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PER NON PERDERE I TALENTI CI VUOLE L'ADVISORY

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Il work-life balance è sempre più prioritario: Italian Welfare aiuta le imprese ad utilizzare al meglio tutti gli strumenti a disposizione per soddisfare questa esigenza, ma anche quelli della sanità integrativa di Sergio Luciano

SVEGLIA, RAGAZZI: IL WELFARE AZIENDALE NON È UNO ZUCCHERINO PATERNALISTA DA USARE PER TENERSI BUONI I DIPENDENTI PREZIOSI E IMBRONCIATI, NON È UN OBOLO A BUON MERCATO SULL’ALTARE DELLA PACE SOCIALE IN AZIENDA. USATO BENE, IL WELFARE AZIENDALE OGGI È UN FORMIDABILE STRUMENTO DI COMPETITIVITÀ. Ma soltanto poche imprese riescono a cogliere tali opportunità e soprattutto a comunicarlo efficacemente agli attuali ed ai potenziali dipendenti. Ne è convinto Stefano Castrignanò, fondatore e Ceo di Italian Welfare, primaria società di consulenza specializzata nel welfare advisoring (supportando le imprese nel miglior utilizzo degli istituti del welfare aziendale) ma anche nella sanità integrativa e nella previdenza complementare, che costituiscono due importanti pilastri di questa galassia per molti confusa e lontana ma ormai centrale nei desideri delle persone: o almeno dei fortunati come noi che viviamo nei paesi industrializzati.

“Oggi le nuove generazioni non hanno più come assoluta priorità il solo stipendio, o come si dice in gergo, il livello retributivo –spiega Castrignanò in quest’intervista a Economy – ma ricercano un modello di work-life balance ed esprimono una serie di fabbisogni che rappresentano ormai le esigenze più manifestate dai lavoratori e che rientrano a pieno titolo nel nostro modello di valutazione e regia del welfare”.

Ci sta dicendo che per trovare talenti o per tenerseli non basta più, come una volta, pagarli un po’ meglio dei concorrenti ma bisogna coccolarli?

Esattamente. Talvolta potrebbe bastare la leva retributiva, se non fosse largamente inefficiente a causa del cuneo fiscale. Oggi per dar modo a un bravo dipendente di intascare 100 euro, un’azienda ne spende tra i 220 e i 250. Un bagno di sangue con effetti modesti. Invece, usando bene gli strumenti del welfare… Dunque il welfare aziendale – per capirci: dai buoni pasto alle polizze sanitarie integrative – sono espedienti leciti per offrire opportunità di benessere parzialmente detassate?

Affermazione sintetica ma vera. Di sicuro negli ultimi anni queste categorie di strumenti di gestione del personale hanno avuto una crescita importante anche perché hanno consentito di aggirare il problema del cuneo fiscale. Ma c’è molto di più, attorno a questo successo. Cosa?

Si sta facendo strada nel sistema delle imprese una sensibilità nuova, un nuovo principio per

Oggi Le Nuove Generazioni Non Hanno Pi Come Assoluta Priorit

Il Solo Livello Retributivo

la gestione delle persone, che collega la sostenibilità al welfare. Veda, dobbiamo prendere atto che la sostenibilità (i famosi fattori ESG) è un termine inflazionato e un po’ equivocato. Mentre i valori indicati dalla lettera “E”, che sta per enviroment, ambiente, sono praticati o almeno simulati, quelli sintetizzati dalla lettera “S” di social sono quasi sempre più trascurati. Ma pesano, contano! E noi siamo in grado di far capire alle imprese che chiedono il nostro supporto come sia utile implementare i valori sociali attraverso il welfare aziendale, che diviene un importantissimo vettore di sostenibilità.

Ci faccia qualche esempio…non starà parlando dei buoni pasto!

No, no. Senza nulla togliere a quello strumento, comunque prezioso, pensavo ad esempio ai caregiver, cioè a tutti coloro che, da lavoratori dipendenti, sono a vario titolo coinvolti nel problema della non-autosufficienza, vuoi perché hanno un problema di inabilità temporanea oppure perché curano un familiare che necessita di assistenza. Ormai in quasi ogni famiglia, visto l’aumento della longevità nel nostro Paese, c’è almeno un caregiver, assorbito da tanti impegni. Ebbene, noi andiamo a sensibilizzare le aziende su una serie di servizi ed opportunità che consentono, da un lato, di migliorare la qualità di vita dei loro dipendenti caregiver e, dall’altro, di sfruttare al meglio la leva fiscale che caratterizza alcuni strumenti. In questo senso ci poniamo sul mercato con un approccio che non ha precedenti e devo dire ha pochi concorrenti.

Ci spieghi: ci sono tanti operatori del welfare aziendale sul mercato…

Ce ne sono tanti, sì, e sono anche bravi. Ma l’approccio prevalente è diverso dal nostro. Il 99% di questi soggetti vende prodotti o servizi, noi invece adottiamo un metodo di lavoro che abbiamo definito ‘approccio globale’. Insomma, non vendiamo un prodotto di welfare ma affianchiamo i direttori del personale con un’attività di puro advisoring. All’impresa che si rivolge a noi offriamo innanzitutto un wel- fare assessment – insomma, un’analisi– sulle sue esigenze e sul livello dei suoi servizi di welfare, evidenziando quali sono gli ambiti sui quali può intervenire, anche sul tema della sostenibilità, per colmare eventuali fabbisogni scoperti dei lavoratori e dei loro familiari e per individuare i gap rispetto alle aziende che rappresentano le best practices di settore. A tal fine, non possiamo che considerare tutti gli sul percorso di sviluppo del modello di welfare aziendale. In questo senso posso dire che abbiamo svolto e svolgiamo spesso una sorta di ruolo formativo e informativo surrogatorio… Ma abbiamo avuto la fortuna di lavorare spesso con professionalità pronte alle nuove sfide. strumenti del settore: formazione, sostegno al reddito, assistenza sanitaria integrativa, previdenza complementare, eccetera.

Anche nelle piccole e medie imprese?

E le aziende la seguono?

Direi che la sensibilità delle aziende verso queste nostre sollecitazioni è direttamente proporzionale alla sensibilità che il direttore del personale ha su questi aspetti. Se comprende la portata del tema, coglie subito le opportunità di miglioramento che emergono dal nostro assessment e sviluppa un piano di comunicazione per rendere edotti i lavoratori

Forse meno che nelle medio-grandi, eppure proprio nel loro segmento c’è ancora tanto da fare per diffondere sempre più la concreta fruibilità degli strumenti di welfare tra i lavoratori delle piccole aziende frammentate sul territorio, che costituiscono la gran parte del nostro tessuto produttivo.

Ma non è facile approcciare questa grande potenziale platea di utenti dei vostri servizi…

Ci aiuta molto l’aver maturato un’esperienza pluriennale nel mondo del welfare. Con alcune grandi aziende, che abbiamo avuto l’occasione di conoscere, è stato facile interagire. Su quelle piccole stiamo cercando di trovare spazio attraverso canali istituzionali, eventi, pubblicazioni e quant’altro. E naturalmente i progetti di welfare integrativo contrattuale. Abbiamo pian piano sviluppato un network di relazioni con soggetti aggregatori che amplificano le opportunità di diffusione del progetto anche nelle realtà più piccole.

Ci fa qualche esempio?

Posso raccontarle, ad esempio, che abbiamo supportato il progetto di CFMT - Centro di Formazione Management del Terziario, promosso da Confcommercio e ManagerItalia (la rappresentanza dei dirigenti del terziario, ndr), finalizzato alla creazione di una piattaforma welfare per tutti i dirigenti del settore, cosa non facile né scontata se si considera che il terziario rappresenta una categoria con un’alta frammentazione territoriale e articolazione dimensionale, quindi teoricamente difficile da intercettare per promuovere gli strumenti del welfare.

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