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LA “STOP TEN” DEGLI ERRORI DELLE PMI ITALIANE NEGLI USA
by Economy
Ogni impresa ha le sue peculiarità e l’one size fits all non funziona. Ecco gli errori più comuni nell’approccio italiano al mercato a stelle e strisce
Ècopiosa la letteratura del marketing che elenca i modi per “conquistare” il mercato Usa: come avere successo, come sviluppare un piano di export milionario, come conquistare il mercato americano… e, per dirla all’americana, “one size fits all”, una soluzione che possa andare bene per tutto e per tutti. Ma ogni azienda ha la sua storia, il suo prodotto e di riflesso uno specifico posizionamento di mercato con relativa strategia e attività di business development. Dal nostro osservatorio negli Usa notiamo come ancora moltissime imprese siano restie ad avvalersi di un advisor presente nel mercato ma preferiscano, anzi insistano, nel percorrere la strada del “fai-da-te” sicuri di sapere come navigare in un mercato che credono di
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IL MONDO SOLIDALE conoscere ma che di fatto ne ignorano le dinamiche e le tendenze, con il risultato di un notevole dispendio di risorse in termini di personale, budget, tempo, in attività che non generano alcun risultato perchè non corrette nel metodo e nell’approccio aziendale al mercato.
Infatti se vale il detto che dagli sbagli si impara, ecco una “Stop ten”, una classifica dei 10 errori più comuni che le Pmi italiane, pur con una grande potenzialità di prodotto, commettono nell’approcciare “fai-da-tè il mercato degli Stati Uniti:
1) Pensare che il “Made in Italy” sia l’unico elemento distintivo. Come già illustrato in dettaglio nei precedenti articoli, l’attributo Made in Italy da solo non è una leva sufficien-
Attenti alla finta filantropia
La politica del Giano Bifronte tende a confondere le istanze all’opera, il profitto versus la crescita e la sostenibilità
La tradizione ebraico-cristiana è ricca di opere e di narrazioni che riguardano la filantropia sia dall’antichità. Esistono tradizioni ben consolidate e altre più “fluide” che si sono nutrite e si nutrono di ambivalenze in cui la filantropia assimila il suo contrario, fino alla sopraffazione o quantomeno alla strumentalizzazione che favorisce l’ineguaglianza tra gli individui ed i gruppi sociali. Sul precedente numero di Economy è stato pubblicato un breve intervento della redazione per stigmatizzare il comportamento contraddittorio - per usare un eu- femismo - del tycoon americano fondatore di Starbucks, filantropo coi monumenti e pervicace sostenitore di un ostracismo discriminatorio coi propri dipendenti a colpi di licenziamenti illeciti per chi si appella ai sindacati, un ostracismo cui fa riscontro la pratica dei benefit per chi si allinea e obbedisce ai diktat produttivi.
Più mellifluo e “sornione” il comportamento di un tycoon della vecchia generazione, il nostro Carlo De Benedetti - nella foto - che in un articolo pubblicato recentemente dal suo quotidiano “il Domani”, da un lato glorifica la crescita della te in assenza di almeno un elemento distintivo, innovativo del prodotto e di quella unique selling proposition che risponda come soluzione di una nuova necessità, soprattutto quando la stessa tipologia di prodotto si confronta con prodotti simili prodotti sia da imprese americane che di altri paesi. Quante aziende fanno una reale analisi Swot mirata al mercato Usa per evidenziare punti di forza e di debolezza?
2) Aspettare che un distributore gestisca l’intero piano di export. Siamo in un mercato americano altamente dinamico, competitivo e complesso e risulta anacronistico pensare che un distributore si faccia carico della pianificazione e del budget di marketing per promuovere un prodotto quando, per contro, il distributore è interessato principalmente a capire quanto questo nuovo prodotto possa contribuire al suo ampiamento di portfolio e quanto lo stesso prodotto possa generare in termini di potenziale incremento di visibilità e di profitto.
3) Non presentarsi in maniera professionale “You never get a second chance to make a parità dei salari tra uomini e donne, ma dall’altro auspica che all’aumento eventuale dei costi del lavoro corrisponda il contenimento del numero dei dipendenti con ambigue pratiche di prepensionamento a carico dello Stato.
di Antonio Acunzo, Ceo di Mtw Group-Foreign Market Entry Advisors
first impression.” Recita così un famoso detto di Will Roger in tema di presentazioni. Quante aziende e quanti manager continuano a scrivere da improbabili email non aziendali? Quanti ancora inviano senza introduzione cataloghi (anche voluminosi in termini di peso PDF che di volume se spediti ma non richiesti. Un rappresentante multi brand di arredi, senza preavviso, ha spedito alla nostra sede di Miami un “bancalino” (come denominato nella bolla di accompagnamento) di cataloghi di ben 92 kg!!!) auspicando che qualcuno li avrebbe potuti distribuire. Senza parlare di listini prezzi inviati a prospect buyers sconosciuti, rimanendo poi basiti del perchè non ricevono risposta? Quante sono le aziende che ancora non sanno ottimizzare un listino prezzi ex works?
4) Investire nell’apertura di società in Usa senza alcuna gestione diretta nel mercato. Essere presenti nel mercato Usa con una propria entità legale è segno di volontà di operare in maniera strutturata (leggi il mio articolo pubblicato su Economy di Marzo) ma sono ancora molte le imprese che pen- sano di aprire una società negli Usa per poi non utilizzarla. I dati societari sono facilmente verificabili online attraverso i vari siti dei Dipartimenti di Stato dei 50 stati Usa e sono moltissime le società che risultano registrate e inattive da tempo, alcune da anni, con i soci con indirizzo italiano e un registered agent spesso improvvisato e con indirizzi improbabili. Quale può essere secondo voi la percezione (e torniamo alla first impression) di un buyer/partner americano che per prima cosa fa una verifica di questo tipo?
5) Non avere una immagine aziendale coordinata per il mercato Usa. L’immagine è importante. Il sito web è il primo e spesso unico biglietto da visita dell’azienda ma molti siti di imprese che aspirano ad esportare in Usa sono con una macaronica lingua inglese tradotta con app di traduzione, lenti da aprire, con immagini di prodotto pesanti e schede tecniche prive di specifiche, con utilizzo di font e di impaginazione mai aggiornati perchè non si è mai avvertita la necessità di rinfrescare l’immagine con una veste stilistica considerando secondario il sito web come strumento di business. Anacronistico in una era dove la digitalizzazione è oggi uno degli strumenti di crescita.
Finché il lavoro costa poco - sostiene De Benedetti - l’azienda sarà meno motivata ad investire in innovazione e dunque a crescere. Così, a ben vedere, dietro una visione riduttivistica neanche troppo mascherata, c’è l’idea che favorendo salari migliori per poche persone si incentivi lo sviluppo. Anche De Benedetti ha provato a spacciarsi per filantropo. Direi inevitabilmente tenendo conto delle premesse da cui siamo partiti.
La politica del Giano Bifronte è una caratteristica che è andata sempre più affermandosi nell’agire filantropico contemporaneo soprattutto nei Paesi occidentali, con una serie di accorgimenti tendenti a consolidare le ambivalenze e a confondere le istanze all’opera, il pro- fitto versus la crescita e la sostenibilità, l’espandersi mascherato del non profit e del welfare aziendale, millantando l’alleanza ovviamente squilibrata tra profit e non profit, con una espansione crescente dei modelli economici applicati all’agire sociale (vedasi la venture philanthropy, non certo assimilabile alla visione della responsabilità sociale di ispirazione olivettiana) con conseguente riduzione nel contesto dell’agire filantropico della cultura umanistica, antropologica, solidaristica.
Insomma tutto il contrario di quelle che furono nel mondo antico e soprattutto in quella breve stagione del periodo medievale, quando mondo cristiano, islamico ed ebraico convivevano nel Mediterraneo, le
Mtw Group, società di advisory di international business con sede a Miami in Florida, dal 2005 offre consulenza manageriale strategica per l’internazionalizzazione nel mercato Usa integrata con servizi di Marketing Communication, Brand Marketing, Business Development e Corporate a supporto delle Pmi e delle aziende Mid-Market del Made in Italy che guardano al mercato Usa per la propria crescita ed espansione attraverso piani di internazionalizzazione strutturata come Joint-Venture, M&A, Fdi e Direct Export. antonio@marketingthatworks.us www.marketingthatworks.us
di Giuliana Gemelli
radici di una filantropia ispirata al principio della giustizia equilibratrice (“gemilat” in ebraico) di cui Maimonide fu il principale interprete ed ispiratore. L’espressione più elevata di questa visione della giustizia come principio equilibratore della vita sociale e civile fu l’idea che l‘agire filantropico doveva contribuire soprattutto a rendere indipendente ogni cittadino rendendolo in grado di provvedere a se stesso e dunque di essere meno dipendente dalla società e dal sistema econimico e produttivo. Non credo ci sia bisogno di ulteriori considerazioni rispetto al nostro presente e purtroppo anche al futuro che è alle porte.