2011 marzo aprile

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Primo Piano

Marzo/Aprile 2011

Il diavolo è brutto ma non lo si può descrivere più brutto di quello che realmente è!

CHIARIFICAZIONE SUL LIBRO DI MINERVINO di NANDO MANCO

Gentile redazione del Diogene, scarrellando sulla rete ho potuto rintracciare e leggere il pezzo uscito sul numero di gennaio-febbraio 2011 del vostro periodico locale. Il testo non segnalato nella rassegna stampa nazionale dell’editore, mi era ignoto. Colgo dunque l’occasione e ringrazio voi per l’attenzione, e non avendo altro modo, indirettamente e per il vostro tramite, il sig. Ercole Serra, autore dell’articolo-recensione del mio libro Statale 18, per il suo attento e pregevole scritto che, peraltro, mi trova concorde con le sue civili e precocupate analisi. Se il mio libro susciterà, come spero, ulteriore interesse tra i vostri lettori, vi chiedo la cortesia di mettermene al corrente. Inoltre mi farebbe piacere partecipare ad un incontro pubblico per presentare e con l’occasione discutere più approfonditamente con voi e con altri cittadini eventualmente interessati a conoscere il mio libro, che sta intanto riscuotendo ampio successo di pubblico e di critica in tutta Italia. Cordiali saluti e buon lavoro.

PROF. MAURO FRANCESCO MINERVINO Intanto La ringraziamo per l’invito ricevuto in occasione della presentazione a Roma del suo libro-denuncia Statale 18. Sicuramente ci adopereremo per organizzare un incontro a Scalea, per farla conoscere di persona ai nostri concittadini e confrontarci con lei. Noi del Diogene, in 16 anni di ininterrotte uscite, spesso abbiamo puntato il dito, in modo diretto e senza giri di parola, verso gli autori del “sacco Scalea” denunciando a chiare lettere gli autori dello sfregio perpetrato a danno di una delle più belle città dell’intera Calabria. «…La SS 18 è una delle strade più battute dalla storia del sud. Quella che fu la strada per le Calabrie, dai Borboni al Risorgimento, è poi la stessa che ha cambiato la storia e il paesaggio di chi ci vive dal secondo dopoguerra fino a oggi». «…Fino agli anni Cinquanta-Sessanta del Novecento questo pezzo di Calabria di fronte al mare di Odisseo era un paesaggio ameno e ordinato, circoscritto alla geografia minore ma pur sempre vitale che nel lungo periodo segnava I luoghi con un campanile, un castello, un borgo antico e la bella campagna intorno coltivata con cura. Ma c’è altro che gli interessi edilizi e il saccheggio del territorio compiuto in mezzo secolo lungo tutto il percorso della Statale 18 significano da queste parti. Il sacrificio non ha ricevuto contropartite felici. C’è un’ineludibile moralità delle cose quando si parla di terra, di uomini e di natura». «…Sicuramente la strada più “vissuta”, più affollata e importante della Calabria. Più importante della stessa autostrada A3». «Ed è anche una delle strade più importanti ed estese del sud Italia, dato che percorre per più di 600 km la costa tirrenica da Napoli a Reggio Calabria, collegando due regioni problematiche come la Campania e la Calabria». «…In soli 15 anni (fra il 1990 e il 2005) in Calabria sono stati edificati 269.560 ettari, pari al 26,13 per cento dell’intero territorio regionale (dati ISTAT e SVIMEZ). Una percentuale mostruosa che colloca la Calabria ai vertici della graduatoria nazionale per l’occupazione dei suoli. Una percentuale folle, che fa impallidire persino l’intensa attività edilizia registrata nelle grandi aree metropolitane e industriali delle regioni del nord-est più sviluppato, dalla Lombardia al Veneto». Brevi e significativi passaggi tratti da Statale 18. Mentre a Scalea, una situazione analoga, anzi, certamente più intensa e devastante, l’abbiamo subita in più di 20 tumultuosi anni, dal 1969 all’inizio del

1990. (N.d.R.) La nostra testata, come affermato dallo scrittore Nicolino Longo, qualche anno fa, sulle colonne di un’autorevole e seguita rivista calabrese, ha una linea editoriale decisamente e impavidamente battagliera e si attesta su percorsi d’assalto e d’obiettività, che hanno a cuore, come proprio tratto distintivo e peculiare, il futuro e il progresso della città di Scalea. Tornando alla sua ultima fatica letteraria, non meno interessante della precedente La Calabria brucia del 1998, per dovere ed onestà di cronaca dobbiamo, in qualche modo, contraddirLa e rettificare alcune Sue affermazioni. Nessuna marcia indietro da parte nostra. Però, al momento della pubblicazione dell’articolo di prima pagina, apparso nel precedente numero del Diogene, a firma del nostro valente articolista Ercole Serra, ancora non avevo letto il volume in questione e il pezzo estrapolato e propostomi, l’ho trovato in quel momento, estremamente interessante ed in sintonia con la nostra linea editoriale. Col senno del poi, leggendo attentamente la parte riguardante la nostra città, mi sono reso conto che qualcosa non calzava a pennello nel “puzzle Scalea”. Il premio letterario citato nel suo libro, ideato e voluto caparbiamente dalla brava e capace signora Enrica Marelli, ora molto malata e anziana, non si svolge da circa 10 anni. Idem succede per il “Premio Scalea”. Gli abitanti sono più o meno 11.000 e non meno di 10.000. Il depuratore è stato potenziato già da qualche anno e funziona più o meno bene. Certi angoli cittadini scaleoti, per quanto brutti, sono ben lontani dal sobborgo di Pripyat, la cittadina degli alloggi di servizio per forzati sovietici impiegati alla centrale Ucraina. Reminiscenze comuniste, fortunatamente lontane. (N.d.R.). È pur vero, che, in certi periodi dell’anno, la libecciata e la tramontana che soffiano forte sulla costa, d’inverno diventano un’alternanza di venti feroci e opposti che spostano, a volte, le auto e i mezzi pesanti ma raramente riescono a trascinarli. La bora che viene giù come una bomba d’aria gelata dalle scarpate del Pollino, vicino al valico di San Nicola Arcella, anche se fortissima, sicuramente, non è paragonabile a quella di Trieste. Anche il parallelo con il polo artico dove, dopo la breve esplosione dell’estate si è costretti al letargo, trova pochi riscontri. D’accordo che si sonnecchia e si vivacchia, però, non tutto si ferma. È esagerato paragonare i nostri luoghi ad una Cornovaglia del sud dove tutto si riduce ad un punto zero di abitudini, vegetali che sfiorano la morte civile. Già in autunno, riprendono le attività ludicodidattiche, riprendono le attività sportive, si programma il Natale, il Carnevale, la Pasqua, si organizzano gite fuori porta ed eventi culturali, convegni e dibattiti. Nei fine settimana ci si ritrova nei locali per trascorrere serate a tema, socializzare, ascoltare musica dal vivo partecipando a balli di gruppo deliziate con cene a prezzi davvero contenuti. «In agosto si parla il dialetto vanaglorioso dei signori decaduti dei “quartieri spagnoli” e dei mezzi camorristi delle “vele di Scampia”…». Gli scaleoti, certamente, tra loro parleranno lo scaleota, così come tanti campani di livello superiore, non parleranno il dialetto sprezzante e fangoso dei borgatari descritti

❏5 nel libro ma parleranno un italiano con moderato accento della propria terra. E non è neanche vero che il tratto di costa che va da Praia ad Amantea è tra i più piovosi posti d’Italia. Per rendersi conto che non è così, in certi periodi dell’anno bisognerebbe trasferirsi per un pò di tempo nelle zone del comasco o parlare di questo argomento con gli abitanti di quei posti. Quello che infastidisce, come sopra citato, è il vento che con le sue raffiche, a volte diventa una furia insopportabile, ma con l’arrivo delle stagioni miti, abbiamo davanti lunghi mesi stupendi che si protraggono, a volte, fino all’estate di San Martino facendoci dimenticare il tempaccio di certi giorni invernali. Tornando al cielo e ai nuvoloni neri, bisogna aprire una parentesi sulle famose “trupìe” d’agosto che con tuoni e lampi di grande intensità, sembrano squarciare il cielo. Ma la natura, come riportato in SS 18 è un tiranno, un regolatore naturale. Questi fortissimi temporali che indubbiamente hanno il loro fascino, pur nella loro devastante forza, caratterizzano i giorni afosi di fine agosto e con la loro irruenza puliscono e purificano l’aria dal caldo e da qualsiasi forma di inquinamento provocato dalle eccessive presenze umane. Non è affatto vero nemmeno che sono pochi i paesi che hanno una storia di mare sul Tirreno. «Da nord a sud, Praia, Cetraro, Paola, Amantea, Pizzo, Scilla sono le uniche eccezioni, dove la gente sapeva nuotare e aveva un poco di confidenza con il mare e i suoi commerci». (Da SS 18). A Scalea da sempre c’è stata una forte rivalità tra la gente di mare e quella di terra. A testimonianza, giochi tradizionali e storici come il “Pizzicantò”, “U’ Pann(i) i Santa Lucia”, una sorte di palio a premi dove i marinai, si davano grande battaglia con i contadini. Quindi se Scalea era un paese a prevalenza agricola, allo stesso modo lo era in quella marinara. In proposito, gli scaleoti, da sempre hanno curato egregiamente gli scambi commerciali marini, in particolar modo, con il popolo della costiera amalfitana. Infatti, molte di queste famiglie, si sono integrate nel tessuto sociale e lavorativo di Scalea mischiando le “razze” con molteplici matrimoni misti avvenuti tra calabresi e campani. «…L’inverno trasformava in braccianti a giornata e uomini dall’incerta fatica. Il resto degli abitanti sparsi a mezzocosta erano granfie abitate da contadini malarici capaci benissimo di affogare cadendo nella “gebbia” del podere, la vasca per irrigare l’orto. È stato così fino ai mitici anni Cinquanta -Sessanta, prima che la Calabria del grande boom (solo edilizio) scambiasse lo sviluppo vero con i vizi della modernizzazione all’ingrosso». (Da SS 18). Ma la malaria, non era già scomparsa poco prima della Seconda Guerra mondiale con le bonifiche di Mussolini? L’autore di SS 18, nel suo lungo excursus su Scalea, si sofferma con un pò di confusione e approssimazione, anche sulla stazione ferroviaria cittadina che a dire il vero, non si raggiunge solo da una traversa della statale… «Manca tutto, da poco hanno rimesso a posto un sottopassaggio pedonale male illuminato che serve soltanto ai turisti ad attraversare la Statale 18 nel casino dell’estate». Minervino, sicuramente, nella sua disamina, voleva fare riferimento al sottopasso inutilizzato e sciagurato di via Lido che attraversa la 18 e porta sul lungomare. «La stazione ha un bar-cornetteria di fianco. È chiuso, con la saracinesca lucchettata e piena di bozzi, segni di calci o martellate. Credo riapra solo d’estate». Sbagliato, resta aperto tutto l’anno e non ci risulta che sia stato (recentemente) preso d’assalto da vandali e balordi. Aggiungiamo, inoltre, che il bar ha ben poco di cornetteria e che andrebbe meglio fornito e reso più accogliente e civettuolo (vedi bar della stazione della vicina Praia). Ci fermiamo qui nella speranza di potere avere presto a Scalea il professore Mauro Francesco Minervino per dimostragli che il diavolo è brutto, ma non si può dipingerlo più brutto di quello che realmente è. ❑


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