2013 marzo aprile

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il Giornale di Scalea1

Marzo • Aprile 2013

fondato nel 1947 da Mario Manco

diogenemoderno@yahoo.it diretto da Nando Manco

esce quando può

i pazzi aprono le vie che poi percorrono i savi

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Periodico indipendente d’informazione, di approfondimento e opinione

Anno XVII • N° 2 Marzo • Aprile 2013

FLOP DELLA... “PRECONFEZIONATA”!

di Nando Manco

La lista, ispirata da Mario Russo, sindaco nel decennio 2000-2010, che conquistò il comune di Scalea nel 2010, non ha dato in questi tre anni i frutti sperati. La coalizione, capeggiata da Pasquale Basile, che doveva essere una continuazione politico-amministrativa, infatti non ha mandato alcun segnale positivo. Mario Russo che, dopo il voto del 29 aprile 2010, ruppe con i suoi ex colonnelli e con lo stesso Basile, accusandoli di alto tradimento (i voti per la regione non tornarono), ha avuto l’abilità di portare alla ribalta persone come Maurizio Ciancio e la militante Pd Angela Ricetti che, con lo stesso Russo ed i precedenti alleati, non avevano alcuna vicinanza politica.

CASSE COMUNALI: SCALEA A SECCO

Foto di Renato Giordanelli

Parlano gli ex sindaci Zito e Pezzotti

Abbiamo incontrato l’ex sindaco di Scalea, Francesco Zito, che ci ha disegnato, in modo veloce e chiaro, il quadro economico, relativo alle casse comunali, nel periodo in cui ha rivestito la carica di primo

cittadino e per due mandati consecutivi, 1980-1990. Per capirne di più, sul punto, abbiamo fatto una chiacchierata, non tanto un’intervista, anche con l’ex generale della guardia di finanza

ed ex primo cittadino Francesco Pezzotti, che ha ricoperto la carica di sindaco sempre per due mandati: dal giugno 1993 al dicembre 1995, il primo, e dal 1996 al 2000, il secondo. in seconda...

L’intervista a Campilongo di Giovanni Celico

«IL SINDACO CHE AVREBBE POTUTO...»

Dopo 10 anni di maggioranza adesso come si sta dall’altra parte della barricata? Se dicessi… bene, direi una bugia. È un senso di impotenza che prevale perché pur avendo idee esse vengono puntualmente penalizzate. Da questo punto di vista, vorrei sfatare un mito: è più difficile fare opposizione che gestire stando in maggioranza! Infatti spesso ho dovuto constatare che, a causa di strumentalizzazioni, ciò che il mio gruppo diceva, per il bene collettivo, il più delle volte era fatto passare come critica “per motivo personale”. in quarta...

Opere perse di Francesco Cirillo

L’AVIOTRUFFA UN SOGNO MAI REALIZZATO

Turismo sanitario di Gian Enrico Zamprotta

UN’ABITUDINE ORMAI DIFFUSA

In tempi non sospetti, come si usa dire, avevamo lungamente parlato di questa grande opera che si stava costruendo lungo il fiume Lao e che aveva l’ambizione di diventare l’AEREOPORTO del Tirreno cosentino. Ci avevano creduto in tanti, ed in tanti si erano messi in fila, parlo dei sindaci del Tirreno e dei tanti amministratori che si sono succeduti nel comune di Scalea, per diventarne artefici e poi poterlo sbandierare nelle tavole rotonde e nei convegni sul turismo: io c’ero! Ora il fallimento è completo. L’opera è ormai abbandonata a se stessa.

FINITO ILTEMPO DELL’INDIGNAZIONE… È L’ORA DEL RECUPERO! di Bruna Condoleo

La situazione del Patrimonio architettonico di Scalea è deplorevole: generazioni di “Erode”, distruttori coscienti di Beni non più ricostituibili, hanno devastato, abbruttito, cancellato. Ma non è più il tempo dell’indignazione e delle lagnanze: è l’ora del recupero serio e duraturo e della conseguente rigenerazione urbana. I cittadini, il mondo della cultura e gli Enti preposti alla salvaguardia e alla conservazione dei Beni architettonici hanno l’obbligo morale di portare avanti il tema della riqualificazione degli edifici storici deturpati dall’incuria e dall’abbandono. Dei tre antichi Palazzi di Scalea, Migliari, Pallamolla e dei Principi, è quest’ultimo quello che versa nelle peggiori condizioni a testimonianza dei maldestri tentativi di restauro, delle continue interruzioni dei lavori di ripristino, delle negligenze delle Autorità competenti e dei colpevoli ritardi, dagli anni ’80 ad oggi. Patrimonio Architettonico e Artistico in quattordicesima...

in sesta...

Non è difficile sentire o constatare che una delle “abitudini” più diffuse degli italiani è rappresentata dal “Turismo Sanitario”. Sempre con maggior frequenza, ci si sposta lungo lo Stivale, in prevalenza nella direttiva sud-nord, per ottenere l’accesso a cure e/o prestazioni per la tutela della salute. Tale situazione è causata dalla convinzione che le strutture sanitarie delle regioni del nord Italia, siano maggiormente qualificate e che la professionalità degli operatori sia più attenta e applicata con maggior serietà. Per credenza popolare, si collega la “malasanità” a nosocomi del sud e la “eccellenza” alle strutture sanitarie del nord.

LEGAMI STORICI TRA PARMA E LA CALABRIA

di Margherita Portelli

Il Sud glielo ritrovi nel volto e nella voce, ma Parma -città in cui ha scelto di vivere una manciata d’anni fa- è sempre più spesso protagonista dei suoi scritti. Giovanni Celico, uno fra i maggiori esperti di questioni storiche inerenti la Calabria e la Basilicata a livello nazionale, ha legato la sua storia al Ducato diversi anni fa, quando, ancora studente, venne in città per fare l’impiegato. Era il 1965, ma dopo pochi mesi fece ritorno in Meridione, per conseguire la laurea in Filosofia a Palermo e diventare insegnante di Lettere a Cosenza. Ora, che dopo 40 anni di insegnamento ha fatto ritorno in Emilia per stare vicino ai figli “trapiantati” al Nord, Celico continua la sua attività di giornalista e scrittore “innamorato del Sud”, strizzando però l’occhio alle vicende parmigiane. Cultura in quattordicesima...

in decima...


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LA LISTA “PRECONFEZIONATA” NON HA DATO I FRUTTI SPERATI! di Nando Manco

...dalla prima

Tutta questa baraonda è stata creata pensando, forse, di racimolare voti alla regione anche da quella piccola parte della sinistra (da sempre ostile alla destra) presente nella lista “preconfezionata”, ma si sono persi, nel contempo, i voti di fedeli adepti come Pino Bono, Mauro Campilongo, Silvio Longobucco, Ennio Tenuta e altri che vi giravano intorno. In poche parole, dividendo in due tronconi il gruppo che l’ha sostenuto per dieci anni, Mario Russo ha optato per l’incerto, mettendosi così fuorigioco con le proprie mani. In politica non s’inventa niente e certi giochi perversi, come dimostrato in questo caso, raramente pagano. A vincere, seppur relativamente, è stato l’indecifrabile Pasquale Basile, alla sua prima esperienza politica: relativamente, perché il totale raggiunto dalle altre tre liste è stato di 4.325 voti, con una percentuale complessiva del 62,46%, a fronte dei 2.597 di Basile, percentuale del 37,51% che, in questa tempesta di numeri, è risultato il candidato sindaco meno trainante. In questi tre anni, Pasquale Basile ha avuto la pos-

sibilità di governare con una certa tranquillità, senza intoppi e ostacoli insormontabili, a parte le normali schermaglie di routine dell’opposizione che, certamente, non ha ostacolato più di tanto l’azione amministrativa della maggioranza, basata e concentrata, solo ed esclusivamente, sulla montagna di debiti accumulati nelle vacillanti casse comunali e su un sempre ventilato dissesto finanziario. Però, la più strana anomalia di questo gruppo di maggioranza, è bene rimarcarlo, rimane la composizione e la cernita dei candidati, nessuno dei quali scelto dal sindaco in carica. La squadra è stata assemblata a tavolino dall’ex sindaco Mario Russo che ha messo la ciliegina sulla torta indicando anche il nome del candidato a sindaco, nella persona di Pasquale Basile. Un fatto insolito e paradossale che fa pensare e ripensare allo spaventoso insuccesso amministrativo dell’attuale primo cittadino e del gruppo che compone e mantiene in vita questa eterogenea e sfilacciata maggioranza. Ma come è potuto avvenire che un candidato a sindaco non abbia scelto una sola persona da inserire

nella sua lista? Questi sono dati e curiosità che con la volontà, il buon senso e la eventuale capacità di tutta la squadra sarebbero potuti essere superati (vista anche la drammatica condizione economica del Palazzo che trova eguali e riscontro solo in città di oltre 100mila residenti) esclusivamente amministrando con un briciolo di lungimiranza, di impegno, di passione e di amore la comunità scaleota che, invece, come una nave in tempesta, appare sempre più abbandonata e piegata su se stessa. Possiamo concludere affermando che, allo stato attuale, Scalea si trova ad essere guidata da un’amministrazione comunale sorda ed evanescente, lontana anni luce dalle problematiche che l’attanagliano. Per di più, con un sindaco distratto e saccente che fa diventare ogni discorso superfluo e, fatto ancora più grave, che non ha creato, irresponsabilmente, alcun riferimento valido in sede provinciale e regionale, fatta eccezione per Giacomino Mancini, esponente di spicco del Pdl, che mantiene un filo diretto ed importante con il vicesindaco Giuseppe Forestieri: per il resto è buio totale!

LE CASSE COMUNALI DAL 1980 AD OGGI: DALLA STABILITÀ ALLA… SOFFERENZA! Parlano gli ex sindaci Zito e Pezzotti

ZITO «Posso affermare di aver trovato, al momento dell’insediamento, una situazione economica sana. Nel corso di quel decennio, politico-amministrativo, abbiamo mantenuto le casse comunali sempre in una situazione abbastanza florida. Sicuramente, i tempi erano diversi e il Governo centrale stanziava, per i comuni come il nostro, tre trance all’anno di circa 350 milioni di vecchie lire, per un totale di oltre un miliardo l’anno. Si costruiva tanto e molto entrava con la Bucalossi o in scomputo per opere primarie e secondarie. I tributi, almeno nei primi cinque anni di mandato, sono stati quasi inesistenti e l’ICI non c’era. Non erano stati avviati i ruoli dei tributi. Qualche anno dopo, tramite l’Enel, siamo riusciti a risalire ai nominativi di buona parte dei contribuenti e a far pagare a moltissimi almeno qualcosa. Gli stipendi dei dipendenti sono stati sempre pagati puntualmente e lo stesso per le forniture, anche se, ma è normale per un Ente, si poteva verificare un qualche comprensibile ritardo. Se non c’era l’impegno di spesa, non si poteva “muovere nulla”. Ripeto, dieci anni

di amministrazione comunale, per quel che mi riguarda, equilibrata e attiva. Non bisogna dimenticare che, nel decennio di amministrazione a mia guida, sono state realizzate grandi opere pubbliche: rete idrica e fognaria, condotta sottomarina, serbatoi di accumulo acqua, il Palazzo di Città, quello di Giustizia e le Scuole, dalla materna alle medie, ed è stato, inoltre, acquistato e consolidato strutturalmente il Palazzo dei Principi. In centro, è stata bitumata e dotata di arredo urbano Piazza Aldo Moro e abbellito un tratto di via Michele Bianchi (marciapiedi e panchine in travertino). Inoltre, si è dato il via alle pavimentazioni del Centro storico, con la difficile e meticolosa messa in opera della pietra di Grisolia e del Lungomare Ruggiero di Loria. Si è pensato pure alla sicurezza di tutti con l’insediamento della Compagnia dei Carabinieri e accelerato l’iter burocratico per l’apertura della B.N.L. (in quel periodo Scalea era dotata di un solo istituto di credito, insufficiente per le tante operazioni bancarie di cui aveva bisogno una città come la nostra, in forte e continua espansione). Nel 1990, pur avendo vinto, per la terza volta consecutiva e alla grande, le elezioni amministrative, sono stato fatto fuori da tradimenti inaspettati, complice la legge elet-

torale proporzionale. Andato via a malincuore e col magone per le tante idee che avevo in mente e che si potevano realizzare nei primi degli anni ’90 e che alla luce dei fatti svanivano nel nulla, ho con i colleghi della ex maggioranza lasciato in cassa, per i successori, che oltretutto hanno avuto vita amministrativa breve, la somma non irrilevante di 400 milioni di vecchie lire». PEZZOTTI «Quando sono stato chiamato dai cittadini ad amministrare il Comune di Scalea, dopo il primo momento di entusiasmo, mi sono calato completamente nella parte, sorretto dal grande fervore e dall’aria nuova che si respirava in tutta la cittadinanza. Andando al nocciolo, la situazione economica del Comune mi apparve buona ma migliorabile, specialmente dal punto di vista gestionale. Supportato dai componenti della Giunta e dai consiglieri di maggioranza, alcuni dei quali, come me, neofiti, immediatamente sono stati avviati i lavori di ultimazione e completamento del Municipio (battezzato Palazzo di Città), insieme al verde

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pubblico e all’arredo urbano. Si viaggiava alla grande: si riuscì ad avere la diminuzione degli estimi, per il catasto urbano (estimi tuttora in vigore e che hanno contribuito, e non di poco, allo sviluppo del mercato degli immobili). Nel migliore momento amministrativo, però, inspiegabilmente (perché si stava amministrando bene come la gente ricorda), i soliti “politicanti”, cioè quelle persone che hanno come unico obiettivo di gestire il potere a loro uso e consumo, riuscirono a sfiduciarmi. Unico obiettivo, raggiunto da detti signori, fu di fatto quello di bloccare, per sei mesi circa, l’attività amministrativa del Comune, con conseguenti danni per tutta la popolazione. Nel 1996 andammo nuovamente a votare. A rafforzare e ad avvalorare la mia proposta di grande innovazione e fattività politico-amministrativa, sopra esposta, fu il consenso del popolo scaleota che mi riconfermò sulla poltrona di primo cittadino. Posso affermare che la mia sindacatura coincise con la realizzazione di grandi opere pubbliche. Strade a sud di Scalea, illuminazione pubblica nelle zone periferiche, museo del bambino, aviosuperficie, il nuovo acquedotto (13 miliardi di vecchie lire, realizzato con


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Parlano gli ex sindaci Zito e Pezzotti fondi avuti dal quadro comunitario di sostegno) e l’ampliamento del Palazzo di Giustizia (terzo piano) indispensabile perché si insediasse il giudice monocratico; mentre l’aviosuperficie, approvata e finanziata durante la mia gestione, nell’ambito del Patto Territoriale dell’Alto Tirreno Cosentino, venne poi realizzata quando io non ero più sindaco. Inoltre, d’accordo con gli altri sindaci della zona, sbloccammo i lavoratori di metanizzazione. Fu progettato anche il porto di Torre Talao e furono avviate le procedure per la sua realizzazione. Dal punto di vista sportivo, si incominciò ad utilizzare la palestra annessa al plesso scolastico, si completò il vecchio stadio comunale e si riuscì ad ottenere, nel 1999, un traguardo volante del Giro d’Italia, mentre si allacciò una collaborazione che portò, l’anno successivo, ad ottenere, per Scalea l’arrivo e la partenza di tappa. A fine mandato si chiuse con un

avanzo di gestione di un miliardo e 800 milioni di vecchie lire. A proposito del pagamento della fornitura di acqua potabile gestita dalla Regione, mi preme ricordare che, a seguito di una carenza idrica verificatasi nel mese di agosto del 1998, fu instaurato un contenzioso con l’Ente fornitore per chiedere il ristoro del danno subito che si aggirava intorno ai due miliardi di lire. La causa magistralmente istruita dal nostro patrocinatore, il compianto avv. Nicodemo di Praia a Mare, alla fine del mio mandato, allorché si attendevano solamente le conclusioni finali e la sentenza che, certamente, sarebbe stata a noi favorevole, inopinatamente non venne più “coltivata” dall’amministrazione subentrata: cui prodest? Nel 2001 iniziarono i “dolori” di natura economica che si sono trascinati fino alla fine del secondo mandato dell’ex sindaco Mario Russo. Un tracollo senza precedenti: stop alla riscossione diretta dei tribu-

ti (era stata la nostra forza) e abuso nell’esternalizzazione dei servizi comunali. In sintesi, il comune, dall’oggi al domani, si trovò in emergenza e senza mezzi per la raccolta dei rifiuti, dati in comodato gratuito alla ditta appaltatrice. Scelte politico-amministrative poco oculate, le cui conseguenze gravarono sulle risorse del Comune di Scalea ed alle quali ancora oggi non è stato possibile porre rimedio. L’attuale sindaco ha ereditato una situazione debitoria pesantissima per le casse comunali, atteso che, con le risorse fiscali introitate, non si riescono a coprire nemmeno i costi ordinari di gestione (stipendi a personale, utenze e quant’altro). L’amministrazione in carica vive alla giornata, cercando di tamponare le falle che di volta in volta si evidenziano. Se non vanno a regime le entrate tributarie (il conteggio dell’IMU incassata, rispetto a quella prevista, dà la misura delle carenze del sistema)

VIVERE A LUNGO IN APNEA… NON SI PUO’! di Giovanni Celico

La sensazione, e mi sembra che la realtà è anche e più ampiamente e tragicamente diffusa, anche se e forse solo a livello inconscio, è che il “popolo italiano”, cioè la maggioranza degli uomini e delle donne “normali” della penisola, viva, in questo periodo storico, che, è bene ricordarlo sempre, è stato avviato venti anni or sono, in “apnea”: alfa privativa e “pneo” aria, cessazione o sospensione del respiro, che non è la dispnea… cioè l’immettere aria in modo frequente ed affannoso! È come se la più parte di noi, poveri italici, un tempo felici fruitori di una terra che dal 1945 e fino al 1975 ha registrato, sul versante economico, ogni anno, un ritmo del 6/7% di crescita produttiva, come accade nella Cina odierna, e che dalla seconda metà degli anni ’70, dell’altro secolo, e fino al 1994, è cresciuta, ogni anno, riguardo allo stesso indicatore, dal 3% al 5%, fosse, giorno dopo giorno, da due decenni a questa parte ormai, in attesa di un “risveglio” che tarda a venire o a manifestarsi e, di conseguenza, affronta e vive il quotidiano sotto la cappa, il peso, l’intollerabilità ormai di un “tirare in un qualche modo” che sta uccidendo, insieme ad una attività commerciale che chiude ogni secondo, qualsiasi speranza e sogno collettivo di poter uscire dal pantano. Nessuno degli “esimi signori”, che sono stati “nominati” dagli apparati ad occupare i seggi a Montecitorio o a Palazzo Madama, non “scelti” e non “votati” da alcuno dei cittadini-elettori, sembra rendersi conto di quel che sta maturando nel profondo del “corpo italiano”: un pessimismo che, se non ci sarà una “svolta epocale”, finirà per travolgere tutto e ogni cosa, e questo accadrà quando i figli… a tavola non avranno e non troveranno più di che mangiare (non è un’ipotesi qualunquistica o immaginifica o troppo lontana nel tempo). Dunque siamo nella “melma”, sicuramente per colpa di una legge elettorale che ha sottratto la “sovranità” al popolo (le tv di stato e di fazione… non affronta-

no mai con serietà questa emergenza), ma soprattutto perché non c’è nei gangli superiori della Repubblica una classe dirigente all’altezza dell’arduo compito che la storia ha posto di fronte all’occidente tutto, in un mondo, specie quello al di qua del… muro di Berlino (chi lo ricorda più), che ha “smarrito la bussola” e non riesce a riprendere il filo o almeno un filo… del discorso! Date uno sguardo a Cipro, alla Grecia, alla Spagna, all’Italia, per non parlare dei paesi o di alcuni dei paesi dell’ex est europeo, e vi renderete conto del baratro che è ormai davanti e soprattutto alle generazioni più giovani. Manca il lavoro, non si registra una produttività che possa competere, sul lato prezzi, con la Cina e/o con l’India, le piccole e medie imprese, il tessuto connettivo industriale italiano, abbassano le saracinesche ad un ritmo di circa seimila ogni anno, mettendo, fino a quando potrà essere sfruttata, in cassa integrazione migliaia e migliaia di lavoratori che, data l’età media, 40/50 anni, difficilmente troveranno altra occupazione. D’altro canto l’agricoltura, con l’invasivo tessuto delle costruzioni attuato negli ultimi decenni in ogni parte d’Italia, specie in pianura, non è più praticabile come una volta, cioè da famiglie o da singoli, e neppure, specie per i più giovani, la emigrazione potrebbe o sarà una valvola di… sfogo, come lo è stata dalla seconda metà dell’ottocento e fino alla seconda guerra mondiale (gli USA sono in crisi, i paesi europei annaspano, ecc.). Dunque che resta? O si riuscirà ad attuare una “rivoluzione” culturale, politica, economica e morale in un brevissimo lasso di tempo oppure la “decadenza” è dietro l’angolo e nessuno verrà in nostro soccorso, o meglio in sostegno delle generazioni più giovani, e l’Italia sarà destinata a entrare tra “i paesi del terzo mondo”, dopo essere stata la sesta potenza industriale del pianeta!

3 ...dalla seconda

non solo non si esce dalla crisi ma non si può nemmeno impostare una gestione credibile. Le anticipazioni di cassa, alle quali spesso si ricorre, si giustificano solo se destinate a contenere una temporanea mancanza di liquidità anche perché, come si sa bene, non sono a costo zero. Dal suo canto, la ventilata alienazione di alcuni immobili comunali, se attuata, mentre da una parte ben poco porterebbe alla riduzione dei debiti, dall’altra, intaccherebbe il patrimonio comunale e, quindi, l’affidabilità dell’Ente. La dichiarazione di dissesto e la nomina di un commissario ad acta, come da taluni invocato, dovrebbe essere l’extrema ratio, in quanto, forse, servirebbe a far luce su possibili guasti procurati da alcuni amministratori che, in una tale evenienza, potrebbero essere sottoposti alle sanzioni previste dall’ordinamento ma, certamente, non allevierebbero la situazione debitoria comune».


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Sei domande a Mauro Campilongo e altrettante risposte con riferimento al

«SINDACO CHE AVREBBE POTUTO…» ...dalla prima di Giovanni Celico

Tre anni di opposizione attenta e puntigliosa, a volte dura, quanti e quali frutti hanno aggiunto alla crescita democratica di Scalea? Per la prima volta, nella sua storia amministrativa, la comunità ha conosciuto un vero Gruppo di Opposizione. Scaleadesso è risuscita a sventare qualche “golpe”, mi riferisco al terreno adiacente al Tribunale, ma in altri casi purtroppo è prevalsa la logica dell’interesse privato che ha sempre caratterizzato l’attuale amministrazione. Penso alla Piazza Saverio Ordine, al terreno adiacente il futuro Porto, alla Viabilità, ai Contributi selvaggi elargiti a parenti di consiglieri comunali, ad immobili comunali letteralmente regalati ad associazioni riconducibili a consiglieri comunali, al business del semaforo a tutto scapito degli automobilisti scaleoti, ecc. Noi di Scaleadesso abbiamo fatto la nostra parte. Ho un solo rammarico: non essere riuscito a tenere al suo posto il Consigliere Introini. Mi fa male vederlo “supportare il numero legale” in Consigli, con oggetti importanti, come quelli sul Bilancio. Se lui in quelle occasioni avesse fatto ciò che il popolo gli aveva chiesto, l’amministrazione sarebbe già caduta da tempo. In quei casi, a prescindere dalle astensioni, ciò che conta è il numero legale. Se un Consigliere di minoranza, pur astenendosi, regge per numero la maggioranza, diventa di fatto un consigliere di quella maggioranza. Ciò che è oggi l’attuale Presidente del Consiglio Comunale. Se dovesse utilizzare un metro di merito, dove collocherebbe Basile tra i sindaci che hanno amministrato Scalea negli ultimi anni? All’ultimo posto: il peggiore nella storia dei sindaci locali. All’inizio, si diceva che sarebbe stata la marionetta di Mario Russo, ma così non è stato e non certo perché sia riuscito ad essere un “libero pensatore” o ad imporre un suo operato... La prossima lista, almeno quella di cui io farò parte, userà come PRIMO elemento caratterizzante quello di essere composta da persone per bene. Poi si guarderà alla capacità e all’esperienza. Cosa poteva fare Basile in questo lungo lasso di tempo che non ha fatto e cosa potrebbe fare nei due restanti anni di mandato? Avrebbe potuto avere un rapporto sincero con la gente e con i Consiglieri Comunali, avrebbe potuto avere più cura dell’arredo urbano e tutelare meglio gli spazi pubblici come Piazza Kennedy: salvaguardando, oltretutto, i bambini, bonificare, mettere in sicurezza ed in funzione i sottopassi, mandare avanti i lavori del Palazzo dei Principi (già finanziati) e, invece che “regalare soldi” alle associazioni riconducibili a due consiglieri comunali, istituire la Festa Unica del Mare, valorizzando l’apertura e la chiusura della stagione turistica, avrebbe potuto semplicemente fare ciò che lui stesso diceva e predicava dai palchi, ossia la realizzazione di un portale del turismo, gemellandosi con il festival del peperoncino, con un Paese del Trentino o di altra Regione nota per il turismo invernale e, inoltre, avendo noi delle bellissime chiese monumentali ricche di storia e di opere d’arte, con quella moltitudine di località che hanno fatto del turismo religioso la loro forza economica. Avrebbe potuto evitarci la figuraccia

dell’estate 2011. Avrebbe potuto spendersi meglio per le battaglie tutte perse dal nostro territorio (mi riferisco all’Ospedale e al Tribunale). È forse il Sindaco dell’avrebbe potuto. Non penso proprio che riuscirà a fare queste cose in due anni ma mi auguro solo che non faccia altri danni, dopo il semaforo e la viabilità, e spero che la delibera che ho letto su internet non si realizzi davvero. Faccio riferimento alla spazzatura differenziata che avrebbe come sede l’autoparco comunale e che farebbe “bella mostra” di se di fronte alle Scuole del Liceo e ad un’altra opera pubblica. Sarebbe per Scalea l’ennesimo scempio. Perchè Mario Russo preferì avventurarsi su di un sentiero incerto scegliendo una persona politicamente enigmatica e sconosciuta e scartò persone che avrebbero potuto assicurare una continuazione amministrativa, tutto sommato consolidata, e che non l’avrebbero mai tradito? La prima parte della domanda dovrebbe essere formulata allo stesso Russo, oppure a coloro che prima gli stavano attorno e che, invece, dal 2 aprile 2010, come per incanto, sono diventati i migliori amici di Basile, probabilmente perché, avevano bisogno di qualcuno da “pilotare” e controllare e non di un cervello libero. Evidentemente la libertà di pensiero fa paura a coloro che sono abituati a non esercitarla. È un problema serio, di cultura e di democrazia. Diventando sindaco, da dove partirebbe per far rinascere Scalea? Ripartirei dal programma presentato da Scaleadesso, elaborato di concerto con tutto il gruppo di persone che sento di ringraziare dal profondo del cuore, e che ritengo ancora estremamente attuale ed attuabile. Sarebbe una svolta per l’economia e per il lavoro scaleota che darebbe tanto ossigeno in un momento difficile come quello che stiamo vivendo. Ripartirei nell’immediato collegando Via Tommaso Campanella con Via Neghelli e farei i parcheggi dietro la Banca Popolare di Bari, asserviti all’area pedonale di Piazza Caloprese, possibilmente trovando un accordo con i proprietari di dette aree per evitare contenziosi antipatici, lunghi e costosi per l’ente. Ripristinerei, CON URGENZA, il precedente senso di marcia di via Lauro e di via Fiume Lao e completerei lo sfocio di Viale della Repubblica con Via Ruffillo (strada della ferrovia). L’idea che ho letto su un giornale web di un assessore comunale riguardante la semplicistica riapertura al traffico carrabile dell’attuale isola pedonale, posta così, la trovo una sciocchezza degna solo di chi l’ha proposta. Ricordiamoci, oltretutto, che la pavimentazione adottata nell’area di Piazza Caloprese, non è per nulla carrabile essendo un materiale che non sopporta grossi carichi e sollecitazioni come quelli che possono provocare i mezzi a motore. Una piazza non si apre con la bacchetta magica, come ha fatto intendere qualcuno, ma con l’ausilio di un piano traffico adeguato. Dopo di che, bisognerebbe immediatamente eliminare il crocevia ad imbuto di via Campanella che “bacia” via Lauro, obbligando, migliaia di mezzi a motore, ad infilarsi nella “salsiccia d’asfalto” lungo la strettoia di via Oberdan. Per intenderci, l’isola pedonale, allo stato attuale, è diventata un punto morto, un cimitero di auto in sosta, parcheggiate a ridosso delle tre entrate (a nord e a sud) e che creano problemi alla circolazione e ingorghi paurosi. Questo atollo, attualmente, funziona poco o niente come passeggiata pedonale e ancora meno per le poche attività che ancora resistono alla crisi e che sbadigliando contano i minuti e le ore interminabili di noia che non passano mai!

4 SENZA DIFFERENZIATA, PIÙ RIFIUTI IN STRADA

A Scalea, si stenta a far decollare la raccolta differenziata. Il progetto, cavallo di battaglia di “Scalea nel cuore” del 2010, è rimasto sulla carta, mentre altri centri della zona sono già in una fase molto avanzata. Non c’è, al momento, un coinvolgimento delle scuole, della cittadinanza e delle attività commerciali. Nessuna organizzazione teorica. E la mancanza della raccolta differenziata genera il conferimento di tutti i rifiuti nei cassonetti provocando il rapido riempimento nelle situazioni di estrema emergenza. Le strade, in prossimità di lunghi ponti di vacanze e dei fine settimana soleggiati, che per tradizione rappresentano il trampolino di lancio della stagione estiva, si presentano nuovamente colme di buste di spazzatura. È vero, è una situazione di emergenza regionale, ma la grave situazione provoca un danno all’immagine turistica e qualcuno, forse, anziché proteggere la classe politica, dovrebbe cominciare a chiedere i danni. info@miocomune.it

LEGGETE E DIFFONDETE

MELCHIORREgomme


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LAVORO E PREVIDENZA Novità importanti per chi è diventato disoccupato dal 1° gennaio 2013

Per chi è diventato disoccupato dal 1° gennaio 2013 ci sono novità importanti a livello previdenziale: è infatti attiva una nuova prestazione, l’Aspi (Assicurazione sociale per l’impiego), che prevede l’erogazione di un’indennità mensile di disoccupazione, per i lavoratori che abbiano perduto involontariamente il lavoro. Questa nuova forma di sostegno al reddito è valida per tutti i dipendenti e viene estesa anche agli apprendisti ed ai soci di cooperativa che abbiano stabilito un rapporto di lavoro in forma subordinata. Rimangono esclusi dalla nuova assicurazione i dipendenti delle pubbliche amministrazioni con contratto subordinato a tempo indeterminato e gli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato. Non si può richiedere l’Aspi, invece, se si è interrotto il rapporto di lavoro per dimissioni o per risoluzione consensuale del contratto, salvo nel caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, se questo è intervenuto nell’ambito della procedura di conciliazione presso la direzione provinciale del Lavoro. Il lavoratore deve far valere almeno 2 anni di anzianità assicurativa ed almeno 1 anno di contribuzione, nel biennio precedente l’inizio del periodo di disoccupazione. La misura della nuova indennità (Aspi) è rapportata alla retribuzione imponibile ai fini previdenziali percepita negli ultimi 2 anni. All’importo viene applicata una riduzione del 15% dopo i primi 6 mesi di fruizione e di un altro 15% trascorsi 12 mesi di erogazione. Nel periodo in cui si percepisce questa indennità, viene riconosciuta la contribuzione figurativa settimanale, pari alla media delle retribuzioni imponibili ai fini previdenziali dell’ultimo biennio. I contributi figurativi sono utili per il diritto e la misura dei trattamenti pensionistici, mentre non vengono considerati ai fini del diritto alla pensione, nei casi in cui la normativa prescriva di tenere conto della sola contribuzione effettivamente versata (ad esempio per la pensione di vecchiaia a 70 anni con almeno 5 anni di contributi). Dal 1° gennaio 2016, la durata massima dell’Aspi è di 12 mesi, detratti eventuali periodi di indennità già fruiti nel medesimo periodo (compresi i trattamenti brevi - i cosiddetti “mini Aspi”), per i lavoratori di età inferiore a 55 anni. Per chi ha un’età pari o superiore a 55 anni, invece, l’indennità viene corrisposta per un massimo di 18 mesi, da cui bisogna detrarre eventuali periodi già fruiti negli ultimi 18 mesi, anche in relazione ai trattamenti brevi (mini Aspi). L’indennità di disoccupazione spetta a partire dall’8° giorno successivo alla data di cessazione dell’ultimo rapporto di lavoro, se la domanda è presentata entro 8 giorni, oppure dal giorno successivo a quello in cui viene presentata la domanda. La richiesta deve essere inoltrata all’Inps entro 2 mesi dalla data in cui spetta il trattamento (a pena di decadenza). È possibile farsi assistere nell’invio della domanda dal patronato Inas. La fruizione

dell’indennità è subordinata, ovviamente, alla permanenza dello stato di disoccupazione. Sempre dal 1° gennaio 2013, ai lavoratori che possono far valere almeno 13 settimane di contribuzione da attività lavorativa negli ultimi 12 mesi, per la quale siano stati versati o siano dovuti i contributi obbligatori, è concessa una indennità di importo pari a quello previsto per l’Aspi. Questa indennità, chiamata mini Aspi, viene corrisposta mensilmente per un periodo equivalente alla metà delle settimane di contribuzione nell’ultimo anno. Ai fini della durata, non sono conteggiati i periodi contributivi che hanno già dato luogo ad erogazione della prestazione. Anche in questo caso, è possibile inoltrare la richiesta tramite il patronato

Michele Palombino

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IL CUD INPS NON ARRIVERÀ PIÙ PER POSTA

Il Caf Cisl è a disposizione di tutti i pensionati e lavoratori che hanno percepito indennità di disoccupazione, mobilità, lsu. Secondo quanto stabilito dall’ultima legge di stabilità, l’INPS ha adottato, tra i criteri di risparmio, un taglio alle spese postali per la spedizione dei Modelli CUD, che sono disponibili in via telematica sul sito dell’Istituto. Le sedi caf Cisl sono a disposizione dei pensionati per la stampa del Cud, che può essere rilasciato anche a persona diversa dal titolare su delega scritta e fotocopia del documento di identità. Ricordiamo invece che il bustone con i modelli RED, DETR e quelli legati all’invalidità civile (ICRIC; ICLAV e ACCAS/ps) sono stati invece inviati via posta come negli anni passati.

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5 ASSICURAZIONI: ARRIVA IL “CONTRATTO BASE” Ennesima puntata nella storia delle assicurazioni RC Auto: dal prossimo mese di maggio arriverà, infatti, il contratto “base”, che dovrebbe aiutare i cittadini a scegliere più facilmente la polizza maggiormente adatta alle proprie esigenze. Anche se per essere operativo servirà ancora attendere il parere del Consiglio di Stato e la registrazione alla Corte dei Conti, la nuova tipologia di contratto promette già di rendere più facile la vita di chi vuole risparmiare con l’assicurazione auto obbligatoria: grazie a dei “paletti” fissati per legge, sarà più semplice confrontare le offerte delle varie compagnie e rendersi conto dei prezzi migliori; anche per tutte le altre garanzie accessorie (ad esempio assicurazione furto/incendio, polizza cristalli e simili) si semplificheranno le cose, dato che il costo per ciascuna di loro dovrà essere indicato separatamente, come gli optional delle normali autovetture.

 Il nuovo contratto “standard” RC Auto prevederà quindi i seguenti parametri:

 1 - Massimale: sarà uguale per tutti, con un limite di cinque milioni di Euro per ciascun sinistro e di un milione per danni a persone o cose. 2 - Franchigia: verrà completamente eliminata, ovvero in caso d’incidente il danno sarà completamente coperto dall’assicurazione.
 3 - Tariffazione “bonus-malus”: in caso di incidenti si applicherà infatti il classico sistema a “scatti”; come quasi tutti sanno ormai, qualora in un anno si incappasse in un sinistro “con colpa” ci sarà perciò il salto verso una classe di merito più alta (ovvero più onerosa); al contrario, dopo dodici mesi trascorsi senza eventi del genere, ecco arrivare lo scatto verso una classe più bassa, alla quale dovrebbe corrispondere un premio meno caro. 4 - Opzione Guida: non ci sarà la clausola di “guida esclusiva” del veicolo, che avrà quindi copertura assicurativa valida a prescindere da chi sia il conducente.
 5 - Rivalse: questa clausola permetterà alla compagnia assicurativa di rivalersi nei confronti degli assicurati solo per le eventualità più gravi, come guida sotto l’effetto di stupefacenti o in stato di ebbrezza. Il premio del contratto RC Auto “base” sarà quindi calcolato dalla compagnia assicurativa grazie a parametri validi per tutti i clienti, come età, residenza e classe di merito: in questo modo il confronto tra le varie offerte sarà ancora più facile e veloce, semplificando la vita degli automobilisti e, si spera, ponendo un freno agli aumenti della copertura assicurativa obbligatoria per le nostre quattro ruote.


Marzo Marzo • Aprile • Aprile 2013 2013

DIOGENEGREEN

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L’AVIOTRUFFA DI SCALEA UN SOGNO MAI REALIZZATO di Francesco Cirillo

Come tante altre opere del passato, è caduta nel dimenticatoio più sordo e cieco! La vecchia idea del turismo sostenibile, purtroppo, non vuole entrare nella testa di nessuno. Il turismo, inteso come sviluppo, per attrarre turisti e farli restare nella nostra zona, e soprattutto farli ritornare, è in larga parte fallito. Si è invece optato per un turismo facile e improvvisato, destinato nel corso degli anni a scomparire. La richiesta turistica, per una miriade di motivi, è cambiata radicalmente e parla un’altra lingua. Gli operatori turistici sono al corrente di ciò, però, egoisticamente, fanno finta di non saperlo e bivaccano accontentandosi del poco che diventa sempre meno. D’altra parte si sapeva sin dall’inizio che l’aviosuperficie si sarebbe aggiunta al lungo elenco di opere inutili della Calabria. Lo sapeva il sindaco pro tempore di Scalea, Mario Russo, che la chiamava aeroporto, ben sapendo che non lo era, lo sapevano i progettisti, lo sapevano i vari consorzi che si erano formati per la costruzione dell’opera e lo sapevano anche i partiti politici di Scalea, che nulla avevano fatto per evitare la cementificazione dell’argine sinistro a sud del fiume Lao con questo lungo serpentone di asfalto. Un’opera, anche se inutile, non si contrasta mai, anzi si cavalca sempre! In tempi di grande disoccupazione e crisi, un posto di lavoro ci potrebbe sempre uscire! E questo anche se il fiume Lao rompe gli argini ed invade l’aviosuperficie distruggendo cento metri di muro protettivo. Muro, poi, risanato con soldi del Comune di Scalea. Ma l’erosione continuerà, è certo, anche perché, quattro anni fa, il Genio Civile fluviale e la Provincia hanno permesso il prelievo, appena cento metri sopra l’aviosuperficie, di tonnellate di inerti. Il prelievo indebolirà ancora di più gli argini del fiume aumentando la potenza della portata d’acqua. Ma i mali non si fermano all’alveo del fiume, vanno oltre. Per far posto all’aviosuperficie, decine di contadini dovettero cedere terreni demaniali fluviali, gestiti per secoli e dove avevano coltivato l’ottimo e sempre più ricercato cedro e tantissime altre importanti colture. L’opera costò 24 miliardi di vecchie lire (resta in cassa un miliardo di vecchie lire ancora da spendere

...dalla prima

per le rifiniture), senza diventare davvero quello che doveva essere, e cioè un aeroporto. Da parte nostra abbiamo denunciato più volte, e lo abbiamo scritto su questo giornale, che era falsa la dicitura: «Stiamo costruendo l’Aeroporto di Scalea», posta in bella vista, sin dall’avvio dei lavori, nei pressi del ponte sul fiume Lao. Sarebbe stato giusto parlare fin dall’inizio di aviosuperficie. Ma parlando di aviosuperficie si sarebbe subito scoperto l’inganno, e l’utilità dell’opera sarebbe stata subito messa in discussione. Già, ma da chi? Dalla Magistratura, dagli organi regionali e provinciali? E, intanto, un investimento non dovrebbe avere una finalità precisa? O basta avere i finanziamenti per far funzionare tutto come si deve? Già, il famoso “olio alle macchine”. Il progetto venne approvato attraverso i Patti territoriali dell’Alto Tirreno Cosentino e fu presentato come utile agli aerei della protezione civile, per il trasporto di merci di natura agricola, oltre che per lo sbarco di ben 74 mila passeggeri all’anno. Ma quello che ora bisognerebbe veramente verificare è l’effettiva utilità dell’opera e, come si usa dire, il rapporto costi-benefici. Ricordiamo, innanzitutto, che tale struttura non è contemplata dal “Piano Nazionale dei Trasporti” ed è appena accennata, al punto 43, dal solo “Piano Regionale” che così recita: «… Analogamente è prevista la realizzazione di un aeroporto d’interesse locale nell’area dell’Alto Tirreno Cosentino, in prossimità del Comune di Scalea». Inoltre, le previsioni ufficiali riguardo i 74 mila passeggeri, le 1.350 tonnellate di trasporto merci e i 95 posti di lavoro, non erano realistici. Prendiamo i dati dei passeggeri. Preliminarmente bisogna dire che l’aviosuperficie non è altro che una grande pista di cemento e bitume, lunga due chilometri e larga trenta metri, sulla quale potranno atterrare solo voli charter o aerotaxi con manovre a vista, cioè senza alcun sistema di assistenza radar, esclusi, naturalmente quelli in dotazione del pilota dell’aereo. Di conseguenza, se c’è troppo vento, l’aereo viene dirottato altrove, per esempio a Lamezia. Potrebbe perciò capitare che una persona che prendesse l’aereo a Napoli per venire a Scalea, in un’ora, si potrebbe invece trovare a Lamezia, da dove, per raggiungere Scalea, in pullman o navetta, si impiegano due ore, ammesso che si trovi un pullman o un treno in coincidenza con il suo arrivo! Bel guadagno! Chi prenderebbe un treno per andare a Napoli sapendo che potrebbe trovarsi a Bari? È possibile che solo ora ci si sia accorti di questi problemi? E che tutti, solo ora, parlino di aeroporto cercando di correre ai ripari, consci del fallimento in caso restasse una “semplice” aviosuperficie? Ma c’è di più. Ogni volo charter o aerotaxi abilitato ad atterrare a Scalea potrà trasportare un massimo di nove passeggeri, secondo quanto prescrive il “Rego-

lamento per l’uso di aviosuperfici per attività di Trasporto Pubblico, Scuola, Lavoro aereo”, d’imminente emanazione da parte dell’ENAC, Ente Nazionale per l’Aviazione Civile, il cui art. 3 recita proprio così: «L’uso di aviosuperfici per attività di trasporto pubblico è consentito esclusivamente per i voli: intracomunitari; in condizioni meteo non inferiori a quelle minime prescritte dalle regole del volo a vista; limitato alle ore diurne; ai soli velivoli di MTOM non superiori a 5.700 kg e numero di posti passeggeri non superiori a 9» e sottolineiamo nove. Questo vuol dire che, per raggiungere la cifra dichiarata nel progetto, di 74 mila passeggeri, si dovrebbero effettuare su Scalea fino a 8 mila voli all’anno, cioè 23 aerei al giorno!

Rischiamo insomma di assistere, e questa volta in diretta, alla solita opera inutile, come sempre finanziata con soldi pubblici. Abbiamo gli esempi di tanti altri aeroporti, sparsi in tutta Italia, realizzati con fondi pubblici e poi abbandonati a se stessi per mancanza di utenza e soprattutto di compagnie aeree. Basta volgere lo sguardo verso l’aeroporto di Crotone, perennemente in crisi, o a quello di Foggia, consegnato da tre anni e abbandonato a se stesso. Succederà così anche per la pista di Scalea? Probabilmente sì, se resterà aviosuperficie. Né è possibile la sua trasformazione in aeroporto di III categoria, soprattutto per la mancanza delle infrastrutture necessarie per l’atterraggio e per la partenza. Ma, ci domandiamo, come si è potuto costruire una pista che inizia sulla variante S.S. 18 e finisce al limite della linea ferroviaria? Inoltre. tutto ciò avviene in un contesto nel quale il Governo si appresta a tagliare i voli sui nostri aereoporti, funzionanti, di Crotone e di Reggio Calabria, considerati improduttivi perché non superano la soglia stabilita di oltre 500 mila passeggeri l’anno. soglia che viene superata dal solo aeroporto di Lamezia Terme, provvisto anche di scali internazionali e che, con il suo milione e 600 mila passeggeri ed oltre l’anno, conferma la sua centralità nel trasporto in Calabria. Meno male che, tra treni tagliati, aerei, navi, autostrade non completate e quant’altro, ai Calabresi resta comunque una risorsa millenaria: il riscoperto e rivalutato ciuccio!

ADDOBBI PER CERIMONIE


NELLA NOSTRA CITTÁ ELIO E LA POLITICA: segnali anticipatori di Nando Manco

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Marzo • Aprile 2013

Oggi tanto si parla dei “grillini” e del Movimento 5 Selle ma, già 40 anni fa, persone come Elio Russo, avendo molte idee simili a quelle attuali di Beppe Grillo, davano segnali anticipatori. Sul finire degli anni ’60 e all’inizio del 1970, Elio, dapprima aderì attivamente al Movimento Sociale Italiano, indimenticabili i suoi comizi sulle piazze del circondario, con altri giovani del tempo, Achille Tenuta, Pasquale Luongo e Carmelo Gonnella che credevano, in quel periodo storico, a particolari ideali. Resta indelebile una goliardica scorribanda, intorno alle due di notte, da Santa Maria del Cedro a Scalea, con la 124 Fiat grigia di Achille, inseguita fino a Piazza Caloprese da un’altra auto con all’interno un gruppo di persone di fazione opposta. I quattro inseparabili amici avevano da poco finito di affiggere dei manifesti sopra una parete, quando Elio fece notare agli altri che su quel muro ancora gocciolante di colla, erano stati affissi manifesti elettorali freschi di altro schieramento politico. Immediatamente, Elio e gli altri “mattacchioni”, non persero l’occasione per… scollarli senza lasciarne uno appeso: però, a pochi metri, nella penombra, ad assistere alla veloce e “pirotecnica” scena c’era un’auto con dentro i “contrari”. Da lì iniziò l’inseguimento con l’arrivo a Piazza Caloprese della 124 che si fermò ad aspettare gli inseguitori che giunsero dopo qualche istante e che, vista l’aria pesante che tirava, con una forte sgommata, si dettero, probabilmente impauriti, alla fuga. Registrato l’epilogo dell’inseguimento, guardandosi in faccia, Elio e gli altri missini scoppiarono in una lunga e fragorosa risata. Chiusa la parentesi di destra, si aprirono per Elio nuovi orizzonti politici: nuove amicizie e scambi di idee con altri ambienti giovanili, prima fra tutte nella vicina Verbicaro e in Diamante dove prendevano forma movimenti extraparlamentari di sinistra, con universitari locali iscritti a Roma e a Perugia che Elio frequentò con una certa assiduità per stare vivino a tanti suoi cari amici calabresi trovandosi perfettamente a suo agio. Certe scelte, sicuramente, per Elio furono determinate da quanto assistito da ragazzino a Scalea. Azioni forti ed ingiuste che avevano intaccato notevolmente la sua sensibilità che non tollerava prevaricazioni, prepotenze ed invasioni da parte della arrogante e vendicativa classe politica dirigente locale. Elio, in un certo senso, era affascinato da quella sinistra senza troppe regole e pochi fronzoli, quella che, da lì a poco, diede impulso ai centri sociali e a quei gruppi che, in sintonia, non condividevano le logiche partitiche. In campo nazionale, il famoso pentapartito (Dc, Psi, Pri, Pli, Psdi) che governava in quegli anni, ad Elio, come ad altri tanti giovani intellettuali, non piaceva e non convinceva assolutamente. Elio aveva capito che quel sistema stritolava sempre più la nazione e che quei tromboni e carrozzoni conservatori non affascinavano, tanto che girava alla larga da quegli ambienti, senza però invadenze e prepotenze, facendo emergere come al solito la sua classe e la sua signorilità, anche se alcune volte, nella esposizione delle sue idee e delle sue tesi, si infervorava al punto da incazzarsi terribilmente con i suoi interlocutori, ma, alla fine, tutto si concludeva con un sorriso, senza rancori e senza strascichi. Elio rispettava, su tutto, la persona e l’amicizia, la politica, tutto sommato, era meno importante e certamente meno rilevante del rapporto umano. Elio Russo nell’arco della sua variegata e movimentata esistenza, forse avrà votato una due-tre volte. Per lui i partititi erano spazzatura dalla quale girare a largo. Parlavamo delle sue frequentazioni, in certi casi, quasi integraliste, e lui difendeva, con determinazione, certe posizioni, senza dimenticare e frequentare altri fraterni amici, seppur di idee di-

verse e distanti dal suo modo di intendere la politica e la vita. Elio, cittadino del mondo, non aveva difficoltà a trascorrere una serata in compagnia di persone ideologicamente diverse, anzi, per lui quei momenti di aggregazione erano importanti e rilevanti per le sue disamine e per far sentire la sua voce ed il suo pensiero. Per intenderci, il rispetto e le forti amicizie non potevano essere accantonati per un capriccio politico ed Elio, in questo, ha dimostrato sempre grandissima onestà e coerenza. Forse oggi, conoscendolo troppo bene, avrebbe dato impulso ai grillini, restando, in ogni modo, come sempre, lontano dalle urne e dal voto.

ORARI PARTENZE/ARRIVI AUTOBUS A LUNGA PERCORRENZA EUROBUS - Consorzio Autolinee Scalea-Roma: tutti i giorni (and. 7,25/12,15); (rit. 16,00/20,15) Andata: Mart. Giov. Dom. (Piazzale Bajatour/Corsaro) Partenza da Scalea - Ore 21,00 per le fermate elencate: Siena - Ore 4,27* - Stazione FF.SS. - Piazzale Rosselli Firenze - Ore 5,35* - Piazza Adua c/o Autost. Lazzi Bologna - Ore 7,15* - Autost. Piazza XX Settembre Modena - Ore 7,50* - Uscita A/1 Modena nord Parma - Ore 8,45* - Uscita A/1 Piacenza - Ore 9,15* – Stazione FF.SS. Milano - Ore 10,35* - Autostazione Lampugnano (*Giorno successivo a quello di partenza) Ritorno: Lun. Merc. Ven.: Arrivo - Ore 5,39 Siena-Scalea Ore 22,07 Firenze-Scalea Ore 20,55 Bologna-Scalea Ore 19,15 Modena-Scalea Ore 18,50 Parma-Scalea Ore 17,54 Piacenza-Scalea Ore 17,24 Milano-Scalea Ore 16,00 Simet da Lauria (Pz) - (Loc. Galdo - SS 19 di fronte Pub Freedom) Per Genova D/Ma/G/S (19,20-6,15) La Spezia D/Ma/G/S (19,20-5,00) Livorno D/L/Ma/Me/G/V (23,25-9,00) Lugano Lunedì (17,10-5,15) Napoli - da lunedì a sabato (7,30-10,15 – 9,45-13,00) Padova D/L/Ma/Me/G/V/S (20,55-6,45) Perugia D/L/Ma/Me/G/V (23,25-6,00) Pisa D/L/Ma/Me/G/V (23,25-8,30) San Giovanni Rotondo Sabato (7,35/11,30) Siena D/L/Ma/Me/G/V (23,25-7,30) Torino D/Ma/G/S (19,20-9,00) Verona D/L/Ma/Me/G/V/S (20,55-),00) Vicenza D/L/Ma/Me/G/V/S (20,55-8,00) Zurigo Lunedì (17,10-8,30) Per qualsiasi informazione o prenotazione rivolgersi: Zona Blu Viaggi - Tel. 0985. 920015 Agenzia Bajatour - Tel. 0985.20456 La Valle da Lauria (Pz) - (Loc. Galdo - SS 19 di fronte Pub Freedom) Per Roma/Alessandria/Asti/ Torino/Reggio Emilia/Modena/Bologna/Como/ Milano/ Piacenza /Parma/Padova/Ferrara Per qualsiasi informazione o prenotazione rivolgersi: Agenzia Bajatour - Tel. 0985.20456

NASCITA

Noi

GAETANO MARSIGLIA DI RADICI TORTORESI HA VISTO LA LUCE A MADRID La casa del prof. Hugo Marsiglia, residente in Spagna, la cui famiglia, originaria di Tortora, si trasferì in Cile nella seconda metà del 1800, è stata, in questi giorni, allietata dalla nascita del piccolo Gaetano, nome mutuato dal nonno, come ancora si usa… nella migliore e sicuramente mai dimenticata tradizione tortorese, calabrese e meridionale! Il piccolissimo Gaetano, in fotografia con il felice genitore, ricorda comunque, con il suo sorriso, il lungo e faticoso “iter” professionale percorso dal padre Hugo, per affermarsi a livello internazionale, che, dalla lontana terra sudamericana, laureatosi in medicina anche a Napoli, specialista a Parigi, aiuto e ricercatore, prima, presso una delle più prestigiose università francesi, co-direttore, poi, dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, è adesso professore associato a Firenze, e fa onore al Cile e alle sue radici tortoresi e calabresi. Al neonato Gaetano, con il nostro personale augurio, quello del corpo redazionale del Diogene e di tutta Tortora, di crescere… al meglio ma tenendo sempre lo sguardo anche verso la Calabria, ricordando così le sue lontane radici, e, ai genitori raggianti, alla madre in maniera particolare e speciale, nonché a tutti gli altri componenti la famiglia, le congratulazioni più sentite per questo lieto e gioioso evento. Biagio Moliterni

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NELLA NOSTRA DIOCESI ED OLTRE

Marzo • Aprile 2013

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IL CAMMINO DI DON ORAZIO: il Prete che aiutava i poveri... di Giovanni Celico

La morte, quando arriva, per gli uomini “cristiani e cattolici”, di qualsiasi sesso ed età, così come per tutti gli altri esseri “ragionanti” sotto qualunque “cielo”, è sempre un mistero ed una incognita: è il “salto” dall’altra parte, se c’è un’altra sponda, che i “credenti” affrontano con la speranza, dovrebbe essere certezza, di entrare in una dimensione “diversa” che li porrà….finalmente al cospetto della verità, cioè di Dio. Maggiore “sicurezza” per questa e in questa prospettiva dovrebbero avere, pur con tutte le umane perplessità, i “consacrati” a qualsiasi livello, dal povero “curato” di campagna al Papa Francesco, che hanno dedicato o dedicano la propria esistenza al servizio della Chiesa e del Vangelo. Quando il “consacrante” impone le mani su di un “seminarista” o un “richiedente” per “ungerlo” e così farlo diventare “ministro di Dio”, a voce alta, quasi cantando, afferma, facendo precedere il nome di colui che è “steso” a terra, “Tu es sacerdos in aeternum secundum ordinem Melchisedech, Juravit, juravit Dominus et non poenitebit eum”, ripetendo quest’ultimo versetto (salmo 109)ben tre volte! Naturalmente, dopo il Vaticano II, anche le “consacrazioni” presbiterali, almeno nell’iter preparatorio di ogni “candidato”, hanno subito un qualche cambiamento: chi come noi è avanti negli anni ricorda bene gli “amici” che entravano in seminario, subito dopo la terza media il più delle volte, negli anni dell’immediato dopo guerra, la seconda mondiale, erano tanti, i più

per…proseguire solo gli studi ma una parte anche per abbracciare alla fine gli “ordini” e questi ultimi rientravano, solo per i mesi estivi in famiglia, dopo un certo iter, con la “tonsura”, la “chierica”, che li segnava agli occhi nostri e dei parenti…in maniera indelebile. Ricordo agli inizi degli anni cinquanta quando nella Grotta della Madonna di Praia fu “fatto sacerdote” Don Ciccio Lamarca, primo presbitero locale, la commozione dei più, la predica, celebrante l’allora vescovo di Cassano, con l’ausilio di don Domenico Petrone il parroco, il concorso massiccio dei parenti e degli amici, la presenza delle popolazioni anche viciniori, insomma una “festa” popolare. Così come, fatte le debite proporzioni, era “una festa” la morte (i tre giorni per i familiari di “consolatico”, il “consuolo o l’acconsolo” ne erano il segno più evidente), soprattutto quando toccava “chiudere gli occhi” ad un “servo del Signore”. Questi “sfilacciati” pensieri, ricordi sbiaditi, mi sono tornati alla mente quando ho saputo, la telefonata ormai ti raggiunge quasi… in tempo reale, della dipartita di Don Orazio Guaragna, il parroco della Madonna del Carmine di Scalea, che ha “servito” quella comunità per cinquanta anni, consecutivamente, dando “se stesso per il bene dei fratelli”! Abbiamo conosciuto Don Orazio agli inizi degli anni settanta, dell’altro secolo, e qualche volta siamo stati in visita a “casa sua”, una modesta abitazione nella “parte antica del paese”, che (con)divideva con alcuni “laici” di diversa età ed estradizione che… aiutava… come e per come poteva! Ha chiuso gli occhi, questo “parroco”, avendo da pochi giorni compiuto i suoi 77 anni e pur essendo da tempo sofferente, a quel che “narrano le cronache…”, in pace con la propria storia personale e con quella delle persone

PAPA FRANCESCO:

UN MIX TRA IL PAPA BUONO E PAPA LUCIANI di Giovanni Celico

Il (neo) Sommo Pontefice Francesco I°, già cardinale di Buenos Aires, di chiare origini italiane, terza generazione di quegli emigranti che, a metà del 1800, dal Piemonte si diressero in Sud America, la cui scelta ha fatto “vivere” le fasi del Conclave, elettori chiusi…“con chiave” nella Sistina, in “diretta” Tv, a tutto il mondo, con i cardinali, gli “incardinati” appunto nella “romana ecclesia”, segregati e riuniti, senza soluzione di continuità, fino alla “finale”, “operata” dai due terzi del Collegio…ma soprattutto dal…Superiore, ha ricordato, specie ai lettori dell’Eco, alcuni “papi” che, nell’antico, ebbero i natali in Magna Grecia, tra Lucania e Calabria, più propriamente nella terra dei Bretii, che si estendeva dai confini meridionali della Basilicata, in quella che si chiamò poi la III° Regione Augustea. Francesco I° viene “dalla fine del mondo”, così era “scritto” all’ingresso del paesino argentino dove approdò il nonno, rappresentante, chissà se

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oggi “camminando sui prati fioriti dell’eternità ha ricordato, con un certo orgoglio per il nipote papa, anche le valige di cartone, i panni miseri, la fame e la miseria sopportati cristianamente”, di quei milioni di italiani che dal nord e dal sud soprattutto della penisola “cercarono” fortuna in terra “americana” (moltissimi non la trovarono) e tantissimi sono morti, poi, in condizione peggiore…di quella che avevano lasciato e da cui erano fuggiti. Che il “nuovo Papa della Cristianità e Cattolicità”, pur con il carico dei suoi anni, quando fu eletto Giovanni XXIII subito si disse che sarebbe stato “di transizione” e invece trasformò e mise in cammino la Chiesa, riprenda il filo logorato del rapporto con i popoli di tutto il mondo e soprattutto con gli europei (basta leggere i “numeri” dei praticanti nei diversi continenti per avere un quadro chiaro della situazione) e rilanci radicalmente il “messaggio evangelico”. Chissà quando e in che… secolo futuro verrà “prescelto” per il soglio di Pietro un “cardinale” o un “vescovo” del meridione d’Italia o addirittura un calabrese o un lucano: sarà allora festa grande… in cielo e in terra!

che vivevano accanto a lui, alcune da tempo, “conciliato” sempre con il suo Signore. Per quel che possiamo intuire, l’unico rimpianto, forse, di Don Orazio è stato il “progetto” di un “Centro di Spiritualità”, che voleva realizzare a Piano Grande, che non ha portato a compimento: chissà se qualche… volenteroso locale raccoglierà il testimone! Era di Francavilla Marittima, Don Orazio Guaragna, ove era nato il 5 marzo 1936, da Francesco, un muratore… granitico, e da Maria Bracco, casalinga, donna di fede… granitica, soprattutto devota alla Madonna, tanto da affidare alla Vergine quel suo secondogenito, appena nato, perché… potesse diventare… sacerdote! Seminarista a Cassano, Orazio divenne sacerdote il 9 luglio del 1961 e, dopo aver svolto per un anno a Catanzaro il compito di vice-rettore, fu “destinato” a Scalea, che considerava la sua seconda patria. Aveva conseguito, con lode, dopo aver superato il ciclo previsto, il Diploma di Teologia presso la Pontificia Facoltà dell’Italia Meridionale Sezione S. Luigi di NapoliPosillipo e non aveva mai tralasciato l’“approfondimento” dei suoi studi, e, alla fine degli anni ’70, con entusiasmo, aveva “accolto il cammino neocatecumenale”, una esperienza nuova, nella sua parrocchia, anche e soprattutto sotto la “spinta” di un altro confratello, don Michele Oliva, anch’egli ormai… tra i più da qualche mese. Di animo mite, ha vissuto, Don Orazio Guaragna, “sacerdote” al servizio degli altri fino all’ultimo istante di vita: è tornato, adesso, certamente nella “casa del Padre”, a proseguire il “lavoro” di recupero delle “pecorelle del suo gregge”!

CONDOGLIANZE

La redazione del Diogene partecipa al dolore che ha colpito la famiglia Luongo - Novello per la perdita della cara Silvana, deceduta dopo lunga malattia. Alla nostra cara, sempre gentile e premurosa amica e socia Anna Luongo, sorella della sfortunata Silvana, vanno le più sentite condoglianze da parte del Direttore e della Redazione del Diogene. Alla famiglia De Cesare-Senatore, vanno le più sentite e sincere condoglianze, da parte del Direttore e della Redazione del Diogene, per la scomparsa dell’affettuoso amico della prima ora Giacomino De Cesare, con una nota particolare all’affettuoso nipote Carmelo Carrozzino, nostro amico e sempre disponibile socio. Il Direttore del Diogene e la Redazione tutta, si uniscono al dolore che ha colpito la famiglia Chemi per la scomparsa del caro Natale Tommaso Chemi, amato genitore dei nostri cari amici ed affezionati soci Secondino e Romano. Natale Tommaso era nella sua grande semplicità, una persona, mite, educata dotata di grande umanità e altruismo. A chiusura di giornale, apprendiamo con grande dispiacere, l’improvvisa e immatura scomparsa del vigile urbano prajese Bruno Mammì. La Redazione porge sentite condoglianze alla famiglia. La Redazione si unisce al dolore che ha colpito la famiglia Mingrone per la dipartita del caro Leo. Alla moglie sig.ra Emilia, ai figli Giuseppe e Maria Assunta, a Mauro e Antonella e al fratello Tonino, nostro amico e socio vanno le più sentite condoglianze.


Marzo • Aprile 2013

SPETTACOLO E TURISMO

Proposta di cittadinanza onoraria

MARCO BALDINI: DA FIRENZE VIA ROMA-SCALEA

Innumerevoli sono i proverbi che riguardano l’amicizia, ma non ci si rende mai conto di quanto siano realistici finché non ci si trova nei guai e davvero un amico viene a salvarci: ce lo racconta Marco Baldini. Lo speaker di Radio Deejay, molto amico di Fiorello, ha ripercorso il periodo in cui è stato vittima della spirale del gioco, che gli fece accumulare “5 milioni di debiti, 10 miliardi di vecchie lire, poi vennero le tasse e gli strozzini”. Sulla sua storia, Baldini ha scritto un libro, Il mattino ha l’oro in bocca, da cui è stato tratto un film con protagonista Elio Germano, Il giocatore (ogni scommessa è debito). Il vizio di Baldini è cominciato in maniera banale, come dice lui per «pigrizia mentale: quando cominciai a lavorare a Radio Deejay vidi che tutti erano più ricchi e famosi di me. E per diventarlo altrettanto caddi dentro alla voragine del gioco. E quando succede non ne esci più». «La voragine diventa sempre più profonda, si perde la stima di se stessi e di tutti, ci si allontana dagli amici». Eppure Baldini è stato fortunato, perché «nostro Signore mi ha dotato di quella vena di pazzia che nel lavoro mi ha dato una mano», e la fortuna è stata trovare dei veri amici, che gli sono venuti in aiuto: «Amici molto cari, come Linus e Fiorello, ma potrei anche citarne altri, e mia moglie». Senza il loro sostegno, forse, oggi Marco Baldini non potrebbe dichiarare che quella con il gioco “è una storia chiusa” né proclamare, giustamente: «Agli amici devo tutto!». Marco Baldini che ho incontrato e intervistato la prima volta a Scalea, circa tre anni fa, negli ultimi tempi, l’ho visto un paio di volte a Roma in piazza Balduina, nei pressi della rinomata e frequentata pasticceria “Sicilia”. La spalla di Fiorello, si è dimostrato sin dal primo contatto una persona cordiale, simpatica e disponibile. Ricordo con gioia e soddisfazione le sue parole: «Chiamatemi quando volete, io sono e sarò sempre a vostra disposizione per qualsiasi occasione e ben felice di fare qualcosa di buono e utile per Scalea che frequento e amo sin da ragazzo… Ricordate che io sono un grande amante della vostra

straordinaria cucina e del vostro peperoncino piccante che spalmo sul pane anche a colazione». Marco, il successo esploso negli ultimi anni lo merita tutto e non è vero, come lui stesso afferma, che il merito della sua rinascita artistica e personale è, principalmente, merito degli amici. Sicuramente persone come Fiorello hanno fatto tanto per lui, però, l’impennata maggiore alla sua sbalorditiva carriera è merito suo e della sua grande forza di volontà e della sua determinazione. Di questo sono contento e fiero perché da molto tempo conosco papà Giuseppe, speciale amico e socio della prima ora del Diogene, persona squisita, affabile, affettuosa, generosa, altruista e dall’educazione infinita: un gran signore di Firenze che da molti anni frequenta e soggiorna a Scalea, dove ha preso casa proprio nella parte più caratteristica, antica e suggestiva del Centro storico, nelle cosiddette “case cadute”. Qualche tempo fa, Giuseppe Baldini, per motivi di salute e di età, aveva velatamente manifestato, seppur a malincuore, l’intenzione di vendere casa e di andare via da Scalea, notizia che ci ha in qualche modo rattristato. Non incontrarlo più a Cimalonga, tra le viuzze del Centro storico, per noi che abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo, sarebbe davvero triste, anche perché, il figlio Marco, pur con le sue fugaci visite estive, con la “scusa” di papà Giuseppe, lavoro permettendo, un paio di volte l’anno è presente a Scalea. Ricordiamo piacevolmente che il mite e buono Giuseppe, si fa volere bene da tutti gli abitanti di Scalea vecchia che lo rispettano e stimano. Nel mese di agosto, in occasione della tradizionale festa folkloristica de “L’Improvvisata”, si fa in quattro per aiutare l’amico di sempre e organizzatore Ercole Serra, per far sì che la serata riesca alla grande, occupandosi personalmente anche della parte elettrica. Questi sono Giuseppe e Marco Baldini, persone perbene che hanno scelto Scalea come seconda patria e noi ne siamo onorati e orgogliosi, anzi, ci facciamo portavoce presso l’amministrazione comunale, affinché sia data loro la cittadinanza onoraria con una cerimonia ufficiale presso la Casa comunale, come avvenuto per altri personaggi meritevoli di tale riconoscimento. (N.M.)

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9 Problemi nostri. Specchietto retrovisore

UNA PREMESSA INDISPENSABILE PER ATTIRARE TURISMO di Settimio Forestieri

Un problema di vitale importanza e più che mai attuale è quello della valorizzazione, oltre che dal lato economico, da quello turistico di questa zona, ove la vita trascorsa si è espressa nelle più possenti forme di civiltà e d’arte ed ora langue in un torpore che è di attesa di nulla. Un fremito di rinascita aleggia si, nell’aria e negli intenti degli uomini, se comitati turistici vanno qua e là sorgendo con dovizia di programmi ed ammirevole nobiltà di propositi, ma solo pochi sentono il problema che rimane lontano ed incompreso ai più. Occorre perciò, in primis, far sì che tutti si rendano consapevoli di quel che il patrimonio naturale ed artistico rappresenti e come esso sia produttivo di notevoli rendite, alla stregua di un qualunque altro bene economico e forse ancor di più, poichè le entrate turistiche avvengono in moneta pregiata nella bilancia dei pagamenti. Al metro dell’utilità economica, lo Stato e quindi la collettività, anche se sforniti di sensibilità per il bello, la natura e l’arte, finiranno per rendersi conto di quel che valgano certe ricchezze, specie nel Mezzogiorno, ove piaga viva è la lacuna del sistema economico italiano, che non consente la integrale utilizzazione delle risorse produttive e di notevoli forze di lavoro disponibili. Fatto comprendere tanto, si può pian piano giungere a far capire anche l’importanza, dal punto di vista culturale e d’arte, oltre che d’ogni altra indole, d’un patrimonio non comunemente valutabile. Ed ognuno finirà per sentire come uno dei doveri principali, morale e civico, quello di cooperare per mettere in luce e conservare una così inestimabile ricchezza di valore universale. Creando una coscienza pubblica per la difesa delle bellezze naturali ed artistiche, non solo si eviterà il deterioramento di tale patrimonio, non sufficientemente difeso dagli appositi organi di tutela, ma si contribuirà pure alla messa in luce di tesori, specie archeologici, che altrimenti rimarrebbero sempre ignoti o sepolti per sempre sotterra. Che dire poi degli altri sconci che si verificano a detrimento del paesaggio e delle vedute panoramiche? Ma disperare non bisogna. Si cominci subito ad opera proprio di questi comitati turistici a far piazzare subito in tutte le zone d’interesse storico, culturale ed artistico, cartelli ammonitori ed indicatori, si corra subito ai rimedi. Da soli e senza remora alcuna. Senza attendere l’intervento dello Stato che, se interviene, non lo fa mai d’anticipo o quanto meno a tempo opportuno. Ricordiamoci che noi siamo un po’ come quell’asino che rischiava di essere schiacciato fra due pesi, avendo la costiera amalfitana e Paestum da un lato e Taormina e Siracusa dall’altro. (Tratto dal Diogene Moderno del 30 marzo 1958)


Marzo • Aprile 2013

SALUTE E BENESSERE

TURISMO SANITARIO: UN’ABITUDINE ORMAI DIFFUSA di Gian Enrico Zamprotta

Questo stato di cose comporta ingenti aumenti di spese sia per il settore, sia per l’utenza e fornisce argomenti a tutti coloro che amano gettare fango sul Sud ed in particolare sulla tanto vituperata Calabria, considerata culla di tutti i mali e di ogni inefficienza. Una simile convinzione, può essere parzialmente vera per quanto riguarda le strutture, grazie anche alla maggior profusione di fondi su aree maggiormente popolate del Paese e quindi con maggiori esigenze numeriche, certamente, però, non è valida per la professionalità degli operatori sanitari, siano essi medici che paramedici. Una piccola riflessione, permette di avvalorare l’affermazione: quando ci rechiamo, per farci curare, presso strutture sanitarie di altre regioni, nella maggior parte dei casi, gli operatori medici ed i loro coadiutori, sono del meridione ed il nome ne svela le origini, a partire dai primari per finire agli ultimi collaboratori. Più volte in passato questo giornale si è occupato del problema pubblicando con puntualità narrazioni di lettori ed articoli sia contro che pro l’efficienza sanitaria locale. Personalmente mi sto cimentando per la seconda volta a favore della professionalità degli operatori locali del settore. Nel corso dell’autunno 2012 ero stato costretto ad un ricovero presso l’Ospedale di Cosenza, ricevendone cure e prestazioni professionali a mio parere di alto livello. Nel febbraio 2013, complice, forse l’età, ho avuto necessità di una operazione di microchirurgia oculistica, per evitare di perdere del tutto la possibilità di vedere. Come sempre, fiducioso, dell’abilità e competenza degli operatori locali, malgrado i consigli di amici e conoscenti che avevano avuto problemi analoghi

e si erano recati in vari centri a Roma, Milano, Bologna o Torino, ho preferito rivolgermi al vicino, piccolo e non rinomato Ospedale di Cetraro. Qui, nel reparto di oftalmologia, retto dal primario prof. Capparello, ho avuto il piacere e sottolineo piacere di essere visitato, curato, preparato ed infine operato dalla dottoressa Anna Canfora, che, con maestria, professionalità ed oserei dire amore per la professione, mi ha restituito luci e colori che avevo quasi dimenticato, in parte rassegnandomi a vivere in un mondo di apparente nebbia e cammino a tentoni. A queste persone va il mio profondo grazie, che mi sento di estendere al settore sanitario Calabrese, non solo autore di misfatti e di malasanità, ma anche autore di soddisfacenti eccellenze. Sarebbe utile che quando abbiamo una necessità, prima di metterci in viaggio per raggiungere questo o quel famoso centro del “nord” ci guardassimo intorno ed utilizzassimo ciò che abbiamo a portata di mano, altrettanto utile e funzionale, con notevole risparmio personale e collettivo e ciò, in tempi di crisi, credetemi, non è poco.

Dona sangue… Dona vita!

UNA VOLTA TANTO IL SUD AIUTA IL NORD

Entro il 2020 avremo un calo di donatori di circa il 6%, con un aumento del fabbisogno del 3% (perché sta invecchiando la popolazione, quindi diminuiscono i donatori ed aumenta, invece, la richiesta del sangue). La FIDAS sta organizzando incontri nelle scuole superiori per sensibilizzare le nuove generazione alla donazione del sangue. L’Italia è autosufficiente con un fabbisogno nazionale del 43%0 (43 sacche per ogni 1.000 abitanti). Vengono consumate circa 8.000 sacche al giorno e 2.600.000 all’anno.

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La Calabria fornisce circa il 32%0 di sacche. Grazie al lavoro della FIDAS di Paola e alla sensibilità dei cittadini, paesi come Scalea, Orsomarso, Verbicaro e Santa Maria del Cedro, raccolgono addirittura sacche con valori intorno al 50%0. L’Alto Tirreno Casentino è autosufficiente, cioè la quantità di sangue che raccogliamo ogni anni soddisfa le richieste della zona, non solo ma grazie, al nostro lavoro di raccolta, riusciamo ad aiutare gli ospedali di Cosenza e Rossano, e due anni fa abbiamo, addirittura, inviato delle sacche in Toscana e Lazio (il Sud che aiuta il Nord). Attualmente la FIDAS conta 18 sezioni sulla costa, più i paesi dell’interno. Da 5 anni i responsabili della FIDAS di Scalea sono i medici Virgilio Forestieri e Domenico Benvenuto. Personale di bordo: Genoveffa Gravina e Gabriella Gravina, gentilissime infermiere professionali. La segretaria è la sempre disponibile Giovanna Di Natale. L’autista ausiliario è Alessandro Caruso.

10 L’ECCESSO DI SALE UCCIDE 2,3 MILIONI DI PERSONE ALL’ANNO NEL MONDO

Pericolo sale: un uso eccessivo può portare alla morte. Un allarme lanciato da Dariush Mozaffarian, epidemiologo della Harvard School of Public Health di Boston, che ha condotto uno studio sull’argomento. I risultati sono allarmanti: il sale “uccide” 2,3 milioni di persone ogni anno nel mondo a causa di infarto, ictus e altri problemi cardiovascolari. E consumiamo sale anche senza rendercene conto, presente nei disparati alimenti che quotidianamente acquistiamo nei supermercati. Solo il 20% di quello che assumiamo pro capite è di condimento. E ben il 65% della popolazione mondiale ne utilizza il doppio della dose giornaliera (1,5-2 grammi) che i medici consigliano. Tra i paesi più a rischio c’è proprio l’Italia, la culla del bel mangiare: recentemente, infatti, era stata pubblicata un’altra ricerca, dalla quale risultava che gli italiani assumono ben 10,8 grammi di sale al giorno, 12 gli uomini, 10 le donne. Cosa aggiungere, peggio di noi solamente l’Ungheria. I ricercatori di Boston hanno analizzato numerosi studi e incrociato dati sul consumo di sale ed eventi cardiovascolari con esito mortale. Ne è venuto fuori che il 15% dei decessi per cause cardiovascolari sono legate allo smodato utilizzo di sale. Ma il “troppo” farebbe male, oltre che al cuore, anche al cervello, con un aumentato rischio di incorrere nell’Alzheimer. Lo sostengono alcuni ricercatori dell’Università di Toronto, secondo cui gli anziani che hanno diete ricche di sale e fanno poco esercizio fisico hanno un declino mentale più rapido rispetto a quelli che sono più accorti nel dosare il condimento. Insomma, sarà pure auspicabile “avere sale in zucca”, ma il troppo fa male al cuore e al cervello.

I CIBI CHE ALLUNGANO LA VITA

I broccoli I broccoli contengono sulforafano e altri antiossidanti che aiutano a proteggere la salute delle cellule dai danni dei radicali liberi. Il cioccolato fondente Grazie ai flavonoidi, il cioccolato fondente è in grado di ridurre l’infiammazione delle cellule che ne causa l’invecchiamento e la morte. Le fragole Le fragole contengono degli antiossidanti chiamati antocianidine che aiutano a regolare le funzioni del cervello e i muscoli. Le noci Le noci contengono una grande quantità di acido alfa linolenico che contiene omega-3 e riduce le infiammazioni. I cereali I cereali sono ricchi di antiossidanti, vitamine e fibre che proteggono dal colesterolo e regolano i livelli di zucchero nel sangue, prevenendo il diabete. I pomodorini I pomodori contengono una grande quantità di licopene un componente che combatte il cancro come quello alla prostata e all’apparato digerente.


LE VIE DEL GUSTO PRESENTATA LA “LONZA DI MAIALE NERO DI CALABRIA AL PROFUMO DI CEDRO”

Marzo • Aprile 2013

L’associazione “Scalea nel piatto” che si occupa della promozione turistica attraverso l’enogastronomia locale, ha presentato nel mese di marzo scorso, alla presenza del gota della stampa locale, al vicesindaco del comune di Scalea Giuseppe Forestieri e all’assessore al turismo ed al commercio Fabio Ferrara il nuovo piatto mediterraneo per il 2013. Nel corso dell’interessante conferenza stampa è stata presentata la composizione e gli ingredienti del nuovo piatto che va ad aggiungersi a quello altrettanto apprezzato presentato nell’estate del 2011, per l’appunto, gli ormai noti e sempre più richiesti “raschiatielli pacci”. Una pasta fatta a mano con l’aggiunta di bucce di cedro, alici e peperoncino che, in questi due anni, è stata ottimamente servita nei quattordici ristoranti di Scalea e portata in giro per l’Italia in manifestazioni enogastronomiche per rappresentare la nostra antica città, insieme al suo variegato comprensorio, a dimostrazione delle sue ricche tradizioni culinarie. Il piatto per l’anno 2013 parlerà ancora di prodotti del territorio e sarà su tutti i menu degli associati allo stesso prezzo. In questo modo, il turista potrà trovare un prodotto altamente mediterraneo in chiave moderna, come espressione della tradizione, ma allo stesso tempo, al passo con i tempi. «Noi - fanno sapere gli associati di “Scalea nel Piatto” - pensiamo che la gastronomia sia, oltre che un momento di aggregazione e grande delizia per il palato, un punto di forza per l’intero comprensorio e parlare di enogastronomia significa farsi conoscere per quello che siamo ma, soprattutto, per noi gastronomia significa veicolare turismo, economia e tradizione. Infine, consci e sempre più forti del nostro immutato convincimento, crediamo in questo ambizioso progetto pubblicitario che diventa una quinta essenza della nostra fantastica e straordinaria “Riviera Calabra di Ponente dell’Alto Cosentino”». Infine una nota particolare va all’intero gruppo di associati di “Scalea nel Piatto”, per la sontuosa e gustosa cena offerta ai soddisfatti e divertiti presenti che, logicamente hanno potuto deliziarsi assaporando il piatto clou della serata, per l’appunto: “Lonza di maiale nero di Cala-

bria al profumo di cedro” accompagnata da un buonissimo vino rosso abbastanza corposo, dell’Azienda Agrituristica “La Rondinella” di Scalea. La ricetta LONZA DI MAIALE NERO AL CEDRO Ingredienti: 1 kg. di lonza di maiale nero, 2 cedri non trattati, 10 cl. di olio extravergine di oliva, 5 cl. di liquore al cedro, sale q.b. Preparazione: Leghiamo, con dello spago da cucina, la lonza. Laviamo il cedro e peliamolo utilizzando solo la buccia verde eliminando la parte bianca, tritiamo con il coltello e cospargiamo la carne del cedro ottenuto aggiungendo un filo d’olio. A questo punto, mettiamo in forno per due ore a 140°. A fine cottura versiamo sopra la carne il liquore al cedro, aggiungiamo un pizzico di sale e lasciamo ancora in forno per dieci minuti. Una volta tirata la carne fuori dal forno, lasciamo raffreddare e tagliamo la lonza a fette sottili con l’affettatrice. Al piatto: Il condimento di riporto dell’arrosto verrà messo in una ciotola con il resto dell’olio e le bucce di cedro per insaporire e arricchire le fettine di lonza poste nel piatto a forma di margherita. *Si può servire anche fredda.

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OLIO EXTRAVERGINE: UNA RICCHEZZA DELLA NOSTRA TERRA

Presso il Frantoio “Terre del Lao” dei F.lli Pugliese, in località Sant’Angelo di Scalea si è svolto l’interessante convegno-evento con relativo “Corso teorico-pratico di degustazione degli oli extravergini d’oliva”. Il Corso che aveva come sottotitolo: “conosci quel che mangi” era presieduto da rilevanti esponenti del CRA-OLI, tra i quali il dott. Innocenzo Muzzalupo, coordinatore del progetto Certolio, era rivolto a tutti gli appassionati di gastronomia e, in particolare, dei prodotti della filiera olivicola olearia al fine di meglio conoscere il mondo dell’olio extravergine di oliva. Il Corso è stato realizzato grazie alla collaborazione tra i F.lli Pugliese ed il CRA, Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura e del Centro di Ricerca per l’Olivicoltura e l’Industria Olearia, nella persona del dott. Muzzalupo. La due giorni, ha visto, oltre ai più di 20 partecipanti al Corso, la presenza di un pubblico interessato e attento. Il Frantoio F.lli Pugliese, dopo aver presentato e commercializzato con successo il Certolio (olio al cedro), tra qualche giorno presenterà e immetterà sul mercato oleario, l’atteso olio al peperoncino, una vera novità per la gastronomia perché, questo nuovo prodotto è lavorato in contemporanea con la spremitura delle olive e non come avviene in altri posti con la semplice e inopportuna aggiunta finale del peperoncino nell’olio che non può mai

avere quel fantastico e gustoso retrogusto dell’ultimo arrivato della famiglia Pugliese. Provare per credere!

Frantoio F.lli Pugliese

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11 ILVINO DEL CONTADINO: una iniziativa sempre più lodevole e degna di attenzione

Anche quest’anno, come consuetudine, la Pro Loco di Santa Domenica Talao ha organizzato la IV Edizione del Concorso e Convegno: “Il Vino del Contadino”, manifestazione volta a riscoprire e valorizzare il vino, antico prodotto della nostra terra. I vini in gara da giudicare e votare erano oltre 20. La giuria composta dal nostro direttore Nando Manco, dalla presidente di “Scalea nel piatto” Francesca Russo, dallo chef Enzo Grisolia e dal cultore del cedro Franco Galiano, dopo la lunghissima sequenza degli assaggi-degustazione per valutare il colore, l’olfatto e il gusto, così si è espressa: Primo classificato è risultato il vino proposto da Antonio Battaglia; secondo Luigi La Greca e terzo Rocco Marcello Sirufo. Alla fine della bella e seguita manifestazione i ringraziamenti di rito e i saluti alla quinta Edizione del 2014. Non per copiare (questa di Santa Domenica va sempre più sostenuta e migliorata) ma per allargare gli eventi eno-gastronomici, anche Scalea che, un tempo spediva e dava i suoi pregiati vini per le tavole dei principi e in particolare per quella dei papi (famoso e apprezzatissimo era il chiaretto di Scalea), potrebbe allertarsi, senza antipatici accavalli, per dare luogo ad una manifestazione sulle sue pregiate uve e sul suo ottimo vino. I produttori e i contadini che si cimentano in questa bellissima e nobile arte non mancano, anzi, sono tanti e pure bravi. La Pro Loco presieduta dall’ottimo e sempre attento e sensibile presidente Giovanni Le Rose, fin da adesso potrebbe stilare un programma di contatti per la possibile fattibilità di programmare per il prossimo anno una manifestazione del genere.


LE VIE DEL GUSTO

Marzo • Aprile 2013

12

Sfogliata di carciofi al prosciutto

Gusto CONSIGLIATE DAL DIOGENE Aglio olio e asparagi

Ingredienti per 4 persone: • Asparagi verdi fini (1 mazzo), aglio (2 spicchi), olio extravergine di oliva q.b., maggiorana (facoltativa), Pasta di grano duro o tagliatelle di farro (q.b.), sale (q.b.), parmigiano o altro formaggio dolce. Cuocere gli asparagi a vapore o lessarli con pochissima acqua e conservare l’acqua di cottura (senza sale). Tagliarli a pezzettini. Aggiungere l’acqua di cottura degli asparagi a quella (salata) usata per cuocere la pasta. Preparare la base per l’aglio e l’olio (con già dentro la maggiorana se disponibile). Quando si toglie la pasta (molto al dente) dal fuoco per scolarla far partire l’aglio e olio a fuoco vivace. Appena comincia a sfrigolare aspettare dieci secondi ed aggiungere al tegame la pasta scolata e gli asparagi. Spadellare per un minuto e servire sotto una montagna di parmigiano. Frittata con asparagi selvatici e speck

Gli asparagi selvatici, utilizzati per preparare questa deliziosa frittata, sono più sottili e amari rispetto a quelli coltivati e il loro sapore è molto più accentuato. Per arricchire la frittata abbiamo aggiunto dello speck o del salame calabrese e del formaggio grattugiato: un piatto molto saporito che si prepara in pochissimo tempo e può fungere da antipasto o stuzzichino (tagliato a piccoli cubetti) o da sostanzioso secondo piatto. Ingredienti: • Asparagi selvatici 500 gr., olio di oliva extravergine 5-6 cucchiai, parmigiano reggiano grattugiato 2 cucchiai, pecorino grattugiato 2 cucchiai, speck o salsiccia a pezzetti 80 gr., uova di gallina medio-grandi 5, pepe macinato a piacere, sale un grosso pizzico Eliminate la parte legnosa del gambo degli asparagi, quindi lavateli. Lessate gli asparagi ponendoli in una pentola alta e stretta con le punte fuori dall’acqua; quando saranno cotti (circa 10 minuti dal bollore dell’acqua) scolateli e lasciateli sgocciolare per bene, quindi tagliateli a pezzi. Nel frattempo, in una ciotola, sbattete le uova e aggiungete il formaggio grattugiato, il sale, il pepe, lo speck a pezzetti e infine gli asparagi tagliati. Mescolate tutti gli ingredienti. In una padella, versate 5-6 cucchiai di olio extravergine d’oliva, fatelo scaldare e poi unite il composto precedentemente preparato che farete cuocere a fuoco dolce per qualche minuto. Girate la frittata premendo un coperchio (o un piatto) leggermente più largo della padella che state utilizzando, poggiatelo sulla padella e, tenendolo ben premuto su di essa, girate il tutto. A cottura avvenuta fate scivolare la frittata su di un piatto da portata e quindi servitela calda.

Si tratta di una sfogliata con carciofini e prosciutto cotto: una vera delizia. È una torta salata semplicissima e allo stesso tempo super golosa, grazie anche allo stracchino. È un’ottima idea per un aperitivo o come secondo per un pranzo informale all’aria aperta, oppure da portare a casa di amici. Ingredienti per 6 persone: • Un vasetto di carciofini sott’olio, 2 rotoli di pasta sfoglia, 150 gr. di stracchino, 100 gr. di prosciutto cotto.
 Stendere la prima sfoglia sul fondo di una placca da forno ricoperto con carta forno e bucherellarla. Frullare i carciofini con un po’ del loro olio fino a ottenere un patè e spalmarlo sulla sfoglia. Distribuire lo stracchino a tocchetti sopra il patè e, in ultimo, coprire col prosciutto cotto. Sovrapporre la seconda sfoglia, facendola combaciare con la prima, e fare un piccolo bordo per sigillare il tutto. Bucherellare leggermente, cuocere in forno a 200° e lasciare cuocere fino a che la pasta sfoglia non sarà gonfia e dorata.


 Bianco di rombo ai profumi mediterranei

Ingredienti: • 4 filetti di rombo, 80 gr. di olive taggiasche, 2 cucchiai di capperi di Pantelleria, 12 pomodorini Pachino, un’acciuga fresca, olio extravergine d’oliva q.b. Salate, pepate e infarinate i filetti di rombo. Rosolateli in una larga padella antiaderente con qualche cucchiaio di olio fino ad averli ben dorati. In una padella a parte soffriggete l’acciuga e i capperi dissalati con 2 cucchiai di olio, unite le olive e i pomodorini tagliati a meta o in quarti, cuocete per 3-4 minuti. Passate i filetti di rombo in forno a 160° per 5-6 minuti. Disponeteli sul piatto di portata e copriteli con il sugo di pomodorini. Accompagnate con una fresca insalatina di rucola. Caprese al limone

La torta caprese al limone è un dolce fresco e profumato: l’aroma di limone è perfetto per rinfrescare la bocca a fine pasto, oppure da gustare come invitante merenda. Divertitevi a preparare una buonissima caprese al limone a casa vostra, per uno spuntino sano per i vostri bambini o un fine pasto in compagnia del partner. Ingredienti (tempo di cottura: 1h): • 2 limoni, 100 gr. di mandorle già pelate, 80 gr. di zucchero a velo, 40 gr. di zucchero, 4 uova, 1 cucchiaino di lievito per dolci, 1 pizzico di sale, 3/4 di bicchiere di olio d’oliva. Rompete le uova e separate i tuorli dagli albumi ponendoli in due ciotole diverse. Iniziate a lavorare i tuorli con lo zucchero aiutandovi con una frusta da cucina. Unite lo zucchero a velo, il lievito e un pizzico di sale. Versate l’olio a filo continuando a mescolare. Spremete il succo dei limoni e grattugiate la buccia. Unite la scorza, insieme a un pizzico di sale, e mescolate bene al fine di amalgamare tutti gli ingredienti.Tritate le mandorle e unite anch’esse al composto. Montate a neve gli albumi e incorporateli con movimenti delicati dal basso verso l’alto. Prendete una tortiera imburratela, infarinatela leggermente e versate l’impasto. Livellate la superficie con il dorso di un cucchiaio bagnato.Infornate a 180° per 30 minuti.

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PAROLA AI LETTORI

Marzo • Aprile 2013

L’edificio dell’ex stazione giace in un lago d’acqua

Situato nel piazzale antistante via T. Campanella, oggi abitato da famiglie di ex ferrovieri, giace in un lago di acqua piovana (oltre un metro di altezza lungo l’intera superficie del sottoscala). «Ovviamente preoccupati, abbiamo più volte sollecitato gli addetti all’ufficio tecnico comunale che si sono recati sul posto per verificare e trovare una soluzione che a tutt’oggi tarda ad arrivare. Nel frattempo lo stabile continua a “galleggiare” pericolosamente dato che il tutto potrebbe comprometterne la solidità. A nostro modesto parere, questo strano fenomeno è dovuto all’esagerato innalzamento del livello d’asfalto, cioè all’accumularsi degli strati sovrapposti nel corso degli anni, nonché ad una vecchia griglia di drenaggio che oltre ad essere insufficiente è anche ostruita. Dato che l’ufficio tecnico si sta comportando come quel medico dell’antico detto: - mentre ‘u miedich(i) studìa ‘u malat(i) mora - non ci resta che appellarci al Diogene, nella speranza che, leggendoci, qualcuno possa prendere a cuore la nostra causa!».

Le famiglie dello stabile ex Stazione

Un’altra causa, come in altre occasioni da noi del Diogene segnalata, potrebbe derivare dall’acqua piovana che scende come un fiume in piena dal poco distante “Monticello”, una serie di colline verdi fino al 1970, pieni di canali e canaletti che facevano sufficientemente affluire l’acqua sul “Tirello” per sfociare poi sul mare. La speculazione edilizia degli ultimi 40 anni, per l’ingordigia di costruire e cementificare tutto, ha spazzato via come una furia tanti importanti e vitali canali comunali che oggi, come accaduto qualche anno fa a poche centinaia di metri dall’ex stazione, in direzione delle palazzine ferroviarie, minacciano di portarsi via intere recinzioni e mura perimetrali. A questo punto, giustamente, i proprietari di questi alloggi non sanno più a che santo rivolgersi per trovare la soluzione più logica e ottimale per risolvere, finalmente, questo annoso caso che non può essere lasciato marcire nell’indifferenza e nell’incompetenza più assoluta.

Dolce ricordo

Caro Nandino, ho appreso, con grande dolore, la scomparsa del mio carissimo amico Antonio Candia. Vorrei, attraverso Diogene, porgere le mie più sentite condoglianze alla famiglia. Grazie e cordiali saluti.

Giuseppe Baldini

È sempre un piacere accontentare una persona cordiale, premurosa e gentile come te, seppur per così poco. Naturalmente ci accodiamo a te ricordando Antonio, vero punto di riferimento, persona simpatica e sempre disponibile verso tutti.

Stop pericolosamente intasati In corso Mediterraneo, all’incrocio di viale Europa (di fronte all’hotel Talao) è parcheggiata quasi sempre, occupando pericolosamente la visuale, a ridosso delle due importanti e trafficate vie, una grossa monovolume di colore nero con targa russa. Stesso discorso vale per via Lauro, di fronte a Zona Blu Viaggi, all’incrocio con via Tito Minniti, dove frequentemente stazionano mezzi a motore (ostruendo la visibilità) adiacenti al segnale di stop. Nella stessa situazione, segnalata nella foto, versano tanti altri stop urbani intasati e difficili da attraversare in sicurezza. In questa tragica crisi, mi chiedo: «sarà che Scalea improvvisamente sia diventata una città senza Polizia Locale?». Nei centri urbani e non, in prossimità di stop e incroci, il codice della strada a quanti metri di distanza prevede che un mezzo debba essere parcheggiato? Tornando a via Lauro è possibile notare macchine parcheggiate disordinatamente sia a destra che a sinistra dove, arrivati a piazza Caloprese, tutto si complica, soprattutto, in prossimità dell’isola pedonale, precisamente nel tratto di giunzione con via Tommaso Campanella diventata, oramai, uno stretto budello con i soliti parcheggi in entrambi i lati. Qui si è obbligati ad immettersi nella strettissima via Oberdan creando, così, un ingorgo snervante per gli automobilisti e pericoloso per i pedoni. Possibile che non si possa intervenire?

Alfonso Perrone

Il traffico a Scalea sta diventando una vera piaga. Più volte abbiamo scritto sull’anomala e discutibile “nuova” segnaletica stradale (ancora pare in via sperimentale) messa in atto dall’amministrazione Basile tre anni fa che crea, oltretutto, disagi e spreco di carburante. A questo punto che dire più? A cosa serve parlare al muro?

Divagazioni sul tema

Il sesso con l’ex

Io e il mio ragazzo ci siamo lasciati, ma continuiamo ad avere rapporti senza però nessuna intenzione di tornare insieme. Le mie amiche sostengono che sbaglio, ma io non voglio smettere finchè non trovo un nuovo fidanzato. Può darmi un consiglio super partes?

A guardar bene, la sua lettera contiene un’affermazione, più che una domanda. Questo significa che lei ha idee molto chiare sulla questione e che difficilmente smetterà di avere rapporti con il suo ex. In genere ascoltare il parere degli altri aiuta a valutare le cose con maggiore oggettività, ma bisogna sempre decidere da soli, e mi sembra che lei lo stia già facendo. Ed è questo che conta.

Lui è un ripiego

Del mio ragazzo non mi piace quasi nulla, né l’aspetto fisico, né il carattere, né il lavoro. Eppure, non riesco a lasciarlo perché ho 40 anni e il timore di non trovare nessun altro. Che faccio, mi accontento?

Ha due strade: o affrontare il rischio (è sicura che esista un’età oltre la quale non troverà un ragazzo?) o accettare che oggi ha solo bisogno di sicurezza e focalizzarsi su ciò che lui offre piuttosto che su i suoi difetti. Non significa accontentarsi, ma fare una scelta dignitosa. Se di lui non le piace niente, aldilà di tutto, come fa a starci insieme? Ha risposto alle lettere il dott. Enrico Parpaglione, psicologo e psicoterapeuta

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L’agenda Legale L’AVV. ANNA MANCO RISPONDE matrimonialista e specializzata in diritto di famiglia

Un mio vicino, di natura violenta, è stato denunciato dal figlio, poiché quest’ultimo, di 19 anni, veniva continuamente picchiato, aggredito, ingiuriato ed offeso anche in pubblico da questo padre. So che questa persona orribile è stata allontanata dalla casa familiare. In base a quale norma? Nel caso che lei mi espone, è stato applicato l’art. 282 bis cpp., secondo cui Il giudice, quando sussistono esigenze di tutela dell’incolumità della persona offesa o dei suoi prossimi congiunti, può disporre l’allontanamento di tale persona, imponendogli di non farvi ritorno e di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa, in particolare il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia di origine o dei prossimi congiunti. Inoltre, il giudice, su richiesta del pubblico ministero, può altresì ingiungere il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto della misura cautelare disposta, rimangano prive di mezzi adeguati. Tale assegno viene quantificato tenendo conto delle circostanze e dei redditi dell’obbligato. Inoltre il magistrato procedente determina le modalità ed i termini del versamento, stabilendo eventualmente che la somma venga corrisposta direttamente al beneficiario da parte del datore di lavoro dell’obbligato, detraendolo dalla retribuzione a lui spettante. L’ordine di pagamento ha efficacia di titolo esecutivo.

DALLAPARTEDELDANNEGGIATO Rubrica a cura del dott. Paolo Tenuta (Studio Legale Tenuta e Manco) Email: paolo.tenuta@gmail.com

Non mi sono fermato allo stop ed ho urtato una vettura che proveniva dalla mia sinistra, ma a forte velocità. Mi spetta il risarcimento? La violazione della segnaletica stradale che impone lo stop, in pratica la fermata, comporta una chiara responsabilità del conducente. Tale responsabilità, di solito, è la causa esclusiva dell’incidente che obbliga il responsabile della violazione all’integrale risarcimento dei danni alla controparte. In tal caso, lei non avrebbe possibilità di conseguire alcun risarcimento. Nella situazione da lei prospettata sussisterebbe, però, un concorso di responsabilità, in quanto, anche l’altro conducente avrebbe violato il limite di velocità. Saremo, quindi, in presenza di due violazioni che consentono di ritenere entrambi responsabili del sinistro. Solitamente la colpa, in questa fattispecie, è ripartita addossandone il 70% al conducente che non ha rispettato lo stop e il 30% a chi ha violato il limite di velocità. Tali percentuali sono indicative, variando a seconda dei casi concreti. Per concludere, lei avrebbe diritto ad un risarcimento pari, più o meno, al 30% dei danni subiti.

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Marzo • Aprile 2013

STORIA E CULTURA

Scalea in 60 anni ha perduto in gran parte il suo antico volto

È L’ORA DEL RECUPERO!

di Bruna Condoleo

Trasformato nel XIV secolo dalla famiglia dei feudatari Romano da Torre a dimora baronale, Palazzo dei Principi fu costruito in forme romanico-gotiche, e una volta passato di proprietà ai principi Spinelli, subì modifiche di gusto rinascimentale. Anche dopo la sconfitta subita dagli Spinelli ad opera di un terribile attacco di corsari nel XVII secolo, la vita del palazzo è continuata con alterne vicende fino al ‘900; dopo essere stato sede della Pretura negli anni ‘40/50, venne dichiarato monumento nazionale nel ’52 e, acquistato dal Comune nel decennio Zito, vide l’ inizio delle prime operazioni di restauro, immediatamente interrotte per un lunghissimo ventennio. Verso la fine degli anni ’90, con l’amministrazione Pezzotti seguirono, finalmente, altri lavori che portarono all’inaugurazione dei saloni che attualmente ospitano la Biblioteca Civica e la Pro Loco e della famosa stanza degli affreschi, già da un po’ di tempo non agibile a causa dell’ingombrante e mastodontica impalcatura di protezione che cerca di tenere in vita gli affreschi danneggiati e a rischio che aspettano (sperando che non sia ormai troppo tardi) di essere restaurati al meglio. Nell’estate del 2011 è ripresa la ristrutturazione del Palazzo grazie ad uno stanziamento regionale di 1.400.000 euro, che prevedeva la restituzione di 1600 mq di superficie interna e della corte, con il rifacimento della pavimentazione interna in cotto ed esterna in acciottolato e cotto, dei serramenti in legno di castagno, con rifiniture d’epoca . Ma nell’inverno dello stesso anno, come prontamente segnalato da Ercole Serra su Diogene Moderno, i lavori sono stati nuovamente interrotti né a tutt’oggi si conosce quando possano riprendere. Un monumento che ha sette secoli di storia, come testimoniano gli affreschi settecenteschi del salone, un edificio maestoso, la cui vita si dispiega assieme alle vicende della Scalea angioina, dell’ importante famiglia di Ademaro Romano, ammiraglio della flotta e Consigliere di Carlo d’Angiò, e della famiglia Spinelli che ne completò l’assetto architettonico-artistico. I caratteri di un paesaggio urbano, reso oggi irriconoscibile, e l’alterazione del contesto ambientale di una città come Scalea, che in 60 anni circa ha perduto il suo antico volto, hanno creato e creano nella popolazione sconcerto e risvolti psicologici da non trascurare, come il senso di perdita dell’ identità culturale. Gli edifici di un paese, infatti, vivono in relazione con un singolare assetto storico cui i cittadini attribuiscono profondi significati culturali, esistenziali e umani. I monumenti architettonici costruiti nel corso del tempo sono, per ogni comunità urbana, i segni e le testimonianze inalienabili di un particolare humus che permea di sé la vita di ognuno, in cui riconoscere le proprie radici e prendere atto del valore prezioso della memoria collettiva. Da ciò l’importanza di perseguire una cultura della tutela e della conservazione che permetta la coesistenza tra realtà del passato e contemporaneità, in uno spirito di equilibrio dinamico, di rispetto e non di espropriazione o di negazione del preesistente. L’urgente necessità di portare a termine i lavori di ristrutturazione di Palazzo dei Principi non consente più rinvii per lo stato d’abbandono dell’edificio e per il degrado cui vanno incontro giorno dopo giorno murature, pavimenti, chiostro, giardino (orribilmente cementificato!) e soprattutto i sopracitati apprezzabili affreschi parietali e del soffitto, con scene bibliche e mitologiche. Terminare i restauri e attualizzare il Bene permettendogli di continuare

...dalla prima

a vivere, grazie ad una gestione che, oltre a ripristinare antiche consuetudini (eventi teatrali, convegni, scuole di recitazione, etc), proponga nuove fruibilità e nuovi spazi per le iniziative culturali dei cittadini: questo l’impegno che tutti devono sentire come imperativo etico. Nuovo e antico possono coesistere, l’architettura contemporanea lo ha dimostrato: reintegrare le parti perdute di un edificio vuol dire non solo restaurare a regola d’arte ciò che è possibile restaurare, ma anche riutilizzare altre parti di minore interesse storico senza danneggiare il preesistente e senza alterare l’antichità del Bene come accaduto in occasione dello stravolgimento del bellissimo giardino del chiostro che tanto incanto destava durante le indimenticabili serate culturali e di concerti jazz. Per fare ciò bisogna avere un approccio di natura storico-artistica con il monumento da restituire, ovvero conoscere i suoi processi evolutivi e la storia della città, come nel caso di Palazzo Spinelli, che ha goduto di momenti di grande prestigio quando divenne tra XVII e XVIII secolo cenacolo culturale di celebri letterari, filosofi e artisti, nonché sede di importanti spettacoli teatrali. Ogni modello futuro di sviluppo deve prendere in considerazione la stratificazione e il consolidarsi di portati storici e farsi carico delle problematiche del paesaggio, quanto mai importanti in una città come Scalea. Cosa fare, dunque? Mi permetto di fare qualche proposta: una petizione di cittadini, con raccolta di firme online, da presentare alle Autorità regionali e comunali per l’immediata ripresa e ultimazione del restauro; rivolgersi a Fondazioni e ad Associazioni serie, come il FAI, che possano impegnarsi, anche parzialmente, nella ricostruzione degli edifici, affidando l’eventuale ripristino a professionalità di alta competenza (restauratori) e a ditte specializzate, capaci di realizzare progetti integrati e corretti nelle finalità da raggiungere relativamente agli aspetti tipologici, morfologico-architettonici e strutturali del Bene da restaurare. Assieme al pubblico, appare determinante anche l’apporto del privato (Banche, Società e Aziende sponsorizzatrici, mecenatismo...), come accade in molte realtà geografiche del Paese, poiché conservare i valori storico-paesaggistici vuol dire mirare ad una riqualificazione economica e turistica della città. Tutelare il tessuto urbano significa abolire coraggiosamente gli scempi che deturpano l’ambiente, nella fattispecie di Scalea la visione del borgo antico e alterano l’interazione tra paesaggio e strutture architettoniche, come avviene, ad esempio, per la gigantesca tettoia installata già da diversi anni dall’Agip, che impedisce la fruizione panoramica del Centro Storico affacciato su via Michele Bianchi. Inoltre, consentire la visita di edifici già restaurati, come palazzo Migliari e Pallamolla, incomprensibilmente chiusi al pubblico, sembra il minimo della disponibilità verso la cittadinanza e verso i turisti! È tempo che ognuno di noi divenga custode, esigente e propositivo, del Patrimonio storico della nostra Calabria, ideando progetti sostenibili in grado di produrre ritorni culturali ed economici. Mettere risorse e competenze personali al servizio delle nuove generazioni è, a mio modesto avviso, uno dei modi per risollevarsi dalla crisi. Diceva Bertold Brecht: «Se vuoi essere universale, parla del tuo paese”, evidenziando con questo aforisma che nel particolare si rispecchia l’universalità del pensiero e dell’azione».

14 LEGAMI STORICI TRA PARMA E LA CALABRIA di Margherita Portelli

...dalla prima

Palazzo Comunale di Parma

Al suo attivo, il professore 69enne nativo di Praia a Mare, ha una ventina di libri e centinaia di articoli pubblicati su diverse riviste. Nel cassetto, insieme al suo primo contratto a “Il Tempo” che porta la firma di Pino Rauti, conserva ancora i numeri del periodico di cui è stato fino a poco tempo fa direttore, “Diogene Moderno”, e pile di libri che trattano le storie nascoste di una terra lontana. «Cominciai a scrivere non appena intrapresi la carriera di insegnante -racconta nello studio della sua abitazione di via Rosselli, quartiere San Leonardo-. Non sono mai stato un appassionato della “grande 2 storia, quanto, piuttosto, di quella che viene definita “storia minore”: le piccole vicende nascoste, i personaggi». E da quando è a Parma, Celico si è rifugiato nelle biblioteche cittadine per i suoi studi, scoprendo diversi legami tra la nostra storia e la sua terra. «Ho pubblicato articoli di approfondimento sulla storia del legame tra i Sanseverino di Marcellinara, storica casata calabrese, con i Sanvitale -accenna lo studioso-, ma mi sono occupato di Parma anche in tanti altri studi. Dalle antiche origini cosentine di Guido Maria Conforti, proclamato santo nel 2011, alle vicende di alcuni llustri dame emiliane dalle radici meridionali del quindicesimo secolo». Lo studio, per il professor Celico, continua quindi ad essere il modo migliore per mantenere il legame con la sua terra.

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Marzo • Aprile 2013

STORIA E CULTURA

PARTICOLARI DEI TRE PALAZZI “GEMELLI”

Palazzo dei Principi È una costruzione imponente che nei tempi antichi era delimitata dalla cinta muraria e da una torre. Accessibile anche da piazza De Palma, da cui prende inizio la scalea, il Palazzo dei Principi venne costruito nel 1302, dopo la pace di Caltabellotta, quando la torre divenne proprietà della famiglia Romano da Sorrento e gli Angioini si stabilirono definitivamente nel Regno di Napoli. I Romano, talmente facoltosi da prestare denaro al re Carlo d’Angiò, ebbero il loro massimo esponete in Ademaro, Ammiraglio della flotta e Consigliere di re Roberto d’Angiò. La torre-fortezza, un oppidum, fu dunque trasformata in palazzo baronale, che dai Romano passò poi ai Principi Spinelli e successivamente ad altri feudatari. Il Palazzo rivela il prevalere dello stile romanico, cui con il passare del tempo si aggiunsero elementi gotici e rinascimentali. L’edificio fu un inespugnabile baluardo difensivo sia nel corso del XVI secolo, quando anche Scalea prese parte attiva ai moti antifeudali che infiammarono il Regno di Napoli, sia all’inizio del secolo successivo, quando gli Scaleoti respinsero un attacco dei corsari e il principe Francesco Spinelli, nel corso dell’aspra battaglia sulla spiaggia nei pressi della Chiesa si San Nicola in Plateis, fu raggiunto da un colpo di archibugio, cadendo morente tra la costernazione dei presenti. Attualmente il Palazzo è in restauro. Le due sale, che conservano le pareti e i soffitti decorati con scene bibliche, attendono ancora di essere restituite all’aspetto originario, mentre altre stanze ospitano la Biblioteca Comunale. (Comunale e visitabile in minima parte). Palazzo Pallamolla

Il Palazzo Pallamolla, come testimonia il nome, appartenne all’omonima famiglia che, con quella dei Romano, era venuta a Scalea per ristabilire il predominio angioino dopo la morte di Ruggiero de Loria, nel sec. XIV, e per sfruttare l’economia commerciale del tempo attraverso il traffico marino, su cui imbarcava i prodotti della zona per i mercati interni ed esterni. L’edificio è in buona parte di stile rinascimentale, con l’ingresso aperto sulla via San Nicola: la sua mole massiccia ne fa è un vero e proprio bastione posto di fronte al mare, anche se i suoi balconi e, soprattutto, il particolarissimo arco sfenestrato, a grande luce, richiamano alla mente i tempi nuovi che, a fine Medioevo, si annunziavano fatti più per l’economia che per le guerre. Non a caso, i Pallamolla furono ricchi e abili mercanti che incrementarono la coltivazione e l’esportazione del riso, della canna da zucchero, dell’olio, del frumento e, soprattutto, del vino. I vini scaleoti

erano spediti a Roma per la tavola dei principi e in particolare per quella dei papi. Andrea Bacci, medico di Sisto V, in una descrizione dei migliori vini di quei tempi, definì i “Chiaretti di Scalea” generosi e gradevoli al pari di quelli orientali. I Palamolla, inoltre, favorirono la produzione e l’esportazione del lino, della seta, dei “ciaramili” (coppi) e dei mattoni e, nel “Pantano”, costruirono vasche per la produzione del sale marino. Membro illustre della famiglia fu Lucio Pallamolla, poi monaco Barnabita, col nome di Padre Costantino, e oggi Beato, che nacque nel Palazzo nel 1571. In tempi più recenti lo storico edificio fu sede della caserma dei Carabinieri e, nel corso dell’ultimo conflitto mondiale, fu adibito a caserma per i soldati della difesa costiera. Non si capisce bene e in modo chiaro la sua destinazione d’uso (pare che, i piani superiori siano da destinare ad alloggi popolari, mentre i piani bassi al Comune di Scalea) e i legittimi gestori. Terminati i lavori di consolidamento e restauro da quasi due anni, resta chiuso al pubblico, interessante sarebbe poter accedere al famoso finestrone ad arco per ammirare il panorama e l’amena e suggestiva marina). Palazzo Migliari L’altro palazzo, che si affaccia su via Michele Bianchi e che chiude il meraviglioso trittico dei più famosi, importanti e imponenti edifici storici affacciati sul mare, è il Palazzo Migliari, di fattura architettonica più accurata rispetto all’adiacente Palazzo Pallamolla, anche se di mole più massiccia. Costruito sul lato sud della città, ha assunto il nome dell’ultima famiglia storica che vi ha dimorato. (Privato e non visitabile. Eccezion fatta per i magnifici sotterranei che da un po’ di anni ospitano un presepe a dimensione naturale, molto bello e interessante, allestito dall’artista Salvatore Monachello). (Foto dei tre palazzi storici -danneggiati in gran parte da inquinamento visivo- e dal casolare dove, probabilmente, si coltivava la canna da zucchero)

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15 UN ULIVO PER LA SCUOLA ELEMENTARE di Massimo Nocito

Celebrata a Scalea la “Giornata Internazionale delle Foreste” indetta dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per il 21 marzo, primo giorno di primavera. Grazie al coinvolgimento dell’Amministrazione comunale, per impulso di Franco Di Giorno, delegato al verde in collaborazione con l’assessore alla Pubblica istruzione Raffaele D’Anna e il Vicesindaco Giuseppe Forestieri, è stata piantumata una pianta d’ulivo all’interno dei giardini della Scuola Elementare di Scalea alla presenza di tanti bambini accompagnati dai propri docenti. È stata un’occasione per riflettere sul fondamentale ruolo delle piante e degli alberi nel nostro ecosistema. La scelta dell’ulivo, donato dal vivaio Casella, è stata dettata dall’elevato valore simbolico che questa pianta ha, sia dal punto di vista religioso che da quello enogastronomico. «Sarà questa - ha affermato Forestieri - un’occasione che verrà rinnovata negli anni futuri, ogni primo giorno di primavera, per celebrare ed accrescere la consapevolezza dell’importanza delle foreste e degli alberi per la vita sulla terra. La deforestazione sta degradando tutti gli ecosistemi e riducendo la disponibilità d’acqua e di cibo, soprattutto per le popolazioni più povere. Fermare la deforestazione selvaggia potrebbe fare molto per eliminare fame e povertà estrema».


Marzo • Aprile 2013

LA SOSTA DI PASQUA RIGENERA LO SCALEA

Lo Scalea, dopo la lunga sosta pasquale, ritorna in campo e ritrova la fluidità della manovra, la velocità nel gioco di prima, l’affetto della gente e i tre punti che lo tengono aggrappato al treno dei playoff. I biancostellati di mister Sandrino Possidente, si sono esibiti al comunale contro il coriaceo Cutro dell’ex Condito che, però, dopo il tambureggiante assalto dei locali, ha alzato bandiera bianca e fatto ritorno a casa con tre reti sul groppone. Per l’occasione la società del presidente Formica ha disposto l’ingresso gratis per tutti. Lo Scalea, seppur “incerottato” con Cerrato out per infortunio, ed Esposito appiedato dal giudice sportivo per somma di ammonizioni, ha dato prova di carattere, di forza fisica e di condizione fisica smagliante. Ottime pure le trame disegnate dall’allenatore Possidente, che hanno messo in crisi gli ospiti fin dalle prime battute. Fondamentale era vincere, anche in proiezione futura con la prospettiva del doppio girone di Eccellenza per il prossimo anno che dovrebbe prevedere il ripescaggio delle prime sei-sette squadre dei due gironi di Promozione. Ha diretto l’incontro, magnificamente e senza la minima indecisione, la simpatica e graziosa diciottenne Martina Molinaro (nella foto) della sezione di Lamezia Terme.

Ricordi di un tempo

CERA UNA VOLTA L’A.C.A.T.

SPORT

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Intervista al giovane tecnico torinese della “De Giorgio” Maurizio Ricci

QUI DA VOI L’OSPITALITÀ, IL CALORE UMANO E LA BUONA CUCINA SUPERANO DI GRAN LUNGA IL NORD di Sara Silvestri

Maurizio Ricci di Torino, 33 anni (classe 1979) dopo avere allenato tra i cadetti giovanili in Piemonte, come collaboratore, da settembre del 2012 è arrivato a Scalea sponsorizzato e voluto da Tonino Auriemma e da Pietro De Giorgio, che gli hanno affidato la Scuola calcio “Pietro De Giorgio”, si sta mettendo in luce e sta mietendo successi straordinari imponendosi all’attenzione degli addetti ai lavori e degli sportivi dell’intera zona. Differenze che hai trovato tra nord e sud? Tecnicamente cambia poco. La differenza vera, mi duole dirlo, è quella di “scontrarsi” e riscontrare spesso una scarsa professionalità tra gli addetti ai lavori. Però la principale differenza è rappresentata dalle strutture sportive, molte delle quali, per vari aspetti strutturali, quasi impraticabili. Come ti sei trovato a Scalea e come vivi la tua quotidianità? Vivo a Scalea e, per mia scelta, nel meraviglioso Centro storico di cui adoro il posto e l’aria che si respira. Inoltre, a due passi da casa, mangio da Dio e mi trovo a mio agio alla “Rondinella”, dove sono trattato come meglio non si potrebbe dalla signora Anna e da tutti gli altri. Però, ho un rapporto particolare e un legame speciale anche nella vicina Verbicaro, il paesino di Pietro De Giorgio, dove presto la mia professionalità tre volte a settimana e dove ho trovato gente ospitale, affabile e genuina con cui ho instaurato dei rapporti uma-

ni eccezionali, di cui vado fiero e che porterò per sempre nel mio cuore. Tornando al calcio giocato, parlaci del tuo direttore tecnico Tonino Auriemma. Mi scappello. Tonino, oltre ad essere una persona dalle grandi doti umane, è un grande maestro di calcio, un professionista e un profondo conoscitore di questo straordinario e amato sport. Da Tonino c’è solo da imparare. Ha accumulato tante esperienze, da prima a Scalea e nella zona, per poi approdare in Toscana e Umbria dove è molto conosciuto, stimato ed apprezzato. È stato osservatore di grandi club come l’Empoli (quando militava nella massima serie) e dell’Inter, segnalando al calcio che conta, innumerevoli fior di giocatori. Voglio aprire a questo punto, se mi è concesso, mi sembra d’obbligo, una parentesi su Pietro De Giorgio, grande talento (la rete siglata con il Crotone contro il Verona è, sicuramente un gol da cineteca, da inserire nei manuali di calcio e tramandare ai settori giovanili. Pietro è un fuoriclasse che meriterebbe di chiudere la sua carriera in serie A. Spero che tanti promettenti giovani calciatori possano seguire la sua strada e le sue gesta tecnica. Rimarrai a Scalea. Hai nostalgia della tua famiglia? Una volta abbracciata questa strada non si può avere nessuna nostalgia. Trovando il posto giusto e la collocazione professionale giusta, come qui da voi, è come stare a casa. A proposito, pur essendo piemontese, posso affermare candidamente, di essermi trovato in Calabria, molto meglio che in posti come Valenza (città dell’oro ma non certamente dell’ospitalità) e Vercelli.

Diego Campolongo

QUESTA PASSIONACCIA: IL CALCIO di Sandro Pepe

A.C.A.T. (Associazione Calcistica Achille Tenuta) Campionato Juniores - Anno 1965-1966 Nella foto, da sinistra in piedi: Alessandro Bergamo, Rolando Amato, Guglielmo Sciannimanica (Campione d’Italia Juniores 1971), Achille Tenuta (capitano, mister e fondatore), Giovanni Vittorino (amico di tutti), Pasquale Didona, Giuseppe Stabilito; accosciati da sinistra: Pasquale Scarfone (Campione d’Italia Juniores 1971), Amerigo (Gervaso) Posteraro (mitico portiere Campione d’Italia Juniores 1971 e del Cosenza Calcio), Biagio Didona, l’indimenticato Tonino Benvenuto, Tonino Cozzucoli, Franco Russo, Franco De Pasquale (Campione d’Italia Juniores 1971). Silvio Licursi, amico fraterno di Achille Tenuta, si prestò alla carica di Presidente.

I suoi legami affettivi con Scalea sono stati sempre forti. La sua infanzia, i periodi di vacanza li ha trascorsi a Scalea; e qui ritorna, appena può, per una full immersion con parenti ed amici. Nasce il 16 maggio 1957 a Napoli, da Eugenio, napoletano, e da Edda Pezzotti, scaleota. Ha un fratello, Emilio, ed un nipotino che porta il nome del nonno che non c’è più. È sposato con Alida. Ha conseguito la laurea in medicina. Le specializzazioni in cardiologia ed in medicina dello sport. La passione del calcio, trasmessagli dal padre con l’affezione per la maglia azzurra del Napoli, la possiede sin da ragazzino e procede di conserva con gli studi. Sportivo vero, generoso, gioca a calcio da gentleman nel ruolo di terzino destro fin quando l’età glielo permette. Ma al di fuori del rettangolo agonistico non può proprio stare, soffre l’inattività come una crisi di astinenza. Il suo demone calcistico non è ancora pago. Finchè il destino lo riporta tra i flutti del calcio. Il destino si chiama dott. Ciro Mauro, all’epoca (anno ‘96-’97 SSC Napoli) medico della squadra Primavera del Napoli, che gli propone di far parte dello staff medico del settore giovanile azzurro e lo porta da Enzo Montefusco, bandiera del Napoli, responsabile del settore. Montefusco lo colloca con la squadra allievi regionali, il cui Mister è Gigi Caffarelli, che solo pochi anni prima aveva vinto lo scudetto con Maradona. L’impatto splendido, le responsabilità in crescendo. L’anno successivo (‘97-’98 SSC Napoli) segue gli allievi nazionali allenati da Antonio Porta, e l’altro an-

cora (‘98-’99 SSC Napoli) inizialmente i giovani della Primavera e poi addirittura la prima squadra in serie B guidata da Renzo Ulivieri con un giovane Mazzarri preparatore dei portieri. Direttore generale Totonno Juliano. Nelle sere dei ritiri Montefusco racconta di Pesaola, Altafini, Sivori, Mazzola, Rivera e delle leggende del calcio. Le gesta dei grandi in pasto alla sua passione. I momenti trascorsi con Montefusco, cui ancora oggi è molto legato, e Juliano sono la materializzazione di un sogno. Dopo l’esperienza partenopea svolge la sua attività in varie società campane (FC Internapoli, FC Intersavoia e AC Savoia). Nel 2003-’04 torna al Napoli, in serie B, mister prima Agostinelli e poi Gigi Simoni, altra grande esperienza. Purtroppo l’anno si chiude con il fallimento della società. Da qui ha inizio una nuova serie di peregrinazioni e di esperienze tra C1, C2 e D (‘05-’06 e ‘06-’07 SSC Giugliano in C2, ‘07-’08 Sorrento Calcio C1, ‘08-’09 e ‘09-’10 ASD Pianura in serie D, ‘10-’11 AC Cavese in C1, ‘11-’12 e attualmente US Arzanese in C2). Sono sedici anni trascorsi in prima linea nella turbolenta terra di Campania. Quale fenomeno può proiettare Diego la domenica dal tranquillo salotto di casa al fronte? Solo una grande passione, vissuta con riserbo e sobrietà, fedele alla sua linea di under statement al pari del suo inseparabile labrador Oreste. Un solo rimpianto: che l’amato papà Eugenio abbia dovuto assistere ai suoi incontri con Montefusco e Juliano solo da lassù, sorridendo bonariamente com’era solito. Ed una certezza: che Eugenio, con Peppino Pezzotti e Ciccio Ciaccio, lo segue domenicalmente nel suo peregrinare su campi infuocati, magari borbottando per aver trasmesso al figlio questa passionaccia: il calcio.


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