Artù 08 09 2016

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Gusto | Tendenze | Mercati

Cover story Davide Oldani e il nuovo D’O Focus wine Les Fa’Bulleuses Focus food Alfonso Crescenzo

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© Ferdinando Cioffi

Agosto Settembre 2016



Editoriale

Ragionevoli

Sul concetto di ragionevolezza nella ristorazione abbiamo scatenato una serie incredibile di prese di posizione. Fra gli chef, nel mondo delle aziende, da parte di chi si occupa di comunicazione. Soprattutto a favore, e questo ci fa piacere, della necessità di affrontare i mercati all’insegna, appunto, del buon senso. Già, ma che cosa intendiamo per ragionevolezza? Secondo alcuni (che fraintendono il concetto o tendono a svilirlo) si tratterebbe di un altro modo di definire il rapporto fra “prezzo e qualità”, tanto amato dalla cultura anglosassone, salvo poi scoprire che a prezzi bassi (o troppo bassi) difficilmente può corrispondere un’offerta di qualità adeguata (anche se siamo disponibili come sempre ad affrontare l’argomento in chiave di marketing, prevedendo le obiezioni). La ragionevolezza secondo Artù non è un sinonimo del price for value, ormai, diciamolo, trito e ritrito. E anche, forse, insensato, quando non si dà alla qualità un valore economico preciso, un benchmark di riferimento da cui non prescindere. La ragionevolezza è

un valore, che esprimiamo attraverso i nostri contenuti e i nostri comportamenti. Per essere più chiari, va detto che a noi interessa la qualità autentica dell’offerta, ovvero: l’attenzione estrema verso le materie prime, l’intelligenza delle cotture, la coerenza delle voci in menù, la stagionalità e la territorialità, quando è possibile, la certezza delle origini. Ma anche il rispetto del cliente, l’impegno totale in cucina e in sala, lo stile del ricevere, la congruità (che non equivale all’economicità) dei prezzi. E, sopra tutto, la BONTÀ dell’esperienza complessiva. In questo numero di Artù, la cui Cover è dedicata a Davide Oldani (un maestro della cucina popolare) che ha aperto il suo nuovo D’O, troviamo molti esempi di quella ragionevolezza che tanto amiamo, al punto di dedicarle questo editoriale. Gianfranco Bolognesi, storico patron della Frasca di Castrocaro, in Romagna, amava parlare del “lusso della semplicità”, sottintendendo che i sapori, il gusto, la freschezza di una linea di cucina potevano essere, allo stesso tempo, semplici e lus-

suosi. E, sempre da quelle parti, Paolo Teverini sottolineava la necessità di essere ragionevoli verso il cliente. Nel senso della autenticità di quanto gli si serve, aggiungeva. Come dire, il secreto iberico (un taglio di carne di maiale allevato a Salamanca) costa meno, ma incredibilmente meno, della pregiata carne giapponese di manzo Wagyu, famoso per la sua tenerezza. Ma entrambi i prodotti sono sinonimo di qualità, seppure di valore diverso ma ugualmente percepiti come oggetto di un’esperienza gusto-sensoriale in cui la qualità è la protagonista assoluta. Qualità che deriva innanzitutto dalla capacità nel selezionare la materia, nel non rovinarla in alcun modo, nel preservarla fino alla destinazione finale: il piatto del cliente e la sua soddisfazione totale. Aimo Moroni è stato grande, fin dagli anni Ottanta, nell’affermare questo concetto di “semplicità e origine” delle materie prime. Una ricerca che comporta fatica, passione, energia, tempo. Ma che dà grandi risultati e appaga il cliente gourmet o semplice appassionato. Ragionevolezza è anche questo: lo Spaghettone cacio e pepe con battuta di triglia di scoglio, proposto da un altro protagonista dei contenuti di questo Artù, Alfonso Crescenzo, è un piatto ragionevole, che sa abbinare alla consistenza di una grande pasta di grano duro la bontà del pecorino crotonese dop semistagionato e la delicata triglia di scoglio del Golfo di Squillace. Piatti ragionevoli, creati grazie a passione e studio, che bene esemplificano quel concetto di buon senso che vi farà dire: non li mangio tutti i giorni, ma quando desidero mangiare bene, so cosa scegliere. Ricordando le parole di Mauro Defendente Febbrari, grande esperto di nutrizione, che ci ricorda come “si debba mangiare solo quando ne vale veramente la pena”. Mai sprecare tempo in cose inutili (e dannose). Un insegnamento di cui tenere conto. In nome della ragionevolezza, appunto. E delle emozioni che ci può dare = Alberto P. Schieppati

1 Artù agosto/settembre 2016


Sommario

Agosto/Settembre 2016

In copertina: nuova location per il D’O di Davide Oldani, ritratto in copertina dallo straordinario obbiettivo di Ferdinando Cioffi, in esclusiva per Artù. Lo spazio di Cornaredo, molto bello e funzionale, è un esempio ragguardevole di design contemporaneo. La cucina POP di Davide Oldani ha finalmente uno spazio espressivo adeguato, dopo anni di “miracoli” da parte dello chef e della sua brigata, costretta a lavorare in dimensioni ben più limitate (ph. Ferdinando Cioffi).

A 4 News Cover story 12 Davide Oldani, è sempre Cucina Pop Storie di successo 18 Il talento di Alfonso Crescenzo Focus food 26 Al Molo 10 la Roma affidabile 30 Van Oosterbrugge, global chef ad Amsterdam 34 Al Carroponte, l’Enobistrò di Oscar 36 Sardegna, Bosa. Offerta “diffusa” 40 La nuova carta? Alla Présef è a quattro mani Focus wine 42 Sette donne sparkling, Les Fa'Bulleuses Format food 48 Piano 35, Torino punta alto 50 Mangiare in campagna, format in crescita 52 Roma, l’impronta della semplicità La ricetta di Artù 54 Insalata Piemontese di Matteo Baronetto La foto di Cioffi 57 Ivan Albertelli Accueil 58 The Conservatorium, lusso ad Amsterdam 62 Masseria Critabianca: il Salento innamorato Dal mondo 64 Sigari, dall’identità nasce il business Equipment 68 Luigi Bormioli, la scienza del vetro 72 Con Harvest la tavola è Natural Chic 74 Brand news Libri 76 Il gusto secondo Paolini. Il cibo secondo Roscioli Alberto’s Choice 78 Hide Matsumoto, Le Api volano alto

direttore editoriale Alberto P. Schieppati

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News A Milano Bottiglie Aperte Dall’1 al 3 ottobre al Palazzo delle Stelline di Milano torna l’appuntamento con Bottiglie Aperte. L’evento, giunto alla sua quinta edizione, si concentrerà su alcuni temi: gli ultimi wine trend, i consigli per gestire al meglio il proprio locale, novità tecnologiche in cantina, il mondo del vino 2.0. Spazio poi alle eccellenze territoriali e alle nuove tendenze di consumo. Organizzato da Blend Srl e Aliante Business Solution sotto la direzione di Federico Gordini, il festival dei vini italiani d’autore vedrà protagonisti 150 produttori e una squadra di esperti del settore. Luogo d’incontro privilegiato per gli operatori del settore enologico e in particolare per i professionisti del canale Horeca, Bottiglie Aperte si presenta quest’anno con un’area dedicata allo Champagne con alcune delle più importanti Maison. ________________________

Agnello e manzo, il Galles da Taglienti Un’occasione irripetibile per gustare i mitici Welsh Lamb e Welsh Beef, proposti da un grande chef del calibro di Luigi Taglienti, da poco a capo del suo nuovo ristorante, Lume, a Milano. “L’agnello gallese Igp è una carne dalle grandi qualità - ha detto Jeff Martin, responsabile HCC Italia -. La tenerezza, il sapore naturale e delicato, la succulenza sono le caratteristiche che ne determinano la bontà”. La versatilità dell’agnello gallese è stata ben interpretata da Taglienti che, nel menù creato per l’occasione, ha proposto ai giornalisti presenti un piatto memorabile come il “Raviolo di magro all’italiana con ragù bianco di agnello gallese Igp”, un esempio di come possa essere declinato al meglio il Welsh Lamb. L’incontro, accanto all’agnello, ha visto co-protagonista il Welsh Beef, ovvero il manzo gallese, declinato da Luigi Taglienti in modo tale da esaltarne la succulenza e la tenerezza, avvolta nella leggera croccantezza prodotta dalla cottura al forno. Hcc, ovvero Hibu Cig Cymru (www.agnellogallese.eu) è l’ente responsabile per lo sviluppo, la promozione e la distribuzione delle carni del Galles. Molto attivo anche in Italia, grazie all’intraprendenza e alla lungimiranza di Jeff Martin, che ha saputo coinvolgere in modo intelligente alcuni dei più bravi chef italiani come, appunto, Luigi Taglienti.

Una nuova casa per il Gruppo Sanpellegrino

Cesari, argenti al Wine & Spirit Competition 2016

L’Orangerie si rinnova con Esposito e Mandozzi

Al via la sfida lanciata da Sanpellegrino per il nuovo progetto dello stabilimento di imbottigliamento a Ruspino: l’obiettivo è l’ideazione di un ““Flagship Factory”, destinato a diventare il biglietto da visita del Gruppo. A tale scopo sono stati chiamati a sfidarsi quattro studi di architettura di fama internazionale: lo studio danese BIG, l’italiano aMDL, l’olandese MVRDV e il norvegese Snøhetta, per aggiudicarsi la realizzazione del progetto e rendere il sito produttivo di San Pellegrino Terme ancora più performante per sostenere il business dell’azienda nei prossimi anni, migliorare il luogo di lavoro e migliorare l'estetica con la dovuta attenzione all’impatto ambientale. Entro la fine del mese di settembre, Sanpellegrino annuncerà il vincitore.

Dopo i prestigiosi riconoscimenti ottenuti dalla Gerardo Cesari al Decanter World Wine Awards, all’International Wine Challenge (IWC) e al Concours Mondial de Bruxelles, la cantina di Cavaion Veronese si è distinta anche all’International Wine and Spirit Competition (IWSC) di Londra. La Gerardo Cesari si è aggiudicata ben nove nuove medaglie d’argento e una di bronzo. Premiate alcune delle eccellenze della produzione veronese tra cui l’Amarone della Valpolicella Classico Riserva "Bosan" 2007. Medaglia d’argento anche per Lugana "Cento Filari" 2015, Amarone della Valpolicella Classico "Il Bosco" 2010, Valpolicella Ripasso Superiore Bosan 2013, Amarone Classico della Valpolicella 2012, Corvina "Jèma" 2011. Bronzo invece per il Valpolicella Superiore Ripasso Mara 2014. La consegna dei trofei avverrà il 16 novembre 2016 durante la serata di gala alla Guildhall di Londra.

Il ristorante Orangerie del CastaDiva Resort & SPA, cinque stelle lusso, a Blevio (Co), si rinnova non solo nel look, grazie a importanti investimenti di ristrutturazione, ma anche nella cucina, con la nuova collaborazione dello chef Gennaro Esposito. “Un grosso investimento arrivato in un momento importante per il nostro Resort - dice Andrea Luri, Direttore di CastaDiva -. Dopo un importante lavoro improntato sulla formazione del personale e sugli elevati standard di servizio, abbiamo scelto di valorizzare il Ristorante perché crediamo che abbia un ruolo rilevante per i nostri ospiti. Il suo riposizionamento e la collaborazione con lo chef Esposito completano la nostra offerta a 5 stelle”. Gennaro Esposito supervisionerà il dipartimento food&beverage del Resort, in particolare la brigata di cucina guidata dall’Executive Chef Massimiliano Mandozzi.

4 Artù agosto/settembre 2016



News

Krug on the lake, Olivier al Sole di Ranco Una serata al Sole di Ranco, una stella Michelin, ha rivelato una volta di più la grandezza degli Champagne della Maison di Reims, degustati in abbinamento ai piatti dello chef patron Davide Brovelli. Clos du Mesnil 2002, proposto con Astice, crema di avocado, piselli e fave fresche, spuma di bisque, si è rivelato sorprendente per la sua freschezza, a quattordici anni dalla vendemmia. Olivier Krug, sesta generazione di famiglia della Maison, ha posto con il consueto entusiasmo l’accento sulla purezza derivante dalle circostanze eccezionali di quell’annata: “Clos du Mesnil è come un laser... Uno Chardonnay straordinario, freschissimo, che grazie alle caratteristiche climatiche del 2002 regala sensazioni olfattive e gustative uniche e irripetibili”. Tredici anni di cantina ne hanno ulteriormente

affinato il gusto, configurando questo 2002 come una vera e propria chicca per i Krug Lovers, ormai avvezzi a determinare l’identità di ogni bottiglia grazie al sistema ID riportato in etichetta. La cena esclusiva, magistralmente eseguita da Davide Brovelli, ha consentito di degustare anche Krug Grande Cuvée 163ème Edition, abbinato a Uova di quaglia sode con

sale affumicato, Baci di dama al parmigiano e nocciole, Gambero in fili di patate e Ostriche impanate e fritte “alla milanese”, Krug 2002, accompagnato ai Tagliolini al lavarello affumicato, spuma di barbabietola, Krug Grande Cuvée 158ème Edition, abbinato a un pesce di lago di notevole consistenza gustativa, una Sandra cotta nella creta.

Amorim, la sfida del sughero Amorim Cork Ventures, nuova azienda della Corticeira Amorim istituita allo scopo di sostenere gli imprenditori nel lancio di progetti che esplorino usi innovativi del sughero, diventa protagonista di un programma di accelerazione per start-up a livello globale dando il via al progetto internazionale “La Sfida del Sughero-Barcellona”, rivolto alla creatività d’impresa ispirata al sughero in collaborazione con Beta-I, un’associazione senza scopo di lucro creata nel 2010 con l’obiettivo di migliorare l’imprenditoria. Obiettivo del progetto è oggi quello di stimolare gli imprenditori a dare vita a prodotti o idee originali che abbiano alla base l’applicazione del sughero. ________________________

I sapori dell’autunno altoatesino

Alambicchi Gourmet, Grappa del Trentino protagonista È partita la rassegna “Alambicchi Gourmet”. 12 serate a cadenza mensile valorizzeranno la grappa del Trentino e il territorio in alcuni selezionati ristoranti, un evento che proseguirà fino a marzo 2017, pensato e organizzato dalla Strada del Vino e dei Sapori del Trentino in collaborazione con l'Istituto Tutela della Grappa del Trentino, per far conoscere e provare inediti abbinamenti con la grappa trentina. Le degustazioni saranno infatti accompagnate dalle spiegazioni e dai suggerimenti dei produttori di volta in volta coinvolti. La grappa viene così “sdoganata” dal suo consumo a fine pasto, per essere proposta e abbinata a primi e secondi: “Siamo felici di partecipare a questa iniziativa - spiega Beppe Bertagnolli, Presidente dell’Istituto Tutela della Grappa del Trentino (nella foto) - poiché è sicuramente un modo alternativo e intrigante per avvicinare il pubblico finale a questa straordinaria eccellenza trentina, scavalcando i soliti schemi di degustazione che la vedono relegata a fine pasto per inserirla a pieno titolo come elemento centrale della cena. Siamo certi che per molti sarà un'assoluta scoperta”. Per conoscere l’elenco dei ristoranti e dei produttori e le proposte enogastronomiche delle singole serate: bit.ly/alambicchi gourmet. Sempre nel sito sarà possibile trovare la modalità per prenotare le cene.

6 Artù agosto/settembre 2016

Il formaggio Stelvio Dop, la mela Alto Adige Igp e lo speck Alto Adige Igp sono i protagonisti dell’autentico sapore delle montagne dell’Alto Adige, prodotti che regalano il loro massimo potenziale in autunno. I tre testimonial della qualità dei sapori della gastronomia altoatesina, tutelati anche dall’Unione Europea, sono prodotti di eccellenza da assaporare sia da soli, sia in ricette sfiziose: la mela Alto Adige Igp, con le sue tredici varietà, è perfetta nella preparazione di dolci, lo speck Alto Adige Igp, dal sapore dolce a aromatico, si sposa bene in molti piatti, così come lo Stelvio Dop.


Five Senses, food e drink experience Linea di punta della casertana Mavi Drink, distributore di riferimento nazionale nel settore alcolici e spirits, Five Senses delinea un assortimento completo di alcolici dedicati all’aperitivo e all’after dinner, ideali per l’arte della mixology e dal packaging accattivante. A interpretare le molteplici possibilità di degustazione della linea Five Senses il bartender Flavio Esposito che nella serata organizzata da Mavi Drink a Milano, alla Boutique 12, ha dato prova in particolare dell’ecletticità di Mezcal Zignum, miscela alcolica originaria del Messico proposta in Italia in tre varianti: Silver, Reposado e Anejo. Da degustare liscio Mezcal Zignum è ottimo anche se miscelato per inediti cocktail, come quelli preparati da Flavio Esposito in abbinamento a sfiziose ricette: Frutta e Verdura in Insalata & Mayahuel Zignum Silver; Frutta e Sale al Cocco & Meditare Zignum Anejo; Sandwich Flowers & L'essenza Zignum Reposado (nella foto). Durante la serata sono state presentate anche le altre referenze: il Gin Jodhpur e il Rum Relicario. E i piatti in abbinamento: Scandinavo & Blue City Jodhpur e Soia Caesar & Gin Fizz Reserve Jodhpur Reserve.

Nuove nomine in Coca-Cola HBC Italia Coca-Cola HBC Italia, principale produttore e distributore dei prodotti a marchio The Coca-Cola Company in Italia, ha nominato un nuovo Direttore Commerciale. Si tratta di Marco Pesaresi, classe 1968 e già in Coca-Cola HBC Italia nel 2007, dove ha ricoperto il ruolo di Regional Sales Director e poi di Normal Trade & Horeca Sales Director fino al 2009, che sarà quindi da oggi alla guida della gestione delle relazioni commerciali con i clienti della distribuzione moderna organizzata e del canale Ho.Re.Ca. Nella nuova carica avrà inoltre la responsabilità della gestione del team di Route to Market, del Dipartimento di Sales Services Management e della squadra focalizzata sullo sviluppo delle Commercial Capabilites. “Sono estremamente contento ed onorato di tornare in Coca-Cola HBC Italia, un’azienda che ha saputo innovare la propria struttura per rispondere alle sfide di un mercato in constante cambiamento, con strutture focalizzate sui canali e team interfunzionali dedicati ai principali clienti” ha dichiarato Marco Pesaresi.


News

Riapre l’Ambasciata del Gusto di Carlo Cracco

Gin, il Granit bavarese arriva in Italia

Sono ripartiti il 4 settembre gli Chic Nic all’Ambasciata del Gusto di Carlo Cracco, nell’ex convento dell’Annunciata ad Abbiategrasso (Mi). Curati dagli chef Ambassador dell’Associazione Maestro Martino, gli Chic Nic propongono gustosi cestini gourmet a Km zero per “le déjuner sur l’herbe” da consumare nel chiostro del’500 oppure in una serie di location indicate in appositi percorsi e sentieri da percorre a piedi o in bicicletta - nel Parco del Ticino. La formula studiata dall’associazione di Carlo Cracco fa parte di un percorso formativo che consente, gratuitamente, a dodici giovani studenti selezionati tra gli istituti alberghieri della Lombardia oltre ad uno studente di Scienze gastronomiche di Pollenzo, di fare un’esperienza formativa della durata di trenta giornate lavorative, da maggio a ottobre, con l’obiettivo di diventare degli ambasciatori gourmet del Parco del Ticino. In aggiunta all’attività didattica ci sono quindi le iniziative domenicali, aperte al pubblico che può usufruire delle biciclette a marchio Doniselli, partner del progetto, disponibili presso l’Ambasciata del Gusto e gustare lo sfizioso cesto da pic nic al costo di 15,00 euro.

A distribuirlo l’azienda del trevigiano Venegazzù SpA, produttrice di vini e grappe e distributrice di distillati, che ha deciso di puntare su un gin di qualità e di far conoscere al mercato italiano il Granit Bavarian Gin, della distilleria Penninger: “Abbiamo individuato un’opportunità per ampliare la nostra offerta con un gin di qualità e totalmente organic - afferma Lorenzo Palla, Ceo dell’azienda Venegazzù, importatrice del Granit Gin in Italia -. Il mercato del gin sta rapidamente crescendo nel nostro paese, soprattutto nella richiesta di prodotti artigianali e di fascia premium”. 28 diverse erbe e radici bavaresi e l’acqua cristallina di sorgente, donano a questo gin caratteristiche uniche, tanto da essere premiato come Best Traditional Style Gin del 2016. A introdurlo in Italia un evento andato in scena allo Spazio Versatile di Milano con una masterclass del bartender e cultore del gin Samuele Ambrosi.

Franciacorta, degustare Diamant con l’opera di Christo Dieci grandi millesimi, dal 2010 al 1999, sono stati i protagonisti di una degustazione che ha ammaliato i giornalisti presenti per lo stile di ogni singola annata, ognuna con caratteristiche diverse: annate preziose, protagoniste di un ideale “ponte aromatico” che - in virtù anche di sboccature sapientemente armonizzate nel tempo - si sono rivelate espressione autentica di un territorio straordinario. La degustazione, condotta da Andrea Galanti (miglior sommelier d’Italia 2015) ha, fra gli altri, immortalato il Diamant 2000: un’annata eccezionale, sia per il valore organolettico, sia per la qualità delle uve. In linea con lo spirito imprenditoriale di Roberta Bianchi, che conduce con Paolo Pizziol la cantina di famiglia fondata dal padre Alessandro Bianchi, gli altri Diamant degustati (particolarmente i Millesimi 2006 e 2008) hanno rivelato una tenuta straordinaria. Alla esperienza degustativa, Villa Franciacorta ha voluto abbinare un’esperienza altrettanto memorabile: infatti, dopo un pranzo in cantina al termine della degustazione, curato dallo chef stellato Stefano Cerveni, Roberta Bianchi e Paolo Pizziol hanno invitato i giornalisti ad ammirare l’ultima, incredibile, opera di Christo, la passerella galleggiante sul lago d’Iseo.

8 Artù agosto/settembre 2016



News Menabrea, new entry nella Top Restaurant con la 5.2 Weiss Nell’anno del 170° anniversario il birrificio di Biella amplia l’offerta della gamma Top Restaurant con la nuova Menabrea 5.2 Weiss, una birra non filtrata ad alta fermentazione prodotta in Germania in collaborazione con il mastro birraio di Birra Menabrea e confezionata nella sede italiana dell’azienda. Il retrogusto caratterizzato da un bouquet aromatico fruttato, con un sapore di luppolo poco accentuato e un profumo intenso, fa di Menabrea Weiss una birra da tutto pasto. “Con la Menabrea Weiss – ha dichiara Franco Thedy, ad di Birra Menabrea – aumenta la nostra offerta destinata all’alta ristorazione”. Menabrea Weiss è disponibile nel fusto da 15 litri e nella bottiglia da 75 cl.

A Venezia il nuovo “Vecio Fritolin” Damilano, la nuova La storica insegna veneziana si rende protagonista di un nuovo annata di Cannubi progetto. A svelarlo Irina Freguia (nella foto), personalità portante del Vecio Fritolin: “La cucina - racconta - riprenderà con vigore un pensiero strettamente veneziano e territoriale, con eccellenti materie prime locali, della Laguna e del vicino Mercato di Rialto, interpretate nel rispetto della tradizione ma con una moderna e auspicata leggerezza”. Come consulente per creare il nuovo menu è stato scelto Pierluigi Lovisa il quale vanta una lunga esperienza in cucina e una conoscenza capillare del territorio e delle sue ricchezze. Il nuovo menu del ristorante è già disponibile e includerà i classici della tradizione veneziana come il Baccalà mantecato, le sarde in saor, i “cicchetti”, e il fritto di pesce, tutti piatti riconoscibili, ma rivisti nella presentazione e in parte negli abbinamenti: il Baccalà si completa con un tuille al nero di seppia, o le sarde trovano un nuovo bilanciamento grazie al saor di fragole e prosecco. A contribuire al cambiamento anche il logo del ristorante che accanto alla citazione “dal 1749” abbina la frase “cucina veneziana contemporanea”.

10 Artù agosto/settembre 2016

53 ettari vitati nei territori più vocati delle Langhe, tra cui spiccano cru preziosi, come quello di Cannubi. Ed è sul Barolo Cannubi che la cantina Damilano si concentra dal 1935: oggi Paolo, Mario e Guido Damilano, quarta generazione, proseguono il lavoro tramandato di padre in figlio. Solo i grappoli migliori, dopo un’attenta vinificazione con botti di legno di 50 e 100 hl dalla leggera tostatura, diventano Cannubi, il Barolo per eccellenza della Cantina Damilano. In particolare l’annata 2012 ha regalato una materia prima senza confronto: “Una materia prima eccellente” conferma l’enologo Alessandro Bonelli. Il risultato è un Cannubi 2012 dal grande equilibrio.



12 ArtĂš agosto/settembre 2016


Cover story

Davide Oldani È sempre Cucina Pop di Maurizio Bertera

La nuova location, accanto alla vecchia, conferma l’idea di Davide: essere il punto di riferimento per la clientela gourmet ma anche per le persone normali. Il nuovo D’O non è il solo ristorante bello, ben organizzato, di puro design. Però, lascia a bocca aperta se per tredici anni hai frequentato il primo, quello che se non ci fosse stato il tendone con l’insegna, manco avresti notato nell’attraversare San Pietro all’Olmo. Eppure lì, si è scritto un gran capitolo della cucina italiana dei primi anni 2000. Davide Oldani, già famoso (anche questo spesso lo si dimentica: veniva da una stella Michelin, al mitico Giannino), ha trasformato una piccola trattoria dell’hinterland milanese in un punto di riferimento, il laboratorio della richiamo all’impegno quotidiano. Cucina Pop: gente normale, gourTutti devono impararle a memo“Sala piena met e Vip in coda cinque-sei ria, ma per i “vecchi” sarà facile: e clienti soddisfatti. mesi per gustare piatti “costruiti” vengono qui, partono per altre senza materie prime di lusso. E Come dice Ducasse, cucine, tornano dopo mesi o lui, allievo di Marchesi - per alanni. Hanno il D’O nel cuore: cuni aspetti il più vicino - a di- i segreti del successo ora ne ho quindici in giro per il ventare guru, non solo in materia mondo, bellissimo no? E quattro sono più semplici di cibo, tra libri dove parla di veterani sono i miei punti di di quanto etica e conferenze sulla motivaforza ancora adesso, dopo tredici zione. Provochiamo sulla storia, anni insieme. si possa pensare” su una possibile nostalgia. Ma Vieni considerato uno chef l’Oldani non ci casca. “Molti mi “socialista”, nei piccoli e granchiedono cosa farò del vecchio locale. Non lo so, di gesti. Stringi la mano a tutti quando arrivi al per ora ho tirato via il tendone che dà sulla statale locale e quando lo chiudi. Piero Lissoni, il grande e ci passerò davanti ogni mattina, visto che vi par- designer che ha curato lo styling del D’O, dice cheggio l’auto per entrare in quello attuale. Lo che sei il primo cuoco con cui ha lavorato, a raguarderò con serenità, questo sì”. gionare così tanto su elementi che facilitino il Davide, più della cucina all’avanguardia e del lavoro alla brigata. Perché? design, del nuovo D’O mi hanno colpito le scritte Perché sono stato come loro e so quanto possa essui gradini che portano la brigata dallo spogliatoio sere faticoso spostare delle casse di acqua minerale alla sala. Ne citiamo solo una: La distanza tra i se non hai lo spazio per muoverti o pulire bene sogni e la realtà sono i passi che fai per raggiungerla. una cucina a fine giornata. Lo dico sempre: non li Le frasi non devono essere ossessione, ma solo un considero i miei dipendenti, semmai lo sono io.

13 Artù agosto/settembre 2016

Qui sopra: una sala e una delle opere pop che si trovano nel locale. Nella pagina a lato: lo chef Davide Oldani nella cucina del nuovo D’O di Cornaredo (Mi) (ph. Ferdinando Cioffi).


Cover story Qui sotto: per l’apertura del locale Davide Oldani ha realizzato il piatto dal titolo “Battuta d’inizio”.

Nei primi anni, se il lavapiatti non poteva venire, mi mettevo al suo posto. E ancora adesso, da allenatore-giocatore, entro in campo quando serve, in qualsiasi ruolo. Il rapporto diretto con i ragazzi è stato fondamentale per il nostro successo. Il posto è bellissimo, naturalmente elegante. Ma per usare un’espressione lombarda, è stata come la Fabrica del Domm: una costruzione lunga e faticosa. Lo so bene, qualche vecchietto del paese lo borbottava passando davanti... Ma non poteva nascere in fretta, questa è la mia casa e volevo curare personalmente ogni dettaglio: nell’ultimo anno ho dedicato al progetto il 90% della mia energia. “Il Piero” (ndr Lissoni ) ha toccato tre cose e mi ha dato il “bello”: perché io sono legato da sempre alla praticità e alla comodità, lui è un architetto geniale. E già che eravamo dentro l’operazione, ci

I menù di Calvino Dimenticatevi la schematicità del primo D’O che aveva un degustazione e la carta sullo schema 4-4-4-4. Nel nuovo ci sono tre proposte a prezzo fisso e con un numero di piatti a crescere: Rapidità (32,00 euro), Essenza (45,00 euro) e Armonia (75,00 euro). I nomi sono quelli delle Lezioni Americane di Italo Calvino, suggerito a Oldani da un brillante concittadino. “Sei andato a far lezione in America? Ecco chi le ha scritte prima!” gli disse, ricordando la case history che lo chef illustrò ad Harvard. La quarta lezione Molteplicità - è la carta vera e propria che offre una dozzina di piatti, va detto con piacere, a prezzi da vecchio D’O. Chi vuole fidarsi ciecamente dello chef - compresa la scelta di vini e acque minerali - deve sedersi nel già citato tinello che è prenotabile solo dopo un’esperienza nelle altre sale. È agli ospiti del tinello che è dedicato il “signature dish” (lui lo considera così) della nuova era: Battuta d’Inizio - il nome dice tutto - per il quale ha disegnato il cucchiaino a forma di racchettina. La pallina è una mousse di ricotta di capra, racchiusa in una pallina di burro di cacao e zafferano in polvere mentre il praticello è costituito da teff germogliato e chutney di mela e pera.

14 Artù agosto/settembre 2016

siamo anche occupati di sistemare la piazza centrale di San Pietro all’Olmo (ndr, che in effetti ora è decisamente più bella). Hai pensato al layout su due piani, disegnato la cucina, fatto realizzare da Riva le “tue” sedie e i “tuoi” tavoli. Hai passato un mare di ore qui a seguire i lavori. Sembra proprio che tu abbia trovato un lavoro più divertente del cuoco. La passione per il design l’ho sempre avuta ma se cucini e basta, non hai tempo per pensarci. Ho sempre avuto la fissa delle cose belle e utili: quando ho aperto il primo locale volevo, anzi


I progetti di Davide

si sviluppano le collaborazioni con le aziende. Sotto si pensa, sopra si produce. Bisogna pensare ai clienti del ristorante ma anche lavorare con quelle società che apprezzano la nostra filosofia. Dico sempre che se le aziende hanno bisogno di noi, noi abbiamo bisogno di loro per crescere insieme: basta dire che Samsung ha creato un club degli chef di cui faccio parte e al tempo stesso ha studiato con me un sistema per le comande che utilizziamo qui dove la carta proprio non esiste. Abbiamo il sospetto che ti vedremo sempre meno in cucina. Voglio dedicarmi tanto alla parte di ricerca e sviluppo. Questo non vuol dire che cucinare non mi piace più, anzi. Semmai non ci voglio stare sempre, visto che la responsabilità è di Vladimiro Nava e Alessandro Procopio. Posso giocare o dare consigli, la vera adrenalina ai fornelli nasce dal confronto tra persone. In compenso, curerai personalmente il già famoso tinello, di fronte alla cucina. Sarai tu a gestire menu e abbinamenti: è una piccola rivodovevo dare valore aggiunto a quanto servivo, che luzione oldaniana. fosse cibo o vino. Inseguendo “quel” dettaglio Il tinello è un richiamo alla mia infanzia e un che fa la differenza e la praticità. Da qui la linea modo diverso di vedere la “chef’s table”: semmai Passeparout con posate, bicchieri e piatti particolari cerco di creare il piacere della casa, l’ambiente che hanno fatto discutere gli appassionati ma in per parlare serenamente davanti a buoni piatti. Tra l’altro, da Giannino - venti anni fa - avevamo realtà mi hanno facilitato il lavoro. Sempre Lissoni, in un’intervista su Stile de Il una “table d’hote”, esattamente con lo stesso Giornale, ha definito il D’O come “fabbrica”, principio… Qui posso farlo, prima no. Ma sottolineo anzi fabrica, nel senso che davano gli antichi ro- che questa è un’evoluzione, non un cambio di passo. Poi, al di là dei concetti e dei format, la mani di bottega e laboratorio creativo… Ha ragione. Al piano inferiore c’è una vera e cucina sarà sempre buona o cattiva. Lo dice Boupropria test-kitchen dove sono nati i nuovi piatti e cuse, non io.

15 Artù agosto/settembre 2016

Il nuovo D’O è il cuore di un sistema che sta prendendo i connotati di una piccola grande holding. In agosto, Oldani non solo è stato il cuoco ufficiale di Casa Italia – durante le Olimpiadi a Rio de Janeiro – ma ha aperto un locale a Manila, all’interno dello Shangri-La. Si chiama Foo’d, che è poi il brand creato dal cuoco milanese per “firmare” le collaborazioni sui prodotti come la collezione dei Salumi Pasini e quelle che verranno, vista l’intensa attività della test-kitchen del D’O. A Venezia, città in piena ripresa culinaria, c’è la consulenza del ristorante interno all’elegante Aman Canal a Venezia. E poi c’è un progetto che gli sta particolarmente a cuore: la sede distaccata, a Cornaredo, dell’istituto alberghiero Paolo Frisi di Quarto Oggiaro. “È venuto il preside a chiedermi un consiglio e mi sono buttato – spiega –. Voglio aiutare i giovani a capire che prima devono studiare e poi usare il talento. E insegnare il modo perché quanti non riescono a fare il cuoco, ossia i nove decimi degli iscritti, restino nel settore. C’è un gran bisogno di gente ben impostata sui prodotti che lavori nella ristorazione o nella grande distribuzione, senza che per forza debbano cucinare. Sarebbe un aiuto per tutti”.

Non è facile capirlo, a molti questo D’O pare su un altro pianeta. Non credo. Basta pensare che ho tenuto in carta i piatti vecchi ma sono fatti meglio perché abbiamo lo spazio giusto e il tempo per pensarli che al vecchio D’O mancavano. Soprattutto per questo, non vedevo l’ora di trovare la situazione giusta per il nuovo locale. Ma non metterò mai in discussione la filosofia POP, ci mancherebbe: è un’idea ben precisa, di lavoro e di vita. Ho solo aggiunto qualcosa perché sentivo che era il momento di farlo. E poi non sono uno che predica bene e razzola male. Sei impegnato su tanti fronti, forse troppi per fare tutto bene. Intanto, ho un gruppo di cui sono orgoglioso che mi segue. Poi, è il tempo in cui la spugna che

Alcuni scorci della nuova location del ristorante D’O di Cornaredo curato dall’architetto Piero Lissoni.


Cover story

tanto ha assorbito, comincia a rilasciare. Non siamo più ragazzini. Citazione marchesiana. A questo punto della carriera, in che misura ti senti figlio suo? Mi sento come uno che ha imparato mille cose da lui, ma la quadratura del cerchio è tutta mia. A

Sopra: Davide Oldani davanti alla Chiesa Vecchia di San Pietro all'Olmo di Cornaredo (Mi), la grande cucina a isola e la sala del ristorante D’O con i tavoli e le sedie disegnati dallo stesso Davide Oldani.

partire dal rapporto con i ragazzi: all’epoca gli chiesi di poter andare per il mondo, qui sono io che li mando. Non è la stessa cosa, evidentemente. E poi io mi sento già ora allenatore-giocatore, non mi vedo ancora impegnato nella cucina all’età di Marchesi. Torniamo all’inizio: meglio studiare i piatti che cucinare ogni servizio… Da giovane volevo fare il calciatore e dopo l’infortunio mi sono reso conto che il cuoco era un lavoro che mi dava enorme passione. Ma ogni giorno devo trovare le motivazioni giuste e sentire l’adrenalina: il nostro diventa un mestiere bestiale, se non lo fai con soddisfazione. Tua e dei clienti. A proposito, i clienti. Sei uno dei pochi ad avere successo in tutte le fasce. Ho sempre inseguito la trasversalità, vedi anche i prezzi di una cena al D’O. A me piace si trovino bene le persone “importanti”, nel senso che da loro imparo qualcosa di altri settori come il neofita che uscendo prenota subito, con entusiasmo, un altro tavolo. Ricordo sempre che Ducasse, altro mio maestro, quando mi incontra – invece di filosofeggiare – mi fa regolarmente le stesse domande:

16 Artù agosto/settembre 2016

“La sala era piena? Hai cucinato bene? I clienti sono usciti felici?” Siamo cuochi, non altro. Il primo D’O sarà legato sempre all’idea POP, ai tanti mesi di prenotazione e soprattutto al pranzo d’autore a 11 euro e mezzo, dal primo all’ultimo giorno di servizio. Commento? Una leggenda. Ecco perché resterà qualcosa di irripetibile =



Il talento di Alfonso Crescenzo 18 ArtĂš agosto/settembre 2016


Storie di successo

di Alberto P. Schieppati

Una cucina che non si dimentica facilmente, quella dello chef del Pietramare Natural Food, il ristorante gourmet del Praia Art Resort. La Calabria che non ti aspetti, verrebbe da dire. artigiani locali, tutti lavorati a mano con raffinata Chi arriva fin qui, a pochi chilometri da Crotone, armonia”, si legge nella brochure e corrisponde al vicino a Capo Rizzuto, lo sappia bene: entrati al vero), offre all’ospite una ristorazione di alto livello, Praia Art Resort (www.praiaregarantita da una conduzione sort.com), un pugno di case della cucina e della sala degna bianche ammantate di bougaindi strutture celebrate dalla critica “A Praialonga, ville, fra insenature, baie e più autorevole. Ma qui, in questa Calabria, un gruppo “secret piccoli promontori, sarete colpiti destination”, come viene dalla qualità dell’accoglienza, di professionisti votati definita da chi vi riceve al front la cortesia delle persone, la desk, tutto è a misura d’uomo: all’ospitalità accoglie dal bellezza del luogo, a venti (20!) servizio dei drink e dei cenmetri dal mare. È qui che Raftrifugati di verdura a bordo pila clientela con faele Vrenna, imprenditore dai scina fino al calice di Champail fascino di una molteplici interessi (fra l’altro, gne proposto come aperitivo è presidente del Crotone Calcio, dal preparatissimo sommelier struttura esclusiva” appena entrato in Serie A), ha Giancarlo Marena, il tutto percoronato il suo sogno, ovvero meato da un’atmosfera di audi creare un polo di alta ospitalità, un Resort che tentica raffinatezza, senza forzature, senza liturgie si facesse conoscere in Italia e nel mondo per gli inutili. In realtà, Giancarlo, origini campane, solide elevati standard di qualità, per lo stile e la caratte- esperienze internazionali, è colui che governa la rizzazione dell’accoglienza, per l’unicità della location. E che, oltre alle camere dalle dotazioni esclusive (i materiali utilizzati vanno dal legno cesellato, all’argilla In alto: lo chef Alfonso Crescenzo. decorata, al ferro battuto: particolari “primordiali e Nella pagina a lato: la piscina del Praia Art Resort caldi, plasmati dall’estro artistico dei maestri e il ristorante gourmet Pietramare Natural Food.

19 Artù agosto/settembre 2016


Storie di successo A lato: l’ingresso del ristorante gourmet Pietramare Natural Food e il maitre sommelier Giancarlo Marena. Sotto: il Tiramisù e accanto l’Agnello del Marchesato con cacio di fossa, uovo e lenticchie.

sala con incredibile efficienza, pronto ad ascoltare le richieste della clientela internazionale (francesi, americani, svizzeri che si spingono in questo angolo incontaminato di Calabria alla ricerca di autenticità) ma anche dei tanti italiani consapevoli di trovare al Praia Art Resort un ambiente familiare, quasi intimo ma di solida e collaudata professionalità. A Giancarlo si deve anche la gestione della piccola ma suggestiva cantina, ricca di etichette locali di qualità, orientata al meglio della produzione nazionale. Al ristorante, i preliminari dell’accueil, semplicemente perfetti nel loro svolgersi naturale, lasciano poi spazio a una sequenza di portate che difficilmente ci si aspetterebbe. Il livello è altissimo. Nessun errore nella definizione dei piatti, nella loro concezione. Gusti ben definiti, sapori tondi, consistenze croccanti. Creatività coerente e misurata, che non vuole stupire ma, semmai, far godere. Materie prime il più possibile del territorio. Qualche deroga per le paste di grano duro (che però arrivano da Gragnano: fornitori che sono tutti numeri uno). Ma chi è lo chef? Cognome e nome: Crescenzo Alfonso. Trentasette anni, originario di Sarno, vicino a Salerno, ha trovato qui al Pietramare lo spazio più consono per la sua grande, unica, irrinunciabile passione: quella di cucinare “ai massimi livelli possibili”. Cuore, passione, impegno, cura meticolosa dei dettagli, selezione degli ingredienti dominata da una incredibile aderenza al territorio, “ai” territori. La cucina di Alfonso,

20 Artù agosto/settembre 2016


Sopra: Gamberi rossi e qui accanto il Buffet colazioni del Praia Art Resort. Sotto: la sfoglia all'uovo.

chef al Trussardi alla Scala, a Milano: o, ancora, con Pino Lavarra a Palazzo Sasso o al mitico San Pietro di Positano. Fatto sta che la sua cucina è vivace, i piatti ben orchestrati e definiti, decisi e leggeri nello stesso tempo. Il Calamaro con burrata di latte vaccino, ricci di mare e polvere di limone: strepitoso, il Polpo, brioche grigliata con pipi (i peperoni calabri) e patate, meringa alla sardella e olive nere: prorompente, la Tartare di Podolica con guacamole e uovo marinato: equilibrata e potente. un giovane che sa ascoltare, del tutto privo di La Tartare di tonno rosso, condita con olio extravergine quella presunzione che spesso connota tanti chef, locale: il mio piatto del cuore. Ma è con il Crudo si snoda su un percorso che punta su quattro ele- Pietra Mare che Alfonso supera se stesso: in base menti essenziali: passione-materia-piacere-valore. al pescato del giorno, lo chef dispone una serie di Certamente su di lui avrà influito l’esperienza sostanziosi assaggi che vanno da ricciola, gambero presso il mitico Georges Blanc o - in Italia - con il rosso di Capo Rizzuto, tonno fino ad altre amenità grande Gianni D’Amato del Rigoletto (prima ancora del mare circostante la baia di Praialonga. E che che, a causa di un tremendo terremoto, fosse co- dire dello Spaghettone “Pastificio Vicidomini”? La stretto a spostarsi al Caffè Arti e Mestieri, a Reggio versione creativa di Alfonso Crescenzo prevede Emilia) o con Andrea Berton quando era executive che, in questo piatto, al cacio e pepe si abbini una battuta di triglia di scoglio che lo rende memorabile. Fra i primi (in carta ce ne sono sei) vanno incorniciati i Tagliolini “Senatore Cappelli” con gamberi rossi di Capo Rizzuto e fiorone (il tartufo nero di prima estate, profumato e dal gusto netto) del Pollino, gli Gnocchi di patate della Sila con provola, piselli, vongole e chips di aglio novello, i Tortelli con la “genovese” di tonno e scaglie del suo sanguinaccio. Nei secondi, Alfonso Crescenzo propone in carta piatti di terra e di mare: fra questi ultimi, vanno segnalati il Tonno rosso dello Stretto, con cannellini, cipolla rossa di Tropea e peperoni arrosto, la Capasanta con cicoria al pepe rosso, n’duja e crema di

21 Artù agosto/settembre 2016


Storie di successo A lato: un’elegante camera del Praia Art Resort. Sotto due piatti del ristorante gourmet Pietramare Natural Food: Polpo, pipi (peperoni) e patate e Vermicelli Pastificio dei Campi ai vermituri, lumachine locali e trippette di baccalà e pomodorini.

carote e sedano candito con spuma di topinambur, seguita dall’Agnello del Marchesato, asparagi e albicocche glassate e caviale di melanzane affumicate. Il capitolo formaggi è storia a sé: qui vi verranno proposte leccornie regionali come il Pecorino Crotonese Dop stagionato, la Ricotta salata di latte di pecora, grandi d’Oltralpe come il Reblochon, il

verdure grigliate, il Fritto dello Jonio in tempura con verdurine estive e anelli di cipolla di Tropea agrodolce di bergamotto. Ma la Calabria ha anche un grande entroterra, per questo in menù ci stanno benissimo grandi piatti di carne. Primo fra tutti per succulenza la Variazione di maialino nero calabrese,

Pont-l'Évêque o la Triple creme de Bourgogne. Una cucina a tutto tondo, quella di Alfonso, che ha portato dalla sua Campania il grande amore per la materia, accompagnato da stile, rigore e conoscenza delle tecniche: il servizio di sala sa valorizzare al meglio la cucina grazie al coordinamento impeccabile di Giancarlo Marena, che si avvale della brava Federica Borromeo (esperienze in Inghilterra) e di Vanni Murgano e Claudio Barone, mentre il swimming bar è presidiato dalla barlady Elisabetta Angiolillo, coadiuvata da Marco Tucci. Bravi Mimma Gagliardi e Salvatore Iembo che “governano” in modo efficiente l’accoglienza degli ospiti e li coccolano a dovere, con Davide Lumare alla reception. Una squadra sempre “sul pezzo”, consapevole del valore del turismo in una terra certamente non semplice, ma di grande suggestione come la Calabria ionica =

22 Artù agosto/settembre 2016



Dal 2016 una presenza ancora più forte e una penetrazione più capillare: Artù è nelle VIP Lounge degli aeroporti di Malpensa, Linate, Bologna, Firenze, Verona, Venezia. SEGUITECI ANCHE ON AIR


www.artumagazine.it


26 ArtĂš agosto/settembre 2016


Focus food

Al Molo 10 La Roma affidabile di Gualtiero Spotti

Il piacere della semplicità e dei sapori genuini. Il pesce è protagonista dell’offerta, curata da un cuoco che privilegia scelte di mercato. Diciamo la verità, è sempre complicato fare considerazioni gastronomiche generali sulla scena di ristoranti e locali in giro per Roma, per tante ragioni. Se è vero che un manipolo di cuochi illuminati, diciamo gli “stellati” si è posizionato da diverse stagioni ai vertici della ristorazione nazionale (i nomi sono sempre quelli in fin dei conti, Apreda, Genovese, Bowerman, Beck e via dicendo), ed è affiancato da realtà consolidate e di ottima qualità (Roscioli o Romeo, giusto per citarne un paio), in generale non è cosa semplice trovare cucine che Ponte Milvio, all’ingresso di un quartiere popolare danno una intima soddisfazione senza dover fre- e vivace, cercate l’insegna del Molo 10 (www.moquentare il fine dining; quelle che semplicemente lo10.it), il piccolo ristorante un po’ defilato ma desi propongono con una cucina schietta e genuina, cisamente “cosy”, come direbbe qualche turista senza fronzoli. A volte si finisce per cadere nella americana, dove è approdato ormai da un paio di rappresentazione dei “sapori di una volta”, che anni il cuoco di origini calabresi, ma guascone troppo spesso implicano anche nell’anima, Vincenzo Ciano. Un un contesto poco appropriato luogo dove, come dice chiaradove, a seconda della fortuna, “Il menù viene stabilito mente il nome, non vi verranno è previsto anche l’ambiente di certo pizzoccheri valsulla base degli arrivi proposti una volta e “il servizio al tavolo tellinesi e canederli, ma che di una volta”. E questo è lo cerca di rappresentare al meglio giornalieri. Accanto scotto da pagare quando ci si la varietà del prodotto ittico alla linea classica, trova in una città dove il turismo, nazionale, andando a recupesoprattutto quello internaziona- l’inserimento di nuovi rare quello che il pescato offre le, porta a un generale appiatgiorno dopo giorno, con il gusto piatti di impronta timento nella proposta ristorae la passione di un interprete tiva, soprattutto quando si cerca che prima di stabilirsi a Roma asiatica” un indirizzo “normale”. Lo stesso si era concesso diversi viaggi problema lo si riscontra in città in giro per il mondo a presentare come Venezia e Firenze. Come sempre, poi, ci la sua cucina di tradizione, profondamente italiana sono le eccezioni, e capita di trovare un buon indi- nell’anima, ma che nel corso delle stagioni ha sarizzo, di stampo familiare, accogliente e perfino puto anche arricchirsi con intuizioni e prodotti racinaspettato. Per una volta, usciti dalla cerchia del colti nei luoghi di passaggio, come si evince dal Tevere, lasciate i lucchetti a casa e, attraversato il menu attuale. Il ristorante, a dire il vero, è nato

27 Artù agosto/settembre 2016

Qui sopra: lo chef Vincenzo Ciano al bancone del ristorante e i Tonnarelli con scampi, fiori di zucca e pecorino di fossa. Nella pagina a lato: Polpo verace alla griglia con patate arrosto.


Focus food In questa pagina: la sala del ristorante, sotto un aperitivo con cocktail e piattini dello chef e un dettaglio della sala. Nella pagina accanto: Mezzi paccheri allo scorfano; Filetti di rombo speziato con spaghetti di soia e verdure e il Tonno croccante con cicoria di campo.

dall’idea di un gruppo di amici, appassionati di cose buone, che hanno ben pensato di realizzare il luogo giusto dove trascorrere una serata in compagnia, in un ambiente informale e conviviale come possono esserlo solo certi locali romani, se vogliamo, con una spiccata vocazione per la cucina del mare e qualche etichetta di rilievo capace di soddisfare una clientela variegata ad accompagnare il tutto. In una piazza come quella della capitale, dove spesso si dimentica il piacere della semplicità e dei sapori genuini per seguire le necessità da fast food del fiume di turisti e delle consuetudini alimentari che lasciano poco spazio alla creatività, il Molo 10 rappresenta quella che dovrebbe essere la normalità di una cucina ben realizzata, senza clamori, ma con una

grande passione alle spalle. Il cuoco ci tiene a far sapere che buona parte del pesce fresco che arriva in tavola ogni giorno viene da pescherie di fiducia o dai mercati ittici pugliesi, o ancora da quelli della più vicina Anzio, al punto che spesso, mentre state ancora versando l’acqua nel bicchiere, a fianco a voi si palesa il pesce presentato dalla cucina in sala proprio da Vincenzo Ciano in persona, per testimoniare la sua freschezza. E se non c’è la disponibilità di un prodotto, non c’è niente da fare, il menù cambia di conseguenza e le variazioni vengono spiegate a voce di volta in volta. La carta allestita da Vincenzo Ciano al Molo 10 è di assoluto buon senso, e si muove tra scelte che passano dalla ricca selezione di antipasti crudi (come il Carpaccio di gamberi rossi con

28 Artù agosto/settembre 2016

soia e wasabi, il Battuto di tonno rosso con capperi e basilico o il Ceviche di pesce piccante al mango) a quelli cotti (vedi il Polpo verace alla griglia con patate, il delizioso Tonno porchettato o l’Insalata di gamberi al vapore con papaia). Ma poi arrivano anche i caldi, con l’Impepata di cozze e il Sauté di vongole, e la sequenza di fritti con i


Calamari, gli Scampi e i Filetti di baccalà. È un vero tripudio di sapori, con alcune preparazioni che dicono bene delle origini del cuoco, il quale, in ogni caso, preferisce non spingere eccessivamente sul piccante, ma si diverte a creare continui contrasti di consistenze e gusti (anche giocando con l’agrodolce) nell’intera e lunga parata di

piattini che precedono le portate principali. E queste mettono in primo piano tra i primi le classiche paste all’italiana, con le ottime Linguine di gamberi rossi e mollica scottata e i Mezzi paccheri allo scorfano o i secondi dove i protagonisti diventano la Catalana di crostacei, la Cernia alla griglia con il salmoriglio e i Filetti di rombo speziato accompagnati dagli spaghetti di soia e verdure. Quest’ultimo, probabilmente, un piatto che è anche un retaggio gastronomico delle esperienze asiatiche del cuoco. Non c’è quindi da stupirsi se per questa stagione estiva, e sin dal mese di giugno, la proposta del ristorante si è ulteriormente arricchita, con l’arrivo serale del sushi e del tempura preparati però dallo chef Claudio Tigani. Si tratta di un’offerta nuova, che strizza un po’ l’occhio agli aperitivi da tardo pomeriggio, se vogliamo, ma che va ad integrare con un tocco di esotismo il menu classico del Molo 10 senza modificare troppo l’anima del ristorante. Tradizione e semplicità sono sempre parole che da queste

29 Artù agosto/settembre 2016

parti non passano di moda, ma è evidente che si può stimolare diversamente l’ospite che, si sa bene, è sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo. E in fin dei conti piace anche il luogo, perché defilato, fuori dal clamore della Città Eterna più turistica, con il piacere sottile di vivere il quartiere quasi si abitasse proprio in una delle case popolari che circondano il ristorante. Tranquillo e discreto sia che si scelga di sedersi in uno dei tavoli dell’ampia sala interna che nella spaziosa veranda con le vetrine che sia affacciano sulla via. In entrambi i casi si incontra un ambiente colorato e vivace, che richiama la vita marinara e dove il servizio al tavolo è semplice e attento all’essenziale. Un po’ come è la cucina di Vincenzo Ciano, cuoco dallo sguardo intenso e dai baffetti impertinenti che puntano dritto negli occhi dell’ospite al momento di scegliere i piatti del menu =


Focus food

Van Oosterbrugge Global chef ad Amsterdam di Gualtiero Spotti

Grandi esperienze in cucine importanti, il cuoco del Bord’Eau non nasconde la sua passione per la Francia, come rivela il nome stesso del ristorante. Amsterdam è una città in grande fermento culinario e forse l’ultima importante destinazione europea, tra le capitali che contano, ad essersi mossa ed essere cresciuta sensibilmente nel mercato globale dei viaggiatori gourmet che si spostano per andare alla scopresenza di cuochi ospiti tristellati perta di indirizzi dove soddisfare “Bord’Eau: gli olandesi quali Andreas Caminada e Sven il palato e la gola. Fino a qualche Elverfeld, provenienti da mezza hanno riscoperto stagione fa l’Olanda, più in geEuropa), la scena cittadina della nerale, soffriva la mancanza di capitale offre una maggior offerta curiosità e interesse prodotti e materie prime locali di diverse tipologie di cucine e verso una cucina in riconoscibili come eccellenti (un la nuova generazione di cuochi vizio che a dire il vero perdura), è decisamente più curiosa e inapparenza complessa, mentre i cuochi di maggior tatraprendente. Ad Amsterdam ma che sa soddisfare lento erano conosciuti e apprezsono aumentati i ristoranti che zati solo all’interno del circuito si fregiano della stella Michelin, i gusti dei gourmet” gastronomico nazionale. Le cose ma a fianco di questi hanno iniperò, strada facendo, sono camziato a fare capolino esempi di biate. Sono nati nuovi festival food (l’ultimo, quello street food, cucine etniche di livello (che hanno afdi Cadzand in Zeelandia, ha raccolto il sostegno e la fiancato la storica scena indonesiana locale), e perfino gli olandesi si sono scoperti amanti e appassionati del buon cibo oltre che curiosi nel diversificare le loro scelte a tavola. Resta comunque forte, in particolare, la ristorazione d’albergo che qui offre non poche garanzie e ristoranti cui è davvero difficile resistere. Uno di questi, nel cuore della città e felicemente appoggiato sulla riva di un canale, è il Bord’Eau (www.bordeau.nl), che già a partire dal nome svela molte delle caratteristiche che lo contraddistinguono. Il Bord’Eau, per intenderci, dice subito della sua passione per la Francia e gode della posizione felicissima a fianco di un corso d’acqua, ma al tempo stesso Sopra: un piatto dello chef e un tavolo imbandito. offre la possibilità di entrare in uno degli alberghi A sinistra: l’esterno del Bord’Eau Restaurant più belli di Amsterdam, il lussuoso e storico De che si affaccia sul canale. l’Europe. A guidare lo staff di cucina è il trascinante Nella pagina a lato: lo chef Richard van Oostenbrugge.

30 Artù agosto/settembre 2016


31 ArtĂš agosto/settembre 2016


Focus food

Alcuni piatti e un tavolo del ristorante nell’elegante cornice della location.

liziosamente concepito in abbinamento a un bouillon di alghe e alle prugne salate alla giapponese (umeboshi). Il suo è un “contemporary french touch” di grande classe, come si evince dalla cura e dalla pulizia delle preparazioni, dall’equilibrio che passa dall’estetica del piatto al palato in un percorso dove si lascia davvero poco spazio a discussioni intellettuali. Dove si apprezza fino in fondo la capacità di lasciar vivere la materia prima, ma al tempo stesso di saperla valorizzare con gusto. Non c’è da stupirsi che la sala del ristorante, costituita da una quarantina di coperti (ma c’è anche una bella sala Richard van Oosterbrugge, olandese per nascita ma Amsterdam. Il menu, come spesso accade andando da private dining per una dozzina di ospiti), risulti global chef nella sua storia professionale: si destreggia verso Nord, è piuttosto stringato e offre solo cinque essere sempre molto gettonata in città. Merito con nonchalance parlando un discreto italiano, starters, cinque main courses e un menu degustazione anche dell’ottima selezione di champagne e di vini frutto dei suoi trascorsi lavorativi in Sardegna. Richard che, qua e là, raccoglie piatti già inseriti alla carta. (la carta delle etichette è di 68 pagine e presenta però, prima di rientrare ad Amsterdam per stabilirsi Se è vero che i prodotti locali ogni tanto si incrociano, bottiglie anche dalla Grecia, dalla Moldavia e dal al De l’Europe, ha viaggiato e non poco, spesso fre- vedi il caso delle ostriche olandesi preparate in tre Libano), di un servizio attento ed affabile, di uno quentando i ristoranti d’albergo e facendosi un modi diversi (con un consommé di guanciale, caviale stile che va di pari passo con quello dell’albergo. nome come interprete magistrale della cucina filo- e gelato d’ostrica; con pancetta di maiale, insalata Richard van Oosterbrugge, poi, ci mette del suo, francese, come ricorda parlando delle sue esperienze, e tartare di ostrica; servita calda con champagne concedendosi istrionicamente in sala, accompaad esempio, nella località turistica svizzera di Gstaad. Billecart-Salmon e beurre blanc) o della carne di gnando a volte l’uscita dei piatti dalla cucina e faOggi detiene con un pizzico di orgoglio due meritate manzo ingentilita dal timo e dai finferli di stagione, cendosi in qualche modo promotore della “nouvelle stelle Michelin al Bord’Eau (tra l’altro ottenute nel tutte le preparazioni parlano di Francia. Non manca vague” gastronomica locale. Bord’Eau, pur radicato giro di soli due anni e presenti sulla giacchetta da la tartare di vitello del Lozere, il piccione d’Anjou, la con convinzione nella tradizione francese, si pone chef ormai dal 2013), nell’ultima avventura dopo Triglia con “jus a becasse” e i carciofi “a la bariguole” come una delle eccellenze olandesi cui non rinunciare aver segnato le sorti del ristorante Envy, proprio ad e, chiaramente, un foie d’anatra, che però viene de- se si transita da Amsterdam =

32 Artù agosto/settembre 2016



Focus food

Al Carroponte L’Enobistrò di Oscar tempo dove ci si prende cura del cliente con grande attenzione. Basta sfogliare la lista dei In breve tempo è diventato vini, vera passione del titolare, un riferimento per la Bergamo per rendersene conto. A partire in cerca di un’offerta autentica, dagli champagne che rimangono uno dei must del Carroponte. che va dal finger food al piatto Qui di etichette se ne trovano più impegnativo. ben 180 (difficile perfino citarne solo alcuni, ma vale la pena riNato a Bergamo nel settembre del 2014, sulle cordare, oltre ai nomi più noti, ceneri di un altro locale, il Loft, che univa ristorazione anche quelli di Egly-Ouriet, Chie musica dal vivo, e che, a sua volta, era stato quet, Ulysse-Collin, Soutiran, realizzato all’interno della vecchia industria Ciceri, il Gnet Bedville o Bedel), cui agCarroponte (www.alcarroponte.it, da non confondersi giungere una rimarchevole lista con l’omonimo spazio concerti milanese) nel volgere che comprende grandi nomi di di pochi mesi è diventato uno dei punti di riferimento Borgogna e del Piemonte, e imprescindibili per chi ricerca nella città orobica un che porta la carta dei vini ad luogo multifunzione capace di soddisfare le esigenze avvicinare il migliaio di riferimenti. Ma per chi invece degli amanti dell’afterhour, dell’aperitivo, della convi- preferisce un pasto veloce e un semplice bicchiere vialità davanti a una buona bottiglia di vino e per di vino, la scelta certo non manca e una carta di tutti coloro che vogliono gustare una cucina capace finger food viene sempre in soccorso, magari per spidi farsi versatile all’occorrenza o di chi semplicemente luccare al banco scambiando quattro chiacchiere vuole fermarsi per un caffè al con il maitre. Non però con la banco del bar. Così il locale ha, formula abusata dell’apericena, in sostanza, una evidente anima perché al Carroponte si parla di “Con 180 etichette bistrò, ma si può anche rimanere un’offerta gastronomica più ricerdi Champagne, comodamente seduti al tavolo cata, da tempo nelle mani del della spaziosa sala per gustare cuoco Fabio Lanceni che, insieme il Carroponte stuzzicherie, finger food e i piattini a due validi collaboratori ai forsi configura come che lasciano il posto a preparanelli, si preoccupa di sfoderare zioni più importanti e a prodotti fantasia e classicità in un beluna delle mete più di eccellenza che inducono a Il menù riporta una raffinate del territorio l’equilibrio. gustosa selezione di Crudi di peprolungare la sosta anche fino sce, le Animelle di vitello impanate alle ore piccole. D’altro canto bergamasco” con crema di piselli e finocchi dietro al Carroponte c’è l’especroccanti, i tradizionali Casoncelli rienza e la volontà di Oscar Mazzoleni, esperto di vini e professionista di lungo corso bergamaschi, i Fusilli di farro integrale con pesce della ristorazione, che negli anni ha avuto modo di spada, pinoli e pesto di pomodori secchi, ma anche frequentare cucine stellate e locali di grido in giro piatti più importanti per veri carnivori, come le per la Lombardia. Questa però, dopo un lungo pere- Costine di suino iberico in salsa BBQ, la Costata di grinare, è la sua creatura e il primo vero impegno, e scottona o la Costoletta di vitello con fagiolini e così il Carroponte è nato subito con l’idea di essere fegatini. Di questi tempi, dopo una pausa nel mese un luogo di facile accesso per tutti, dove poter vivere di giugno, il Carroponte ha riaperto i battenti con un l’esperienza di un pasto informale, ma allo stesso look rinnovato, grazie al restyling che lo ha reso più di Gualtiero Spotti

34 Artù agosto/settembre 2016

funzionale (è stata allargata la cucina) e ancora più bello negli spazi esterni del pergolato che si trova all’ingresso del locale. Un angolo perfetto per trascorrere le calde serate estive seguendo i consigli enologici del padrone di casa. È davvero questo un salotto


buono che sa trasformarsi in un luogo informale, che di volta in volta ospita serate con i produttori di vino, che diventa punto di incontro di “bon vivant” di locali e non solo, capaci di apprezzare gli sforzi profusi da Oscar Mazzoleni nell’idea di convivialità. In una piazza, quella bergamasca, che ha visto il fiorire in questi anni di proposte ristorative quantomeno discutibili (ma è un vizio di molte province), tra aperture asiatiche e pizzerie. Con pochissimi esempi degni di nota tra i locali nati negli ultimi tempi e la difficoltà di farsi portavoce di un approccio diverso

alla ristorazione, il Carroponte tiene alta la bandiera di tutti coloro che ricercano maggiore qualità e di chi vuole ancora ricevere delle emozioni a tavola e nel bicchiere. Un impegno non facile, ma che a due anni dall’apertura del locale, sta iniziando a dare i suoi frutti e ha saputo creare un circolo di fedeli affezionati. Anche tra quelli che si fermano nella pausa pranzo e approfittano del business lunch, dove non manca perfino uno sfizioso burger proposto in chiave gourmet, ma si trovano sempre piatti cucinati e a prezzi concorrenziali =

35 Artù agosto/settembre 2016

Nella pagina accanto: il sommelier Oscar Mazzoleni e il fresco pergolato di gelsomini e viti del ristorante. In questa pagina: la sala, una portata di crostacei e ostriche e l’hamburger di manzo Carroburger.


36 ArtĂš agosto/settembre 2016


Focus food

Sardegna, Bosa. Offerta “diffusa” e affidandosi a un tour operator. Nel 2005 arriva un altro ampliamento del Corte Fiorita, la cui reception è nell’edificio principale Le Palme (quattro Molto pesce, ma anche cucina anni sono durati i primi lavori di ristrutturazione), tradizionale, che si ispira alle e le cui camere (in stile sobrio e classico degli ricette storiche di un territorio anni ’50, con ogni comodità) non distano più di 200 metri dal blocco centrale. Presto saranno diricco di materie prime. sponibili anche 4 nuove junior suite dall’altro lato Il borgo medievale più bello della Sardegna, con del fiume, dove erano localizzate le vecchie concerie tante mete enogastronomiche di livello. A Bosa, in (Sas Conzas). Saranno allora 30 le stanze “diffuse”. provincia di Oristano, nella Sardegna nord occi- Il mare dista solo due chilometri dal villaggio e si dentale, si gustano, fra l’altro, ottime aragoste (si può raggiungere a piedi, in bicicletta o con il nutrono di pasture prelibate), e il carciofo spinoso, servizio di noleggio barca, offerti sempre dallo da abbinare con il pane Bistoccu, cotto due volte, stesso Corte Fiorita. Il cui titolare sogna di avere molto leggero; e anche l’olio è speciale: la bosana una concessione di un piccolo ormeggio, per è la cultivar più diffusa nell’inalzare il target e magari diventera isola. Da oltre 1.000 anni, tare un 4 stelle. Per quanto riinfine, si produce la Malvasia guarda la ristorazione, non è “Punta sulla tipicità (una Doc dal 1972), sulle coltutto oro quel che luccica. Soil borgo medioevale line della Planargia che affacprattutto nelle vie del centro ciano sulla costa baciata dal storico. Non mancano, però, ripiù bello dell’isola. maestrale. Un vino di meditastoratori emergenti e di bravura zione e ossidato, che è invec- La spiccata vocazione e fama consolidate. chiato per tre anni in botti di Fra le novità, il “Mangiaimbuto”, turistica lascia spazio castagno nella sua versione in corso Vittorio Emanuele 67, a piccole realtà secca. Si rimane a bocca aperta a due passi dalla piazza cenad ammirare il Temo, unico fiutrale, vineria ristorante rilevata di valore” me navigabile dell’isola, dove lo scorso aprile dal giovane è sorto nel 2003 il Corte Fiorita, primo albergo diffuso (3 stelle) che ha dato impulso ad altri imprenditori che hanno via via ristrutturato le case torri e altri immobili del centro storico per ricavarne caratteristiche strutture ricettive (fra cui un altro albergo diffuso, Aghinas). Marco Mannu, 52 anni, originario di Bosa, consulente di startup per il Bic Sardegna, intravide le potenzialità di sviluppo territoriali dopo uno studio del professor Giancarlo Dall’Ara, presidente dell’Associazione nazionale alberghi diffusi. Ne parlò con l’ex socio architetto e propose l’idea agli imprenditori locali, che si rivelarono non interessati. Ne divenne a quel punto il principale promotore, utilizzando in parte fondi regionali. Nel 2003, dopo aver recuperato due edifici, ne ricava 15 unità ricettive sul Lungo Temo, puntando sulla comunicazione emozionale di Alessandro Luongo

37 Artù agosto/settembre 2016

Nella pagina a lato: il panorama del borgo medievale di Bosa sul Lungo Temo. Sotto: l’esterno dell’albergo Corte Fiorita, una camera e la colazione.


Focus food

Sopra: il tonno scottato, profumato agli agrumi con verdure cotte e saporite al timo del ristorante Essenza del gusto e l’esterno del ristorante Estroò. A lato: la zuppa di pesce del Gambero Rosso e i pippiriolos con pesto di rucola e arselle della chef Piera Fancellu del ristorante dell’Hotel Al Gabbiano.

Luca Nurchi, 33 anni, affidatosi in cucina a Maddalena Biccai e Mariangela Stara, due signore del posto che preparano piatti genuini ed esaltano i sapori locali a base di pesce. Selezione di vini regionali. Fra i più creativi è “Estroò”, “ristoriamo a km zero”, come dice il nome stesso del ristorante di Giuseppe Cadoni, 37 anni, in piazza Gioberti 5, con la cucina a vista sulla piazza del teatro, nel centro storico. Giuseppe è stato, fra l’altro, allievo di Sergio Mei quando era al Four Seasons di Milano “dove ho imparato tutto, compreso il rispetto per la materia prima”. Qui ci si rende conto, in effetti, che il Km zero non è un’idea di marketing, ma il vero pilastro dei sapori e dell’innovazione. “Il 40% dei prodotti consumati al ristorante arriva da Bosa, come i formaggi, pesce, verdure e qualche tipo di carne”. Il suo piatto più ardito? “Un carpaccio di asinello scottato con olio profumato di lentischio”.

con crescenza e salsiccia o con crema di bottarga. E ancora: maccarones neri con bottarga e zucchine. Molte delle verdure arrivano dall’orto vicino di Pasqualino: 7 ettari di bontà. Alla fine degli anni Ottanta, il titolare restaurò una villa padronale (alle spalle dell’albergo, con le rotaie del trenino verde Sulla strada che collega il borgo con Bosa Marina, in mezzo, che passa due volte la settimana tra i vimerita una tappa il “Gambero Rosso”, in via Nazio- gneti di Malvasia di Bosa) con sei unità ricettive nale 12, dello chef Francesco Murtas dal 1998, per i clienti che amano la riservatezza. Si chiude che ci propone la zuppa di pesce più gustosa in in bellezza all’“Essenza del gusto”, il ristorante più assoluto. Usa il prelibato olio Peddio e prepara un romantico, proprio sulla spiaggia, aperto da ottimo ragù di aragoste. Con le cozze e arselle se- Giovanni, detto “Nanni” Solinas, 50 anni, con lo lezionate elabora infine uno spaghetto strepitoso, chef e collega Antonio Erriu, e coordinato dalla reutilizzando basilico, pomodorini di Terralba (che sponsabile sala Antonietta Congiu. Cucina creativa non hanno acidità), zafferano e capperi del posto. mediterranea di alto livello, “dove il mare incontra Il tour bosano non smette di meravigliare. L’Hotel la terra”. Nanni è un grande fantasista, purtroppo Ristorante Al Gabbiano (www.hotelgabbiano.it.), “schiavo” di due piatti strepitosi che ha lanciato di Pasqualino Deriu, a 2 km da Bosa, di fronte all’avvio del ristorante nel 2012: il polpo fritto e il alla baia principale, ha aperto nel 1979, ma dal tonno con olio fumante. Ma è capace di portate 2013 ha anche 5 suite con vista mare oltre alle molto più audaci. L’inverno scorso marinò per due 30 camere standard. E fa della ristorazione, sempre giorni una ricciola in erbette di campo, la scaloppò presente, un punto di forza, con la chef Piera Fan- e tagliò a fette con un’insalatina di finocchi e cellu, 48 anni, che eccelle nella preparazione di arance. Poi adagiò il tutto sulla ricciola e affumicò paste fresche ben abbinate. Ad esempio, i pippiriolos l’intera portata in una campana di vetro davanti al con pesto di rucola e arselle. O la fregula sarda cliente esterrefatto. Risultato? Una vera delizia =

38 Artù agosto/settembre 2016



Focus food

La nuova carta? Alla Présef è a quattro mani di Giovanna Moldenhauer

Alla Fiorida, in Valtellina, arriva Franco Aliberti, uno dei protagonisti più giovani e promettenti del panorama italiano. L’azienda agricola di Mantello, in Valtellina, è nata con lo scopo di valorizzare la tradizione agricola valtellinese. “Alleviamo, lavoriamo e produciamo carni, salumi e formaggi racconta - Plinio Vanini -. Questa è la filiera corta de La Fiorida. Questa è la materia prima che portiamo in tavola. Questo è ciò che rende unici i nostri piatti”. La Fiorida ha saputo, in un tempo relativamente breve, diventare - oltre all’allevamento, al caseificio e al salumificio - una struttura turistica immersa nei ritmi della natura, votata al benessere e a esperienze gastronomiche di assoluta qualità, coronata dalla Stella Michelin che ha premiato la creatività e la filosofia dello Chef Gianni Tarabini, membro del club di Euro Toques. Ora questo percorso si apre a zione… l’Uovo Rubato nel Pollaio, nuovi capitoli con l’arrivo di le patate di Sacco, la fonduta di “Nella cucina del Franco Aliberti, nominato Miglior Bitto e il tartufo della Costiera ristorante stellato Chef Pasticcere nel 2010 per la dei Cech e Il Gnocco di Patate guida di Identità Golose e nel di Montagna con cuore di Bitto Franco Aliberti 2011 per Ristoranti d’Italia de Il 2015, burro montato, Misultin affiancherà lo chef Sole 24 Ore, Miglior Chef under del Lario e scorzette di limone, 30 per Identità Golose nel 2012, si trovano le creazioni a quattro Gianni Tarabini, volto noto anche agli spettatori mani. Ogni piatto è frutto di un una stella della tv dagli speciali di Masterchef gioco di rimandi e di squisita su SKY a The Cooking Show per tecnica con al centro i prodotti Guida Michelin” Expo 2015 di Raitre, all’interno de La Fiorida, della Valtellina e del programma Detto Fatto condel vicino Lago di Como. Il primo dotto da Caterina Balivo su Raidue nello spazio piatto, La terra ci nutre, prevedeva in aggiunta all’acededicato alla cucina. Massimo Spigaroli, Alain Ducasse, tosella, piselli, pomodori datterini, alga spirulina e Gualtiero Marchesi, Massimo Bottura e Massimiliano zucchina, il kefir ottenuto dal latte de La Fiorida che Sopra: Ravioli estivi; Alajmo sono solo alcuni nomi che hanno segnato la per sua natura elimina il lattosio. Ottimo per consistenza nella pagina accanto: sua formazione. Dal mese di giugno Franco approda e gusto ha preceduto altri assaggi dove ogni ingrediente gli chef Franco Aliberti e a La Présef per dare vita a nuove creazioni. Sulla interagiva con gli altri compartecipi della ricetta. Gianni Tarabini; il Luccio nuova carta, oltre ai capisaldi con cui Tarabini ha con- Seguiva Cucito con l’ago, dove la trota e il salmerino perca in valle e qui a lato quistato la Stella Michelin come Un Sogno, un’Emo- sono stati marinati con il succo di rapa e mirtilli, uniti L’apparenza inganna.

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a misticanza dell’orto, marmellata di pere mostardate, foie gras, succo di lampone e pinoli. Il terzo antipasto, senza dubbio il più particolare, era Caccia al tesoro, dove in una crosta di cipolla soffiata, su una crema di patate, aglio e tartufo, le lumache di Romagna glassate al prezzemolo con le loro uova, erano completate da mele di Ponte al Calvados. Per i primi piatti l’Aquerello di gnocchi, alla carota, piselli, peperoni e rapa, lavorati con un evaporatore di ultima generazione precedeva i Ravioli estivi. In questo caso la pasta cotta a vapore univa le patate al pecorino, alla menta e al pomodoro. Dopo Il riso con caffè, misultin e agrumi, che ci ha emozionato meno dei piatti precedenti, Franco Aliberti ha presentato Luccio perca in valle. Il pesce pescato alla foce dell’Adda dopo essere stato marinato alla camomilla, è stato cotto sul suo sasso, proposto poi con insalata di alghe e servito con una crema all’olio presentata in un piccolo tubetto. Il maialino allevato in fattoria, con crema di mele e peperone, cipolle essicate, mele di Ponte caramellate precedeva Piccione a colori. Al petto arrostito, ai cosciotti confit con i

loro fegatini sono stati uniti cioccolato bianco, mirtilli e lamponi decorati poi con un croccante salato di mandorla e nocciola. Questi due piatti complessi, sono stati esaltati da un calice di Grumello Rocca de Piro Riserva 2011 della cantina Arpepe. Il pranzo ha poi previsto in chiusura l’assaggio di tre creazioni dolci, complice la bravura di Franco Aliberti e la sua formazione di pasticcere. La presentazione della nuova carta dove “la forza incontra il pensiero”, come recita il menu nella sua introduzione, ha messo in evidenza l’uso sapiente degli ingredienti genuini della filiera agricola, casearia e salumiera dell’azienda valtellinese da parte di Ganni Tarabini, delle contaminazioni creative di Franco Aliberti uniti alla bravura della brigata di cucina dove collaborano Michele Pedrazzini e Mattia Mottarella anche loro membri del club di Euro Toques =

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Sette donne sparkling, Les Fa’Bulleuses 42 ArtÚ agosto/settembre 2016


Focus wine

come altrove, in Francia e nel mondo, le donne svolgono un ruolo primario. Nei vigneti e in tutte le tappe della vinificazione, si può contare sulla loro Il grande fotografo Ferdinando abilità, ma anche sulla loro passione e sul loro coinCioffi ha voluto riprodurre con volgimento totale. Ma non fanno quasi mai parlare il suo obbiettivo la passione di sette di loro e, a parte rare eccezioni, lavorano nel silenpiccole produttrici di Champagne. zio…”. Così esordisce Sophie Milesi, che è succeduta alla madre nella conduzione dell’azienda vitivinicola Il risultato è sorprendente. di famiglia, situata nel cuore del parco regionale della “Montagne de Reims”. Fiera di questa eredità Des Femmes de coeur, des vigneronnes de talent: importante, Sophie ha fondato nel 2014, con sei ovvero, Les Fa’Bulleuses de Champagne, riprese altre giovani vignaiole, l’associazione delle Fa’Bulleuses. Charlotte, Claire, Florence, dal magico obiettivo di Ferdinando Cioffi, il celebre ritrattista Hélene, Laureen, Mathilde, Sodi grandi chef di tutto il mondo. “Da sempre, le donne phie: hanno tra i 24 e i 44 anni Ogni Fa’Bulleuse proviene da e ciascuna ha seguito un proprio coltivano l’amore un villaggio diverso, ognuna ha percorso. Ma hanno anche in una sua propria storia molto comune delle solide radici nella per il vino con una particolare… ma quello che le regione della Champagne, insiefierezza particolare, me ad una autentica passione unisce e ne fa una entità unica è l’amore appassionato e totale per questo vino mitico che interche appartiene verso la vigna e le sue potenziapreta vitigni importanti, come in toto al mestiere lità. In un sistema in cui tutti lo Chardonnay e i Pinot Noir e parlano di “terroir”, queste sette Meuniere, per realizzare un prodi vignaiola” signore del vino dimostrano condotto che da sempre simboleggia cretamente che è solo con l’impegno quotidiano che si possono ottenere grandi risultati. “Le nostre nonne erano già alla testa di Nella pagina a lato le sette Fa’Bulleuses, piccole aziende vinicole, accanto ai loro padri, da sinistra dall’alto: Hélène Beaugrand, fratelli o mariti, in Champagne. Una presenza femFlorence Duchêne e Laureen Baillette. Nella fila minile discreta, non invadente, ma fattiva sotto in basso: Mathilde Bonnevie, Sophie Milesi, Claire Blin l’aspetto del lavoro e dei risultati. In Champagne e Charlotte De Sousa (ph. Ferdinando Cioffi). di Muriel Picard

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Focus wine

lusso estremo e alta raffinatezza. Fu un incontro fra Claire ed Hélène, due anni fa, all’inaugurazione di una mostra dedicata al celebre vino, che diede il “la” a questa avventura. Dialogando e confrontandosi, hanno fatto germogliare l’idea di un “cerchio” di sole donne, destinate per affinità elettive a condividere gli stessi valori e ad avere le stesse aspettative. Responsabili del controllo di proprietà più o meno vaste, lavorano insieme all’elaborazione dei loro vini, curando personalmente lo sviluppo della vite in vigna fino alla vinificazione in cantina, senza dimenticare le tappe intermedie del marketing e quella, finale, della commercializza-

zione. Lavorare unite per promuovere il proprio territorio e la qualità dei prodotti che ne scaturiscono: questo è l’obiettivo delle sette Fa’Bulleuses. Lo Champagne, simbolo del celebre French Touch e invitato permanente a tutti gli eventi festaioli più esclusivi, probabilmente, non ha bisogno di ulteriore fama: la sua immagine di prodotto luxury è talmente consolidata da non avere più bisogno di promozione o marketing. Ma per le Fa’Bulleuses la ricchezza della Champagne non può limitarsi al blasone di alcune grandi maison internazionalmente riconosciute, anzi ha il dovere di presentare anche quanti producono Champagne magari meno blasonati, ma che esprimono al meglio la realtà di piccole aziende votate all’alta qualità. E, per farcela, hanno deciso di mettere l’accento sulla loro femminilità, per troppo tempo considerata un punto debole: “Perché essere donna in un mondo vitivinicolo da sempre

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declinato al maschile non è propriamente un’impresa facile”, sottolinea Sophie Milesi. Tutte hanno dovuto dimostrare che potevano fare molto bene, se non meglio, appoggiandosi in modo intelligente e non opportunistico ai processi produttivi e tecnici più

avanzati, al fine di alleggerire le procedure produttive. Le vignaiole hanno così messo in evidenza un’altra carta vincente: la loro polivalenza. Una componente tipicamente femminile che consente di essere presenti nell’azienda in tutte le situazioni in cui è necessario, sia per quanto riguarda la gestione del prodotto, sia per gli aspetti legati alla comunicazione, due settori nei quali tradizionalmente le donne eccellono. Ed è a questo punto che le Fa’Bulleuses entrano in scena: combinando fascino e dinamismo, offrono un biglietto da visita inedito, di cui la Champagne può andare fiera! Ma queste ambasciatrici

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dello sparkling rivendicano anche un nuovo approccio al mondo del vino: “Le donne danno prova di grande umiltà, forse perché hanno imparato ciò che oggi sanno sul tema-vino grazie alla loro serietà e allo stare perennemente nell’ombra, oscurate dal potere maschile”, dicono all’unisono le Fa’Bulleuses. E aggiungono, spiritosamente: “Il nostro approccio verso l’universo vinicolo è più semplice e, dunque, più accessibile ai neofiti. Quando parliamo di enologia e di vinificazione, constatiamo che i nostri interlocutori si sentono a loro agio, fanno domande che mai farebbero a un uomo, forse perché noi

Nella pagina a lato dall’alto: Sophie Milesi, Mathilde Bonnevie e Laureen Baillette. In questa pagina: Claire Blin e le donne dello Champagne in un simpatico scatto del fotografo Ferdinando Cioffi.


Focus wine

donne siamo sempre pronte ad ammettere i nostri limiti, a riconoscere le nostre ignoranze e, grazie a questa trasparenza, chiediamo volentieri consiglio e aiuto. Noi donne siamo più disponibili allo scambio e alla condivisione delle informazioni”. Questo spirito di condivisione si concretizza in diversi modi: per esempio, con Anna, la chef del ristorante Anna S., La table amoreuse, hanno studiato originali abbinamenti di Champagne con grandi piatti della cucina regionale. Ancora, hanno creato un lussuoso Coffret in edizione limitata che riunisce sette bottiglie selezionate fra le preziose Cuvèe di ogni Maison. Una meravigliosa opportunità per scoprire nuove sfaccettature di un vino che continua a riservare grandi sorprese. La grandi Cuvèe prodotte dalle Fa’Bulleuses sono: la Cuvée di Charlotte- Champagne de Sousa, 100% Chardonnay, un Brut Reserve con bollicine finissime e un perlage delicato, che riserva

uno spiccato equilibrio e una grande persistenza. Segue la Cuvèe di Florence- Champagne Florence Duchéne, o Kalikasan, una produzione “confidenziale”, limitata a 1000 bottiglie all’anno, che nasce dall’assemblaggio fra Chardonnay, Pinot Noir e Pinot Meunier. Elegante e strutturato, questo Champagne è perfetto come aperitivo, anche con le ostriche e i frutti di mare. È poi la volta della Cuvée di HeleneChampagne Beaugrand: il Carte Blanche Brut nature è Chardonnay al 100% offre golosi aromi di frutta esotica e fiori bianchi. Si abbina in modo ottimale ad antipasti di pesce, salmone fresco, formaggi di

Dall’alto: Florence Duchêne, Charlotte De Sousa e Hélène Beaugrand (ph. Ferdinando Cioffi).

pasta dura tipo Gruyére o Comté. La Cuvée de Laureen, a sua volta, rappresenta un bell’equilibrio fra i tre vitigni che danno vita a questo Champagne Baillette Prudhomme, millesimo 2008, leggermente agrumato: un vino per tutte le occasioni, versatile ed eclettico, dal profilo aromatico che ben si affianca a grandi piatti di pesce e a crostacei. Un altro Chardonnay 100%, la Cuvée di MathildeChampagne Rochet, Bocart: con il suo naso espressivo, combina note di frutti bianchi (come la pesca o la pera) ad una spiccata mineralità. Questo Blanc de Blancs si abbina perfettamente a formaggi di capra ma anche a un buon risotto alla milanese. Lo Champagne Mary Sessile, a sua volta, denominato

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In questa pagina Les Fa’Bulleuses che mostrano le bottiglie della loro produzione di Champagne e il gruppo davanti a una storica cancellata (ph. Ferdinando Cioffi).

l’Inattendue Extra Brut, è la Cuvèe di Claire: 100% Pinot Meunier, è l’apoteosi della freschezza. Fruttato e ricco di struttura, questo Champagne si abbina perfettamente a piatti sushi, ma anche a foie gras e dessert al cioccolato. La Cuvée di Sophie- Champagne Gui Mea, per concludere, è un assemblaggio di Chardonnay e Pinot Noir che, con i suoi riflessi dorati, seduce subito lo sguardo di chi vi si accosta, per l’estrema finezza delle sue bollicine. Sarà il compagno ideale di un piatto di ostriche, o di gamberi rossi, o di un’aragosta al forno o di un Sampietro al cartoccio =

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Format food

Piano 35 Torino punta alto di Davide Bernieri

Un concetto innovativo di proposta gastronomica che ricorda i grandi locali internazionali che punteggiano le skyline delle principali metropoli nel mondo. Piano 35 è il ristorante più alto d'Italia ed è stato collocato ai “piani alti” del nuovo centro direzionale di Intesa Sanpaolo, progettato da Renzo Piano e costruito a Torino. Proprio la presenza di Intesa Sanpaolo in qualità di partner, forse il primo esempio di un grande gruppo bancario italiano che investe direttamente nella ristorazione, è un chiaro segnale della “diversità” di questo progetto, che aggrega altri soggetti più usuali parlando di food, come l'Università di scienze gastronomiche di Pollenzo e Cir Food, attraverso la sua newco Affida, specializzata nell'alta ristorazione. Il risultato di questa inedita partnership è un “sistema gastronomico” - questa è la definizione ufficiale - i cui elementi leganti, per citare il Presidente di Intesa Sanpaolo Gian Maria Gros-Pietro, sono “la bellezza, la cultura e la sapienza, le tre anime di questo pro- Qui sopra: lo chef Ivan Milani (ph. Alessandra Tinozzi) getto”. Più concretamente il sistema si articola su e la caffetteria Chiccotosto (ph. Andrea Cappello). tre proposte ristorative: Il ristorante gourmet Piano 35, la cui senso, non si tratta di una food cucina è stata affidata allo Chef court, bensì di un insieme di “Intesa San Paolo è Ivan Milani e alla sua brigata; elementi integrati fra loro per partner dell’operazione, garantire un’esperienza di cibo un elegante e raffinato Lounge bar posto al 37° piano che che prevede un’offerta e accoglienza unica e di elevata vanta una eccezionale vista qualità. Il sistema gastronomico di ristorazione sulla città sabauda e infine nasce non per soddisfare le esiChiccotosto, format di punta di genze di pochi, bensì per abmulticanale ma Cir food nel segmento caffetteria, bracciare un’utenza ampia di sempre improntata situato nel piazzale antistante persone interessate al valore l’edificio. “L’idea di sistema ganon solo gastronomico ma anai massimi livelli” stronomico - dichiara Giuliano che culturale del cibo”. Far conGallini, di Cir Food - nasce per vergere in unico luogo istanze dare a chi usufruirà degli spazi del Grattacielo di e temi della gastronomia contemporanea, attraverso Intesa Sanpaolo la possibilità di immergersi in un coerenza della filosofia del progetto all’interno di universo alimentare sinergico e coerente. In questo spazi e modalità di consumo diversi, materie prime

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di eccellenza sia nella grande ristorazione come nelle occasioni di consumo quotidiano in caffetteria, professionalità straordinarie con modalità di servizio smart e progettazione nel segno della riduzione dell’impatto energetico e dell’essenzialità, con il fine ultimo di minimizzare tutti gli sprechi. La cucina del Piano 35 è, per stessa definizione dello chef, materia, contaminata e contemporanea: vive su una stretta stagionalità e coglie sensazioni e suggestioni dalla natura, come erbe selvatiche, germogli, fiori e funghi, che a volte fanno capolino nel menu solo nel limitato periodo di raccolta. 60 i coperti apparecchiati negli spazi hi-tech a 166 metri sopra il livello della ex capitale d’Italia, poi tempio della tecnologia e della meccanica, oggi affascinante e creativa città con una forte impronta post industriale, serviti dal maitre Adalberto Rabbio e da una brigata di 34 persone, tra cucina e sala. Lo chef ha esordito con alcuni delle preparazioni che lo hanno fatto emergere tra i cuochi di rango della cucina italiana, come ad esempio “Il tempo delle uova d’oro” oltre a nuove proposte ispirate al grattacielo. La cantina è composta da circa 300 etichette. “L’intento - prosegue Gallini - è quello di assicurare ai clienti del ristorante Piano 35 un’esperienza di cibo e di accoglienza di qualità elevata. Ma non sarà un ristorante d’élite a prezzi proibitivi: in molti potranno concedersi di gustare un pranzo o una cena nel ristorante più alto d’Italia con una vista a 360° sullo skyline torinese. Tutto questo grazie a menu con prezzi accessibili, che partono dai 30 euro del light lunch, fino ai 55-80 euro dei menu degustazione (vini esclusi), oltre ovviamente alle proposte à la carte” =

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Nella foto grande: l’esterno lato Nord del grattacielo Intesa Sanpaolo (ph. Andrea Cappello). Qui sopra: la sala del ristorante Piano 35 (ph. Andrea Cappello), il piatto “Il tempo delle uova d'oro” (ph. Alessandra Tinozzi) e il lounge bar (ph. Andrea Cappello).


Format food

Mangiare in campagna Format in crescita di Maurizio Bertera

Ada & Augusto, alle porte di Milano, ben rappresenta questa tendenza, certamente non nuova, ma destinata a qualificarsi. Il piacere del “fuoriporta”, legato al buon cibo, resta ai primi posti nel gradimento degli appassionati italici, non sempre ripagato concretamente ma perennemente inseguito. Ora per i gourmet si sta evolvendo in un nuovo concetto, il “farm restaurant”, sbarcato in Europa, dopo essersi diffuso negli Stati Uniti. Quali sono le caratteristiche? In primis, la posizione. Non chelin con il Blue Hill, nel Greenwich deve essere sperduto ma a una certa distanza dalla Village. Ma non gli bastava evidentecittà, senza esagerare, visto il tipo di clientela: due mente ed ecco che a un’ora di auto ore di strada hanno senso per un tre stelle Michelin dalla Grande Mela, ha aperto il suggema non per un locale di cucina essenziale. E se è stivo Blue Hill at Stone Barns, già simpiazzato sui confini urbani, meglio ancora. Poi non è bolo del mangiare sano ed ecososteun agriturismo: i piatti eseguiti magari utilizzano le nibile negli States. Il menu è di trenta stesse materie prime (a volte, le due realtà sono pure portate e la prima parte si mangia vicine) ma la filosofia culinaria e l’asticella tecnica con le mani prendendola da una sorta sono state piazzate più in alto. di rastrelliera in Infine, qui il km zero - che ha cui sono infilate fatto pure danni - va in archivio “Piatti leggeri di alta primizie vegetali per lasciare il posto al nuovo come ravanelli e scuola, caratterizzati altri germogli del momento. Detto dogma “from farm to table: tutto quello (o quasi) che serve per che la parte vegetale spadroneggia dall’utilizzo quasi cucinare arriva da quanto prodotto (anche il dolce è una barbabieesclusivo di prodotti tola), va segnalato che c’è un’ina pochi metri dai fornelli. Facile a dirsi, soprattutto pensando alla dubbia teatralità nell’esperienza: coltivati negli orti stagionalità. Ma non impossibile viene servita una sorta di coladella cascina se in regia ci sono dei maestri. zione (la chiamano proprio breSulla tendenza, gli americani akfast) con cereali, tè allo zenzero Guzzafame” sono all’avanguardia. Intorno a e salmone; le patate vengono New York si contano almeno una cotte in un’altra sala davanti ai decina di farm restaurant dove si mangia bene, clienti - che quindi si alzano da tavola - e il pane secondo i loro standard ovviamente. Il “profeta” del viene offerto come unica portata, naturalmente in pamovimento è Dan Barber, amico–consigliere di Michelle netteria. Aspetto che ha colpito Niko Romito, il nostro Obama e cuoco-scrittore (è editorialista del NY Times tristellato abruzzese, ispirato da una recente visita e nonché autore di libri vendutissimi come “La cucina che potrebbe replicare l’idea nel “suo” Abruzzo: ha lo della buona terra”) che ha conquistato una stella Mi- spazio giusto ed è bravo quanto (anzi di più) di

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In questa pagina: a sinistra lo chef danese Renè Redzepi e a destra l’executive chef Dan Barber. Qui sopra: la Blue Hill at Stone Barns, il locale che ha dato impulso al fenomeno dei farm restaurant negli Stati Uniti.

Barber. Anche l’ex n°1 del mondo, il danese René Redzepi, ha optato per un farm restaurant, ancora più urbano: chiuso il mitico Noma, lo riaprirà in un quartiere di Copenhagen - quello più indie e artistico, Cristiania - partendo dall’agricoltura. “Per un ristorante come il mio ha senso avere una fattoria, senza uscire dalla città - ha spiegato -. Non ho paura al pensiero di dover inventare ogni giorno il menu, per me gli chef devono imparare a lavorare con qualsiasi cosa sia prodotta dalla terra”. La sua carta quindi sarà più


In questa pagina: il ristorante gourmet Ada e Augusto, primo esempio di farm restaurant in Italia; lo chef giapponese Takeshi Iwai e alcuni piatti (ph. Redpandaitalia.com).

che mai stagionale con la scomparsa di pesce e carne (già poca, peraltro) in primavera e in estate quando diventerà totalmente vegetariana. In Italia, la new wave ha debuttato a Gaggiano, hinterland sudovest di Milano: si chiama Ada e Augusto, “bomboniera” di classe all’interno della storica Cascina Guzzafame. In cucina ci sono il giapponese Takeshi Iwai - ottimo allievo di Cuttaia, Alajmo, Genovese e Cannavacciuolo - e la raffinata pastry-chef Maria Giulia Magario. Il menu? Piatti essenziali, leggeri e di alta scuola, dove il 70% dei prodotti utilizzati sono interni alla cascina: la carne di manzo e maiale dell’allevamento; il pollame e il riso Carnaroli; le farine per la pasta, il pane e i dolci; le verdure e gli ortaggi bio; il latte che nel caseificio diventa burro, yogurt e formaggi; e ancora le uova, il miele e i fiori edibili… Non a caso è già apprezzato sulle guide e i blog “seri”: se quanti seguiranno la nuova tendenza - e seguiranno, statene certi - la interpreteranno come Ada e Augusto, c’è un buon futuro per i farm restaurant anche in Italia =

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Format food

Roma, l’impronta della semplicità il nome di Ducasse, di cui si percepisce la scintilla nei seppur L’Olio d’Oliva è un ristorante personalissimi piatti. Quando la cucina è davvero espressione romano che si trova lontano di una personalità, frutto di dal centro e dai soliti, ben mente ed estro, rispecchia il conosciuti, circuiti gastronomici. cuoco. Quella di Amedeo è fatta di contrasti: così come il Amedeo Zonetti, chef, e Donatella Aprea, padrona di suo carattere è sulle prime difcasa, sono due volte soci: nella vita e nel ristorante. fidente e in seguito giocoso e Prima di aprirlo hanno fatto le prove generali: un’unione loquace, così spicca l’impiego nata fra i banchi di scuola, poi il matrimonio, tre figli, di ingredienti poveri della tradidue carriere diverse ma un’attenzione alla cucina pre- zione popolare e gli accostasente da sempre in entrambe le famiglie. Nel 2011 menti audaci. Ama il contrasto cresce la voglia di creare una seconda casa, e nasce anche nelle consistenze e nei Olio d’Oliva (www.ristoranteoliodoliva.com), un’attività sapori. È attratto dalla cucina che della dimora privata ha tutto: lo stile caldo e di- molecolare e si vede: molto atscreto, l’accoglienza familiare di Donatella, psicologa tento alla composizione degli con rare doti di empatia apprezingredienti, zata dai clienti, fino alla presenza ne studia la trasformazione con dei figli che mangiano tutti i le diverse cotture per rispettarli “Un posticino defilato, giorni al tavolo più vicino alla cual meglio. Uno dei plus de L’Olio sulla Nomentana, cina. Il nome è stato scelto come d’Oliva è il magnifico cestino tributo alla qualità e alla sempliper gourmet a caccia (fatto con un sacchetto di carta, cità dei prodotti italiani, indicando comodo da portar via): dai 6 ai di chicche inaspettate 10 tipi di pane, grissini e focacce una cucina radicata nel territorio per ingredienti e tradizioni. L’olio che cambiano ogni giorno, pree originali, dove extravergine d’oliva usato è escluparati dallo chef con il suo lievito tutte le materie prime madre. Noi assaggiamo quelli sivamente laziale, così come i vini in carta. Donatella è anche con anice stellato e cardamomo, sono laziali” sommelier, tiene moltissimo alla con semi misti, con curry e pesua regione e sente come misperoncino, il casereccio, la fosione quella di divulgare la conoscenza delle aziende caccia, i grissini, le stringhe, la pizza rossa. vinicole laziali poco conosciute e di qualità. La stessa Donatella è una padrona di casa attenta attenzione si trova in cucina: carne, formaggi e e osservatrice, mentre Amedeo è un salumi provengono da piccoli produttori e allevatori cuoco inquieto e sperimentatore. locali, così come legumi, frutta e verdura di giornata. Questi due temperamenti si traAmedeo Zonetti indossa il cappello da cuoco in età ducono nell’attenzione alla adulta: gestendo locali nasce la voglia di mettere clientela e in proposte sempre anche le mani in cucina, così comincia a studiare e nuove. Da ciò nasce l’origimettersi alla prova. Nel suo curriculum spicca anche nale forma del menù a specchio: da un lato il “Menù tranquillo”, fatto di piatti In questa pagina: l’esterno del ristorante, la sala interna della tradizione che a volte rimangono nel tempo, dall’altro e qui a lato il contorno Peperoni, kiwi e mandorle. di Elisa Tricarico

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il “Menù mosso”, che cambia anche ogni mese. Qui lo chef sperimenta di più, gioca, esprime la sua passione per “l’equilibrio dei contrasti”. La differenza la capiamo subito dagli Stuzzichini: scegliamo dal Menù tranquillo i Fiori di zucca dolci-piccanti e da quello mosso le Coscette di quaglia in agrodolce, laccate e presentate su uno spiedino. Si parte sempre da un piatto della tradizione, per poi ragionare sulle consistenze simili, creando abbinamenti inediti e inaspettati ma rispettosi dei singoli elementi. Così sono nati due Antipasti del menù mosso: la Macedonia di


In questa pagina: in alto le Coscette di quaglia in agrodolce, laccate e presentate su uno spiedino. Qui sopra: la Pancetta di maiale e crema fritta, mentre qui accanto i Ravioli di trippa, aglio, olio, mentuccia romana e briciole di pane e la Millefoglie con arachidi, rape rosse e lamponi.

in Toscana. Scegliamo con curiosità la Zuppa di lattuga, peperoni e arzilla, anche questa rivisitazione di un piatto popolare romanesco, in cui gli ingredienti si accendono e valorizzano. Anche la vita in campagna trippa e polpo e i Nervetti e gamberi, mela, rape, ha lasciato ad Amedeo qualcosa: usa molto le erbe caffè. Nella cucina di Amedeo nulla nasce per il de- aromatiche e conosce bene i tagli di carne. Tra i siderio prestabilito di stupire, ma il risultato alla preferiti lo Stinco di agnello, che ci viene presentato fine è quello. Tutto trova invece spiegazioni nelle sue con capperi e mirtilli. Scegliamo anche un secondo radici e nel suo carattere. Così la pasta fresca, fatta sontuoso e decisamente non minimalista, la Pancetta da lui, richiama quella di nonna e bisnonna con la di maiale e crema fritta, perché quando lo chef ce quale è cresciuto. Nei delicatissimi Ravioli di trippa, ne ha parla nei suoi occhi si accende lo sguardo di aglio, olio, mentuccia romana e briciole di pane la un bambino goloso e divertito. Ne è valsa la pena. sfoglia avvolge ingredienti classici romani dando Ci siamo affidati invece a Donatella nella scelta di loro un nuovo appeal. In carta ci sono sempre un contorno: Peperoni, kiwi e mandorle, un piatto zuppe e minestre, eredità felice degli anni trascorsi così bello da sembrare un dessert. In menù anche

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proposte di pesce, prevalentemente pescato in Lazio. È raro trovare uno chef che faccia anche i dolci, soprattutto così eclettici e complessi. Il Morbido di caffè alla cannella è sormontato da un elegante croccante alle mandorle, così sottile e trasparente da ricordare le vetrate gotiche. Negli anni, incoraggiato dai clienti affezionati, si è spinto sempre più avanti e ha sperimentato anche dei raffinatissimi dessert composti con verdure, come la Millefoglie con arachidi, rape rosse e lamponi o i Bignè croccanti alla liquirizia e crema di piselli. L’Olio d’Oliva è aperto anche a pranzo ma ha dedicato al servizio diurno un menù più semplice fatto di piatti tradizionali. Ha 30 coperti all’interno e 20 fuori, è chiuso la domenica e lunedì a pranzo =


La ricetta di Artù

Insalata Piemontese di Matteo Baronetto chele De Negri mi ha illustrato questo fanCoerentemente al progetto, non poteva che essere tastico concept, chieun piemontese di Giaveno, a prendere il timone dendomi di sviluppardel simbolo della rinascita culinaria di Torino. Nel lo, non ho avuto dubbi: 2017, Matteo Baronetto - per un ventennio braccio giusto venti anni prima, destro di Carlo Cracco - compirà 40 anni e il risto- ero stagista in quelle rante Del Cambio ne festeggerà ben 260. “Dopo cucine dove oggi guido 14 anni a Milano, città che mi dato tanto, avevo la brigata”. Il braccio destro voglia di tornare non solo nei fine settimana. di Carlo è partito subito Quando passeggiavo davanti al ‘Cambio’, non riu- forte proponendo le sue idee scivo a capire come fosse decaduto in quel modo. creative e “rivedendo” i classici Ecco perché quando nel 2013, l’imprenditore Mi- della cucina regionale. In questa riscrittura attenta uno dei piatti più interessanti è l’Insalata Piemontese. “Non sono specialista di cucina naturale, ma avevo voglia di fare un piatto che venisse incontro alla crescente richiesta vegetariana. Mi sono reso conto che potevo fare un vero piatto in omaggio al territorio”. Ed ecco che entrano uno dopo l’altro prodotti piemontesi, in parte stagionali e in parte fissi, come il peperone e la nocciola. “Come sono contento di aver trovato uno spazio all’amarena Fabbri che mi ricorda l’infanzia e per noi è un must”. In pratica, è un fantastico “Lego vegetale” a cura di Maurizio Bertera

Lo chef Matteo Baronetto, il tavolo dello chef che si affaccia sulla cucina del ristorante Del Cambio e l’Insalata Piemontese.

Ingredienti 1. Foglia di rapa rossa / 2. Cipollina all’olio di alloro / 3. Parmigiano / 4. Ravanello / 5. Piselli / 6. Taccole / 7. Fave sott’olio / 8. Mix di alghe, wasabi e sesamo / 9. Fiori eduli / 10. Asparagi verdi / 11. Amarene e colatura di alici / 12. Granella di amaretto / 13. Tuorlo marinato / 14. Shiso rosso / 15. Capperi / 16. Nocciole / 17. Germogli di pisello con polvere di anice stellato / 18. Manigot / 19. Nocciole grattugiate / 20. Asparagi bianchi all’olio di sambuco / 21. Fiori di gelsomino / 22. Peperone all’agro / 23. Maionese

dove entrano ed escono continuamente elementi, sino a un massimo di nove. Considerato “piatto di mezzo” può essere gustato anche con un buon bicchiere di acqua fresca, mentre per gli irriducibili del vino niente di meglio che una flute di Alta Langa. Dimenticavamo: è un quadro (lo vedete in foto), oltre che buono =

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La foto di Cioffi

Ivan Albertelli, Hostaria da Ivan, a Fontanelle di Roccabianca (Pr).

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Š Ferdinando Cioffi


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Accueil

The Conservatorium Lusso ad Amsterdam di Gualtiero Spotti

Offerta “contemporary chic” nell’hotel più di tendenza della capitale olandese, situato nella prestigiosa area dei musei. Il nome potrebbe indurre in errore, e lasciar credere che l’edificio sia, in realtà, una scuola per musicisti o, nella migliore delle ipotesi, una sala concerti. In realtà, il palazzo, che oggi ospita uno degli alberghi più lussuosi di Amsterdam, prima ha visto la presenza al suo interno di una banca, fino al 1978, e solo in seguito del Conservatorio Sweelinck trasferitosi in una nuova sede nel 2008. Da quell’anno la compagnia alberghiera The Set, che ha la proprietà del Café Royal a Londra e del Lutecia a Parigi, quest’ultimo pronto a ripresentarsi dopo un poderoso restyling alla fine del prossimo anno, ha preso pos- sempre accessoriate con finiture eleganti (vedi i pasesso anche del Conservatorium (www.conservato- vimenti in legno) e una serie di complimentary che riumhotel.com) situato nella prestigiosa area dei vanno dall’accesso al fitness al centro wellness Akamusei di Amsterdam. Per intenderci a pochi metri sha, dal welcome drink al caffè Nespresso in stanza, dal Van Gogh e dallo Stedelijk, meta ininterrotta di dai giornali quotidiani al room service 24 ore su appassionati d’arte, ma comodo anche per la vici- 24. Tutto è funzionale a un lifestyle che mescola sananza ai mezzi pubblici (tram e pientemente arte, buon gusto, bus) che portano nel centro design, comfort e tutto ciò che città, sui canali, e all’aeroporto può soddisfare il viaggiatore mo“In cucina uno chef di Schipol. A reinventare l’edificio derno più esigente. Sotto questo eclettico e versatile, e a trasformarlo in un grande aspetto al Conservatorium si dialbergo con un pizzico di fascino Schiro van Coevorden, stinguono soprattutto i ristoranti neo-gotico ci ha pensato il desie i bar, che mettono insieme alla guida di un gner milanese Piero Lissoni, che uno stile urbano e moderno, ha unito in un colpo solo il ma anche sofisticati incroci etristorante che punta gusto austero del Conservatonici, feeling cosmopoliti e scelte su contaminazione rium a tocchi di modernismo vincenti che vanno dalla cucina funzionale, con un contrasto di asiatica-fusion ai drink più alla e influssi orientali” grande effetto, giocato sui toni moda, fino ai piatti vegetariani. del contemporary chic dove si A sovrintendere l’intero comparto fa notare, soprattutto nella grande hall, l’imponente gastronomico dell’hotel ci pensa il simpatico e corstruttura interna-esterna in vetro che dona luce e pulento cuoco olandese Schilo van Coevorden, che ampiezza agli spazi dove sono ospitate la reception qui ha trovato da cinque anni a questa parte il e l’area breakfast. Distribuite su otto piani sono terreno migliore per presentare la sua cucina globale, invece le 129 stanze e suite che vanno dalla frutto di molti viaggi, di una mente fertile e aperta classica Superior alla Penthouse, ma tutte quante alle contaminazione e di una curiosità che non ha

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Nella pagina a lato: la grande lounge ultra moderna del Conservatorium. Qui sopra: l’esterno del palazzo ottocentesco che ospita l’hotel e una Junior Suite.


Accueil

mai fine. Il suo ristorante principale si chiama Taiko (è il nome delle percussioni giapponesi) e ha sostituito da un paio di anni a questa parte il precedente Tunes, sempre all’interno del Conservatorium, che oggi si è trasformato in un tapas & sushi bar con una brillante selezione di cocktail. La cucina al Taiko, invece, si è fatta più asiatica e in linea con le passioni del cuoco, che nonostante le origini olandesi, ha sempre girato il mondo, frequentando cucine importanti (vedi Roger Souverijns in Belgio), alberghi di lusso (per tre anni è stato al Jumeirah Lowndes a Londra e poi a Dubai) e lavorando come un vero globetrotter dei fornelli. Rientrato nella natia Amsterdam, Schilo si è ritrovato a impostare il menu del Taiko tra piatti innovativi che non risultano mai banali, anche quando pescano con forza nella tradizione asiatica, come accade per la selezione di crudi (il sashimi di melone con foglie di shiso, le ostriche con kimchi, la wagyu con ponzu e black garlic), per i dim sum (tra cui i gyoza, i ravioli con ripieno di anatra o di aragosta), o per la straordinaria “zuppa dimenticata”, un signature dish della casa dove spiccano il cocco e il basilico. L’Omakase, ovvero la scelta del cuoco, è forse il percorso ideale per entrare in contatto con lo stile di Schilo van Coevorden, perché unisce in un colpo solo dolcezze a spigolosità mescolate a vini e a una selezione di sake perfetti nell’abbinamento. Il menu prevede anche incursioni più “occidentali”, con l’agnello che viene dal Lozere francese (stufato

In alto: la sala principale del ristorante Taiko. Qui sopra: il Tunes Bar; lo chef Schilo van Coevorden durante la preparazione in cucina e alcuni sofisticati piatti etnici.

e grigliato, e unito ad asparagi e riso organico) e il Black Cod con yuzu. Ma i più esigenti possono richiedere la specialità su cui il cuoco punta la sua attenzione quest’anno. Si tratta della Hida Gyu, il nome dato alla carne particolarmente pregiata proveniente dalle mucche scure che sono state allevate per almeno 14 mesi nella prefettura di Gifu, in Giappone. Per tenerezza e testura è una delle migliori carni in circolazione. Il Taiko è diventato in brevissimo

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tempo uno degli indirizzi cool di Amsterdam, che in questo modo, oltre ad essere la destinazione europea prediletta per chi vuole conoscere meglio la cucina indonesiana, si propone come una città perfetta per andare alla scoperta di nuove versioni della cucina asiatica. Sempre che non si preferisca lasciarsi cullare dal lusso discreto del Conservatorium, una vera opera d’arte caduta non a caso nel quartiere dei Musei =



Acceuil

Masseria Critabianca: il Salento innamorato di Theo Smith

Siamo a Cutrofiano, a 20 minuti in auto dalle spiagge di Gallipoli (20 km), a 30 minuti dal bastione di Otranto. Una masseria fascinosa e antica, diventata villa nel 1700 e ritornata tenuta agricola nel 1800. Oggi Critabianca (www.critabianca.com) è un piccolo relais, autentico e raffinato, composto da sei stanze, ognuna con una personalità molto spiccata. Un’oasi bianca che si specchia in una grande piscina, circondata da ulivi, melograni, fichi e fichi d'india. Nicoletta e Alessandro, i due giovani fratelli che l’hanno recuperata, la considerano soprattutto una casa aperta a sei amici o sei coppie di amici: “Una casa - dicono - in cui abbiamo fortemente voluto conservare e preservare le ‘atmosfere’ prodotte nel corso del tempo dalla storia che l’ha attraversata”. L’atmosfera del relais si rifà prevalentemente ai toni cromatici del bianco e del miele, con qualche “scintilla” di colore nelle stanze e nelle aree comuni. Pareti e soffitti incontrano spesso la pietra: chiarissima o scura a seconda che il sole del Salento l’accarezzi o l’aggiri. Sei stanze, sei “mondi”: Critabianca è composta da due piani di autenticità assoluta, al centro di cinque ettari di verde, pervasi da profumi, luce e silenzi. E poi sei stanze che sono veri e propri mi-

cro-mondi, che rispondono a segmenti di clientela In questa pagina: i fratelli Nicoletta e Alessandro, diversi, dei target che, secondo la proprietà, hanno l’antica masseria immersa nel verde e un suggestivo caratteristiche diverse. Due, la Suite e l’Opunzia, notturno con la grande piscina (ph. Adriano Bacchella). sono al primo piano, nella parte seicentesca. La Suite è la stanza nella camera da letto, le sagome più romantica, adatta ad una delle mangiatoie delle giumente “Critabianca (crita coppia in “fuga d’amore uffie, in bagno, quella riservata significa argilla) è una allo ciale”. L’Opunzia (il nome bostallone. Stanze in cui dotanico del fico d’india) è perfetta minano il color tabacco ed i rimasseria che nasce per una coppia complice, che dorati, luoghi pensati per nel 1300 e lo rimane flessi si conosce da tempo o che coppie piene di personalità ed vuole conoscersi meglio. Al pianenergia. Salendo di nuovo al sino al 1600, fino a terreno ci sono i due luoghi piano, nella parte ottoritornare oggi alla sua primo più inconsueti. La Stanza delcentesca, la più recente, trionl’architetto, costruita sul dialogo fano il bianco e la luce. Qui funzione originaria” tra storia e contemporaneità c’è la Stanza Romantica, la più (con una parte di pavimento, piccola, adatta a chi si è innain vetro, che consente di camminare su due vasche morato da poco o a chi viene a Critabianca proprio in pietra che, per secoli, hanno conservato olio e per reinnamorarsi). E c’è la Stanza del Balconcino, grano). La Stanza dello Stallone, che ha conservato, luminosa, delicata e femminile. Perfetta per le

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anime gentili. Attorno a questi sei “mondi”, aree navetta da e per l'aeroporto di Brindisi e la comuni luminosissime, balconi, scorci bellissimi e stazione di Lecce. C’è molto altro ma lo si scoprirà segni del tempo, intatti, su pareti e soffitti. Come solo visitando la Masseria = se Critabianca fosse, oggi, un diario di un viaggio iniziato nel 1300. E ancora, piaceri antichi: lenzuola di percalle e rasatello di cotone, tende di garza In questa pagina alcuni scorci della masseria: leggera, mobili e cassapanche originali, ceramiche, la cucina, gli interni di pietra ulivi, fichi d'india e gelsomini. E piaceri contempocolor bianco-miele e la Stanza dell’architetto ranei: wifi gratuito, grande piscina all'aperto, golf con il caratteristico pavimento in vetro di 18 buche a 30 minuti in automobile, servizio (ph. Adriano Bacchella).

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Sigari, dall’identità nasce il business 64 Artù agosto/settembre 2016


Dal mondo

di Luisa Contri

Dodici produttori, fra cui il mitico Davidoff, riuniti nell’associazione Procigar, hanno presentato a Milano la propria realtà. Ed è proprio per far gustare a un selezionato e Tabadom Holding (Davidoff) - ha organizzato il gruppo di ospiti italiani i migliori sigari artigianali 13 giugno scorso una serata con degustazione a della Repubblica Dominicana, interamente fatti a tema a Milano, nel giardino e dehors del Grand Hotel Visconti Palace, in collamano da esperti torcedores, e borazione con l’ambasciata doper far conoscere da vicino minicana in Italia e con l’ente questa tradizione a intenditori “Il sigaro è come del turismo del paese caraibico. e operatori del settore che Proil piatto di un grande “Teniamo molto a farci conocigar - l’associazione che ragscere e apprezzare in Italia” ha gruppa 12 dei più apprezzati chef. Per poter dire dichiarato ad Artù Hendrik Kelproduttori di sigari dell’isola di se ti piace o no, devi ner, presidente di Procigar e di Hispaniola: De Los Reyes Cigars, Epc Cigars, General Cigars, La provarlo. Come dire: Tabadom Holding (marchio Davidoff) “non tanto per il potenAurora Cigars, La Flor Dominiil gusto arriva prima ziale in termini di volumi di bucana, Pdr Cigars, Quesada Cisiness che il vostro paese può gars, Tabacalera de Gracía, Tadell’esperienza” generare, quanto per la qualità bacalera Fuente, Tabacalera La del consumatore italiano. Un Palma, Tabacos Quisqueyanos consumatore dal palato raffinato, che ama assaporare, che sa riconoscere l’eccellenza”. Una qualità riconosciuta, quella dei sigari dominicani, che poggia su un’approfondita conoscenza agronomica e a tutto tondo del tabacco da parte dei coltivatori dell’isola e su una grande passione per quello che è considerato il prodotto che identifica la cultura dell’isola. “In quella che oggi è la Repubblica Dominicana - evidenzia Kelner - il tabacco è coltivato da oltre 500 anni. Durante la colonizzazione spagnola siamo diventati il primo esportatore

Nella pagina a lato: sigari artigianali della Repubblica Dominicana. Sopra: Hendrik Kelner, presidente di Procigar, due fasi della lavorazione di un esperto torcedor e qui a lato una piantagione dominicana.

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Dal mondo

di tabacco al mondo. E oggi, siamo il maggior esportatore di sigari al mondo, con una quota del 42% e 210 milioni di pezzi. Sono convinto che siamo i più grandi perché siamo i migliori”. Una conferma della qualità dei tabacchi dominicani può considerarsi la scelta, fatta circa 25 anni fa, da Tabadom Holding, player di primo piano con un fatturato di 1,6 miliardi di euro e una produzione

di 20 milioni di sigari artigianali l’anno, di lasciare Cuba per trasferire in Repubblica Dominicana parte delle sue coltivazioni di tabacco e la produzione dei sigari. Se i soci di Procigar hanno tradizionalmente visto negli Stati Uniti il loro mercato di riferimento, oggi guardano con interesse all’Europa e all’Italia, grazie alla maggiore propensione del consumatore a sperimentare, a provare sigari di provenienza diversa, alla progressiva diffusione nelle migliori strutture ricettive del

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Vecchio Continente di spazi appositi pensati per gli aficionados ai sigari, contando sul ruolo d’ambasciatore dei sigari dominicani svolto da Davidoff. Non per niente alla serata milanese di Procigar, erano presenti tre giovani imprenditori dominicani: Nirka Reyes, presidente di De Los Reyes Cigars (con una produzione di 2,8 milioni di sigari), Toni Gómez, vice presidente di La Flor Dominicana (33,5 milioni) e Abraham Flores, presidente di PDR Cigars (5 milioni). Intanto, a diffondere la cultura e i riti legati al piacere del sigaro in Italia, c’è Davidoff, che organizza corsi ed eventi rivolti al trade e


Nella pagina a lato: foglie di tabacco durante la prima parte della stagionatura e una fase della raccolta. Sopra: Enrico Della Pietà (a sinistra), brand manager di Davidoff Italia, durante l’evento milanese.

Savelli in centro a Roma e uno di primo livello per piccole tabaccherie in Puglia. Ma le novità di casa Davidoff non finiscono qui. Un nuovo sigaro gastronomico prederà forma in occasione della prossima edizione del progetto Davidoff Chefs Edition, lanciato lo scorso anno e che ha visto la partecipazione di sei chef di fama internazionale: Renato Wüst del Bad Ragaz Grand Resort in Svizzera, Ali Güngörmüs del Le Canard HH Pageou di Monaco di Baviera, Léa Linster del Restaurant Léa Linster di Lussemburgo, Michel Trama dell’omonimo Relais & Chateau di Puymirol in Francia, Peter Knogl del Cheval Blanc del Grand Hotel Les Trois Rois di agli estimatori, anche in cobranding con marchi Basilea e Maria Marte del Club Allard di Madrid. del lusso. Fra i prossimi appuntamenti la presenta- “Per la prossima edizione - anticipa Enrico Della zione, il 23-25 settembre a Catania, di Yamasá, la Pietà, brand manager di Davidoff Italia - pensiamo nuova linea di sigari (nelle varianti Toro, Piramides, di coinvolgere un più ampio numero di grandi chef Robusto e Petit Churchill) che andrà a sostituire i e, nella rosa, contiamo d’inserirne anche qualche Puro d’oro. Altri due appuntamenti Davidoff a set- chef italiano. Per esempio Carlo Cracco, anche in tembre sono l’evento di sabato 3 in co-branding vista del suo importante progetto di un ristorante con Audemars Piguet all’Hotel 5 stelle lusso Punta in Galleria a Milano, che potrebbe contare su una Tragara di Capri, e la cena con degustazione al cigar lounge”. Il sogno nel cassetto di Davidoff Grand Hotel Alassio il 7. Il 16 e 23 ottobre Davidoff rimane comunque quello di aprire un suo flagship organizzerà due corsi: uno di secondo livello per a Milano, in via Montenapoleone, e magari anche tabaccherie ed estimatori nell’Hotel Donna Camilla a Roma, al Pantheon =

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Equipment

Luigi Bormioli, la scienza del vetro e integrate da olfatto e gusto: la forma in particolare enfatizza l’aroma del vino, attiva il tatto con il Alta tecnologia e studi scientifici consueto gesto di agitare il calice dallo stelo, la trasparenza ne fa apprezzare il colore e le sue sfumature. accompagnano da sempre la Una perfezione che si esprime nel design rigorosamente produzione di calici da vino, studiato, ma anche nel materiale: il vetro SON.hyx® (High-Tech Crystal Glass) rispetta, preserva ed esalta per una degustazione perfetta. le caratteristiche organolettiche, gli aromi e i sapori Nasce nel 1946 la Bormioli Luigi, affacciandosi sul del vino, non contiene piombo né metalli pesanti e mercato come azienda produttrice di articoli in vetro viene prodotto a bassissimi livelli di emissioni in atper cosmetici e profumi. Ciò che caratterizza la sua mosfera. Scelto per le sue caratteristiche performanti, produzione è senza dubbio l’impiego di alta tecnologia, il vetro sonoro superiore SON.hyx® caratterizza alcune un modus operandi che ha pornovità prodotto come i calici tato l’azienda di Parma a imporsi della linea Supremo realizzati “I calici da vino sul mercato e avere la forza, nel da designer della Bormioli Luigi 1976, di ampliare l’offerta sviin collaborazione con il Centro sono stati studiati luppando il settore di compleStudi Assaggiatori. Soffiati a macin modo specifico menti d’arredo e oggettistica di china con steli rinforzati al Titavetro soffiato, vasi e soprattutto questi calici, grazie alle forper enfatizzare l’aroma nio®, bicchieri e calici, prodotti raffinati me delle coppe, esaltano gli e il gusto del vino, e realizzati con gli stessi standard aromi del vino facendoli evolvere qualitativi della produzione decalice e attenuano la comapprezzarne il colore nel dicata al campo della profumeria ponente alcolica. Sono dedicati, e le sue sfumature” di lusso. Con un plus: il design invece, ai vitigni autoctoni più elegante e funzionale. L’attenzione importanti sul territorio nazionale per la realizzazione dei calici i calici della linea Vinea™, testati non si limita, tuttavia, al solo aspetto estetico. Il con il Big Sensory Test® Avanzato e il Big Sensory gruppo di ricerca della Luigi Bormioli ha infatti Test® Analogico-Affettivo del Centro Studi Assaggiatori. studiato la fenomenologia della funzione del calice Anche in questo caso forma, dimensione e proprietà durante la degustazione di un vino, applicando criteri e metodi scientifici, sia teorici che empirici, al fine di abbinare a ogni vino la geometria del recipiente più adatta a esaltarne il contenuto. Con il supporto di un team di esperti in progettazione e marketing all’interno dell’azienda, sono stati misurati determinati parametri e comparate analisi quantitative per giungere alla forma specifica del contenitore in vetro: l’obiettivo era riconoscere le varie leggi di diffusione nel mezzo e orientare le traiettorie delle molecole nella direzione delle papille gustative interessate, amplificando l’intensità e anche la persistenza delle percezioni olfattive. La ricerca messa in atto dall’azienda di Parma si focalizza dunque sulla funzione del calice e sulle sue forme che preannunciano le impressioni che verranno successivamente confermate di Elisa Facchetti

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Sotto: la collezione di prodotti per la conservazione, cucina e servizio a tavola Lock-eat® e sotto i bicchieri per tutti gli stili di birra artigianale della collezione Birrateque™. Nella pagina a lato: la collezione di calici da vino Supremo.


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Equipment

internazionali dell’analisi sensoriale. Particolare di questa collezione il Foam Control System (FCS), incisione laser sul fondo di tutti i bicchieri Birrateque™ ideata per creare un flusso di bollicine fini e persistenti al fine di mantenere la schiuma, necessaria a proteggere la birra e allo stesso tempo veicolare il rilascio degli aromi. Completano il ventaglio delle nuove prodel vetro sonoro attenuano la percezione del contenuto poste i bicchieri Thermic Glass Food & Design che alcolico, amplificano le sensazioni gustative del vino, uniscono all’estetica la proprietà termica grazie alla rendono la percezione aromatica intensa ed equilibrata doppia parete, e la linea di tazzine da degustazione e conferiscono al vino una aerazione lenta e profonda di caffè monorigine Thermic Glass Drink & Design. I senza modificare gli aromi specifici, grazie alla forma contenitori Food e Juice lock-eat® sono invece della coppa che ne permette la diffusione ad “anello”. dedicati alla conservazione degli alimenti, anche sotL’alta tecnologia produttiva, accompagnata da uno tovuoto, adatti alla presentazione e servizio di ricette studio meticoloso in campo enologico con supporti monoporzione grazie al design pulito ed essenziale. scientifici e prove rigorose, non si limita solo alla rea- Plus di questa collezione l’originale e brevettato lizzazione di calici “funzionali” ed esteticamente belli sistema di chiusura: il coperchio si separa dai vari da vedere e toccare, ma sconfina anche in altri contenitori rendendoli semplici da utilizzare, con inuniversi di vetro, dove il design la fa da padrone gombri ridotti e facilmente lavabili in lavastoviglie. senza intaccare il modus operandi di Bormioli Luigi. Con un ampio catalogo di prodotti di alto profilo, Nasce così la collezione dei bicchieri per birra Birra- Bormioli Luigi si impone sul mercato come una delle teque™, frutto di ricerche e sperimentazioni in colla- più importanti aziende a livello mondiale nella proborazione con il Centro Studi Assaggiatori, specialisti duzione di flaconi di profumeria di lusso e calici da

In questa pagina: a sinistra la collezione Vinea™, sopra i contenitori in vetro borosilicato Thermic Glass Food & Design e sotto le tazzine della collezione Thermic Glass Drink & Design.

SON.hyx®, l’importanza del vetro I calici da vino Luigi Bormioli sono stati studiati per enfatizzare l’aroma, regolare il gusto e apprezzare il colore. Oltre alle forme anche il materiale deve essere all’altezza per garantire un risultato finale ottimale. Il vetro sonoro superiore SON.hyx® (High-Tech Crystal Glass) rispetta, preserva ed esalta le caratteristiche organolettiche, gli aromi e i sapori del vino, grazie a specifiche caratteristiche: è perfettamente trasparente ed eccezionalmente brillante, presenta un’alta resistenza alla rottura, mantiene inalterate trasparenza e brillantezza per oltre 4000 lavaggi industriali, è altamente sonoro ed eco-friendly perché prodotto a bassissimi livelli di emissioni in atmosfera. Gli steli dei calici realizzati con questo vetro sono inoltre rinforzati al Titanio con un procedimento brevettato, un rinforzo permanente antiabrasione che non subisce alterazioni nel tempo e conferisce un’eccezionale robustezza agli steli durante l’utilizzo.

vino, oltre a tutta una serie di prodotti legati al mondo tableware in vetro. I numeri ne confermano il successo: 1.100 dipendenti, quattro stabilimenti produttivi di cui tre in Italia e uno in Francia e un grande centro distributivo negli Usa ne fanno una realtà solida e affermata con un fatturato annuo, nel 2015, di 220 milioni di euro =

70 Artù agosto/settembre 2016



Equipment

Con Harvest la tavola è Natural Chic manifestazione più importante del settore Horeca organizzata annualmente negli Stati Uniti dedicata alla ristorazione e alimentazione. La filosofia Distribuita in Italia da Cifa, la vincente di Cifa prosegue dunque sull’onda dellinea di porcellane per la tavola l’eclettismo a tavola e della qualità di porcellane resistenti, nonché ecostostenibili, come la linea Harvest unisce all’eleganza Evolution prodotta con un risparmio di CO2 del di uno stile sobrio e rustico 79% rispetto ad un normale processo di produzione la resistenza a un uso intensivo. di una porcellana. Angelo Fanfarillo, vicepresidente di Cifa, conferma il successo delle linee proposte Colori caldi, forme avvolgenti, linee dal fascino sul mercato italiano, in particolare di Hervest: “La antico. L’espressione a tavola della convivialità e richiesta è perfino superiore a quella di Evolution, dello stare bene, senza troppi formalismi pur sot- che già pochi mesi dopo la sua presentazione, avtolineando quell’eleganza “natural chic”, ha un venuta nel gennaio 2012, ricevette importanti donome: Harvest. È la nuova collezione di porcellane mande da tutto il mondo. Plus di Harvest, oltre dell’inglese Dudson, azienda distribuita da più di alle forme e al design unico, è la garanzia a vita 30 anni in Italia da Cifa, Centro italiano forniture contro le sbeccature, un prodotto gradevole dal alberghiere, uno stile unico nel suo genere capace punto di vista estetico ma anche indistruttibile di coniugare l’aspetto più rustico di una mise en nell’utilizzo quotidiano e resistente agli urti sui place con la delicatezza dei profili sinuosi e dei bordi, lavaggi frequenti, impilabilità”. Tutte carattecolori delicati. Uno stile che fa tendenza e che è ristiche che fanno di Hervest una linea molto apgià stato notato a Chicago durante la fiera Nra, la prezzata sul mercato italiano. L’obiettivo infatti è di Elisa Facchetti

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quello di trasmettere il piacere di una apparecchiatura bella da vedere e capace di arredare la tavola con quei toni che richiamano la pittura di Morandi: la tavola diventa un quadro da personalizzare e luogo di convivialità. I dettagli della lavorazione a mano, le piccole sfumature e imperfezioni dovute al lavoro artigianale, rendono ancora più unica questa collezione dal sapore autentico =



Brand news In memoria di Lucio Mastroberardino

Illycaffè sui voli United Airlines

A Montefusco (Av), si è tenuta il 26 giugno una manifestazione destinata a valorizzare il territorio vitivinicolo irpino. Protagonista del concorso, dedicato al grande enologo Lucio Mastroberardino, figlio di Walter e fratello di Paolo, titolari di Terredora, è stato il Greco Docg. ________________________

Vinicum.com, online la boutique di GIV È online il nuovo sito di GIV dedicato alla vendita di una selezione di vini pregiati prodotte dalle cantine del Gruppo, una completa piattaforma per offrire non solo un’esperienza di vendita facile e veloce con suggerimenti e consigli, ma anche la storia delle cantine e il loro valore.

La compagnia aerea americana ha scelto la qualità di illycaffè per offrire ai clienti a bordo un caffè eccellente anche a 11.000 metri di quota. Illy acquista infatti solo la miglior qualità di chicchi di caffè Arabica. La sostenibilità della sua filiera è inoltre certificata, assicurando uno sviluppo sociale ed economico ai coltivatori e la migliore qualità di caffè ai propri clienti. Nella foto Andrea Illy, Ceo illycaffè.

Chianti, il Consorzio conferma il Presidente

Torna il Festival Franciacorta in Cantina

Eletto dal Consiglio direttivo all’unanimità, Giovanni Busi è stata confermato presidente del Consorzio Vino Chianti mantenendo la guida fino a luglio 2019. Una realtà, quella del Consorzio Vino Chianti, che conta 3.500 aziende socie, 15 mila ettari di vigneto e 110 milioni di bottiglie all’anno. ________________________

Sabato 17 e domenica 18 settembre la Strada del Franciacorta si animerà per il consueto appuntamento “di cantina in cantina” alla scoperta del territorio, tra degustazioni, verticali, prodotti tipici e street food. Per info sulle prenotazioni delle visite in cantina www.festivalfranciacorta.it ________________________

Winerelais.com, ospitalità in cantina

La Crostaceria al Caffèdell’Opera

Dedicato ai viaggi nelle regioni del vino italiane, il sito Winerelais.com è il nuovo portale per scoprire grandi e piccole realtà che rappresentano l’eccellenza enologica del Paese, un’offerta dell’ospitalità in cantina tra agriturismi, relais e aziende sempre aperte per visite e degustazioni.

È stato inaugurato a metà luglio la Crostaceria di Marzapane Roma al Caffè dell’Opera, il nuovo temporary con crudi e fritti di pesce ideato da Mario Sansone, Angelo Parello e Alba Esteve Ruiz nel dehor del Teatro dell’Opera di Roma, in Piazza Beniamino Gigli 7.

74 Artù maggio 2016



Libri

Il gusto secondo Paolini. Il cibo secondo Roscioli

Titolo: Alla scoperta del gusto italiano Autore: Davide Paolini Editore: 24 Ore Cultura Pagine: 240 Prezzo: 19,90 €

Titolo: Tano Simonato: passione extravergine Autore: Tano Simonato Editore: Mondadori Pagine: 141 Prezzo: 16,40 €

Titolo: Storia moderna del vino italiano Autore: Walter Filiputti Editore: Skira Pagine: 416 Prezzo: 55,00 €

Titolo: Roscioli. Il pane, la cucina e Roma Autore: Elisa Menduni Editore: Giunti Pagine: 256 Prezzo: 25,00 €

Il gastronauta consiglia Grande il piacere di scoprire i veri artigiani delle eccellenze gastronomiche italiane, riuniti in una guida che è un viaggio alla scoperta dei prodotti tipici del Bel Paese. Volti comuni che parlano di storie straordinarie, ricette della tradizione che attraversano gli anni e restituiscono sapori e profumi autentici, che non si dimenticano. Davide Paolini organizza in ordine alfabetico ben 50 produttori a cui viene dedicata una scheda spiegando la tipicità di quel prodotto e la sapienza artigiana per cui è stato scelto: dal pistacchio di Bronte al cioccolato di Modica, dal pesto alla Genovese al castelmagno cuneese ai salumi artigianali. Conclude il volume, piacevolissimo da sfogliare, un “Indice dei prodotti” e “Dove acquistare”.

“Tano Passami l’Olio” Il nome del suo ristorante milanese, aperto nel 1995, ne identifica già la passione viscerale per l’olio extravergine d’oliva. Il viaggio intrapreso da Tano Simonato è quello nella “sua” cucina, un percorso biografico e professionale che l’ha portato alla stella Michelin ma anche a essere riconosciuto come ambasciatore dell’autentica cucina italiana, una cucina della tradizione capace però di evolversi. Il suo primo libro, con prefazione di mamma Simonato, si snoda in 11 capitoli conditi da aneddoti, storia, cucina, ingredienti e ricette. “Ci sono due modi di mangiare - si legge in una delle tante citazioni di Tano -, per nutrirsi o per divertirsi. La cosa bella è che il secondo non esclude il primo”. I testi di Chiara Alini.

Ai vignaioli italiani A loro è dedicato il grande volume di Walter Filiputti, giornalista, scrittore, docente di comunicazione ed enologia, nonché riferimento per l’enogastronomia regionale e tra i fondatori dell’Associazione Italiana Sommelier nel Friuli Venezia Giulia e ideatore del Consorzio Friuli Venezia Giulia Via dei sapori. Dalla sua esperienza e conoscenza nasce questo prezioso lavoro suddiviso in tre parti: Rinascimento del vino italiano; Il vino italiano. L’innovazione; La geografia del vino italiano. Decennio dopo decennio, a partire dagli anni sessanta, vengono presentate le aziende selezionate complete di scheda, storia della casa vincola e i vini più rappresentativi. Una stoia “moderna” del vino che esalta la trasformazione di semplici viticoltori in imprenditori affermati.

Il più antico forno della capitale Le foto di Maurizio Campagna parlano da sole. I testi raccontano la storia romana della famiglia Roscioli, un romanzo vero e proprio, che porta il lettore nell’autentica espressività romana. Roscioli diventa nel corso degli anni un universo di gastronomia pura “con i prodotti che loro vorrebbero mangiare, con i piatti che vogliono dare ai loro figli” cita nella presentazione al libro lo stellato Massimo Bottura. Accanto all’antico forno nasce poi il ristorante, una salumeria e un wine tasting club. Tra le bellissime immagini, nulla di costruito, solo scatti di una quotidiana realtà, ci sono anche le ricette che hanno fatto di Riscioli un tempio del gusto autentico. Ma anche dell’evoluzione in cucina e delle nuove tendenze.

76 Artù agosto/settembre 2016



Alberto’s choice

Hide Matsumoto Le Api volano alto UN GIAPPONESE A MILANO

raccolto e raffinato, pochi tavoli per una trentina di coperti, cucina a vista, servizio di sala efficiente. E una linea di cucina sorprendente. Va premesso che Osteria Le Api Hide, 48 anni, ha avuto un riferimento fondamentale Via Carlo Foldi, 1 in Davide Oldani, con cui ha lavorato per molti anni, 20135 Milano fin da quando, al celebre ristorante Giannino, Davide Tel 02 84575100 ottenne la prima stella Michelin. “Davide per me è www.leapiosteria.com stato maestro di cucina e di vita, con lui ho condiviso i valori e la filosofia che lui stesso aveva mutuato dal grande Maestro Gualtiero Marchesi”, dice con orgoglio Hide. Il quale, con la massima umiltà, ha finalmente deciso di aprire il “suo” ristorante a Milano, qui in Osteria contemporanea ma anche, diciamolo, qualcosa zona Vittoria (proprio di fronte alla sede centrale del in più: il ristorante aperto da pochi mesi a Milano da Fondo Ambiente Italiano): Le Api (un nome che Hide Matsumoto, giapponese di Tokyo, è già un riferi- ricorda un altro locale storico, aperto negli anni mento importante per l’universo milanese dei gourmet. Novanta sopra un garage, in via Bagutta, e poi chiuso Una pattuglia di appassionati, alla ricerca di luoghi dopo qualche anno di attività). I piatti di Hide partono autentici, non necessariamente modaioli ma ben ca- dalla tradizione italiana e milanese in particolare: ratterizzati da un’offerta di food chiara, gustosa, ap- ma il suo obiettivo non è quello di stupire con impropuntita, geniale: Milano, notoriamente, è una città babili colpi di teatro, bensì di capire e interpretare i dall’approccio culturale contraddittorio, ora diffidente, gusti delle persone “e poterle anche qualche volta ora fin troppo aperto, ma molto curiosa e vivace. sorprendere nelle aspettative, perché la semplicità è L’Osteria le Api è il posto che fa per loro: ambiente importante, ma bisogna impreziosirla con un tocco

LEGENDA Cervello incoronato = Memorabile, coerente, ineccepibile per qualità delle materie prime e ragionevolezza dell’offerta

Tre corone = Ottima cucina, perfetta esposizione delle voci in menù, ambiente e servizio all’altezza

Due corone = Linea di cucina corretta

Una corona = Cucina dignitosa e affidabile

Corona nera = C’è ancora molto da fare

Tre cervelli = Il massimo della ragionevolezza

Due cervelli = Ragionevole

Un cervello = Abbastanza ragionevole

Cervello nero = Scarsamente ragionevole

in più”. Naturalmente, senza esagerare. In linea con l’idea di Artù, che sostiene e incoraggia la “ristorazione ragionevole”, l’Osteria di Hide Matsumoto ci sembra l’approdo ideale per chi cerca l’integrità dei sapori italiani e la tecnica giapponese attenta ai dettagli e alle cotture. I piatti: da assaggiare, fra gli antipasti, il Polpo e patate viola arrostito con essenza di verdura, capperi e pomodorini confit, la Crocchetta di coda

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A Artù Numero 76 agosto/settembre 2016

Alberto’s choice

Direttore editoriale Alberto P. Schieppati - alberto.schieppati@edifis.it Direttore responsabile Andrea Aiello In redazione Elisa Facchetti - elisa.facchetti@edifis.it Contatti artu@edifis.it - www.artumagazine.it

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Hanno collaborato Rebecca Andreola, Arianna Augustoni, Fiorenza Auriemma, Irene Bernabò Silorata, Guido Bernardi, Davide Bernieri, Maurizio Bertera, Stefano Bonini, Luisa Contri, Antonio Ezio, Angelo Gaja, Elio Ghisalberti, Gigliola Gigli, Rocco Lettieri, Alessandro Luongo, Rosa Marchetti, Gianni Mercatali, Giovanna Moldenhauer, Riccardo L. Molino, Aldo Nenzi, Cristina Panigada, Muriel Picard, Gio Pirovano, Gualtiero Spotti, Theo Smith, Elisa Tricarico, Claudio Zeni, Stefania Zolotti.

alla vaccinara, testina di vitello, miele, limone e insalata, i Gamberi rossi, germogli di soia alla curcuma e pesca. Creativi al punto giusto, sono antipasti che invogliano a continuare il percorso gastronomico proposto da Hide. Fra i primi, la scelta è caduta su Tagliolini al ragù di salsiccia, delicatamente profumati al rosmarino, Ravioli di patate e ricotta, crema di piselli e mosciame di tonno, Cavatelli con vongole, cozze, zucchine e limone. Fra i secondi, da non perdere il Maialino di latte croccante, composta di mele al Calvados, salsa aromatizzata all’origano: uno dei migliori mai assaggiati perché oltre che buono, il piatto è bellissimo (nella foto). Altrettante emozioni arrivano dal Coniglio farcito con ragù di verdura e dai Calamari ripieni, zucchine, olive taggiasche con salsa Ciuppin alla ligure. Per chi non lo sapesse, il “ciuppin” è una sorta di zuppa di pesce, originaria pare di Sestri Levante, per la quale si utilizzano vari tipi di pesce, perlopiù di scoglio. Il capitolo dei dessert, non vastissimo, è degno di nota: molto interessante il Dolce soffice di ricotta, vellutata di fragole fresche e meringa, ma ancora meglio la Mousse di caramello, arancia fresca e pera, semi di basilico, sfoglia caramellata e salsa alle mandorle. La ragionevolezza della cucina di Hide Matsumoto, chef di grande carattere e di rara simpatia, si vede anche dai prezzi: un’esperienza memorabile a Le Api, senza farsi mancare davvero nulla, non travalica mai la soglia dei 45-50 euro, bevande escluse.

NELLE TERRE DEL BARBERA Non Solo Crudo Via Belveglio, 29 14040 Vinchio (At) Tel 347 7968778 www.nonsolocrudo.com

Ivano Mondo è una “macchina da guerra”: simpatico ed eclettico, ha creato il suo locale, decisamente “fuori dal coro”. Nel senso che l’offerta di Non Solo Crudo non appartiene al solito genere modello “dieci

antipasti e ottanta tuorli” (schema peraltro rispettabile, purché in accordo con la qualità), ma si compone di una linea soggetta all’estro di Ivano. Una volta entrati, ci si deve affidare a lui. Ivano riesce a passare dalla cucina alla sala con l’agilità di un gatto, a supervedere e dirigere la brigata, ma anche a utilizzare la grande cultura gastronomica della mamma, personalmente conosciuta ai tempi in cui Ivano guidava la Locanda del Boscogrande (a Montegrosso d’Asti). Qualche piatto: i Cardi gobbi o gli Asparagi di Vinchio con fonduta, i Peperoni alla piemontese, le paste fatte in casa (Plin, Tajarin in prima linea). I secondi sono quasi tutti a base di carne: Costine di agnello, Guanciale al Barbera di Vinchio, costate di Fassona. Per chi preferisce il pesce, Ivano ha riscoperto lo “stocco bagnato”, il cui consumo era un tempo riservato al venerdì.

Iniziative speciali: Andrea Ragusa _______________________________________________________________

Progetto grafico e impaginazione Claudio Rossi Oldrati _______________________________________________________________

Foto Adriano Bacchella (Masseria Critabianca), Andrea Cappello (Piano 35), Alessandra Tinozzi (Piano 35), Ferdinando e Eduardo Cioffi (Davide Oldani; Les Fa’Bulleuses de Champagne; Ivan Albertelli), Redpandaitalia.com (Ada e Augusto). _______________________________________________________________ Pubblicità dircom@edifis.it _______________________________________________________________ Traffico pubblicitario Roberta Motta - roberta.motta@edifis.it _______________________________________________________________ Stampa Aziende Grafiche Printing S.r.l. - Peschiera Borromeo (MI) _______________________________________________________________ Prezzo per una copia € 5,00 - Arretrati € 10,00 _______________________________________________________________ Abbonamento Italia: € 40,00 - Europa: € 80,00 - Resto del mondo: € 100,00 abbonamenti@edifis.it _______________________________________________________________ Amministrazione amministrazione@edifis.it _______________________________________________________________

CLASSICITÀ E TRADIZIONE

Registrazione del Tribunale di Milano n. 222 del 24/03/2000 Iscrizione Registro Operatori della Comunicazione n. 06090 _______________________________________________________________

Ristorante Centrale Piazza Romita, 10 14036 Moncalvo (At) Tel 0141 917126 ristoranteilcentrale@libero.it

Due sorelle e un fratello, Michela, Cinzia e Fabio Novo, lo chef, guidano con passione questa struttura superclassica nel centro di Moncalvo, paese ben noto ai più per Grignolino e bolliti misti, oltre che per la vicinanza con Cioccaro di Penango, rinomato per la Locanda del Sant’Uffizio, un relais di campagna niente male. Il ristorante, una bella sala con una trentina di coperti, più un dehors per la stagione estiva, offre un’ottima cucina tradizionale piemontese (ma non langarola, perché qui siamo a metà strada fra il Monferrato casalese e quello astigiano), con tanto di battuta di fassone tagliata al coltello (magistrale) e di ravioli (non agnolotti) al sugo d’arrosto, decisamente buoni. Il vitello tonnato, classico dei classici, è preparato “alla maniera antica”: insieme al grande carrello dei bolliti (nei mesi invernali) merita la sosta.

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