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Italia – Preoccupazioni cattoliche sul governo destrorso
from Dialoghi nr. 272
La vittoria del destra e l’affermazione in particolare di Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni pone, tra gli altri, il tema del rapporto che il nuovo esecutivo riuscirà a instaurare con la Chiesa cattolica.
L’agenzia di stampa dei vertici della Cei ha evidenziato con preoccupazione il dato dell’astensionismo, che aumenta di 9 punti rispetto al 2019, assieme all’affermazione eclatante di Fratelli d’Italia. Viene sottolineato quanto la coalizione che governa Italia sia lontanissima dal rappresentare la maggioranza del Paese. Se si calcolassero le percentuali sull’intero corpo elettorale, il partito di gran lunga più votato (Fdl) sarebbe intorno al 14% e il secondo (il Pd) al 10%. La coalizione vincente, ha ricevuto i consensi di meno di un quarto dei potenziali elettori.
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Analoga la constatazione del presidente della Cei, il card. Matteo Zuppi: «Purtroppo, dobbiamo registrare con preoccupazione il crescente astensionismo, che ha caratterizzato questa tornata elettorale, raggiungendo livelli mai visti in passato. È il sintomo di un disagio che non può essere archiviato con superficialità e che deve invece essere ascoltato. Per questo, rinnoviamo con ancora maggiore convinzione l’invito a «essere protagonisti del futuro», nella consapevolezza che sia necessario ricostruire un tessuto di relazioni umane, di cui anche la politica non può fare a meno». Ha poi aggiunto la preoccupazione della Cei per le fasce più deboli della popolazione, stilando una sorta di «agenda sociale» molto ampia, che dovrebbe affrontare «le povertà in aumento costante e preoccupante, l’inverno demografico, la protezione degli anziani, i divari tra i territori, la transizione ecologica e la crisi energetica, la difesa dei posti di lavoro, soprattutto per i giovani, l’accoglienza, la tutela, la promozione e l’integrazione dei migranti, il superamento delle lungaggini burocratiche», oltre che «riforme dell’espressione democratica dello Stato e della legge elettorale».
In un’intervista al quotidiano «Avvenire», concessa il giorno successivo (28 settembre), Zuppi ha poi aggiunto la sua preoccupazione per l’eventua- le modifica in senso presidenzialista della Costituzione (mai piaciuta alla Chiesa): «Sappiamo che ci sono i meccanismi per cambiare la lettera della Costituzione. Ma ciò che non dobbiamo cambiare è lo spirito e la visione che animarono i padri costituenti, spirito alto di grande idealità e di grande convergenza comune, nato dall’esperienza della mancanza di libertà del fascismo e degli anni terribili della guerra».
Meno sfumato nei toni l’editoriale, comparso su «Avvenire» il 27 settembre, del direttore dell’organo della presidenza della Cei Marco Tarquinio: «Parlare di destracentro, a questo punto, non è una forzatura, ma più che mai una constatazione e un inchinarsi al dato di realtà rivendicato con forza da colei che ha reinventato dalle ceneri del partito quasi unico del centrodestra, il vecchio «partito blu» postmissino, nazionalsovranista e neoconservatore. Una destra moderna, ostinata e ostentata, diventata di colpo egemone nella coalizione creata e a lungo guidata da Silvio Berlusconi e, in seguito, capitanata da Matteo Salvini. Giorgia Meloni è una quarantenne che fa politica da trent’anni, non una rottamatrice, non un’antipolitica. È stata vicepresidente della Camera e ministra, e quando dice di sentirsi chiamata a «responsabilità» non parla a vanvera. Ma è anche portatrice di affilate visioni nazionaliste e presidenzialiste. E le ha proiettate, quasi sferrate, con decisione sia nel lento e faticoso cantiere federalista europeo sia, e persino di più, nel delicato «cambiamento d’epoca» in cui sta entrando la Repubblica nata dalla Resistenza. Difficile credere, per tanti impossibile, che la grande rassicurazione possa essere un atlantismo diventato sinonimo della partecipazione attiva alla disastrosa deriva bellica in corso in Europa dopo l’invasione russa dell’Ucraina».
La scossa elettorale, secondo Tarquinio, è stata indubbiamente forte. «Ma per governare con efficacia un’Italia ferita da povertà, pandemia, disuguaglianze territoriali, disillusioni e guerra bisognerà saper controllare e frenare le scosse, non moltiplicarle».
(da «Adista», ottobre 2022)