020 (chiuso a fine agosto) con un utile lordo di 1,5 miliardi di sterline (+16%) mentre il risultato ante imposte è salito a 142,1 milioni di sterline: +329% rispetto al 2019. A trainare le performance sono state le vendite nel Regno Unito (1,17 miliardi di euro) e sui mercati internazionali (2,2 miliardi di euro).

NEUTRAL

KIDILIZ Più di 20 offerte pubbliche d’acquisto sono arrivate sul tavolo del gruppo transalpino che, comprato nel 2018 dalla cinese Semir, era entrato in difficoltà prima della pandemia (con 388 milioni di euro di fatturato nel 2019). A spuntarla potrebbe essere ID Kids che propone un piano di esuberi più morbido rispetto ai concorrenti.

STONE ISLAND Con una sostanziale tenuta nel 2020, il brand del casualware da uomo punta a chiudere l’anno con un fatturato di 237 milioni di euro, di cui il 72% generato all’estero. A sostenere i conti del marchio ha contribuito il canale eCommerce che da gennaio ad oggi ha registrato una crescita del +17%.

ADIDAS Sono iniziate le manovre per la vendita di Reebook in casa Adidas. Il produttore e rivenditore tedesco di scarpe e articoli sportivi punta così a uscire dal fallimento dell’investimento sul mercato Usa che ha portato alla svalutazione di Reebook che ora si attesta su 842 milioni di euro a fronte di un acquisto iniziale (nel 2005) di 3,8 miliardi di dollari.

TIFFANY&CO Si chiude con un lieto fine la trattativa fra il brand di alta gioielleria newyorkese e LVMH che può ora concluderne l’acquisizione con un’offerta di 131,5 dollari per azione (contro i 135 iniziali concordati a novembre 2019). Un risparmio di circa 430 milioni di dollari per il colosso francese del lusso.

UNIQLO La parent company del brand giapponese, Fast Retail, chiude l’anno fiscale 2019/20 in calo ma rimane ottimista per il prossimo futuro. In evidenza, le prestazioni di Uniqlo che cede il -12,3% sul fronte dei ricavi a quota 16 miliardi di euro. Per il 2021, però, il marchio si aspetta una ripresa a partire dalla seconda metà dell’anno con stime di ricavi a +9,5%.

SELL

STEFANEL Non c’è pace per la label trevigiana, attualmente in amministrazione straordinaria e in attesa di un cavaliere bianco. Le due offerte vincolanti di acquisto ricevute a settembre sono risultate non conformi ai requisiti del disciplinare. Sul piatto rimangono quindi le due business unit del marchio: Stefanel stessa (HQ e 30 pdv) e Interfashion SpA (produzione e distribuzione). PIQUADRO La capogruppo del brand omonimo e dei marchi The Bridge e Lancel paga il conto del Covid-19. Nel primo semestre, la società ha totalizzato 22,3 milioni di euro di ricavi in calo del -46% in seguito alla mancanza di traffico, soprattutto turistico. Negative le prestazioni su tutti i mercati retail: vendite in Italia giù del -40,3% così come in Europa, -35,8%. CONBIPEL Non resta che l’amministrazione controllata al brand piemontese. Un triste epilogo per l’azienda nata nel 1958 con 150 punti vendita all’attivo in Italia e oltre 1.200 dipendenti. A pesare sulle performance già negative, la pandemia che ha costretto l’azienda nei mesi scorsi a fare domanda per il concordato in bianco.



News

NASCE IL CENTRO COMMERCIALE LINGOTTO

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onclusi i lavori di restyling totale e ampliamento di 8Gallery, i torinesi possono frequentare un centro commerciale nuovo sia di nome che di fatto. Di nome, innanzitutto, perché la storica struttura si riposiziona come marchio, ripresentandosi come Centro Commerciale Lingotto. Di fatto perché questo luogo simbolo per la città incrementa di 8.000 mq la superficie disponibile con nuovi spazi di qualità per shopping, relax e divertimento. Il progetto, sviluppato da 8Gallery Immobiliare e Pradera con un investimento di oltre 20 milioni di euro, ha portato dunque all’estensione della galleria commerciale a oltre 30.000 mq, permettendo l’apertura di medie superfici e distribuendo l’offerta retail su due livelli. Un aumento del 35% che accoglie 25 negozi, per un totale di circa 200 nuovi posti di lavoro. Il progetto di L22 Retail, brand del Gruppo Lombardini22, ha previsto un restyling totale della struttura attraverso la valorizzazione conservativa di molti elementi originali dell’edificio. Impianti e travi a vista,

illuminazione, trattamento delle pavimentazioni: tutto contribuisce all’esaltazione dello spirito industriale del luogo. Durante il prossimo anno anche la galleria sarà interessata dai lavori di ristrutturazione e, soprattutto, sarà completata la nuova food court. Lo spostamento delle attività ristorative in prossimità del cinema permetterà di promuovere al meglio la rinata vocazione del centro all’intrattenimento e alla ristorazione.

F2I SI COMPRA L’AEROPORTO DI OLBIA

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forza di smentite, arriva la conferma: il fondo F2i accelera sul dossier aeroporti e acquisisce il controllo dell’aeroporto di Olbia. Un’operazione che punta a formare un polo aeroportuale nel nord della Sardegna, dove F2i controlla anche l’aerostazione di Alghero. La trattativa per il passaggio dell’80% delle quote della società di gestione dell’aeroporto di Olbia a F2i rafforza la posizione del fondo nel panorama aeroportuale aggiungendosi a un network che comprende le partecipazioni negli scali di Milano, Napoli, Torino, Trieste, Bologna e indirettamente Bergamo. In questo modo, F2i Aeroporti 2 consolida le attività aeroportuali della Sardegna settentrionale che, nel 2019, ha accolto circa 4,4 milioni di passeggeri totali. Nello specifico, con circa 3 milioni di transiti nel 2019, l’aeroporto di Olbia è il secondo per numero di passeggeri in Sardegna ed è uno dei principali hub in Europa per l’aviazione generale (soprattutto jet privati). A determinare la scelta, nonostante il contesto sfavorevole all’industria aeroportuale, è stata la potenzialità di crescita dei passeggeri dello scalo che, nell’ultimo decennio, è stata superiore a quella del mercato italiano. Dinamiche che verranno stimolate con investimenti previsti per oltre 120 milioni di euro volti a espandere terminal e pista.

PARCO 51, A CBRE LA COMMERCIALIZZAZIONE E LA GESTIONE

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naugurato lo scorso 17 ottobre a Pomezia, il Retail Park Parco 51 si presenta con 10 unità aperte sulle 17 totali, ma è interamente commercializzato. Tra i principali marchi già attivi spiccano Calliope, Maxi Zoo e Iperdem, mentre in abito ristorazione si segnalano Sushiko, Nut’s e Med in Toast. Prossimamente sarà la volta di Trony, Upim, Europlanet e di molti altri. Contestualmente, la proprietà ha affidato a CBRE sia la gestione che la commercializzazione del nuovo parco commerciale. Il progetto, situato nell’area dell’ex Casamercato, nella zona settentrionale della città di Pomezia, rappresenta un’importante opera di riqualificazione urbana ed è promosso dalla società Escas Srl, parte del Gruppo Ziaco, che vanta una pluriennale esperienza in costruzione e gestione di immobili industriali e commerciali. Con una GLA di circa 20mila mq, Parco 51 è dotato di un ampio parcheggio coperto e propone un’offerta commerciale diversificata composta da 17 unità: 10 medie superfici, 6 destinate alle attività di ristorazione e un’ancora alimentare. Facilmente accessibile dal centro della città, Parco 51 si propone come punto di riferimento per lo shopping quotidiano del territorio.

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News

OVS E MARGHERITA DISTRIBUZIONE, RICONVERSIONE E APERTURA DI 18 STORE

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a pandemia non spaventa OVS. La catena di family store italiana ha confermato l’apertura di 18 punti vendita nel 2021. Un’operazione resa possibile dalla partnership con Margherita Distribuzione, la società che per conto di Conad gestisce gli immobili ereditati da Auchan. L’operazione riguarda una superficie totale di circa 25mila mq che verranno ribrandizzati OVS e Upim. Gli spazi sarebbero ricavati dalla riduzione delle superfici di vendita degli ex punti vendita Auchan di proprietà di Margherita Distribuzione. Dei 18 punti vendita riconvertiti, 7 saranno a marchio OVS e 11 Upim (per un totale di circa 180 addetti). A livello geografico saranno disposti in Lazio, Piemonte, Lombardia e Campania. Secondo le prime stime di mercato, inoltre, i negozi dovreb-

bero portare in dote circa 40 milioni di euro di fatturato aggiuntivo e un incremento della marginalità sui 6-7 milioni di euro. Nell’accordo che ha portato alla collaborazione fra Conad e OVS, c’è anche l’affidamento della gestione immobiliare a Wrm Capital, asset management che ad oggi è titolare di oltre 450mila mq di superficie commerciale in Italia.

ADYEN: IL 37% DEI NUOVI SHOPPER AUMENTERÀ GLI ACQUISTI ONLINE

IMMOBILIARE RETAIL: NEI PRIMI 9 MESI INVESTITI 1,1 MILIARDI

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n nuovo consumatore nasce dal post-lockdown. Ne è certa Adyen che traccia il profilo dello shopper impattato dalla crisi coronavirus. Secondo il Retail Report della piattaforma di pagamento internazionale, il cliente si muove sempre più in un ambiente digitale, con attenzione all’economia del territorio e una maggiore coscienza sociale. Il lockdown ha accelerato alcuni trend già in atto sulla scorta di una domanda sempre più evoluta. Secondo le evidenze raccolte dal Retail Report di Adyen, il 46% degli italiani che preferiva pagare in contanti ora preferisce il contactless, il 37% dichiara che acquisterà sempre più online e il 73% si aspetta che le azienda mantengano la flessibilità mostrata durante la prima fase della pandemia. Si conferma la ripresa del localismo con due italiani su tre disposti a fare più acquisti presso i rivenditori di prossimità (con il 65% dei consumatori che premiano l’aspetto etico di un brand) a patto che siano integrati a livello omnicanale (il 50% di rivenditori che ha adottato soluzioni simili ha visto aumentare il flusso di transazioni).

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n base all’ultima rilevazione di CBRE, il volume degli investimenti nel Commercial Real Estate in Italia, nei primi nove mesi dell’anno, è pari a 5,8 miliardi di euro, in lieve calo rispetto allo stesso periodo del 2019, anno record per il settore, ma in crescita rispetto al 2018. Nel terzo trimestre del 2020 si sono registrati infatti investimenti per 1,9 miliardi di euro. La componente estera torna a crescere rispetto alla prima metà dell’anno, con quota 60% del totale, pur rimanendo al di sotto della media osservata negli ultimi 5 anni. Il focus degli investitori si mantiene sul prodotto core, in particolare nel mercato Uffici, e sulle asset class che hanno mostrato maggiore resilienza. Nonostante la grande disponibilità di liquidità di questo periodo, il clima di incertezza limita l’utilizzo della leva finanziaria per le operazioni value-add. Raggiunge quota 1,1 miliardi di investimenti il settore Retail, che nel terzo trimestre ha registrato 180 milioni di euro investiti. L’High Street ha rappresentato il 20% degli investimenti totali, grazie all’acquisto di unità commerciali contenute all’interno di cielo-terra mixed-use in primarie vie dello shopping meneghino. Tra gli altri segmenti Retail, a guidare i volumi sono state le operazioni di portafoglio con un’importante componente di sale & lease-back. Si conferma l’atteggiamento molto cauto degli investitori nei confronti di questa asset class, nonostante il continuo recupero delle vendite al dettaglio dalla fine del lockdown.

REPUP: LE RECENSIONI PREMIANO LA SICUREZZA DI CHI RIAPRE

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eno uscite, ma che ne valgano la pena. Almeno quella di scrivere una recensione e raccontare la propria esperienza. Questo quanto emerge da un report elaborato da RepUp relativo ai dati ricavati dalla fusione di informazioni derivanti dalle principali piattaforme di recensioni. A caratterizzare le evidenze dell’analisi RepUp, le conseguenze dell’emergenza Covid sul settore dell’hospitality. «In pratica, le persone vanno meno nei ristoranti, ma scrivono di più su TripAdvisor e su Google», ha raccontato Salvatore Viola, ceo di RepUP. Questo, in realtà può essere

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anche spiegato dal fatto che un’uscita sporadica diventa di per sé un evento e proprio per questo si ha voglia di condividerla molto più di prima. Per fare da base all’analisi, RepUp è partita dal numero di locali che nell’ultimo anno erano attivi sulle varie piattaforme di recensioni (circa 198mila), e ha controllato quanti di essi avessero ripreso effettivamente l’attività negli ultimi mesi. Un campione da cui emerge che in Italia la percentuale dei locali che ha riaperto a pieno regime dopo il periodo di chiusura forzata varia di regione in regione. La forbice va dal 65,95% rilevato in Calabria al 76,47% del Friuli Venezia Giulia. In generale, comunque, nel migliore dei casi un locale su quattro non è riuscito ad affrontare la stagione estiva.



La Rubrica legale | a cura di Cocuzza & Associati Studio Legale, Milano

Il Covid-19 e l’obbligo di rinegoziazione dei contratti Il panorama attuale

La seconda ondata di contagi sta assumendo proprio in questi giorni connotati importanti anche nel nostro paese tanto da farci temere la necessità di un nuovo lockdown. Gli effetti della pandemia sono stati ad oggi devastanti per non pochi operatori: alcuni, meno strutturati, hanno dovuto chiudere definitivamente le loro attività, altri hanno subito e stanno ancora subendo forti riduzioni di fatturato. Tale situazione ha favorito il sorgere di conflittualità fra landlord e tenant. Le misure adottate dal governo (ndr. il credito d’imposta relativamente ai canoni da marzo a giugno compreso) si sono rivelate complessivamente insufficienti a riportare equilibrio nei rapporti. La situazione è quindi ancora molto complessa per il settore retail che resta in sofferenza.

Le reazioni degli operatori

La situazione di emergenza generata dalla pandemia ha colto di sorpresa landlord e tenant non essendo previsti nella maggior parte dei contratti di locazione e di affitto di ramo d’azienda dei rimedi ad hoc idonei a fronteggiare l’ipotesi di sopravvenienze perturbative dell’equilibrio contrattuale, quale si è rivelata appunto la crisi generata dalla pandemia da Covid -19. Di fronte al crollo dei fatturati molti retailer hanno reagito sospendendo il pagamento dei canoni, attesa la sostanziale impossibilità di utilizzare i locali/rami di azienda per lo svolgimento dell’attività prevista nei rispettivi contratti. Altri, in maniera più aggressiva, hanno chiuso le attività, invocando l’eccessiva onerosità sopravenuta della loro prestazione di pagamento a fronte dei mancati guadagni. Altri ancora hanno invocato la risoluzione per gravi motivi dei contratti ai sensi della legge equo canone. A causa dei mancati incassi dei canoni alcune proprietà hanno quindi tentato di rivalersi sulle garanzie bancarie rilasciate dagli operatori, dando adito a contenziosi.

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Le prime reazioni dei tribunali

I provvedimenti emessi ad oggi dai Tribunali sono ancora assolutamente insufficienti per fornire un quadro della giurisprudenza che si formerà in materia trattandosi di ordinanze o decreti emessi per lo più all’esito di procedimenti di urgenza promossi dai tenant e volti a bloccare l’escussione, da parte delle proprietà, di garanzie bancarie o la riscossione di assegni consegnati a garanzia dell’adempimento degli obblighi contrattuali. Si tratta di provvedimenti contrastanti non sempre a favore dei conduttori/affittuari. Tuttavia, è interessante notare una recente ordinanza del Tribunale di Roma all’esito di un ricorso presentato da un ristoratore che chiedeva al giudice adito, in aggiunta al blocco della escussione della fideiussione bancaria consegnata al locatore, la riduzione del 50% del canone di locazione mensile a decorrere dal mese di aprile e fino all’emissione del provvedimento. Nell’ordinanza il Tribunale rileva innanzitutto che nei contratti di durata, ove si verifichino sopravvenienze imprevedibili ed inevitabili, successive alla stipula del contratto che determinano uno squilibro delle prestazioni a detrimento di una delle parti, quest’ultima “deve poter avere la possibilità di rinegoziarne il contenuto in base al dovere generale di buona fede oggettiva (o correttezza) nella fase esecutiva del contratto” previsto dall’art. 1375 del codice civile. In buona sostanza, il Tribunale ritiene che il principio di conservazione del contratto, cardine del nostro ordinamento, debba comunque cedere il passo all’obbligo delle parti di rinegoziare il contratto, in ossequio al principio di buona fede interpretato in chiave oggettiva e solidaristica come previsto all’art 2 della Costituzione, ogni qual volta intervengano sopravvenienze perturbative dell’equilibrio contrat-

Avv. Giulia Comparini tuale che vadano oltre l’alea naturale del contratto. In tal caso, la buona fede svolge una funzione integrativa del contratto medesimo anche in assenza di specifiche pattuizioni contrattuali in tal senso. Sulla base di tale ragionamento il Tribunale, dopo aver rilevato il comportamento inadempiente del locatore, che aveva violato l’obbligo di rinegoziare i termini contrattuali, conclude disponendo, a favore del conduttore, la riduzione del canone di locazione del 40% per i mesi di aprile e maggio 2020 e del 20% per i mesi da giugno 2020 a marzo 2021, sull’assunto che anche dopo la riapertura dell’esercizio, l’attività commerciale non potrà riprendere in pieno a causa dei provvedimenti di contenimento.

L’intervento della Cassazione

È intervenuta recentemente proprio nella materia del diritto emergenziale legato al Covid-19 anche la Corte di Cassazione, con la relazione tematica dell’ufficio del Massimario dell’8 luglio 2020. La Suprema Corte, dopo aver rilevato l’insufficienza, sia dei rimedi classici offerti dal nostro ordinamento e volti alla risoluzione del contratto (l’art 1467c.c. risoluzione per eccessiva onerosità), sia della normativa emergenziale (l’art 91 del D.L. 18/2020), per regolamentare, nei contratti di durata, le sopravvenienze che alterino l’equilibrio del contratto a danno di una delle parti, evidenzia il ruolo centrale del principio generale di buona fede nella esecuzione dei contratti (art. 1375 c.c.), inteso in senso oggettivo quale dovere di collaborazione. Secondo la Corte, anche in assenza di espressa previsione contrattuale, le parti hanno l’obbligo di rinegoziare il contenuto del contratto per riequilibrare le rispettive posizioni ed “il rifiuto a rinegoziare della parte, ex art 1375 c.c. si risolve in un comportamento opportunistico che l’ordinamento non può tutelare e tollerare”.


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News

H&M SEMPRE PIÙ DIGITALE, CHIUDE 250 STORE

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opo l’annuncio di chiusura di 170 store a livello globale a causa degli effetti della crisi Covid-19, H&M è pronta ad abbassare le serrande di altri 250 punti vendita a partire dal 2021. Una scelta che segue il cambiamento delle abitudini di consumo degli acquirenti che preferiscono sempre più un fast fashion digitale. Il processo di revisione del network H&M, già iniziato a luglio, prevede la rinegoziazione degli affitti commerciali di circa un quarto degli oltre 5.000 unti vendita. Un’operazione che porterà alla chiusura di 250 store nel prossimo anno. Sebbene le vendite continuino il proprio cammino di ripresa, il retailer fast fashion svedese H&M sconta ancora un ritardo del -5% rispetto allo scorso anno. Una diminuzione determinata anche da un perimetro retail ancora parzialmente attivo, con 166 store (circa il 3%

LO SHOPPING DEGLI ITALIANI A VOCAZIONE LOCAL

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uasi otto italiani su dieci, precisamente il 78%, sono più propensi a fare acquisti vicino casa rispetto al 2019. Ma non solo, secondo una nuova ricerca Mastercard, ben il 72% dichiara di aver riscoperto con grande piacere di essere parte di una comunità, caratterizzata anche dalla presenza di piccole realtà commerciali. La ricerca evidenzia la volontà, da parte sia dei cittadini italiani che di quelli europei, di spendere di più a livello locale per contribuire alla ripresa delle comunità di appartenenza (54% il dato italiano vs un 49% a livello europeo). Una scelta, questa, che è dettata dal desiderio di instaurare nuovi e duraturi rapporti con i piccoli commercianti (24%) e dalla fiducia riposta nei consigli offerti da vicini e conoscenti (27%). Due terzi (65%) dei consumatori europei affermano inoltre di essersi avvicinati molto ai negozi locali sin dall’inizio della pandemia perché più facilmente raggiungibili e convenienti (50%), un dato pressoché allineato con i nostri connazionali (40%). D’altra parte, in molti si sono affacciati per la prima volta ai negozi sotto casa scoraggiati dalle lunghe code agli ingressi dei supermercati di grandi dimensioni (40% per gli europei e 36% per gli italiani). Da notare, il fatto che le restrizioni agli spostamenti abbiano giocato un ruolo significativo nel cambiamento delle abitudini di acquisto per il 60% degli italiani.

della rete) che non hanno mai riaperto a causa di misure di lockdown locali che appesantiscono alcuni mercati. Una situazione che, nei primi nove mesi dell’anno, ha fatto registrare profitti ante-tasse di 2,37 miliardi di corone con vendite a 134,48 miliardi di corone (in riduzione rispetto ai 171 miliardi messi a segno nello stesso periodo del 2019).

ATRI, ASSEMBLEA 2020 FRA OTTIMISMO E RESISTENZA

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i è svolta a fine ottobre in forma digitale la partecipata assemblea di ATRI – Associazione Travel Retail Italia. Dopo un saluto di Marina Lalli, presidente di Federturismo che ha ricordato l’apprezzabile attivismo di ATRI e del suo presidente, Stefano Gardini, in questi mesi, nonché la disponibilità della federazione ad accogliere necessità e proposte da parte dell’associazione, si è dato inizio ai lavori dell’assemblea. Primo punto all’ordine del giorno, l’approvazione del bilancio consuntivo per il 2019 e il preventivo 2020. Successivamente, il presidente Gardini ha riportato ai soci il piano delle attività svolte nel 2020, sia in termini di lobbying che di informazione e formazione. Concluso il capitolo amministrativo, spazio al dibattito fra i membri del consiglio direttivo. Da sottolineare l’intervento di Sergio Gallorini che ha ricordato, tra le altre cose, l’opportunità che potrebbero aprirsi con le vendite tax/duty free nelle aree arrivi degli aeroporti (come suggerito da ACI Europe ed ETRC). Mentre Lucio Rossetto, fresco di promozione al ruolo di chief business officer di Lagardère Travel Retail, ha inteso rassicurare gli altri associati affermando che, grazie al nuovo incarico, la visuale a livello globale sul settore racconta di una ripresa solida, consistente e promettente nelle aree che escono dall’emergenza Covid; soprattutto in Oriente (dove si misura un aumento della spesa media per passeggero). Il mercato italiano, invece, rimane promettente per la sua imbattibile vocazione leisure.

A LE CUCINE DI CURNO LA CERTIFICAZIONE BREEAM IN CONSTRUCTION

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ncora un risultato importante in tema di sostenibilità ambientale per Eurocommercial Properties, che ha ottenuto la certificazione BREEAM International New Construction per la nuova Food Court del Centro Commerciale Curno, denominata Le Cucine di Curno. Un ulteriore traguardo raggiunto dopo le certificazioni BREEAM In-Use ottenute nel 2017 per il Centro Commerciale Carosello di Carugate e a inizio 2020 per il Centro Commerciale I Gigli di Campi Bisenzio, il Centro Commerciale Fiordaliso di Rozzano e il Centro Commerciale Collestrada di Perugia. BREEAM International New Construction è fra gli standard più diffusi per misurare l’impatto ambientale complessivo degli edifici di nuova costruzione, soprattutto commerciali. E il sistema di assegnazione del punteggio finale prevede sei livelli di certificazione che riflettono l’utilizzo di determinati parametri tecnici e di controllo della qualità. Le Cucine di Curno ha raggiunto il rating Very Good.

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News MCD BEAUTY, PROGETTO ROSS-CHANNEL CON GS RETAIL

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empo di cosmetica e beauty in stazione con il brand MCD Beauty che sceglie il network di Grandi Stazioni Retail per promuovere le aperture a Roma, Napoli e Milano. Un progetto cross-channel che utilizza il format pop-up come anello di congiunzione. A partire da quello di Roma Termini attivo dal 19 ottobre, i pop-up di MCD Beauty promuovono i prodotti della nuova linea creati dalle sorelle Cristina e Maria Teresa Buccino. L’apertura del pop-up di Roma Termini punta a conquistare il forte transito pendolare. Stesso obiettivo anche a Napoli Centrale e Milano Centrale, prossime tappe di questo progetto che ha visto il ricorso a una massiccia campagna di comunicazione sugli impianti digitali della stazione. All’interno, le clienti trovano sieri, scrub, crystal roll all’occhio di tigre e all’agata rossa, insieme alla famosa maschera patch monouso.

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KLÉPIERRE: NEL 3Q SIA LE VENDITE AL DETTAGLIO SIA GLI AFFITTI AL 90%

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ontinuo miglioramento delle vendite al dettaglio nel terzo trimestre, che hanno raggiunto il 90% del livello dell’anno precedente; il 90,3% di incasso per gli affitti del terzo trimestre, l’81,7% in 9 mesi; 9 mesi di ricavi per 918,5 milioni di euro, il 92% del livello dell’anno precedente. Queste le principali evidenze rese note dall’headquarter di Klépierre sull’andamento complessivo dei propri centri commerciali. L’accelerazione della ripresa delle vendite al dettaglio nel Q3 è stata trainata principalmente dal settore moda, che ha registrato un miglioramento di 13 punti percentuali rispetto a giugno (89% del livello dell’anno precedente a settembre). Negli ultimi tre mesi, gli elettrodomestici (+5%, compreso un aumento del 7% dell’elettronica), i supermercati (99% del livello dell’anno precedente) e lo sport (98% del livello dell’anno precedente) hanno continuato a registrare buone performance, mentre il food & beverage (78% del livello dell’anno precedente) e, in misura minore, il segmento salute e bellezza (92%) hanno continuato a risentire delle misure sanitarie sfavorevoli. Per area geografica, la Scandinavia si è mantenuta vicina ai livelli pre-covid, mentre l’Italia e la Francia-Belgio hanno registrato il miglioramento più significativo, con le rispettive vendite che hanno raggiunto l’89% e il 94% del 2019 (rispetto al 79% e all’87% di giugno).


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f Opening News CALAVERA RESTAURANT APRE AL VALMONTONE OUTLET

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essicano formato outlet per Calavera Restaurant che a Valmontone apre il 24° ristorante del proprio network confermando l’interesse per lo sviluppo all’interno delle food court. Nel menu, una proposta riconoscibile, agile e variegata. Prossima tappa: Bologna. Con l’opening al Valmontone Outlet di Roma, il marchio specializzato in cucina messicana Calavera Restaurant espande la propria rete di punti vendita. Il nuovo locale si affaccia sulla food court della struttura commerciale e dispone anche di un dehors da 150 posti. Il brand, nato tre anni fa grazie all’iniziativa di Roadhouse Spa (società del Gruppo Cremonini), consolida offerta e posizionamento. Nel menu la rivisitazione di grandi classici della cucina messicana (buritos, quesadillas, fajitas, tacos) e proposte internazionali di tendenza (poké bowl) non-

RISPARMIO CASA, L’HOME&BEAUTY SI ESPANDE

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asa e risparmio sono un binomio della “nuova normalità”. A ricordarlo è l’apertura del nuovo punto vendita Risparmio Casa di Castelfranco Emilia (Modena). Si tratta del 109° store della catena specializzata in prodotti per la pulizia e la cura della casa, beauty e cosmetica, prodotti per animali domestici, casalinghi, tessile casa, giocattoli, cartoleria, fai da te, accessori auto e piccoli elettrodomestici. Dopo le aperture di Ferrara e Coriano, Risparmio Casa continua l’espansione in Emilia-Romagna arrivando a cinque punti vendita nella regione. Un’apertura che fa parte di un piano strategico che da qui al 2025 dovrebbe raddoppiare il network. Aperto dal 15 ottobre, il negozio Risparmio Casa si sviluppa su 2.000 metri quadri di superficie commerciale e offre oltre 36mila referenze in diverse categorie merceologiche. Fra queste, non solo grandi brand ma anche una gamma di private label impuntate sul rapporto qualità-prezzo. «Nell’ultimo anno abbiamo avviato un piano di sviluppo che ci vede oggi fortemente impegnati anche sul fronte delle assunzioni, avendo toccato il traguardo di 109 punti vendita in Italia. In questo percorso l’Emilia-Romagna si conferma un’area particolarmente strategica su cui continueremo a investire, aumentando la vicinanza con il territorio», hanno ribadito i vertici dell’azienda in un comunicato.

ché i panini orientali bao. In termini di layout, spiccano i colori degli ambienti caratterizzati da murales di ispirazione tematica. Calavera, infatti, fa riferimento al nome dei teschi di zucchero o cioccolato, offerti come dono agli spiriti dei defunti durante la famosa ricorrenza messicana El dìa de los muertos.

ALICE PIZZA SEMPRE PIÙ MENEGHINA, NUOVO STORE CON ACCADEMIA

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oma-Milano solo andata per Alice Pizza che, forte di una rete di 180 pizzerie in tutta Italia, ha deciso di puntare decisa sul capoluogo lombardo per espandere il proprio network. Apre così il nuovo store in Corso Buenos Aires, una delle vie commerciali più trafficate della città. L’apertura, avvenuta il 15 ottobre, segue quella di Via Solari e rafforza il brand Alice Pizza che dal 1990 ha fatto della pizza al taglio la propria specialità. A caratterizzare la nuova apertura ci sono due elementi: la tradizionale offerta di pizza al taglio e l’introduzione dell’accademia dedicata a una delle ricette più famose della cucina italiana. Per quanto riguarda l’offerta, Alice Pizza porta a Milano la sua proposta di pizza al taglio che permette una forma di degustazione senza limiti. La pizza viene infatti tagliata secondo le indicazioni del cliente e venduta a peso, proprio come il pane. All’interno dello store di Milano trova spazio anche l’accademia di formazione propria dell’azienda. Nata nel 2013, l’accademia si propone di formare gli aspiranti pizzaioli, trasmettendo e condividendo un sapere artigiano. Un privilegio che ora si è aperto a tutto il pubblico interessato. A partire da ottobre, sono in programma appuntamenti settimanali gratuiti e accessibili tramite prenotazione.

MANGO SI RAFFORZA IN ITALIA: RAGGIUNTI I 75 NEGOZI

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on l’apertura di otto punti vendita nell’ultimo periodo, Mango conferma il proprio appeal per il mercato italiano. Il marchio di abbigliamento raggiunge così i 75 punti vendita nel nostro Paese dove è presente dal 2001. Le aperture comprendono lo store Mango Kids all’interno del centro commerciale Città Fiera di Martignacco (Udine) – dove il retailer spagnolo vanta già un altro punto vendita dedicato alla moda uomo e donna – e lo shop al femminile negli spazi del Quasar Village, centro commerciale di Perugia. Entro l’anno,

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inoltre, Mango punta a inaugurare altri due store sul territorio, precisamente nel centro commerciale Roma Bella Vita di Roma e a Terni. Per il 2021, invece, la pipeline prevede di realizzare altre nuove aperture nelle città di Roma, Gavirate, Casamassima e Altamura. Infine, è in corso l’ampliamento delle due vetrine di Milano. I progetti italiani contribuiscono all’espansione della superficie commerciale del brand che, ad oggi, tocca quota 803mila mq distribuiti in 110 Paesi con una forte presenza in Europa dove possiede più di 1.200 boutique.


DAN JOHN CREDE NELLA RIPRESA: NUOVE APERTURE PER IL BRAND

SOSTENIBILITÀ DELLE RISORSE SICUREZZA ALIMENTARE Un impegno per noi e per le future generazioni

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oraggio e incoscienza» sono le chiavi di espansione di Dan John. Il brand fondato da Daniele Raccah e Giovanni Della Rocca riconducibile alla holding Rinah SpA apre 17 punti vendita in Italia ed Europa. Uno sviluppo iniziato a settembre e che ha dovuto fare i conti con l’emergenza Covid. «Dopo i mesi di chiusura, o si osa, o si chiude. La nostra strategia di business mette il valore umano al centro, e continuare a investire, per noi è la soluzione. Mai smettere di credere nei propri obiettivi», ha affermato Daniele Raccah. Una dichiarazione che arriva in concomitanza con la ripresa del piano di espansione. Nonostante le difficoltà legate alla pandemia e al lockdown, Dan John riprende da dove aveva lasciato a settembre con un piano che, nelle intenzioni del brand, avrebbe dovuto portare i ricavi a 90 milioni per un volume di vendite di 130 milioni presso il pubblico entro il 2022.Tra le aperture targate Dan John, spiccano le due di Milano e le tre di Roma. A seguire il Sud Italia, con Trapani, Crotone, Benevento e Lamezia Terme. All’estero: Londra, Barcellona, Berlino, Malta e Belgrado. Occasioni occupazionali per i nuovi e attuali dipendenti. Dan John, infatti, aveva attivato il progetto di formazione interno. Una sorta di Erasmus che consentiva la mobilità verso i punti vendita esteri per sei mesi, con alloggio a carico dell’azienda.

UNIEURO, CINQUE STORE A NAPOLI CON GRUPPO PARTENOPE

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razie a una partnership pluriennale con uno sviluppatore locale, Unieuro sbarca in forze nella città di Napoli. Secondo l’accordo siglato con Gruppo Partenope, i cinque store oggi operanti sotto l’insegna di un gruppo d’acquisto concorrente entreranno a far parte della rete indiretta di Unieuro, adottandone a stretto giro il marchio e il format in vista dell’avvio della stagione di picco 2020. I negozi – situati in via Monteoliveto, via Leopardi, piazza Vanvitelli e Corso Protopisani e nel comune di Cardito – consentiranno a Unieuro di ottenere da subito una copertura strategica, capillare ed efficace del capoluogo campano, rafforzando al contempo il fatturato del proprio canale indiretto, che già oggi conta circa 240 punti vendita. Il Gruppo Partenope, a sua volta, beneficerà dell’adozione del brand Unieuro, forte e dall’identità distintiva ma ancora sottorappresentato in Campania; godrà di condizioni di fornitura favorevoli, grazie alla scala da leader di mercato sviluppata da Unieuro e trarrà vantaggio dalla presenza omnicanale dell’insegna, capace di generare traffico in punto vendita sfruttando la convergenza dei canali fisici e digitali. Il rebranding e l’adozione del format Unieuro prenderanno avvio immediatamente per concludersi all’inizio del mese di novembre, così da consentire ai punti vendita di beneficiare della campagna commerciale del Black Friday.

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Bollettino Coronavirus

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ono bastati 11 giorni perché il mondo retail riavvolgesse il nastro di questo 2020 fino al 12 marzo, data che ha segnato lo spartiacque nella lotta al Covid-19. Allora, iniziava un durissimo lockdown. Oggi, una serie di Dpcm ha rapidamente riscritto le disposizioni per la nuova normalità che porta il nome di coprifuoco, ma sa tanto di serrata indotta. Abbandonate le precarie abitudini e sicurezze estive, di fronte all’esponenziale aumento dei contagi, il Governo ha deciso di chiudere in modo mirato alcune attività. L’obiettivo? Ridurre, senza imporre, la mobilità dei cittadini che in questo modo alleggerirebbero il peso sul trasporto pubblico locale; vero e proprio punto debole del cordone di contenimento della pandemia.

I Dpcm autunnali

Il decreto del 24 ottobre rappresenta solo l’ultima tappa di una stretta iniziata il 13 dello stesso mese. Un’evoluzione repentina fatta di bozze, anticipazioni, smentite e conferme. Nel momento in cui scriviamo, e al netto delle decisioni a livello regionale, le disposizioni hanno richiesto un prezzo enorme a ristorazione e leisure. Risparmiati il commercio al dettaglio, la GDO e le superfici di grandi dimensioni (con centri commerciali e outlet che hanno subito una stretta nei weekend in Lombardia e Piemonte e ora devono vigilare affinché «venga impedito di sostare all’interno dei locali più del tempo necessario all’acquisto dei beni») nonché il travel retail. «Le attività dei servizi di ristorazione (fra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie) – si legge nel testo in Gazzetta Ufficiale – sono consentite dalle ore 5.00 fino alle 18.00; il consumo al tavolo è consentito per un massimo di quattro persone 18

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Retail, un coprifuoco che sa di lockdown per tavolo, salvo che siano tutti conviventi; dopo le ore 18,00 è vietato il consumo di cibi e bevande nei luoghi pubblici e aperti al pubblico». Insomma, niente più cene fuori (a meno che non siate ospiti di una struttura ricettiva che offre anche il servizio ristorazione). Al massimo si può usufruire dell’asporto o della consegna a casa. Sempre nel testo del Dpcm, infatti, si indica che «resta sempre consentita la ristorazione con consegna a domicilio nel rispetto delle norme igienico-sanitarie sia per l’attività di confezionamento che di trasporto, nonché fino alle ore 24.00 la ristorazione con asporto, con divieto di consumazione sul posto o nelle adiacenze». Fortemente colpito il mondo del leisure in senso lato: palestre e piscine tornano a chiudere i battenti fino al 24 novembre; stessa cosa per cinema, teatri, sale da concerto e parchi divertimento. Ma anche per i ricevimenti e le feste al chiuso o all’aperto. Infine, fra le altre novità introdotte dai Dpcm autunnali, c’è l’obbligo per gli esercenti di esporre all’esterno del locale l’indicazione del numero massimo di clienti ammessi (sempre considerando il limite minimo di 40 mq in cui si entra uno alla volta oltre all’operatore).

Le reazioni

Disposizioni e limitazioni che hanno scatenato l’insofferenza dei protagonisti del settore retail. «Le misure annunciate dal Governo costeranno altri 2,7 miliardi di euro alle imprese della ristorazione», ha fatto sapere Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi). «Con i nuovi limiti di orario si perdono 6 italiani su 10 nella ristorazione, circa il 63% in meno che

6,8 miliardi

Il valore stimato del decreto ristori che dovrebbe supportare le circa 350mila aziende colpite dalle limitazioni del nuovo Dpcm: dal fondo perduto alla CIG, passando per il credito d’imposta sugli affitti commerciali.

5.00-18.00 Il nuovo orario di attività per le imprese della ristorazione che potranno comunque usufruire dei servizi di asporto e delivery fino alle 24.00.

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Il numero di persone non-conviventi consentite a un tavolo. una volta al mese mangiavano fuori casa. La chiusure anticipate alle 18.00 avranno un effetto a cascata sull’agroalimentare nazionale con una perdita di fatturato di un miliardo di euro dovuta alle mancate vendite di cibo e bevande fino al 24 novembre», ha sottolineato Coldiretti secondo cui il consumo fuori casa rappresentava, prima della pandemia, circa il 35% di tutti i consumi alimentari degli italiani. Delle ricadute sull’indotto ne san-


no qualcosa i Grossisti Ho.Re.Ca: «Dietro alla ristorazione c’è una filiera di quasi quattromila aziende e 58mila dipendenti che con il nuovo Dpcm accuserà ulteriori perdite per circa un miliardo di euro», ha affermato il presidente Maurizio Danese che ricorda come nell’annus horribilis che stiamo vivendo il sistema distributivo Ho.Re.Ca. subirà un danno di 8 miliardi di euro (la metà del proprio fatturato). In generale, «l’ultimo decreto produrrà altri danni gravissimi alle imprese: parliamo di circa 17,5 miliardi di euro tra consumi e Pil», ha sintetizzato Renato Sangalli, presidente di Confcommercio.

Ristori e non solo

Cifre e richieste d’aiuto che hanno già trovato una sponda nel Governo che il 27 ottobre ha dato il via libera per un nuovo decreto fiscale ed economico in soccorso alle categorie maggiormente colpite. In totale, il pacchetto d’aiuti messo a punto vale intorno ai 5,4 miliardi di euro. Di questi, circa 2 miliardi di euro saranno destinati ai ristori a fondo perduto, altri 2,6 per la cassa integrazione e circa 150 milioni per il credito di imposta sugli affitti commerciali (scalabile dal costo del canone o cedibile al proprietario immobiliare). L’obiettivo è quello di erogare entro metà novembre gli aiuti economici secondo un sistema di compensazione che prevede quattro fasce in base al volume del danno subito e un tetto massimo di 150mila euro. Differentemente dai precedenti interventi, i ristori non saranno più legati al tetto dei 5 milioni di fatturato all’anno (ma dovranno comunque provare una riduzione di oltre il 50% del fatturato), allargando la platea di aventi diritto a circa 460mila imprese. Per usufruirne, le aziende dovranno farne richiesta direttamente all’Agenzia delle Entrate che, in circa 10 giorni, dovrebbe accreditare la somma nel conto corrente della società (una prassi automatica per chi se n’era già servito nella fase precedente). Infine, il decreto prevede la cancellazione della seconda rata dell’Imu (in scadenza il 16 dicembre) per tutte le aziende colpite dalle nuove limitazioni, l’estensione della CIG a fine gennaio 2021 e la proroga al 30 novembre di quest’anno del termine per la presentazione del modello 770 da parte dei datori di lavoro. N.G. novembre 2020 | retail food

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Parola di Roberto Zoia La carriera di Roberto Zoia, nato nel 1961, è incentrata nel segmento commerciale del settore immobiliare. Nel 1986 entra in Coopsette in qualità di Business Manager, occupandosi della gestione di progetti complessi che riguardano, in particolare, centri commerciali. Nel 1999 passa al Gruppo GS Carrefour Italia come Direttore Sviluppo ipermercati e centri commerciali, per poi diventare, nel 2005, Direttore Patrimonio e Sviluppo di Carrefour Italia. Dal 2006 è Direttore Sviluppo e Gestione Patrimonio di IGD SIIQ Spa, oltre a ricoprire dal 2019 anche la carica di responsabile della Gestione della Rete dei centri commerciali del Gruppo. Al Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali ha ricoperto l’incarico di Presidente della Commissione Sviluppo e Investimenti Real Estate per 6 anni (maggio 2014 - ottobre 2020), a cui segue la nomina a Presidente del CNCC nell’ottobre 2020.

Il nuovo corso del CNCC tra sviluppo del business, comunicazione e rapporti con la politica 22

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di Andrea Penazzi

Con l’elezione dell’ufficio di presidenza, tenutasi il 13 ottobre, preceduta dalla ratifica del nuovo statuto, l’Associazione volta pagina. Il neo presidente, Roberto Zoia, si presenta come primus inter pares e con un programma basato su tre pillar. Nell’immediato, però, focus sulla crisi Covid-19

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ra elementi di continuità e altri di discontinuità sia nella gestione interna sia nelle relazioni esterne, per il Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali inizia l’era di Roberto Zoia. Un’era caratterizzata dalla pandemia Covid-19 che ha scatenato una grave crisi economica, con il comparto dei centri commerciali duramente colpito nel periodo di lockdown e protagonista di una lenta ma significativa ripresa durante l’estate. Ripresa che rischia di essere spazzata via dalle politiche sanitarie anti Covid adottate sul finire di ottobre da alcune Regioni, in primis Piemonte e Lombardia (vedi bollettino alla pag. 18), con prospettive ancora più nefaste per l’imminente stagione invernale. Il top manager, che in IGD SIIQ ricopre il ruolo di direttore patrimonio, sviluppo e gestione rete, è chiamato dunque a riportare l’Associazione ai tavoli della politica, nazionale e locale, perché, se “la politica rappresenta un mezzo e non il fine”, come ha spiegato a R&F lo stesso Zoia nella sua prima intervista da presidente, con questi incontri il CNCC deve tornare ad essere un interlocutore primario e, soprattutto, deve riuscire a preservare la tenuta di un mercato che vale 140 miliardi di euro di fatturato e conta 783.000 posti di lavoro. Innanzitutto, quali saranno gli elementi di continuità e quali quelli di discontinuità rispetto alla gestione precedente? Come ho detto al termine dell’assemblea in cui sono stati eletti l’Ufficio di presidenza e il Consiglio direttivo, questa volta è stata votata una lista, una squadra. E già questo è un primo, forte, elemento di discontinuità rispetto a quando era in vigore il vecchio statuto, che prevedeva il voto sulle singole persone candidate agli organi associativi. Inoltre, sempre in base al nuovo statuto, sono stati allargar-

ti sia l’Ufficio di presidenza sia il Consiglio direttivo, determinando una vera rivoluzione culturale. Venendo agli elementi di continuità, nella precedente gestione si è fatto un grande lavoro soprattutto sulla visibilità del CNCC: in primis è stata ampliata, ulteriormente, la base associativa, ma lo sforzo principale è stato quello di allacciare e consolidare le relazioni con le principali istituzioni, specialmente sul lato politico. Tuttavia, se vogliamo essere davvero leggibili, visibili e incisivi, è necessario avere una governance rappresentativa di tutta la base associativa. In sintesi, garantirò continuità nella gestione dell’Associazione intesa come relazioni esterne, ma porterò discontinuità sul modello di governance, che passa da un presidente con poteri plurimi e investito da un voto personale, a un sistema basato sulla collegialità e costituto da organi che abbiano deleghe e ruoli ben precisi. Quali i principali obiettivi rispetto al suo mandato? Si basano essenzialmente su tre pilastri. Il primo è lo sviluppo del core business, che è composto dal retail fisico e dai centri commerciali. Per raggiungere questo obiettivo è necessario partire dalla valorizzazione delle maggiori professionalità attive nel nostro mondo. Il secondo è la comunicazione, che negli scorsi anni non ha saputo raccontare bene né i nostri successi né, soprattutto, i risultati finanziari. Mentre, come ho ribadito an-

che nel giorno del mio insediamento, se ci sono più investitori e più investimenti in Italia o ancora se i centri commerciali italiani hanno maggiore appeal verso i mercati esteri, ci guadagniamo tutti. Per centrare questo obiettivo il CNCC deve diventare una casa trasparente, che, attraverso la comunicazione, appunto, sia in grado di spiegare le buone performance dei centri commerciali, frutto anche degli ingenti investimenti stanziati nel corso degli anni. Solo in questo modo possiamo invertire la rotta attuale, che vede maggiori flussi di capitali dirigersi verso Spagna e Francia, nonostante per molti aspetti il nostro mercato sia più avanti del loro. Il terzo pillar è la politica, intesa non come un fine ma come un mezzo, con la quale dovremo sederci al tavolo per ottenere in primis una parità di regole tra commercio offline e online. Parità, ad esempio, sugli orari in cui si possono effettuare gli acquisti, sulla tassazione e sui contratti di lavoro. Non credo, tuttavia, che si debba arrivare a una battaglia tra i mondi del fisico e del digitale ma, al contrario, che si debbano attivare delle sinergie, nel rispetto però di regole eque e il più possibile condivise. Riprendendo il concetto di “casa trasparente”, dovranno fornire i propri dati anche quegli associati che sino ad ora si sono dimostrati più restii? Uno dei motivi per cui qualche associato non condivideva i propri dati era dovuto al fatto che la piattaforma di rielaborazione fosse

Questi provvedimenti scomposti, con differenze da Regione a Regione, creeranno incomprensioni nella popolazione e aumenteranno il disagio novembre 2020 | retail food

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Parola di Roberto Zoia gestita esternamente. Di conseguenza il nostro lavoro, che è già stato avviato, prevede di internalizzare la piattaforma, per dare l’assoluta garanzia a tutti gli associati che le informazioni sono e rimarranno riservate. A fronte di questa attività, che garantirà maggiore riservatezza e confidenzialità, riusciremo ad ampliare la base dati del CNCC, che è davvero importante già ora. Forte di tale risultato, tornando al pillar della comunicazione, sottolineo che un ulteriore obiettivo è quello di produrre un paper trimestrale che dia evidenza al mercato degli investimenti, delle transazioni, degli yields, degli affitti, dei fatturati, degli ingressi e di tutte le eccellenze del trimestre. Attività, questa, che dovrebbe proseguire anche dopo la parentesi Covid? Certamente sì. Passando alle relazioni esterne, come saranno imbastite quelle con le altre associazioni? Subito dopo la mia nomina ho ricevuto un messaggio di congratulazioni da tutte le altre associazioni del settore. E credo che questo sia un bel segnale. Ma, andando oltre, noi dobbiamo avere la nostra piattaforma di richieste, di idee e di progetti. Su molti di questi elementi abbiamo e avremo affinità straordinarie con altre associazioni, per cui sono sicuro che su singoli punti troveremo delle alleanze. Ma queste non saranno a 360 gradi in quanto il CNCC è diverso da tutte le altre realtà, essendo un’associazione “di filiera”: rappresenta, infatti, non una ma svariate anime, dalle property, ai retailer, passando per la grande distribuzione, ecc. Parlando di mercato, ad agosto abbiamo visto il primo segno “+” di fianco alla voce del fatturato delle gallerie commerciali, mentre il footfall è arrivato a circa il 90%. Qual è, ad oggi, lo stato di salute del comparto italiano dei centri commerciali? Restando sui dati, posso anticipare che nel mese di settembre il footfall si è attestato sui valori di agosto. I fatturati, invece, li sapremo a breve. I numeri sono quindi confortanti e i centri commerciali si sono dimostrati più resilienti di altri canali. Certamente ci sono categorie che hanno sofferto maggiormente, come il food e il leisure, e su questo sarà necessario che tutte le property trovino delle forme di sostegno specifiche. In questo senso, per favorire un dialogo comune, anticipo che una delle commissioni motore del CNCC sarà proprio quella del food & leisure. 24

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Guardando all’escalation dei contagi e alle misure anti Covid introdotte da alcune Regioni, con cui hanno ordinato la chiusura dei centri commerciali nei weekend, quali sono i possibili impatti economici sul settore e quali azioni intende intraprendere? È ancora presto per calcolare gli impatti di questi provvedimenti. Sicuramente reagiremo in quanto crediamo di esserci comportati bene fin dal periodo di lockdown, non solo rispettando le regole e i protocolli previsti dalle normative di legge e dalle ulteriori prescrizioni delle autorità locali e sanitarie, ma anche dotandoci di linee guida CNCC molto prudenti a tutela della salute dei dipendenti e dei cittadini. I clienti lo hanno capito e, infatti, sono tornati nelle nostre strutture. Questi provvedimenti scomposti, con differenze da Regione a Regione, creeranno incomprensioni nella popolazione e aumenteranno il disagio. Stiamo studiando le iniziative da intraprendere che, ove possibile, condivideremo con le altre Associazioni. Tema locazioni e rinegoziazione dei contratti. Come associazione intendete favorire l’incontro e la soluzione delle controversie tra landlord e tenant? Non è nostra intenzione, in quanto il CNCC non è un’associazione di categoria. Per mia esperienza, inoltre, non credo molto alla contrattazione gestita dalle associazioni su un contratto privatistico quale è il contratto di affitto di azienda o di locazione. Ciò che posso dire è che lo sforzo profuso dalle singole proprietà e dai singoli tenant è stato eccezionale: le comunicazioni fornite da tutte le property quotate dimostrano come queste siano arrivate al 90-95% di accordi sottoscritti con i tenant, per cui non c’è neanche stato bisogno di interventi esterni. Grandi player, soprattutto nel settore del fast fashion, stanno riducendo

la propria presenza fisica in favore di quella digitale. Come intendete affrontare questo trend che in poco tempo potrebbe determinare maggiori vacancy? Alcuni operatori hanno dichiarato di puntare sull’online, per cui si deduce che chiuderanno dei negozi nelle città dove sono sovraesposti. Parallelamente, a mio giudizio, nelle città di provincia dove contano un solo punto vendita non potranno dismetterlo, perché perderebbero appeal anche sul canale online. Non dimentichiamo, infatti, che in quei casi il negozio fisico è un flagship. Quindi non sono preoccupato: il negozio fisico sta dimostrando anche in questa fase che, quando riesce a trasmettere un’esperienza, la gente ci entra e compra il prodotto. Se poi ci saranno vacancy leggermente più elevate non sarà un problema, bensì diventeranno occasioni per sperimentare nuovi servizi, come quelli a vocazione sanitaria, e per inserire ristorazioni più evolute. Indossando per un attimo il cappello di IGD, posso dire che stiamo registrando successi straordinari con tutto ciò che è servizio sanitario. Infine, come si declina il concetto di omnicanalità per i centri commerciali? Credo che anche da questo punto di vista siano stati fatti significativi passi avanti, nella misura in cui oggi i centri commerciali riescono ad attivare e a sfruttare link importanti con il mondo dell’online. Ciò su cui si deve fare ancora molto, invece, è trovare una sinergia tra centro commerciale e retailer. La soluzione sarebbe quella di attivare una politica di CRM comune. E numerosi operatori stanno lavorando proprio in questa direzione. I risultati, in molti casi, sono prossimi ad arrivare e, una volta comunicati, il settore acquisterà ancora più consapevolezza sulle grandi sinergie che si possono attivare tra il mondo dell’online e quello dell’offline. ¢



Retail RE: il punto di vista

Kryalos: la logistica asset class più desiderata

di Andrea Penazzi

Con un portfolio in gestione del valore complessivo di 7,1 miliardi di euro, la società guidata da Paolo Bottelli è fra le più attive del mercato immobiliare italiano. Intervistato sull’impatto del Covid, il ceo scommette sulla logistica. Il retail? “Sconta le dinamiche pre pandemia”

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egli ultimi 18 mesi circa, dall’ingresso di Blackstone in Kryalos Investments Srl con una quota del 35%, il valore del portfolio in gestione alla SGR italiana è cresciuto da 5 a oltre 7 miliardi di euro, con un’incidenza degli asset Blackstone scesa dal 60% a meno del 50%. La società specializzata nel settore immobiliare ha confermato la propria dinamicità persino nell’anno del Covid, con tre operazioni all’attivo anche a ottobre. A inizio mese ha preso il mandato per la gestione del fondo immobiliare ReItaly (tre centri commerciali, un multiplex, tre gallerie commerciali e cinque magazzini di vendita). Del 23 ottobre, invece, l’annuncio della vendita del trophy asset di piazza Cordusio a Milano, ex Palazzo delle Poste, che è stata assegnata in esclusiva a Mediobanca per un club deal di investitori. Ap-

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partenente al fondo Pacific 1 di Kryalos SGR, lo storico palazzo, uno degli edifici più iconici di Milano, verrà ceduto per 246,7 milioni di euro. Sul finire del mese, il trasferimento della gestione del Fondo Immobiliare Urania (6 gallerie commerciali e un retail park localizzati in Puglia ed Emilia-Romagna) a Kryalos SGR. Proprio l’immobiliare retail, oltre a quello logistico, e i rispettivi andamenti in periodo di Covid, sono stati al centro dell’intervista che r&f ha realizzato con il fondatore e amministratore delegato di Kryalos SGR, Paolo Bottelli. Qual è l’impatto del Covid sugli investimenti nel settore immobiliare italiano? Il secondo trimestre è stato caratterizzato da una riduzione notevole dei volumi. In prima-

vera, tutti gli operatori si sono concentrati nel pensare a cosa sarebbe accaduto dopo il Paolo Bottelli, amministratore lockdown, madelegato di Kryalos SGR turando ognuno una propria view. Oggi posso dire che le nostre previsioni si sono rilevate sostanzialmente corrette, con la logistica che si è dimostrata l’asset class più ricercata in virtù di un incremento dei volumi causato proprio dalla pandemia. Investitori che fino a poco tempo fa mai si sarebbero avvicinati a questa tipologia di immobili, ora la guardano con grande interesse anche perché è quella più naturale da osservare. E proprio osservando le dinamiche attuali si evince che in Italia lo stock immobiliare logistico è quasi interamente af-


fittato, con un vacancy rate tendente allo zero, mentre la penetrazione dei consumi online continua a crescere, seppur a ritmi non esponenziali. E questo porta a pensare che in futuro ci sarà ancora maggiore necessità di questa tipologia di prodotto. Tra le altre asset class, vedo un buon interesse per gli uffici posizionati in location centrali e di dimensioni non troppo grandi, e sul mercato residenziale. Al contrario, destano maggiori preoccupazioni le grandi torri direzionali: fino a quando lo scenario attuale non sarà chiarito in via definitiva, questo avrà un impatto chiave sulle scelte delle sedi delle società. Qual è, invece, l’andamento del settore retail? Sul retail grava l’incertezza che, a mio parere, caratterizzava questo segmento anche prima del Covid. Nel senso che durante il lockdown i negozi e i centri commerciali hanno perso di fatto un trimestre di attività, ma oggi, se si analizzano i numeri, non si riscontra un significativo decremento dei consumi rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Addirittura agosto e settembre hanno chiuso con segno positivo rispetto al 2019. Ovviamente, sottolineo, è doveroso fare un distinguo per quelle zone e quei settori che sono toccati dall’assenza del turismo extra UE. In quel caso la crisi si sente ancora molto. Gli operatori, invece, che vivono di clientela domestica o comunitaria sono soggetti a una riduzione dei consumi limitata e in alcuni casi, guardando al nostro portfolio in gestione, si nota anche una certa ripresa. In termini di categorie merceologiche, il trimestre di chiusura ha portato i soggetti già deboli a uscire dal mercato: mi riferisco ad alcuni player del settore fashion e della ristorazione, che hanno subito anche il fenomeno dello smart working. Al contrario, ambiti come i supermercati, i retail park e i factory outlet hanno ripreso tendenzialmente meglio.

Quali le prospettive per il leisure? È evidente che nel breve termine gli immobili a vocazione leisure subiranno l’impatto delle restrizioni anti Covid. Ma sarà un effetto temporaneo, non credo infatti che questa pandemia ucciderà il settore dei cinema ad esempio. A riprova, dopo il lockdown abbiamo visto come la gente abbia ripreso il proprio stile di vita, tornando a fare ciò che ha sempre amato fare. Rinegoziazione dei canoni: con i retailer sono stati trovati accordi soddisfacenti? Devo dire di sì. Rispetto al nostro portfolio in gestione complessivo, quello retail è pari a circa il 20% e, in tale ambito, la quota maggiore è appannaggio del segmento factory outlet che, a sua volta, rappresenta il 70% dei nostri asset retail. Questo canale beneficia di una forte attrattività su più livelli: lato consumatori, i village rappresentano delle destinazioni commerciali dove è anche piacevole trascorrere il proprio tempo libero, con passeggiate all’aperto che restituiscono un maggior senso di sicurezza, e ancora per il fattore convenienza, che in tempi di crisi economica permette una sorta di revenge shopping; lato aziende, queste hanno necessità di smaltire grandi stock di prodotto rimasto invenduto nel secondo quarter. In questo contesto siamo stati comprensivi nei confronti dei nostri inquilini che hanno subito un intero trimestre di chiusura, decidendo di applicare delle condizioni standard finalizzate a trovare accordi soddisfacenti sia per il tenant che per il landlord. Specifico inoltre che i nostri village vivono soprattutto di una clientela domestica, locale, di ritorno, in alcuni casi anche internazionale ma con la caratteristica di poterli raggiungere in automobile. Al contrario, abbiamo una minore percentuale di clientela alto spendente di provenienza asiatica o americana, che, al momento, per ovvi motivi legati al Covid, non può venire nel Belpaese. Rispetto al vostro parco outlet, state continuando a investire per migliorare ulteriormente l’esperienza di visita e di acquisto? Lavoriamo costantemente per rendere sempre più curati, ospitali e accoglienti i nostri outlet,

che si qualificano come mete ideali dove fare shopping in completa sicurezza. L’esperienza del consumatore, per noi, è fondamentale. Ma non solo continuiamo a investire, abbiamo addirittura accelerato nei momenti di lockdown quando siamo stati in grado di effettuare interventi altrimenti impossibili da realizzare. E continuiamo a investire anche a livello di management, che per noi è un vera e propria asset class. Qual è il valore aggiunto dell’ingresso Il vero obiettivo dell’ingresso di un socio istituzionale all’interno di una compagine, quale poteva essere Kryalos lo scorso anno, era innanzitutto quello di istituzionalizzarla. Noi siamo cresciuti moltissimo nell’ultimo periodo, a tal punto da essere diventati uno tra i principali operatori attivi sul mercato, con un valore di portfolio in gestione superiore ai 7 miliardi di euro, contro i 5 di quando abbiamo chiuso l’operazione. Parallelamente, la componente Blackstone, che prima del closing si aggirava al 60%, oggi è scesa sotto il 50%. Il mio secondo obiettivo era quello di spersonalizzare Kryalos, anche nei confronti dei manager e di tutto quello che ruota intorno all’azienda. Infine, considera possibile che il fenomeno americano dei dead mall si manifesti anche in Italia? Tutto è possibile e sicuramente ci saranno strutture che pagheranno la crisi più di altre. In alcuni casi questo è già accaduto. Ma penso che tale fenomeno sarà marginale rispetto a quanto si è verificato in quelle realtà, anche perché la densità di mq retail sviluppati in Italia è decisamente inferiore. Ciò che ritengo interessante capire, invece, è come si convertiranno quelle strutture che non sono ancora “dead” ma che potrebbero diventarlo presto. E in questo caso vedo una possibile convergenza con il comparto della logistica. ¢ novembre 2020 | retail food

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L’osservatorio Urbistat - ADCC

di Luca Amadio data analyst di UrbiStat

L’andamento dei centri commerciali dalla prospettiva dei direttori

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quattro mesi dalla riapertura dei centri commerciali dopo il Covid-19, Urbistat ha condotto la seconda indagine CAWI dell’osservatorio con continuità trimestrale. L’indagine, svolta in partnership con l’Associazione dei Direttori dei Centri Commerciali in Italia, valuta il sentiment dei direttori dei centri commerciali in merito alle affluenze e ai fatturati registrati nel periodo post lockdown nazionale. Il campione dei centri commerciali presi in esame è costituito da 62 centri presenti in 16 regioni del territorio nazionale. Il 23% dei centri analizzati proviene della Lombardia e le altre regioni più rappresentate nel campione sono il Lazio (15%), l’Emilia-Romagna (13%) e il Piemonte (11%). La maggior parte dei centri (53%) sono di medie dimensioni (da 15.000 a 40.000 mq di GLA) e il 64% dei centri commerciali analizzati registra un livello di occupancy (misurato in unità commerciali aperte) tra il 90% ed il 100%. Nel mese di settembre 2020, il 74% dei centri commerciali ha registrato un numero di visite inferiore rispetto allo stesso mese dello scorso anno. La media del calo delle presenze si attesta attorno al -15%. Il 24% degli asset commerciali ha avuto un traffico in linea con quello registrato nel settembre 2019, mentre solamente il 2% ha registrato un numero di presenze superiore. Analizzando invece le vendite del mese di settembre 2020 rispetto allo stesso mese del 2019, il 55% dei centri ha prodotto fatturati inferiori rispetto all’anno precedente, con una media della diminuzione del fatturato del -14%. Il 32% dei centri commerciali ha registrato più o Nel mese di settembre 2020 il fatturato complessivo dei tenant è stato inferiore, superiore o più o meno lo stesso rispetto allo scorso anno (settembre 2019)? V.a. % Inferiore 34 55% Più o meno lo stesso 20 32% Superiore 8 13% 62 100% Nel mese di settembre 2020 le presenze registrate presso il centro commerciale da Lei gestito sono state inferiori, superiori o più o meno le stesse rispetto allo scorso anno (settembre 2019)? V.a. % Inferiori 46 74% Più o meno le stesse 15 24% Superiori 1 2% 62 100% Al momento il livello di occupancy (misurato in unità aperte) del centro commerciale da Lei gestito è … V.a. % Inferiore al 50% 2 3% 50% - 59% 1 2% 70% - 79% 4 7% 80% - 89% 15 24% 90% - 100% 40 64% 62 100% 28

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Stefano Pessina, head of AM Shopping Centers presso Generali Real Estate e presidente di ADCC meno lo stesso fatturato dello scorso anno, mentre per il 13% degli asset il fatturato complessivo dei tenant è stato superiore rispetto al mese di settembre 2019, con una media dell’incremento pari al +5%. Per quanto concerne il fatturato della Ristorazione, la maggior parte dei centri commerciali (88%) mostra nel mese di settembre 2020 un fatturato di bar e ristoranti inferiore rispetto allo scorso anno (con una media del calo del fatturato del -22%). Inoltre, per il 52% dei direttori dei centri commerciali, rispetto al periodo antecedente al lockdown le presenze sono più omogenee lungo l’intero arco della giornata e non sono stati registrati picchi più frequenti in orari specifici. I direttori dei 62 centri commerciali hanno anche espresso la loro valutazione relativa all’impatto del back to school sulle performance in termini di presenze e fatturato. Per il 40% di essi, la riapertura delle scuole ha influenzato positivamente le performance dei centri commerciali, mentre per il 13% l’impatto è stato negativo. Il 47% dei direttori sostiene invece che il back to school non abbia causato nessuno effetto su visite e vendite dei centri commerciali. Per quanto riguarda il recente aumento di casi Covid-19, la maggior parte dei direttori (88%) ritiene che tale aumento stia influenzando negativamente le performance dei centri. Nell’ultimo trimestre (luglio-settembre 2020) l’andamento in termini di traffico e fatturato è stato per il 60% dei direttori in linea con le aspettative, per il 21% superiore mentre per il 19% inferiore alle attese. Per quanto riguarda le previsioni dei 62 direttori in merito a presenze e fatturato per il prossimo trimestre (ottobre-dicembre 2020), la maggior parte di essi è pessimista poiché il 51% dei direttori prevede un calo del traffico e il 45% ipotizza una diminuzione del fatturato. Solamente il 21% dei direttori prevede un aumento delle visite e il 26% un incremento delle vendite. Infine, è stato chiesto ai 62 direttori quali sono le leve (strategiche e di marketing) sulle quali i centri commerciali dovrebbero puntare in questo periodo. Il 76% sostiene che la principale strategia consiste nel trasmettere un senso di sicurezza sanitaria ai clienti (igiene e pulizia), mentre il 71% afferma che le attività promozionali (quali buoni spesa o concorsi promozionali) rappresentino la leva principale in questa fase. Infine, per il 39% dei direttori la presenza nel mondo digital e social rappresenta un ulteriore punto di forza per il rilancio dei centri commerciali. «L’effetto della pandemia continua ad essere l’elemento determinante delle performance dei centri commerciali. Le abitudini della clientela sono parzialmente mutate ma, i dati a disposizione, che vedono un costante miglioramento sia di traffico che di vendite dalla fine del lockdown, fanno sperare in un carattere temporaneo del fenomeno. È ragionevole supporre che, passata la tempesta, si possa tornare sui livelli del 2019», ha dichiarato Stefano Pessina, presidente di ADCC. ¢



Consulenza e formazione

Tertium datur! Soluzioni per il retail tra fisico e digitale

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mmersi nella seconda ondata della pandemia, con diverse ombre all’orizzonte, non bisogna perdersi d’animo. Ce lo diciamo spesso, tutti. Ma non è sempre facile. La voglia di guardare al futuro con ottimismo viene però dagli esempi, da storie che testimoniano la possibilità di riprogettare, di affrontare le difficoltà con uno spirito pragmatico, semplice, efficace. E non è solo teoria. Come raccontano a r&f Francesco Aimi e Saverio Cuoghi, i founder di Tertium, società di consulenza e formazione che ha mosso i primi passi proprio durante le settimane del lockdown primaverile, raccogliendo subito l’interesse di clienti di primissimo piano nel mondo retail, come il celebre fashion brand Moschino e la real estate company Arcus Real Estate, leader nella gestione di outlet villages.

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Francesco, perché Tertium? In lockdown forte era il desiderio di dare consistenza a tanti ragionamenti fatti sul futuro del retail. Unire tecnologia e persone (venditori e clienti) era un bel campo in cui misurarsi, in un momento in cui c’era mancanza di libertà ma abbondanza di tempo abbiamo progettato un pò… Saverio, il nome da dove arriva? Un po’ bizzarro no? Intanto ci piace il latino. È cultura e pensiero. È una lingua pregna di pragmatismo. Volevamo comunicare che c’è una via mediana fra i due eccessi: retail tradizionale o tutto on line. Formazione in aula o su video call. Può esserci il tertium (non) datur. Francesco, ci racconti chi siete, le vostre esperienze? Beh siamo vecchietti in effetti. Ci siamo ritrovati su questo progetto da percorsi ano-

Francesco Aimi Saverio Cuoghi Founder di Tertium mali. Io sono consulente da tanti anni, docente al Sole 24 Ore e Mip Politecnico di Milano e imprenditore in una retail food omnicanale. Saverio, il mio partner in crime, è consulente, fortissimo sui processi e tecnologia, inventore di percorsi legati all’innovazione. Ex compagni di master ci siamo ritrovati per caso. Ho messo dei contenuti


Retail: quali i canali più promettenti nel breve/medio e perché? Il canale più promettente è sicuramente rappresentato dalla vendita online che offre grandi opportunità al cliente che può acquistare tranquillamente da casa. Ma esistono canali analoghi che si possono attivare dal negozio fisico e che sono forniti dalle nuove tecnologie come i video streaming smartglasses, che permettono al cliente di vivere un’esperienza streaming di altissima qualità da casa, o le video chiamate che permettono di mostrare a distanza le collezioni al cliente mantenendo viva al contempo la relazione già in essere, per i clienti fidelizzati, o a costruire e approfondire nuovi contatti. Fondamentale sviluppare e utilizzare tutti i mezzi che permettono di mantenere e fortificare la relazione legando il negozio fisico all’esperienza remota. Su quali linee e necessità avete lavorato in questi mesi? Le attività principali sono sicuramente atte a creare nuove relazioni con il cliente, anche a distanza, mantenendo un contatto continuo attraverso gli strumenti tecnologici a disposizione ed attivandone di nuovi. Grande attenzione al cliente al quale fare vivere una vera customer experience anche a distanza o cercare di veicolare in negozio i clienti con i quali vengono mantenuti contatti “online” garantendo tutte le norme di sicurezza che questo scenario richiede. Obiettivo principale è dare un servizio di grande qualità ai LE INTERVISTE clienti vicini, vero tesoro della maison. Sara Bongiorni, Avete scelto Tertium e cominciate con Retail Director, Moschino loro un lavoro molto interessante. Che goal ha l’impostazione Tertium? Gamification? Come vivete Customer Experience? in Moschino Interazione fisico-digitale? questo periodo Valorizzazione delle persone e “eccezionale”? del punto vendita? Ci troviamo di fronte ad Abbiamo scelto Tertium perché abuna situazione che per biamo amato il progetto che ci è statutti era impensabile fino a pochi mesi fa. Lo scenaSara Bongiorni to presentato. Il cliente viene messo al centro delle attività retail attraverso un rio attuale vede chiaramente un cambiamento culturale che permette all’acrallentamento nelle vendite del canale fisico quirente di vivere un’esperienza unica e proprincipalmente dovute alla mancanza di strafondamene connessa con il dna del brand. La nieri e turisti. Siamo consapevoli che le magtecnologia diventa cosi mezzo e supporto per giori criticità sono appena iniziate e si presenespandere la customer experience che diventeranno in modo più insidioso nei prossimi ta il fulcro delle attività relazionali. Nasce mesi. Tuttavia, a partire dal lockdown dello l’importanza del training formativo al persoscorso marzo l’opportunità che si è presentanale di vendita atto a comprendere al meglio ta è stata quella di ripensare al nostro modello il cliente, ad utilizzare un nuovo linguaggio di business e a come rivalutare la retail expee, perché no, a farlo anche divertire. In querience orientandola più sul mondo digitale e sto momento vince chi pensa out of the box e rifocalizzando le attività sulla clientela locaTertium pensa in questo modo. Fondamenle. Il che si traduce in un maggiore servizio tale pensare al retail “fuori dalle regole stanal cliente. Ci aspettano sicuramente ancora dard”, utilizzare nuovi codici, nuovi linguagmesi difficili ma ci stiamo attivando per porgi, il gioco e il divertimento. re basi solide per affrontare il 2021. su YouTube e Saverio mi ha chiamato dicendo sai che la vediamo uguale? Da lì abbiamo aggregato altre brillanti esperienze. Il fattore comune è essere un po’ dei ribelli, persone cui piace ripensarsi, o come diceva il filosofo, rilanciarsi. Saverio, soprattutto in tempi difficili come questi. Qual è il punto di diversità di Tertium? Mah… credo sia che abbiamo in testa un business model semplice e di valore che adattiamo con grande flessibilità alla marca e alla struttura organizzativa. Il processo tiene, è strategico ma facile da implementare. Usiamo le tecnologie certo ma alla fine sempre brand e persone fanno la differenza. Come diciamo spesso: il pensiero prima della tecnologia! La tecnologia abilita, non deve condizionare. Francesco, appena nati e già clienti importanti, come è possibile? Sono tempi strani, in cui il blasone viene sostituito dai contenuti. Aziende importanti hanno spesso manager capaci. Certo abbiamo rischiato. Ma alla volte non fare nulla è un rischio maggiore. Ci siamo trovati sulla visione, il resto è execution, positività e un po’ di sana pazzia. Poi siamo emiliani… e forse il nostro essere geneticamente positivi in questo momento aiuta anche un po’.

Annalisa Ponti, Head of Retail, Arcus Real Estate Come valutate lo scenario attuale? Nella situazione attuale, il settore Retail deve affrontare un processo di cambiamento e deve necessariamente attuarlo in tempi rapidi per soprav- Annalisa Ponti vivere al repentino cambiamento dello scenario. Negli ultimi mesi il consumatore ha modificato, per cause di forza maggiore, i propri comportamenti di acquisto rivolgendosi sempre più al mondo del digitale sia per acquisire informazioni di acquisto che per concludere acquisti ma, appena è stato possibile, la “shopping experience” fisica si è riconfermata la modalità di shopping preferita dai clienti dei nostri Outlet Village che in questo periodo ci hanno premiato, in termini di visite, in quanto consapevoli di essere in strutture che possono garantire loro sicurezza, qualità di prodotto e valore di servizio. Retail: quali i canali più promettenti nel breve/medio termine e perché? Entrambi i canali retail, sia offline che online, hanno ora paradossalmente maggiori opportunità per raggiungere risultati di successo. In questo particolare periodo storico sono cadute alcune reticenze del passato, sia lato aziende che lato consumatore finale, e si sono aperti nuovi modelli di sviluppo che hanno portato a un’accelerazione dell’evoluzione digitale. È fondamentale che i due canali retail siano sincronizzati e che reagiscano in modo complementare in un’ottica di multicanalità customer-centrica. In questo momento emerge spiccatamente l’importanza del digitale a sostegno del retail fisico e viceversa, con l’obiettivo di poter offrire al cliente un’esperienza di shopping a 360° che coinvolga l’online e l’offline. Quali le necessità principali anche in ottica post covid? Le strutture Outlet, gestite e commercializzate da Arcus Real Estate, hanno l’obiettivo di rendere l’esperienza di shopping quanto più completa e ingaggiante per la clientela e, pertanto, i nostri progetti in campo digitale stanno seguendo questo approccio. La priorità della nostra azienda è sempre più quella di sviluppare strumenti digitali che arricchiscano la shopping experience, lato consumer, e la relazione con i nostri brand partner, lato retail. novembre 2020 | retail food

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Consulenza e formazione Negli ultimi mesi, ci siamo concentrati soprattutto nello sviluppo di strumenti digitali come per esempio il programma di “Retail Academy” dedicato ai nostri brand partner ed i sistemi di “salta la fila” e prenotazione vendite su appuntamento ed il lancio di un nuovo “loyalty program” per ingaggiare e fidelizzare il nostro consumatore. In pipeline, abbiamo lo sviluppo di nuovi progetti digitali con l’obiettivo di migliorare l’esperienza del consumatore in store, e fornire maggiori strumenti ai nostri partner per raggiungere questo obiettivo. Avete scelto Tertium e lavorato con loro già da alcuni mesi. Che goal ha l’impostazione Tertium? Gamification? Customer Experience? Interazione fisico-digitale? Come? Con il partner Tertium si è sviluppata una forte sinergia grazie alla condivisione di valori, obiettivi e soprattutto la volontà di cimentarsi in progetti innovativi. In particolare abbiamo lanciato il progetto “Retail Reload Academy”, un programma interamente “customizzato” per il modello di business e di servizio dei nostri Village, i cui obiettivi sono stati quello di fornire, attraverso la formazione a distanza, strumenti e supporto agli staff di vendita dei nostri brand partners in modo che potessero affrontare il

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ritorno alla realtà post-covid con motivazione e determinazione. I temi affrontati hanno toccato diversi ambiti tra cui l’analisi delle evoluzioni dello scenario, la crescente necessità di interazione fra digitale e fisico, l’analisi dei nuovi comportamenti del consumatore,

gli aspetti motivazionali per i team di vendita. I workshop proposti si sono dimostrati estremamente apprezzati dai nostri brand partners sia per l’attualità dei contenuti proposti, sia per la modalità di svolgimento innovativa ed ingaggiante delle sessioni. A.A.




Gli affitti retail a Milano (e in Lombardia) prima e durante il Covid

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er molti versi la crisi sanitaria ha accelerato fenomeni esistenti; per altri, invece, ha stravolto trend che sembravano consolidati. Basti pensare, sul primo fronte, alla crescita esponenziale dell’eCommerce (soprattutto durante il lockdown) e alla vocazione sempre più local dei consumatori italiani; mentre, sul secondo fronte, all’impatto sulla ristorazione fuori casa, dovuto essenzialmente alle norme di distanziamento sociale, e sul segmento luxury, che paga l’assenza di turisti stranieri e in particolare di quelli altospendenti di provenienza extra UE. Ma, in un contesto retail sempre più digitalizzato e in rapida evoluzione, il punto vendita rimane centrale sia nella strategie dei brand sia nelle logiche di consumo. Di seguito, quindi, proponiamo due survey focalizzate sui canoni di locazione e sui rendimenti della città di Milano (e non solo), esemplificative dei trend ante e post Covid.

E&V Commercial: Retail Market Report Milano - Lombardia 2020

I dati e i valori riportati dal Retail Market Report Milano - Lombardia 2020, realizzato da Engel & Völkers Commercial, fotografano la realtà delle città di Milano, Bergamo,

Monza e Brescia alla vigilia dell’emergenza Covid, «in un momento in cui il mercato retail si apprestava ad affrontare sfide epocali che il lockdown ha inevitabilmente esasperato. Trend e cambiamenti che erano fino a pochi mesi fa in gestazione sono ora apprezzabili sotto i nostri occhi - ha illustrato nell’introduzione Gianluca Sinisi, licence partner di E&V Commercial Milano e Lombardia - Ma di accelerazione si tratta: l’emergenza sanitaria ha per certi versi modificato ma non annichilito il punto vendita. Il negozio resta fondamentale per la promozione del brand, il suo ruolo come mordente per l’experience insostituibile; il fisico si è reso complice e alleato del virtuale quale viatico all’acquisto, senza tuttavia soppiantarlo. Ciononostante, l’inverno e la primavera del 2020 hanno cambiato il mondo del negozio: nuovi approcci sono necessari, studio e competenza sono le uniche armi per superare le sfide che il retail sta affrontando. Il Market Report Retail costituisce quindi un’analisi immobiliare, economica e sociale di 25 indirizzi commerciali della città meneghina e altrettante vie di Bergamo, Monza e Brescia». La top location di Milano è via Montenapoleone. Qui i canoni medi vanno dai 6.000

Boom Image Studio

Canoni e rendimenti

Gianluca Sinisi, licence partner di E&V Commercial Milano e Lombardia ai 10.000 €/mq, i rendimenti teorici si attestano intorno al 2-3%. Nella via per eccellenza del lusso milanese, però, trovare opportunità in locazione è complesso in quanto è caratterizzata da una certa staticità e da un turnover molto basso. La Galleria Vittorio Emanuele II rappresenta l’unica valida alternativa a via Montenapoleone. Lo spazio, però, è di proprietà del Comune di Milano e la scelta del tenant è regolata da asta pubblica. Anche qui i canoni medi vanno dai 6.000 ai 10.000 €/mq. Tra le altre top location meneghine si segnalano Via Torino (canoni medi che vanno dai 1.500 ai 2.000 €/mq, i rendimenti teorici si attestano intorno al 3,5-4,5%), Corso Vittorio Emanuele II (canoni medi che vanno dai 4.000 ai 10.000 €/mq, i rendimenti teorici si attestano intorno al 2,5-3%), Piazza Gae Aulenti (canoni medi che vanno dai 1.500 ai 2.000 €/mq, i rendimenti teorici si attestano intorno al 4-4,5%), Corso Buenos Aires (canoni medi che vanno dai 1.500 ai 2.000 €/mq, i rendimenti teorici si attestano intorno al 5-5,5%) e Corso Como (canoni medi che vanno dai 700 ai 900 €/mq, novembre 2020 | retail food

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Canoni e rendimenti i rendimenti teorici si attestano intorno al 5,56%). E ancora l’analisi include Via Bagutta, Via del Gesù, Via Manzoni, Via Santo Spirito, Via Sant’Andrea, Via della Spiga, Corso Venezia, Via Verri,Via Borgospesso, Corso Matteotti, Via Orefici, Corso di Porta Ticinese, Via Broletto, Via Dante, Corso Magenta, Corso Vercelli, Corso XXII Marzo e Via Borsieri. Guadando invece alle altre città capoluogo prese in analisi, Via XX Settembre, a Bergamo, è uno dei quattro ideali lati di quello che può essere definito il “quadrilatero bergamasco della moda”. La via registra canoni medi che vanno dai 280 ai 450 €/mq, i rendimenti teorici si attestano intorno al 6,5-7%. Via Italia, a Monza, è animata da numerose boutique di pregio e locali molto frequentati da turisti e italiani. La via registra canoni medi che vanno dai 180 ai 380 €/mq, i rendimenti teorici si attestano intorno al 5,6-6%. Corso Giuseppe Zanardelli, a Brescia, è un punto centrale per importanza e ubicazione. Il corso registra canoni medi che vanno dai 320 ai 350 €/mq, i rendimenti teorici si attestano intorno al 4-5%.

World Capital: Milano, il valore è nelle secondary street

Un negozio a Milano rende il 5,7% dell’investimento. È questa il risultato a cui è pervenuto l’ultimo studio World Capital sul mercato

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Andrea Faini, ceo di World Capital retail RE commerciale nel capoluogo lombardo. Da sempre capitale dello shopping, la città meneghina ha dovuto però affrontare lo shock della serrata, il rischio di sostenibilità delle attività e il tema canoni. Un colpo che ha fatto calare del 20% i rendimenti immobiliari nel primo semestre del 2020 con le high street del lusso che soffrono più delle secondary street con rendimenti rispettivamente del 3,3 e del 5,7%. «In generale le zone commerciali più resilienti sono quelle vissute, vicino ai centri cittadini e che ospitano negozi di prossimità. Locali che in questi ultimi mesi hanno riscoperto un grande valore agli occhi della popolazione, costretta a limitare i propri spostamenti. Per quanto riguarda le high street, le loro performance sono stante penalizzate dalla mancanza di turismo, soprattutto internazionale. Questo è uno scenario riconducibile non solo a Milano, ma a tutte le grandi città d’arte come Roma, Firenze e Venezia», ha spiegato Andrea Faini, ceo di World Capital. Dinamiche che, visti il recente andamento del tasso di contagio, sono qui per restare anche nel secondo semestre (e non solo). Eppure non siamo ancora di fronte alla fuga dei capitali dal settore immobiliare. Basta il confronto con il rendimento dei titoli di stato italiani (BTP, BOT e CTZ negli ultimi anni sono stati sottoposti a una fluttuazione fra il -0,35 e il +4,8%) per capire

che il brick&mortar tira ancora. «In generale, il settore retail potrebbe trovare una “rinascita” nel post-Covid. Nonostante la propulsione esercitata dall’eCommerce, il negozio fisico può contare su un elemento molto importante per il consumatore, ovvero l’esperienza dell’acquisto», ha affermato Faini. Da qui la necessità di innovare e rinnovare il concetto stesso di negozio: «La mancanza di alternative allo shopping fisico in periodo di lockdown ha generato nuove abitudini nei consumatori, generando l’esigenza di avere soluzioni immobiliari particolari dedicate allo stoccaggio e alla distribuzione delle merci. Per i retailer si è sviluppata la necessità di ampliare e consolidare la rete distributiva, integrando le piattaforme esistenti con un sempre maggior numero di ulteriori percorsi, come per esempio i lockers, meccanismi di preparazione del prodotto per il ritiro oggi nominati click&drive, fino ad arrivare ai rivoluzionari market di condominio. Tutto questo ha portato la logistica a essere considerata un trait d’union tra eCommerce e retail, accrescendo molto il valore dell’asset class agli occhi degli investitori e rendendo il settore molto competitivo rispetto al passato», ha concluso Faini. A.P. e N.G.


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versione Istituzionale accento giallo 100% come scritta SAN CARLO


Trend eCommerce

L’eCommerce sfonda la soglia dei 30 miliardi di euro

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el 2020 gli acquisti online in Italia valgono 30,6 miliardi di euro. A dirlo è l’ultimo report degli Osservatori del Politecnico di Milano. A trainare il settore, le vendite prodotto a +5,5 miliardi di euro per un totale di 23,4 miliardi di euro. Boom per Food&Grocery, Informatica e Abbigliamento. Nell’ultimo appuntamento degli Osservatori della School of Management del Politecnico di Milano (in collaborazione con Netcomm, vedi approfondimento a pagina 50, ndr) sul tema dell’eCommerce B2C (il 21°) sono stati snocciolati gli ultimi dati sul comparto delle vendite online. Un mercato profondamente modificato dall’emergenza Covid e il conseguente lockdown.

I dati

Fra le evidenze dell’eCommerce B2C: emerge che all’aumento delle vendite di prodotto corrisponde una diminuzione dei servizi. Questi dimezzano il proprio valore (-47%), con Turismo e Trasporti fortemente colpiti dalla restrizione alla mobilità (-7,2 miliardi di euro in acquisti). «Quest’anno la dinamica complessiva del mercato eCommerce, a livello globale, nasconde andamenti profondamente differenti nelle sue principali macrocategorie», ha spiegato Alessandro Perego, responsabile scientifico degli Osservatori Digital Innovation. In generale, comunque, si parla di un successo globale: nel 2020 il valore degli acquisti online di prodotto nel mondo dovrebbe raggiungere i 2.600 miliardi di euro (+16% circa rispetto al 2019). 38

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4,8 miliardi

di euro

La cifra a cui si è assestato il comparto Turismo e trasporti che, fortemente impattato dall’emergenza Covid-19, ha ceduto il -56% rispetto allo scorso anno.

Il mercato

Sebbene gli acquisti online nel 2020 soffrano la recessione economica e il minor potere d’acquisto registrando un -3% a 30,6 miliardi, l’eCommerce ha ormai consolidato la sua presenza. La customer journey di oggi, insomma, risente fortemente della nuova normalità in cui viviamo: aumenta la frequenza di acquisto (+79%), l’home delivery rimane la modalità preferita di ricezione dei prodotti da oltre il 93% degli utenti e il contante perde sempre più terreno a favore dei pagamenti digitali. Ma cosa si compra? Nel 2020 l’Informatica ed elettronica di consumo vale online 6,2 miliardi di euro (+20%), l’Abbigliamento 3,9 miliardi (+22%) e l’Editoria 1,2 miliardi (+18%). I comparti emergenti registrano ottimi risultati con ritmi di crescita molto più alti: in particolare il Food&Grocery genera 2,7 miliardi di euro (+70% rispetto al 2019) e l’Arredamento e home living 2,4 miliardi (+32%).In valore assoluto sono tre i comparti che contribuiscono maggiormente alla crescita: dei 5,5 miliardi di euro di incremento totale, 1,1 miliardi sono realizzati dal Food&Grocery, 1 miliardo

dall’Informatica ed elettronica di consumo e 700 milioni dall’Abbigliamento.

La crisi dei servizi

Nei servizi, che crescono dal 10,7% all’11%, il settore Turismo e trasporti subisce un importante arresto. La diffusione del Covid-19 ha danneggiato fortemente il settore, che registra una decrescita del -56% e precipita a un valore di 4,8 miliardi di euro. Riducono il proprio valore anche i comparti di servizio aggregati in “Altro” (-30%) che valgono 805 milioni di euro. Eppure «mai come quest’anno, l’eCommerce ha svolto un ruolo determinante nella riprogettazione delle strategie di vendita e di interazione con i consumatori per fronteggiare la crisi del settore retail post-pandemia», ha dichiarato Valentina Pontiggia, direttore dell’Osservatorio eCommerce B2C.

Paradigma multicanalità

Assunti questi dati, il panorama del commercio al dettaglio si assesta sempre più sul modello multicanale. Nel 2020 sono 46,5 milioni i consumatori italiani che usufruiscono di servizi di eCommerce o per i quali il digitale ha un ruolo nel proprio percorso di acquisto, pari all’88% della popolazione italiana sopra i 14 anni (52,7 milioni totali) e in crescita di 2,6 milioni rispetto all’anno precedente (+6%). Nell’ultimo anno ben 30 milioni di utenti hanno effettuato almeno un acquisto online. Di questi, il 28% è un consumatore multicanale evoluto, che passa con disinvoltura dai canali offline a quelli online e usa Internet in tutte le fasi del processo d’acquisto. N.G.



Case history calzature

Velasca: un passo online, un passo offline di Andrea Penazzi

Nativa digitale ma con un prodotto fortemente ancorato alla tradizione della calzatura made in Italy, la società fondata nel 2013 da Enrico Casati e Jacopo Sebastio è diventata un vero esempio di retailer omnicanale, abbinando alla vendite e alla comunicazione online lo sviluppo monomarca

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elasca nasce nel 2013 con l’obiettivo, la mission, di offrire una scarpa di elevata qualità artigianale made in Italy direttamente al consumatore finale, saltando quindi tutto ciò che costituisce intermediazione e che incide non sulla qualità del prodotto ma semplicemente sul prezzo, perché ad ogni passaggio di mano viene applicato un piccolo mark up». Con queste parole Jacopo Sebastio ha iniziato a descrivere a r&f il brand Velasca, di cui è co-fondatore e ceo insieme al socio Enrico Casati. Parole che fanno trasparire la grande passione per questo progetto cresciuto esponenzialmente rispetto a quando, nel primo anno di attività, fatturava come ogni start up poche migliaia di euro al mese. Ma proprio come capita ad ogni start up, oltre alla passione e alla competenza c’è alla base la scintilla dell’idea, scattata in questo caso dal soddisfacimento di un fabbisogno personale: Enrico Casati (24 anni e business analyst per HSBC Singapore) alla ricerca di scarpe eleganti da ufficio di alta

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qualità a un prezzo ragionevole si affida a suo fratello e al suo migliore amico che da Milano gli consegnano, facendo una deviazione a Bali, un paio di francesine di fattura artigianale. Su quelle spiagge incontaminate Enrico e Jacopo Sebastio (30 anni e consulente per Deloitte a Milano) si chiedono come era possibile che a Singapore non si riuscisse a ordinare un semplice paio di scarpe da una bottega di Milano. Dopo aver deciso, entrambi, di abbandonare le rispettive professioni, i due giovani, rientrati in Italia, danno vita con i propri risparmi a una start up specializzata in scarpe da uomo artigianali rigorosamente Made in Italy e indirizzate ai professionisti come loro. Come nasce e si evolve nel tempo il vostro modello di business? Siamo nati come azienda online only, con l’idea di cavalcare le nuove tecnologie e i nuovi canali di comunicazione, offrendo i nostri prodotti direttamente dal sito web Velasca. com. Dopo aver fondato la società, abbiamo individuato nel distretto marchigiano l’hub di produzione artigianale migliore per i nostri

Jacopo Sebastio co-fondatore e ceo insieme al socio Enrico Casati (a destra) del brand Velasca obiettivi e infine abbiamo avviato la piattaforma eCommerce. Nel primo anno e mezzo abbiamo operato esclusivamente online, senza ottenere un successo particolare. Ancora nel 2014 il fatturato mensile di Velasca si aggirava sui 3.000 euro. Nello stesso anno, a marzo abbiamo ricevuto un primo seed di investimento pari a 60mila euro, cui ne è seguito un secondo a novembre da 120mila euro. Forti di queste iniezioni di capitale abbiamo deciso di provare l’operazione su strada: abbiamo aperto un piccolo temporary store in via Tortona a Milano. Nel giro di un weekend il negozio è


andato a break even e in un mese ha registrato un fatturato di 30mila euro, quindi dieci volte tanto rispetto al giro d’affari precedente. Da quel momento abbiamo compreso quale fosse il nostro modello di business e, da un’azienda di puro eCommerce, siamo diventati a tutti gli effetti un brand omnicanale, mantenendo salda, però, la modalità direct-to-consumer. Come si articola, ad oggi, la vostra rete di vendita fisica? Al momento contiamo 12 botteghe, di cui 10 sono attive. Tre sono a Milano, due attive e una utilizzata per realizzare dei test; due a Roma; una a Firenze, a Bologna, a Torino e a Palermo - l’ultima in ordine di apertura - All’estero ne contiamo una sia a Parigi che a Londra, mentre la terza, a New York, sarebbe dovuta aprire il 12 marzo ma, a causa della pandemia, abbiamo preferito metterla in standby. Tutti i negozi sono di proprietà perché vogliamo che Velasca abbia il contatto diretto con il proprio cliente. Quindi, per noi, che il cliente compri online o offline è esattamente la stessa cosa: il nostro motto è “le scarpe Velasca le trovi solo da Velasca”. E questo ha rivoluzionato un po’ l’idea di fare commercio al dettaglio, perché non abbiamo la necessità che il commesso finalizzi la vendita. Ciò che ci interessa è che il nostro cliente o potenziale tale viva un’ottima esperienza ed esca dal negozio con un sorriso, perché se il brand e le scarpe gli piacciono potrà tranquillamente comprarle dal divano di casa o in una boutique quando, per esempio, trascorrerà un weekend a Bologna, o ancora farsele spedire a Londra se lavora nella City. Come caratteristiche di negozio, invece, preferiamo che non sia troppo grande, mentre come location optiamo per vie conosciute ma non commerciali. In questo modo riusciamo a contenere i costi fissi. Quali sono, quindi, le dinamiche di sell out tra off e online? Prima del Covid, nel 2019 abbiamo totalizzato un fatturato lordo di 10 milioni di euro che, al netto dei resi, si è attestato sui 9 milioni, di cui il 55% generato online e il 45% offline. La crescita, quindi, è stata abbastanza bilanciata sui due canali. E, per mantenerla tale, la nostra strategia è questa: prima apriamo un mercato, che sia domestico o estero, con la dimensione online. Poi creiamo una base utenti e, una volta raggiunto un numero interessante, chiediamo loro dove vorrebbero che Velasca aprisse una bottega. Da quel momento cerchiamo la location appropriata in base alle loro indicazioni. È interessante notare come il fatturato generato nei 12 mesi precedenti l’apertura di un negozio fisico si moltiplichi circa dieci volte in quello successivo. E se nel primo anno di apertura del negozio fisico il 95% dei clienti di quella specifica città preferisce comprare all’interno dello store, in se-

guito questa percentuale sale al 25% come abbiamo potuto constatare a Milano a distanza di 4 anni dalla prima inaugurazione. Da questo trend si evince che, chi all’inizio compra nella bottega, nel tempo diventa più aperto all’acquisto online, dato che matura una certa fiducia nel brand e la consapevolezza che, qualora la scarpa acquistata sull’eCommerce non dovesse calzare bene, la può riportare in negozio dove trova il brand ambassador che gliela cambia senza alcun costo. E il bilanciamento dei canali si riflette anche nello scontrino medio, che si mantiene sostanzialmente invariato. Qual è l’investimento medio per realizzare una singola bottega Velasca? Tra i 60 e i 70mila euro. Tendiamo a essere molto smart da questo punto di vista, inserendo pochi mobili su misura e tanti in stile vintage. La metratura varia dai 26 mq all’Arco della Pace a Milano ai 60 mq del negozio a Londra, per una media di circa 40 metri quadri. Tendenzialmente preferiamo avere una sola vetrina su strada, perché siamo dell’idea che lo store Velasca rappresenti un mondo da esplorare, di cui il cliente rimane incuriosito intravedendolo da fuori e che quindi decide di entrarvi per conoscerlo. La scarpa, soprattutto se di alta qualità, è uno dei prodotti più difficili da vendere online, come avete superato questo ostacolo? Inizialmente è stata una partita dura da giocare, che abbiamo affrontato puntando su una buona comunicazione e sulle spedizioni e i resi gratuiti. In particolare, la nostra comunicazione, nonostante una fisiologica diversificazione sul mondo offline, rimane al 99% digitale. Lato prodotto, ciò su cui abbiamo lavorato è offrire la stessa calzata su modelli diversi, soluzione non banale perché ogni modello di scarpa prevede generalmente suole, e quindi volumi, differenti. E la bontà di questa strategia trova conferma nel secondo ordine online, che mostra un tasso di reso quasi nullo. Guardando al futuro, nel momento in cui

saranno disponibili applicazioni che permettano di vedere, con un alto livello di precisione e affidabilità, l’effettiva calzata del piede nella scarpa, saremo ricettivi nell’introdurle tra i nostri servizi. Infatti siamo già in contatto con tutte le società che potrebbero sviluppare un giorno questa tipologia di software. Guardando al 2020, quali sono i riscontri sulle vendite e sulle dinamiche di consumo? Year-to-date siamo allo stesso livello dello scorso anno, nonostante durante il lockdown sia stata persa la quota di fatturato generata dai negozi, pari al 45% del totale. Dalla riapertura, però, siamo tornati a lavorare su ritmi brillanti e oggi possiamo definirci soddisfatti, con la speranza che non siano imposte ulteriori restrizioni alla vendita fisica perché prevediamo risultati molto importanti nei prossimi tre mesi. Tra le principali evidenze di questo periodo, pur avendo speso il 30% di marketing in meno i nostri clienti hanno dimostrato di continuare a seguirci; e parallelamente abbiamo visto uno shift importante tra offline e online e tra nord e sud Italia: a causa dello smart working molti professionisti che si recavano nei negozi di Milano hanno fatto acquisti online dalle rispettive città di origine. Ovviamente, in parallelo, il conto economico si è un attimo depauperato in città come Milano, appunto, e Torino. Un cambiamento è stato notato anche sui modelli acquistati, a vantaggio di quelli più casual e informali. Infine, quali i progetti pensando al futuro? In primis quello di consolidare il brand Velasca sia in Italia che all’estero. Ma ci sono anche altri pilastri tra cui, forti della capacità di produrre scarpe di qualità artigianale, aprire al target femminile. E, facendo leva su un asset strategico quale è la proprietà del dato, vendere allo stesso cliente altri prodotti di qualità individuati tra i migliori distretti dell’artigianato italiano. Questi sono ambiti di applicazione percorribili nell’arco di cinque anni. ¢ novembre 2020 | retail food

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Case history Travel retail

Sirio riaccende la stella nel travel retail

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a una crescita del +20% nei primi due mesi dell’anno a un pesante -60% di fatturato a causa del lockdown. Il 2020 a due facce di Sirio SpA racconta dello stravolgimento che molte aziende impegnate nel settore food&beverage hanno dovuto affrontare. Pubblicata la semestrale, l’azienda di Ravenna ha dovuto fare i conti con un ridimensionamento dei ricavi (passati da 36,7 milioni nei primi sei mesi del 2019 a 24,8 milioni nello stesso periodo 2020), un Ebitda ridotto a 3,2 milioni di euro (contro i 10,7 del 2019) e un indebitamento netto di 120,1 milioni di euro (se si considerano anche i parametri IFRS16). Performance su cui è pesato anche un significativo aumento dei costi per mettere a norma i 95 punti vendita della rete di cui 71 nel canale ospedaliero dove Sirio è presente con un servizio di ristoro modulabile e flessibile formato da snack bar, caffetterie e piccola ristorazione veloce ed è stata costretta a implementare le corrette misure anti-contagio. Diverso il discorso per il canale travel

retail, vera e propria scommessa dell’azienda. Dopo le esperienze lungo l’autostrada con 7 aree di sosta (concentrate soprattutto sulla A22) e quelle in aeroporto con i punti vendita La Ghiotta all’aeroporto di Bologna, Napoli e Genova, il 2020 è stato l’anno del debutto ferroviario. Con l’apertura dello store a insegna Zako all’interno della stazione di Genova Brignole e il debutto di Sbuccio a Torino Porta Nuova era arrivata anche l’aggiudicazione della food court di Milano Porta Garibaldi (stazione del network Altarea Cogedim. Uno sviluppo rallentato dalla pandemia, come dimostrano anche i costi per affitti, royalty e utenze marchi che sono passati da 1,3 milioni nel 2019 a 624mila euro nel 2020. Ne abbiamo parlato con l’amministratrice delegata, Stefania Atzori. Dal lockdown alla stagione estiva per arrivare a un nuovo giro di vite autunnale. In che modo Sirio ha affrontato l’emergenza Covid? Che

differenze nei diversi settori in cui è attiva la società? Sin dall’inizio della pandemia, Sirio ha Stefania Atzori, provveduto ad attuare in ceo di Sirio Spa modo puntuale quanto previsto dai Dpcm succedutisi nel tempo. I nostri locali sono per la maggior parte situati proprio là dove si sta combattendo la battaglia più dura: all’interno delle strutture ospedaliere. In applicazione delle regole anti-contagio abbiamo agito su diversi fronti con un duplice obiettivo: la tutela del cliente e la sicurezza dei nostri operatori. Sanificazione dei locali ordinaria e straordinaria, divieto di assembramenti, tempestiva fornitura dei DPI ai nostri collaboratori, implementazione di un sistema di comunicazione efficace, distanziamento dei tavoli, gestione delle code e impiego di packaging usa e getta sono solo alcune delle attività messe in atto negli ultimi mesi facenti parte di una procenovembre 2020 | retail food

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Case history Travel retail dura articolata e meticolosamente aggiornata al fine di contenere il rischio del contagio. Garantendo tali standard di sicurezza, nella prima fase dell’epidemia, l’attività di Sirio è proseguita in 60 dei nostri 96 punti vendita, di cui: 49 nei principali ospedali presidiati, 3 nel canale aeroportuale, 4 sulla rete stradale e altrettanti Burger King solo con il servizio delivery. A partire dal 4 maggio abbiamo riaperto 73 store. Nel primo semestre la perdita è stata di 7,3 milioni di euro. Cosa vi aspettate dal secondo semestre? Continuiamo a lavorare con impegno nel tentativo di arginare le perdite attuando controlli puntuali sui costi. I locali, seppur con diverse contribuzioni in termini di fatturato, sono pressochè tutti aperti e siamo convinti che l’attività scrupolosa di messa in sicurezza dei punti vendita e la nostra professionalità siano nel tempo premianti. Il masterplan al 2022 parla di ricavi totali a 120-130 milioni di euro e l’apertura di 40 nuovi punti vendita. Come sta procedendo? Che futuro per le partnership con Paul, Cioccolatitaliani e Burger King? Le nostre partnership sono solide, continuiamo a lavorare con mutua soddisfazione seppur consapevoli delle sfide derivanti dall’ emergenza che determinano, in taluni casi, uno slittamento delle aperture previste. Anticipo che presto comunicheremo le prime aperture a marchio Paul in location strategiche individuate già nel 2019. Sirio è da sempre attiva nella somministrazione F&B all’interno del canale ospedaliero. Che possibilità/ difficoltà ci sono oggi per questo mercato?

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L’intero settore della somministrazione F&B risente della pandemia, ma Sirio conserva la propria leadership nazionale nel canale ospedaliero. Negli anni il win rate si è sempre attestato tra il 90 e il 100%, compreso durante i primi mesi del 2020. La nostra quasi trentennale esperienza ci consente di gestire le problematiche che coinvolgono il mercato con professionalità e competenza mantenendo immutate le caratteristiche che ci hanno resi leader con 71 store aperti e 4 in apertura. Per quanto riguarda il travel retail, Sirio ha puntato forte sulle stazioni. In che modo questa destinazione può presentare dei vantaggi in termini di ripresa, flussi, vendite, ecc. rispetto ad aeroporti e autostrada? Crediamo che le grandi e medie stazioni rappresentino punti nevralgici delle città italiane non solo come punto di passaggio di viaggiatori e pendolari, ma anche in quanto luoghi di ritrovo situati in posizioni strategiche. Ad oggi siamo entrati in tre importanti stazioni: Genova Brignole, Milano Garibaldi e Torino Por-

ta Susa. Il progetto Garibaldi Food Quarter, ad esempio, si inserisce nell’importante pianificazione ad ampio respiro per la ristrutturazione e riammodernamento della Stazione Porta Garibaldi con la sua congiunzione alla tecnologica Piazza Gae Aulenti, e prevede la realizzazione di una food-court con la compresenza di diverse tipologie di ristorazione. Un nuovo hub gastronomico che offra varietà di offerta di ristorazione, con un mix italiano ed internazionale che promuova il valore aggiunto del prodotto regionale italiano. Sirio sarà presente con 11 punti di vendita e una variegata offerta gastronomica che si articola in 8 differenti brand, tutti con proprie connotazioni di format sia di prodotto che di ambiente: Alice Pizza, Paul, Tigellona, Rovagnati, Acai Sisters, Pizzeria Italiana Espressa, Burger King. A questi si aggiungono ulteriori 4 marchi che completano gli spazi interni alla stazione sugli altri livelli, con offerte complementari a quelle della food-court: Ammu, Casa Infante, Spacco e Paul le Cafe, declinazione di caffetteria del marchio internazionale Paul. Digitale e delivery sono stati i due fenomeni che hanno spinto i consumi nella prima parte dell’anno e si confermano asset imprescindibili per le aziende retail. Come avete declinato questi due temi all’interno di Sirio? Il digitale ha svolto un ruolo cruciale negli ultimi mesi, in quanto canale di vendita sicuro e accessibile a tutti. Con i 4 Burger King il canale digital ha funzionato bene attraverso le principali app di food delivery. L’occasione ha accelerato un progetto di realizzazione di un’app per le ordinazioni anche all’interno dei nostri punti vendita ospedalieri la quale consente di saltare le code scongiurando assembramenti ed effettuare pagamenti online riducendo le occasioni di contatto durante le operazioni di cassa. Dopo un primo test, contiamo di estendere il progetto così da massimizzare i benefici che derivano dalla digital transformation. N.G.



Focus Pagamenti Elettronici

L’anello di congiunzione fra retail e digitale di Nicola Grolla

Carte di credito, di debito, rateali o prepagate. Ma anche dispositivi wearable e utilizzo dello smartphone. Pagare è diventato parte della customer experience, che richiede maggiore integrazione per raggiungere l’obiettivo dell’omnicanalità

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empre più integrato nella customer experience, accelerato dall’ondata digitale e supportato dal Governo, il pagamento elettronico rappresenta l’anello di congiunzione con il futuro dei consumi. D’altronde, già nel 2020 il valore in denaro delle transazioni che attraverso strumenti elettronici diversi vola verso i 270 miliardi di euro. A ricordarlo è uno degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano che a ottobre ha presentato un approfondimento sul tema da cui emerge come il pagamento elettronico sia ormai sdoganato, con un aumento delle frequenze d’acquisto ormai stabilmente sopra quota 83 euro pro capite all’anno. Numeri che sembrano indicare un’inversione di rotta nelle abitudini di consumo degli italiani, da sempre restii ad abbandonare il contante, a favore di una maggiore sicurezza e disinvoltura nell’utilizzo della card. Secondo un report di Assofin, Nomisma, Ipsos e CRIF, stante la preferenza per la carta di debito (il caro vecchio bancomat di cui ne girano 57,2 milioni), il numero di carte di credito circolanti è salito del +3,6% mentre si diffondono sempre più le carte rateali che ora sono 1/5 del totale. Compresi gli indicatori sopra descritti, anche il Governo sembra essersi mosso per tempo lanciando l’ambizione di una cashless society e promuovendo il ricorso al cashback. Dal primo dicembre 2020, le prime 100mila persone che nell’ar-

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Zucchetti? Quali i servizi maggiormente erogati? A differenza del settore hospitality, in particolare hotel e centri fitness/wellness, che è ancora in affanno in termini economici, il mercato della ristorazione è ripartito molto bene raggiungendo i valori pre-Covid. Ciò è dovuto soprattutto al modo in cui gli operatori hanno saputo ripensare la propria attività in ottica digitale, puntando sugli ordini online per i servizi di asporto e per le consegne a domicilio, ovviamente attrezzandosi con apposite app per menù virtuali e gestione degli ordini insieme all’introduzione di moderni sistemi di pagamento per transazioni veloci L’INTERVISTA nella massima sicurezza. In che modo il tema dei pagamenti ha rappresentato una sfida Da sempre a fianco delle aziende, per i vostri clienti? Quali Zucchetti ha visto cambiare le le criticità? E quali le loro esigenze a seguito dell’emeropportunità? genza Covid. Con l’esplosione del La digitalizzazione dei processi commercio digitale e online, inha spinto inevitabilmente la rifatti, la contabilità è diventata il chiesta di moduli per la gestione pivot di una buona gestione omdi pagamenti elettronici, che nicanale. Anche se «le criticità maggiori non sono state tecno- Angelo Guaragni, amministratore è cresciuta esponenzialmente soprattutto dopo l’emergenlogiche ma amministrative, in Zucchetti Hospitality za. Oltre a soluzioni gestioquanto la burocrazia e i tempi nali per le necessità organizzative, contabili di attivazione a livello normativo hanno rape fiscali, alle software house come Zucchetti presentato spesso un ostacolo per le PMI itasono stati richiesti specifici collegamenti ai liane», ha sottolineato Angelo Guaragni, principali gateway bancari tramite disposiamministratore Zucchetti Hospitality. tivi fisici e collegamenti online. Come è andato il primo semestre di co dei prossimi sei mesi avranno effettuato il numero massimo di transazioni con carte e/o altri strumenti di pagamento elettronici, potranno vincere fino a tremila euro. Il meccanismo funziona come una sorta di fidelity card legata a doppio filo con il meccanismo del cashback. Fruibile attraverso l’appoggio all’app IO della Pubblica Amministrazione, il cashback garantisce la restituzione del 10% della spesa sostenuta per un ammontare massimo di tremila euro di speso e minimo 50 transazioni all’attivo. Ma cosa ne pensano gli operatori del settore? Le esperienze di Zucchetti, Visa, Nexi e Clearpay.


Case history di successo da condividere? La pandemia ha cambiato le nostre abitudini e ci ha indotto a evitare il più possibile le lunghe code in fila alle casse. Per questo motivo Zucchetti, insieme a una multinazionale italiana della ristorazione ha messo a punto un servizio che offre la possibilità di prenotare, pagare e successivamente ritirare il proprio ordine in autostrada, tutto tramite una semplice app. Oltre alla comodità e al risparmio di tempo, si garantisce la massima sicurezza all’automobilista, che può così evitare contatti con altre persone all’interno dei punti vendita avendo corsia preferenziale dedicata. Molto spesso l’omnicanalità si raggiunge attraverso un’integrazione di diversi sistemi di pagamento. Quali sono più “promettenti” e che cambiamenti richiedono ai retailer? Sicuramente l’integrazione dei pagamenti elettronici nelle varie forme dalle card ai pagamenti online con l’utilizzo di sistemi come Satispay e gift card rappresentano l’evoluzione verso un mondo cashless. Per rimanere allineato, il retailer deve adeguarsi rapidamente con sistemi software e hardware idonei per non essere escluso dalla clientela che preferisce sempre di più i pagamenti indicati e non ricorrere al contante. Il cashback si appresta a entrare in operazione. Secondo voi che beneficio può portare ai retailer? Il retailer gestirà meno contante con conseguente riduzione di operazioni di conteggio, versamento, messa in sicurezza e, probabilmente, avrà una diminuzione delle commissioni pagate. Da questo trend è nata, ad esempio, la nostra partnership con Nexi, grazie alla quale le app Zucchetti destinate al mondo HoReCa sono disponibili su tutti gli SmartPOS di Nexi. L’INTERVISTA

Il traguardo del miliardesimo token a livello globale, l’aiuto al commercio di vicinato in collaborazione con Glovo e la possibilità da gennaio 2021 di pagare fino a 50 euro senza inserire il codice Filippo Manca, merchants PIN sono alcune and acquisition manager delle tappe pasdi Visa sate, presenti e future di Visa accomunate dal ricorso al digitale che «offre al retail una serie incredibile di possibilità con i dispositivi mobili a fare da trait d’union fra brand e consumatore», ha rivelato Filippo Manca, merchants and acqui-

sition manager di Visa. Il lockdown e la digitalizzazione accelerata hanno cambiato le carte in tavola per quanto riguarda il mercato dei pagamenti elettronici. Qual è il nuovo panorama e che performance ha totalizzato Visa dalla pandemia ad oggi? I pagamenti digitali hanno svolto un ruolo importante, aiutando i consumatori a fare acquisti e ad accedere ai trasporti pubblici senza entrare in contatto diretto con i terminali di pagamento, e supportando gli esercenti nelle vendite online. Fronte consumatori, gli ultimi dati Visa hanno rilevato un aumento di acquisti online di almeno il 25% in alcuni Paesi europei, mentre il pagamento contactless risulta attualmente la modalità preferita in Europa, con 2 acquisti su 3 in negozio effettuati così. Come è cambiato il profilo del cliente? Se durante il lockdown abbiamo assistito a fenomeni temporanei quali visite al supermercato meno frequenti con valore medio di spesa più elevato, non è stata invece temporanea l’accelerazione verso il digitale. Chi usufruiva dei servizi online già prima di Covid-19 ha intensificato la frequenza e molti consumatori hanno provato l’online per la prima volta. Fronte esercenti, in pieno lockdown, abbiamo visto le tradizionali botteghe di quartiere familiarizzare con i canali eCommerce e con nuove forme di pagamento. Le soluzioni che hanno adottato sono state diverse: terminali mobili mPOS, soluzioni di accettazione dematerializzata, social commerce. Beni e servizi: si spende più per l’uno o per l’altro? Come sono mutate le richieste? Semplificando: il mondo pre-Covid, la distinzione era tra retail fisico/beni e online/ servizi. La pandemia prima e le misure restrittive messe in atto dai governi poi hanno sparigliato le carte facendo accadere in pochi mesi ciò che prima avrebbe richiesto anni. Ne è derivato un aumento significativo della componente digitale anche in store: si guardi per esempio al mondo della GDO con servizi come i locker, i drive&collect, lo smart checkout, ma anche il maggior spazio d’acquisito da quegli operatori terzi che offrono al consumatore il delivery dal negozio da questi indicato. L’omnicanalità è ormai diventata lo standard di ogni brand. E spesso l’anello di congiunzione fra fisico e digitale sono i sistemi di pagamento. In che modo soluzioni come POS e smart checkout possono integrarsi con app e dispositivi mobile? Certo, il pagamento digitale rappresenta

“l’Esperanto” che consente al consumatore di perfezionare il suo dialogo con il brand, indipendentemente dal canale prescelto. Tuttavia, le sfide del business in termini di relazione con il cliente sono sempre le stesse: attrarlo in negozio, offrirgli occasioni di acquisto e mantenerlo ingaggiato. La novità è che il digitale offre al retail una serie incredibile di possibilità veicolando componenti di valore rilevanti e personalizzate. Con i wallet e i token, già oggi il mobile può fare le funzioni della carta di pagamento, sia all’interno dei negozi fisici che online. Oltre a ciò, offre grandi potenzialità legate al tema dell’autenticazione, come nel caso delle credenziali biometriche, ma anche dal punto di vista marketing, legate ad esempio alla possibilità di geolocalizazione. L’introduzione del meccanismo del cashback punta a favorire i pagamenti elettronici. Secondo voi che effetti potrà avere sul mercato italiano? In generale, riteniamo che le misure proposte dal Governo rappresentino uno sviluppo estremamente positivo per il raggiungimento del triplice obiettivo di stimolare la diffusione dei pagamenti digitali, aiutare il paese nel suo viaggio di digitalizzazione e innovazione e limitare il fenomeno dell’economia sommersa. Come player globale, abbiamo visto che in quei Paesi europei in cui i governi si sono attivati per supportare i pagamenti digitali, i risultati sono stati molto positivi. Riguardo al cashback, per esempio in Grecia, dove i consumatori che utilizzavano una carta Visa hanno ottenuto un cashback del 3% sulla spesa nei piccoli negozi di alimentari, il risultato è stato un aumento degli acquisti contactless di oltre il 10% durante la promozione. L’INTERVISTA

Reduce dall’operazione dell’anno nel settore pagamenti, la fusione con SIA che dovrebbe portare alla nascita di una nuova società con capitalizzazione a 15 miliardi di euro, Giulio Vasconi, responsabile Nexi occupa una marketing merchant services quota del 70% del & solutions di Nexi. mercato nazionale. Con questa operazione in fase di finalizzazione inoltre compie un passo importante nel consolidamento di mercato. L’azienda, nata a sua volta nel 2017 dalla fusione di altre due società (ICBPI e CartaSì) è pronta a giocarsi le proprie carte: POS, invisible payments, delivery e molto altro come ha raccontato Giulio Vasconi, responsanovembre 2020 | retail food

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Focus Pagamenti Elettronici bile marketing merchant services & solutions di Nexi. Come descrivere, in breve, lo stato del mercato dei pagamenti in Italia? In Italia i pagamenti digitali rappresentano il 25% dello speso dalle famiglie, la metà della media europea e un terzo di UK e Paesi del Nord Europa. Siamo in ritardo, ma le prospettive di crescita sono importanti e molto si sta facendo per accelerare la diffusione dei digital payments. Non mi riferisco solo allo stanziamento di 1,75 miliardi per il progetto cashback del Governo, ma anche alle iniziative che player come Nexi stanno mettendo in campo ormai da tempo. Come è cambiato il profilo del consumatore nel corso della pandemia? Si è ampliato il bacino di coloro che utilizzano i pagamenti digitali: il lockdown ha spinto ad affacciarsi all’eCommerce anche coloro che non avevano mai effettuato un acquisto online. Inoltre, il fatto che gli strumenti contactless riducano i rischi di contagio, ne ha aumentato l’utilizzo: un trend confermato anche dai recenti dati del Politecnico secondo i quali, nel primo semestre 2020, le transazioni cless sono cresciute del 17% e gli acquisti tramite smartphone dell’80%. La recente operazione con SIA fa di Nexi un player di livello europeo. Quali sono i progetti, soprattutto per l’Italia? È un’integrazione che dà vita a una paytech con scala e competenze che le permettono di competere, a livello anche internazionale, in un mercato in deciso consolidamento. Nasce una grande public company italiana che contribuirà in modo determinante alla modernizzazione del Paese, grazie alla forte spinta che darà alla digitalizzazione dei pagamenti, con vantaggi concreti per cittadini, imprese, Pubblica Amministrazione. La forte accelerazione del digitale e la costante richiesta di integrazione da parte dei retailer passano spesso attraverso i sistemi di pagamento. Che soluzioni offrite in questo senso? Quali i trend? Oltre agli SmartPOS, anche con registratore di cassa integrato, e ai mobile POS, abbiamo lanciato ultimamente diverse soluzioni che supportano gli esercenti in questa fase delicata. L’offerta Micropagamenti che, fino a dicembre 2020, prevede il rimborso delle commissioni sugli importi fino a 10 euro. Il servizio Pay-by-Link, per vendere a distanza inviando ai clienti un semplice link di pagamento via email, sms o chat. L’iniziativa Nexi GO, che fornisce servizi e soluzioni ideali per cogliere nuove occasioni di business e migliorare l’esperienza di incas48

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Pensate che l’attuale crisi economica possa spingere altre realtà all’adozione di sistemi simili? L’attuale clima economico ha portato con sé una maggiore attenzione a trend lungo i quali il mercato si stava già muovendo negli ultimi anni. Fra questi, ne cito alcuni: un forte spostamento verso l’eCommerce e la preferenza per un pagamento a debito che a credito. A livello globale, i giovani utenti sono sempre più attenti ai costi di commissione, gli interessi, il revolving debt, ecc. Millennial e Gen Z che dimostrano una certa avversione verso il rischio finanziario. Un’esigenza a cui noi cerchiamo di rispondere fornendo un servizio di vero e proL’INTERVISTA prio budgeting a favore di una spesa responsabile. D’altronde siamo nati sei anni fa per supportare i Millennial nelle loro abitudini di Dopo lo sbarco in Spagna a setspesa già impattate dalla crisi del 2008. tembre 2020, Afterpay ha Con il brand Clearpay siete appena lanciato ufficialmente sul sbarcati in Italia ed Europa mercato Clearpay: servizio Meridionale. Che prospettive di buy now, pay later che puncrescita ci sono? ta a conquistare Millennial Ad agosto abbiamo annunciato la nostra e Gen Z. Forte di un network di 55.400 retailer (tra Giulio Vasconi, responsabile intenzione di acquisire la compagnia di cui piattaforme digitali del marketing merchant services pagamenti spagnola Pagantis, per una cifra vicino ai 50 milioni di euro, alla fine calibro di Asos, Amazon, & solutions di Nexi. di velocizzarne l’espansione nella regioecc.), raggiunge circa 9,9 ne e capitalizzare la forte domanda da parte di milioni di utenti al mondo, soprattutto donconsumatori e commercianti. L’acquisizione ha ne (70-80%) con transazioni medie di 150 euaiutato Afterpay a entrare nel mercato e identiro. Una proposta «sicuramente rafforzata» a ficare l’Unione Europea come il prossimo step seguito della crisi generata dal coronavirus, logistico per l’espansione internazionale. Tre le ha raccontato Carl-Olav Scheible, ceo Eucaratteristiche principali che ci hanno convinrope di Clearpay. to: tipologia di popolazione e bacino potenziali Quali mercati presidiate e in quali clienti, consolidati settori della moda e del becategorie merceologiche siete auty e un alto numero di utilizzatori di carta di attivi? debito. Nel prossimo futuro, inoltre, il mercato Il nostro mercato principale sono gli StaeCommerce europeo dovrebbe superare i 300 ti Uniti, ma è in Australia e Nuova Zelanda miliardi di euro. che, al momento, portiamo avanti più linee di Quali sono i vantaggi per un brand? business. Oltre ai prodotti moda e bellezza, là Attraverso Afterpay puntiamo a favorire una possiamo contare su un assortimento più macrescita delle vendite per i merchant riduturo con referenze wellness, travel e salute. cendo le frizioni lungo l’esperienza d’acquiInoltre, il sistema Afterpay può essere utilizsto online e garantendo maggiore flessibilità zato per comprare biglietti aerei, occhiali da e potere d’acquisto al cliente. In media, gravista, abbonamenti in palestra e molto altro. zie all’implementazione di Afterpay, le conCome funziona il servizio di dilazione versioni dal browsing all’acquisto migliorano del pagamento? del 10-25% mentre il valore medio per ordine In sostanza, Afterpay permette ai clienti di può raggiungere quote del +50% rispetto ad ricevere immediatamente i propri prodotti altri sistemi di pagamento. e pagare gli acquisti in quattro rate entro un Dal vostro punto di vista, che futuro periodo di tempo determinato; solitamenpuò esserci per il retail fisico? te sei settimane. Senza costi aggiuntivi doDall’inizio dell’emergenza Covid è emerso vuti agli interessi. Nel caso si saltasse una chiaramente quanto sia importante per i rerata, però, si riceverebbe una sanzione amtailer dare forma al concetto di omnicanalità. ministrativa e il temporaneo blocco dell’acSuperare le incertezze affidandosi alla tecnocount. Detto diversamente, il nostro approclogia è cruciale per riaccogliere i clienti in necio prevede un ribaltamento del tradizionale gozio. E in questo senso Afterpay è già pronta sistema delle carte di credito per fare acquiad affrontare il canale brick&mortar come sta sti puntando a generare un circolo virtuoavvenendo in Australia e Stati Uniti, e presto so fra rateizzazione, responsabilizzazione in Gran Bretagna. ¢ e sostenibilità.

so dentro e fuori il punto vendita. Inoltre, attraverso la nuova soluzione Social Commerce, garantiamo ai merchant sprovvisti di un sito di eCommerce due soluzioni specifiche: Easy Delivery, che permette di pubblicare il catalogo o il menù sulla propria pagina social, di ricevere gli ordini e i pagamenti in loco o a distanza, di organizzare la consegna a domicilio o il ritiro presso il punto vendita; Easy Calendar, che consente di creare un’agenda digitale e di offrire il servizio di prenotazione degli appuntamenti in tempo reale pagando a distanza o sul posto.



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eCommerce e digital evolution per il settore food: una crescita dirompente

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l 2020 è stato un anno che ha stravolto le abitudini e i comportamenti di acquisto dei consumatori italiani, che da inizio marzo si sono trovati ad affrontare una nuova normalità. L’emergenza sanitaria ha influenzato tutte le sfere sociali e i comparti economici e il digitale è stato un’ancora di salvezza per garantire la continuità di servizio per numerose attività e per i cittadini. In ambito retail, le modalità di dialogo e di vendita online sono diventate fondamentali: ne è testimonianza l’importante crescita del numero di acquirenti online e delle vendite tramite eCommerce registrate in questi mesi. Proprio il comparto alimentare è uno dei protagonisti nella crescita e diffusione dell’eCommerce sia nei mesi del picco della pandemia, che nel periodo successivo al lockdown. La penetrazione dell’alimentare nell’online è infatti quasi raddoppiata durante la fase uno e, secondo la ricerca svolta da Netcomm in collaborazione con IRI, presentata in occasione di Netcomm Forum, nel 2020 le vendite digitali di prodotti confezionati di largo consumo hanno tenuto una crescita che settimanalmente non è mai scesa sotto il 50%, con il canale virtuale che ha raggiunto picchi del 288%. Anche nella fase post lockdown, il 36% dei consumatori ha continuato a fare la spesa online e la customer satisfaction è addirittura aumentata, arrivando a una valutazio-

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ne di 7,5 rispetto al 6,5 durante l’apice dell’emergenza sanitaria. Il Food & Grocery in particolare è stato uno dei settori a più alta crescita in valore assoluto nel 2020, con oltre 1,1 miliardi di euro di generati in più rispetto al 2019 (per un valore del comparto salito a un totale di 2,7 miliardi). La necessità di soddisfare i nuovi bisogni di consumo ha stimolato, quindi, tutti gli operatori del settore, dai retailer tradizionali italiani, ai retailer internazionali, in modo da accelerare la propria trasformazione digitale, ridisegnando nuove opzioni di acquisto destinate a consolidarsi sempre di più. La consegna a casa è da sempre la modalità di delivery più utilizzata, ma è emerso durante il lockdown come il click & collect, ovvero il ritiro in negozio dei prodotti acquistati online, sia molto apprezzato dagli eShopper nel settore alimentare. E a dimostrarlo è la sua crescita, che è stata del +349%. Nel 2020 il 73% degli italiani (era il 68,5% nel 2019) ha a disposizione un servizio per effettuare la spesa online da supermercato. Seppure con notevoli differenze di copertura territoriale da parte dell’offerta (si passa infatti dalle oltre 10 realtà disponibili in media nelle province con oltre 1,5 milioni di abitanti, alle 2 quando il dato della popolazione si ferma al di sotto dei 300mila), è evidente lo sviluppo di numerosi progetti avviati e consolidati negli ultimi anni.

Il nuovo consumatore, quindi, si aspetta di poter scegliere tra più canali di acquisto e tende a prediligere quelle soluzioni online che gli risultino più affidabili e appaganti. Per il settore Food, più che per altri, vendere online rappresenta però anche un’enorme sfida, soprattutto legata ai processi logistici sottostanti alla vendita stessa. Basti pensare alla gestione della catena del freddo o all’attività di picking and packing che per ogni ordine richiede la preparazione di un pacco composto da un alto numero di prodotti. Un altro aspetto da non sottovalutare è la richiesta dei consumatori di un impegno etico da parte dell’azienda o della piccola attività locale che decide di vendere online. Il cliente di oggi è più responsabile e rispettoso dell’ambiente ed è quindi disposto a valorizzare le realtà che si distinguono come “green”, sia per la qualità sia per l’impegno sociale. Infine, anche il packaging influisce enormemente sulla scelta finale dei consumatori, che preferiscono quelle aziende che utilizzano imballaggi e confezioni riciclabili, così da garantire un facile smaltimento. I fenomeni appena descritti fanno emergere come la crisi sanitaria abbia dato un forte impulso all’evoluzione digitale del settore food ma, ancora più rilevante, mostrano come i servizi digitali offerti siano altamente apprezzati e continueranno ad essere sempre più adottati dai consumatori. Le imprese di questo settore perciò dovranno progressivamente adeguarsi a questo nuovo scenario, integrando i servizi digitali a quelli fisici per offrire ai consumatori esperienze altamente appaganti ed emozionanti. ¢


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Dark Kitchen

Virtuale, cooperativa e senza tavoli: ecco la nuova ristorazione

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a necessità operativa durante il lockdown, a vero e proprio modello di business. La ristorazione sta passando al lato oscuro, quello delle dark kitchen. Un epiteto che racchiude diverse sfumature di significato (vedi box, ndr) e investimenti crescenti. Secondo uno studio Euromonitor, infatti, il valore del mercato delle dark kitchen dovrebbe raggiungere il trilione di dollari nel prossimo decennio grazie alla spinta del delivery che, già nel 2019, ha raggiunto i 107 miliardi di dollari a livello globale (+56%). A dettare il passo, a livello numerico, è senza dubbio il mercato asiatico con Cina e India che, rispettivamente, possono contare su una rete di oltre 7.500 e 3.500 dark kitchen. Negli Usa, invece, il mercato ha raggiunto circa le 1.500 unità. Ma dagli States arrivano le migliori best practice e le case history da seguire anche nel Vecchio Continente.

Dollari, mattone e spazio libero

Fra i protagonisti della crescita delle dark kitchen c’è senza dubbio Kitchen United. L’azienda, specializzata nello sviluppo di questo format, ha appena cambiato i vertici societari (con la nomina di Michael Montagano a nuovo ceo) ma non la strategia di sviluppo. Nei prossimi anni si attende l’apertura di 400 hub e oltre 5.000 cucine. Ma la competizione comincia a farsi dura. L’ex fondatore di Uber Technologies, Travis Kalanick¸ dopo aver lasciato la piattaforma dedicata alle consegne di cibo a domicilio, ha dato vita nel 2017 a CloudKitchens, una start up che in poco tempo è riuscita a chiudere diversi round di finanziamento. L’ultimo, dal valore di 400 milioni di dollari sottoscritto in buona parte dal fondo sovrano dell’Arabia Saudita, è stato utilizzato in parte per estendere la presenza brick&mortar dell’azienda che nell’ultimo

1 trilione

di dollari

Il valore che, secondo Euromonitor, dovrebbe raggiungere il mercato globale delle dark kitchen nel 2030.

7.500

La stima delle dark kitchen attive in Cina. Il gigante asiatico supera India (3.500) e Usa (1.500) per numero di format attivi. novembre 2020 | retail food

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Dark Kitchen Il vocabolario della cucina DARK KITCHEN = Formula base di cucina virtuale che prevede la partizione della cucina di un ristorante già esistente al fine di ricavarne un’area esclusivamente dedicata alla preparazione delle pietanze da asporto o delivery; spesso sotto un nome diverso da quello del ristorante o della catena ufficiale. VIRTUAL BRAND = Il nome tecnico che si riferisce a tutti quei marchi food&beverage nati in seno a una dark kitchen senza l’appoggio a un brand fisico omonimo già esistente né la possibilità di servire i clienti in modo diverso dalla consegna a casa. Trovano un ampio mercato soprattutto sugli aggregatori (come le app di delivery). GHOST KITCHEN = Una cucina strutturata esclusivamente per il delivery da parte di un unico gestore che, al suo interno, può sviluppare più brand attraverso la stessa brigata. CLOUD KITCHEN = Location di proprietà di un imprenditore o di una società immobiliare che viene suddivisa al suo interno in postazioni separate affittate a singoli operatori della ristorazione che così possono sfruttare, in modalità coworking, l’ambiente allestito con strumentazioni sufficienti a preparare pietanze per il delivery. anno ha acquisito circa 40 location per un valore di circa 130 milioni di dollari. Una cifra “scontata” grazie all’attuale stato di crisi del settore immobiliare commerciale pesantemente colpito dalla Retail Apocalypse generata dall’emergenza Covid. Una soluzione a cui anche un gigante come Kroger sta facendo più di un pensiero vista la sovrabbondanza di spazio commerciale a disposizione. Nel Midwest, l’azienda della grande distribuzione americana in partnership con la start up ClusterTruck ha ripreso un progetto pilota lanciato nel 2019. Lo scorso anno in alcuni supermercati, Kroger aveva ricavato circa 450 mq di spazio dedicati esclusivamente alla preparazione dei kit meal di ClusterTruck. Ora il progetto dovrebbe estendersi ad altre location sulla scorta di un commercio elettronico che è cresciuto del 100% per l’insegna GDO.

Dai ristoratori, per i ristoratori

Opposto l’approccio di Wow Bao che punta sui ristoranti ancora aperti offrendo loro la possibilità di diversificare le entrate. Una proposta che si sta rivelando un successo: a ottobre la catena specializzata in cucina asia54

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tica (panini, ravioli, ramen, ecc.) ha comunicato di aver superato quota 100 dark kitchen sul territorio statunitense. Le aperture fanno parte di un piano di sviluppo ideato e lanciato prima della pandemia che si poneva l’obiettivo di fornire ai ristoratori uno strumento capace di aumentare i margini operativi e i profitti. Aspetti che si sono rivelati quanto mai essenziali nel panorama odierno. Differentemente da altri operatori, infatti, Wow Bao offre ai propri clienti la possibilità di ricavare all’interno dei propri spazi un’area dedicata alla preparazione del menu asiatico (i cui prodotti vengono forniti surgelati e pronti per essere cotti al retailer) successivamente distribuito attraverso gli aggregatori. Il tutto per vendite settimanali garantite intorno ai duemila dollari dopo sei settimane di apertura (ma già sono operativi locali che generano 260mila dollari di vendite all’anno) e un guadagno del 40% per il singolo ristoratore. Chi invece ha già le spalle abbastanza larghe, come la catena di barbeque restaurant Famous Dave’s, ha fatto tutto in casa utilizzando il sistema delle dark kitchen come strumento per espandersi nei centri urbani. Da sempre caratterizzato per uno sviluppo nelle aree suburbane (dove il costo degli affitti incide meno), Famous Dave’s ad aprile ha aperto la sua 131° location a Chicago: niente sedute, tavolini, casse ma solo consegna a domicilio e asporto. Un progetto che ha fatto da apripista per la collaborazione fra la parent company BBQ Holdings Inc. e Bluestone Hospitality Group il cui scopo è quello di avviare almeno 25 dark kitchen sul territorio nazionale, la metà delle quali proporrà un’offerta duale che comprende anche il menu del brand Johnny Carino’s.

Modello asiatico

Con un mercato food delivery che, secondo Nikkei Asian Review, vale circa 53 miliardi di dollari non sorprende che l’Asia sia la regione in cui le dark kitchen stanno avendo maggior successo. Così come non sorprende che sia il gigante cinese a farla da padrona con 37 mi-

liardi di dollari di valore derivante da questo segmento del commercio, grazie a una popolazione ormai abituata alle transazioni digitali (il 63% dei consumatori utilizza app e siti web per ordinare cibo). Ecco allora che all’ombra della Grande Muraglia gli investimenti prima diretti verso la ristorazione tradizionale, in calo del -7,5% nel periodo 2016-26, sono stati dirottati sulle dark kitchen. Ne è un esempio Panda Selected che nel giro di un anno ha aperto 103 location per un margine operativo del 20% rispetto al 10% dei ristoranti tradizionali. L’obiettivo è quello di raddoppiare il network grazie a un format che prevede uno spazio di 400-500 mq capace di ospitare dai 15 ai 20 brand che pagano una fee mensile di base che aumenta a seconda dei servizi usufruiti (come l’analisi dei dati di vendita e delivery).

Italia, un mercato in divenire

Alle nostre latitudini, le dark kitchen sono ancora un modello in divenire che, grazie all’accelerazione digitale imposta dal lockdown (vedi servizio sui pagamenti elettronici a pagina … ), periodicamente accoglie nuovi player. L’ultimo in ordine di tempo è la start up Kuiri che, partendo da Milano, ha lanciato sul mercato una formula che offre la possibilità a piccoli e grandi imprenditori di avviare la propria attività di food delivery con un investimento iniziale del tutto accessibile, minimizzando i costi di affitto, personale, pulizie, tecnologia e fornitori. Attraverso smart kitchen grandi circa 15 mq e collocate nelle zone più strategiche della città, Kuiri (che in esperanto significa “cucinare”) non si limita a rifornire clienti chiusi in casa dal coprifuoco ma si appresta ad accoglierli anche sul punto vendita. Il format prevede una vetrina dedicata con totem digitale, una finestra per il pick-up e un dehors con sedute. Insomma, un’evoluzione del concept il cui antesignano è stato Ktchn Lab. L’azienda che ha effettuato il primo ordine a marzo 2019 ha messo in campo, un anno e 100mila clienti serviti dopo, un piano di otto nuove aperture (di cui una all’estero). N.G



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f Servizi e Fornitori News HIKVISION, UN OCCHIO ELETTRONICO SUI FLUSSI

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ontrollo del flusso e rilevazione dei dispositivi di protezione individuale sono le nuove incombenze per i retailer. In loro soccorso arriva Hikvision grazie alla Serie 3, gamma di prodotti rinnovata per unire prestazioni di livello high end e un posizionamento entry level. Disponibili nei formati bullet/turret, con ottica fissa oppure varifocale, queste camere sono in grado di inquadrare un varco di ingresso come una normalissima telecamera, di contare le persone che entrano e che escono e di verificare la presenza della mascherina. Hikvision combina in un unico dispositivo diversi algoritmi di intelligenza artificiale che garantiscono un monitoraggio costante a completo supporto degli operatori. Le informazioni possono essere gestite attraverso un sistema di signage messaging e inviate a un monitor per visualizzare a colpo d’occhio il numero di persone presenti all’interno e il numero di accessi residui consentiti, oltre che la presenza della mascherina. Le segnalazioni si rivolgono anche agli utenti qualora l’applicazione e l’esigenza lo richiedano, come nel caso di assenza della mascherina: visualizzata su un dispositivo dedicato di Hikvision Digital Signage Box permette allo stesso utilizzatore di accorgersi di non aver indossato (o di non aver indossato correttamente) la mascherina. L’utente è allertato sia visivamente (con l’apposita icona che compare sul monitor), sia acusticamente (con l’emissione di un messaggio audio).

SATISPAY ABILITA AUTOGRILL AL MOBILE PAYMENT

I

l colosso travel retail Autogrill sceglie le soluzioni di mobile payment Satispay per abilitare il servizio in 400 punti vendita italiani nei luoghi di viaggio (autostrade, aeroporti e stazioni). La collaborazione rientra nella strategia di Autogrill di garantire ai propri clienti un’esperienza d’acquisto veloce e digitale. A partire dal primo ottobre, è possibile pagare gli acquisti in pochi secondi utilizzando il proprio smartphone senza la necessità di effettuare la transazione con la carta di credito o contanti, «a garanzia della massima sicurezza per gli utenti», ha sottolineato Andrea Allara, chief business development officer di Satispay. L’integrazione dei pagamenti da mobile si inserisce in un progetto più ampio che ha portato Autogrill a lanciare il servizio Click&Good all’interno dell’app proprietaria. Un sistema di ordinazione e ritiro che ora si potenzia in un nuovo strumento di pagamento. «Nell’era Covid abbiamo dato un’ulteriore accelerazione al percorso di digitalizzazione che stiamo implementando con determinazione da anni, grazie anche a partner smart e visionari con cui lavoriamo per garantire ai nostri clienti una esperienza di viaggio unica», ha commentato Daniele Rizzo, cio Europe & Italia di Autogrill.

PIQUADRO E GOOGLE GLASS, UN SODALIZIO CHE FUNZIONA

NEC E BRIGHTSIGN RINNOVANO IL DIGITAL SIGNAGE

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ollaborazione formato video fra NEC Display Solutions Europe e BrightSign LLC. Obiettivo, mettere a disposizione dei clienti una nuova gamma di display di grande formato con funzionalità digital signage integrate. Primo passo, dotare la linea large format NEC MultiSync Serie V dei media player signage OPS BrightSign. «Di fronte ai segnali di ripresa dalla pandemia, il digital signage gioca un ruolo chiave nel dare il benvenuto a clienti ed impiegati con informazioni ed importanti contenuti digitali», ha affermato Nils Karsten, strategic alliance manager di NEC Display Solutions. La nuova combinazione NEC/BrightSign consente di offrire contenuti digitali importanti e targetizzati per informare, intrattenere, indirizzare, ispirare gli avventori di un negozio o i clienti di un ristorante. L’integrazione del media player nel display non solo tutela l’investimento hardware, ma libera l’installazione da qualsiasi vincolo fisico, eliminando la necessità di altri cavi collegati a media player esterni. «L’aggiunta del nostro media player offre ai loro clienti una grande opportunità per qualsiasi display di grande formato, in particolare in quei contesti dove la riduzione al minimo di cavi esterni con hardware integrato è una priorità», ha precisato Jeff Hastings, ceo di BrightSign.

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distanza di due mesi dall’inizio della collaborazione, Piquadro fa il bilancio dell’esperienza con Google Glass. Il servizio, abilitato dalla start-up italiana Bandyer nelle vendite showroom e in boutique, ha permesso al brand di mantenere il rapporto con i propri clienti anche a distanza. «La nostra forza vendita ha trovato i clienti, soprattutto asiatici, entusiasti di poter comprare come se fossero stati nel nostro showroom. Quanto ai nostri negozi, il successo è stato ancora più grande e inatteso: l’80% delle vendite fatte con i Google Glasses si sono trasformate in acquisti e lo scontrino medio di queste vendite è stato del 30% più alto», ha rivelato il presidente e ad di Piquadro, Marco Palmieri. I Google Glass, utilizzati per la prima volta durante la Digital Fashion Week per presentare le nuove collezioni Piquadro, sono stati poi introdotti in sei store monomarca permettendo al personale di vendita di far fare un tour virtuale al cliente, collegato con il proprio smartphone. L’esperienza è talmente interattiva che la clientela Piquadro ha scoperto un impiego aggiuntivo: in caso di regali, il cliente che si è eventualmente recato in negozio per concludere la vendita contatta l’amico e, invece di mandare foto, lo fa scegliere con la videochiamata.


ARIA PULITA CON LE SOLUZIONI MALETTI GROUP

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n anno particolare come il 2020 richiede risposte all’altezza. Lo sa bene Maletti Group, azienda di Scandiano (RE) e leader nella produzione di arredi per saloni parrucchieri, centri benessere e spa, che ha lanciato un nuovo concept di salone in cui spicca il purificatore d’aria UVC-Totem (certificato medico classe 1). L’universale e unico sanificatore per ambienti ideato in collaborazione con Giovannoni Design e con il dipartimento di Medicina Sperimentale dell’Università degli Studi di Perugia nonché sinonimo della continua ricerca e propensione all’innovazione che l’azienda persegue da sempre. Un ottimo alleato di design all’interno di ogni tipologia di spazio come ristoranti, bar, uffici e abitazioni UVC-Totem funziona in maniera molto semplice e immediata tramite la tecnologia UV-C, che ha un effetto antibatterico e in grado di distruggere tutti gli agenti inquinanti, virus, batteri e micro particelle presenti negli ambienti lavorativi. Le goccioline infette tendono al basso, il dispositivo preleva quindi l’aria inquinata direttamente da lì tramite una griglia integrata nella bocchetta d’ingresso che ha l’obiettivo di bloccare gli agenti inquinanti più grossolani, con un primo round di sanificazione. L’aria entra poi nella camera di irradiazione, che si trova a diretto contatto con due tubi a vapori di mercurio che, grazie all’emissione di radiazioni UV-C, proseguono la purificazione con un’azione germicida.

KLARNA PORTA IN ITALIA LA SOLUZIONE RATEALE SCANDINAVA

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el mezzo della crisi dei consumi generata dalla pandemia, Klarna sbarca in Italia con il servizio Paga in 3 rate. La società globale di pagamenti e servizio d’acquisto che ad oggi serve oltre 200mila brand e 90 milioni di consumatori in tutto il mondo, porta nel nostro Paese il proprio sistema di checkout. Presso brand come H&M, Michael Kors e molti altri, i clienti potranno sfruttare la dilazione del pagamento concessa da Klarna. Una volta concluso l’acquisto, i clienti possono scegliere se corrisponderlo in tre rate da saldare mensilmente. La soluzione di pagamento non prevede interessi o commissioni se gli utenti pagano in tempo. Insieme alla nuova offerta, viene presentata anche l’app Klarna, che permette di controllare e gestire i pagamenti, oltre a trovare ispirazione per i propri acquisti. «La vendita al dettaglio sta cambiando rapidamente a causa delle crescenti aspettative dei consumatori italiani. Ora più che mai, i clienti richiedono servizi di acquisto trasparenti e smart che soddisfino le loro esigenze quotidiane. Crediamo che la tecnologia, alimentando esperienze high touch, sia il futuro della vendita al dettaglio, quindi indipendentemente da come e quando i consumatori vogliono acquistare e pagare, noi abbiamo il compito di supportarli. Ecco perché ci concentriamo su soluzioni uniche, che consentono ai consumatori di avere il pieno controllo delle loro spese e dei relativi pagamenti. Siamo entusiasti di lanciare Klarna in Italia oggi e di migliorare così l’esperienza di shopping di tutti gli italiani», ha affermato Sebastian Siemiatkowski, ceo e co-fondatore di Klarna, fondata a Stoccolma nel 2005.

POSTEPAY CON IPRATICO DIGITALIZZA LA FIERA DI RIMINI

DATALOGIC, L’INTEGRAZIONE VELOCIZZA L’INVENTARIO

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n’innovazione tira l’altra per Datalogic che presenta l’integrazione del device PDA Memor 10 con il nuovo lettore UHF RFID 2128P che permette un inventario più accurato e veloce. Grazie all’estensione di nove metri del raggio di lettura nominale (+33% rispetto ad altre unità simili sul mercato) garantita da 34dBm di potenza massima in uscita, la nuova combinazione semplifica il lavoro e aumenta la precisione proponendosi come utile strumento per retail, logistica e manufacturing. Avanzati indicatori visivi e audio, infatti, abbinati a processi integrati e accelerometri, rendono il lettore RFID estremamente personalizzabile per riconoscere i corretti tag ed evitare delle duplicazioni. Per rendere ancora più agile la performance, gli operatori possono collegare il lettore RFID al PDA Memor 10 attraverso un supporto ePop-Loq che consente una connessione cablata ultrasicura per il trasferimento dati.

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on le fiere di rilievo nazionale e internazionale di nuovo accessibili, PostePay e iPratico hanno introdotto un nuovo sistema anti-assembramento che ha debuttato alla Fiera di Rimini. A promuovere l’operazione, la partnership firmata tra Summertrade (società di catering di Italian Exhibition Group) e PostePay, operatore leader in Italia nei pagamenti da mobile e digital con 28,8 milioni di carte associate, 12,6 milioni di app scaricate e 6,4 milioni di wallet attivi. A fare da trait d’union, la softwarehouse lecchese iPratico (specializzata nello sviluppo di soluzioni per gestione cassa su IoS). Nello specifico, nei padiglioni della fiera, è stata introdotta una applicazione per ordinare con QRCode le bevande e il cibo direttamente agli stand. Ogni azienda espositrice coinvolta ne avrà uno a disposizione e riceverà l’ordinazione direttamente dalla cucina e in totale sicurezza gestendo il pagamento in modo digitale ed evitando assembramenti e tempi morti. Inoltre, i titolari di Carta PostePay o Postamat dotati di app PostePay (oltre 12 milioni in Italia) che si recheranno presso i punti di ristoro potranno pagare usando il codice esposto presso le casse e ottenere il 10% di sconto grazie a ScontiPoste, il programma di cashback leader in Italia con oltre 20 milioni di titolari PostePay e Postamat aderenti. novembre 2020 | retail food

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World Travel Retail LABORATORIO SALT LAKE CITY: ECCO GIFTOLOGY

USA – Salt Lake City continua a rinnovare l’offerta. All’aeroporto arriva l’ultimo concept WHSmith. Si tratta di Giftology, concept store dedicato alla scena artistica locale. Dai souvenir all’apparell, dal travel essential al food l’offerta rappresenta il debutto nel canale aeroportuale per Marshall Retail Group.

sione quinquennale per due duty free di 122 e 100 mq. Entrambi i negozi presenteranno l’insegna Montenegro Duty free. In questo modo, ARI sale a sei concessioni internazionali.

HEATHROW SOFFRE: -82% DEI PASSEGGERI

UK – Il piatto dell’aeroporto Heathrow di Londra piange: a settembre il traffico è sceso del -82% rispetto allo stesso mese del 2019 per un totale di 5,5 milioni di passeggeri in meno. A pesare, le restrizioni sulla quarantena dei vari Paesi europei e la mancanza del traffico con gli USA (per una perdita di 32 milioni di sterline al giorno).

CONPENHAGEN ESEMPIO DI SOSTENIBILITÀ

AER RIENTA, OLTRE 200 MQ DUTY FREE NEI BALCANI

MONTENEGRO – Da Dublino ai Balcani, il viaggio travel retail di ARI (Aer Rienta International) si ferma agli aeroporti Tivat e Podgorica in Montenegro. L’operazione si basa su una conces-

SSP GROUP VOLA IN TASMANIA

AUSTRALIA – L’Hobart Airport in Tasmania è l’ultima tappa dello sviluppo di SSP Group. L’azienda specializzata nel food&beverage TR si è assicurata un contratto di quattro anni dal valore di 20 milioni di dollari. Obiettivo, coinvolgere i local hero Liv-eat, Coar River Farm e Cascade per offrire una proposta che va dall’healthy food alla birreria.

DANIMARCA – Sarà il Conpenhagen Airport a fungere da test per il progetto Smart Airport, per un investimento comunitario di circa 17,6 milioni di euro tesi a creare il primo aeroporto carbonfree d’Europa. A guidare i lavori, un consorzio formato da 14 partner. A questi si aggiungono altri scali in Italia, Lituania e Polonia (dove nel 2027 dovrebbe sorgere il nuovo aeroporto di Varsavia).

IGIENE DELLE MANI Eliminate i rischi igienici dai bagni e garantite il

comfort e la sicurezza del personale e degli student IGIENE DELLE MANI

INCHEON SNOBBATO, TOCCA AL GOVERNO

Eliminate i rischi igienici dai bagni e garantite il COREA DEL SUD – I tre maggiori player dell’area snobbano Incheon.

comfort e la sicurezza del personale e degli studenti IGIENE DELLE MANI Lotte Duty Free, The Shilla Duty Free e Shinsegae Duty Free, che com-

pongono la triade attiva nella regione, si sono trattenuti dall’avanzare

Eliminate i rischi igienici dai bagni e garantite il un’offerta per diverse concessioni al Terminal 1. Si tratta del terzo bancomfort e la sicurezza del personale e degli studenti Il sistema RCP per l’igiene

delle man

do a vuoto che ora permette l’intervento del Governo per una trattativa La gamma di dispenser e ricariche garantisce mani pu diretta con i singoli retailer.

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duty free world | 3SIXTY AVVIA IL DIGITAL TR CON GRAB

USA – Grazie a una partnership con la piattaforma eCommerce Grab, l’operatore duty free 3Sixty ha dato avvio alle operazioni di digital travel retail. I passeggeri del Dallas Fort Worth Airport potranno così pre-ordinare una vasta selezione di referenze e decidere se ritirarle al negozio o al gate. Il tutto nel rispetto delle direttive igienico-sanitarie.

HEINEMANN RIAPRE DOPO 196 GIORNI

AUSTRALIA – Riprendono le operazioni di Heinemann all’aeroporto di Sidney. Dopo la chiusura di marzo e 196 giorni di stop in risposta alla crisi Covid, il punto vendita del travel retailer tedesco nel Pier B ha alzato le saracinesche. Numeri contingentati e precauzioni sanitarie sono state implementate, ma a mancare sono i viaggiatori a causa delle restrizioni imposte dal Governo.

MSC MAGNIFICA RIPARTE, SEI CROCIERE NEL 2020

ITALIA – La MSC Magnifica è salpata per la seconda crociera del Gruppo post-lockdown dopo quella inaugurata in agosto. Il viaggio di 10 notti toccherà diverse tappe nel Mediterraneo e verrà riproposto in altre sei occasioni entro il 2020. Ovviamente, la capacità è ridotta del 70% per garantire il distanziamento fisico a bordo e nelle visite a terra.

by Kevin Rozario

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London kevin.rozario.uk@gmail.com

Golden Week was good, but not as good as last year La Golden Week è andata bene, ma non come lo scorso anno

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n this column last month we talked about the importance of domestic travellers as drivers of the travel recovery during the Covid-19 pandemic. This in turn is helping travel retail sales to revive. That revival remains slow in all global regions including Asia-Pacific – but a notable exception is China. Government policy decisions over several years have created a favourable environment for Chinese nationals to shop duty free without going abroad. The offshore island of Hainan has become a duty-free shopping paradise – and the latest allowance hike – trebled to around US$ 14,000 in July – has led to a spending spree. This was highlighted during China’s recent Golden Week holidays (18 October). According to local customs data, duty-free shopping topped US$ 155 million, an increase of almost 150% on the same vacation period in 2019. It is very likely that travellers are also spending more per head due to pent-up demand following China’s strict lockdown earlier this year. Statistics from the Ministry of Culture & Tourism, show that fewer Chinese travelled during this year’s Golden Week. There were 637 million visits to tourist attractions, which was 79% of the level of 2019. Tourism revenue of just over US$70 billion was roughly 70% of the spending last year. Caution is therefore needed. Yes, special cases such as Hainan are seeing shoppers willing to splash their cash, but this is a reaction to the allowance rise, and a willingness to make up for lost time in lockdown. But it is also clear that travel and overall spending are still some way off their usual marks. Economic growth and stability will likely be the ultimate decider of how much the Chinese will want to spend over the coming 12 months. Still, China may be the only game in town for travel retail for a while. In a 2021 global forecast, The Economist says: «The loss of tourism will haunt the retail sector, particularly luxury goods. Even as domestic sales surge in China, the rest of the world will reel from the loss of high-spending Chinese tourists who will be cautious about venturing abroad». Brands, and also travel retailers, will have to go to them instead.

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o scorso mese, in questa rubrica abbiamo trattato dell’importanza dei viaggiatori domestici come driver per il recupero del mercato travel durante la pandemia Covid-19. Un fattore che sta aiutando anche il travel retail a rivivere. Una ripresa che rimane lenta in tutte le regioni al mondo compresa l’Asia-Pacifico – con una notevole eccezione: la Cina. Le politiche decise dal governo di Pechino ha creato un ambiente favorevole per i cittadini cinesi di fare acquisti duty free senza andare all’estero. Da questo punto di vista, l’isola di Hainan è diventata un paradiso e l’ultimo aumento della quota di spesa a circa 14.000 dollari avvenuto a luglio ha aumentato la frenesia da shopping. Soprattutto durante la recente Golden Week (dall’1 all’8 ottobre). Secondo i dati locali, gli acquisti duty free hanno toccato quota 155 milioni di dollari con un aumento di circa il 150% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Un dato molto probabilmente dovuto alla maggiore spesa procapite a seguito della domanda repressa dal rigido lockdown imposto nella prima parte dell’anno. Le statistiche del ministero della Cultura e del Turismo mostrano che meno cinesi hanno viaggiato durante questa Golden Week. Circa 637 milioni hanno visitato le attrazioni turistiche, ma sono solo il 79% del 2019. I fatturati del turismo hanno quindi di poco superato i 70 miliardi, che rappresentano solo il 70% di quanto fatto segnare nel 2019. Si raccomanda quindi una certa precauzione. Certo, casi particolari come Hainan stanno registrando l’arrivo di clienti disponibili a dare fondo al proprio portafogli, ma si tratta di una reazione all’aumento delle quote e la voglia di recuperare il tempo perso. Insomma, il segnale che qualcosa è ancora fuori posto rispetto al normale andamento dei consumi. Alla fine quindi saranno la crescita e la stabilità economica a decidere quanto i cinesi vorranno spendere nei prossimi dodici mesi. In ogni caso, ancora per un po’ la Cina potrebbe rappresentare l’unico mercato disponile per il travel retail. In una previsione globale per il 2021, The Economist ha affermato: «La perdita del turismo perseguiterà il settore retail, in particolar modo il comparto del lusso. Anche se le vendite in Cina dovessero risalire, il resto del mondo soffrirebbe la mancanza di turisti alto spendenti cinesi che rimarranno cauti sui viaggi all’estero». Brand e non solo dovranno andare da loro, piuttosto.

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f International News PINDUODUO, LA LEVA CINESE AI CONSUMI DOMESTICI

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opo la ratifica del nuovo piano quinquennale (2021-25) da parte del governo cinese, il social-commerce Pinduoduo punta a far leva sui consumi domestici. La piattaforma, fondata nel 2015 e ormai giunta a oltre 680 milioni di utenti attivi all’anno, ha messo in campo un progetto di supporto a medi e piccoli brand Made in China al fine di raggiungere nei prossimi cinque anni un totale di 150 miliardi di vendite. Per riuscirci, la strategia di Pinduoduo è quella di rafforzare il proprio business model che fa perno sul rapporto C2M (customerto-manufacturer). Negli scorsi anni, infatti, più di 1.500 aziende hanno usufruito di questo sistema realizzando oltre quattromila prodotti personalizzati che hanno attratto circa 460 milioni di ordini.

AMAZON, LA STAGIONE NATALIZIA SI APRE COL BOTTO

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n attesa di scoprire le cifre del Black Friday (il 27 novembre), Amazon ha aperto con il botto la corsa alla stagione natalizia. Durante il Prime Day, la vendita evento di due giorni dedicata agli utenti Prime (tenutasi fra il 13 e 14 ottobre), Amazon ha totalizzato circa 10 miliardi di dollari di vendite (+45% rispetto al 2019). A trascinare le performance, i circa 3,5 miliardi messi a segno dalle terze parti (+35%). Il motivo? Nel corso dell’ultimo anno Amazon ha ampliato il roster di brand conosciuti all’interno del proprio marketplace. Una scelta che ha depotenziato la spinta impressa dall’azienda di Jeff Bezos al private label.

New Markets Outlook | a cura di Luca Esposito | esposito_mail@yahoo.it

Hong Kong, le reazioni delle aziende al Covid19

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governi di tutto il mondo cercano di contenere la diffusione del coronavirus chiudendo i loro confini, implementando l’allontanamento sociale e limitando il movimento delle persone e gli eventi fisici. Mostre e conferenze aziendali sono state cancellate e le attività commerciali globali sono diminuite drasticamente. Le aziende, di conseguenza, stanno affrontando sfide senza precedenti per sopravvivere. A tal riguardo, è interessante analizzare i risultati di una ricerca svolta su un panel significativo di aziende operanti a Hong Kong, suddivise in tre macro categorie: prodotti di consumo (come abbigliamento, elettronica e regali), servizi per i consumatori (viaggi, finanza personale, catering) e servizi alle imprese (servizi finanziari, industrie creative, tecnologia dell’informazione). Dalla ricerca, che aveva lo scopo di scoprire quali sfide stanno affrontando le aziende nello scenario attuale e cosa si aspettano per il futuro, emerge che sono in atto cambiamenti nelle strategie aziendali per adattarsi a questa “nuova normalità”. E nonostante il 38% delle aziende abbia dichiarato di avere in atto ridimensionamenti del proprio business, le reazioni positive prevalgono rispetto alla rassegnazione e così la maggior parte di esse si è concentrata nel rafforzare la propria presenza digitale (il 69% ha optato per sviluppare i canali di distribuzione online e il 56% ha intrapreso nuove strategie di web-marketing), nella diversificazione in nuovi mercati (57%) e nell’aumento delle dotazioni tecnologiche. Il rafforzamento della presenza digitale di un marchio può essere perseguito sia con lo sviluppo dei canali di vendita e distribuzione online che con l’adozione di strategie di web marketing. Tutti sanno che le restrizioni del Covid-19 hanno fatto crescere in modo significativo lo shopping online nella prima metà del 2020 e la maggior parte delle aziende intervistate ha indicato che intende prendere seriamente in considerazione i nuovi canali digitali come conseguenza della devastante minaccia per la propria attività rappresentata dalla crisi pandemica. Ma è anche aumentata la consapevolezza da parte delle aziende che l’utilizzo del web offre

molteplici vantaggi: i costi di gestione sono inferiori rispetto al canale retail tradizionale, possono essere raggiunti i clienti in ogni parte del mondo, lo shopping è più facile e comodo e la profilazione del cliente è molto utile. Quest’ultimo è forse il vantaggio più interessante, le aziende, raccogliendo i dati sui comportamenti di acquisto e di navigazione dei propri clienti, possono indirizzare i loro gusti e le loro preferenze, personalizzare l’esperienza di acquisto per aumentare i tassi di conversione, incoraggiare gli acquisti ripetuti e accrescere la fidelizzazione. Internet offre un approccio diretto ai marchi per comunicare con i consumatori, imparando ciò che vogliono e integrando il feedback dei clienti nello sviluppo di nuovi prodotti. Una corretta strategia di web marketing, oltre alle vendite, prende anche in considerazione gli aspetti legati alla comunicazione, grazie allo sviluppo integrato con i social media (Instagram, Facebook o WeChat), e alla presenza sui motori di ricerca grazie alla CEO. Le persone oggi sono sempre più diffidenti nei confronti degli annunci a pagamento, i consumatori conducono le proprie ricerche, leggendo le recensioni dei prodotti e cercando consigli dalle comunità online prima di prendere decisioni di acquisto. Anche se un’azienda non vende online, può comunque disporre di un’efficace strategia di marketing digitale in quanto essenziale per la sopravvivenza delle proprie attività. Come abbiamo detto, oltre al rafforzamento dell’online, è ben presente anche la volontà delle aziende di diversificare in nuovi mercati, specie per quelle sbilanciate commercialmente su pochi mercati principali. La diversificazione non necessariamente aumenta i profitti in modo significativo ma può fornire flussi di cassa alternative in momenti difficili. È il caso della pandemia che, partendo dalla Cina, ha colpito prima l’Asia, poi l’Europa, successivamente l’America e infine di nuovo l’Europa, provocando la reazione di misure di blocco dei vari paesi che sono state temporalmente scaglionate.

Fig.1: Hong-Kong – le strategie di business dopo il Covid-19 (HKTDC Survey)

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SKY UK, INGLESI AGLI STORE HIGH STREET

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a chiusura dei pub britannici non sfiducia Sky UK che, forte dei diritti sulla Premier League, ha deciso di sviluppare un network brick&mortar. Il primo store, aperto a Liverpool a metà ottobre, ha l’ambizione di divenire un social hub per i consumatori grazie a un format esperienziale, costruito sul modello dei locali di musica. Diversi palchi proporranno diversi contenuti interattivi oltre ai servizi di vendita e assistenza. A fine 2020 dovrebbero essere cinque i punti vendita attivi con l’ambizione di poter continuare lo sviluppo anche nel 2021, in rispetto delle norme anti-Covid.

AUCHAN RETAIL, ADDIO ALLA CINA: CEDE 480 IPERMERCATI AD ALIBABA

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ddio prezioso alla Cina da parte di Auchan che lascia il Paese asiatico dopo aver ceduto le attività della controllata SunArt al gigante eCommerce Alibaba. Un’operazione da 3,6 miliardi di euro che punta a favorire la rincorsa del marketplace ai competitor internazionali sempre più orientati a uno sviluppo phygital. Seguendo le orme della connazionale Carrefour, Auchan Retail saluta il mercato cinese dopo aver accettato la proposta formulata da Alibaba di acquistare la quota del 36% in SunArt: 484 ipermercati e 150mila lavoratori. Gravata da un debito pari a 2 miliardi di euro, l’avventura di Auchan Retail in Cina si era presto scontrata con le particolarità del mercato. Attiva dal 2000, l’azienda francese della GDO da tre anni aveva aperto le porte a una collaborazione con Alibaba. Il marketplace aveva già rilevato il 36% di quote nel 2017 per 2,8 miliardi di euro. Ora un nuovo passo per rincorrere i competitor sulla strada dell’omnicanalità. «La pandemia ha accelerato la digitalizzazione dei consumatori e la loro propensione all’eCommerce - ha commentato Daniel Zhang, presidente e ad di Alibaba - SunArt ha realizzato impressionati risultati con la digitalizzazione e ora Alibaba vuole capitalizzare le opportunità di crescita che si creeranno nei supermercati cinesi».

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f Vetrina Sysco Davigel presenta Filésime Nuovo brevetto per Sysco Davigel che lancia Filésime. Si tratta di merluzzo carbonaro da zona di pesca FAO 27, sostenibile e processato in Unione Europea. Disponibile in porzioni da 56 e 76 grammi che ne rendono facile l’utilizzo e la manipolazione, le confezioni garantiscono il massimo controllo del food cost e il rispetto delle proprietà della materia prima. Bicchieri Goldplast, uno per ogni birra Agli estimatori delle birre internazionali Goldplast dedica una serie di bicchieri ad hoc riutilizzabili, resistenti e realizzati con materiale riciclabile. Varie forme e capienze, per creare sempre l’abbinamento perfetto tra bicchiere e tipologia di birra, mantenendone intatti gusto e profumo. Completamente infrangibili garantiscono una migliore ritenzione della temperatura.

Kimbo diventa Il Caffè di Napoli Restyling per l’etichetta napoletana attiva dal 1963. Kimbo si ispira al talento partenopeo della tostatura lanciando la linea Kimbo Il Caffè di Napoli. Un claim che diventa centrale sul facing dei pack e altri formati. A beneficiare dell’operazione, la miscela in latta Limited Edition da tre chili che si rivolge ai professionisti del canale Ho.Re.Ca.

Granarolo rafforza la proposta B2B Rafforzamento dell’offerta nell’ingredientistica professionale per Granarolo SpA che lancia Expert. La nuova linea pensata per rispondere alle esigenze dei professionisti della cucina e della pasticceria si basa su due elementi essenziali: burro e panna UHT. Le nuove referenze sono disponibili sul sito MyZero4, la piattaforma B2B di Granarolo dedicata ai segmenti Ho.Re.Ca. e Normal Trade.

Birra Bavaria, nuovo look e analcolica Immagine premium, dettagli eleganti e posizionamento distintivo per il brand olandese, parte di Royal Swinkels Family Brewers. Forte di 300 anni di storia, Bavaria presenta un nuovo look su cui spicca l’iconica etichetta blu con la bussola, affiancata dal bianco e l’argento, con dettagli dorati e in rilievo. Il restyling porta anche una novità: Bavaria 0,0%, la birra analcolica.

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Bonduelle, quattro novità food service Sono quattro le novità per il produttore e distributore di vegetali: Falafel, Snack Basmati, verdure e Cheddar e Snack Spinaci, piselli e provola della gamma Veggy Passion, e i golosi Friggitelli. Le referenze ampliano la gamma Food Service di Bonduelle che risponde all’esigenza della ristorazione e bar di differenziare il proprio menù.


2021 crescere FOTO LORENZO CICCONI MASSI TESTO RENATO KIZITO SESANA

retail&food con Amani per garantire casa, scuola e salute ai bambini e alle bambine di strada di Nairobi, Kenya e Lusaka, Zambia. Questo calendario è dedicato al centro Mthunzi che da vent’anni, a Lusaka, accoglie bambini di strada altrimenti senza speranza. I proventi sono destinati a loro.

Per ricevere questo calendario Amani Ong Onlus Via Tortona 86, 20144 Milano tel. +39 02 48951149 bottega@amaniforafrica.it www.amaniforafrica.it


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f La Foto

Oltre 10mila professionisti in 24 piazze italiane hanno risposto all’appello di Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) che lo scorso 28 ottobre ha indetto una serie di manifestazioni congiunte su tutto il territorio nazionale. Obiettivo? Far sentire il grido di disperazione (e rabbia) verso l’ultimo Dpcm che mette a rischio 300mila posti di lavoro e oltre 50mila aziende. 64

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