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BIBLIOTECA

Frutti autunnali in libreria

L’autunno è la stagione della raccolta dei frutti non solo sui campi in cui si è dapprima seminato, ma anche in quello dei frutti dell’intelletto, comunicato a molti di noi attraverso lo strumento del libro cartaceo o, sempre più, anche virtuale. Invito qui i lettori e le lettrici di «Dialoghi» a prendere nota di alcune pubblicazioni recenti, a partecipare alla vendemmia culturale di questo autunno, scegliendo tra libri che toccano i nodi della nostra esistenza in società e nelle comunità ecclesiali. La scelta dei temi è evidentemente dovuta al recensore che qui scrive, ma che non può assicurare che tale scelta aveva sempre presente, almeno nella sua mente, chi legge questa rivista e i suoi potenziali interessi.

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La pandemia che ha toccato molti Paesi vicini e lontani continua a far discutere anche se i toni sembrano diventare meno tragici, almeno alle nostre latitudini. Tre libri al riguardo hanno attirato la mia attenzione, perché approfondiscono tematiche da noi non estremamente frequentate.

La prima di esse riguarda la dimensione etica del fenomeno pandemico stesso. Si potrebbe, a prima vista, pensare che le intuizioni morali che ci abitano nella vita di tutti i giorni valgano automaticamente anche per i quesiti posti dalla pandemia. Il contrario è più credibile. Infatti, le pandemie vengono oggi combattute non tanto con riti propiziatori come nel passato: pellegrinaggi, processioni, penitenze pubbliche e quant’altro, bensì mediante strategie complesse che in gran parte non sono note al grande pubblico. Ciò spiega, almeno parzialmente, la resistenza talvolta manifestatasi nei confronti di misure e strategie imposte dalle autorità sanitarie di un Paese. Il volume, edito presso Mimesis, raccoglie diversi saggi ruotanti attorno a diversi quesiti morali suscitati appunto dalle varie strategie sanitarie adottate nei confronti della pandemia.. La pubblicazione raccoglie saggi che ri- salgono a manifestazioni e dibattiti organizzati da un Istituto di bioetica sito presso un’università di Napoli, ma con contributi di autori di tutta Italia. Non potendo qui informare su ogni singolo saggio, mi permetto solo di evocarne alcuni che mi sono sembrati particolarmente originali e significativi.

Luisella Battaglia, in apertura del volume, analizza il fenomeno del passaggio del virus alla specie umana, con tutte le conseguenze (soprattutto nefaste) del caso, per raccomandare a noi tutti maggiore rispetto dell’habitat di vari animali e dei loro comportamenti, in modo da poter evitare queste trasmigrazioni di specie, particolarmente pericolose per l’uomo, quando non fossero ben conosciute e gestite. L’Autrice del saggio prende lo spunto da questo complesso fenomeno per discutere, in prospettiva morale, le nostre abitudini alimentari e le loro ricadute sulla salute degli esseri umani. Dobbiamo saper rispondere di fronte ai fenomeni pandemici, cioè assumere (come dice la parola stessa) responsabilità nelle nostre interazioni con il mondo naturale e con le nostre abitudini alimentari. Di fronte alla paura che ha invaso la mente di molti di noi, è necessaria un’attitudine legata a una moderata speranza, come già è stata perorata ieri da Kant e oggi da Nussbaum. Queste attitudini debbono essere esercitate tenendo conto della condizione di strutturale vulnerabilità in cui versano molti esseri umani attorno a noi.

Un altro saggio che ha attirato la mia attenzione tocca il problema della possibile legittimazione di un obbligo vaccinale, sempre nel contesto della pandemia covid. L’Autore, Carlo Iannello dell’Università della Campania, cerca di dare una risposta equilibrata all’interrogativo: si ispira al testo della Costituzione italiana che cerca di legittimare un tale obbligo, in presenza di un vantaggio sia per la persona oggetto dell’obbligo sia per la collettività tutta. Alle nostre latitudini tale obbligo non è mai stato oggetto di vero dibattito pubblico, anche se una riflessione sul rapporto tra tutela della salute di ogni cittadino e tutela della collettività avrebbe avuto buone ragioni per essere discusso pubblicamente.

L’insieme del volume è chiaramente consigliabile anche se fortunatamente la pandemia, almeno da noi, sembra essere uscita dalla fase acuta. Speriamo che nei prossimi anni ci siano risparmiate pandemie, ma speriamo al contempo che le riflessioni che sono state elaborate in occasione degli anni covid non vengano frettolosamente dimenticate.

Le sfide del Covid-19 alla bioetica. A cura di R. Prodomo e A. Maccaro. Milano: Mimesis ed. 2022.

Un secondo volume apparso in Italia ha attirato il mio interesse e la mia attenzione, perché mi è sembrato attuale anche per il contesto elvetico nell’ambito della lotta al coronavirus. Si tratta del fenomeno della cosiddetta «immunità di gregge», cioè della situazione che emerge quando una popolazione ha accettato in quantità cospicua la vaccinazione in modo da rallentare fortemente la diffusione del virus. La popolazione elvetica si è lasciata liberamente vaccinare raggiungendo un tasso non ottimale, ma comunque sufficientemente rappresentativo per ottenere un effetto di frenaggio che non mette più in pericolo il sistema sanitario del Paese. Il volume di Francesco Fusco esamina il fenomeno dell’immunità di gregge nella sua complessità, senza alcuna semplificazione consolatoria, pur rimanendo comprensibile anche per gli estranei alla ricerca nell’ambito della salute pubblica. Lo consigliamo a tutti coloro che continuano a preoccuparsi per il futuro della propria salute, temendo ritorni tragici di situazioni come quelle legate agli anni 2020 e 2021. Convivere con il virus è formula che viene meccanicamente spesso ripetuta, ma raramente compresa nella sua complessità. Il libro di Fusco non cerca di vendere una speranza a buon mercato, ma trasmette comunque un messaggio che tende perlomeno a tenere sotto controllo la paura che continua ad abitarci.

Fusco, F.: Aspettando l’immunità di gregge? Roma: Castelvecchi ed. 2022. * * *

La guerra sferrata dall’esercito della Federazione russa contro l’Ucraina non sembra purtroppo voler cessare, mentre noi abitanti dell’Europa occidentale ci stiamo abituando ad essa senza capirla fino in fondo. Tra la quantità esorbitante di pubblicazioni uscite nelle varie lingue europee, ne ho scelto due che dovrebbero aiutarci a capire le radici storiche che stanno dietro questo conflitto bellico sanguinoso.

La prima di esse è in lingua francese e meriterebbe senz’altro una traduzione in italiano anche, e soprattutto, perché presta particolare attenzione alla dimensione religiosa che connota questo conflitto armato. L’Autore, non ancora conosciuto dal pubblico italofono, è uno studioso di origine greca e di religione ortodossa, che risiede da molti anni a Parigi e che attualmente dirige Les Éditions du Cerf, casa editrice cattolica legata all’ordine dei domenicani. Colosimo è profondo conoscitore delle tradizioni legate al Cristianesimo orientale, della civiltà bizantina nelle sue varie sfaccettature nazionali, da quella greca, attraverso quella armena, fino a quella russa e ucraina. Egli legge l’attuale guerra attraverso un’analisi differenziata di queste tradizioni che trovano sul terreno ucraino il loro luogo di incontro e al contempo di scontro. Con una prosa avvincente e mai superficiale, Colosimo tenta di iniziare il lettore euro-occidentale, e legato al Cristianesimo di matrice latina quale è il nostro, agli sviluppi della civiltà bizantina, caratterizzata dalle variazioni di elementi provenienti dalla comune origine dell’impero romano e dall’influsso delle culture slave presenti su un vastissimo territorio, che parte da Costantinopoli e va fino al mare baltico. Il nostro Autore non semplifica gli influssi sviluppatisi lungo i secoli, ma cerca il loro denominatore comune nella fede cristiana che si lega in maniera fusionale ai vari poteri politici che hanno dominato i secoli che ci precedono in queste nazioni sorte più o meno direttamente dall’impero romano d’oriente. Il territorio che corrisponde all’attuale Ucraina è luogo impregnato culturalmente e religiosamente da fattori diversi che vanno dall’influsso della Russia moscovita fino all’impero absburgico sul suo fianco occidentale. Evidentemente non tutto può essere spiegato ricorrendo solo al retroterra storico ucraino, ma le considerazioni di Colosimo mi sono sembrate particolarmente illuminanti anche per capire meglio il momento presente. Non posso, quindi, che raccomandare a chi legge «Dialoghi» la lettura preziosa di questo libro.

Sempre tra le pubblicazioni a carattere storico, ho trovato quella di Plokhy, docente di storia ucraina ad Harvard, pubblicazione meno centrata di quella precedente sul fattore religioso, ma comunque attenta alla molteplicità di influssi su questo territorio vastissimo (più grande ad esempio della Francia) che si autocomprende come luogo di frontiera e di presenze-occupazioni di matrice molto diverse tra loro. A partire dall’ottocento, è sorto comunque un sentimento nazionale legato al territorio, che ha voluto coniugare armonicamente i vari fattori culturali e politici in gioco. La guerra attuale, al di là della tragedia per tutti coloro che la vivono sulla propria pelle, costituisce anche un’offesa all’identità culturale di questo Paese nella misura in cui essa vive dell’ideologia di una riduzione dell’Ucraina a semplice appendice della nazione russa. Plokhy sostiene con convinzione che un’analisi storica del conflitto in corso serve anche a una migliore autocomprensione dell’Europa da parte di coloro che assistono parzialmente impotenti a questa guerra rimanendo solo spettatori sul suo fianco occidentale.

Colosimo, J.-F.: La crucifixion de l’Ukraine. Paris: Albin Michel éd. 2022.

Plokhy, S.: Le porte d’Europa. Storia dell’Ucraina. Milano: Mondadori ed. 2022. * * *

Concludo questa carrellata di novità librarie, visto che essa appare in una rivista che si vuole di riflessione cristiana, con un libro che intende essere un’analisi del momento difficile, per non dire tragico, che vive la Chiesa cattolica nel continente europeo.

Due autori particolarmente noti in Francia, la prima sociologa della religione e il secondo redattore della rivista Esprit, si chinano sulla situazione attuale della Chiesa cattolica, ponendo uno sguardo non solo francocentrico, bensì ben più ampio (si potrebbe dire uno sguardo «cattolico», cioè universale). La sua lettura mi è sembrata particolarmente avvincente, perché rifugge da ogni tono sia scandalistico sia catastrofico, pur riconoscendo il lato «tragico» del momento presente. I due Autori analizzano due fenomeni che hanno reso visibile la crisi dell’istituzione ecclesiale cattolica, sia se vissuta al suo interno sia osservata dal di fuori: dapprima lo svelamento pubblico del fenomeno degli abusi sessuali su minori e su donne maggiorenni ma indifese da parte di vari membri del clero cattolico, e in seguito la forte diminuzione della frequentazione liturgica durante e dopo la fase acuta della pandemia virale. Sia HervieuLéger sia Schlegel non affermano che questi fenomeni sono la causa diretta che spiega la tragicità del momento attuale, ma sono convinti che entrambi hanno contributo a rendere visibile a tutti la sua ineluttabilità. Ambedue gli Autori si chinano anche su vari tentativi di superamento della crisi in atto, come ad esempio il sorgere e il diffondersi di vari «movimenti» che intendono essere un’alternativa al cattolicesimo «parrocchiale» che l’istituzione continua a coltivare. La loro attenzione prende in considerazione anche i vari movimenti di «cattolicesimo tradizionale», caratterizzati da una pretesa fedeltà al dogma cattolico, ma che al contempo disattende e combatte le indicazioni e le decisioni di papa e vescovi in vari ambiti, da quello liturgico a quello dell’impegno socio-politico. La lettura del volume, anche se evidentemente riferito al contesto francese, è particolarmente arricchente per chi lo volesse leggere nel contesto svizzero-italiano. L’implosione del cattolicesimo e la fatica delle vie d’uscita sono infatti visibili a occhio nudo anche per chi vive nelle nostre vicinanze.

Hervieu-Léger, D. - Schlegel, J.L.: Vers l’implosion? Entretiens sur le présent et l’avenir du catholicisme Paris: Seuil éd. 2022.

(Continua da pagina 10)

Mettere fine

Tutto questo, beninteso, si radica in una più giusta comprensione del «sacro», radicalmente trasformato da Cristo. Ciò comporterebbe enormi conseguenze, in particolare nella comprensione del sacrificio di Cristo e dell’eucarestia. È tutta la vita della Chiesa che ne è coinvolta. Noi possiamo sperare che questo sarà un settore capitale di immenso lavoro che attende il prossimo Sinodo voluto da papa Francesco. Questo «cammino insieme» potrebbe contribuire a una nuova evangelizzazione, per dare un colore veramente evangelico alla Chiesa.

Questo articolo è apparso sul numero 704 di «Choisir», maggio 2022. Traduzione di M.N.

Cronaca Svizzera

Svizzera sotto esame. Per la quarta volta dal 2001, il gruppo di esperti delle Nazioni Unite ha esaminato l’attuazione in Svizzera della Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donne e ha redatto un documento con una settantina di raccomandazioni. L’Onu si aspetta miglioramenti su diversi punti. In ogni Cantone dovrebbe esserci un ufficio specializzato per l’uguaglianza, mentre è necessario intervenire contro le disparità salariali, estendendo l’obbligo di analisi sui salari a tutti (datori di lavoro, indipendentemente dalle dimensioni della società). Occorre inoltre definire la fattispecie del reato di stupro sulla base della mancanza di consenso della vittima. Questa modifica del diritto penale è attualmente all’esame del Parlamento. La Svizzera ha ratificato nel 1997 la CEDAW, strumento principale per la difesa dei diritti delle donne a livello internazionale. Finora vi hanno aderito 189 dei 193 Paesi membri delle Nazioni Unite.

La Chiesa svizzera perde pezzi. Continuano a crescere le persone che decidono di uscire dalla Chiesa cattolica. Nel 2021 hanno lasciato la comunità 34.182 fedeli, un record. Nel 2019 lo avevano fatto in 31.772, 31.410 nel 2020. Alla fine dello scorso anno, la Chiesa cattolica contava circa 2,96 milioni di membri. Le statistiche pubblicate dall’Istituto svizzero di sociologia pastorale (SPI) non tengono però conto delle persone che lasciano la Chiesa nei cantoni Ticino e Basilea Campagna, per i quali non esistono dati.

Svizzeri poveri. Secondo l’Ufficio federale di statistica, in Svizzera sono 720.000 le persone colpite da povertà, con un tasso in costante aumento dal 2014. I dati riflettono la situazione del 2019 e rappresentano quindi un livello precrisi. Più a rischio sono le madri single con figli minori a carico e le persone straniere. L’iniziativa parlamentare «La povertà non è un crimine» a favore di una più efficace assistenza sociale agli stranieri è stata adottata dal Consiglio nazionale con 96 voti favorevoli contro 86. Soddisfazione è stata espressa da HEKS e Caritas, che l’avevano sostenuta. In Ticino, secondo Pro Senectute, la percentuale di anziani sopra i 65 anni che vive in condizione di precarietà economica sfiora il 30%: un dato più alto rispetto al resto della Svizzera. Sono invece 46.000 gli anziani colpiti da povertà estrema, che hanno cioè a disposizione meno di 2.279 franchi al mese.

Insegnare le religioni. Le Chiese svizzere ritengono che i maturandi svizzeri devono possedere anche conoscenze sulle religioni. Nella consultazione per la revisione dell’Ordinanza federale sulla maturità che lascerebbe l’insegnamento della religione e della filosofia a discrezione dei singoli cantoni, le Chiese svizzere si sono dette a favore dell’introduzione di una materia obbligatoria denominata «religioni», al plurale, che potrebbe essere affiancata anche alla materia «filosofia». Nella loro risposta si è osservato come «tale materia crea le condizioni per dare alle questioni religiose, etiche e filosofiche l’importanza che meritano» per stimolare i titolari di un diploma di maturità su questioni esistenziali. Nella loro presa di posizione, le Chiese sottolineano l’importanza culturale e sociale della materia «religioni» che consente ai giovani di affrontare con competenza l’etica e la morale.

Madri al lavoro. Nel 2021 il tasso di attività delle madri (in questa sede si considerano come madri le donne dai 25 ai 54 anni con almeno un/a figlia/a di età inferiore ai 15 anni che vive nella stessa economia domestica) era dell’82%, in aumento di oltre 20 punti percentuali nell’arco di 30 anni (nel 1991 erano il 59,6%). Il tasso di attività dei padri si è mantenuto più alto (1991: 98,9%; 2021: 96,9%) sebbene sia calato del 2%. Nel 2021, il 78,1% delle madri occupate lavorava a tempo parziale (donne dai 25 ai 54 anni senza figli: 35,2%). Sempre più madri lavorano con un elevato grado di occupazione: la quota delle madri con un grado dal 50 all’89% è passata dal 25,7% nel 1991 al 44,7% nel 2021, mentre quella delle madri con grado di occupazione inferiore al 50% è calata dal 51 al 33,4%. Con un tasso di disoccupazione pari al 5,6% nel 2021, le madri erano confrontate a questo problema più spesso delle loro coetanee senza figli (4,6%); inoltre il tasso di disoccupazione era particolarmente elevato tra le madri di nazionalità straniera. È invece rimasta bassa per i padri di nazionalità straniera. Confrontando la Svizzera con i Paesi dell’UE, il tasso di occupazione delle madri con figlio/a era in ottava posizione (74,9%), a nove punti da quello più elevato registrato in Portogallo (83,6%).

Giovani e politica. È in aumento il numero dei giovani adulti che non si interessano all’attualità. Lo afferma uno studio dell’università di Zurigo, sull’uso dei media sui cellulari da parte di oltre 300 persone di età compresa tra i 19 e i 24 anni. Il fenomeno è più marcato fra le donne con cinque minuti, contro undici per gli uomini. I giovani che non si informano costituiscono il 38% della popolazione svizzera. Una caratteristica di questo gruppo è anche un minore interesse nei confronti della politica e una minore fiducia nel Governo. I «deprivati di notizie» non si astengono però completamente dalla politica, ma si lasciano mobilitare per singole votazioni. Si tratta comunque di una tendenza di fondo che non riguarda solo i giovani. In Svizzera, l’interesse per le notizie è diminuito, seppure in maniera più moderata rispetto ad altri Paesi. Nel 2022, solo il 50% degli intervistati si dichiara interessato o fortemente interessato alle notizie; nel 2021 erano il 57%.

Successi scolastici. Gli allievi ticinesi sono addirittura più preparati dei colleghi Oltre Gottardo. È questa la conclusione a cui giunge l’edizione del 2022 di «Scuola ticinese in cifre» Infatti, nove giovani su dieci ottengono una certificazione di grado secondario, sei su dieci un attestato di maturità liceale, professionale o specializzata, e otto su dieci il bachelor. Purtroppo, una volta terminati gli studi, è difficile trovare impiego nel mercato del lavoro ticinese e, sempre più spesso, si trovano migliori opportunità lavorative e meglio retribuite fuori dal cantone. Anche il tasso di maturità entro i 25 anni in Ticino è il più alto della Svizzera: attorno al 57%; mentre nei cantoni germanofoni si tende a privilegiare socialmente le scuole professionali, vincenti nel confronto con i licei. A livello universitario, dopo otto anni dall’immatricolazione, l’80% dei ticinesi ha conseguito almeno un bachelor. Con la quota di diplomati nelle università del 20%, il Ticino è solo, dopo Ginevra, mentre per le SUP è a metà classifica.

Cronaca Internazionale

a cura di Alberto Lepori

Parole chiare. Di fronte alla violenza sulle donne, papa Francesco, in occasione dell’udienza generale del 7 dicembre, ha pronunciato parole chiare: «La possessività è nemica del bene e uccide l’affetto: i tanti casi di violenza in ambito domestico, di cui abbiamo purtroppo notizie frequenti, nascono quasi sempre dalla pretesa di possedere l’affetto dell’altro, dalla ricerca di una sicurezza assoluta che uccide la libertà e soffoca la vita, rendendola un inferno. Possiamo amare solo nella libertà, per questo il Signore ci ha creato liberi, liberi anche di dirgli di no». A buon inteditor…

Richieste femminili al Sinodo. Le donne cattoliche vogliono pari dignità e pari diritti nella Chiesa e lo hanno dimostrato simbolicamente con un pellegrinaggio a Roma (14 ottobre), durante il quale una delegazione di membri del Consiglio direttivo del Catholic Women’s Council (CWC), rete globale che riunisce più di 60 organizzazioni di donne cattoliche nei cinque continenti, ha consegnato in Vaticano per l’Ufficio del Sinodo, le conclusioni del processo sinodale da loro svolto. Fondamentali le questioni sul tappeto: condizione delle donne nella Chiesa, potere e partecipazione, strutture e trasparenza, vita sacramentale, resistenza e speranza, declinate con spirito inclusivo a partire dalla ricchezza di culture e di background che non compongono una unica voce femminile, bensì una pluralità di approcci, dispiegata anche nel cammino sinodale. Il rapporto si basa anche su un sondaggio pubblicato in otto lingue ed eseguito tra marzo e aprile scorsi, che ha ottenuto 17mila risposte da 104 Paesi, fornendo un quadro sul sentire femminile nella Chiesa di ampiezza senza precedenti, e costituirà la base di una pubblicazione che ne analizzerà i dati dal punto di vista sociologico e che vedrà la luce all’inizio del 2023. Il rapporto evidenzia la frustrazione e la sofferenza vissute dalle donne cattoliche di tutto il mondo rispetto all’abuso di potere, al clericalismo, alla discriminazione, al sessismo sperimentati dalle donne all’interno della Chiesa (un più ampio riassunto in «Adista» ottobre 2022).

Premiata Angela Merkel. L’ex cancelliera tedesca Angela Merkel ha ricevuto il più alto riconoscimento dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati per il suo impegno nell’accogliere più di un milione di persone in Germania nel 2015 e 2016. Il premio viene assegnato ogni anno a una persona o a un’organizzazione che abbia dato un contributo eccezionale alla protezione dei rifugiati, Nel 2019 erano stati premiati i «corridoi umanitari» promossi dalla Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, Chiesa valdese e Comunità di Sant’Egidio. Sotto la guida di Angela Merkel, la Germania ha accolto più di 1,2 milioni di rifugiati e richiedenti asilo nel 2015 e nel 2016, contribuendo a evidenziare la condizione dei rifugiati a livello globale. Filippo Grandi, Alto Commissario per i Rifugiati, ha elogiato la determinazione dell’ex cancelliera nel lottare per la protezione dei rifugiati, i diritti umani, i principi umanitari e il diritto internazionale: facendo appello alla comune umanità e rimanendo ferma contro coloro che invocavano paura e discriminazione.

Donna, vita, libertà. Proteste delle donne in Iran e aggressione turca ai danni dei popoli curdi in Siria e Iraq: anche il Forum Italiano del Movimenti per l’Acqua (nato nel 2006, riunisce comitati territoriali, organizzazioni sociali, sindacati, associazioni e singoli cittadini che si battono per l’acqua bene comune) esprime solidarietà e chiede misure urgenti per l’immediata sospensione della violazione dei diritti di uomini, donne e minoranze. In una nota odierna il Forum così scrive: «In questi mesi donne e uomini stanno resistendo all’aggressione del regime turco in Siria e in Iraq e alla repressione da parte del regime iraniano nei confronti delle comunità curde e di altre minoranze. Donne e uomini stanno inoltre da mesi manifestando contro questi regimi dittatoriali, anche a rischio della vita, contro la discriminazione e la violenza nei confronti delle donne e delle tante minoranze oppresse. Al grido di “Donna Vita Libertà” stanno lottando per un nuovo modello di società alternativo ai regimi autocratici e patriarcali in Turchia, Iran e in tutto il Medio Oriente. A queste persone e comunità il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua esprime la propria solidarietà e chiede che l’opinione pubblica si mobiliti e le istituzioni si adoperino con misure efficaci per l’immediata cessazione delle aggressioni militari e delle repressioni, per la liberazione delle persone detenute e per il riconoscimento delle istanze di libertà, giustizia e inclusività sostenute dal confederalismo democratico e da chi manifesta in Iran, in Turchia e in tutto il Medio Oriente. Chiede infine la tutela per esuli e rifugiati all’estero e la garanzia di esclusione da qualsiasi rischio di estradizione. Al riguardo denuncia il vergognoso accordo che ha portato all’estradizione dalla Svezia alla Turchia del militante curdo Mahmut Tat».

Donne coraggiose. Il numero di dicembre de «Il gallo» pubblica un articolo di Rosa Elisa Giangoia dedicato alle donne che nel corso della storia del cristianesimo, a partire dai primi secoli, hanno fatto una scelta che le ha portate a sostenere un’idea o a seguire una dottrina diversa da quella ufficiale della Chiesa, e che per questo sono state emarginate, allontanate, punite. Dagli uomini, evidentemente, che si sono autoproclamati detentori dell’ortodossia, pur sostenendo talvolta tesi molto lontane dal Vangelo. Dell’importanza delle donne nella vita della Chiesa cattolica parla spesso papa Francesco, ma le resistenze a riconoscere loro, de facto, un ruolo paritario agli uomini si scontrano sempre – almeno finora, domani magari chissà? – con la dottrina (scritta dagli uomini, intesi come maschi).

Stop a «Il Tetto». Dopo 60 anni il mensile «Il Tetto» interrompe le pubblicazioni. Ne dà notizia un comunicato del Comitato direttivo, che recita: «Cari amici, all’alba del 60° anno di attività abbiamo deciso di sospendere la pubblicazione de “Il tetto” per riorganizzarci e adeguarci nella sostanza e nella forma ai tempi nuovi, pertanto con l’ultimo numero del 2022 in uscita concluderemo questa prima serie con l’auspicio di riprendere in breve tempo». Solo pochi mesi fa la rivista aveva festeggiato il suo 60º compleanno con un numero speciale. La rivista, fondata nel 1963 da un gruppo di giovani, universitari e laureati, credenti e non credenti, cattolici e non, uniti tutti dall’intento di dar vita ad una strumento di confronto e di dialogo nella temperie conciliare. L’ha diretta per molti anni, e tuttora ne è il direttore editoriale, Pasquale Colella, in gioventù dirigente della Gioventù di Azione cattolica e dell’Unuri, che aderì poi al movimento dei cattolici del dissenso, ai Cristiani per il socialismo. La rivista è stata per molti anni un punto di riferimento nel dibattito ecclesiale, politico e civile del Paese, legando il suo impegno so- prattutto al contesto della città e della Chiesa di Napoli. «Dialoghi» ringrazia gli amici del «Tetto» e augura loro di trovare presto la via per continuare la loro testimonianza alla forza liberatrice del messaggio del Vangelo. Ne abbiamo tutti bisogno!

Invito alla preghiera. Dopo una lunga attesa, nella moschea centrale di Colonia, in Germania, ha di nuovo suonato il richiamo alla preghiera attraverso gli altoparlanti venerdì 14 ottobre 2022. Il richiamo alla preghiera, noto in arabo come Azan o Adhan, sarà effettuato nell’ambito di un progetto pilota della durata di due anni. In base all’accordo, circa 35 moschee di Colonia saranno autorizzate a chiamare alla preghiera per un massimo di cinque minuti il venerdì tra mezzogiorno e le 15.00. A Colonia vivono circa 100.000 musulmani di diverse origini. L’appello alla preghiera, intonato dal muezzin cinque volte al giorno, richiama i musulmani alla preghiera e comunica una sintesi delle credenze islamiche.

Migranti e schiavi. I dati raccolti da diverse agenzie delle Nazioni Unite riferiscono che, negli ultimi 9 anni, quasi 25.000 migranti e rifugiati hanno perso la vita nel Mediterraneo, quasi 20.000 dei quali lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Solo nel 2022, sono già 1.400 le persone morte o disperse nel Mare nostrum. Di queste, l’84% sulla rotta del Mediterraneo centrale che si conferma come una delle più attive e pericolose a livello globale. Numeri ai quali si aggiungono i dati di un importante rapporto pubblicato a metà settembre su lavoro e matrimoni forzati, ovvero le forme di «schiavitù moderna», una piaga sociale che colpisce, inevitabilmente, in modo specifico i migranti, in quanto persone più vulnerabili, meno protette dalle istituzioni, spesso prive di documenti e quindi maggiormente ricattabili. L’Italia è tornata a essere terra d’approdo per migliaia di persone in fuga. Secondo i dati del Ministero dell’Interno, da aprile a settembre 2022 gli sbarchi sulle coste italiane hanno avuto una ripresa: fino al 28 settembre erano 70.409 le persone migranti sbarcate da inizio anno. Nello stesso periodo, nel 2021, furono 45.761, mentre nel 2020 gli arrivi via mare sono stati 23.582. Degli oltre 70.400 migranti sbarcati in Italia nel 2022, 14.549 sono di nazionalità tunisina (21%); gli altri provengono da Egitto (14.134, 20%), Bangladesh (10.660, 15%), ecc.

Comunità energetiche. In seguito alla 49ª Settimana Sociale dei cattolici italiani – che si è tenuta a Taranto il 21-24 ottobre 2021 e che si è conclusa con un appello urgente a costituire Comunità energetiche nelle oltre 25mila parrocchie del Paese – il Comitato Scientifico e Organizzatore ha diffuso un importante documento dal titolo «La sfida delle Comunità energetiche. Suggerimenti sul percorso per l’avvio» sottolineando che «le “Comunità energetiche” non si riducono a una scelta tecnica, ma sono il frutto di un cammino spirituale e antropologico fatto insieme in questi anni come Chiesa in ascolto del territorio. Sono il sogno comune di una comunità che coopera e cammina insieme. Sono un modo concreto di riaffermare “l’ecologia integrale” proposta dalla Chiesa come nuovo modello di sviluppo umano e sostenibile che ha anticipato le agende dei Governi del mondo sull’urgenza di guarire il pianeta dalle minacce del riscaldamento globale, dall’inquinamento e delle tante dimensioni dell’insostenibilità ambientale». Le Comunità energetiche rappresentano dunque una risposta concreta della Chiesa italiana di fronte alla crisi climatica, all’innalzamento dei costi per l’energia e all’esigenza di edificare un modello di sviluppo «dal volto umano», fondato su cooperazione, sostenibilità e solidarietà. Un opuscolo spiega che la Comunità energetica è un «soggetto giuridico», che raccoglie la partecipazione volontaria dei protagonisti del territorio (cittadini, aziende, esercizi commerciali, associazioni, comitati, enti religiosi, ecc.) che intendono consociarsi per condividere i benefici ambientali, economici e sociali derivanti dalla «produzione e l’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili», contribuendo in tal modo «sia alla decarbonizzazione sia alla sicurezza energetica del Paese» (maggiori informazioni in «Adista» del 30 luglio 2022, n. 28).

Maggioranza cattolica. Il numero dei cattolici ha superato quello dei protestanti tra i cittadini dell’Irlanda del Nord. È quanto risulta dal censimento realizzato nel marzo 2021 e i cui risultati sono stati resi noti solo nello scorso settembre. Le persone di fede cattolica sarebbero il 45,7%, sul totale della popolazione, contro il 43,5% dei protestanti. Si tratta di un passaggio storico per la provincia britannica, creata nel 1921 per garantire che rimanesse parte del Regno Unito a fronte dell’indipendenza dell’Irlanda. Il numero dei cattolici è destinato ad aumentare e potrebbe riaccendere le mai sopite istanze indipendentiste. L’Irlanda del Nord fu infatti creata a tavolino da Londra nel 1921 nel tentativo di risolvere una volta per tutte la «questione irlandese». A un quarto di secolo di distanza, quella che fino a poco tempo fa sembrava una roccaforte dell’identità protestante, adesso ha cambiato volto. La svolta demografica potrebbe rappresentare un ulteriore passo verso quel referendum sulla riunificazione con Dublino chiesto a gran voce dagli indipendentisti dello Sinn Féin, divenuto partito di maggioranza relativa alle elezioni del maggio scorso.

Religioni in Italia. Un’indagine sugli stranieri ha rilevato che la componente cristiana è maggioritaria e rappresenta la metà dei circa 5 milioni di stranieri alla fine del 2020. Tra questi una maggioranza è rappresentata dagli ortodossi, che sono circa un quarto, seguiti dai cattolici. I protestanti, delle varie denominazioni, rappresentano quasi un residente straniero su 20; mentre le altre confessioni minoritarie coprono quote più esigue. I musulmani, nella grande varietà delle loro provenienze e relative tradizioni, raccolgono nell’insieme un terzo dei cittadini stranieri (34,2%, sono circa 1,8 milioni di persone). La quota degli stranieri residenti riconducibili al complesso mosaico delle tradizioni religiose «orientali» è invece del 7,4% (oltre 500mila persone), tra cui prevalgono i buddisti (3,2%) e gli induisti (2,4%). È rilevante notare anche la presenza di atei e agnostici, pari a circa un ventesimo di tutti gli stranieri in Italia (quasi 270mila, il 5,2%), mentre risulta molto ridotta la quota dei seguaci delle cosiddette «religioni tradizionali» (1,4%) soprattutto africane, e di altri gruppi (1,7%), quantificabili in meno di 100mila presenze ciascuno, e residuale quella degli ebrei (0,1%).

Cambia l’Italia. In Italia si registra una crescita della popolazione straniera residente: al 1º gennaio 2022 risultavano 5.193.669 cittadini stranieri regolarmente residenti. La maggior parte sono rumeni (il 20,8% del totale), seguiti da albanesi (8,4%), marocchini (8,3%), cinesi (6,4%) e ucraini (4,6%), La popolazione straniera è più giovane di quella italiana: fra nati in Italia, nati all’estero e naturalizzati, gli stranieri con meno di 18 anni residenti superano quota 1.300.000, rappresentando il 13% del totale della popolazione.

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