Emmaus Giugno 2008

“…mentre discorrevano Gesù si avvicinò” PERIODICO DELLE PARROCCHIE DI MUSILE DI PIAVE E CHIESANUOVA ANNO 2 - N. 3 GIUGNO - LUGLIO - AGOSTO - SETTEMBRE - OTTOBRE 2008

Piazza Libertà, 2 - 30024 MUSILE DI PIAVE - Tel. e Fax 0421.52308 - E-mail: parrocchiamusile@gmail.com

IL SALUTO DEL NUOVO PARROCO DON SAVERIO FASSINA NOMINATO PARROCO DI MUSILE, CHIESANUOVA E MILLEPERTICHE Chi è il parroco?

Parroco? Il parroco è, nella chiesa cattolica, il presbitero che il vescovo ha inviato a presiedere una parrocchia. L'autorità del parroco è dipendente da quella del vescovo, per realizzare gli orientamenti che il vescovo propone alla sua diocesi.

Significato del nome. Il termine viene dal greco antico (pàroikos), a sua volta derivante da (parà oikéo), cioè abitare nei pressi, abitare a parte, e significa quindi separato, straniero, ad indicare la realtà del cristiano che, pur vivendo nel mondo ha per patria il cielo e In vista dell’INGRESSO di don Saverio per le parrocchie di Musile, Chiesanuova e Millepertiche, sono state fissate tre SANTE MESSE DI INGRESSO CON LA PRESENZA DI MONS. ANDREA BRUNO MAZZOCATO: • a Musile alle ore 11.00 domenica 12 ottobre • a Chiesanuova, alle ore 15.30 di domenica 12 ottobre • a Millepertiche, alle ore 18.00 di domenica 12 ottobre Tutte le comunità sono chiamate a partecipare a questo grande evento con la preghiera e la presenza.

vive sulla terra come straniero di passaggio.

Storia. La figura del parroco nasce con la nascita della parrocchia, nel momento in cui la chiesa cattedrale non poteva più ospitare la gran quantità di fedeli.

Per questo motivo, e per il fatto che molti cristiani vivevano lontano dalla cattedrale, si rese necessario aprire luoghi di culto decentrati, che il vescovo affidava alla cura pastorale di un presbitero.

Dal Diritto canonico. Nella chiesa cattolica il ministero dei parroci è regolato dal codice di diritto canonico ai cann. 519-534. Il can. 519 situa il ministero del parroco nel contesto della vita ecclesiale «Il parroco è il pastore proprio della parrocchia affidatagli, esercitando la cura pastorale di quella comunità sotto l'autorità del Vescovo diocesano, con il quale è chiamato a partecipare al ministero di Cristo, per compiere al servizio della comunità le funzioni di insegnare, santificare e governare, anche con la collaborazione di altri presbiteri o diaconi e con l'apporto dei fedeli laici, a norma del diritto.»

Mazzocato, ha provveduto a nominare il nuovo Parroco in sostituzione di don Mario Salviato, dal 28 giugno Arciprete di Noale.

Nuovo Parroco di Musile, di Chiesanuova e di Millepertiche è don Saverio Fassina. Sarà aiutato (soprattutto nella cura pastorale di Millepertiche) da don Giorgio Battistella, nominato “collaborato-re pastorale per la parrocchia di Millepertiche”. Saremo quindi in 4 preti (don Saverio, don Giorgio, don Vanio e don Flavio) a vivere e collaborare insieme.

La collaborazione consolidata con Chiesanuova e quella avviata con Passarella e Santa Maria di Piave, continua con l’allargamento anche a Millepertiche.

Chi è il nuovo Parroco di Musile e di Chiesanuova e… di Millepertiche?

Nelle scorse settimane il Vescovo di Treviso mons. Andrea Bruno

Don Saverio Fassina è originario della Parrocchia di Piombino Dese (PD), ha 45 anni (è nato l’11 dicembre 1963), è stato ordinato sacerdote dal Vescovo

Paolo Magnani il 25 maggio 1991. E’ stato vicario parrocchiale a Noale e a Castelfranco Duomo. Ha vissuto un’importante esperienza di missione in Tchad dal 1995 al 2000, come prete “Fidei Donum”. Rientrato in Italia per problemi di salute a gennaio del 2000 e successivamente ripartito in ottobre, subì un grave incidente stradale proprio nella strada che dalla capitale conduce in missione a Fianga. Questa esperienza lo costrinse al rientro e a cure ospedaliere prolungate,

finchè dal settembre 2002 fu chiamato dal Vescovo a svolgere il ministero di Parroco nella Parrocchia di Ciano del Montello.

Don Giorgio Battistella, di 2 anni più giovane di don Saverio (è nato 12 febbraio 1965) ma ordinato sacerdote lo stesso giorno - 25 maggio 1991 -, è originario della Parrocchia di Silea (TV). E’ stato dapprima vicario parrocchiale a Noale, poi a Spinea presso la Parrocchia SS. Vito e Modesto. Dal 1999 è parroco a Po-

vegliano e ora nominato collaboratore pastorale per Millepertiche.

Li accogliamo con gioia e riconoscenza a loro per la disponibilità obbediente e al Vescovo per aver provveduto all’invio di nuovi pastori per le nostre comunità.

Ci prepareremo al loro ingresso che avverrà il 12 ottobre, come scritto nel riquadro, con la preghiera chiedendo al Signore la grazia di avere un cuore accogliente e capace di collaborazione e pazienza.

GRAZIE, a Don Mario!

Saluto della comunità a don Mario Domenica 22 giugno 2008 ore 18,00: celebrazione della santa messa di saluto a Don Mario

La chiesa è gremita; accanto alle autorità e ai tanti impegnati in vario modo in parrocchia, ci sono tante tante persone che in questo caldo pomeriggio di inizio estate vogliono stringersi attorno a don Mario per salutarlo e ringraziarlo.

La commozione abita tutti i presenti, in primis, innegabilmente, don Mario stesso che si appresta a salutare la parrocchia dove ha vissuto il suo primo mandato come parroco.

Era il 25 settembre 1994 quando don Mario è entrato nella nostra parrocchia dopo la morte di don

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Valentino Benetton e durante l’omelia della santa messa celebrata per il suo ingresso a parroco di Musile diceva: “ Trovo un po’ difficile esprimere i sentimenti che porto nel cuore in questo momento, sia perché sono tanti e forse un po’ contraddittori, sia perchè avverto che le mie parole faticano ad esprimerli bene, rischiando di essere ben distanti dalla realtà”.

Questa difficoltà ad esprimere i sentimenti è la stessa provata dalla maggior parte delle persone presenti alla celebrazione del 22 giugno. Sicuramente la notizia della partenza, così repentina di don Mario, ha lasciato poco tempo per metabolizzare la cosa: si sapeva da tempo che la presenza di don Mario era ormai arrivata quasi al capolinea ed ogni anno (da molti anni ormai) c’era qualcuno che puntualmente diceva che quello sarebbe stato l’ultimo di presenza di don Mario, poi passavano i giorni “caldi” per i trasferimenti dei sacerdoti e la partenza del parroco veniva rimandata all’anno seguente.

Quest’anno, invece, la notizia è

arrivata ufficialmente e in pochi giorni ci siamo visti costretti a salutare don Mario, dopo anni in cui la nostra parrocchia è stata “un cantiere aperto a tante innovazioni”. Si potrebbe fare l’elenco di

Un saluto speciale Rev. e caro Arciprete, sollecitatone dal pilota e valoroso giornalista Guido De Nobili, mi unisco ai Parrocchiani di Musile, adesso mesti per la partenza di Lei, e a quelli di Noale esultanti per il prossimo incontro. Per noi preti, tutta la vita è un continuo andare: seminatori della Parola, ministri della carità. Il bene immenso da lei profuso a Musile è preannuncio di rinnovata primavera.

“Tantum aurora est!”. Siamo appena alla prima ora dell’evangelizzazione. Coraggio.

La Madonna santissima interceda. Gesù benedica. Aff.mo Mons. Loris Francesco Capovilla arcivescovo di mesembria

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quante cose sono state fatte in questi anni, delle tante novità apportate, si potrebbe sfogliare un immaginario album di fotografie rivedendo momenti salienti di questi anni vissuti con don Mario e con tutti quei vicari parrocchiali che l’hanno affiancato. Oppure ciascuno di noi potrebbe annotare su un diario dei ricordi tanti momenti comunitari o personali

vissuti accanto a lui. A ciascuno di noi tornerebbe alla mente quella celebrazione, quella festa, quella parola, quella voce tonante ma anche quei “no” detti da don Mario. E come diceva don Mario durante la santa messa d’ingresso a Musile si rischierebbe di farne un ritratto frammentario. Durante la santa messa di domenica 22 giugno è

stato letto un saluto scritto dal consiglio pastorale e una frase che mi è rimasta particolarmente impressa è: pensare a don Mario come ad una “carezza di Dio”.

Sta a ciascuno di noi ricordare e custodire nel cuore quando ha vissuto i momenti in cui don Mario è stato una carezza di Dio.

Barbara Fornasier

DUE PAROLE SULLA VITA DEI VOSTRI PRETI

Molte sono le parole dette su noi preti. Molti i pareri sulle scelte compiute in questi ultimi mesi. Certo non è semplice accogliere il fatto che un parroco dopo molti anni di servizio venga trasferito in un’altra parrocchia, così pure non è mai immeditato accogliere chi viene, ma chiediamo la grazia del Signore per aiutarci ad essere davvero persone dal cuore grande, fratelli e sorelle pronti a ricevere i doni che la Provvidenza ha pensato per le nostre Parrocchie e per ciascuno di noi.

Cosa accadrà alla vita dei preti che sono rimasti e a quelli che verranno?

Dove andranno ad abitare visto che la canonica dovrà essere restaurata e che i lavori sono imminenti? Cosa sta succedendo in via San Giovanni n° 3?

Credo che queste domande siano

passate per la testa di molti di voi parrocchiani e a dire al vero anche nella mia testa e in quella di don Flavio.

Ebbene sì, siamo ben quattro preti: don Saverio Fassina, don Vanio Garbujo, don Flavio Gobbo e don Giorgio Battistella. Il progetto iniziale, quando pensavamo di essere solo in tre preti, era quello di andare ad abitare tutti nella canonica di Passarella mentre la canonica veniva chiusa per ristrutturazione, ma essendo in quattro preti a Passarella non ci stiamo più, la canonica di Musile non è così grande come sembra. Quale soluzione prendere? Come dividerci? Dove andare ad abitare? Dopo aver riflettuto, abbiamo deciso, insieme a Don Saverio e a don Giorgio che la scelta migliore per noi, preti e per le parrocchie era di dividerci finché i lavori

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della canonica non saranno finiti (fra un anno o un anno e mezzo).

Don Flavio e don Giorgio andranno ad abitare insieme nella canonica di Passarella mentre don Saverio e don Vanio andranno ad abitare nell’ex-casa degli obiettori in via San Giovanni conosciuta anche come Casa Betania.

Ecco perché forse qualcuno di voi si è accorto che in questo mese ci sono stati dei lavori in quella casa.

Qualcuno potrà pensare: era proprio necessario? La casa di via San Giovanni dovrà diventare il luogo della parrocchia, il luogo degli incontri con i vostri preti, il luogo in cui trovare risposte alle vostre domande per i matrimoni, per i battesimi, i sacramenti, ecc. E non solo, ma dovrà per forza di cose diventare il luogo in cui abiteranno stabilmente don Saverio e don Vanio, dove si troveranno a mangiare e a pregare ogni giorno anche con don Flavio e don Giorgio e questo non durerà qualche mese, perché per la canonica si parla di un anno o un anno e mezzo di lavori.

Ci siamo così trovati costretti a compiere dei lavori essenziali per rendere la Casa di via San Giovanni abitabile, funzionale e accogliente. Non abbiamo fatto nulla di straordinario, semplicemente qualche lavoro di ristrutturazione.

a cura di don Vanio

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EMERGENZA EDUCATIVA “La vecchia bussola si è rotta. E il patto educativo TRA IMPEGNO E LATITANZA tra le generazioni sembra essere saltato”.

(A. Bobbio)

F. Lambiasi ha sottolineato con efficacia che la cultura in cui viviamo, marcatamente narcisista, ci spinge all’inseguimento di un grande inganno: l’autorealizzazione, con le sue tre equazioni: la prima, la felicità coincide con il piacere («a me mi piace»); la seconda, la verità è uguale all’opinione («a me mi pare»); la terza, la libertà fa rima con spontaneità («a me mi va»).

Ma una autorealizzazione dai connotati fortemente autoreferenziali (soggettivismo) relativizza i va-lori fondamentali e, di conseguenza, rende impraticabile ogni vera azione educativa. Si frantuma, infatti, quel ‘paradigma educativo’ - memoria/narrazione/testimonianza -, che è alla base dell’atto educativo, capace di generare un modo comune di essere nel mondo, uno stile di vita, un quadro di valori e di riferimenti condivisi. Si perde, cioè, la ‘memoria’ del passato che conserva in sé i valori su cui una società e una cultura si basano; si interrompe inoltre la ‘narrazione’ (trasmissione) di quei valori alle nuove generazioni, per cui si smarrisce la coscienza della propria identità e si resta sradicati e disorientati; ed infine, perduta la consapevolezza della ‘significatività’ di quella memoria nell’oggi, si diviene incapaci di testimoniarne con coerenza i valori nella vita quotidiana.

Di conseguenza, “i padri non rendono presente nessuna tradizione, perché ne hanno perso la me-moria, e diventano testimoni del nulla e trasmettitori di regole.

I figli si trovano a vagabondare in un deserto privo di strade, non sapendo più da dove vengono e dove sono diretti” (C. Caffarra).

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Infatti, se non sappiamo da dove veniamo, come possiamo sapere dove andiamo? Se ciò che ci costituisce non esercita più il suo influsso, come può formarsi il nostro io (identità) e come possiamo prendere coscienza della nostra dignità di uomini liberi? Se il nostro io diventa l’unico criterio di determinazione del verobuono-bello-giusto, quale senso possono avere la verità, la libertà e l’amore? La difficoltà di far memoria, di narrarne (rendere presente) i contenuti da una generazione all’altra e di testimoniarli nella vita dà origine a una vera “emergenza educativa”, che si manifesta nella difficoltà a “proporre in maniera convincente alle nuove generazioni solide certezze e criteri su cui costruire la propria vita”. Gli stessi adulti “difficilmente riescono a trovare sicuri punti di riferimento, che li possano sostenere e guidare nella missione di educatori come in tutta la loro condotta di vita” (Benedetto XVI, ‘Discorso’ 10/01/2008). In questa situazione gli educatori avvertono spesso la tentazione di muoversi tra l’autoritarismo che impone ‘regole’ e il cameratismo irresponsabile che è connivenza, assenza di proposte significative e porta aperta al permissivismo; tra l’invadenza che non lascia spazio alla libertà e la latitanza educativa, che è disimpegno e abdicazione sulla trasmissione dei valori.

Che fare?

Mi pare che si dovrebbero percorrere queste ‘piste’: 1) “esserci”…: abitare con simpatia il ‘pianeta giovani’, essere presenti in mezzo ai giovani no-

nostante tutto, cercare di capire i loro linguaggi. Opporre resistenza alla tentazione di rassegnarsi, disertare la propria responsabilità, lasciarsi prendere dallo sconforto, dallo scetticismo (= non esiste una verità circa il bene della persona) e dall’indifferentismo (= tutto alla fine è permesso).

2) … come adulti appassionati, lungimiranti, umili.

Come adulti, che non scimmiottano un ‘giovanilismo’ ridicolo e una ‘amicalità’ sciocca, e ricercano più autorevolezza che autorità. Appassionati: adulti che ‘ci credono’ all’impegno educativo e lo assolvono con ‘passione’; che non si limitano a dare qualcosa (conoscenze, abilità…), ma si coinvolgono personalmente.

Lungimiranti: adulti che accettano la fatica dei tempi lunghi e credono che i giovani non sono un problema, ma una risorsa: Dio non fa spazzatura! Umili: adulti che tralasciano superiorità e presunzione, nella convinzione che, chiamati a ‘guidare’ gli altri, sono anzitutto loro stessi ‘guidati’ da Dio, primo ed unico educatore.

3) … capaci di fare proposte significative: capaci, cioè, di scrutare la realtà, analizzarne i fenomeni e le loro cause, e di reagire trovando risposte evangeliche che illuminino la mente, provochino la domanda di senso, riscaldino il cuore e impegnino tutta la persona.

4) … capaci di accompagnare percorsi personali e di gruppo in dialogo (in rete, in sinergia) con la famiglia, la scuola e la comunità credente. Un accompagna-

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mento fatto nel rispetto dei ritmi personali - perché il cuore dei giovani è “terra sacra” - e nella speranza, perché il cuore dei giovani è “terreno buono”.

5) … capaci, soprattutto, di dare e ricevere amore.

“L’educazione è cosa del cuore”, diceva Don Bosco. L’amore è il cuore della relazione educativa!

Per cui, da una parte, i ragazzi hanno bi-sogno dell’attenzione del cuore (cf. DCE 31a); e dall’altra, l’amore come viene descritto da 1Cor 13 è la forza dell’educatore. Educare diventa così un cammino all’amore, a quell’amore che spalanca le finestre sulla verità che rende liberi interiormente e sviluppa la totalità della persona.

Educare.............una sfida!

Oggi, intrecciare con i giovani e i ragazzi relazioni educative significative rappresenta una priorità per non lasciare campo libero ad “altro” che propone loro soluzioni immediate e semplici a fronte di problemi complessi. I ragazzi e i giovani che incontriamo, con i quali condividiamo esperienze e pensieri, hanno bisogno di qualcuno che ascolti e dia importanza a desideri e paure, alle curiosità che li incitano ad andare alla scoperta del mondo, alle storie personali e alle emozioni che vivono.

Fare questo significa prima di tutto trasmettere loro che nulla può sostituire l’adulto che ti accompagna nelle crisi, che accoglie i tuoi stati d’ansia, che corregge le tensioni devianti, che ti argomenta le regole di vita e i valori della fede, che ti invita a narrare i fatti della tua storia, che ti propone modelli, scelte, prospettive, che ti insegna a non giocare con il cuore delle persone e che le emozioni non sono i sentimenti, e chissà quante altre cose.

Certo il mondo moderno propone

loro tutt’altro approccio, ed è per questo che si scatena l’allarme alcool, sostanze, bullismo. Ma per essere preparati come educatori o come genitori, non bisogna smettere di interrogarsi e di cercare risposte, poiché se subentra in noi un atteggiamento di fissità e ingessamento, anziché essere pronti ad affrontare le turbolenze che attraversano la crescita dei ragazzi, come adulti si rischia di entrare in crisi. La rapidità con cui cambia lo scenario del nostro mondo ci chiede di essere flessibili e pronti al cambiamento come educatori.

Il problema è riuscire a tenere aperto il dialogo nelle diverse fasi della vita dei ragazzi, non solo ascoltandoli, ma anche parlando, trovando temi, contenuti, suggestioni che possano essere comprese, perchè se c’è qualcuno che trova il tempo e il piacere di ascoltarti, allora ha senso raccontarsi. Spesso si scorge in loro la paura di confondersi e il bisogno di emergere, il desiderio di essere unici, di distinguersi almeno una volta nella vita.

E’ importante quindi trasmettere regole e buoni comportamenti, ma anche cogliere e restituire doti, attitudini, caratteristiche valorizzando il loro essere originali, speciali, che nel percorso di formazione alla fede li aiuta ad imparare a riconoscere il proprio essere figli di Dio. Gli educatori, i genitori, sono le persone che insegnano a gestire i conflitti, i litigi, a trovare parole e gesti che recuperano relazioni importanti o che chiudono rapporti che non fanno bene; che sostengono e rimotivano di fronte ai fallimenti, alle prove che non riesci a superare, alle esperienze da cui esci perdente; che insegnano a lasciarti coinvolgere, al valore dello stare con gli altri affinché le esperienze divengano palestra di vita e occasione per maturare e apprendere; che stimolano a superare paure

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e timidezze. La sensibilità e il pensiero dell’educatore o del genitore sono strumenti indispensabili e diventano volti indelebili nella storia dei giovani che li aiutano a diventare autonomi e capaci poi di “camminare con le proprie gambe”. Ognuno di noi se provasse a ricostruire la propri autobiografia forse non potrebbe fare altro che raccontare se stesso attraverso alcune persone significative che ha incontrato.

Gli educatori e i genitori hanno bisogno di curare il proprio bagaglio di esperienze, per non perdere la propria storia di figli, di chi è stato educato, perché lì si trovano contenuti, regole, valori che abbiamo sperimentato in prima persona e per questo sono più credibili soprattutto agli occhi dei figli adolescenti. Così è anche per i contenuti della fede: ognuno trasmette ciò che proviene dall’esperienza personale di incontro con il Signore, i sentimenti cristiani che ha radicati dentro di sé, le regole di vita cristiana che hanno contribuito a edificare la propria vocazione. Si è sempre in tempo per andare a ripescare dentro le storie del nostro essere stati bambini, adolescenti e giovani, perché è lì che abbiamo iniziato a costruire ciascuno i propri riferimenti educativi e cristiani, per riscoprire ciò che sembra essere andato perso con il tempo, con le ostilità della vita, con le false illusioni.

Possiamo sempre chiedere ai nonni di insegnarcelo poiché sono i veri esperti dell’arte del ricordo e del racconto dei loro tempi, attraverso il quale possono trasmettere una sapienza educativa e cristiana di valore inestimabile.

di Rosanna Rosada, resp. Educatori Giovanissimi di Musile di Piave

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GR.EST. 2008

Anche quest’anno il gr.est. ha avuto il suo successo. E’ stata un’esperienza positiva sia dal punto di vista della partecipazione che dal punto di vista della vita vissuta e condivisa insieme. Il sogno è che il gr.est. in una parrocchia non sia il parcheggio per i genitori che dovendo andare a lavoro non sanno dove mettere i figli, ma voglia essere un’esperienza di chiesa, di comunione, di comunità, di vera e propria famiglia… un po’ allargata ma famiglia.

Qualche numero? I ragazzi dalla prima elementare alla seconda media erano circa 210; ragazzi di terza media aiuto animatori 23; animatori giovani dalla prima superiore sino a qualche unversitario 50; animatori adulti altri 50.

Come possiamo intuire dai numeri, il gr.est, che coinvolge quasi 350 persone, è esperienza parrocchiale cercata e scelta dalle famiglie, curata e organizzata e voluta bene da molti nella parrocchia, aperta ai nuovi che desiderano offrire il loro contributo alla buona riuscita delle attività. I ragazzi sono stati contenti, certo qualche gioco non è piaciuto, qualche laboratorio è riuscito meglio di altri e così via, ma il clima che si poteva respirare al gr.est. era di serietà, di festa, di comunione. Da tre anni poi il gr.est. è caratterizzato dalla

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messa settimanale per sottolineare che se siamo lì è per fare un’esperienza di chiesa, di Gesù, di “catechesi pratica”.

Gr.Est. 2008: tra formazione ed animazione Anche quest’anno, dal 23 giungo al 17 luglio, si sono svolte le tradizionali attività del Gr. Est.: animati che giocano e si divertono nei laboratori e sul campo dell’oratorio, musica, balli e molto altro ancora. Tuttavia, al di là dell’essenza stessa del Gr. Est., rappresentata dalle ragazze e dai ragazzi che, anno dopo anno, continuano a preferire alla TV le

attività di gioco costruttivo e la socializzazione, è importante ricordare e ringraziare, per il servizio svolto, una necessaria e non indifferente parte di questo grande evento estivo: gli animatori. È proprio grazie alla convivenza tra animati ed animatori che il Gr. Est. sopravvive ed è grazie a questo rapporto reciproco che il Gr. Est. acquisisce quel valore sociale e di testimonianza che gli si addice.

Tuttavia, giacché il Gr. Est. è anzitutto un percorso educativo per tutti, anche gli animatori si ritrovano in momenti di confronto reciproco che hanno luogo settimanalmente durante il mese di attività. Per poter svolgere l’attività di animatore, che è in primis un’attività di educatore, è indispensabile avere chiari i propri limiti e le proprie motivazioni.

Quest’anno, come tema di riferimento per gli incontri di formazione degli animatori, sono stati presi i quattro simboli di terra, aria, fuoco e acqua. Con l’uso di questa metafora, gli animatori hanno avuto modo di confrontarsi tra loro su problemi che riguardano i dubbi individuali, le speranze e i timori che li afflig-

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gono, permettendo così di dare vita ad un confronto aperto e costruttivo, capace di migliorare l’attività di animazione. Inoltre, considerando che è grazie ad un gruppo affiatato, efficiente e coeso che le attività di animazione possono avere successo, un ulteriore scopo di questi in-

contri è quello di permettere agli animatori di conoscersi meglio.

In conclusione, è sempre importante continuare un percorso educativo che si possa perpetuare nel tempo, anche oltre il Gr. Est. e, perché no, anche oltre l’ambiente parrocchiale ed è importante che i valori del confronto

reciproco e dell’interazione tra persone venga costantemente tenuto in considerazione, soprattutto nelle attività educative.

Luca Cadamuro, catechista di Terza Media

Camposcuola seconda media 2008 Villa Letizia a Valle di Cadore

Dal 23 al 30 agosto 2008 si è tenuto il camposcuola per i ragazzi di seconda media delle parrocchie di Musile, Chiesanuova, Passarella e Santa Maria di Piave.

La casa di cui ci siamo serviti è stata, come da tradizione, Villa Letizia, presso Valle di Cadore nel Bellunese, che con il suo nuovo look ha accolto il gruppo formato da 38 ragazzi, 10 animatori, don Vanio e i mitici cuochi Italo, Natalino e Letizia.

Il tema del campo era: “Dalla Torre di Babele allo Spirito Santo”. All'interno delle nostre attività abbiamo discusso di come ognuno abbia al suo interno una

Torre di Babele, dovuta alle voci contrastanti che albergano dentro di noi, e ai vari rapporti che ognuno si trova di fronte quotidianamente. Tutto questo può essere snodato con l'aiuto dello Spirito Santo, che crea la consapevolezza dei propri limiti e di aver bisogno del Signore.

Abbiamo riflettuto sul fatto che

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ognuno possiede dei doni, talenti che aspettano solo di essere scoperti e di essere valorizzati anche qui grazie allo Spirito Santo, che ci aiuta a separare il talento da tutto ciò che lo oscura e che lo nasconde. Naturalmente, per poter cogliere lo Spirito Santo c'è bisogno di essere sempre all'erta, non bisogna né chiudersi in sé stessi né provare a cambiare il corso dei fatti a modo proprio.

Ogni giornata aveva un simbolo proprio, che la riconosceva dalle altre e che ci aiutava nel capire l'obiettivo di quel giorno. I simboli erano la colomba, l'olio, il vento, la mano, il fuoco e l'acqua. Oltre alle attività, l'altro momento molto importante del camposcuola è stato la camminata di mercoledì, che aveva come meta finale il Monte Rite, famoso per il Museo delle Nuvole che si trova in cima ad esso, a quota 2160 mt slm.

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Partendo dal Passo Cibiana abbiamo camminato lungo un sentiero che penetrava nel bosco per circa due ore e mezza, per un dislivello complessivo di circa 600 mt. La camminata è stata molto faticosa, lo dimostra il fatto che, una volta arrivati in cima, molti ragazzi (e molti animatori!!) hanno avuto la gran bella idea di fare un sonnellino dopo pranzo per riprendersi dallo sforzo.

Per quanto riguarda l'andamento generale, si può dire che il camposcuola è riuscito più che bene.

Abbiamo visto un grande coinvol-

gimento da parte dei ragazzi, che sono anche riusciti a collaborare, nonostante non fossero sempre in compagnia dei loro amici preferiti. C'è stata molta collaborazione anche tra gli animatori, che sono riusciti fin dalle prime riunioni a creare un gruppo unito e compatto. In poche parole, diciamo che il campo di quest'anno ha bissato il successo dell'anno scorso. Un ringraziamento a tutti e 39 i ragazzi che hanno partecipato, agli animatori che anche quest'anno hanno messo anima e corpo per far riuscire tutto nei

minimi particolari e a don Vanio che con la sua presenza ha garantito saggezza, umorismo e solarità al gruppo. Infine un ringraziamento particolare ai cuochi Italo, Natalino e Letizia, che sono riusciti a non farci sentire la nostalgia delle nostre cucine a casa. Anzi, adesso a volte siamo noi che rimpiangiamo loro!!

Marco Bozzo, Catechista 3^ media

Camposcuola terza media 2008 Sella di Borgo Valsugana Dal 9 al 16 di agosto i ragazzi di terza media di Musile e Chiesanuova sono stati impegnati nel camposcuola, quest’anno locato a Sella di Borgo Valsugana.

Il tema che ha guidato animatori e ragazzi durante tutta la movimentata settimana è stato quello di Maria e Giuseppe, sia come coppia che come singoli, nelle loro scelte che hanno compiuto.

Parlare di scelte non è sempre facile, poiché a volte si fa complicato distinguere tra quelle che sono veramente giuste per noi e

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quelle che ci sembrano invece essere semplicemente le soluzioni meno impegnative. Per questo il passo successivo è stato quello di introdurre i valori di responsabilità e giustizia, incarnati rispettivamente da Giuseppe e Maria, entrambi trovatisi di fronte a delle scelte importanti e che hanno saputo affrontare nel modo più appropriato grazie a queste loro caratteristiche ma non solo… anche grazie alla loro fede. Non ultimi vengono il rispetto reciproco e l’amore, fonda-

mentali nella coppia: i ragazzi hanno potuto vedere tutto questo con i loro occhi grazie alla testimonianza di Alberto e Chiara, che hanno raccontato la loro vita di coppia e i valori che per loro sono fondamentali per costruire una vita insieme. Responsabilità e giustizia, però, si sono riproposti anche in seguito, quando i ragazzi hanno affrontato il tema di un progetto di vita, un messaggio che Gesù ci manda e che è rimasto immutato ed efficace nei secoli. Per poter capire meglio in

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cosa può consistere il progetto di vita di un giovane cristiano, i ra-

gazzi hanno ascoltato le testimonianze dei loro stessi animatori, che hanno spiegato come sono arrivati a svolgere i loro diversi servizi per la parrocchia e soprattutto perché hanno scelto di svolgerli.

Naturalmente, si sa, un camposcuola non è fatto solo di attività e di intenso lavoro, ma anche di momenti di divertimento con i tornei pomeridiani di calcio e pallavolo, di relax con i giochi serali e di condivisione di momenti forse un po’ meno allegri, ma certamente formativi, come la pulizia di cucina, camere e soprattutto bagni!

Elena De Piccoli, educatrice prima superiore

Camposcuola Vicariale di Prima e Seconda Superiore Assisi La mattina del due agosto le parrocchie di Chiesanuova, Musile, Fossalta, Mussetta e San Giuseppe lavoratore si sono ritrovate in Piazza Rizzo per partire verso Assisi, questa era la destinazione del nostro camposcuola. Noi ragazzi in totale eravamo 36, quattro da Chiesanuova e venti da Musile, seguiti da tre animatori a loro volta aiutati da don Francesco di Mussetta e Suor Arianna di San Giu-seppe. Il tema del campo era la figura di San Francesco, ma non solo: attraverso il suo esempio dovevamo analizzare la nostra vita e crescere spiritualmente ed interiormente.

Alloggiando poco fuori Assisi raggiungevamo la città ogni giorno per visitare i luoghi dove san Francesco ha vissuto e ha compiuto le sue opere; la prima tappa è stata la Basilica di San Francesco che sorge là dove il Santo aveva scelto di essere sepolto, che al suo tempo era noto come “Colle dell’Inferno” perchè era il luogo dove si svolgevano le esecuzioni pubbliche; in una piccola cappella della stessa abbiamo celebrato la Santa Messa domenicale. Il giorno successivo ab-

biamo parlato della conversione e vocazione di Francesco; voleva diventare un cavaliere, ma a Spoleto una voce e una visione lo fermarono: Dio aveva un altro disegno per lui. Durante una visita alla chiesetta di San Damiano, il Crocifisso gli parlò e gli disse di ristrutturare la sua piccola chiesa che cadeva in rovina, Francesco cercò di esaudire la preghiera ma il potere di suo padre, che lo voleva mercante, lo ostacolava e così decise di spogliarsi della proprie vesti e seguire solo la voce di Cristo. Ben presto si stabilì presso la Porziuncola dove ora sorge Santa Maria degli Angeli e in questa chiesa il nostro gruppo ha ricevuto la confessione. Quella di Francesco non fu l’unica conver-

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sione, alcuni giovani lo seguirono dando vita alla Fraternità Francescana, e con loro Chiara, una giovane che raggiunse Francesco, desiderosa di prendere i voti e che iniziò alla vita religiosa amiche e parenti, compresa la madre. Noi abbiamo visitato la chiesa dedicata a Santa Chiara dove lei tuttora riposa e sulla piazza della quale abbiamo trascorso una serata per parlare della nostra esperienza ai ragazzi di Meolo e Noventa che come noi hanno scelto di saperne di più sulla vita di san Francesco. Il giorno prima della partenza abbiamo raggiunto con una camminata l’Eremo della Carceri ,a quattro chilometri da Assisi; in questo luogo, immerso in un bellissimo verde di lecci,

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Francesco si ritirava per ascoltare la voce di Dio e per immergersi nella preghiera lontano da tutto e da tutti. In questa oasi abbiamo incontrato molti pellegrini assorti nella preghiera e anche

noi ci siamo ritirati per il deserto, dove abbiamo potuto meditare sulla “Perfetta Letizia” ovvero accettare le sofferenze della vita con serenità, certi che il Signore non ci abbandoni. Presso il lec-

cio dove san Francesco predicava agli uccelli abbiamo celebrato la messa per la Trasfigurazione del Signore.

In questo luogo sereno gli animatori hanno anche consegnato a noi ragazzi un piccolo simbolo per tenere sempre accesa questa bellissima esperienza legata a San Francesco: il suo Tau con il nostro nome, da tenere sempre con noi. Purtroppo anche le cose belle finiscono, ma qualcosa rimarrà sempre dentro ognuno di noi. Questa esperienza ci ha donato la possibilità di maturare nell’Essere e condividerla col gruppo sull’esempio di san Francesco, aiutati dalla bellezza dei luoghi che lo accompagnarono nella ricerca della Perfetta Letizia.

Gloria ed Elena

Camposcuola Vicariale di Terza e Quarta Superiore Comunità di Sant’Egidio Roma Anche quest'anno ai ragazzi di 3a e 4a superiore del nostro vicariato è stata data l'opportunità di partecipare al tradizionale camposcuola, meta: Comunità di Sant' Egidio a Roma! L'iniziativa è stata accolta da sei ragazzi della nostra parrocchia. La Comunità nacque nella capitale nel 1968 per iniziativa di un giovane liceale, Andrea Riccardi, il quale iniziò radunando un gruppo di coetanei per ascoltare e mettere

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in pratica il Vangelo. Il piccolo gruppo iniziò subito ad andare nella periferia romana, tra le baracche che in quegli anni cingevano Roma e nelle quali vivevano molti poveri e cominciò un doposcuola pomeridiano (la “Scuola popolare”, oggi “Scuole della pace” in tante parti del mondo) per i bambini. Da allora la comunità è molto cresciuta e oggi è diffusa in più di 70 paesi di 4 continenti. Il titolo del camposcuola era: "Sì, possiamo cambiare il mondo con le nostre mani".

La settimana ha avuto ritmi molto intensi ed il caldo non ci ha certo aiutati, ma ognuno di noi aveva molta voglia di mettersi in

gioco aiutando il prossimo.

Le giornate iniziavano e si concludevano con la preghiera; il passaggio del Vangelo che ci ha accompagnati nella nostra esperienza è stato quello del buon Samaritano; infatti l'obbiettivo nostro era quello di non passare oltre ai poveri o comunque alle persone che in quella settimana avremmo incontrato ma piuttosto di fermarci ad aiutare, per quanto possibile, o di avere una parola cara per loro. Inoltre venendoci a contatto abbiamo capito che bastano piccoli e semplici gesti per far nascere un sorriso nel loro volto e per illuminare i loro occhi.

Abbiamo trascorso la settimana aiutando i poveri, i senzatetto, portando loro del cibo presso le stazioni o aiutando i volontari alla mensa della Comunità, smistando abiti, cantando con gli anziani e animando le Messe nella case di riposo. Abbiamo inoltre

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conosciuto altre realtà spesso ignorate: è il caso dei rifugiati politici, incontrati presso il centro "Astalli", dei Gesuiti e delle Missionarie della Carità, ordine fondato da Madre Teresa di Calcutta. Pregando con i volontari della Comunità abbiamo capito quanto sia importante Gesù nella loro vita ma soprattutto nel servizio che svolgono verso i più bisognosi. Ogni sera infatti, molte persone, soprattutto volontari della Comunità per l'appunto, si ritrovano in una chiesa per pregare assieme. Nel corso della

settimana abbiamo avuto modo di ascoltare anche le testimonianze di persone che nella loro vita hanno avuto esperienze particolari, di persone che mettono la loro vita completamente a disposizione di chi ne ha bisogno ma anche di persone che pur avendo una famiglia ed un lavoro amano mettersi al servizio dei più poveri. Una cosa che mi ha colpito in modo particolare è stata l'associazione “Genti di pace”, sempre all'interno della Comunità, nella quale le persone provenienti dai più diversi paesi del

mondo si aiutano a vicenda per integrarsi al meglio qui in Italia.

Quest'esperienza è stata molto forte e sicuramente molto utile per comprendere realtà che spesso qui, nel nostro paese o comunque nel nostro territorio, non sono presenti. Un grazie di cuore a chi ha reso possibile questo bellissimo camposcuola e soprattutto a Gesù che c'ha dato la forza per affrontare quest' avventura.

Giulia Piasentin

ESODO passaggio per le libertà.

La missione della Chiesa è universale: ognuno di noi deve vivere come missionario, tentando di offrire all’altro il meglio di quanto ha incontrato e compreso nel proprio credo.

Giovedì 04.09.08 si è tenuto presso il Teatro Don Bosco a San Donà un incontro aperto a tutti ove Magdi Cristiano Allam ha presentato il suo libro “Grazie Gesù” e intrattenuto un dibattito riguardo la fede cristiana e la fede mussulmana.

L’iniziativa, facente parte del programma di LIB(E)RO in 5 SENSI, è stata resa possibile dalla col-laborazione tra il co-

mune di San Donà e diverse e molteplici realtà del territorio operanti nel sociale, nell’istruzione, nel tempo libero, ecc.

Un’iniziativa nel campo della letteratura e dell’arte con l’intento di abbinare ai valori della distensione, della bellezza e dell’intelligente curiosità quelli dell’ampliamento culturale vissuto dal “vivo” dentro la “calda” esperienza dell’incontro e del confronto.

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Il tema di quest’anno: ESODO passaggio per le libertà. Il viaggio di un popolo verso la Terra Promessa ma pure il viaggio personale di ognuno verso la ricerca della Verità fondamento della nostra esistenza; ove la fede di ciascuno di noi, qualsiasi essa sia, è l’artefice di valori, regole, diritti e doveri che ci permettono di convivere in armonia: tutto ciò regola la vita della comunità proiettando ogni

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individuo ad interagire con il resto del mondo in modo civile e costruttivo.

Da Corinzi 12,12 : “ .. se io so parlare le lingue degli uomini e degli angeli ma non posseggo l’amore: sono come una campana vuota che suona, come un tamburo che rimbomba. Se ho il dono di essere profeta e svelare tutti i segreti, se ho il dono di tutta la scienza anche se ho una fede che smuove i monti: se non ho l’amore che vale? .. “Possiamo essere profeti, conoscitori dell’universo intero, come cita il versetto, ma se i valori della fede non hanno attecchito come semi nel cuore e non ci rendono testimoni di vita leali del nostro credo …: tutto è vano ed inutile, siamo delle campane che suonano a vuoto.

La VERITA’ è ciò che ci rende LIBERI: non c’è verità senza libertà né può esistere libertà senza la ricerca della verità la quale non può essere subordinata alle opportunità del momento tant’è vero che spesso neghiamo la Verità quando ci è inopportuna. Non a caso siamo, in modo aprioristico, spesso portati a considerare vero il tutto e l’incontrario di tutto ma non può esistere una Verità che cambia e muta e si contraddice sulla base delle opportunità del momento: forse questo non è “essere testimoni” di noi stessi, del nostro credo, delle nostre certezze e pure incertezze (siamo umani non dimentichiamolo, ma non prendiamo la cosa a scusante di tante manchevolezze dettate dalla comodità del momento).

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L’avere punti fermi in ciò in cui crediamo, crescere nella fede giorno per giorno con tutte le difficoltà a cui andiamo incontro e che possono scoraggiarci perché purtroppo la vorticosa vita che giornalmente conduciamo ci rende sempre meno recettivi e disponibili a soffermarci, pensare, riflettere e incamerare “gioia del vivere”, ci rende sempre più vulnerabili. Il venir meno delle certezze nei valori e nella nostra identità ci rende vulnerabili, come diceva Magdi Allam: “ siamo delle lande deserte che possono essere prese di mira in qualsiasi momento..”

E. Magdi Cristiano Allam chi è?

Magdi è vicedirettore ad personam del Corriere della Sera ed è particolarmente attento e appassionato delle tematiche che concernono la realtà dei modelli di convivenza sociale occidentale, quali democrazia e diritti umani, identità nazionale e cittadina, immigrazione e integrazione.

E’ nato al Cairo (Egitto) nel 1952 e proviene da una famiglia mussulmana. Sua madre era

una donna religiosa mentre il padre più laicizzato. Ha avuto “l’occasione e fortuna”, dice lui, di studiare presso l’istituto più serio e conosciuto del Cairo gestito da salesiani italiani. Approda nel 1972 in Italia e continua gli studi presso l’Università La Sapienza di Roma; dopo la laurea inizia la sua carriera di giornalista lavorando prima a Repubblica e poi al Corriere della Sera.

Diversi sono i suoi scritti e libri pubblicati tanto da valergli numerosi premi nazionali ed internazionali tra cui il premio Saint-Vicent di giornalismo, l’Ambrogino d’Oro del comune di Milano, il premio internazionale Dan David e il Mass Media Award dell’ American Jewish Committee. Ma cosa ha di particolare Magdi Allam? Si è convertito alla religione cattolica cristiana e ha ricevuto battesimo, eucaristia e cresima dallo stesso Papa Benedetto XVI la notte di Pasqua assieme ad altri 6 catecumeni. E per questo la sua vita è a rischio giorno dopo giorno. Tale evento ha suscitato critiche, scandalo e disprezzo nel mondo islamico dal quale è stato condannato ma ha pure creato imbarazzo nel mondo cristiano. Invece questo battesimo deve essere visto come un messaggio a difesa della libertà religiosa, l’evangelizzazione e la convivenza fra le religioni del mondo. La stessa Chiesa cattolica, nella persona più rappresentativa del Papa con la sua omelia pasquale, ha sottolineato che ogni uomo che abbia fatto un cammino spirituale e sia stato aiutato da una

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comunità cristiana a verificare i suoi motivi, deve essere accolto nella Chiesa.

Nel libro “Grazie Gesù” ha modo di spiegare con semplicità il suo cammino di conversione e la sua scelta non poco travagliata verso la ricerca quotidiana della VERITA’. La Verità fra due religioni, cristiana e mussulmana, che lui ha potuto toccare con mano; è il racconto della sua esperienza: la consapevolezza dell’essere mussulmano, il contatto con testimoni cristiani autentici che lo hanno affascinato e innescato in lui la voglia di ricerca di Verità fino alla scelta di conversione. Un racconto di gran gioia, suggellato da un percorso graduale al cui centro di vita ci sono i valori e la persona: punto di partenza e di arrivo.

Ho trovato nel suo raccontarsi un esplodere di semplicità e gioia: una persona che è consapevole dei valori in cui crede, i valori della propria fede; che crede fermamente che per essere veri bisogna pure essere testimoni autentici nella comunità e nel mondo di quanto maturato nel proprio cammino senza paura alcuna perché l’incertezza, come detto prima, è ciò che rende vulnerabili. Una persona che crede nella dignità della persona, nelle libertà anche religiosa senza che tale libertà possa ledere e divenire obbligo per altri. A più riprese ha ribadito che l’autenticità della religione si fonda sui valori in cui si crede e solo nel momento in cui siamo certi di quello in cui crediamo, perché lo viviamo

giornalmente, non avremo timore alcuno di metterci a confronto con le altre religioni.

Le religioni possono essere diverse ma le persone possono essere condivisibili. E il confronto con gli altri credo può essere vissuto in modo autentico e vero solo sulla base delle nostre certezze, della nostra Verità (la fede) maturata che ci rafforza dentro.

E’ indubbio che c’è un solo DIO ma i modi con cui viene pregato e adorato sono molteplici; non viene pregato allo stesso modo da chiunque e nemmeno non lo possiamo pretendere, ma è certo che si può convivere fra diversi credi nel rispetto delle regole, dei diritti e dei doveri.

Non possiamo accampare diritti senza mai sottostare a dei doveri e a delle regole di vita comunitaria che permettono la convivenza in questo mondo che si sta sempre più globalizzando, dove le frontiere che delimitano gli Stati e continenti sono state abbattute, dove v’è un andirivieni di persone che per storia, cultura, credo, usi e costumi e lingua sono completamente differenti: come potrebbe essere possibile la convivenza se alla base non vi fosse il rispetto primo dell’individuo, poi delle regole della comunità, dei valori, dei diritti e l’ obbligo a dei doveri?

L’incontro con Magdi Allam che potrebbe suscitare in qualcuno uno stratagemma per buttare benzina sul fuoco circa gli attriti che ci sono nella convivenza fra credi diversi, cristiani e mussulmani in questo caso, va visto

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nell’ottica dell’essere e maturare giorno per giorno quello in cui crediamo veramente nella piena libertà senza costrizioni religiose di alcun genere. Cristo, a mio avviso, nel farsi uomo e condividere la nostra sorte ha dato un grande messaggio: la libertà. Dio stesso ci ha reso liberi, nel rispetto dell’altro, ma noi, proprio perché pecchiamo di arroganza, egocentrismo, ecc. altro non facciamo che ledere questa libertà ogni giorno perché ci è difficile il confronto con gli altri, soprattutto quando la pensano in modo diverso dal nostro.

Invece di vivere e interagire fra noi e per il bene della comunità nel rispetto reciproco, non facciamo altro che essere testimoni del prevaricare sugli altri per sottometterli. Questo, ovvio, in tutti i campi: dalla politica al sociale, basta pensare quanta fatica si fa a volte a mettersi d’accordo in una semplice riunione condominiale, oppure all’arroganza di quanti non rispettano le regole stradali perché pensano di essere solo loro a saper guidare mentre gli altri sono tutti dei benemeriti stolti; oppure nelle scuole dove c’è un dilagare sempre crescente di bullismo: ma poi perché?

Ognuno di noi deve vivere come missionario, tentando di offrire all’altro il meglio di quanto ha incontrato e compreso: questo il messaggio forte di Magdi a tutti cristiani e non.

E aggiungo : essere missionari con l’attenzione sempre viva al rispetto della persona.

Laura Scabbio

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MUSILE DI PIAVE

MUSILE DI PIAVE Da alcuni anni, nei primi 15 giorni di giugno negli spazi dell’oratorio parrocchiale si svolge “Comunità in festa”, un’iniziativa che non vuole essere la solita sagra paesana, ma un momento d’incontro e di partecipazione in allegria e serenità di tutta la comunità parrocchiale.

Quest’anno siamo giunti ormai alla 6a edizione e anno dopo anno notiamo che la proposta viene accolta sempre da un maggior numero di persone, quest’anno in modo particolare.

Abbiamo visto una grande partecipazione di genitori che hanno prestato servizio di sorveglianza ai vari gonfiabili dedicati ai più piccoli; sono stati circa 60 i nostri giovani che con grande entusia-

smo hanno prestato servizio ai tavoli e nonostante le fatiche ( e credetemi non sono poche) nei loro volti non è mai mancato il sorriso e la disponibilità.

Diversi sono stati gli intrattenimenti durante le serate, dal classico ballo liscio alla sfilata degli ac-conciatori e la bellissima dimostrazione dei ballerini più piccoli.

Si è svolto inoltre con successo il tradizionale “pranzo comunitario” in concomitanza del saluto a Don Mario.

Sono stati giorni intensi, ricchi di emozioni e tante fatiche ma ancora una volta “Comunità in festa” ci ha dato l’opportunità di stare fraternamente insieme, un’occasione per esprimere la

bellezza e la gioia di essere comunità, che è dono del Signore, vivendo la collaborazione e cercando di coinvolgere sempre persone nuove.

Un grazie di cuore a quanti si prodigano ogni anni per la riuscita di tutto questo, un grazie ai giova-ni, ai tanti genitori e volontari, ma un grazie davvero speciale va a tutte quelle persone che, “spente le luci dei riflettori”, finita la festa, continuano ancora silenziosamente a lavorare......

Possa questo essere ulteriore stimolo a quel “camminare insieme” verso una comunità che “cresce”: che è impegno e testimonianza di ogni comunità cristiana.

Claudio e Tiziana Tegon

CHIESANUOVA Qualche parola sulla Sagra di Chiesanuova Volendo provare a tracciare un quadro di quella che è stata la sagra di Chiesanuova quest’anno e cosa essa abbia significato, emergono riflessioni ed emozioni tra le più disparate.

Questa ha avuto inizio venerdì 22 agosto ed è terminata martedì 2 settembre. Viste le molte attività e iniziative che hanno preso corpo in questa occasione, riesce innanzi tutto naturale pensare alle intense energie profuse da coloro che si sono prodigati nell’offrire il proprio tempo (e quindi, in qualche modo, sé stessi).

Tutto questo attraverso piccoli sacrifici, vissuti però con spirito gratuito e finanche gioioso, spensierato. Vivendo questo impegno assieme, sopportandolo assieme e divertendosi assieme.

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Lieti d’aver costruito qualcosa e qualcosa di buono, rafforzando così il legame amichevole tra loro. In questo modo si può notare come dietro ogni attrazione di questo evento ci siano delle persone: persone dietro l’organizzazione di cucina e bar, persone dietro la logistica necessaria ad erigerli, persone dietro all’organizzazione degli intrattenimenti pensati per ogni fascia d’età (dai concerti ai giochi gonfiabili, alle giostre per i giovani nel corpo, per passare ai tornei di carte e alle orchestre da ballo per chi è ancora giovane nell’anima). E poi ancora persone la cui opera è perfettamente invisibile come coloro che si dedicano alla cura dei permessi comunali, alla gestione

della cosa in termini legali e alla messa in sicurezza di tutti gli impianti e gli apparati. Ci sono state, ancora, persone che si sono occupate della pesca ed altre che hanno seguito il mercato “del commercio equo e solidale”. E poi ci sono tutte le persone che non si sono occupate direttamente della sagra ma che hanno deciso di passarvi la serata per divertirsi e per trasmettere la propria gioia, o per lo meno la propria ilarità, anche agli altri. Insomma la sagra è fatta da persone. Volendo provvedere una definizione per il termine sagra, a ben vedere, verrebbe da dire che è una festa, di carattere paesano, fatta da persone... o meglio: fatta di persone.

Una festa di persone, fatta da

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CHIESANUOVA persone, per le persone.

Infatti fare la sagra vuol dire prestare servizio: un servizio verso gli altri verso la propria comunità.

Cosa muove le persone che “fanno la sagra”? Probabilmente è proprio questa attitudine, più o meno conscia, di fare qualcosa di giusto. Qualcosa di giusto per le persone che con le quali si vive a contatto, nel più vivo spirito di fratellanza cristiana; e qualcosa di utile per la parrocchia, attorno alla quale la sagra viene organizzata. Qualcosa di utile che va ben oltre il mero introito economico: qui si lavora, infatti, per un capitale ben più importante e caro a Dio che è il capitale umano: le persone.

La parrocchia altro non è che un’altra realtà fatta di persone: la realtà amministrativa più piccola in cui il gregge di Dio ha scelto d’organizzarsi e suddividersi per motivi contingenti. E’ il sistema più semplice entro cui avviene la divulgazione del messaggio evangelico (eccezion fatta per la famiglia). Per un cristiano è fondamentale preservare attiva e vitale una simile realtà.

Facendo sagra si tengono le per-

sone assieme in un ambiente sano e accogliente qual è quello della parrocchia, si consente l’aggregazione di bambini, giovani, adulti, vecchi al sol fine di star bene assieme giocando, parlando, divertendosi. Inoltre facendo sagra si vive in modo fattivo lo spirito di condivisione e fratellanza... in modo più o meno consapevole. Viene da pensar questo, per esempio, richiamando il pranzo comunitario. In quell’occasione la parrocchia si riunisce e condivide il pasto, in un modo non dissimile affatto da quello che tanto piaceva a Nostro Signore (e non solo nell’ultima cena, ma in molteplici occasioni).

Bisogna pensare al significato del pranzare assieme. Infatti i gesti e le azioni hanno un significato oggettivo ed inequivoco: una carezza od un bacio sono un chiaro segnale d’affetto. Così mangiare assieme già per gli ebrei ma anche per i cristiani è simbolo di accoglienza ed intimità famigliare. Di fatti la gente con la quale si mangia assieme di norma è quella appartenente alla cerchia famigliare.

Allo stesso modo pertanto anche in quest’occasione mangiare con

gli altri vuol dire accettarli come famigliari, accoglierli nella propria famiglia. Se ci si pensa è quello che accade ogni domenica al Banchetto Eucaristico. E’ proprio Nostro Signore che ci ha insegnato a vivere così, a mangiare assieme. E nel pranzo comunitario,come in tutta la sagra, si fa proprio questo: si mangia, si sta assieme e si familiarizza come piaceva a Lui. Mentre qualcuno sempre amorevolmente e premurosamente si astiene dal desinare in compagnia, non per ritrosìa, ma perché è impegnato a servire i suoi fratelli (che forse non si rende conto d’amare come le sue stesse azioni dimostrano per lui). Ecco dunque perché si fa sagra e perché ha ancora senso far sagra e sempre ne avrà. Non sembra dunque inopportuno, nel tracciare un bilancio degli obiettivi della sagra ultima scorsa, dire che questo è positivo. E sembra al contempo doveroso esprimere un sentimento di gratitudine a tutti coloro che hanno dato un po’ di sé stessi per tutto questo.

Federico Contarin

Qualche notizia dal Gr.o.g. (gruppo oratorio giovani) Nel mese di luglio sono state organizzate delle serate promosse dall’ormai noto GR.O.G (gruppo oratorio giovani) per il periodo estivo. Le serate sono state realizzate per coinvolgere famiglie e in particolare i bambini per dei momenti di festa e comunità.

Il primo martedì si sono svolti i tornei di calcetto e pallavolo, il secondo martedì la serata dedicata ai bambini, il terzo martedì si sono ripetuti i tornei e l’ultimo

martedì la serata finale, con la numerosa partecipazione di molte famiglie alla gara di torte e il karaoke.

Da non dimenticare, grazie al grog è stata la serata dedicata ai più piccoli ma anche ai più grandi, nel periodo della sagra.. con lo spettacolo di un simpatico clown.

Anche quest’anno l’impresa di coinvolgere giovani adulti e fami-

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glie è riuscita, un grazie particolare va a chi ha collaborato alla realizzazione di queste serate per un’estate all’insegna di momenti di festa per la parrocchia di Chiesanuova.

Confidando nella numerosa partecipazione futura aspettiamo un’altra estate di giochi e divertimento insieme al GR.O.G.

Erica Barzan

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Orari del catechismo delle parrocchie di Musile e di Chiesanuova CATECHISMO ELEMENTARI 2008-2009 MUSILE

CATECHISMO ELEMENTARI 2008-2009 CHIESANUOVA

Orario catechismo durante l’anno

Orario catechismo durante l’anno

2ª elem.

Martedì Venerdì

14.30-15.30 (5 gruppi) 14.30-15.30 (1 gruppo)

2ª elem.

Lunedì

15.00-16.00

3ª elem.

Venerdì

17.00-18.00

3ª elem.

Venerdì

15.45-16.45 4ª elem.

Lunedì

15.00-16.00

4ª elem.

Venerdì

14.30-15.30 5ª elem.

Sabato

14.30-15.30

5ª elem.

Martedì Martedì

16.00-17.00 14.30-15.30 (Michela)

1ª media

da decidere

1ª media

Lunedì Sabato

14.30-15.30 (2 gruppi) 14.30-15.30 (3 gruppi)

2ª media

Sabato

2ª media

Mercoledì Sabato

15.45 -16.45 (2 gruppi) 14.30-15.30 (2 gruppi)

3ª media

Mercoledì Sabato

14.30-15.30 (3 gruppi) 14-30-15.30 (1 gruppo)

14.30-15.30

Alcune date importanti Domenica 12 ottobre • Ingresso del nuovo Parroco don Saverio Fassina ore 11.00 a Musile e ore 15.30 a Chiesanuova e ore 18.00 a Millepertiche

Per Musile • Domenica 19 ottobre inizio delle attività dell’A.C.R. con la messa delle 9.30 • Domenica 26 ottobre inizio ufficiale dei gruppi delle superiore e dei giovani con la messa delle 11.00 segue il pranzo (i ragazzi cominceranno a ritrovarsi nei gruppi le settimane precedenti) • Domenica 16 novembre Raccolta del Ferro • Domenica 23 novembre Castagnata in Oratorio con Lotteria • Domenica 7 dicembre Prima Comunione • Sabato 2 maggio 2009 ore 17.00 Cresima

Per Chiesanuova • Durante la seconda settimana di Ottobre inizio dei gruppi delle superiori (3media&1&2 sup. e 3&4&5 sup.)

• Una domenica di ottobre (da definire) inizio dell’A.C.R. (classi: dalla 4a elementare alla 2a media) • Domenica 14 Dicembre Prima Comunione Chi volesse contribuire ai costi di stampa del giornalino parrocchiale “Emmaus” e dei foglietti settimanali per l’anno 2008-2009, si rivolga in canonica a Musile (l’offerta suggerita è di € 10). Grazie.

Emmaus Periodico bimestrale delle parrocchie di Musile di Piave e Chiesanuova.

Direzione e Redazione: Piazza Libertà, 1 - Musile di Piave - VE Registrazione al Tribunale di Venezia n. 884 del 21.03.1987 Stampa: Tipografia COLORAMA: San Donà di Piave - VE - Tel. 0421.40225

Hanno collaborato a questo numero di Emmaus: don Vanio, don Santo Dal Ben, Luca Cadamuro, Federico Contarin, Rosanna Rosada, Marco Bozzo, Elena De Piccoli, Elena Contarin, Gloria Carpenedo, Laura Scabbio, Barbara Fornasier, Erica Barzan, Giulia Piasentin

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