Ingegneria Alimentare - novembre/dicembre 2023

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Ecod Srl Unipersonale - Via Don Riva, 38 - 20028 San Vittore Olona MI - Poste italiane spa - sped. in A. P.- D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Varese In caso di mancato recapito si prega di inviare al CPO Varese per la restituzione al mittente che si impegna a pagare il diritto fisso dovuto

Anno 20 - numero 114 NOVEMBRE-DICEMBRE 2023

Bimestrale di aggiornamento su tecnologie e processi di trasformazione e di commercializzazione delle carni

NUTRIZIONE E SALUTE

I Radicali Liberi e lo stress-ossidativo

LA PAROLA ALL’ESPERTO L’industria della carne

può essere sostenibile?

MARKETING

Quanto son furbe le nuove proteine

DIRITTO E LEGISLAZIONE Il congelamento della carne fresca


Passione

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TREND CARNI&SALUMI

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LA PAROLA ALL’ESPERTO: L’industria della carne può essere sostenibile?

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NUTRIZIONE E SALUTE: I Radicali Liberi e lo stress-ossidativo

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FIERE ED EVENTI: Cibus Tec 2023

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CHIEDETELO A...

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MONDO AZIENDE: Menù - Da salumificio a leader del food service

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PRODUZIONE E RICERCA: Golosità Sannite e il valore della ricerca

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MARKETING, DISTRIBUZIONE E CONSUMATORI: Quanto son furbe le nuove proteine

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AZIENDE E INFORMATICA: CSB-System - Controllo degli ordini di produzione per una logistica ottimale

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DIRITTO E LEGISLAZIONE: Il congelamento della carne fresca, tra sicurezza e lotta allo spreco alimentare

Direttore Responsabile: Cristina Filetti Direttore Commerciale: Luca Codato - codato@ecod.it Redazione: Marina Caccialanza - redazione@ecod.it Grafica e Impaginazione: Sabrina Zampini - grafica@ecod.it Hanno collaborato: G. Dallolio; M. Dallolio; M. De Michele; Cristina La Corte; Aniello Laurito; Carlo Meo; C. Messina; Claudio Mucciolo; Giuseppe L. Pastori. Il contenuto della rivista non può essere riprodotto, salvo espressa autorizzazione. Gli autori sono responsabili delle opinioni espresse negli articoli e delle relative bibliografie.

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Stampa: Eurgraf sas Autorizzazione alla pubblicazione - Tribunale di Milano n. 536 del 19/07/2004. Poste italiane spa - sped. in A. P.- D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Varese

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SOMMARIO

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TREND

CARNI & SALUMI

TREND i m u l a s & i n r ca Novità di prodotto, nuovi packaging performanti, massima attenzione alla protezione dell’ambiente. Le aziende del settore esprimono la cura per l’innovazione e guardano avanti secondo un progetto ideale: curare il benessere del consumatore, favorire consumi etici e produttività sostenibile

Rovagnati e l’innovazione

Rovagnati prosegue nel piano di investimenti triennale con quattro obiettivi cardine: • Internazionalizzazione, con un investimento strategico nel potenziamento dello stabilimento di Vineland (USA) • Sviluppo di prodotti senza nitriti e il recente lancio del progetto Stammi bene, un’iniziativa di Education proposta dal brand che ha portato un messaggio di benessere a 360 gradi in oltre 2000 classi italiane. • Packaging sostenibile, con lo sviluppo di soluzioni packaging a minore impatto ambientale, sia nell’ottica di una progressiva riduzione dell’utilizzo di plastica che di una riciclabilità o facilità di riutilizzo della stessa • Efficientamento dei processi, informatizzazione degli stabilimenti e tracciabilità. L’attuale piano di investimenti in Ricerca&Sviluppo di Rovagnati, con valore stimato 11 milioni di euro in tre anni, è un progetto approvato e finanziato dal Ministero nell’ottica di consolidare l’impegno dell’azienda verso il miglioramento continuo della propria offerta.

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Fumagalli, una filiera sempre più sostenibile Rispetto per persone, animali e ambiente; trasparenza all’interno e all’esterno dell’azienda; qualità di prodotto e di processo e sicurezza alimentare attraverso il controllo totale della filiera: sono questi i valori portati avanti da oltre un secolo da Fumagalli Industria Alimentari S.p.A. e che emergono con evidenza nel Report Integrato 2022 appena presentato. Nel nuovo documento l’azienda lombarda evidenzia gli ultimi risultati raggiunti nella riduzione dell’impatto dei processi produttivi in termini di emissioni di CO2, energia e consumi idrici, nella promozione di una filiera - di proprietà al 100% - sostenibile ed etica e nell’utilizzo di imballaggi e pack riciclabili. Dati che parlano di un benessere non solo animale, ma anche delle persone all’interno della Fumagalli e dell’ambiente e delle comunità che le circondano, così come delle tante iniziative concrete intraprese, ad esempio a supporto dei piccoli allevatori, per tutelarli e far riconoscere la genuinità del loro lavoro. Il Report Integrato 2022 dettaglia come la Fumagalli utilizzi i fattori ESG per generare valore duraturo e condiviso in un Piano strategico di Sostenibilità per il triennio 2022-2024. Tale strategia ha posto le basi per un buon governo degli impegni presi nei confronti degli stakeholder dell’azienda attraverso la realizzazione di un Comitato di Sostenibilità interno, che vigila sullo stato di avanzamento lavori. Per ciascun obiettivo sono state definite le azioni volte al suo raggiungimento, le modalità di misurazione (KPI), l’orizzonte temporale e i referenti che ne sono responsabili. Per ciascuna dimensione - Environment, Social e Governance - risultati e obiettivi vengono poi misurati attraverso principi che fanno riferimento a framework, standard e indicatori tipici della rendicontazione di sostenibilità, come gli standard del Global Reporting Initiative (GRI, opzione GRI-Referenziata), l’International Reporting Framework e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (Sustainable Developments Goals).


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TREND

CARNI & SALUMI La tracciabilità del prosciutto San Daniele

Il comparto del Prosciutto di San Daniele opera a favore della trasparenza e agisce per assicurare al consumatore tutti i necessari controlli e verifiche del processo produttivo del Prosciutto di San Daniele DOP, un prodotto sostenibile, certificato, sicuro e tracciabile. È a tal proposito che il Consorzio a partire dal giugno 2019 gestisce direttamente i sistemi di tracciabilità digitalizzati mediante un applicativo proprietario per la stampa di un QR Code univoco posto su ogni vaschetta di Prosciutto di San Daniele preaffettato. Il sistema di tracciamento digitale permette al consumatore di accedere in tempo reale, per mezzo di uno smartphone, a tutte le informazioni in merito all’intera produzione, nello specifico: origine della materia prima, durata della stagionatura, data di affettamento, ingredienti, peso, luogo di stagionatura e di affettamento. Il packaging assume così un ruolo attivo anche quale garanzia dell’origine, del valore e della tipicità del prodotto.

Inoltre, sono stati recentemente lanciati due nuovi progetti: • il Portale San Daniele, una banca dati in digital cloud che opera in tempo reale, dedicata ai soli produttori, realizzata per raccogliere tutta la documentazione relativa alla produzione del San Daniele DOP • la sperimentazione di un supporto Rfid

apposto direttamente in fase di macellazione sulle cosce fresche utilizzate per la produzione dei prosciutti DOP che raccoglie tutti i dati e le informazioni rendendoli immediatamente disponibili agli operatori della filiera per mezzo di un semplice lettore bar-code. Nel 2019 il Consorzio ha approvato il proprio Modello di eccellenza e sostenibilità, un documento nuovamente aggiornato nel febbraio 2023 e denominato “Valore concreto”, in cui sono individuati i quattro pilastri della sostenibilità del San Daniele: • tutela dell’ambiente • benessere animale • nutrizione e sicurezza alimentare • tracciabilità della filiera. A conferma di ciò, il Consorzio ha aderito sin da subito al Sistema di Qualità Nazionale per il Benessere Animale, il decreto interministeriale emanato di concerto dai Ministeri della Salute e dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, che si rivela uno strumento in linea con i più elevati standard in tema di sostenibilità.

Gruppo Hera e Inalca (Gruppo Cremonini) inaugurano a Spilamberto l’impianto per la produzione di biometano È stato inaugurato a Spilamberto, in provincia di Modena, l’innovativo impianto per la produzione di biometano realizzato dalla NewCo Biorg, nata dalla partnership tra Herambiente (Gruppo Hera) e la società Inalca (Gruppo Cremonini). Grazie a un investimento complessivo di circa 28 milioni di euro e all’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, partendo dalla raccolta differenziata dell’organico e dai reflui agroalimentari, l’impianto produce a regime ogni anno 3,7 milioni di metri cubi di biometano, combustibile 100% rinnovabile destinato all’autotrazione, e circa 18 mila tonnellate di compost. L’impianto rappresenta un grande esempio di economia circolare perché

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consente, oltre al recupero energetico, anche quello di materia: lo scarto in uscita dal processo di digestione anaerobica, denominato tecnicamente digestato solido, anziché essere smaltito viene, infatti, ulteriormente recuperato grazie al conferimento nell’impianto Biorg di compostaggio a Nonantola (MO), per produrre compost utilizzabile come biofertilizzante in agricoltura. Grazie all’immissione del biometano nella rete e al suo utilizzo per l’autotrazione, si stimano benefici ambientali significativi: ogni anno si risparmierà l’utilizzo di circa 3 mila tonnellate di petrolio equivalente (TEP) di combustibile fossile e saranno evitate emissioni di CO2 per circa 7 mila tonnellate. Per assorbire una tale quantità di CO2, servirebbero in media 280 mila alberi.



la parola all’esperto

L’industria della carne può essere SOSTENIBILE?

Giuseppe L. Pastori - Tecnologo Alimentare

“Mangiare carne influisce sull’ambiente, ma le mucche non uccidono il clima” (Frank Mitloehener – professore di Scienze Animali e Specialista della Qualità dell’Aria, UC Davis)

L’

agricoltura in senso lato è un’attività economica che è da sempre legata alla produzione di risorse vegetali e animali ai fini alimentari, sia direttamente sia indirettamente (tramite l’industria di trasformazione che a diversi livelli, a partire dagli ingredienti primari, produce alimenti diversamente elaborati, ai fini di una loro migliore conservazione e distribuzione). L’agricoltura ha sempre avuto dalla sua una narrazione positiva, con attività spesso legate a piccole e medie realtà tramandate da una generazione all’altra nella gestione dell’azienda di famiglia, che negli anni e nei passaggi generazionali si è ingrandita e ha anche implementato la qualità della propria produzio-

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Gli autori sono responsabili delle opinioni espresse negli articoli e delle relative bibliografie

ne. È pur vero però, che quando si è trasformata in attività intensiva, spesso l’agricoltura ha sempre avuto un impatto negativo sull’ambiente per deforestazione, dissodamento dei suoli, forte impiego di fertilizzanti chimici. Proprio per questo, l’allevamento di bestiame (che dell’agricoltura può essere considerato un’attività complementare) è stato ritenuto come uno dei principali responsabili delle emissioni di gas serra che contribuisce alle alterazioni del clima. In ogni caso però l’agricoltura e l’allevamento possono anche essere utilizzati come alleati nella mitigazione del cambiamento climatico, laddove si faccia una gestione sostenibile del suolo, restituendo al terreno il suo contenuto di carbonio, nella forma di tessuti vegetali (radici, parti vegetali non consumate) e organici (letame, residui di colture). Il suolo arricchito di materia organica (proprio tramite l’apporto di compost o di letame), risulta più fertile, meno erodibile, più lavorabile e, soprattutto, in grado di trattene-

re una maggiore quantità di acqua, riducendo quindi il fabbisogno di irrigazioni. Sebbene agricoltori e allevatori siano ben consapevoli del loro ruolo e siano nella posizione migliore per comprendere le sinergie tra animali e terra, man mano che gli effetti del riscaldamento del suolo sono diventati

Di fronte alle crescenti pressioni e all’incalzare delle fonti proteiche alternative, occorre affrontare con spirito positivo le richieste di cambiamento e di una maggiore trasparenza da parte di consumatori e investitori

più pronunciati, si è sempre più radicata la convinzione che l’allevamento animale sia dannoso per l’ambiente e che solo abbandonando il consumo di carne e latte (con salumi e latticini) è possibile salvare il pianeta, combattendo il cambiamento climatico, arrestando la deforestazione e la distruzione della fauna selvatica o preservando le risorse idriche (vedi box). Una tesi, questa, sostenuta sia da attivisti particolarmente fanatici che da investitori di proteine alternative. All’origine delle attività che demonizzano l’industria della carne si ritrovano i calcoli sulle emissioni presentati in alcune pubblicazioni della FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’agricoltura. La prima pubblicazione che ha trattato il tema delle emissioni è stata “Livestock’s long shadow” [1], che risale al 2006. Tale rapporto stimava inizialmente che le emissioni di gas serra prodotte dall’industria della carne e dagli allevamenti fossero


la parola all’esperto

Le emissioni di gas serra derivanti dall’allevamento animale e dei trasporti vengono spesso confrontate, ma in modo sbagliato, perché si prendono a riferimento due metodologie di valutazione diverse tra loro e non soggette agli stessi parametri di controllo maggiori di quelle dell’intero settore dei trasporti. Mangiare carne influisce sull’ambiente, lo sappiamo, ma proprio alcuni errori nell’impostazione dei calcoli e nella stesura di questo genere di ricerche, anche se rettificati in seguito dagli stessi autori, rimangono all’origine del pensiero comune e di molti influencers (in primis celebrità che esortano ad eliminare carne e latte a favore di regimi dietetici a base di vegetali e sostengono la produzione di proteine alternative). L’industria della carne ha avuto inizialmente un atteggiamento passivo e remissivo di fronte alle contestazioni che la vedono imputata come parte in causa dell’influenza diretta sul cambiamenti climatici, al pari se non di più, dei danni causati dai combustibili fossili e da altri settori industriali. Non è che non abbia fatto nulla per contrastare queste obiezioni ma ha difettato in comunicazione, mettendo in atto lentamente degli obiettivi di riduzione delle emissioni in base alle politiche di sostenibilità secondo le linee guida scientifiche e gli obiettivi SDG dell’ONU. E così ora, di fronte alle crescenti pressioni e all’incalzare delle fonti proteiche alternative, occorre affrontare con spirito positivo le richieste di cambiamento e di una maggiore trasparenza da parte di consumatori e investitori. Sebbene gli esseri umani mangino carni e loro derivati da migliaia di anni, è solo a partire dal secondo dopoguerra che un maggiore benessere sociale e l’industrializzazione hanno reso possibile – soprattutto nei paesi più sviluppati ma successivamente anche nei paesi in via di sviluppo – l’accesso alle proteine animali anche da parte delle classi sociali più povere. In questo modo si è migliorato l’apporto nutrizionale di intere fasce di popolazione, sia durante il periodo della crescita di bambini e adolescenti che in quello della vecchiaia. Le carni stesse hanno beneficiato di miglioramenti della loro qualità grazie alle conoscenze della genetica degli animali e all’impiego di razioni più bilanciate, nonché dello sviluppo tecnologico e gestionale.

MELE E PERE A CONFRONTO

Quando fu presentato il rapporto FAO del 2006, il dato che emerse fu sorprendente. La

sintesi del rapporto affermava infatti che “Il settore dell’allevamento è un attore importante, responsabile del 18% delle emissioni di gas serra misurate in CO₂e (equivalenti di anidride carbonica). Si tratta di una quota più elevata rispetto ai trasporti”. Questa affermazione ebbe ampia eco sui media e anche se successivamente il dato è stato corretto leggermente al ribasso non ha modificato il giudizio negativo sugli allevamenti (in un rapporto FAO del 2013, una valutazione del ciclo di vita - LCA - più completa ha fissato questo dato al 14,5% [2]). Il cambiamento climatico riceve da sempre molta attenzione da parte dei media. In questo contesto, le emissioni di gas serra derivanti dall’allevamento animale (con i prodotti da

esso derivati) e dei trasporti vengono spesso confrontate, ma in modo sbagliato, perché si prendono a riferimento due metodologie di valutazione diverse tra loro e non soggette agli stessi parametri di controllo. Il confronto infatti misura da un lato le emissioni dirette ed indirette derivanti dal bestiame ottenute mediante analisi del ciclo di vita (LCA), dall’altro si considerano invece solo le misure dirette derivanti dai trasporti ricavate dai dati elaborati dall’IPCC (il Gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici). L’analisi del ciclo di vita è una metodologia analitica e sistematica che valuta l’impronta ambientale di un prodotto o di un servizio, lungo il suo intero ciclo di vita, al fine di va-

L’IMPRONTA IDRICA DELLA CARNE Agli allevamenti sono sempre stati imputati forti consumi di acqua in rapporto alla quantità di carne prodotta. Acqua che serve per dare da bere agli animali, lavare le strutture e attrezzature necessarie alla produzione, coltivare il foraggio. I contestatori della filiera carni affermano che per produrre 1 kg di carne bovina siano necessari nel mondo mediamente oltre 15 mila litri di acqua (in Italia il consumo per produrre 1 kg di carne si attesta su 11.500 litri perché sappiamo essere più virtuosi). Tuttavia quella che viene chiamata “water footprint” (impronta idrica) che fornisce la contabilizzazione dei consumi idrici, è data dal contributo di tre componenti: l’acqua blu, l’acqua verde e l’acqua grigia. L’impronta blu rappresenta la quantità di acqua prelevata da un corpo idrico (fiumi, laghi, falde acquifere), l’impronta verde rappresenta l’acqua piovana evo-traspirata dal terreno che le colture impiegano nel loro ciclo produttivo per vivere e crescere, l’impronta grigia è definita come il volume di acqua teoricamente necessaria a diluire e depurare gli scarichi idrici di produzione in uscita dal sistema se si vuole riportare l’acqua alla qualità di partenza. Di queste componenti il contribuito reale è dato dall’impronta blu, mentre l’impronta verde e

grigia sono apporti virtuali, pertanto il consumo effettivo di acqua per produrre 1 kg di carne bovina risulta essere molto inferiore rispetto ai dati comunemente noti. Per carni e salumi si può affermare che la componente di acqua verde è la più significativa delle tre, mentre l’acqua blu prelevata dalle falde incide veramente poco. Ci sono diverse pubblicazioni dedicate all’impronta idrica, una su tutte è il testo di Mekonnen e Hoekstra [13], mentre una forma grafica esauriente elaborata da questo testo è pubblicata nel volume “La sostenibilità delle carni e dei salumi in Italia – ediz. 2018” [14], a cui si rimanda. In quell’infografica è ben rappresentato il fatto che in Italia, a fronte di un consumo di 11.500 litri per far crescere un bovino, l’acqua verde incide per l’87%, l’acqua grigia per il 5%, l’acqua blu per l’8%. Analoghi consumi sono rappresentati per maiali e polli. La verifica della water footprint è fatta oggi in conformità allo standard ISO 14046 e altri metodi di calcolo precisi. Lo standard ISO 14046 rendiconta la water footprint individuando gli elementi che maggiormente contribuiscono al consumo idrico lungo il ciclo di vita, in base a specifici indicatori.

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la parola all’esperto

lutarne la sostenibilità ambientale. Si tratta di seguire un processo ben definito [3] che include diverse attività e fasi come la raccolta di dati da fonti affidabili, che è un fattore chiave di una LCA accurata; inoltre esistono normative come ISO 14040 [4] e ISO 14044 [5], che stabiliscono i passaggi necessari per eseguire una corretta LCA. Nel caso specifico dell’allevamento del bestiame, l’analisi LCA valuta gli input e gli output dell’intero sistema di produzione: gli input si riferiscono a tutte le risorse impiegate per far crescere gli animali, dalla produzione di mangimi e foraggio, all’acqua, ecc; gli output includono tutto ciò che si ottiene dal sistema, come i prodotti utilizzabili (cioè carne, latte, uova fino alla trasformazione e distribuzione dei prodotti ottenuti dall’allevamento) e, naturalmente, le emissioni di gas serra. Del fatto che i dati pubblicati sulle emissioni di gas serra dovute ai trasporti e agli allevamenti animali non fossero congruenti tra loro, se n’è reso conto anche il primo firmatario del rapporto FAO del 2006, Henning Steinfeld, dopo che Franck Mitloehener per primo li aveva messi in discussione. Il contributo di Steinfeld, pubblicato nel 2018 dalla Thomas Reuters Foundation [6] cerca di fare chiarezza. L’IPCC ha stimato che le emissioni dirette legate ai trasporti (stradali, aerei, marittimi e ferroviari) rappresentano il 14% di tutte le attività umane: queste emissioni sono dovute principalmente all’anidride carbonica e al protossido d’azoto derivanti dalla combustione del

A dispetto dei dati FAO che prevedono un aumento del consumo di alimenti di origine animale proprio nei paesi più poveri, per ridurre le loro carenze nutrizionali, il confronto errato e la stampa negativa sul bestiame possono influenzare i piani di sviluppo e gli investimenti e aumentare ulteriormente l’insicurezza alimentare

Figura 1 - Confronto sulle emissioni di trasporti e allevamenti, basato su dati diretti ricavati da IPCC e applicazione della LCA (Fonte: Mottet A., Steinfeld H. (2018) – Op. cit.)

carburante. Lo stesso IPCC ha valutato che le sole emissioni dirette imputabili al bestiame, dovute alla digestione dei ruminanti e alle loro deiezioni (che sono costituite da metano e protossido d’azoto), se vengono rapportate a un dato di CO₂ equivalente rappresentano il 5% del totale delle emissioni. La FAO, utilizzando invece l’approccio globale al ciclo di vita, ha stimato che tutte le emissioni dirette e indirette che derivano dal bestiame (bovini, bufali, capre, pecore, suini e pollame) espresse in CO₂ equivalente all’anno, corrispondono al 14,5% di tutte le emissioni di origine antropica riportate dall’IPCC. In base a quanto appena accennato risulta

evidente come non sia possibile confrontare il dato del 14% attribuito ai trasporti calcolato dall’IPCC con quello del 14,5% del bestiame, stimato dalla FAO utilizzando la metodologia LCA. Se ai trasporti venisse applicata l’analisi del ciclo di vita del carburante e dei veicoli, comprese le emissioni derivanti dall’estrazione del carburante e dallo smaltimento dei vecchi veicoli, il dato sarebbe significativamente più elevato anche se di difficile misurazione (figura 1). Il problema di fondo è che se a livello globale tutti possiamo dirci preoccupati del cambiamento climatico dovuto alle emissioni di carbonio, l’approccio che diamo nei paesi occidentali più ricchi è diverso da quello dei paesi più poveri. Nella nostra parte di mondo ci possiamo infatti permettere di ridurre il consumo di carne per giustificare sia la diminuzione delle emissioni che una minore incidenza dei problemi legati alla salute (si noti, a questo proposito, che i consumi di carne1 1

Quando parliamo di consumi dobbiamo fare attenzione alla lettura dei dati e all’uso dei termini, distinguendo cioè tra “consumi apparenti” e “consumi reali”. Le stime ufficiali vengono sempre espresse in termini di consumo apparente perché sono più facili da ottenere da indici economici. Il consumo apparente esprime il peso della carcassa che comprende nel suo insieme oltre alla parte edibile anche quella che non è edibile, come ossa, cartilagini, grasso. Inoltre il consumo apparente include anche i cali di lavorazione e le perdite per deterioramento. Il consumo reale è più difficile da ottenere e rappresenta sempre una stima di massima della parte edibile di un alimento. Si ottiene utilizzando fattori di conversione, basati sui consumi reali da parte della popolazione. Tendenzialmente si stima che il consumo reale rappresenti poco più della metà del consumo apparente [7])

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la parola all’esperto

Le carni e soprattutto i loro derivati forniscono una ricchezza di nutrienti essenziali più biodisponibili rispetto ad altre fonti alimentari, come proteine bilanciate ad alto valore biologico, acidi grassi benefici e una varietà di micronutrienti indispensabili per mantenersi in salute come ferro, zinco e vitamina B12

pro-capite/anno sono molto diversificati nel mondo occidentale: si va da circa 35-38 kg in Italia – dato che è in linea con i valori proposti dall’OMS, per il consumo massimo settimanale tollerato in relazione ai potenziali rischi per la salute e all’insorgenza del tumore al colonretto – a oltre 62,5 kg in America, sbilanciati anche secondo i parametri dell’USDA). Nei paesi più poveri invece, alimenti come carne, latte e uova sono molto ricercati per contrastare la malnutrizione; inoltre spesso in quei paesi il bestiame è fonte di cibo e reddito per piccoli agricoltori e pastori, che sono dipendenti dagli animali. A dispetto dei dati FAO che prevedono un aumento del consumo di alimenti di origine animale proprio nei paesi più poveri, per ridurre le loro carenze nutrizionali, il confronto errato e la stampa negativa sul bestiame possono influenzare i piani di sviluppo e gli investimenti e aumentare ulteriormente l’insicurezza alimentare.

SOSTENIBILITÀ ED ECONOMIA CIRCOLARE

Chi sostiene l’idea che il consumo di carne rappresenti un elemento ostile per la salvaguardia del pianeta, focalizza spesso l’attenzione sul fatto che consumare direttamente alimenti di origine vegetale rappresenti un sistema più efficiente rispetto all’utilizzo di quelle piante per nutrire gli animali e mangiarne poi la loro carne. A sostegno di questa convinzione vi è il fatto che gli animali hanno bisogno di una certa quantità di mangime

per produrre ogni chilo di aumento di peso, la maggior parte del quale è costituito non da carne ma da pelle, ossa e visceri che non sono edibili (oltre a perdere una buona parte dell’energia fornita dalle calorie in calore termico per la crescita, il mantenersi in vita e in movimento). Tuttavia non tutti i cibi dati agli animali sono sottratti all’alimentazione umana e di certo gli animali non sono in competizione con le persone per il loro sostentamento, considerando anche quello che possono dare. A livello globale solo il 18% del mangime è costituito da cereali e altre colture che le popolazioni potrebbero usare per la propria alimentazione: la maggior parte di ciò che mangia il bestiame è costituito da elementi non commestibili per gli esseri umani, come residui di colture, erba e sottoprodotti derivanti da altre lavorazioni alimentari (come i residui dalla macinazione del grano, i residui dalla fermentazione del mais o il siero dalla produzione di formaggi) che così vengono recuperati. I ruminanti come bovini, pecore e capre sono in grado di digerire la cellulosa

Con l’aumento delle proposte alternative al consumo di carne e dei suoi derivati e con la maggiore attenzione dei consumatori alle questioni pertinenti il cambiamento climatico, è opportuno che tutte le aziende produttrici di carne e latticini e dell’intera filiera dei prodotti da allevamento, si trovino sulla stessa lunghezza d’onda per quanto riguarda gli sforzi di sostenibilità, per dare un impulso all’industria nel suo complesso

contenuta nell’erba, nel fieno, nella paglia e in altri vegetali fibrosi, convertendola in proteine nobili, come latte e carne. Inoltre, due terzi dei terreni agricoli mondiali sono costituiti da pascoli, su terreni marginali e non adatti per essere adibiti alle colture. E anche polli e maiali, che non digeriscono la cellulosa, possono utilizzare altri generi di scarti come frutta avariata, avanzi di cibo e insetti, che la maggior parte delle persone non mangerebbe. In ogni caso le carni e soprattutto i loro derivati forniscono una ricchezza di nutrienti essenziali più biodisponibili rispetto ad altre fonti alimentari, come proteine bilanciate ad alto valore biologico, acidi grassi benefici e una varietà di micronutrienti indispensabili

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la parola all’esperto

per mantenersi in salute come ferro, zinco e vitamina B12, che sono più difficili da ottenere con una dieta vegana, soprattutto per le persone più povere, nei paesi a basso reddito, che non possono sempre permettersi una varietà di verdure fresche e altri nutrienti convenienti tutto l’anno [8]. Oltretutto dalle carni non si butta via niente e anche le componenti non edibili e le deiezioni come il letame (prodotto di scarto per eccellenza) sono elementi fondamentali di un’economia circolare che si inserisce in un sistema di sostenibilità. La sostenibilità e l’economia circolare sono due concetti strettamente correlati. La sostenibilità si riferisce infatti alla capacità di soddisfare le esigenze del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie. L’economia circolare, invece, è un modello economico che mira a ridurre gli sprechi e a massimizzare l’utilizzo delle risorse, in modo da creare un sistema più sostenibile. Ogni parte della carne che non mangiamo (pelle, ossa, tendini, organi, grasso) viene in qualche modo utilizzata in altre filiere (come quelle del conciario, dei cosmetici, dei farmaci, della produzione di pet food, ecc.) che utilizzano questi sottoprodotti come elemento primario. E il letame, insieme agli scarti di macellazione, costituisce una potenziale fonte di energia che può essere sfruttata per la produzione di biogas, mentre il digestato (cioè il residuo della digestione anaerobica) è utilizzato come ammendante e fertilizzante per restituire carbonio al suolo. Se si dovesse eliminare l’agricoltura animale, si dovrebbero trovare nuove catene di approvvigionamento per queste filiere, non sempre disponibili e non sempre dotate di una specifica sostenibilità e impronta naturale: e questo si tra-

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durrebbe in un maggior utilizzo di materiali sintetici e chimici. Nel contesto generale sulle emissioni di gas serra permane da risolvere il problema del metano. Chi argomenta contro il bestiame presuppone di esprimersi sui livelli attuali di emissione senza prendere in considerazione il potenziale di significative riduzioni delle emissioni di carbonio in futuro. Il metano è un potente gas serra e quello prodotto dai ruminanti rappresenta circa il 40% delle emissioni di gas serra attribuite al bestiame.

Abbandonare il consumo di carne e latte a favore di un’alimentazione esclusivamente vegetale non fornisce una soluzione alla sostenibilità ambientale e non risolve da sola il problema del cambiamento climatico

Nel breve periodo contribuisce al riscaldamento più della CO₂. Tuttavia il biossido di carbonio permane nell’atmosfera per secoli mentre il metano dura solo un decennio. Per questo gli sforzi della ricerca si stanno orientando allo studio di applicazioni per ridurre le nuove emissioni di metano e per arrivare entro il 2050, nei paesi più avanzati dove già le emissioni globali sono dell’ordine del 5-6% (rispetto al dato del 14,5% attribuito dalla FAO nel 2013 agli allevamenti animali in tutto il loro ciclo di vita), alla neutralità climatica in fatto di emissioni nette di carbonio, attraverso una combinazione di strategie di sequestro e di mitigazione del carbonio. Paradossalmente è il modello occidentale di allevamento intensivo che va preso a riferimento dai paesi in via di sviluppo, perché

le emissioni di gas serra dagli allevamenti dei paesi occidentali rappresentano solo un terzo delle emissioni globali, mentre questo dato negli allevamenti estensivi basati sul pascolo è pari al 70%. Ecco perché è di particolare importanza sviluppare soluzioni per ridurre le emissioni enteriche di metano dai bovini al pascolo (rispetto a quelli negli allevamenti); alcune strategie di ricerca applicata includono: - l’allevamento selettivo di animali al pascolo; - l’introduzione di alghe nei mangimi, che può ridurre le emissioni di oltre l’80% [9]; - l’utilizzo di additivi per mangimi pare essere il più promettente, perché blocca un enzima microbico del rumine e impedisce la produzione di metano [10]. Tuttavia secondo i ricercatori tali additivi sono pratici solo quando il bestiame è nutrito in ambienti d’allevamento confinati; - lo spostamento frequente del bestiame su pascoli con vegetazione giovane che genera meno metano dell’erba secca, tracciandolo con il GPS. Considerando il breve ciclo di vita del metano, i ricercatori stimano che sia sufficiente ridurne le emissioni del 18-32% per arrivare alla neutralità climatica. A patto però che questi sforzi siano abbinati a riduzioni sostanziali di CO₂ e protossido d’azoto N₂O, derivanti dalla produzione dei mangimi, dall’uso del suolo e dell’energia, e da altri parametri. Con l’aumento delle proposte alternative al consumo di carne e dei suoi derivati e con la maggiore attenzione dei consumatori alle questioni pertinenti il cambiamento climatico, è opportuno che tutte le aziende produttrici di carne e latticini e dell’intera filiera dei prodotti da allevamento, si trovino sulla stessa lunghezza d’onda per quanto riguarda gli sforzi di sostenibilità, per dare un impulso all’industria nel suo complesso. Vi è un forte incentivo per le industrie della filiera carne a concentrarsi sull’impatto ambientale poiché i consumatori prediligono spesso i prodotti più sostenibili e premiano le aziende maggiormente virtuose acquistando le loro specialità. Secondo Nielsen [11], circa due terzi dei consumatori sono disposti a pagare di più per marchi sostenibili, e questa cifra è ancora più alta per i Millennials (73%) e la Generazione Z (72%). Gli impegni e gli obiettivi di sostenibilità, propri della EU [12], sono diventati procedure operative standard nel settore alimentare e delle bevande: sempre più aziende si impegnano a ridurre le emissioni di gas serra e molte hanno politiche formali per la gestione delle risorse idriche e la riduzione dello spreco alimentare.


la parola all’esperto

CONCLUSIONE

Abbandonare il consumo di carne e latte a favore di un’alimentazione esclusivamente vegetale non fornisce una soluzione alla sostenibilità ambientale e non risolve da sola il problema del cambiamento climatico. Che la produzione di alimenti di origine animale crei emissioni di gas serra è verità, ma la riduzione di questi elementi rappresenta una sfida per gli attori dell’intero sistema. In effetti sostenere che per ridurre gli effetti sul clima si debba fare una transizione radicale verso le piante, trascura il fatto che nei paesi più poveri una dieta senza carne può mettere a rischio la salute: priva infatti determinate fasce della popolazione di elementi nutrizionali di più immediata assimilazione, che non sono sempre presenti in una dieta senza carne e latticini. Però non è abbassando la qualità dell’alimentazione umana che si salverà il pianeta. Può essere utile in un contesto geolocale limitato, come quello rappresentato dai paesi sviluppati (dove i consumi di carne e derivati eccedono i fabbisogni nutrizionali consigliati dai rispettivi governi), che ci possa essere una riduzione dei consumi delle proteine animali a favore di una dieta più bilanciata, considerando anche che il modello di allevamento intensivo risulta essere più efficiente sia in termini di resa sia di minore emissione di gas serra. In effetti, se consideriamo il dato globale di emissione di gas serra del 14,5%, i bovini e gli ovini allevati nei paesi sviluppati ne sono responsabili di meno di un terzo, mentre i ruminanti e altri animali come maiali e polli allevati nei paesi a basso e medio reddito contribuiscono rispettivamente per il 70% e il 53%. Non dimentichiamo però che questi dati sono calcolati sull’intero ciclo di vita di produzione animale “dalla culla alla tomba”. È evidente che produrre latte e carne richieda terra, spazio, acqua; occorre dunque utilizzare queste risorse in modo più efficiente. Prendere in considerazione il potenziale di significative riduzioni dell’intensità di carbonio in futuro è la chiave per ogni genere di intervento, considerando anche che il metano enterico prodotto dai ruminanti è parte di un ciclo naturale del carbonio e che ha una cinetica di riscaldamento globale diversa rispetto all’anidride carbonica, che permane in atmosfera molto ma molto più a lungo. L’implementazione di varie strategie, come l’ottimizzazione dell’alimentazione, l’assistenza veterinaria, l’utilizzo intelligente del letame e una migliore gestione della mandria, potrebbe portare a riduzioni molto pronunciate delle emissioni. Ulteriori opzioni di mitigazione sono la valorizzazione del biogas, una migliore integrazione con l’agri-

coltura, la riduzione degli sprechi alimentari, il riutilizzo dei sottoprodotti della lavorazione della carne e l’aumento del consumo di frattaglie commestibili. Scienza e tecnologia al servizio dell’agricoltura e dell’allevamento possono permettere di raggiungere questo obiettivo, al fine di produrre più cibo e meglio, per nutrire una popolazione in costante crescita. E la risposta alla domanda se la carne può essere sostenibile, sembra essere sì.

L’industria della carne, dal canto suo, può mettere in atto pratiche ecocompatibili, seguendo le direttive europee sulla sostenibilità, basate sugli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, con particolare attenzione tra le altre cose a garantire modelli di consumo e produzione sostenibile (obiettivo SDG 12), alle azioni di mitigazione delle emissioni di GHG (obiettivo SDG 13), al benessere degli animali (obiettivo SDG 15) e all’impegno sociale (obiettivi SDG 2, 3 e 8). 

BIBLIOGRAFIA

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I RADICALI LIBERI e lo stress-ossidativo I radicali liberi (RL) svolgono una funzione sia fisiologica che patologica nel nostro organismo, dipende dalle quantità prodotte. Claudio Mucciolo, ASL di Salerno, Dipartimento di Prevenzione Area Sud - Servizio Igiene Alimenti di O. A. Aniello Laurito, ASL di Salerno, Dipartimento di Prevenzione Area Sud - Servizio IAPZ

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Gli autori sono responsabili delle opinioni espresse negli articoli e delle relative bibliografie

R.L. detti anche ROS (Radical Oxigen nel 1956 la teoria dei radicali liberi, secondo Species) sono atomi particolarmente la quale con il passare degli anni si accumulerebbero e svolgerebbero una potente reattivi che contengono almeno un azione ossidante, dannosa per quasi tutti i elettrone spaiato nel loro orbitale più costituenti dell’organismo. Il Prof. Denham esterno. Questa caratteristica chimica Harman premio Nobel li rende instabili 1995 per la teoria dei e li spinge in cerca di radicali liberi ha rivoun equilibrio a legarsi Numerosi studi sperimentali luzionato la medicina con altre molecole, ruhanno dimostrato una bando loro l’elettrone moderna. Infatti nel correlazione tra produzione necessario a pareg1956 formula la teoria di radicali liberi e durata della vita giare la propria carica dei radicali. In condizioni fisiologiche norelettromagnetica. Questo processo prende il mali vi è uno stato di nome di reazione di ossidoriduzione (redox), equilibrio tra la produzione endogena di radicali liberi e la loro neutralizzazione da parte che consiste nello scambio di elettroni fra dei meccanismi antiossidanti dell’organismo. una molecola che li acquista (ossidante) e Quando invece prevale la produzione di rauna che li perde (riducente). Tutta la vita sul pianeta, e la nostra in particolare, è governata dai fenomeni di ossidoriduzione: le piante verdi con la fotosintesi clorofilliana trasformano la CO2 ed acqua in glucosio, liberando ossigeno. Queste sono reazioni di riduzione (acquistano elettroni), mentre gli esseri viventi traggono energia da un processo di ossidazione (cessione di elettroni) bruciano l’ossigeno per produrre energia quindi la nostra vita e quella del pianeta è regolata da reazioni di ossidoriduzione. Già nel 1935 il biochimico tedesco Leonor Michaelis, fondatore dell’enzimologia moderna, e famoso per le leggi sulla cinetica enzimatica (legge di Micaelis-Menten), aveva proposto che le ossidoriduzioni biologiche, che spesso implicano lo scambio di due elettroni fra un ossidante e un riducente, procedessero per via di intermediari radicalici (semichinoni). Denham Harman ha avanzato per primo

dicali, si viene a determinare un danno che a lungo andare procura una progressiva usura di corpo e mente. Numerosi studi sperimentali (per esempio quello condotto sul moscerino della frutta) hanno dimostrato una correlazione tra produzione di radicali liberi e durata della vita. Ed è ormai certo che molte malattie comuni, dovute all’invecchiamento, quali arteriosclerosi, cataratta, morbo di Alzheimer, morbo di Parkinson, si associano ad una prevalenza dei sistemi ossidativi su quelli antiossidanti di difesa (1). Tra le altre proprietà degli antiossidanti: • stimolano il sistema immunitario, • fluidificano il sangue, • riducono la pressione del sangue, • sono antibatterici e antivirali. I R.L. contribuiscono allo smaltimento dei

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materiali di rifiuto delle cellule, abbondano in un organello cellulare noto come perossisoma, che svolge la funzione di “cestino disgrega-rifiuti” all’interno della nostra cellula. Dato che i radicali liberi sono molecole molto reattive, questi organelli hanno una membrana esterna modificata per non essere attaccata da queste molecole. Allo stesso tempo, a questo organello vengono inviati, attraverso trasportatori intra-cellulari, tutti i materiali cellulari di scarto che, se si accumulassero all’interno della cellula, rischierebbero di impedirne il regolare funzionamento portandola a morte. In questo modo, tutto questo materiale può essere disgregato in molecole più semplici, che possono essere riutilizzate dalla cellula come se fosse il migliore dei centri per il riciclo dei cataboliti. Tuttavia la formazione dei R.L. nell’organismo oltre alle funzioni fisiologiche, dà il via a continue reazioni a catena che, se non vengono arrestate in tempo, portano a danni sulla membrana cellulare o alle molecole genetiche come il DNA e dell’RNA ecc. Una molecola che acquista o perde una carica, infatti, modifica la sua capacità di interagire con altre molecole, dunque una perturbazione del tipo di cariche presenti all’interno di una cellula può rappresentare un serio problema per la sua stabilità e, in generale, per la salute dell’organismo. Quando i R.L. tendono ad accumularsi nell’organismo siamo di fronte al fenomeno di stress ossidativo che può condurre ad un quadro clinico patologico denominato “Sindrome Metabolica”.

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STRESS OSSIDATIVO E SINDROME METABOLICA

Lo stress ossidativo è una condiziona patologica che si verifica nell’organismo quando l’equilibrio fra produzione ed eliminazione di radicali liberi viene meno. Una condizione che dipende in buona parte dalla composizione della dieta e che, oltre ad essere associata al fisiologico invecchiamento cellulare, è coinvolta insieme all’infiammazione nello sviluppo di diverse malattie croniche come l’aterosclerosi, l’obesità e il diabete di tipo 2, spesso associati nella sindrome metabolica. Questa sindrome è un insieme di anomalie

metaboliche e ormonali associate, di cui nessuna specificamente assurge alla dignità di una malattia. Lo stress ossidativo comunque caratterizza la sindrome metabolica per una spiccata impronta evolutiva verso: • il diabete 2, • l’epatosteatosi, • la tireopatia cronica, • l’ipertensione arteriosa, • l’arteriosclerosi, • l’obesità, ecc. Per combattere lo stress ossidativo è molto importante seguire uno stile di vita salutare, basato su poche e semplici regole: • non fumare, • fare un uso moderato di alcol, • seguire un’alimentazione equilibrata e ricca di frutta e verdura, accompagnata da • una regolare attività fisica che potenzia le difese antiossidanti dell’organismo. In quest’ambito il NFI - Nutrition Foundation of Italy – Centro Studi dell’alimentazione segnala due studi scientifici che confermano come la capacità antiossidante totale della dieta da una parte rifletta i livelli di assunzione di antiossidanti con gli alimenti e dall’altra sia inversamente associata ad alcuni fattori di rischio della sindrome metabolica. Il primo studio pubblicato su Nutrition ha valutato la relazione fra la Capacità Antiossidante Totale della Dieta (TAC) e diverse manifestazioni precoci della sindrome metabolica in adulti giovani e in buona salute. Sono stati presi in considerazione precedenti studi sperimentali e clinici che evidenziano come la maggior parte dei componenti della sindrome metabolica siano associati ad una condizione di stress ossidativo (2, 3). In futuro la determinazione dello stress ossidativo nei pazienti affetti da sindrome metabolica


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potrebbe contribuire a identificare quei soggetti maggiormente a rischio di complicanze che potrebbero essere canditati alla cura con terapie più intense. Ma la sindrome metabolica può essere un fattore predisponente per la formazione di diversi tumori: della mammella, della prostata, dell’ovaio, del pancreas, del fegato, del rene e persino del cervello. I principali radicali liberi sono: - RNS, o Reactive Nitrogen Species, in cui l’elemento il cui atomo partecipa direttamente all’azione ossidante è l’azoto; - RCS, o Reactive Carbon Species (a contenuto di carbonio); - RSS, o Reactive Sulphur Species (a contenuto di zolfo); - AGEs (prodotti avanzati della glicossidazione proteica per l’ossigeno contenuto nella molecola di glucosio). Gli antiossidanti endogeni (quelli prodotti all’interno del nostro corpo) sono: - Superossido dismutasi, - Glutationo perossidasi, - Glutationo tranferasi, - Catalasi, - Melatonina, - Ceruloplasmina. Un’ultima funzione dei radicali liberi è legata a quella che viene chiamata “morte cellulare programmata” (apoptosi), ovvero quel processo che fa sì che, mediante la replicazione di alcune cellule e la morte di altre, il nostro corpo riesca a differenziare un tessuto da un altro. La differenziazione dei tessuti nello sviluppo embrionale di un essere umano avviene anche grazie all’azione dei radicali liberi e alla loro capacità di regolare la vita (e, soprattutto, la morte) di alcune cellule invece di altre, il tutto sotto il “controllo” del nostro DNA. Perché queste molecole non siano dannose per il nostro organismo, è tuttavia necessario che sia mantenuto il delicato equilibrio fra la loro produzione e il loro smaltimento. Dato che la produzione di radicali liberi è un processo fisiologico che non può essere arrestato, il nostro organismo ha sviluppato un meccanismo di difesa verso

La maggior parte dei componenti della sindrome metabolica sono associati ad una condizione di stress ossidativo

queste sostanze, costituito da molecole in grado di legarsi ai ROS, inattivandoli. Si tratta degli antiossidanti, in parte prodotti dalle nostre cellule (endogeni), in parte assunti con

l’alimentazione (esogeni). Questo sistema fa sì che la presenza di radicali liberi nel nostro organismo non superi mai i livelli di guardia che possono mettere a rischio la nostra salute. I radicali liberi sono quindi partecipi a malanni vari: arteriosclerosi, infarto, artriti, invecchiamento, etc. Sono presenti inoltre dove c’è cattiva circolazione del sangue, ridotta attività delle ghiandole surrenali, persistente presenza di batteri e di funghi, infezioni croniche.

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La differenziazione dei tessuti nello sviluppo embrionale di un essere umano avviene anche grazie all’azione dei radicali liberi e alla loro capacità di regolare la vita (e, soprattutto, la morte) di alcune cellule invece di altre, il tutto sotto il “controllo” del nostro DNA

RADICALI LIBERI E ATTIVITÀ FISICHE

L’aumento della velocità di consumo dell’ossigeno durante l’esercizio fisico genera maggior produzione di ROS, in relazione ad incompleta riduzione dell’ossigeno stesso. Un corretto programma di attività fisica, oppure un razionale allenamento muscolare genera l’aumento moderato e di breve durata di R.L. che può attivare meccanismi molecolari utili alla cellula per adattarsi e proteggersi dagli stati di Stress Ossidativo, ma anche per migliorare le difese immunologiche dell’organismo. Si è potuto dimostrare che i ROS prodotti nel corso di un esercizio fisico di intensità moderata sono, in genere, di quantità limitata e controbilanciata dall’aumentata efficacia dei sistemi antiossidanti. Inoltre, in tali circostanze, i ROS sono riconosciuti responsabili della regolazione positiva della trascrizione genica che determina aumento della biogenesi mitocondriale e, di conseguenza, incremento dell’energia potenzialmente sviluppata dal muscolo che assume maggiori capacità ossidanti. Quando il muscolo lavora, aumenta la sua capacità di produrre e utilizzare energia. Ancora, i ROS attivano le vie coinvolte nel potenziamento dell’attività de-

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gli enzimi antiossidanti e inducono la produzione di alcune citochine capaci di svolgere un ruolo antiinfiammatorio. È stato, infine, dimostrato che i ROS prodotti durante l’esercizio fisico promuovono la generazione di enzimi coinvolti nella riparazione di eventuali danni subiti dal DNA e sono capaci di deprimere l’espressione di proteine responsabili della morte cellulare. Quando, però, l’individuo si sottopone ad attività fisico-sportive spinte all’estremo, agonistiche o non, si generano elevate e persistenti concentrazioni di ROS ed RNS, che possono superare le capacità antiossidanti dell’organismo (4). Se tali circostanze persistono a lungo, si possono configurare effetti dannosi, che attivano processi proteolitici, i quali innescano meccanismi degenerativi cellulari. Questi, a loro volta, in tempi più o meno lunghi, si possono manifestare con le più varie patologie.

È stato dimostrato che i ROS prodotti durante l’esercizio fisico promuovono la generazione di enzimi coinvolti nella riparazione di eventuali danni subiti dal DNA e sono capaci di deprimere l’espressione di proteine responsabili della morte cellulare

I POLIFENOLI NATURALI

I polifenoli sono molto presenti in natura nella frutta e nei vegetali in genere. Le più importanti famiglie di polifenoli che hanno spiccate proprietà antiossidanti e spiccatamente biomediche sono sostanzialmente i flavonoidi dell’uva e gli acidi fenolici e i fenoli

complessi delle olive, ma ci sono altre classi che per brevità non riportiamo. Infatti, in natura sono stati identificati circa 10.000 composti polifenolici in diverse specie vegetali. I polifenoli possono essere divisi in differenti gruppi o classi di composti sulla base del numero di anelli aromatici che contengono e sulla base della struttura molecolare che lega questi anelli, per cui sono classificati in diverse sottoclassi, come fenoli acidi, flavonoidi, stilbeni e lignani. I polifenoli sono in grado di contrastare l’azione dei radicali liberi perché sono una fonte naturale di elettroni. Polifenoli naturali sono stati identificati in diverse piante e alimenti come frutta, vegetali, tè, cereali, piante medicinali e fiori selvatici. È stato dimostrato che frutti come l’uva, le olive, i mirtilli, il mango e gli agrumi contengono un’elevata concentrazione di polifenoli. La “Dieta Mediterranea” è associata a un ridotto rischio di malattie cardiocircolatorie dovuto al consumo di olio di oliva e di vino rosso, che contengono elevate concentrazioni di polifenoli. I polifenoli naturali hanno dimostrato di possedere numerose attività biologiche ed effetti salutistici per la prevenzione e il trattamento delle patologie dell’invecchiamento, dell’insorgenza del cancro e delle patologie cardiovascolari (5). I polifenoli delle olive (olive mill wastewater) hanno dimostrato un effetto chemio-preventivo nei confronti delle cellule cancerogene del colon (6). I polifenoli in generale sono prodotti dal metabolismo secondario delle piante, in particolare dell’ulivo, e assolvono principalmente una funzione di difesa della pianta da parassiti e patogeni (7). La ricerca negli ultimi 20 anni ha evidenziato, in una molteplicità di



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studi in vivo e in vitro come queste molecole agiscano modulando positivamente alcuni processi fisiologici nell’organismo umano. Un aspetto che è stato particolarmente approfondito riguarda la loro azione di protezione rispetto al danno derivante dall’ossidazione dei tessuti, da cui deriva il termine caratteristico di sostanze antiossidanti. I polifenoli sono sostanze in grado di agire a diversi livelli nel corpo umano, proteggendo l’organismo dall’ azione ossidante dovuta ad agenti chimici come i radicali liberi che agiscono deteriorando le proteine delle membrane delle cellule e del DNA, determinando una degenerazione cellulare e funzionale dei tessuti (8). A livello di fisiologia umana la presenza di uno stress ossidativo si può sospettare nella sindrome metabolica, o nella resistenza insulinica o in un processo infiammatorio cronico, ma molte malattie si accompagnano a un considerevole stress ossidativo che ne condiziona notevolmente l’evoluzione peggiorativa. Lo stress ossidativo non è di per sé una malattia, non è necessariamente collegato alla esistenza di un’obesità o sovrappeso, e i suoi sintomi sono sostanzialmente quelli della malattia di base. È la malattia di base a risentire degli effetti malefici di uno stress ossidativo in atto, peggiorando i sintomi o le complicanze. Una dieta adeguata, un’attività fisica e una correzione dello stress ossidativo con la somministrazione per lungo tempo di sostanze riducenti, induce immediatamente notevoli miglioramenti. È quello che appare evidente quando si affronta un programma di dimagrimento in un soggetto obeso o in un soggetto comunque affetto da una Sindrome Metabolica. Si è anche constatato che non sempre alla sindrome metabolica si associa l’obesità, ma è invece sempre as-

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sociata alla presenza di un incremento dei radicali liberi e quindi di uno stress ossidativo. Il processo di ossidazione è alla base di alcune patologie cardiovascolari e metaboliche. In particolare l’ossidazione a carico delle LDL (lipoproteine del sangue a bassa densità trasportatrici del colesterolo HDC) è alla base dell’insorgenza di placche aterosclerotiche che compromettono la fluidodinamica dei vasi sanguigni e portano a gravi rischi e patologie dell’apparato cardio circolatorio (infarti, ictus). La comunità scientifica ha dimostrato l’efficienza dei polifenoli e in particolare dei polifenoli contenuti nella polpa delle olive e nell’olio d’oliva nel contrastare il processo di ossidazione delle LDL e di contribuire seriamente alla riduzione del rischio di malattie cardiovascolari (9,10). Alcuni di questi studi hanno condotto l’EFSA (autorità europea per la sicurezza alimentare) a stabilire che l’assunzione di un quantitativo giornaliero

I polifenoli sono sostanze in grado di agire a diversi livelli nel corpo umano, proteggendo l’organismo dall’azione ossidante dovuta ad agenti chimici come i radicali liberi che agiscono deteriorando le proteine delle membrane delle cellule e del DNA, determinando una degenerazione cellulare e funzionale dei tessuti

pari a 5 mg di Idrossitirosolo (la più studiata tra le molecole polifenoliche nell’oliva) e suoi derivati in olio d’oliva garantisce una riduzione effettiva del rischio cardiovascolare associato alla ossidazione delle LDL (11). I polifenoli sono associati inoltre a numerose altre proprietà biomediche. Alcuni studi hanno mostrato come i polifenoli siano in grado di ridurre i fenomeni infiammatori localizzati agendo sulle sostanze responsabili dell’infiammazione (iNOS syntase) (12). L’oleocantale, una molecola polifenolica dal sapore amaro presente nell’olio d’oliva, è stata dimostrata agire in maniera simile all’ibuprofene (13). In quanto agenti di difesa delle piante i polifenoli sono in grado di contrastare anche nell’organismo lo sviluppo e la riproduzione di numerose specie batteriche come Stafilococchi, Escherichia coli e Klebsiella (14). Il succo di melagranata contiene inoltre le vitamine A, B, C, E e K. Si rivela particolarmente benefico nei confronti del nostro sistema immunitario anche se ha un sapore particolare per la modesta presenza zuccherina e ricco di sapori tannici astringenti (15). È interessante notare che i ROS hanno un effetto positivo nel combattere il tumore del colon favorendo l’apoptosi delle cellule (16). L’idrossitirosolo ha dimostrato una funzione antivirale proprio verso i virus influenzali (17)


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e i virus erpetici che, una volta entrati nell’organismo, vi restano perennemente in condizione di latenza, all’interno delle cellule, spesso negli stessi linfociti B e nel virus EBV dell’Epstein Barr della mononucleosi. Sarebbe interessante provare l’idrossitirosolo o il fito-complesso sul Coronavirus che attualmente ha infettato il mondo, ma certamente questi antiossidanti hanno un effetto preventivo sulle infezioni virali.

CONCLUSIONI

Non c’è dubbio che la scoperta dei radicali liberi sia stata una grossa conquista della scienza biomedica e non è un caso che al Prof. Denham Harman sia stato attribuito il premio Nobel 1995 per questa scoperta. Come abbiamo visto i R.L. sono contemporaneamente una grande risorsa per difenderci da insufficienze immunitarie e come essi svolgano un lavoro di decontaminazione all’interno delle cellule. Tuttavia un eccesso di R.L. che si accumula nell’organismo costituisce un grave pericolo per la nostra salute. Infatti, lo stress ossidativo è alla base della sindrome metabolica e diventa la causa principale della sua evoluzione verso lo squilibrio ormonale e verso importanti patologie e, quindi, è responsabile del rischio di insorgenza di patologie molto gravi annesse alla sindrome stessa, che vanno dal diabete, all’obesità e al cancro. L’attività fisica da una parte potenzia il sistema immunitario ma dall’altra scatena un forte produzione di R.L che possono essere combattuti con una dieta ricca di sostanze antiossidanti presenti soprattutto nella frutta e nelle verdure. Pochi sanno che i polifenoli delle olive, che si trovano in parte (2%) anche nell’olio extra vergine di oliva hanno una grande efficacia nel combattere i R.L. e svolgono altre importanti funzioni biomediche nell’organismo in funzione del grande potenziale antiossidante, da cui derivano alcune spiccate proprietà, come quella di essere antimicrobici, antimicotici, antivirali, e chemio-preventivi, cioè prevengono patologie importanti come: infiammazioni intestinali croniche da sovracrescita batterica (SIBO e MICI), l’infarto e il cancro. Inoltre, adoperati come coadiuvanti nelle terapie oncologiche, possono limitare i danni indotti dalle chemioterapie. Gli studi mondiali che si

Si è constatato che non sempre alla sindrome metabolica si associa l’obesità, ma è invece sempre associata alla presenza di un incremento dei radicali liberi e quindi di uno stress ossidativo

stanno sviluppando sui polifenoli delle olive dimostrano sempre di più le loro proprietà preventive e curative su diverse patologie importanti, inoltre non presentano nessun effetto collaterale se l’assunzione giornaliera si attesta sui 100 mg di polifenoli al gior-

no. Moderni integratori alimentari a base di polifenoli delle olive, ma potenziati con l’aggiunta altre sostanze bioattive possono contribuire efficacemente a mantenere un giusto equilibrio fisiologico dei radicali liberi in modo da prevenire gravi patologie. 

BIBLIOGRAFIA

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fiere ed eventi

Cibus Tec 2023 Successo confermato per l’edizione 2023 di Cibus Tec, che ha riaffermato Parma quale capitale dell’innovazione tecnologica per l’industria alimentare e delle bevande. In fiera, 1.200 aziende provenienti da oltre 30 Paesi hanno presentato le loro soluzioni all’avanguardia. Ingegneria Alimentare era presente e vuole condividere con i suoi lettori alcuni interessanti prodotti e novità visti in fiera.

BORGO

BORIN

B

orgo ha proposto a Cibus Tec la legatrice AS 55; ideale per la legatura in continuo di salsiccia fresca, è in grado di creare gruppi di prodotti definiti, a lunghezza variabile e di creare uno spazio tra di essi per facilitarne l’eventuale taglio. È possibile regolare il numero di legature, in base alle esigenze. La legatrice AS 55 è dotata di un sistema di trasporto a nastri con regolazione in base al calibro del prodotto da legare con tappeto a profilo dentato che garantisce un trascinamento preciso, del sistema di formazione asole e di un pannello Touch-Screen 7” a colori.

CSB

“I

l 2023 è stato un anno decisivo in cui abbiamo consolidato il nostro ERP integrandolo con diverse web solution e amplia-

to i progetti di automazione e robotica tipici dell’industria 4.0.” – ha commentato Andrè Muehlberger, direttore della CSB-System S.r.l. – “I risultati sono stati davvero soddisfacenti e ci confermano che a livello globale gli operatori del settore percepiscono l’importanza di investire in digitalizzazione e automazione per incrementare la produttività, l’affidabilità, la trasparenza e la flessibilità della filiera alimentare.” Il tema conduttore del gruppo CSB-System è stato “My ERP. Food Management Made easy”, con particolare focus su: • Smart Management, per creare trasparenza e prendere così le decisioni migliori

B

orin presenta Kiteco, stazione di lavaggio mobile personalizzabile negli accessori. Robusta e durevole grazie alla struttura in acciaio inox da 5mm e allo schiumogeno in AISI 316L può collegarsi all’impianto idrico centralizzato oppure essere autonoma grazie ad uno installabile a bordo. Kiteco è progettata per essere comoda: porta taniche, vasca per il risciacquo dell’iniettore e apposito alloggio per le lance in codice colore, personalizzabile insieme ai paracolpi in base alle aree e alle fasi di lavaggio. In sintesi, Kiteco offre durata e praticità, distinguendosi come soluzione versatile per le esigenze industriali.

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fiere ed eventi

ELLER

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ra i prodotti di punta presentati a Cibus Tec da Eller, prodotti che permettono al cliente di aumentare notevolmente la produttività e la qualità, si evidenziano le massaggiatrici/zangole VACOMAT che permettono la lavorazione di un’ampia varietà di prodotti come cotti, carni, prodotti avicoli, pesce, verdure e molto altro, sia con che senza osso. Oltre al classico massaggio e alla salatura a secco, a seconda della versione, sono possibili anche altre lavorazioni, come la marinatura, lo scongelo, la cottura e il raffreddamento. Garantiscono di ottenere prodotti di elevata qualità in tempi ridotti sia che si tratti di cotti, crudi, salati o prodotti marinati. La forma costruttiva garantisce un trattamento delicato del prodotto. La lavorazione permette un’ottimale e omogenea penetrazione nei processi di salatura. Inoltre, si ottengono minimi cali di peso quando i processi comprendono l’impiego di marinatura e/o salamoia. Tutte le macchine Eller sono dotate di telecontrollo e predisposte per Industria 4.0, garantiscono una lunga durata e una manutenzione estremamente ridotta grazie alla loro costruzione estremamente robusta e ai componenti di marca. L’ampia scelta di versioni, opzioni e accessori permette di adattarle alle esigenze dei clienti.

GB BERNUCCI

P

aper2Skin è l’innovazione nel packaging: questo prodotto, proposto a Cibus Tec da GB Bernucci, rappresenta un cambiamento di paradigma, una soluzione eco-sostenibile e pratica. Combina carta con un film plastico sottile, creando un film unico per l’applicazione top skin su prodotti di basso profilo. I principali vantaggi includono: - riduzione della complessità dei materiali - semplificazione del processo di imballaggio

- aumento dell’efficienza di produzione. Paper2Skin riduce non solo il totale dell’imballaggio ma anche il suo peso portando a benefici ambientali come la riduzione delle emissioni di carbonio. I punti di forza di Paper2Skin includono: - totalmente stampabile - apertura facilitata - facile separazione delle fette del prodotto - finestra sagomata per visibilità prodotto - riduzione mano d’opera

F.LLI PAGANI E TECHPARTNER

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artecipazione congiunta per F.lli Pagani e Techpartner a Cibus Tec. Un co-marketing vincente nato dall’unione di due realtà aziendali che condividono la stessa vision: lungimiranza e innovazione nel campo dell’industria alimentare. Numerosi i visitatori e clienti, nazionali e internazionali, accorsi allo stand Techpartner che hanno potuto ammirare il corner gastronomico “Cucina Gourmet” e assistere a dimostrazioni di cooking show di prodotti finiti, grazie anche alla preziosa collaborazione rinnovata con due aziende della filiera: Unox ed Epta. Presentati prodotti e novità: soluzioni innovative e tecnologiche per la trasformazione di carne, ma non solo. Anche prodotti per la produzione di elaborati a base di pesce, savoury, sughi, vegano e paste ripiene, tra cui aromi esclusivi, ingredienti genuini ed erbe e spezie selezionate. Fratelli Pagani ha dato ulteriore conferma della sua competenza e versatilità, dimostrando di essere un brand attento al bisogno dei consumatori, ai recenti trend di mercato e all’alta qualità di tutta la vasta gamma di ingredienti, miscele e prodotti che offre ai propri clienti.

- conferibile raccolta carta c/pap 81.

HANDTMANN ITALIA

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Cibus Tec Handtmann Italia ha presentato un nuovo prodotto: ConPro Compact. Il sistema ConPro Compact di Handtmann Italia è la variante di base per la produzione

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continua di prodotti in budello in alginato. Una soluzione flessibile, con tutte le opzioni,

per una produzione variabile nei settori della lavorazione della carne, dei cibi pronti, del pesce, delle verdure/dei prodotti vegetariani, dei prodotti lattiero-caseari e altro ancora. Tramite una semplice conversione, può essere inoltre utilizzata per la produzione di wurstel in budello naturale, in collagene o di cellulosa. ConPro Compact è un sistema scalabile, facile da utilizzare e con un ingombro ridotto: una soluzione perfetta per le start-up e le PMI nel settore della tecnologia in alginato.


fiere ed eventi

JARVIS ITALIA

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arvis propone la Scotennatrice manuale JHSL, per macelli, salumifici, prosciuttifici. Questo nuovo utensile ad alta efficienza è stato progettato per la rimozione manuale di pelle e membrane da tutti i tipi di carne: suina, bovina, avicola. Ottimale per la

MULTIVAC

rifilatura di prosciutto e speck, anche stagionati, si utilizza anche per la rimozione di grasso, spellatura del pesce e petto di pollo, rimozione di membrane del tacchino e del bovino. Facile da usare, di semplice pulizia e manutenzione, è disponibile in 3 differenti spessori per soddisfare tutti i tipi di lavorazione. Ideale anche per la scotennatura in economia di suini, scrofe e cinghiali. Le sue specifiche tecniche sono: • Alimentazione: aria compressa (6 bar) • Larghezza lama: 95 mm • Larghezza taglio: 82.5 mm • Spessore di taglio: da 1.5 a 6 mm (vari modelli disponibili) • Peso: 1.8 kg

LAZZARI EQUIPMENT

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ovità per Lazzari Equipment che ha presentato la cubettatrice holac Cheesixx di nuova generazione, design all’avanguardia, massima igiene durante la lavorazione e facilità di sanificazione. Il grande pannello operatore touch connesso in rete per scambio dati con produzione/ufficio e invio lotto di produzione e nuovo nastro di scarico integrato è facilmente staccabile e orientabile con direzione a destra o a sinistra, facilmente sanificabile con tutti gli elementi smontabili e appendibili al nastro stesso, compreso il tappeto per una sanificazione ai massimi livelli. Dotata di serie di ruote per una facile movimentazione è disponibile con cassetto di carico manuale o con caricatore automatico per alimentare la macchina con un euroblocco per volta. Il sistema di carico

D

a Multivac la linea porzionatura e confezionamento perfettamente integrata (GMS 400 - TX 620). Da un unico produttore sistemi e soluzioni per processi efficienti, sostenibili e linee complete: tempering, porzionatura, sistemi di carico e pesatura, confezionamento, etichettatura, ispezione e automazione. Porzionatrice TVI GMS 400 - Massima resa e minimo give-away - Flessibilità ed alta efficienza - Affidabilità di processo e precisione costanti - Formatura prodotto in 3D per un taglio ottimale e riduzione scarti - Qualità di taglio ineguagliabile anche con fettine sottili - Taglio prodotti con e senza osso - Accessibilità elevata per manutenzione o sanificazione - Carico prodotti ergonomico dal lato operatore.

automatico può essere acquistato anche in un secondo momento. Può tagliare ogni tipo di formaggio, anche molto duro compreso Grana, ma anche formaggi grassi congelati come gorgonzola. I formati di taglio disponibili sono moltissimi, cubetti in tutte le misure, stick di ogni tipo, bocconcini, julienne al coltello, julienne a disco, petali di vari formati, forme speciali anche su misura e su disegno del cliente.

Termosaldatrice MULTIVAC TX 620 - Elevate prestazioni, massima flessibilità, produttività e qualità di confezionamento - Cambio stampo veloce e sicuro e senza l’utilizzo di attrezzi - Riconoscimento automatico degli stampi - Massima accessibilità per sanificazione, ispezione e manutenzione - Affidabilità e prestazioni costanti nel tempo - Facilità di utilizzo per gli operatori - Nessun uso di acqua di raffreddamento per applicazioni MAP - Tempi di riscaldamento componenti ridotti al minimo.

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fiere ed eventi

OMET FOODTECH

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met Foodtech presenta la nuova famiglia di Tritacarne con premiscelatore TCM-P/TCSA-P. Sono macchine progettate su misura per le piccole e medie imprese, con una vasta gamma di applicazioni, adatte alla lavorazione di carne, grassi, formaggi, vegetali e altro. Caratteristica di questi tritacarne è la presenza di un premiscelatore che consente di combinare le funzionalità di un tritacarne tradizionale con quelle di un’impastatrice, aprendo nuove opportunità per migliorare la produzione in termini di efficienza, qualità e sostenibilità. La macchina trita gli ingredienti in modo uniforme e li mescola in una miscela omogenea prima di procedere ulteriormente. Questo riduce i tempi di lavorazione e consente una maggiore efficienza produttiva. Soluzioni tecnico costruttive all’avanguardia, supportate dall’utilizzo di utensili da taglio di alta qualità, garantiscono un taglio netto; il gruppo riduttore è protetto dalle infiltrazioni grazie alla presenza di scarichi dei liquidi di lavaggio e le superfici lisce e l’assenza di angoli vivi rendono la pulizia veloce ed efficace. La capiente tramoggia consente di caricare con facilità il prodotto da tritare. La pala mescolatrice e l’elica di alimentazione a velocità variabile sono facilmente smontabili per una pulizia rapida. Un programmatore elettronico dotato di comando Touch Screen, rende il controllo della macchina intuitivo e preciso.

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ZUDEK

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urante la fiera Cibus Tec 2023 Zudek ha avuto il piacere di presentare ai suoi clienti e vistatori Airmatik, il chiller di Zudek condensato ad aria con compressori semiermetici a vite. Airmatik è ecologico, sostenibile, resistente, silenzioso e compatto. Airmatik utilizza come refrigerante l’ammoniaca, un refrigerante naturale, ed è condensato ad aria con ventilatori assiali ad alto rendimento e ridotto livello sonoro. I ventilatori, grazie al loro ampio diametro, lavorano a basso numero di giri, garantendo silenziosità e consumi

energetici più bassi. Airmatik, grazie alla sua versatilità, può essere utilizzato sia in ambito industriale, dove sono richieste temperature sotto lo zero, che in sistemi di condizionamento civile con temperature dell’acqua refrigerata positive.

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chiedetelo a...

La rubrica “Chiedetelo a…” è uno spazio attraverso il quale i nostri lettori (ma anche la redazione stessa) possono avere risposte ad argomenti di diversa natura. Le domande devono essere inviate all’indirizzo email redazione@ecod.it I quesiti proposti saranno evasi da persone competenti negli specifici settori.

Aromi nei prodotti alimentari: che ruolo hanno, a cosa servono e perché li usiamo? Nelle ricette di molti prodotti alimentari diversamente elaborati e confezionati, troviamo spesso in etichetta nell’elenco ingredienti la dicitura “aromi”: in genere sono indicati agli ultimi posti della lista, ma svolgono un ruolo fondamentale. Anche le carni e soprattutto i salumi, con poche eccezioni (i prosciutti crudi del circuito DOP, che dichiarano solo l’utilizzo di carne e sale), impiegano sostanze aromatiche, che conferiscono una variabilità di sapori, oltre a quello della carne stessa; talvolta nelle carni li possiamo trovare indicati accanto ad altri ingredienti, come spezie o erbe, che hanno già in sé come loro caratteristica quella di essere sostanze aromatiche, ma più spesso sono aggiunte per ragioni estetiche o perché tipiche del prodotto. Del resto gli aromi derivano dalle spezie che già i nostri antenati hanno saputo in qualche modo dosare: usando il fuoco per cuocere e affumicare, e scoprendo che a seconda dei legni e degli arbusti bruciati si sviluppavano sapori diversi. E molto probabilmente anche impiegando selettivamente negli alimenti talune essenze vegetali, come appunto le erbe aromatiche e le spezie (che prese tal quali potevano essere nocive e tossiche ma in piccole quantità conferivano sapore ai cibi), sono stati guidati nell’applicazione dal gusto che conferivano, anche giustificando il loro impiego per altre caratteristiche intrinseche delle spezie, come l’osservazione che i cibi si conservavano meglio. Oggi abbiamo una spiegazione scientifica di queste relazioni, grazie alla conoscenza della biochimica e alle scienze analitiche che hanno studiato le molecole e i principi attivi di queste sostanze aromatizzanti, realizzando altresì che spezie ed erbe aromatiche hanno attività antiossidanti, vitaminiche, farmacologiche e nutraceutiche e svolgono talvolta

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azione inibente verso determinati microrganismi, che giustificano il loro impiego nella conservazione delle carni e altri alimenti deperibili. Ma allora, ci possiamo porre una domanda in generale: se spezie ed erbe aromatiche si possono utilizzare tal quali per insaporire e aromatizzare gli alimenti, per quale ragione si utilizzano anche gli aromi propriamente detti? E come vengono giustificati da un punto di vista legislativo e di controllo? Il motivo è semplice: se negli alimenti confezionati e in quelli con una durabilità elevata come ad esempio un salume stagionato o un prosciutto cotto, non si aggiungono gli aromi, il risultato a livello sensoriale può non essere soddisfacente, anche se si usano materie prime di pregio, perché il gusto non si percepisce. LA FUNZIONE DEGLI AROMI La funzione degli aromi è quella di aggiun-

gere più sapore agli alimenti. Il sapore è una qualità composita, una combinazione di sensazioni provenienti dalle papille gustative nella nostra bocca e dai recettori degli odori nella parte superiore del nostro naso. Quindi possiamo affermare che il sapore di un cibo è in parte gusto e in gran parte odore. Queste sensazioni sono di natura chimica: sentiamo i sapori e gli odori quando i nostri recettori sono attivati da specifiche sostanze chimiche presenti negli alimenti. Quando parliamo di gusti diversi sappiamo che ne esistono solo una manciata, perché noi ne riconosciamo cinque: dolce, salato, acido, amaro e umami. Sono le molecole degli odori che fanno sì che una mela “sappia” di mela e non di pera o ravanello. Se il nostro naso è bloccato da un raffreddore o da un forte dolore, è difficile però distinguere una mela da una pera. Quindi la maggior parte di ciò che per-


chiedetelo a...

cepiamo come sapore è odore, o aroma. Le erbe e le spezie esaltano il sapore aggiungendo le loro molecole aromatiche caratteristiche. Le sostanze chimiche aromatiche di erbe e spezie sono volatili: sono cioè abbastanza piccole e leggere da evaporare dalla loro fonte e volare nell’aria, il che permette loro di salire con il nostro respiro fino al naso, dove possiamo rilevarle. L’evoluzione del gusto e dell’olfatto deriva dal fatto che noi esseri umani siamo animali e come per tutti gli animali l’olfatto fornisce più informazioni su un boccone di cibo. Fin quando si trattava di raccogliere ciò che si trovava di commestibile, dalle carcasse di animali ai tuberi o alle foglie, gusto e olfatto sono stati utili per comprendere se quel cibo era commestibile e rifiutare quello amaro tipico di alcaloidi tossici o degli alimenti in putrefazione. Poi con l’avvento dell’agricoltura circa 10.000 anni fa siamo passati da una dieta varia ma rischiosa, a una dieta più prevedibile e monotona: a base di grano, riso, orzo, carni da allevamento, alimenti che fornivano energia e proteine ma erano anche più insipidi. Per risolvere questa semplificazione della dieta si sono aggiunti degli aromi sotto forma di erbe e di spezie che hanno permesso di dare più sapore ai cibi insipidi, mettendo in risalto il loro aroma perché passando da papille gustative e naso quel cibo potesse essere maggiormente accettato. I nostri antenati hanno scoperto che se mangiate così come sono, la maggior parte delle spezie e delle erbe è acre, irritante, insensibile (e le sostanze chimiche responsabili di queste sensazioni sono in realtà tossiche). Hanno scoperto anche che la funzione principale di queste sostanze chimiche ricche di questi composti persistenti molto volatili poteva offrire resistenza all’attacco di animali e microbi. Così sono arrivati ad apprezzare queste sostanze,

utilizzate dalle piante di spezie per loro difesa, comprendendo che ciò che rende erbe e spezie non tossiche e commestibili, anche deliziose da mangiare è un semplice principio di cucina: la diluizione. Non servono quantità enormi di erbe e spezie ma a basso dosaggio aggiunte all’alimento ne esaltano le caratteristiche e lo rendono molto più appetibile: pochi milligrammi in una massa di un chilo o due, stimolano i

nostri sensi, senza sopraffarli. L’IMPIEGO DEGLI AROMI L’impiego degli aromi propriamente detti offre ancora più sicurezza. Il fatto che i principi attivi siano estratti dalle spezie e concentrati, fa sì che possiamo purificarli dalle sostanze estranee e dosarli quanto basta perché mantengano il loro aroma per molto tempo.

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Infatti in un prodotto elaborato, fatto di una ricetta con più ingredienti, è necessario che l’aroma sia persistente quando apriamo la confezione: perciò è invalso l’uso di utilizzare gli aromi al posto delle spezie tal quali, perché essendo già concentrati dalle spezie stesse ovvero potendo creare nuovi aromi dalla mescolanza di essenze ed oli essenziali, garantiscono quella stabilità aromatica al prodotto che ce lo fa apprezzare. Non serve quindi aggiungere le spezie tal quali, a meno che non siano caratteristiche di un certo prodotto (ad esempio il pepe in grani nel salame o nella mortadella, le erbe mediterranee in prosciutto alle erbe o nella porchetta, ecc.), basta aggiungere i loro aromi. A differenza della maggior parte degli oggetti che percepiamo intorno a noi, che vediamo, tocchiamo o sentiamo, gli aromi sono una presenza invisibile e intangibile. Le carni hanno sempre avuto un vantaggio sugli altri alimenti perché l’alchimia dei sapori è legata anche ad altri fattori intrinsechi, dipendenti da processi biochimici che avvengono in matrici che possiamo considerare ancora “vive”, dove gli enzimi - che rimangono intatti nel muscolo intervengono nei cicli di maturazione e di fermentazione e agiscono su grassi e proteine. E così, scomponendo le grandi molecole proteiche in peptidi e amminoacidi con proprietà aromatiche e convertendole in molecole di sapore, piccole quantità di aromi permettono di rendere più omogeneo il gusto e di mantenerlo sino alla scadenza. Ciò vale soprattutto per i prodotti cotti con shelf life prolungata, dove gli aromi servono per mantenere il profilo sensoriale ad un livello soddisfacente e inalterato nel tempo. Un uso appropriato di un aroma può contribuire al successo di un alimento prodotto sia a livello artigianale che industriale, “azzeccare” il profilo sensoriale può fidelizzare alla marca commerciale il consumatore che lo trova migliore di gusto rispetto ad altri analoghi prodotti. Per fare fronte alle esigenze dell’industria alimentare e di chi prepara cibi a diversi livelli, sono disponibili numerosi preparati che per loro natura devono rispondere a specifici criteri di legge stabiliti dal Regolamento (CE) n. 1334/2008. Nel regolamento viene sottolineato che queste sostanze “non devono indurre in errore i consumatori su questioni concernenti la natura, la freschezza, la qualità degli ingredienti impiegati, la genuinità del prodotto, l’aspetto naturale del processo produttivo oppure la qualità dell’alimento

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in termini nutrizionali”. Inoltre, la loro presenza deve essere segnalata sempre da un’etichettatura appropriata. Il regolamento definisce “aroma” i prodotti non destinati ad essere consumati nella loro forma originale, che sono aggiunti agli alimenti al fine di conferire e/o modificare un aroma e/o sapore, ma che non hanno alcun apporto nutrizionale. Gli aromi possono essere ottenuti mediante appropriati processi fisici, enzimatici o microbiologici da materiali di origine vegetale, animale o microbiologica che si trovano allo stato grezzo o che sono stati trasformati per il consumo umano. COSA DICE LA LEGGE La legislazione comunitaria riconosce diverse tipologie di aromi: 1.1. gli aromi naturali, estratti direttamente da materie prime di origine vegetale o animale, composti esclusivamente da preparazioni aromatiche e/o sostanze aromatiche naturali; 1.2. gli aromi natural identici, che si ottengono da sintesi di laboratorio ma la loro struttura chimica molecolare è simile o identica a quella delle sostanze naturali; 1.3. gli aromi artificiali, che si ottengono solo mediante processi chimici ma hanno una struttura differente da quella dell’analogo naturale o del tutto originale; 2. le preparazioni aromatiche di piante o alimenti di origine animale; 3. I prodotti che si ottengono dal riscaldamento e/o dalla cottura prolungata di cibo (ad esempio le salse da arrosto e i concentrati); 4. gli aromi di fumo o affumicatura. Ai fini dell’etichettatura la denominazione degli aromi nell’elenco degli alimenti prevede l’uso delle seguenti dizioni:

a) “aromi”, per gli aromi naturali identici e artificiali. b) “Aromatizzanti di affumicatura” quando si utilizza un aroma ottenuto da frazionamento e purificazione di un fumo condensato, conformemente al Regolamento (CE) n. 2065/2003. c) “Aromi naturali”, tale dizione è concessa solo per descrivere un aroma il cui componente contiene esclusivamente preparazioni aromatiche e/o sostanze aromatizzanti naturali, che “devono essere di origine naturale per almeno il 95% (p/p), mentre il restante 5% può essere usato soltanto per standardizzare o per conferire ad esempio una nota più fresca, pungente, matura o acerba all’aroma (art. 16 e 29 del regolamento (CE) n. 1334/2008)”, (fonte Ministero della Salute). In conclusione, l’impiego degli aromi permette di esaltare le caratteristiche sensoriali di molti alimenti, anche della carne e dei suoi derivati. Conferiscono loro un sapore e/o un odore diverso o più intenso. Grazie ad essi e ai nostri sensi che li percepiscono siamo portati a preferire quei gusti e aromi che incontrano il nostro favore. Le componenti volatili sono quelle che percepiamo per prime attraverso l’olfatto, ma anche le papille gustative della bocca, che intercettano le componenti non volatili mentre mastichiamo, ci aiutano a valutare le peculiarità dei diversi prodotti. Poiché questa scelta è molto variabile, frutto della nostra percezione individuale e delle nostre abitudini familiari e culturali, le proposte in termine di aromatizzazione dei prodotti sono veramente numerose e ogni azienda usa gli aromi per personalizzare le proprie specialità perché come consumatori le possiamo preferire rispetto ad altre.


case history

case history

salumificio a leader del food service Da

Novant’anni di storia che testimoniano legame col territorio, lungimiranza, imprenditorialità e innovazione continua A cura della Redazione

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el 1932 Romolo Barbieri fonda il suo salumificio a Cavezzo (MO). È solo l’inizio di un lungo percorso costellato di grandi intuizioni, difficoltà superate grazie a tenacia e volontà; un percorso alla continua ricerca del meglio, dell’innovazione e del perfezionamento delle tecniche di produzione. Da novant’anni Menù è protagonista del mondo produttivo alimentare italiano e oggi è leader nella produzione di specialità alimentari destinate alla ristorazione professionale: condimenti, salse e creme, funghi, primi piatti, pietanze, preparati per dolci e dessert. Abbiamo visitato lo stabilimento di Medolla, quasi 50.000 mq di superficie, per buona parte realizzato con strutture in legno antisismiche, nel rispetto dei criteri della bioedilizia e in linea con le più avanzate e innovative tecnologie. Una scelta resasi necessaria in seguito all’esperienza drammatica del sisma del 2012 quando l’Emilia Romagna fu devastata dal terremoto e lo storico stabilimento venne

distrutto. Il sisma e la necessaria ricostruzione sono stati l’occasione per migliorarsi, implementando i processi produttivi, organizzativi e logistici e riorganizzando il layout produttivo in linea con le attuali normative.

Oggi nel moderno sito, ogni giorno vengono lavorate materie prime freschissime e altamente selezionate che provengono principalmente dalla campagna emiliana e dai principali mercati nazionali ed esteri. Nello stabilimento, a tecnologie già affermate si associano macchine a elevata capacità produttiva, un valido ausilio per mantenere alto il livello della produzione senza che ciò vada a scapito della qualità. Le ricette si rifanno alla tradizionale cucina casalinga senza rinunciare a proporre prodotti di gusto raffinato.

UNO STABILIMENTO ALL’AVANGUARDIA

La prima impressione, arrivando allo stabilimento di Menù, è di spazio, pulizia, ordine e una sorta di elegante accoglienza. Non sembra di entrare in una fabbrica perché accanto all’edificio principale, dove avviene la produzione, ad accogliere il visitatore appare la vec-

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case history

chia cascina ristrutturata per servire da sala conferenze e riunioni, da ristorante e salotto. Tra lo stabilimento e la cascina, poi, sorprendentemente, una cappella che sembra invitare alla riflessione, alla sosta, che rimanda alla sfera umana. È il retaggio di una famiglia che ha sempre tenuto in conto il fattore umano accanto a quello produttivo, commerciale. Come a dire “qui si lavora sodo ma non ci dimentichiamo delle persone e delle loro esigenze spirituali oltre che materiali”. È il risultato di una filosofia di vita che non ha mai abbandonato la famiglia Barbieri da quando il capostipite Romolo fondò l’azienda e che oggi continua grazie all’impegno di Rodolfo Barbieri e sua moglie Maria Teresa, affiancati della terza generazione, i figli Romolo e Anna Rosa. Le persone, infatti, costituiscono il vero valore dell’azienda: uno staff di 200 persone tra impiegati, operai e dirigenti e 380 agenti sul territorio nazionale più una significativa presenza all’estero. Apparentemente in contrasto, i tre edifici armonizzano col panorama, formano una cittadella ospitale, tra tradizione e innovazione, storia e tecnologia, e convivono. Allo stabilimento si affianca il nuovo magazzino altamente automatizzato che, con i suoi 26 metri di altezza e 46 metri di luce su un’unica campata, può contenere 29.000 posti pallet, il doppio del precedente, rendendolo uno dei più grandi magazzini automatizzati in Italia. Di recente realizzazione è una nuova area dello stabilimento, oltre 7.000 mq destinati all’innovativo confezionamento in busta.

DALLA PRIMA COLAZIONE ALLA CUCINA, DALLA PIZZA AL DESSERT

Un catalogo di 1.000 referenze è in grado di offrire un servizio completo a ogni tipo di attività di ristorazione, dal bar alla piccola gastronomia fino alla cucina di un grande ristorante. Sono ricette creative, che seguono l’evoluzione dei gusti e le tendenze del settore. Tutto questo è possibile grazie alla tecnologia avanzata impiegata da Menù per la lavorazione dei suoi prodotti. Federico Masella, Mkt & National Key Account Manager di Menù spiega le peculiarità del processo produttivo che non si limita alla lavorazione pura e semplice ma è frutto

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di attenta e profonda ricerca scientifica sul campo: “All’interno del nostro stabilimento – spiega Masella – abbiamo allestito un reparto controllo qualità che effettua analisi accurate su tutte le materie prime che entrano, sui semilavorati e sul prodotto finito. Il laboratorio di microbiologia garantisce attraverso analisi chimico fisiche e batteriologiche la sicurezza degli alimenti prodotti. Questa estrema accortezza da parte nostra nasce dalla consapevolezza che Menù non serve solo il cliente a cui vende i suoi prodotti ma serve altre migliaia di clienti che sono gli avventori del

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ristorante, del bar, della pizzeria. Una responsabilità enorme di cui siamo consci e di cui ci facciamo carico”. Nello stabilimento Menù entrano materie prime di stagione dopo attenta selezione perché le produzioni dal fresco sono considerate la chiave per ottenere prodotti di altissima qualità. “Qui, si replicano le lavorazioni di un cuoco, come fosse la grande cucina di un ristorante - spiega Federico Masella – e i nostri prodotti nascono dai nostri Cuochi in Cucina Sperimentale, insieme a tecnologi alimentari e al personale di Ricerca e Sviluppo”. Arrivano in prima fase nell’area grigia dello stabilimento, dove vengono lavate e tagliate per essere poi conferite alla cucina e al conseguente confezionamento. Nei vari reparti, negli anni, si è svolto un eccezionale lavoro di ricerca per individuare nuove tecniche di lavorazione, altamente performanti, che oggi fanno di Menù una realtà unica con metodi di produzione scientificamente all’avanguardia.

LE TAPPE DI UNA STORIA ESEMPLARE

Romolo Barbieri fonda l’omonimo salumificio a Cavezzo (Modena) Nasce la RoBar, azienda specializzata nella produzione di dadi per brodo e specialità alimentari Rodolfo Barbieri prende le redini dell’azienda, privilegiando la produzione di specialità alimentari Giliana Barbieri e Rodolfo Barbiei inventano la Pomodorina L’azienda cambia il nome in Menù Il terremoto danneggia pesantemente gli stabili che ospitano la produzione e il magazzino. Dopo 3 anni viene inaugurato il nuovo stabilimento all’avanguardia e il magazzino con 30.000 posti pallet Nasce la linea Evolution. Una vera innovazione messa a punto da Menù che garantisce al prodotto in scatola le caratteristiche del fresco Da quest’anno è attivo uno stabilimento di 7.200 mq per la produzione di specialità alimentari in busta Oggi Menù è una realtà che impiega 200 dipendenti, 380 agenti, clienti in 70 Paesi. Il suo catalogo offre oltre 1.000 referenze.


case history

TECNOLOGIE INNOVATIVE UNICHE

Negli stabilimenti di Medolla sono state studiate e applicate tecnologie rivoluzionarie capaci di dar vita a referenze che garantiscano non solo una lunga shelf-life, ma anche un alto livello organolettico, in termini di gusto, profumo e consistenza, nel massimo rispetto della materia prima. Grazie a processi innovativi come la pastorizzazione in Asettico e la conservazione con metodo Evolution, i prodotti non subiscono stress e mantengono le proprietà organolettiche tipiche del prodotto appena lavorato dal fresco. Oltre ai trattamenti standard – pastorizzazione e sterilizzazione - Menù ha sviluppato tecnologie all’avanguardia: 1. La prima tecnologia innovativa applicata da Menù è l’Asettico (Aseptic System), tecnologia implementata per ottenere prodotti con profilo organolettico elevatissimo. Consiste in un trattamento termico del prodotto ultra rapido che consente di trattare il prodotto solo per pochi minuti, mantenendo inalterato il gusto, il sapore e il profumo. Il trattamento termico del prodotto avviene esternamente alla confezione, separatamente rispetto alla sterilizzazione del contenitore. La sua applicazione risale alla fine degli anni 80: “Il metodo venne ispirato - spiega Federico Masella – dall’osservazione del trattamento UHT per il latte. Il prodotto viene inserito, prima del confezionamento, in una serpentina di vapore caldo fino a 130° circa per pochissimi secondi. In questo modo si abbatte la carica batterica e si rende perfettamente salubre il prodotto. Il confezionamento avviene in camera bianca, asettica, appunto”. 2. Una vera rivoluzione, è la tecnologia Menù Evolution, di recente lancio e unica nel suo genere. Questo metodo viene applicato a un’intera linea di prodotti di alta qualità tra cui salse, referenze ittiche, vegetali e dolci. Si tratta di un’innovativa combinazione della tecnologia del calore con la cinetica, una sterilizzazione dinamica che permette di agire sul prodotto in ‘movimento’, ridu-

cendo notevolmente i tempi di trattamento termico, non più di 10 minuti. Grazie a questo procedimento, si evita l’aggiunta di acidità sul prodotto, rispettando al massimo la materia prima e ottenendo un prodotto come appena cucinato da un cuoco professionista. Afferma Masella: “Una vera intuizione che rivoluziona il concetto di trattamento termico, mantenendo tutte le straordinarie proprietà organolettiche della materia prima”. 3. La tecnologia più recente di Menù è la Menù Evolution Fresh: una combinazione di tecnologie alimentari che permettono il trattamento a freddo dei prodotti attraverso una pressione di migliaia di atmosfere, inducendo in questo modo l’inattivazione batterica. Il prodotto non viene cotto – un esempio illuminante è il pesto alla genovese – ma trattato a freddo risultando dal profilo organolettico eccellente. Con lo stesso metodo sono realizzati i nuovi coulis di frutta e le salse abbinabili a piatti e dolci con risultati insuperabili.

e pectine presenti al suo interno, si presenta estremamente denso e con un effetto sineresi tra i più bassi del mercato. La sineresi è l’effetto, chiaramente naturale, di separazione tra la parte solida del pomodoro e i suoi succhi. Il Frulloro presenta una sineresi limitatissima, o addirittura inesistente, e questo permette di avere un prodotto molto elastico, ideale, per esempio, sulla pizza. La novità per la campagna 2023 riguarda l’implementazione di una vasca aggiuntiva per il contenimento del pomodoro lavorato, nonché di 3 tappeti di accumulo che fungono da cuscinetto. Tutto ciò consente al pomodoro di distribuirsi in

LA NOVITÀ 2023

Il pomodoro è parte integrante della storia di Menù fin dalle sue origini. Frulloro è un frullato di pomodoro extrafine, realizzato con pomodori freschi 100% italiani, selezionati tra i produttori in un raggio di 80 km dallo stabilimento di lavorazione e raccolti con mezzi meccanici da operatori specializzati e qualificati, eliminando così alla radice il rischio di ricorrere a manodopera non in regola e a forme di caporalato. I pomodori, al massimo grado di maturazione, vengono lavorati entro sei ore dalla raccolta per garantire un prodotto fresco e di alta qualità dal colore rosso vivace e il profumo intenso. I pomodori vengono velocemente cotti al vapore per poi passare alla “frullatura”, ciò che rende Frulloro veramente unico: il pomodoro pelato entra in un vortice velocissimo che, oltre a rendere il pomodoro un frullato finissimo, crea una particolare omogeneizzazione. Tale processo è alla base dell’altissima resa che ha il prodotto, che grazie alle fibre

maniera uniforme su una superficie più ampia evitando la sua stratificazione e lo schiacciamento. Giunti a questo punto, nelle vasche avviene la miscelazione, che Menù opera sapientemente unendo pomodori con le caratteristiche che meglio si combinano per creare il miglior blend ogni giorno. La cottura è un plus: il pomodoro viene portato a temperatura in bacinelle di cottura aperte da 450kg che operano come le piccoli botti di affinamento del vino, perché permettono da una parte di rendere più omogenea la fase di cottura, e dall’altra di far evaporare l’acqua in eccesso, cosa che non accade nelle grandi vasche chiuse dove permane l’umidità. La confezione avviene in scatole a busta o bag in box. Con lo stesso metodo Menù ha lanciato una serie di condimenti, creme, salse, dai più tradizionali a quelli meno convenzionali. Dalla CacioePepe alle salse con verdure, i pesti, i funghi o i carciofi, tutti realizzati con le tecnologie innovative studiate e messe a punto negli anni da Menù per mantenere le caratteristiche organolettiche proprie delle materie prime, senza aggiunta di conservanti.  ©Foto: @andreavignoli

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produzione e ricerca

Golosità Sannite e il valore della ricerca

Valutazione di interventi biotecnologici nel corso del processo di stagionatura del Salame Napoli M. De Michele, C. Messina, Prof. G. Dallolio, M. Dallolio Gli autori sono responsabili delle opinioni espresse negli articoli e delle relative bibliografie

L’

Italia meridionale offre una vasta gamma di produzioni tradizionali tipiche o che comunque presentano un nesso tangibile con il territorio. Le materie prime, le tecnologie di produzione, gli ingredienti, sono spesso ricorrenti; non mancano però elementi che costituiscono per i produttori motivi di differenziazione. Questa situazione caratterizza in maniera molto marcata il settore delle carni, comparto nel Mezzogiorno che ha avuto negli anni una industrializzazione piuttosto marginale accompagnata da un non adeguato supporto scientifico. Il fondatore di Golosità Sannite srl., C. Messina, ha abbracciato l’idea che la tradizione dovesse incontrarsi con l’innovazione per far emergere in maniera pressante la necessità di individuare accorgimenti semplici e ripetibili allo scopo di assicurare il buon esito del processo produttivo. Con questo spirito si sono saggiati espedienti tecnologici ossequiosi della tipicità, della tradizione ma soprattutto della sicurezza d’uso. Il Salame definito “Napoli” è in realtà una

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produzione dell’intera Campania, che si ottiene prevalentemente da tagli provenienti dalla spalla e dal rifilo di prosciutto del suino, convenientemente mondati mediante asportazione del grasso di copertura, del tessuto adiposo molle e delle parti connettivali di maggiori dimensioni. Il grasso utilizzato è quello duro di copertura, le spezie sono accuratamente miscelate e tipiche di ogni realtà produttiva. Si presenta di forma cilindrica con superficie esterna di colore rosso carico, con frazione adipose in evidenza, consistenza compatta e non elastica, odore tipico di affumicato, sapore dolce e speziato.

LO STUDIO DI VALUTAZIONE

Lo studio condotto ha permesso di valutare l’incidenza, per il buon esito del processo di stagionatura, dell’utilizzo di colture starter influenti positivamente sui valori a fine stagionatura di pH e attività dell’acqua, rispetto ai campioni di controllo. È emerso che la qualità di un insaccato dipende, oltre che dalla qualità della carne, anche dalla microflora che si sviluppa durante il processo di produzione. Pertanto, il completo controllo della qualità di un prodotto

finale non può prescindere da un’attenta modulazione della popolazione microbica caratterizzante la stagionatura di un insaccato fermentato. Diventa fondamentale il ricorso all’impiego di cultura starter in grado di presidiare l’intero processo di stagionatura contribuendo alla definizione delle caratteristiche del prodotto finale anche in fase di conservazione. Al momento dell’insacco i campioni di differente calibro hanno presentato valori di pH compresi tra 5.60 e 5.70. Il settimo giorno si è apprezzato un decremento del valore di pH dimostrato dal pronto innesco della fermentazione lattica; il valore riscontrato risultava attestarsi su valori di 4.90 per poi aumentare nuovamente fino a fine stagionatura. I valori di aw mostrano una variazione omogenea per tutti i prodotti da valori iniziali di 0.98 al momento dell’insaccatura a valori, a fine stagionatura, che si attestano tra 0.90 e 0.92. Il processo di stagionatura del Salame Napoli è condotto essenzialmente da specie microbiche riconducibili a lattobacilli mesofili che la letteratura descrive come i principali responsabili della maturazione di questi pro-


produzione e ricerca

Andamento valori pH e aw nel corso della stagionatura del Salame Napoli

ne e del parallelo abbassamento dell’aw è la scomparsa di gruppi microbici indesiderati; infatti, i coliformi fecali risultano irrilevabili a partire dal quattordicesimo giorno mentre i coliformi totali ed enterobatteri risultano non rilevabili dal ventottesimo. L’innalzamento dei valori di pH a partire dal ventunesimo giorno di stagionatura potrebbe essere attribuito sia all’attività proteolitica svolta dai micrococchi, come confermano anche i profili elettroforetici delle proteine sarcoplasmatiche, sia dall’azione enzimatica conseguente la loro lisi. L’impiego dello starter, ed in particolare essendo la coltura costituita dalla combinazione di due ceppi, ha determinato una pronunciata attività proteolitica.

Nella fase finale del processo di stagionatura è evidente nei campioni contenenti starter una spiccata azione idrolitica sulle proteine sarcoplasmatiche, fenomeno non registrato nei campioni di controllo. Dall’analisi dei risultati emerge, inoltre, che le caratteristiche qualitative del prodotto sono fortemente influenzate dalla popolazione microbica in grado di colonizzare l’impasto; la scelta di colture starter non può essere il risultato di una banale omologazione al comportamento delle grandi industrie ma un punto di arrivo di un’attenta e mirata selezione di ceppi microbici in grado di concretizzare il connubio tra i caratteri della tipicità e della sicurezza microbiologica. 

MEAT TECHNOLOGY Lo scopo di questo Meat Glossary nasce dall’esigenza di condividere un linguaggio comune a tutti i Tecnologi Alimentari ad ogni livello del settore delle carni fresche e lavorate per studiare, modellare e facilitare le operazioni legate alla trasformazione e produzione degli alimenti a base di carne.

Pagine: 192 Autori: Giuseppe L. Pastori, Lidano De Cesari, Massimo Parisi, Daniele Romano, Sabrina Tondato, Salvatore Velotto Editore: Ecod Srl

Scritto in lingua inglese per renderlo accessibile a tutti e per creare una fonte di informazioni e interazioni tra i Tecnologi Alimentari di tutto il mondo.

LOGY

Un glossario che tratta termini, concetti e definizioni sul mondo della carne.

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MEAT GLOSS

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TECHNO

dotti. Nonostante i prodotti esaminati sono stati contraddistinti durante il periodo di stagionatura da un rapido incremento delle cariche dei lattobacilli, le cariche dei batteri lattici da valori iniziali di 10 log 4 e 10 log 5 hanno raggiunto valori di 10 log 8 e log 9. L’abbassamento del pH nella prima settimana di stagionatura sia nei campioni con l’aggiunta di starter che nel campione di controllo hanno manifestato un andamento correlabile allo sviluppo dei batteri acidificanti a testimonianza di un corretto avvio della fermentazione e quindi della prima fase di stagionatura. I campioni inoculati con lo starter hanno fatto registrare valori di pH inferiori al controllo. Risultato del buon processo di fermentazio-

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Quanto son furbe le nuove proteine Carlo Meo, sociologo dei consumi ed esperto di comportamenti e strategie di acquisto e vendita, fondatore di Marketing&Trade

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orrei andare oltre il dibattito sulle proteine che segue i canoni della comunicazione attuale ovvero la banalizzazione del fenomeno come “una moda” e come un attacco diretto al mondo delle proteine animali “vere”, carne in primis. Che sia una moda non c’è dubbio, mentre scrivo il fenomeno del plant based di cui si parlava e di cui si è scritto tanto solo un anno fa si è già ridimensionato… ma per i prodotti a base di proteine credo

che dopo la moda rimarrà uno “stile”, parafrasando il mondo del fashion, anche nel futuro. C’è di più che la moda, dietro questo fenomeno, c’è una strategia fine di marketing che sembra funzionare molto bene. La concorrenza alle proteine “vere”, carne o latte per esempio, apparentemente esiste, ma siamo proprio sicuri che parliamo agli stessi clienti e allo stesso bisogno di consumo? Non ci scommetterei. Tanto per approfondire il discorso vi elenco cosa ho trovato facendo una ricerca veloce

su Amazon Fresh e al supermercato sotto casa come prodotti e come marche di prodotti proteici; io sono rimasto sorpreso: • Bevande • Yogurt • Brioche • Piadine ma anche tortillas • Corn flakes • Ricotta proteica Galbani • Mozzarella Granarolo • Philadelphia protein • Insalata Bonduelle. La mia insicurezza sullo scommetterci di cui sopra è relativa al pensare a un consumatore che non si compra la bistecca ma la “cambia” con una mozzarella o con una ricotta…Non ci posso (veramente) credere!! Citando Aldo di Aldo, Giovanni e Giacomo. Quindi dietro il fenomeno del proteico c’è di più, c’è una strategia più attenta, sottile e intelligente. Furba mi viene da dire: prendi un prodotto molto conosciuto, uno di quelli che fanno parte dei riti di consumo, e gli aggiungi qualcosa di più, le proteine. Rispetto al “senza” e al “low” la percezione di vantaggio del consumatore è immediata: in questi prodotti

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marketing, distribuzione e consumatori

proteici c’è qualcosa di più, valgono di più, mi danno qualcosa di più. I canoni grafici del proteico ricorrono spesso al “+” come simbolo e non è un caso. E siccome la narrazione delle proteine oggi rispetto ai carboidrati è legata all’idea di maggiori prestazioni, efficienza ed esser in forma, il gioco è fatto. C’è un altro aggettivo che storicamente viene aggiunto ai prodotti food, quello della premiumness (premium, local, tipico, ecc…) ma rispetto alla furbizia del proteico richiedono maggiori competenze per essere interpretati/valutati dal consumatore e hanno una

In un mondo dove le proteine le trovo anche nella piadina che ruolo può avere la carne? Il settore carne deve ispirarsi alla strategia delle nuove proteine o fare corsa a sé? La carne rischia di diventare un prodotto di nicchia per un pubblico colto e maturo? percezione di prezzo maggiore rispetto al prodotto “normale”. Se il proteico è “Più” in senso di vantaggio rispetto agli altri prodotti, il premium è diverso e più caro. E quindi arrivo al secondo aggettivo: il proteico oltre che furbo è semplice da capire, da comprare e da consumare per i clienti. In un mondo del grocery che perde colpi rispetto a quello del fresco, il proteico per i motivi di cui sopra è più facile da comprare e da consumare. Dà vitalità e novità sullo scaffale a settori maturi (yogurt e formaggi freschi, panificazione e biscotti), a prodotti che

sono di per sé soluzioni di pasto (la barretta, le piadine, la mozzarella, lo yogurt). Il proteico non si cucina…ed è una bella comodità. Non richiede la capacità di scegliere il pezzo e di elaborare una ricetta come nella carne. Quindi se mi piace lo yogurt e la mozzarella e sono davanti allo scaffale perché non provare la mia stessa marca o il mio stesso gusto preferito ma con l’aggiunta di proteine? E infine queste proteine, direi meglio questo concetto-idea di proteine, costa poco. Lo so che potreste dirmi che uno yogurt alla fragola “normale” costa meno di uno alla fragola

con proteine, ma è l’effetto “+” che dobbiamo considerare, quello furbo e semplice. Alla fine per pochi centesimi in più mi porto a casa un prodotto che ha un plus, vero o percepito che sia. E che costa poco lo vedete anche dal punto di vista industriale…in poco tempo il proteico come concetto ha invaso gli scaffali della grande distribuzione, perché spesso al contrario del messaggio veicolato e che piace al consumatore si tratta in verità di togliere più che di aggiungere. Per esempio il lattosio…oppure i carboidrati e lo zucchero. Questi tre aggettivi furbizia, semplicità ed accessibilità sono, se ci pensate, i pilastri dello sviluppo dei nuovi mercati di massa, ma anche degli strumenti di comunicazione che vanno per la maggiore nel nostro mondo (i”social”). C’è un prodotto nel mondo della carne che negli ultimi anni ha avuto un percorso analogo: l’hamburger, un concetto di carne semplificato, accessibile a tutti sia come prezzo che come acquisto/trasformazione, che oggi, pur rimanendo importante come fatturato, ha raggiunto anch’esso uno stadio di maturità. Troppi, di troppi tipi e grammature in assortimento per una GDO che deve tagliare le referenze per semplificare l’acquisto. Mentre per l’intero settore carne restano ancora aperte tante nuove domande: in un mondo dove le proteine le trovo anche nella piadina che ruolo può avere la carne? Il settore carne deve ispirarsi alla strategia delle nuove proteine o fare corsa a sé? La carne rischia di diventare un prodotto di nicchia per un pubblico colto e maturo? Ne parleremo nel prossimo articolo.

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Controllo qualità con dispositivo mobile

aziende e informatica

Controllo degli ordini di produzione per una logistica ottimale Con l’ERP CSB-System

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ggi più che mai, a causa dell’aumento dei costi e della concorrenza feroce, le industrie alimentari hanno bisogno di sfruttare al meglio le capacità di produzione per soddisfare le richieste del mercato. Il raggiungimento di questo obiettivo è strettamente legato al complesso processo di coordinamento nella gestione delle merci. Il CSB-System, ERP particolarmente efficace per la produzione e la logistica, è stato appositamente sviluppato per il settore alimentare: la gestione dei rischi e delle criticità legati alla filiera del fresco avviene da sempre secondo le best practice nazionali e internazionali. In generale, il CSB-System garantisce la totale automatizzazione e trasparenza del processo di produzione, dopo aver elaborato previsioni di vendita affidabili, grazie a informazioni costantemente aggiornate.

PIANIFICAZIONE E CONTROLLO DELLA PREPARAZIONE ORDINI

Dopo l’inserimento e l’accettazione, gli ordini di vendita vengono pianificati in base a scenari temporali di breve, medio e lungo termine e poi assegnati ai singoli reparti e/o postazioni incaricati della preparazione, diventando così degli ordini di produzione. Automaticamente viene realizzato anche un piano di assegnazione delle postazioni di lavoro. In base ai tempi previsti per la preparazione, il gestionale ottimizza l’impiego di risorse umane e materie prime.

CONTROLLO DEGLI ORDINI DI PRODUZIONE CON L’ERP CSB-SYSTEM

Una volta assegnato l’ordine di produzione, il CSB-System ne sorveglia l’avanzamento. Per ogni lotto e ordine di produzione vengono confrontati i tempi effettivi con i tempi CSB Touch Production

previsti, l’ora iniziale e l’ora finale. In questo modo i responsabili di produzione possono individuare ritardi e difficoltà insorgenti e così intervenire tempestivamente con misure correttive. Lo stato dei singoli lotti e ordini di produzione viene visualizzato progressivamente con relativi colori o segnalazioni luminose: • Giallo sta per lotti/ordini che non sono ancora in elaborazione, ma la cui realizzazione è stata pianificata; • Verde sta per lotti/ordini che sono stati evasi nei tempi previsti. Importante: è possibile impostare un valore di tolleranza; • Rosso sta per lotti/ordini che nonostante il valore di tolleranza non sono stati evasi puntualmente; • Arancio sta per lotti/ordini la cui realizzazione è in ritardo a causa del ritardo di altri ordini; • Lampeggiante sta per lotti/ordini che al momento sono in lavorazione. Il flusso di ordini viene continuamente monitorato, indifferentemente che gli ordini siano giunti tramite contatto telefonico con il cliente o per EDI o portale online.

CONTROLLO QUALITÀ COMPLETAMENTE CONFORME ALL’HACCP

La rigida normativa sulla sicurezza alimentare ha reso il Controllo Qualità dei prodotti finiti una prassi consolidata prima di procedere all’evasione ordini. L’ERP CSB-System dispone di un apposito modulo per gestire con accuratezza non solo le prove obbligatoriamente prescritte dalla normativa ma anche quelle individuali decise dall’azienda. I passaggi critici vengono analizzati in maniera precisa

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aziende e informatica

seguendo i checkpoint del movimento merci, affinché il produttore possa dimostrare, tramite provvedimenti adeguati nell’area tecnica o prove univoche, che il prodotto è sicuro e non provoca alcun danno al consumatore. Se il gestionale rileva che non sono stati osservati i parametri prestabiliti, segnala automaticamente le non conformità e azioni correttive al responsabile della qualità.

cumentano da soli con: • Aumento della disponibilità di consegna • Pianificazione semplificata delle risorse umane • Eliminazione delle ore di lavoro straordinarie • Notevole miglioramento del servizio ai clienti

stem è un gestionale non solo integrato ma anche completo, ovvero in grado di gestire un’azienda alimentare a 360˚. Oltre al gestionale merci include la contabilità generale e industriale, la Business Intelligence, la manutenzione predittiva, la rilevazione presenze, collegamenti CIM con linee di pesoprezzatura, e molto altro.

LOGISTICA PUNTUALE

CSB-SYSTEM È UN ERP COMPLETO

Vale la pena sottolineare che l’ERP CSB-Sy-

Referente CSB-System: Andrè Muehlberger, Direttore CSB-System S.r.l. - www.csb.com

L’equilibrio tra qualità e quantità dei prodotti con relativo controllo di costi e prestazioni consente di raggiungere una logistica efficiente. Grazie al suo alto grado di integrazione, l’ERP CSB-System verifica costantemente la portata delle scorte degli articoli con proposte automatiche per il carico e lo scarico sulla base delle disponibilità aggiornate. La pianificazione dei giri gestita dal sistema è uno strumento efficace per l’evasione veloce degli ordini dei clienti e per il controllo dettagliato sui costi dei trasporti.

I VANTAGGI DI UN PROCESSO PRODUTTIVO SOTTO CONTROLLO

Molti dei clienti CSB riportano che l’ERP è ormai diventato uno strumento strategico nel controllo del processo produttivo. Successo ed utilità si do-

Il mio ERP. Fornisce gli indici migliori. L’istinto aiuta, ma oggi contano i fatti. Che si tratti di margini di contribuzione, costi delle materie prime, giacenze di magazzino o semplicemente dei prezzi giusti: con il CSB-System gestirete la vostra azienda sulla base degli indici. In questo modo avrete una visione chiara anche in situazioni non chiare.

Gestione ricette e lotti al CSB-Rack

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diritto e legislazione

congelamento della carne fresca, tra sicurezza e lotta allo spreco alimentare Il

Avv. Cristina La Corte – Studio Gaetano Forte

Gli autori sono responsabili delle opinioni espresse negli articoli e delle relative bibliografie

La problematica del congelamento della carne fresca è piuttosto complicata e deve essere valutata dal duplice punto di vista della sicurezza e della lotta allo spreco alimentare

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n base al Regolamento 853/2004, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale, per «carni fresche» s’intendono le carni che non hanno subito alcun trattamento salvo la refrigerazione, il congelamento o la surgelazione, comprese quelle confezionate sottovuoto o in atmosfera controllata. L’allegato III, sezione 1, capo VII, comma 4 dispone inoltre che: “Le carni destinate al congelamento devono essere congelate senza indebito ritardo, tenendo conto del periodo di stabilizzazione eventualmente necessario prima del congelamento stesso”. In un’ottica di solidarietà sociale e lotta allo spreco alimentare è inoltre previsto che “Gli operatori del settore alimentare che svolgono un’attività di vendita al dettaglio possono tuttavia congelare le carni per la loro ridistribuzione a fini di donazioni alimentari alle seguenti condizioni: i) per le carni alle quali si applica una data di scadenza conformemente all’articolo 24 del regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parla-

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mento europeo e del Consiglio, prima della scadenza di tale data (precedute pertanto dalla indicazione “da consumare entro” n.d.d.r.); ii) senza indebito ritardo, fino a una temperatura pari o inferiore a –18 °C; iii) garantendo che la data di congelamento sia documentata e indicata sull’etichetta o con altri mezzi; iv) escluse le carni che sono già state congelate in precedenza (carni scongelate); e v) conformemente alle condizioni stabilite dalle autorità competenti per il congelamento e il successivo impiego come alimenti”. Per le carni di pollame e i lagomorfi la sezione II, capitolo V, punto 5, del medesimo allegato

prevede che le carni destinate al congelamento devono essere congelate senza indebito ritardo fatta salva analoga deroga per operatori del settore alimentare che svolgono un’attività di vendita al dettaglio per ridistribuzione a fini di donazioni alimentari alle condizioni sopra indicate. La norma relativa al congelamento delle carni a livello di vendita al dettaglio, ai fini di donazioni alimentari, è stata introdotta dal REGOLAMENTO DELEGATO 2021/1374 sulla base del secondo parere scientifico dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare del 27 settembre 2018, relativo agli approcci di analisi dei pericoli per determinati piccoli dettaglianti e per le donazioni alimentari («Hazard


diritto e legislazione

analysis approaches for certain small retail establishments and food donations: second scientific opinion»). Nel parere l’EFSA raccomanda il congelamento a livello di vendita al dettaglio come ulteriore strumento per garantire la ridistribuzione sicura degli alimenti a quanti ne hanno bisogno. L’agevolazione di pratiche sicure in materia di donazioni alimentari, da un lato, previene gli sprechi alimentari e, dall’altro, contribuisce alla sicurezza alimentare, in linea con gli obiettivi stabiliti nella strategia “Farm to Fork” della Commissione e con il suo obiettivo generale di istituire un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente nel quadro del Green Deal europeo. Il congelamento degli alimenti può essere uno strumento importante per garantirne la ridistribuzione sicura da parte delle banche alimentari e di altri enti di beneficenza. Prima della modifica legislativa del 2021 il congelamento delle carni non era consentito nel caso delle attività tra dettaglianti, in quanto le carni destinate al congelamento, sulla base di espressa previsione normativa, devono essere congelate senza indebiti ritardi dopo la macellazione o il sezionamento conformemente all’allegato III, sezione I, capitolo VII, punto 4, del regolamento (CE) n. 853/2004 per quanto riguarda gli ungulati domestici, e conformemente alla sezione II, capitolo V, punto 5, del medesimo allegato per quanto riguarda il pollame e i lagomorfi.

Ferme restando le novità legislative in materia di donazioni alimentari, si osserva che nella Nota del Ministero della Salute DGISAN 0029822 del 13.05.2019, scaturita in seguito ad una “information notification for follow up” tramite il sistema RASFF concernente carne fresca bovina refrigerata, preimballata sottovuoto, importata in Italia dagli Stati Uniti

e successivamente congelata, si dà atto del fatto che, relativamente a quanto previsto dal all’allegato III, sezione 1, capo VII, comma 4 del Reg. 853/2004 la Commissione, con nota Ares (2019) 2456574 del 8.4.2019 ha considerato il sopra esposto disposto normativo come un obbligo giuridico inequivocabile che non ammette flessibilità alcuna.

DCB Varese

numero 106 Anno 19 2 LUGLIO 202

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Rivista Ingegneria Alimentare

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diritto e legislazione

Nella Nota è aggiunto che “La pratica di congelare in un secondo momento la carne bovina preimballata refrigerata sottovuoto, già immessa in commercio, al fine di prolungarne notevolmente il periodo di conservabilità indicato dal produttore, è ritenuta in contraddizione con la prescrizione del diritto dell’UE. Le carni in sostanza non possono essere congelate in qualsiasi fase della filiera di produzione giustificando tale pratica con il parere che il “periodo di stabilizzazione”, come menzionato nel dettato del Reg. 853/2004, possa continuare oltre il momento di immissione in commercio fin quasi alla scadenza del prodotto refrigerato. Inoltre, la Commissione ritiene che tale pratica “potrebbe essere utilizzata per occultare il deterioramento, compromettendo in tal modo ulteriormente la sicurezza delle carni commercializzate e finendo per indurre in errore i consumatori sulla qualità delle carni messe in vendita””. Nella citata Nota ARES del 2019 la commissione ha inoltre rilevato che il periodo di stabilizzazione, durante il quale il pH delle carni della carcassa si stabilizza, dura pochi giorni e cade abitualmente prima dell’immissione sul mercato e che l’obbligo di congelare la carne senza indebiti ritardi è stato altresì ribadito nella sezione 5.4 della comunicazione della Commissione dal titolo “Orientamenti dell’UE sulle donazioni alimentari”. In tale documento si legge infatti che: “Il congelamento degli alimenti prima della data di scadenza indicata sull’etichetta al fine di prolungarne la conservabilità e facilitarne la ridistribuzione sicura semplificherebbe la donazione, in quanto gli alimenti ricevuti dalle organizzazioni di ridistribuzione e di beneficenza non sempre possono essere consegnati al cliente prima di tale data. Tuttavia, per motivi di igiene, il regolamento (CE) n. 853/2004(16) dispone che le carni

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destinate al congelamento debbano essere congelate senza indebiti ritardi dopo la produzione”. Successivamente a quello che sembrava essere un approdo, sono state emanate altre Note di matrice nazionale riportanti deroghe dovute all’insorgenza ed al protrarsi dell’emergenza legata alla pandemia da SARS COV2 8 e, a complicare ulteriormente la situazione, con l’art. 26-ter del Decreto legge 27 gennaio 2022 n. 4 (c.d. DECRETI SOSTEGNI TER), convertito con modificazioni dalla L. 25/2022, recante misure a sostegno dei produttori e contrasto allo spreco è stato previsto che: “Al fine di evitare gravi fenomeni di spreco alimentare, nel rispetto del regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, le operazioni di congelamento delle carni fresche sono effettuate SENZA INDEBITI RITARDI OVVERO ENTRO LA DATA DI SCADENZA RELATIVA AL PRODOTTO REFRIGERATO, purché le carni da destinare al congelamento siano sottoposte ad adeguate misure di controllo igienico sanitario

ai sensi degli articoli 4 e 5 del regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, e correttamente identificate ai sensi del Regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011. 2. L’efficacia della presente disposizione è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea”. Posto che le varie Note recanti misure straordinarie per la rideterminazione della shelf-life dei prodotti alimentari e il congelamento della carne fresca possono non essere considerate più valide, essendo venuta meno la situazione emergenziale, occorre interrogarsi sull’applicabilità della disposizione di cui all’Art. 26-ter del Decreto-legge 27 gennaio 2022 n. 4 la cui efficacia è subordinata, per espressa previsione legislativa, all’autorizzazione della Commissione europea. La norma in realtà è stata notificata, sulla base della procedura (UE) 2015/1535 che mira a prevenire l’insorgenza di ostacoli nel mercato interno prima che si concretizzino, ed il suo periodo di “status quo” è terminato il 2 marzo 2023. Ciò premesso permangono molti dubbi, innanzitutto perché il decreto sostegni ter richiede una AUTORIZZAZIONE da parte della Commissione e non il semplice buon esito della procedura di notifica di cui alla DIRETTIVA (UE) 2015/1535 che prevede una procedura d’informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione. Inoltre, il quadro complessivo sopra delineato sembra essere caratterizzato da una norma, di matrice comunitaria, ed una serie di deroghe ed eccezioni dettate da una situazione emergenziale e contingente che non possono legittimamente assurgere a “regola” in assenza di una specifica ed esplicita statuizione sul punto. 


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