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Vincenziani e vincenziane in Ticino

Il movimento che prende il nome da San Vincenzo de Paoli (15811660), fondato a Parigi da un circolo di giovani universitari riunito attorno a Federico Ozanam (18131853), che la Chiesa ha proclamato «beato» nel 1997, esiste in Ticino dalla fine dell’Ottocento. La prima «conferenza» fu fondata nel 1885 a Locarno, la più recente è quella di Mezzovico, fondata nel 2007. Le attuali 11 conferenze sono inegualmente distribuite nel territorio: sei nel Luganese, due nel Mendrisiotto, due nel Locarnese, una nel Bellinzonese. I membri attivi nel Cantone sono 133: 79 uomini e 54 donne. Le «conferenze» sono rappresentate nel «Consiglio delle Conferenze di San Vincenzo de Paoli», che ha lo scopo di coordinare le attività caritatevoli promosse in sede locale e di prestare aiuto in caso di necessità locali urgenti o importanti. Lo statuto è conforme alle disposizioni emanate da un consiglio a livello svizzero, a sua volta parte dell’organizzazione mondiale che ha sede a Parigi. Il movimento vincenziano è attualmente presente in 154 Paesi, con un totale di volontari stimato in 2,3 milioni. In Ticino le «conferenze» sono vici-

1873), magistrato e letterato di Digione, e al fratello Federico, oppure al giornale «Le Correspondant», fondato nel 1829 e portavoce di altri cattolici aperti al cambiamento. Al fratello Alphonse ribadisce che, per quanto riguarda le alleanze politiche, l’unica possibilità è quella di unirsi con il popolo, vero alleato della Chiesa, piuttosto che con la borghesia ormai sconfitta14

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Il 30 marzo, in una lettera a Louis Gros, lionese, giurista, il quale aveva studiato con lui a Parigi e aderito alla San Vincenzo, annuncia che gli amici di Lione hanno deciso di candidarlo alle elezioni per l’Assemblea costituente convocata per il 23 aprile. Chiede assicurazioni sugli appoggi su cui potrà contare e il numero di voti che potrà ottenere15. Lo annuncia pure, con qualche imbarazzo, al fratello Alphonse, pubblica finalmente il suo «Manifesto elettorale», destinato agli elettori del Dipartimento del Rodano16 ne alle necessità dei poveri attraverso soprattutto aiuti per pagare l’affitto e le fatture di cassa malati, nonché l’acquisto di beni di prima necessità. Nel 2021 il totale degli aiuti ha raggiunto il mezzo milione di franchi (esattamente: fr. 563.295,40). Per assicurare cibo fresco, da una quindicina d’anni si assegnano anche dei «buoni acquisto» presso le grandi catene alimentari oppure presso il «Tavolino magico». Importante è anche il sostegno offerto al livello delle pratiche amministrative, nella ricerca di alloggi e la consegna di mobili e abbigliamento. Le «San Vincenzo» non fanno distinzione tra svizzeri e stranieri. Soprattutto ai detentori di permessi di soggiorno «precari» viene offerta consulenza e aiuto finanziario e materiale. In Ticino esistono anche a1tre associazioni che si ispirano all’eredità di San Vincenzo de Paoli. Di religiose «Figlie della carità» (quelle che portavano la «cornette» negli ospedali) ne sono rimaste poche, più numerose invece le laicali (e in prevalenza femminili) Volontarie vincenziane, presenti in Ticino dal 1889, dette anche «Dame della carità», attive a Lugano, Locarno, Muralto, Blenio, Biasca, Bellinzona, Mesolcina e Calanca. Si ispirano al modello vincenziano anche i gruppi della «medaglia miracolosa» con sedi a Mendrisio e a Lugano. (www.sanvincenzoticino.ch)

Pur non essendo eletto, Ozanam ottiene un numero di voti (15.367) che lo pongono al trentatreesimo posto nella graduatoria17. Ma può annunciare il successo (15mila lettori) de L’Ère nouvelle18. Il giornale visse fino all’aprile 1849, testimone della seconda insurrezione popolare (giugno 1848), conclusasi con una repressione sanguinosa e questa volta risolutiva da parte del governo. Dai titoli degli articoli («I colpevoli e gli smarriti», «Dove erano gli operai di Parigi durante il combattimento del 30 giugno?», «Agli insorti disarmati» dell’8 luglio), emana «la volontà di mantenere la testa fredda, di mettersi in mezzo tra gli istigatori e gli operai trascinati nella rivolta dagli ideologi»19.

Degli articoli di Ozanam pubblicati tra il 17 aprile 1848 e l’11 gennaio 1849, il volume di Ceste ne riproduce più di venti. Ma intanto, a Roma, finisce male il regime tollerante di Papa Pio IX, il pontefice è costretto a fuggire dalla città (24 novembre), ovunque le rivolte contro lo straniero oppressore (dalle Cinque giornate di Milano, del 18-22 marzo, all’insurrezione di Napoli del 15 marzo) sono represse. Il Quarantotto è finito.

Un crepuscolo amaro Ozanam conosce ora un ripiegamento della sua attività, il suo stato di salute è sempre più precario. Non è più così impegnato a livello politico, ispira con discorsi illuminati le assemblee della Società di San Vincenzo de Paoli, soprattutto esortazioni a cessare le tensioni e i malumori, rassegnazione a lasciare le dispute politiche per abbandonarsi completamente alla carità, perché mentre la politica colpisce e divide solo la carità riconcilia e riunisce. Il colpo di Stato con cui Carlo Luigi Bonaparte, figlio di un fratello del Grande Còrso, ristabilisce un modello di stato forte insediandosi a Versailles dove regnerà come imperatore con il nome di Napoleone III tra il 1852 e il 1870, non è commentato da Federico Ozanam se non in poche allusioni brevi e amare, tra cui una lettera scritta a Niccolò Tommaseo (185120).

Il suo pessimismo sullo stato della società è radicale. Il trionfo delle nuove espressioni della scienza e della tecni- ca non lo incanta. In visita a Londra, per la prima Esposizione universale, lascia una descrizione amara di un simbolo della rivoluzione industriale:

Le démon de l’orgueil et de la convoitise

A déployé sa tente au bord de la Tamise. Il a forgé lui-même au fourneaux de l’enfer Ces voûtes de crystal et ces piliers de fer (…)

L’allusione è al Crystal Palace, costruzione tutta di ferro e di vetro, visibile oggi ancora a Londra.

Federico Ozanam muore a Marsiglia l’8 settembre 1853, a poco più di 40 anni di età. Papa Woytila lo ha proclamato «beato» nel 1997. «Egli comprende che la carità deve condurre a operare per correggere l’ingiustizia. Carità e Giustizia vanno di pari passo», dirà Papa Giovanni Paolo II. Ma ci si ricorda anche di una frase che diversi pontefici dissero (la si attribuisce una volta all’uno, una volta all’altro): «La politica è la forma più alta della carità».

Note

1. Federico Ozanam, Volume II, Scritti sociali e politici, a cura di Maurizio Ceste, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2019.

2. Lettera all’amico Auguste-Louis Materne, agosto 1830.

3. Da La revue européenne, 1835, Ceste p. 55-76.

4. Lettera a Ernest Falconnet, Parigi, 21 luglio 1834 (Ceste p. 51).

5. Lettera a Francois Lallier, Lione, 5 novembre 1836 (Ceste, p. 103).

6. Lettera a Louis Janmot, Lione, 13 novembre 1936 (Ceste p. 105).

7. Lettera a Léonce Curnier, Lione, 9 marzo 1837 (Ceste p. 105).

8. I. Vecca, Il mito di Pio IX. Storia di un papa liberale e nazionale, Viella, Roma, 1918.

9. «I pericoli di Roma e le sue speranze», «Le Correspondant», 10 febbraio 1848 (Ceste p. 114).

10. Ibidem.

11. Ibidem.

12. Lettera a Alexandre Dufieux, 6 marzo 1848, in Ceste p. 150.

13. Ibid, p. 157.

14. Ibid, p. 166.

15. Ibid, p. 169.

16. «Aux électeurs du Département du Rhône», 15 aprile 1848, Immagine del frontespizio in Deste, cit, p. 181.

17. Lettera a Louis Gros, 11 maggio 1848 (Ceste p. 183).

18. Lettera a François Lallier, 29 maggio 1848 (Ceste p. 184).

19. Ibid.

20. Ceste, p. 363.

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