Emmaus Giugno 2019

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Emmaus

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Musile di Piave, Chiesanuova, Millepertiche, Passarella, S. Maria di Piave, Caposile, Croce

UN’ESTATE CON STILE ED ARMONIA

iamo ormai alle porte dell’estate. Le scuole sono finite, qualche studente è ancora alle prese con gli esami di maturità o universitari, ma per molti questo è un tempo in cui si pensa al riposo, alle ferie, magari programmate da molto tempo.

BELLO IL RIPOSO…

E’ bello lasciare le occupazioni quotidiane, staccarsi dalle normali fatiche del giorno, della settimana e dell’anno, ma è importante che il riposo non sia un andare nel vuoto, che esso non sia soltanto un vuoto (in tale caso non sarebbe un vero riposo). Continua in ultima pagina

p.1: Un’estate con stile ed armonia (1ª parte).

p.4: Essere unito a Gesù. p.6: Siamo nati e non moriremo mai più. p.8: Servire è meglio che farsi servire. p.10: Felici quelli che vivono e muoiono nell’amore di Dio. p.12: Spes contra spem. p.14: Dare il meglio di sé. p.15: Olimpiadi o famiglia? p.16: Un’estate con stile ed armonia (2ªparte).

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p.3: Stili di vita secondo il vangelo.

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p.2: Il tema del cammino futuro: stili di vita evangelici.

An. XII n.3

Sommario


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Il cammino del Sinodo

IL TEMA DEL CAMMINO FUTURO: STILI DI VITA EVANGELICI

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ncrementare stili di vita maggiormente evangelici. Il cammino sinodale diocesano ci ha suggerito, tra le varie scelte, questa scelta che la nostra collaborazione ha individuato come prioritaria. Potrà diventare una chiave per la conversione dei nostri cuori, stimolandoci a conoscere e amare più profondamente e intimamente Gesù, esortandoci ad evangelizzare e a porci umilmente nella condizione di essere a nostra volta evangelizzati.

ESSERE COERENTI AL VANGELO

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è la base di partenza per un cambiamento che parte da noi stessi e si effonde nel nostro rapportarci con gli altri in ogni ambito della nostra vita. Uno stile di vita evangelico è un Dono da chiedere per tutti, per le famiglie e per le comunità, un Dono che ci può aiutare a superare tristezza, solitudine, situazioni di conflittualità e a respirare “l’aria buona” della cordialità, della solidarietà e della stima vicendevole.

LA NAVE DELLA CHIESA

Se pensiamo alla nostra Chiesa e alla nostra vita come “una grande nave che solca i mari di questo mondo sbattuta dai diversi flutti delle avversità, delle tendenze e dei condizionamenti della società attuale”, siamo chiamati a non abbandonarla. Gli adulti nella fede sono invitati a tenere lo stile di guide, che combattono con coraggio di fronte alle nuove sfide che ci inducono a pensare che la vita di Gesù è un modello troppo faticoso da seguire, a fronte di occasioni e proposte più allettanti nella soddisfazione delle proprie ambizioni e desideri.

Il giovane è esortato ad imparare e pian piano ad avvicinarsi alla comunione con Dio, al Suo mistero; Dio lo lascia libero di avvicinarsi e di allontanarsi secondo la Sua volontà. Lo stile è cibarsi, in comunione con i fratelli, del corpo di Gesù Eucaristia, di affidare la propria vita e le prove a Lui.

RIDONARE IL DONO

Il senso dell’esistenza è la gioia della testimonianza che è ridonare il dono dell’Amore incontrato, scoperto, conosciuto, ricevuto. Saremo così tempio di Dio se lodiamo e ringraziamo Dio con la nostra vita, azioni, parole, sentimenti. Attraverso i sacramenti e l’ascolto assiduo della Parola, l’Amore sarà naturale e spontaneo, un Amore che rende liberi: liberi di voler bene, liberi dalla paura di fare e di sbagliare, liberi di annunciare il Vangelo. “Confida con tutto il cuore nel tuo Signore e non appoggiarti sulla tua intelligenza”; “In tutti i tuoi passi pensa a Lui ed Egli appianerà i tuoi sentieri”. Chi è pieno di Spirito Santo parla in diverse lingue, le diverse lingue sono le varie testimonianze su Cristo”, secondo i carismi e la vocazione di ciascuno. ROSANNA ROSADA


Esempi concreti di

PER UNO STILE DI VITA SECONDO IL VANGELO

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ulla base della scelta operata dal Consiglio di Collaborazione, proponiamo nelle prossime pagine una serie di ritratti di persone che hanno testimoniato uno stile di vita esemplare.

TANTI STILI DI VITA

STILI SECONDO IL VANGELO

Sono quelli che partono dall’intenzione di fare cose buone, con fede. Sono quelli che pregano, che perdonano, che aiutano gli altri, che cercano di avvicinarsi a Dio. E’ la fede che fa miracoli. Esistono centinaia, migliaia di persone che vivono, che hanno vissuto uno stile di vita evangelico ed hanno fatto tanto del bene nel mondo. Forse non appiono nei primi titoli dei giornali, perché disturbano uno stile di vita che non mette Dio al primo posto, ma il profitto e il denaro...

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Oppure si cerca di avere uno stile di vita sano dal punto di vista fisico. Vita all’aperto, palestra, evitare lavori troppo pesanti sembrano le ricette vincenti.

personale, che però non si accorge di ciò che gli sta intorno ed è incapace di fare il bene, perché vive per sé: tranquillo, egoista e non vuole problemi.

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Si parla molto oggi di avere uno stile di vita. Ma cosa s’intende? Si può perseguire uno stile di vita sano dal punto di vista alimentare: si pone attenzione alla dieta, si cercano i cibi biologici, si guarda a ciò che si mangia...

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Ma c’è anche uno stile di vita che privilegia il benessere

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Carlo Acutis

ESSERE UNITO A GESÙ

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i sono bambini che il Signore chiama fin da quando sono piccoli. Una frase che prende forma e sostanza nella breve vita di Carlo. Carlo nasce a Londra il 3 maggio del 1991, dove i genitori si trovano per lavoro. La famiglia è originaria di Milano dove Carlo cresce con uno sguardo verso il cielo.

UN BAMBINO CURIOSO

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Egli infatti già da piccolo inizia a fare domande particolarmente profonde alla madre, alle quali lei non sa cosa rispondergli e che la spinge a riavvicinarsi alla fede. Carlo ha la passione per lo sport, per la musica, per l’informatica ma soprattutto per Gesù.

avanzato e lo porta ai clochard oppure ai cappuccini che gestiscono la mensa ai poveri.

LA PERSONALITÀ

Tutti lo cercano. I suoi compagni, anche chi non crede, vogliono stare con

Chiede di poter ricevere la comunione a 7 anni e una volta valutata la maturità cristiana per il sacramento richiesto, viene esaudito.

ADOLESCENTE “NORMALE”, FEDE PERSONALE

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Carlo è amico di tutti, non nasconde la propria fede neppure alle medie e poi alle superiori. Vive la messa quotidianamente nella sua parrocchia e con l’adolescenza arriva anche il rosario quotidiano e l’adorazione eucaristica, convinto che quando “ci si mette di fronte al sole ci si abbronza... ma quando ci si mette dinnanzi a Gesù Eucaristia si diventa santi”. Ha uno stretto legame anche con la confessione, dicendo che “come la mongolfiera per salire in alto ha bisogno di scaricare i pesi, così l’anima per levarsi al Cielo ha bisogno di togliere anche quei piccoli pesi che sono i peccati veniali.”

IL RAPPORTO COI BENI

La famiglia è ricca ma lui non vuole ad esempio avere un secondo paio di scarpe; utilizza le paghette per prendere un sacco a pelo ad un barbone; raccoglie su vaschette il cibo

lui. Chiedono consigli, aiuto. Lo cercano perché con Carlo si sta bene, c’è qualcosa in lui che attrae. La sua presenza porta allegria e gioia. Eppure non è uno che ama le mode. In famiglia vive un collaboratore domestico, Rajesh, induista, bramino. Tra lui e Carlo nasce un’a-


Emmaus micizia profonda che porterà Rajesh a convertirsi al cristianesimo, colpito dalla fede pura di Carlo e dalla sua carità.

UN’IDEA ARDITA

Un giorno chiede alla mamma se secondo lei dovrebbe

LA CAUSA PER LA BEATIFICAZIONE

Alcuni anni dopo la sua morte inizia la causa di beatificazione e il 5 luglio 2018 papa Francesco lo ha dichiarato Venerabile, primo gradino del riconoscimento della Chiesa. Poi c’è la beatificazione e la dichiarazione di santità. Carlo è stato un ragazzino come tanti altri, con le sue passioni, i suoi sogni, i suoi desideri.. Egli però aveva compreso il segreto della felicità e lo testimoniano queste sue semplici parole “La tristezza è lo sguardo rivolto verso se stessi, la felicità è lo sguardo rivolto verso Dio…. Basta un semplice movimento degli occhi.” Possiamo provarci… MONICA SCARABEL

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DOMANDE SULLA VITA

Durante il breve soggiorno in ospedale disse “Offro le sofferenze che dovrò patire al Signore per il Papa e per la Chiesa, per non fare il Purgatorio ed andare diritto in Paradiso”. Le sofferenze arrivano. Ma all’infermiera che gli domanda come si sente risponde: “Bene. C’è gente che sta peggio. Non svegli la mamma che è stanca e si preoccuperebbe di più”. Muore il 12 ottobre 2006.

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Nel 2002 chiede ai genitori di portarlo a Rimini ad una presentazione tenuta da un suo amico sacerdote sul Piccolo catechismo eucaristico. Torna a casa e ha l’idea di sviluppare con le sue conoscenze informatiche una mostra virtuale raccogliendo foto e testimonianze sull’Eucarestia che per lui è “l’autostrada per il cielo”. Un lavoro che dura tre anni. Ne viene fuori una mostra sui miracoli eucaristici ed un libro, che vengono visti e conosciuti in tantissimi stati del mondo.

diventare sacerdote e la mamma gli risponde che il Signore glielo farà capire. I primi di ottobre del 2006 inizia a non sentirsi bene; si pensa ad un’influenza invece si tratta di leucemia fulminante.

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Chiara Corbella Petrillo

SIAMO NATI E NON MORIREMO MAI PIÙ no nel settembre del 2008: a giugno del 2009 nasce la loro prima figlia Maria Grazia Letizia, che vive solo 30 minuti; l’anno successivo nasce Davide Giovanni, anche lui muore subito dopo la nascita per malformazioni gravissime. Una prova dura. Chiunque al suo posto se la sarebbe presa almeno un po’ con Dio, Chiara no.

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FIGLI SPECIALI...

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ollocazione provvisoria.. questa è la scritta appesa ad un piccolo crocifisso davanti alla bara di Chiara nel giorno della sua nascita in cielo, il 13 giugno del

2012. Una frase di don Tonino Bello che continua con queste parole: “Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Solo allora è consentita la sosta sul Golgota! Al di fuori di quell’orario, c’è divieto assoluto di parcheggio. Dopo tre ore, ci sarà la rimozione forzata di tutte le croci.”

LE MOLTE CROCI DI CHIARA

Chiara, nei suoi 28 anni di vita (nata a Roma il 9 gennaio 1984), ha vissuto molte croci ma ha voluto viverle proprio in questo modo “provvisorio”, con uno sguardo di fede più ampio rispetto al solo sguardo umano. La sua forte fede nasce nella sua famiglia e l’accompagna fino al matrimonio con Enrico. Entrambi maturano il loro cammino di fede nell’ambiente francescano e scelgono Padre Vito, frate minore, come loro padre spirituale. Chiara ed Enrico si sposa-

Nei suoi appunti scrive: “ il Signore ha voluto donarci dei figli speciali: ma ci ha chiesto di accompagnarli soltanto fino alla nascita, ci ha permesso di abbracciarli, battezzarli e consegnarli nelle mani del Padre in una serenità e una gioia sconvolgente”. Dopo alcuni mesi dalla nascita al cielo di Davide Giovanni, Chiara inizia una nuova gravidanza e pochi giorni dopo aver scoperto di essere incinta, si accorge però di una lesione alla lingua. Col fondato sospetto che si tratti di un tumore, Chiara affronta durante la gravidan-


Emmaus za la prima delle due fasi di un intervento per asportare la massa sulla lingua. Per la seconda fase, occorrerà aspettare che Francesco sia nato.

PER AMORE DI FRANCESCO

Accertato che si tratta di un carcinoma alla lingua, Chiara sceglie di rimandare le cure per non far male al bambino che porta in grembo.

Tornata casa, non appena le è possibile comincia la terapia ma il tumore si estende sempre di più fino ad arrivare all’occhio destro, che Chiara coprirà con una benda per limitare le difficoltà visive. Nell’aprile del 2012 Chiara comprende di essere ormai una malata terminale e continuando ad abbandonarsi con

CAUSA DI BEATIFICAZIONE

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Francesco nasce il 30 maggio 2011 e nello stesso ricovero, Chiara affronta la seconda fase dell’intervento iniziato a marzo.

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L’INTERVENTO E L’ESITO

fiducia nel Signore, utilizza il tempo che le resta per dire a tutti “Ti voglio bene”. E’ convinta che la cosa più difficile non è morire ma lasciarsi amare. Molti amici vengono a trovarli nella loro casa e condividono con loro la celebrazione della Messa e la preghiera del Rosario. Nella lettera scritta per il primo compleanno di Francesco, il 30 maggio del 2012, due settimane prima della morte, Chiara scrive “L’Amore ti consuma, ma è bello morire consumati…”.

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«Per la maggior parte dei medici – scrive Chiara – Francesco era solo un feto di sette mesi. E quella che doveva essere salvata ero io. Ma io non avevo nessuna intenzione di mettere a rischio la vita di Francesco per delle statistiche per niente certe che mi volevano dimostrare che dovevo far nascere mio figlio prematuro per potermi operare».

Nel giugno 2017 inizia la causa di beatificazione di Chiara. Chi conosce la sua storia, considera Chiara già santa, una santa della quotidianità. Non una santa inavvicinabile ma una persona amica, normale da cui imparare la docilità alla volontà di Dio. “Siamo nati e non moriremo mai più”, questo ci insegna Chiara con la sua vita. Una vita donata e consumata fino all’ultimo respiro per amore. MONICA SCARABEL


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Alberto Marvelli

SERVIRE È MEGLIO CHE FARSI SERVIRE

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lberto Marvelli nasce a Ferrara il 21 marzo del 1918: sarà il secondo di sei fratelli; cresce in una famiglia numerosa, cristiana, impegnata nel sociale e nelle attività caritative e catechetiche. Suo padre Alfredo, direttore della Banca Popolare del Polésine in Rovigo, andava a Messa tutti i giorni con i figli; aderiva al Partito popolare di don Sturzo e per questo era perseguitato dai fascisti. La madre Maria si dedicò all’apostolato in parrocchia e in diocesi. Casa Marvelli era aperta a chiunque avesse bisogno. Alberto si trasferì a 12 anni a Rimini con tutta la famiglia, per seguire il lavoro del padre.

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LA FORMAZIONE GIOVANILE

La sua formazione umana e cristiana ricevette in quegli anni una forte impronta salesiana: imparò l’amore all’Eucarestia e la devozione alla Madonna. Alberto aveva molti amici con i quali condivideva la passione per lo sport, il teatro e le scampagnate estive in bicicletta. Si iscrive allora all’Università di Bologna alla Facoltà di ingegneria meccanica e al circolo della Federazione universitari cattolici italiani “Marcello Malpighi” e a soli 23 anni si laurea.

DOPO LA LIBERAZIONE

Dopo che Rimini fu liberata dall’occupazione tedesca, nel settembre del 1944, Alberto dopo essere stato chiamato alle armi torna a casa perché al fronte c’erano altri due fratelli. Dopo ogni bombardamento è il primo a correre in soccorso ai feriti, a incoraggiare i superstiti, ad assistere i moribondi, a sottrarre alle macerie i sepolti vivi. Alberto distribuiva ai poveri tutto quello che riusciva a raccogliere, materassi, coperte, pentole. Si spostava nella città in bicicletta, carica di beni di prima necessità, e andava dove sapeva che c’era fame e malattia. A volte tornava a casa senza scarpe o senza bicicletta.

L’IMPEGNO POLITICO

Pur non essendo iscritto a nessun partito, il Comitato di Liberazione costituitosi a Rimini con la sua prima giunta, ebbe fra

gli assessori anche Alberto Marvelli, riconoscendo appunto il suo grande impegno civile a favore dei bisognosi. Per rispondere ai bisogni più urgenti della città, la Giunta comunale costituisce una Commissione edilizia comunale, alla cui presidenza viene posto l’assessore Alberto Marvelli. Poi gli viene affidata anche la Commissione comunale alloggi. Su un piccolo block notes Alberto aveva scritto a matita: “Servire è migliore del farsi servire. Gesù serve”.


Emmaus SPIRITO DI SERVIZIO

TESTIMONIANZA DI FEDE

Nel 1945, a 27 anni, il Vescovo lo chiama a dirigere i Laureati Cattolici. Il suo impegno si potrebbe sintetizzare in due parole: cultura e carità. “Non bisogna portare la cultura solo agli intellettuali, ma a tutto il popolo” diceva: così dà vita ad una università popolare. Apre una mensa per i poveri. Li invita a messa, prega con loro; poi al ristorante serve loro il pranzo e ascolta le loro necessità. La sua attività a favore di tutti è instancabile, ma non tralascia mai l’Eucarestia, anzi proprio da essa trae la forza per compiere tutte le sue attività. Alberto Marvelli muore a 28 anni nel 1946 in un incidente stradale, mentre era in bicicletta. E’ stato beatificato da papa Giovanni Paolo II il 5 settembre 2004.

FEDERICO FELLINI

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Nel 1969, in un’intervista, il regista Federico Fellini dichiarerà: “ho avuto Alberto come compagno di scuola e di giochi. Ho saputo che ora hanno iniziato il processo di beatificazione. Lo ricordo bene. Fummo insieme fin dalla prima elementare. Era un ragazzino biondo, molto dolce. Le mamme lo indicavano a noi come un bambino modello, buono e bravo. Al liceo non faceva parte della mia compagnia, perché io e i miei amici eravamo un po’ scapestrati, ma sapevo che era impegnato molto ad aiutare i poveri. Sono certo che diventerà santo e ti dico che, quando ci penso, fa un certo effetto pensare di aver giocato a pallone con un santo”.

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Con tale spirito di servizio affronta gli impegni che gli vengono affidati. Marvelli lavora con rapidità e decisione; con chiarezza e trasparenza nella gestione delle enormi somme di denaro che deve assegnare ai sinistrati, con senso di giustizia ed equità. La sua competenza, ma soprattutto la concretezza e la rapidità, lo portavano a cogliere immediatamente le situazioni, a trovare la soluzione e a metterla in atto. Ebbe validi collaboratori, ma era sempre lui in prima persona a ideare, a proporre, a dirigere. Per la sua serietà professionale ed il suo generoso impegno è ammirato e stimato da tutti. Nel giro di pochi mesi viene nominato ingegnere responsabile del sezione locale del

Genio civile. Alberto è profondamente umano, immerso, quasi rapito dalle necessità del quotidiano. Vive una vita piena, senza mai cedere a l’ozio.

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Hans Jagerstatter

FELICI QUELLI CHE VIVONO E MUOIONO NELL’AMORE DI DIO

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crivo con le mani legate, ma preferisco questa condizione al sapere incatenata la mia volontà. Non sono il carcere, le catene e nemmeno una condanna che possono far perdere la fede a qualcuno o privarlo della libertà […]. Perché Dio avrebbe dato a ciascuno di noi la ragione ed il libero arbitrio se bastava soltanto ubbidire ciecamente? O, ancora, se ciò che dicono alcuni è vero, e cioè che non tocca a Pietro e Paolo affermare se questa guerra scatenata dalla Germania è giusta o ingiusta, che importa saper distinguere tra il bene ed il male? ”.

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(DAL TESTAMENTO, BERLINO, LUGLIO 1943)

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Franz Jägerstätter nasce il 20 maggio 1907 in un paesino Sankt Radegung, un borgo troppo piccolo per avere un ufficio postale, nell’Alta Austria a pochi chilometri dal confine con la Baviera. Può essere definito come un “resistente” al nazismo, un semplice contadino che rappresenta uno dei pochissimi testimoni che in terra tedesca, abbia osato opporsi al regime hitleriano. La sua è una storia non “etichettabile”, vissuta in totale solitudine, del tutto staccata da qualsiasi movimento di opposizione interna al nazismo. Franz è sposato e padre di tre bambini. Nel 1938, quando la maggioranza degli austriaci vota in favore dell’annessione alla Germania nazista, Franz, trentunenne, esprime l’unico voto di dissenso del villaggio.

CHIAMATA ALLE ARMI

Come ogni uomo austriaco abile alla leva, è chiamato a prestare servizio militare: la cartolina di richiamo giunge nel febbraio del 1943, quando la figlia maggiore ha cinque anni. Ignorando il consiglio del parroco, del vescovo e di molti altri, si rifiuta di indossare la divisa militare, e per questo viene

immediatamente messo in carcere. Chi ricopre posizioni di autorità politica gli offre la possibilità di un servizio che non richieda di dover combattere, ma Franz, dopo averci riflettuto, risponde che non è possibile per lui indossare l’uniforme, indipendentemente da quelle che siano le sue responsabilità individuali.

LA TESTIMONIANZA DEL PARROCO

Non è senza significato che il suo parroco Josef Karobath, dopo la discussione decisiva nel 1943, pochi giorni prima della chiamata all’arruolamento, abbia scritto:”Mi ha lasciato ammutolito, perché aveva le argomentazioni migliori. Lo volevamo far desistere ma ci ha sempre sconfitti citando le Scritture”.


Emmaus ERA SOLO UN CONTADINO

CONVINZIONI

Nella vicenda umana e religiosa di F. Jägerstätter emerge con forza il primato della coscienza, vero faro per il comportamento di un semplice laico cristiano. Franz si pone in fermo ascolto di ciò che “gli sembra giusto”. Lo fa con enorme sofferenza, perché deve andare contro ciò che ha di più caro, la famiglia (la moglie e le tre figlie in tenera età) contro i pastori della Chiesa (ma non tutti), contro i suoi concittadini, di cui “sente” la disapprovazione, lui a cui era stato chiesto di diventare sindaco. Il suo ascolto non è improvvisato, Franz studia la Bibbia, legge i documenti della Chiesa, si confronta con persone di cui ha fiducia, prega molto, medita, digiuna. Si sottopone ad un percorso di formazione della coscienza, pur nelle condizioni proibitive di quegli anni.

LE COSE ULTIME

L’atteggiamento etico di Franz fa leva sulle “cose ultime”, le cerca e le desidera. Anche davanti alla moglie, nei 20 minuti di colloquio concesso in carcere, a Berlino, poche settimane prima dell’epilogo, ricorda che ciò che li attende è il Cielo e “chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me ” (Mt. 8,37).

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Franz viene ghigliottinato a Brandeburgo (Berlino, nello stesso carcere si trovava anche Dietrich Bonhoffer) il 9 agosto 1943. E’ stato beatificato nel 2007.

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Essi attestano la sua convinzione che non solo la comunità dei credenti, la chiesa, ma anche il singolo sia chiamato a dare testimonianza di quello in cui crede, anche se si trova a essere solo ed è una persona di modesta condizione sociale. Era un uomo animato da una fede semplice e forte. Dal carcere scrive: Proprio come l’uomo che pensa solamente a questo mondo fa tutto il possibile per rendere la sua vita qui più facile e migliore, così dobbiamo anche noi, che crediamo nel regno eterno, rischiare tutto al fine di ricevere là una grande ricompensa ... Il segno più certo di chi segue Gesù si trova nelle azioni che dimostrano amore per il prossimo. Fare al proprio prossimo ciò che si desidera per se stessi è più che non fare agli altri

IL PRIMATO DELLA COSCIENZA

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Franz Jägerstätter, agli occhi di tutti, era solo un contadino: non aveva mai frequentato un’università o una scuola di teologia, il suo percorso educativo si era svolto interamente in una piccola scuola a classe unica. Come poteva, una persona così ordinaria, mettere in pratica un atto di resistenza tanto eccezionale? Possiamo ricostruire qualcosa delle motivazioni profonde che lo abitavano, a partire da alcuni suoi scritti, in particolare il diario e le lettere dal carcere.

quello che non si vuole sia fatto a sé ... Felici quelli che vivono e muoiono nell’amore di Dio.


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Giorgio La Pira

SPES CONTRA SPEM

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iorgio La Pira, il «sindaco santo», nasce a Pozzallo (Ragusa) il 9 gennaio 1904; uno zio di Messina lo fece studiare facendogli conseguire il diploma di ragioniere. L’anno successivo conseguì anche il diploma di maturità classica, iscrivendosi alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Messina e laureandosi nel 1926 a Firenze, dove aveva seguito nell’ultimo anno il prof. Betti di Diritto romano, che era stato lì trasferito. Anche lui diventerà docente universitario di Istituzioni di Diritto Romano a Firenze.

VITA DI FEDE E DI CARITÀ

Nel 1928, a 24 anni, aderì all’Istituto Secolare della Regalità di Cristo, fondato da padre Agostino Gemelli inserito nell’Università Cattolica e legato alla spiritualità francescana. Pregava e studiava dall’alba all’intera mattinata, dedicandosi per il resto ai giovani con incontri formativi, all’organizzazione dell’Azione Cattolica specie nella periferia fiorentina, alla carità verso i poveri, vivendo in sincera e volontaria povertà e purezza di vita. Nel 1934 fondò per i più poveri e dispersi, l’Opera del pane di S. Procolo, che radunava ogni domenica intorno all’altare per ricevere anche l’Eucaristia, pane per l’anima e per il corpo.

Collaborò con il grande cardinale di Firenze Elia Della Costa, nella difesa degli ebrei ed a risolvere le vicende fiorentine di quei tempi. Dal 1936 Giorgio La Pira fissò la sua dimora nello storico convento domenicano di S. Marco, centro di spiritualità, dell’arte e della storia di Firenze. Tra i suoi ragazzi ci fu un certo Franco Zeffirelli, orfano di madre e non riconosciuto dal padre. Di La Pira, il futuro regista serberà un ricordo luminosissimo, riconoscendolo fondamentale per la sua fede.

L’IMPEGNO POLITICO

La Pira fu perseguitato dal fascismo, ma nel 1946 venne eletto deputato nell’Assemblea Costituente nella lista della

Democrazia Cristiana, divenendo con il suo contributo culturale e morale, uno dei maggiori artefici dell’impostazione della Costituzione Italiana. Lavorò a fianco di De Gasperi, e ad altre grandi figure del cattolicesimo laico di quei tempi, come Dossetti, Fanfani, Lazzati.

SINDACO DI FIRENZE

Nel giugno del 1951 fu eletto sindaco di Firenze, carica che tenne dal 1951 al 1957 e dal 1961 al 1965. Si batté per dare un lavoro ai diecimila disoccupati, difese e conservò il posto di lavoro a duemila operai della Pignone, salvando l’azienda con l’aiuto di Enrico Mattei; requisì case e ville vuote in attesa che si costruissero case nuove, fece erigere due nuovi rioni. Vennero ricostruiti i ponti


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Si fece pellegrino di pace - in piena guerra fredda - andando nel 1959 a Mosca, dove parlò al Soviet Supremo in

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Ogni anno dal 1952 al 1956 organizzò i ‘Convegni per la Pace e la Civiltà Cristiana’. Inoltre nel 1955 il Convegno dei Sindaci delle Capitali del mondo, per impegnarli ad un’azione di pace, contro la minaccia di una distruzione atomica; dal 1958 promosse i ‘Colloqui per il Mediterraneo’ per suscitare la pace e la coesistenza fra cristiani, ebrei, musulmani.

Giorgio La Pira scelse la strada della vita comune come tutti, ma vivendo attento al progetto di Gesù Cristo re dell’Universo e re della Storia, che attira a sé e unisce l’unica famiglia umana. Il suo motto fu “Spes contra spem” (tratta dalla lettera ai Romani di S. Paolo 4,18: Abramo ebbe fede sperando contro ogni speranza e così divenne padre di molti popoli) e lo ricordava ogni qualvolta era impegnato in un faticoso lavoro politico quotidiano, in circostanze che qualche volta avrebbero fatto disperare chiunque. Il 9 gennaio 1986 l’arcivescovo di Firenze, Piovanelli ha avviato il processo per la beatificazione di questo grande laico cattolico “venditore di speranza”, nella sua città, in Italia e nel mondo, sempre nell’ottica cristiana. La sua tomba si trova nella basilica fiorentina di San Marco. Papa Francesco lo ha dichiarato Venerabile il 5 luglio 2018.

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PRESENZA INTERNAZIONALE

LA SPERANZA SOPRATUTTO

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principali sull’Arno, il nuovo Teatro Comunale, la Centrale del latte, il Mercato Ortofrutticolo, diciassette nuovi edifici per la scuola dell’obbligo, ammodernati i servizi tranviari, idrici, nettezza urbana; rimodernate centinaia di strade.

difesa della distensione e del disarmo; nel 1964 andò negli Stati Uniti per la legge sui diritti civili delle minoranze etniche; nel 1965 era ad Hanoi per incontrare Ho Ci Min, per chiedere la pace nel Vietnam. Ebbe rapporti personali con numerosi Capi di Stato dell’epoca, da Kennedy a Krusciov, da Ciu En Lai a De Gaulle e con i papi Pio XII, Giovanni XXIII e Paolo VI. La sua azione pacificatrice era supportata dalla preghiera delle suore di clausura, che lui chiedeva come sicuro rimedio ed efficacia per la riuscita delle sue missioni, il cui programma comunicava costantemente alle suore, coinvolgendole. Nel 1976, eletto ancora una volta deputato, difese i bambini non ancora nati contro l’aborto. Ma la sua salute ormai era in declino; morì il 5 novembre 1977; fu sepolto umilmente, secondo il suo desiderio, nel cimitero di Rifredi (FI).

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Sport e fede

DARE IL MEGLIO DI SÉ

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are il meglio di sé è il Documento sulla prospettiva cristiana dello sport e della persona umana del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita uscito il primo giugno 2018. Il documento inizia così: “Dare il meglio di sé stessi è un aspetto fondamentale nello sport, per qualsiasi atleta che, individualmente o in squadra, gareggi con tutte le forze per ottenere il proprio risultato sportivo. Quando si dà il meglio di sé stessi, si sperimenta la soddisfazione e la gioia della realizzazione personale”. Accade nella vita così come accade nel vivere la fede cristiana. Ciascuno vorrebbe dire un giorno, come san Paolo, “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede” (2 Tm 4,7).

QUALE RAPPORTO TRA SPORT E FEDE?

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Questo documento intende aiutare a comprendere la relazione tra dare il meglio di sé stessi nello sport e la fede cristiana vissuta ogni giorno. “L’atteggiamento cristiano, dinanzi allo sport come alle altre espressioni delle facoltà naturali della persona, quali la scienza, il lavoro, l’arte, l’amore, l’impegno sociale e politico, non è un atteggiamento di rifiuto o di fuga, ma di rispetto, di stima, semmai di riscatto e di elevazione: in una parola, di redenzione”. Come dice papa Francesco: “Il legame tra la Chiesa e lo sport è una bella realtà che si è consolidata nel tempo, perché la comunità ecclesiale vede nello sport un valido strumento per la crescita integrale della persona umana. La pratica sportiva, infatti, stimola a un sano superamento di sé stessi e dei propri egoismi, allena allo spirito di sacrificio e, se ben impostato, favorisce la lealtà nei rapporti interpersonali, l’amicizia, il rispetto delle regole”.

GIOCO E METTERSI IN GIOCO

Nel suo discorso al

Centro Sportivo Italiano, nel 2014, papa Francesco ha esortato coloro che lo stavano ascoltando, e allo stesso modo esorta anche noi oggi, a dare il meglio di sé stessi, non solo nello sport, ma in tutta la nostra vita: “E proprio perché siete sportivi, vi invito non solo a giocare, come già fate, ma c’è qualcosa di più: a mettervi in gioco nella vita come nello sport. Mettervi in gioco nella ricerca del bene, nella Chiesa e nella società, senza paura, con coraggio e entusiasmo. Mettervi in gioco con gli altri e con Dio; non accontentarsi di un “pareggio” mediocre, dare il meglio di sé stessi, spendendo la vita per ciò che davvero vale e che dura per sempre”. DON MICHELE


Joana Bolling

OLIMPIADI O FAMIGLIA?

Emmaus rene al papà Elnews, ex campione di basket, malato da tempo e costretto tre volte a settimana alla dialisi per insufficienza renale. A niente sono valse le implorazioni del padre, che le ha addiruttura nascosto le cartelle cliniche. Joana ha preso la sua decisione, il 5 aprile 2016 è stata operata e ha perso la convocazione per Rio.

STORIE CHE SI RIPETONO

ANNUNCIO INCREDIBILE

Lo ha comunicato al mondo con un post emozionante su Instagram: “Joana significa famiglia. Famiglia significa che nessuno viene abbandonato. O dimenticato”. Il suo gesto ha fatto il giro dei social: Joana, ha donato un

Cristiano Ronaldo pagò 83 mila euro per pagare l’intervento chirurgico al cervello per un ragazzo gravemente malato. George Chuvalo, peso massimo continuò a combattere, nonostante l’età, per pagare la disintossicazione dei figli tossicodipendenti.

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oana Bolling, 22 anni, giocatrice di pallamano della nazionale argrentina, si era qualificata per Rio 2016, quando ha fatto un passo indietro per la sua famiglia.

Nel 2005 Adriano, attaccante dell’Inter, si prese la responsabilità delle spese mediche di decine di bambini della sua favela in Brasile.

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Nel 2004 Cesare Prandelli, allenatore alla Roma da neanche due mesi, rinunciò alla squadra per stare vicino alla moglie malata.

An. XII n.3

La storia dello sport ha altre storie simili in cui i grandi campioni o mollano carriera ed eventi internazionali per stare vicino alla propria famiglia o decidono di dedicarsi a cause di solidarietà devolvendo una parte delle loro entrate a protagonisti di storie disperate.


Emmaus

Dalla prima pagina...

UN’ESTATE CON STILE ED ARMONIA

…MA SE È INCONTRO!

È importante che il riposo sia riempito con l’incontro. L’incontro con la natura, con le montagne, con il mare e con le foreste aiuta l’uomo a ricuperare la quiete e la calma interiore. Il contatto con la natura ritempra le energie fisiche e spirituali e ci aiuta a recuperare una “misura alta” della nostra umanità, che purtroppo la vita quotidiana tende ad abbassare.

giugno 2019

Durante l’anno la pesante routine di tutti i giorni e gli innumerevoli problemi da affrontare generano silenzi, incomprensioni e non raramente tensioni all’interno delle nostre famiglie, soprattutto nei rapporti di coppia. I ritmi più lenti della vacanza possono essere un’ottima occasione per recuperare momenti di dialogo, di intimità e così, con l’aiuto del Signore, ricucire quelle smagliature che alla lunga possono diventare strappi e poi minare anche i rapporti più solidi. E per i giovani, l’esperienza di un campo estivo, può diventare un tempo particolarmente intenso di sperimentare un’amicizia semplice e profonda con i coetanei.

UN TEMPO ANCHE PER LO SPIRITO

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Nelle giornate cariche di occupazioni e di problemi, ma anche in quelle di riposo e di distensione, il Signore ci invita a non dimenticare che se è necessario preoccuparci per il pane materiale e ritemprare le forze, ancora più fondamentale è far crescere il rapporto con Lui, rafforzare la nostra fede in Colui che è il pane di vita Il tempo delle vacanze è il tempo in cui aprire la vista interiore dell’anima alla presenza di Dio nel mondo, ed aprire l’udito interiore alla parola della sua verità.

DARE TEMPO

Dopo una giornata di svago e divertimento è bello andare alla messa serale per ringraziare il Signore. E’ interessante visitare qualche chiesa con le loro preziosa storia e ricchezza artistica. Può essere l’occasione per leggere qualche bel libro, magari scegliendo la vita di

qualche santo: ce ne sono alcune straordinariamente avvincenti! Ne proporremo qualcuna anche noi. Infine si può usare lo smartphone per ascoltare le lodi mattutine durante lo jogging o il tragitto verso il bar dove comprare i cornetti per la colazione, oppure meditare il rosario negli spostamenti in macchina o sul pullman durante una gita. Ecco cinque suggerimenti per vivere un’estate con stile ed armonia. Buone vacanze! D.

FLAVIO


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