CASA & Regalo 9_10_2013

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News Saldi 2013: addio alle code

Accordo a tutto campo

Ricordate le code interminabili davanti alla griffe della moda? Bene, scordatevele. La crisi non risparmia neppure i saldi dei fashion victim (al di là di qualche caso): con un calo medio del 15% rispetto al 2012, già la prima settimana di sconti, edizione estate 2013, non ha smentito le previsioni meno rosee. Al di là delle differenze riconducibili alle diverse categorie merceologiche e alle località considerate (le città turistiche sono andate un po’ meglio), il dato medio del sondaggio condotto da Fismo-Confesercenti su un campione di commercianti di alcune importanti città italiane parla chiaro: resistono Milano e Torino, calano Bari e Bologna. In definitiva, la situazione è a macchia di leopardo: nel capoluogo meneghino infatti, in zona Montenapoleone, le vendite tengono o persino aumentano sì, ma soprattutto in virtù degli acquisti dei turisti comunitari ed extra-comunitari, in particolare arabi, che comprano a buon mercato i sempre più apprezzati capi made in Italy. Ma se appena si esce dal quadrilatero, le cose sono andate molto diversamente, come lamentano i negozi delle strade periferiche e semi-centrali, più legati alla clientela residente in loco. Del resto, come aveva calcolato l’Adoc, l’Associazione per la difesa e l’orientamento dei consumatori, in media ogni famiglia italiana aveva a disposizione 150 euro per i saldi.

Tempo determinato: un pò di chiarezza La percentuale dei contratti a termine in Italia è inferiore alla media europea: la Germania, in particolare, utilizza il doppio dei contratti a tempo determinato rispetto al nostro Paese, e diventano il quadruplo nella fascia di età dai 15 e i 24 anni. Non solo: il contratto a termine ha un andamento costante da molti anni in qua, le imprese non ne hanno abusato e se ne fa ricorso non più che nel resto del Vecchio continente. Di più: negli ultimi 15 anni l’occupazione dipendente è cresciuta anche in virtù dell'introduzione di forme contrattuali flessibili; in questo arco di tempo infatti, l’utilizzo dei contratti a tempo determinato in Italia è andato di pari passo con quello dei contratti a tempo indeterminato, con una quota che si è mantenuta stabilmente tra l’11% e il 13% del totale degli occupati. A dirlo è

• SETTEMBRE / OTTOBRE 2013

Nel momento in cui perfeziona la sua adesione a Confcommercio, Assofranchising esce da Federdistribuzione. Questo il risultato di un accordo raggiunto con la Confederazione del commercio, approvato dal Consiglio direttivo dell’associazione nazionale dell’affiliazione. Con questa intesa, si rafforza l’ambito di rappresentanza di Confcommercio nel settore della distribuzione commerciale, in direzione di un comparto che non solo conta su un giro di affari complessivo di circa 23 miliardi di euro l’anno, ma che si caratterizza per le maggiori prospettive di crescita in Europa ed è in costante ascesa nel nostro Paese nei più disparati settori merceologici. Le due organizzazioni si impegnano a sostenere e promuovere fortemente il franchising, quale volano per lo sviluppo di cultura manageriale e di partnership d’impresa, così da modernizzare l’apparato distributivo italiano e garantire l’efficienza e la competitività delle imprese operanti nel settore. Non è tutto: Confcommercio si adopererà per facilitare l’accesso al credito per i franchisee attuali e potenziali (operatori commerciali titolari dei punti vendita) nonché per la messa a punto di un accordo quadro con le associazioni territoriali di Confcommercio che preveda agevolazioni sia ai franchisee che ai franchisor (imprese titolari dei marchi) appartenenti alle reti in affiliazione associate. Al contempo, Assofranchising agirà al fine di promuovere gli “Sportelli del franchising” presso le associazioni territoriali di Confcommercio, così da diffondere sul territorio una cultura del commercio moderna e competitiva.

una analisi condotta da Confcommercio sull'impiego e gli effetti dei contratti a tempo determinato negli ultimi anni in Italia. Dai dati rilevati, emergerebbe dunque che “la maggior flessibilità non crea precarietà e che la crescita dell'occupazione è più sostenuta in un mercato del lavoro che consente l'accesso anche attraverso forme contrattuali flessibili”. Già, purché non diventi abuso e/o sotterfugio, come non di

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rado accade in Italia, dove è semmai la giungla normativa a complicare le cose. Solo così, “oltre a favorire in generale la propensione ad assumere, si favoriscono occasioni di lavoro e assunzioni che, in assenza di strumenti contrattuali a termine”, sottolinea l'associazione dei commercianti, “non sarebbero proprio attivate, alimentando così la disoccupazione”.


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