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Gender equality Lo studio legale Dentons lancia Bridge the Gap

Un programma per promuovere supportare la crescita professionale delle donne

Lo studio legale Dentons lancia Bridge the Gap: elemento focale del progetto, lo “shadowing”, uno strumento formativo finalizzato ad apprendere o migliorare il proprio metodo di lavoro attraverso l’osservazione di un mentore o collega. Le avvocate di Dentons saranno ospiti per alcuni giorni dell’ufficio legale delle società e, viceversa, creando un‘occasione reciproca di crescita, con l’obiettivo di porre le basi per sviluppare il proprio network professionale. «La crescita professionale negli studi legali è significativamente condizionato dalla capacità delle professioniste di sviluppare un proprio network - sottolinea Sara Biglieri, partner di Dentons e promotrice dell’iniziativa.

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Luxury Ecco i piani di Sanlorenzo per continuare a crescere

Dopo aver archiviato un 2022 da record, il Cda ha approvato il documento strategico

Fino Al 2025

Non bastavano i straordinari risultati del triennio precedente, che hanno visto un tasso annuale di crescita composto del 17,6%, il raddoppio dell’Ebitda, un aumento di 310 punti base dell’Ebitda margin, oltre 100 milioni di euro di creazione di cassa, pur avendo distribuito dividendi per circa 31 milioni di euro: per il triennio

- Abbiamo voluto mettere a disposizione delle nostre colleghe le relazioni dello Studio per sostenerle nella creazione della propria rete professionale anche al fine di raggiungere il nostro obiettivo di avere entro il 2030 almeno il 30% di donne in ruoli di leadership in Europa»” L’obiettivo di incrementare la leadership femminile e supportare le donne nello sviluppo professionale è condiviso da moltissime aziende. All’iniziativa hanno già aderito diverse realtà nazionali e internazionali tra cui: Ferragamo, Intesa Sanpaolo, Lottomatica, Ics Maugeri, Minsait, Nomura, Prysmian, Sagitta Sgr. Oltre all’attività di Shadowing, il programma di empowerment femminile offre a tutte le professioniste coinvolte un percorso di formazione con specialisti esterni su tematiche di leadership, di mercato, di comunicazione e di business development e coaching da parte di alcuni dei soci dello studio. Il tutto, supportato da policy interne inclusive che garantiscono un ambiente in cui la parità di genere è sostanziale grazie a percorsi di carriera e di crescita retributiva trasparenti nonché a un programma di welfare, basato su flessibilità e servizi, che di recente ha visto l’introduzione - accanto al congedo retribuito di maternitàanche del congedo di paternità per gli avvocati, misura quest’ultima assolutamente pioneristica nel mercato legale italiano.

Pay gap C’è un settore in cui le donne guadagnano più dei maschi

Ma è quello del lavoro domestico, che corre in controtendenza rispetto agli altri comparti

Dal IV Rapporto annuale di Domina, Associazione nazionale datori di lavoro domestico, emerge una situazione in controtendenza rispetto agli altri settori economici: nel lavoro domestico gli uomini guadagnano meno delle donne. Oltre ad una prevalenza numerica, le donne svolgono mediamente lavori con maggiore responsabilità e più ore settimanali. Di conseguenza, la spesa delle famiglie per il lavoro domestico è destinata per l’86% alle lavoratrici donne, che peraltro percepiscono mediamente più degli uomini.Oltre alla retribuzione netta, Domina ha calcolato la spesa delle famiglie include i contributi previdenziali e il Tfr, per una spesa annua complessiva di 8,06 miliardi. Ne risulta che le donne straniere (che rappresentano il 57,5% dei lavoratori), percepiscono il 65,4% della spesa annua, per un importo complessivo di 5,27 miliardi. Mediamente ciascun lavoratore domestico assunto regolarmente ha percepito 6.688 euro nel 2021. L’importo pro-capite più elevato spetta alle donne straniere (7.594 euro), evidentemente impiegate per più ore e in mansioni di livello superiore. La retribuzione media più bassa è invece quella delle donne italiane (5.040 euro). Complessivamente, Domina valuta che la retribuzione media per le donne è di 6.770 euro annui, +9% rispetto a quella degli uomini (6.227 euro). La disparità di retribuzione annua risulta evidente dalla distribuzione per classe di retribuzione. Tra le donne straniere, quasi un terzo percepisce più di 10 mila euro annui (32,5%). Considerando anche la classe con almeno 6 mila euro, si ottiene più del 60% del totale. «Storicamente, il lavoro domestico ha da sempre contribuito all’emancipazione femminile. In primo luogo perché rappresenta un’opportunità lavorativa per molte donne, anche senza titoli di studio elevati», commenta Lorenzo Gasparrini, segretario generale dell’associazione Domina. «Ma anche perché, fornendo alle famiglie un aiuto nelle mansioni di cura e assistenza, “libera” le donne da compiti generalmente in capo a loro. Le donne, in particolare quelle straniere, svolgono prevalentemente lavori di assistenza a persone non autosufficienti, in molti casi in convivenza con il beneficiario. Questo determina più ore di lavoro in mansioni più delicate, con un evidente impatto sulle retribuzioni annue».

2023-2025, la società prevede una crescita media annuale dei ricavi “High Single-Digit”, partendo da una previsione per il 2023 tra gli 810-830 milioni di euro, in crescita dell’11% rispetto al 2022, con un Ebitda margin nel 2025 pari o superiore al 19,5%, rispetto al 17,6% del 2022. «Al momento della quotazione avevamo promesso una “crescita misurata”. Intendiamo mantenere la stessa promessa per il prossimo triennio, pur avendo sempre consegnato ai nostri azionisti risultati migliori delle previsioni», ha sottolineato Massimo Perotti, Presidente e Chief Executive Officer della Società, presentando alla comunità finanziaria il Piano Strategico 2023-2025 durante l’evento “Road to 2030: Sanlorenzo’s responsible growth” a Milano presso Palazzo Mezzanotte. «Confermiamo il nostro focus sul costante miglioramento della marginalità e sul progressivo incremento dei flussi di cassa che ci permetteranno di cogliere le opportunità che il mercato presenterà, in rigorosa coerenza con il nostro posizionamento». Il primo pilastro del Piano Strategico riguarda lo sviluppo di tecnologie innovative per la generazione di potenza carbon neutral. Sanlorenzo varerà nel 2024 il primo 50Steel equipaggiato con fuel cell a metanolo per l’alimentazione di tutti i servizi di bordo, per poi arrivare, nel 2028, al varo di un primo superyacht 50 Steel alimentato unicamente a metanolo. Parallelamente, nel segmento <24m, avanzano due rivoluzionari progetti di Bluegame basati sull’utilizzo dell’idrogeno. Inoltre, il Piano prevede l’introduzione di nuove gamme con l’ingresso in segmenti diversi, quali il multiscafo. Terzo pilastro del Piano, l’offerta di servizi ad alto valore aggiunto, con la Sanlorenzo Charter Fleet; la Sanlorenzo Academy; forme mirate di leasing/finanziamenti e assicurazioni; la manutenzione e i servizi di refitting e restyling. Il Piano prevede inoltre l’implementazione della strategia di distribuzione che prevede la presenza diretta su mercati strategici principali. Infine, il Piano prevede entro il 2025 di ampliare la capacità produttiva, proseguendo inoltre la strategia di investimento indirizzata all’integrazione verticale della supply chain.

CI VUOLE ORECCHIO (PER COSTRUIRE UNA MARCA)

Relegare l'identità di brand ai soli segni grafici non basta più: per coinvolgere e fidelizzare il pubblico occorre puntare anche sull'udito. Chi non ha nelle orecchie i jingle di Mc Donald’s, Apple, Audi o Intel? Ecco: non è un caso

90 % ITALIANI ADULTI CHE ASCOLTANO MUSICA IN STREAMING

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Ame gli occhi... anzi, l'udito! Costruire un brand, nei prossimi anni, tornerà ad essere una questione di orecchie.

Dopo l’abbuffata di immagini, la marca potrà diventare "una di noi"solo attraverso toni di voce più caldi, jingle accattivanti e facilmente memorizzabili, suoni e musica personalizzati. E sarà un po' come tornare indietro nel tempo, quando i messaggi pubblicitari si sposavano a musica di qualità, anziché a pessimi arrangiamenti. «Si sta comprendendo - spiega a Economy Maria Carmela Ostillio, professore associato di marketing e sales alla Sda Bocconi School of Management -, che relegare il branding ai soli segni di riconoscimento non basta più. La marca, che vuole essere anche strumento di business, non può più essere riducibile a nome, logo, slogan, personaggio, quindi a semplice segno di riconoscimento».

Nell’epoca del podcast, quello al suono è un ritorno. Ricorderete le finestre sonore del Carosello, i jeans Levi's spinti dalla musica di Marvin Gaye e Dinah Washington. «La voce in una marca - rimarca Ostillio - è sempre esistita come fattore caratterizzante. In comunicazione, per spiegare come la marca deve porgersi ai consumatori, si parla di tone of voice. La voce ci riporta a qualcuno che conosciamo. È immaginifica. Si parla da qualche tempo di sound branding, che significa: individuare i suoni più adatti al brand, le note musicali più idonee all’immagine di marca. Ma anche utilizzare jingle o colonne sonore che accompagnino la marca nel suo percorso identificativo alle orecchie del consumatore. Un risultato che si può ottenere anche con tecnologie come: AI, chabot, assistenti vocali e così via».

La Torta Da Spartire

Sul piatto ci sono un sacco di opportunità: «Secondo uno studio di Juniper Research - ci chiarisce Ernesto Di Iorio, fondatore della QuestIt - il numero di applicazioni di messaggistica chatbot a cui si accede a livello globale aumenterà da 3,5 miliardi del 2022 a 9,5 miliardi nel 2026. E secondo Global Market Insights, il valore degli assistenti virtuali chatbot entro il 2024 supererà la quota di 1,3 miliardi di dollari. Dunque, le potenzialità di queste tecnologie sono agli esordi e le agenzie di marketing dovranno seguirne gli sviluppi». Ma voci, suoni, melodie non serviranno per vendere solo prodotti, ma anche servizi. Immaginate di aver bisogno di assistenza tecnica urgente alle 20 a causa di un blackout. Cosa fate? «Entrando nel sito web del servizio elettrico, oppure inviando un messaggio di testo o vocale all’account WhatsApp dell’assistenza -- troverete un AI assistant pronto ad aiutarvi». E nei prossimi anni andrà ancora meglio perché l’azienda toscana di informatica già lavora alla creazione di assistenti virtuali dalle sembianze umane e capaci di individuare le emozioni degli utenti (human digital). In occasione del Palio di Siena, il team di QuestIt ha creato il gemello digitale (per voce e aspetto) del telecronista storico dell’evento. E non si può tralasciare il progetto italiano VoiceWise, guidato dal prof. Giovanni Saggio dell'Università Tor Vergata di Roma: il gruppo ha sviluppato un sistema che, attraverso l’analisi della voce, sfruttando algoritmi di IA, riesce a determinare diagnosi mediche precise. Ma perché preferire il sound brand? «Il suonochiarisce Giacomo Zani, strategist Caffeina - è uno degli stimoli che ci influenza più rapidamente. Si stima che bastino meno di 30 secondi perché una musica agisca sul nostro stato d’animo. È universale, non necessita di traduzioni, non ha confini. Ha un impatto emotivo, influenza il nostro mood, agisce a livello inconscio. È sia attivo che passivo e non richiede

In Tutti I Sensi

Non esiste solo l'udito. Anzi: oltre la barriera del suono si stanno realizzando diversi progetti multisensoriali. «Una delle iniziative più apprezzate racconta - Francesca Sottilaro, partner di Epik e responsabile brand reputation nella società di comunicazione fondata nel 2021 con 10 partner - e riprese anche da alcune aziende è The Blended Orchestra, il video musicale creato per Lavazza con strumenti fantastici, dalle zucche allo xilofono di cucchiaini dell’India, per raccontare le iniziative sostenibili e le regioni in cui opera il gruppo. La comicità degli artisti di Zelig è stata, invece, la base attorno a cui abbiamo costruito i la nostra attenzione per essere efficace. Non è confutabile, non può essere contraddetto né smentito. Infine, il suono è omnicanale, può essere applicato in qualsiasi touchpoint di marca, dal sito fino al retail. Chi non ha nelle orecchie i jingle di Mc Donald’s, Apple, Audi o Intel?».

C'È VOCE E VOCE

È l'umanizzazione della marca: «La vocespiega Alberto Maestri, board member in GreatPixel, nonché autore di "Brandvoice" con Alessio Pomaro e Giorgio Triani - è importante soprattutto se l’interlocutore non è particolarmente interessato al messaggio». Maestri cita gli studi di Hillary Wiener (University at Albany) e Tanya Chartrand (Duke’s Fuqua School of Business): «L’accento è un primo fattore principale per il successo di una comunicazione commerciale. Le persone generalmente preferiscono prodotti raccontati senza particolari accenti o declinazioni, anche quattro episodi di Arti is Open, piattaforma studiata per Igt, International Game Tecnology, multinazionale del gioco regolamentato che sostiene l’arte per portarla a un pubblico più ampio. Si è puntato sull’effetto Nostalgia per Max&Co»: per il brand di moda Epik ha installato a Milano in area Duomo un gigante wall in 3D per Natale, rivestendo anche la metropolitana e i tram con l’icona Tamagotchi. E il pubblico ha potuto interagire con l’uovo. L’ultimo brand per il quale Epik ha puntato ai sensi è la onlus Cometa, il cui film Amore Odio è stato proiettato anche nelle aziende per raccontare, da Banca Intesa a Lvmh, la rivoluzione gentile tra i manager. A scegliere una comunicazione più empatica, anche colossi come «Ibm, Cisco e Merck - ci fa sapere Francesco Buschi, Head of Strategy di FutureBrand –: Hanno utilizzato codici innovativi come colori vivaci, forme morbide e immagini di vita quotidiana, che esprimono apertura e sostenibilità. Anche le grandi società di consulenza, come The Boston Consulting Group, Deloitte, McKinsey e Pwc, hanno riequilibrato la loro immagine, adottando un tono di voce più consumer e un’immagine più empatica». se accenti più particolari, ma familiari a chi li ascolta, incidono positivamente sulla memorabilità. Anche la velocità della parlantina ha un peso: le voci maschili che parlano velocemente sono percepite come più competenti, sincere e persuasive, e gli ascoltatori reagiscono positivamente agli annunci pubblicitari in cui la voce menziona le sillabe con più rapidità. Riguardo al tono, quando è più basso e moderato rende più credibile e affascinante un messaggio raccontato da una voce maschile». Le due ricercatrici citate da Maistri hanno compiuto anche uno studio sulla qualità della voce: «Analizzandone sei tipi (bisbigliata, stridente, nasale, tirata, sussurrata, aspra), su quasi 800 partecipanti, hanno scoperto che una persona con voce stridente è percepita come meno competente. Se la voce è maschile, poi, alla minor competenza si aggiunge freddezza. La voce tirata, maschile o femminile, è quella giudicata come più competente». Non è tutto. La voce e il linguaggio naturale o artificiale sono strumenti che rendono il mercato più inclusivo. Ascoltare per sapere è il progetto che coinvolge l’Unione italiana ciechi e ipovedenti - oltre al quotidiano La Sicilia - per permettere, tramite un’app vocale (una skill di Alexa) – di consultare un quotidiano a chi non vede. Ma questa strategia, che accelera la digital transformation in un’azienda, ne cambia anche l’organizzazione interna. «Gli invitati allo show per la collezione Donna della Fashion Week 2020 di Gucci a Milanoci racconta Maestri- hanno ricevuto una nota vocale in cui si sente la voce dello stilista. Un messaggio familiare, quasi amichevole che arriva da Gucci, attraverso il suo direttore creativo, Alessandro Michele».

L'IDENTITÀ SONORA

Perché investire su un'identità sonora? Per un semplice motivo: più del 90% degli italiani adulti, secondo una ricerca del 2021 di Kantar e Comscore per Google, ascolta musica

TONO OF VOICE, ISTRUZIONI PER L'USO

«Costruire un brand basato sulla voce o interattivo richiede una combinazione di strategie di branding e tecniche di marketing che si concentrino sull’interazione vocale. La voce è un canale in più da sfruttare per creare una connessione emotiva con il pubblico o aumentare la reach di altri profili. Ad esempio, i giovani o un target specifico di utenti». I consigli arrivano da Valentina Adami, progettista di interfacce conversazionali. «È importanteafferma - avere una chiara strategia. Il design del progetto va implementato in base al mezzo, al messaggio e al pubblico. Se parliamo di un progetto conversazionale, le domande da porsi sono: qual è il valore che si crea per il cliente? Quale messaggio vogliamo comunicare? Come esprimiamo i valori della marca? Come creare un’esperienza coinvolgente e significativa, così da renderla memorabile e far ritornare l’utente? Per fare qualche esempio, guardiamo ai casi già sul mercato: le applicazioni vocali o i chatbot delle compagnie telefoniche o delle utility, oppure un gioco a quiz, o addirittura le pubblicità audio interattive. Consiglierei di iniziare con un in streaming. Ma l'identità sonora, per essere efficace, dev'essere coerente, riconoscibile, memorizzabile: «Segnali audio - sottolinea Giorgio Triani, sociologo e giornalista, docente all’Università di Parma - sono veri e propri marchi sonori. Negli annunci radiofonici o in quelli audio video che viaggiano sulle piattaforme, il suono del brand sottolinea e, in certi casi, sostituisce l’immagine grafica. Il marchio sonoro, infatti, non mostra l’immagine approccio graduale: partire con un progetto pilota, ad esempio, nel customer care, metterlo subito alla prova e osservare i risultati. Potrebbe essere un assistente virtuale vocale, un chatbot sul sito web aziendale o su whatsapp per automatizzare i processi. L’importante è che ci sia una strategia comunicativa integrata dietro il progetto. Se l’azienda lancia un prodotto con uno spot televisivo, può utilizzare nello stesso tempo un’applicazione vocale, offrendo buoni sconto o altre promozioni». del brand, ma deve evocarne i valori. Farne risuonare lo spirito. Sono ormai numerosi i sound logo e gli audio branding. Da quelli di Microsoft (apertura del browser, realizzato da Brian Eno), Intel e AT&T, ai suoni brevissimi (un battito, un sibilo) di Bmw o Unieuro. E udite, udite, si racconta che per la sigla di Visa sia servito più di un anno di lavoro e molte prove per ottenere un elemento sonoro di 1 secondo». Qualcuno si è già attrezzato. attivo MateDub – conferma Alessio Pomaro, Head of Seo & AI conversation designer di Site by Site -, un progetto di Translated, nato per creare delle voci professionali utilizzabili dai brand. E Simone Perone, fondatore, punta a creare un marketplace delle voci».

Il costo può variare molto in base alla complessità del progetto e alle risorse a disposizione: «Rivoluzionare il brand potrebbe comportare la creazione di nuovi processi e l’aggiornamento di quelli esistenti. Le domande da porsi sono: abbiamo le risorse interne per sviluppare questo processo? Quali tecnologie adottare? Certo, un esperto del settore facilita il processo, ma è importante coinvolgere tutta l'azienda». Chi si avvantaggerà da questa rivoluzione? «In generale, ogni settore può ottenere valore dalla voice technology. L’impiego della voce va bene quando hai le mani occupate. Ad esempio, mentre stai guidando, oppure stai effettuando una riparazione a un macchinario».

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