Delatre - numero 10

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Delatre

L a r i v i s t a d e l P i c c o l o Te a t r o d e l l a Ve r s i l i a

N째

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OTTOBRE - DICEMBRE 2008


DELATRE N° 10

EDITORIALE

Dela tre Rivista trimestrale di teatro a cura del Piccolo Teatro della Versilia Via del Greco - 55047 Seravezza (Lu) www.piccoloteatroversilia.it info@piccoloteatroversilia.it Autorizzazione del Tribunale di Lucca N.875 Registro Periodici del 25/01/08

Proprietario

Claudia Sodini Direttore Responsabile Aronne Angelici Grafica ed impaginazione Claudia Sodini Collaborazione Serena Guardone Disegni Elena Buono Fotografie Gianni Di Gaddo giannidigaddo@hotmail.com (nel caso di foto di altri autori, questi saranno esplicitati) In questo numero hanno collaborato Shira Conti, Andrea e Stefano del Giudice, Valentina Gianni, Rolando Macrini, Francesco Martinelli, Matteo Pardini, Elisabetta Pastore.

Anno II - Numero 10.

Chi volesse inviare articoli, foto, materiale, dare suggerimenti o semplicemente contattarci può farlo inviando una email a info@piccoloteatroversilia.it La rivista ha ottenuto il finanziamento da parte della Provincia di Lucca e della Fondazione Banca del Monte di Lucca per l’anno 2007 e 2008 grazie alla vincita del bando “Uno spazio per le idee 2007” e “Uno spazio per le idee 2008”.

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Troppa cultura fa male, troppo poca fa peggio. Proprio per questo, nel primo numero della stagione 08/09 ci sbizzarriamo un po’ con la fantasia. Riflettendo sul significato di questa rivista, abbiamo sentito la necessità di scappare da una linea troppo seria ed intellettualistica (mai comunque intrapresa: nemmeno lo sapremmo fare) e di lasciar correre quella follia ed entusiasmo necessari a noi, Claudia, Serena ed Agnese, per continuare la difficile impresa di tener vivo “Delatre” e di non far diventare la sua uscita una magra routine. La riunione in cui si sono decisi gli articoli è avvenuta chiedendo ad un ignaro passante (Luca) alcuni titoli casuali che sono stati poi da noi “affibbiati” ad altrettanto ignari collaboratori: ecco che Francesco Martinelli ha dovuto scrivere del Santo Graal, Elisa (allieva della scuola di Corato) di una strana maniglia impertinente (pp. 4-5), Serena di barbabietole solitarie ed io di cotti pedoni (pp. 17-18). Un grazie a coloro che si sono messi in gioco. Un gioco. Un gioco in cui la cultura, il teatro, il farneticare infantile (p. 16), il MAMA theatre (pp. 5-6), il panico di Pinocchio (p. 11), il PTV nel 2056 (p. 18 ... e chissà come sarà), il divertirsi a scrivere e a comunicare sono tutti fattori presenti, a volte nascosti, a volte no. Ovviamente troverete articoli di cronaca ed approfondimento sull’estate appena trascorsa: mille impegni per il PTV che tra festival e campus estivi per ragazzi non ha avuto un attimo di riposo. E poi, per i genitori e per i ragazzi, vengono presentati, in una sezione curata da Serena Guardone (con l’aiuto di Luca e Mirtilla), i programmi del nuovo anno per una piacevole consapevolezza di un anno di teatro coscente e sapiente (da p.12). E per i più volenterosi e per coloro che conoscono lo strano linguaggio giovanile dei telefonini: eko k x voi c’è l’artclo di Shy, ex-allieva k h rpreso qst anno i crsi x rgz dp aver lasciato il ptv per un anno. (p. 15). Perché ognuno ha il proprio linguaggio. E non resta che augurarvi una buona lettura e soprattutto un buon nuovo anno con il PTV e con la sua nuova stagione teatrale EXSAIL. Eccetto per l’articolo su Mercantia e Apriti Borgo, tutte le foto di questo numero sono state scattate al Seravezzateatrofestival 2008, manifestazione alla sua IIIa edizione, organizzata dal PTV. Da tutto il PTV. Le foto con * sono di Giulia Vannucchi, le altre, ovviamente, del mitico Gianni.


F. Barsanti svolge seminari in tutta Italia. Se sei interessato chiama il 3394336687 DELATRE N° 10

EXSAIL: LA NUOVA STAGIONE TEATRALE DEL PTV

PTV

EXSAIL - EXILE

Direttore Artistico Federico Barsanti

EXSAIL

Il Direttore Artistico Federico Barsanti promuove ufficialmente una stagione teatrale 2008/09, presso il Teatrino Delatre, sede della Scuola di recitazione del Piccolo Teatro della Versilia nonché delizioso luogo situato nel piccolo centro di Seravezza (Lu); tale stagione sarà denominata “Exsail”. La Rassegna nasce da un’idea basatasi sullo scambio di esperienze e di incontri avvenuti negli ultimi sei anni tra il PTV, artisti, pedagoghi, funamboli, insegnanti, tecnici, scrittori in occasioni di Festival Nazionali, viaggi, scambi pedagogici… La Rassegna vuole offrire agli artisti che vi prenderanno parte un luogo teatrale del tutto particolare: il pubblico che seguirà gli spettacoli, infatti, sarà formato da studenti, insegnanti e collaboratori della Scuola di Recitazione, dagli attori della Compagnia Stabile del PTV e da un pubblico che segue le produzioni del PTV da molti anni, oltre naturalmente a tutti coloro che si stanno avvicinando e si avvicineranno a questa iniziativa. Obiettivo di Exsail è contribuire, attraverso lo scambio tra realtà nazionali ed internazionali, al dipanarsi della cultura teatrale, e non solo, nel territorio della Provincia di Lucca e, nello specifico, in Seravezza, dove il PTV opera dal 1998. Exsail si propone di regalare al proprio pubblico uno spaccato del Panorama Teatrale Italiano attuale, inserendo nel Cartellone opere originali di qualità che scaturiscano da importanti esigenze e bisogni artistici da parte dei loro creatori. Il Teatrino Delatre, disponendo di uno spazio molto limitato, si calcola che possa ospitare, a seconda di ogni mise en espace, un numero di spettatori che varia da 30 a 70. Si comprende, di conseguenza, lo spirito con cui viene istituita la Rassegna, che si proietta verso un pubblico raccolto, per creare atmosfere intime, silenziose, lontane dai clamori delle grandi sale gremite o semivuote del Teatro delle grandi Compagnie Nazionali che vivono anche grazie agli incentivi statali e agli sponsor. La Rassegna si svolgerà nel periodo che va dal mese di novembre 2008 al mese di Luglio 2009 e si andrà ad innestare nell’evento, giunto alla sua quarta edizione, denominato Seravezzateatrofestival. La Rassegna Exsail attualmente non gode di nessun patrocinio né dispone di sponsor, contributi, donazioni. La Rassegna Exsail nasce e si mantiene grazie agli artisti, al pubblico, alla Scuola di recitazione del PTV e al contributo completamente gratuito di un folto gruppo di allievi del PTV. Chiunque fosse interessato a contribuire a questa crescita può contattare Federico Barsanti (3394336687) oppure mandare una mail a info@piccoloteatroversilia.it. Il cartellone, il resoconto di ogni spettacolo, eventuali variazioni al programma verranno pubblicati sul sito internet della scuola www.piccoloteatroversilia.it. La denominazione della Produzione sarà Exile produzioni. “Non so se cambiando, le cose miglioreranno ma per migliorarle dovranno necessariamente cambiare” “Perché siamo artisti in esilio”.

Stagione Teatrale ‘08/’09

1a Edizione

stagione senza sponsor né contributi, il ricavato di ogni serata andrà all’artista

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L’ANGOLO DI FRANCESCO...E DI CORATO

La ricerca del Santo Graal

di Francesco Martinelli

(Direttore della Scuola delle Arti della Comunicazione di Corato (Ba), gemellata con il PTV dal 2002)

Quattro giorni fa ero nascosto dietro un pero selvatico mentre sul monte, poco fuori la città, si eseguiva una condanna a morte. Da tempo non si assisteva ad una crocifissione. C’erano tre uomini sulle grandi croci. L’uomo sulla croce centrale pareva giovane ma da lontano non riuscivo a vedere bene, provavo imbarazzo ad avvicinarmi. Sul monte c’era poca gente, i familiari dei condannati preferiscono non essere presenti per evitare la disumana sofferenza mentre i conoscenti si tengono alla larga per paura di essere accomunati ai balordi. Quelle pochissime persone erano in ginocchio sotto la croce centrale immobili come statue. Volevo osservare tutto attentamente. Ammiro le mani che s’intrecciano, gli occhi che si fuggono, imitandoli rappresento la vita. Ammiro i cuori che non palpitano, le vene che non pulsano, ma non riesco ad imitarli. La morte è il mistero di un opera incompiuta. Mi misi a studiare le posizioni di quei corpi sui legni, riproducendole tecnicamente con le spalle al pero, modellando gli arti e appoggiandoli al tronco e ai rami robusti. Non riuscendo a vedere i volti, provai ad immaginarli. Era davvero difficile rappresentare la morte dolorosa di quegli uomini. Ero irrequieto e nervoso, non riuscivo a recitare in maniera esatta gli stati d’animo. Come usare gli occhi, i muscoli facciali e la voce? Quegli uomini urlavano o emettono solo mugugni di dolore? L’uomo al centro parlava alla gente che era sotto la sua croce? Ero troppo lontano per sentire e vedere. Mi dovevo affrettare, la scena da imitare a breve sarebbe terminata, sarebbero rimaste solo grandi croci vuote ed io avrei dovuto aspettare chissà quanto tempo prima di vedere un’altra condanna a morte. Mentre con fatica fissavo l’uomo al centro che muoveva il capo, all’improvviso eseguii dei movimenti incoscienti, con gli occhi al cielo, il capo pesante su un lato, il respiro profondo e, con molto affanno, dissi “Padre, perdona loro perchè non sanno quello che fanno”. Era la prima volta che riuscivo a provare la verità nella recitazione, avevo vissuto davvero quel momento, e poi perché quelle parole? Corsi velocemente verso il picco del monte per vedere da vicino chi fosse colui che mi aveva ispirato. Feci appena in tempo a sentire la sua voce “È compiuto”, e poi morì. Aveva parlato proprio come me, o meglio io avevo parlato proprio come lui. Vidi un certo Giuseppe D’Arimatea, sotto la pioggia improvvisa di un acquazzone, prendere una coppa e raccogliere del sangue dal costato, compiendo un atto volgare, utilizzando una comune coppa da vino, in quel momento di estrema passione. Questo Giuseppe mi apparve misero, povero, senza virtù, privo di qualsiasi sensibilità. Stava raccogliendo sangue per ricordare. Perché voleva una memoria simile? Perché la carne deve sanguinare per ricordare? A me non serviva alcuna coppa per ricordare quell’uomo che mi aveva fatto scoprire per la prima volta la bellezza di essere qualcuno e mi aveva fatto provare davvero delle emozioni. Sono passati quattro giorni e da ieri in città dicono che sia risorto. Il corpo di quell’uomo è scomparso. Questa è la giusta fine per un teatrante, non lasciare niente di materiale. Tanta gente si è messa alla ricerca della coppa. La memoria degli uomini ha bisogno di tessuto, gesso, pigmenti, deve essere custodita nella materia che si tramanda. Ma la memoria non è nella materia, è ben altra cosa. “Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni” e i sogni non sono materia. Questa coppa un giorno sarà smarrita e forse miseri uomini dimenticheranno. Sono sicuro però che qualcuno ricorderà senza alcuna materia, senza coppe, né sangue, né quadri, né statue, né film, né libri ma semplicemente per il solo fatto che ha voluto osservare di nascosto, dietro un pero selvatico, provando a recitare la morte di un povero Cristo in croce.

La maniglia impertinente Un’analisi dettagliata del metodo Stanislavskij applicato agli oggetti inanimati di Elisabetta Pastore, Allieva della Scuola delle Arti della Comunicazione di Corato (Ba) Sono emozionata! È la prima volta che scrivo per ‘Delatre’, questa rivista dal nome così desueto. Io abito a sud e non conoscendo i gusti dei lettori a nord ho pensato e ripensato alle cose da dire, per non deludere la platea. M’è venuta l’idea di raccontare qualcosa del mio cervello a chi forse poco o niente conosce il cervello di quelli come me. Il cervello, dunque, è l’argomento di cui tratterò. I cervelli appartengono ad esseri medesimamente somiglianti tra loro per costituzione: gli uomini. Queste reliquie abbandonate sulla terra e destinate al riciclo vengono al mondo non per scoprirlo, ma per viverlo. E lì crescono tutti i cervelli dei diversi uomini: quelli che abitano su e quelli di giù. Questa situazione di partenza innesca un meccanismo deleterio per gli 4


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ROLANDO MACRINI

esseri umani e i loro cervelli. Essi, infatti, imparano lingue diverse, mangiano cose diverse a ore diverse, vestono abiti e conservano credenze che non sono condivise. E pensano di avere cervelli diversi gli uni dagli altri. Poi in realtà tutti mangiano quando hanno fame, lavorano per convenzione di vita, dormono per riposare e si aggrappano agli idoli per sperare. Tra loro gioisce chi capisce che di diverso non c’è nulla tra il cervello di un indiano e quello di un canadese, perché tanto l’uno quanto l’altro sono uomini senza grandi pretese. È all’attore che resta il vero problema: quello di capire dov’è il sistema! Stanislavskij e la maniglia son presenti nella poltiglia. Chi li cerca non li vedrà, starà al lettore dargli un’identità. *

21. INTERMEZZO TERZO:

Il Teatro è stupido, è solo una questione di input Freddo pomeriggio NewYorkese sulla strada

di Rolando Macrini 1

Non so bene, ma è andata così. Ci trovavamo a New York sulla prima strada, tra la seconda e la terza, sembra un gioco, ma è vero, la grande mela esisteva davvero. Fino a quel momento avevamo pensato che fosse un’invenzione americana tipo CineCittà nei suoi anni d’oro: una grande città piena di pannelli con le lucette davanti e tutto vuoto dietro. Senz’anima. Così l’avevo trovata, senza idea dell’umana specie, perché troppo intrisa, piena di uomini: una città di uomini e topi, ovunque. Ero andato di mattina a cercare una carrucola: sì, ci serviva una carrucola per lo spettacolo, ma dove trovare una carrucola in una metropoli così? La grande mela piena di vermi. Dove cercarla? Allora mi sono avventurato sulla Bowery, verso sud. Lì per lì non sapevo neanche che esistesse Chinatown (figuriamoci i Cinesi), d’altronde non pensavo esistesse neanche New York, figuriamoci i mondi paralleli (crassi e tenui) che custodisse. Continuavo a camminare, la prima passeggiata in una metropoli mai vista né visitata, con una missione sulle spalle: “trovare una carrucola!”, ma, dopo estenuanti sguardi, vuoti e troppo lungimiranti per una città così ricca di debolezze materiali, ho ceduto e mi sono fermato. Ora ho un ricordo sfocato del luogo, ma in un corner e con un inglese maccheronico, ho chiesto: «Vuere chen ai faind uane ove dis?» (Where can i find one of this?) E poi ho sfoggiato la mia bella carrucola da tre chili che ci eravamo portati dall’Italia: d’altronde esistono le carrucole a New York? Insomma, io gli mostro, all’omino all’angolo, l’aggeggio per avere almeno una vaga indicazione tipo: “vai di là, vai su”, che so, vai da qualche cazzo di parte, ma lui niente, mi guarda e mi fa: «hits iour problemm!» (it’s your problem) Io non capisco e non capisco perché: a) non è possibile 1 Direttore artistico del Centro Universitario Tetrale di Viterbo. Studente di Ellen Stewart, si è formato presso LA MAMA EXPERIMENTAL THEATRE CLUB di New York e LA MAMA UMBRIA INTERNATIONAL di Spoleto. Dal 2007 collabora con il PTV

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ROLANDO MACRINI

b) mica si capisce, così, su due piedi, uno che incontri per strada a New York c) non si può essere così scortesi, cazzo. Ma lui nulla, imperterrito ripete: “It’s your problem”. Allora me ne vado, ringrazio con lo slang da montanaro e penso, con grazia e col cuore ridotto ad un puzzle da 1000: vaffanculo america. Bene, c’è freddo fuori, davvero; noi siamo rintanati sottoterra, precisamente ne La Galleria de La MaMa Experimental Theatre Club e tra 4 giorni siamo in scena con lo spettacolo “ONE/UNO”. È uno spettacolo “figo” ed io ho patito le pene dell’inferno per esserci: essere a New York City a fare l’artista nel tempio dell’Off-Off Broadway. Il teatro è strano, mai visto, un quadrato di 12x12m completamente nero, con su due lati gli spettatori. Hanno appena riverniciato il pavimento e abbiamo il terrore di rigarlo in qualche modo (ci siamo accorti solo anni dopo che riverniciano il pavimento per ogni nuova produzione, ogni tre settimane quindi). Cazzeggio nel teatro e girovagando tra le stanze-magazzino nascoste, avviene il fattaccio; è proprio quando apro la porta chiusa, quella che nelle favole non va mai aperta che mi cade giù un pannello in faccia, faccio un salto olimpionico e mi sposto al volo su un lato. È una quinta da palcoscenico che ora giace morta esanime e orizzontale sul pavimento “imbiancato nero” de La Galleria. Che Grama la vita. È una bella quinta nera con le traversine orizzontali, verticali e diagonali smorza tensione, un bel lavoro certosino che custodisce il segreto del teatro alle sue spalle, la gemma d’oriente, lo smeraldo di cristallo della Gerusalemme liberata con tutti i Filistei…etc…etc…: c’è appiccicato sopra, col nastro telato universale, quello che può appiccicare un elefante ad una parete, una lista, nero su bianco. Mi avvicino e leggo svelto: «RICHARD ENTER… BLUE MACHINE GOES OUT…LINDA ENTER…, TEXT….: DON’T FORGET ME… MICHAEL ENTER…» È chiaro, è tutto chiaro. La quinta è il palliativo tecnico del teatro ed è il suo pseudonimo; perché custodire allora e gelosamente i sogni di una nuova rivoluzione industriale del mondo e dello spettacolo? Perché pensare di arrivare nella Grande Mela ed inebriarsi per un attimo di far parte del film di Liza Minelli o di Sergio Leone? È solo una fortuita coincidenza, penso, ma sento il germe farsi varco ed aprire le porte dell’incostanza umana, varcare la soglia dell’impossibilità ed unirla al traffico di tutti i giorni. Perché trasmettere allora l’arte arrangiata coi suoi trucchetti? Questa quinta caduta dal cielo è la veridica testimonianza del vuoto che ci circonda e al quale tutti siamo appesi? I sogni, le speranze, la testimonianza di fede e il battesimo protestante sotto la neve dei contadini in rivolta condotti al macello? Chi vuole ancora un bacio sulla fronte? Perché abbracciare la testimonianza di un giovedì senza lacrime? Perché abbandonarsi qui sotto, giù, senz’aria per capire che cos’è il teatro? Vecchio barbuto di quinte scritte e senza palle? Io che c’entro? È la vita un codice? Dove son finiti i sogni di Gloria? Ormai è chiaro: “La Gloria abita appiccicata su una quinta nel sottosuolo della metropoli”. È una grande lezione di vita, una grande lezione di stile; una quinta che cade dal cielo del magazzino sottoterra è un mago che svela i suoi trucchi ed è già vecchio: un ciarlatano. Non sento niente. “Napoli, …, 44, …, quinta che cade,…, il teatro dei poveri…”. Illusi, siamo stati e lo siamo ancora, finché stupidi saremo nella lungimirante idea di passare per stoici santi del mestiere del teatro. Quanta acqua sotto i ponti? A chi spetta la nuova rivoluzione mentale!? La Peste ci ha colto quando abbiamo conosciuto da vicino chi è l’uomo e che cosa sa farneticare, fabbricare. Quella quinta, in quel freddo senza carrucole di New York ha cambiato la vita di molte persone. Ora ne sono più che mai certo. continua nel prossimo numero o altre storie.. 6


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ESTATE 2008 Il Piccolo Teatro della Versilia prosegue il suo viaggio in strada 16-20 luglio: “Ser Durante” con F. Barsanti e Prof. P. Conti a Mercantia 21° - Festival internazionale del Teatro da Quattro Soldi e 1° Festival del Quarto Teatro Certaldo (Fi). 11-15 agosto: “Le Disavventure di Pinocchio” con gli allievi del corso di formazione del PTV ad Apriti Borgo! ABC festival - IV edizione - Festival del Teatro di Strada Campiglia Marittima (Li).

Il teatro di strada

L’ESTATE DEL PTV

ha origini antichissime e c’è chi lotta continuamente per non farlo passare per il “teatro dei mendicanti”, come purtroppo è a volte conosciuto. Chi cerca le sue radici accoglie però in questo termine troppe e svariate cose, dal rito popolare all’Agitprop1, al teatro del Living Theatre, al Terzo Teatro e a mille altre realtà teatrali che sono forse passate dalla strada, ma spesso non vi hanno messo radici al punto da colonizzarla. Sempre la solita lotta della ricerca di una identità. Terzo teatro, teatro di figura, teatro di strada, teatro danza, teatro moderno ecc..: ci serve sempre una definizione da mettere sui nostri biglietti da visita. Il teatro di strada. Cosa va e cosa non va in un festival ventennale come Mercantia, che nell’ambito del teatro di strada italiano rimarrà di sicuro nella storia? Difficile dirlo senza cadere in luoghi comuni; proverò comunque a dare le mie impressioni sperando di stimolare discussioni a proposito. Quando in una piazza arriva qualcuno di una picco- 2 1

Agitation and propaganda. Teatro di agitazione e propaganda, Majakovskij e Mejerchol’d sono tra le personalità di rilievo che operarono in questo campo. Introdotto a Berlino da E. Piscator nel 1929, l’agitprop esercitò grande influenza sul teatro politico europeo.

La citazione deriva da Federico Fellini che da piccolo guardando lo “chapitò” (il tendone del circo) definì così quegli artisti. Ripresa poi nel libro “Il Teatro di Strada in Italia. Una piccola tribù corsara: dalle piazze alle piste del circo” di Paolo Stratta. Ed. Titivillus.

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Foto di Federico, Simone, Claudia - Mercantia 2008

la tribù corsara2 si forma un cerchio che piano piano si allarga in maniera naturale. E più si allarga e più la gente si ferma, fino a che la strada si riempie e chi passa preferisce andare oltre piuttosto che fermarsi e non vedere niente: in strada non si possono avere centinaia di persone, la strada stessa lo vieta. Mercantia ha forzato questa regola naturale e il risultato a mio parere è una strada, e quindi un teatro di strada, collassati. Il turista di Certaldo, perché così mi viene da chiamare il pubblico, arriva pieno di entusiasmo attirato dalla ricchezza del programma: un libretto tascabile colmo di spettacoli disseminati lungo le strade e nei giardini segreti (luoghi raccolti che ospitano spettacoli per pochi spettatori) con orari che spesso si intersecano fra loro. Poi entra e iniziano le code: la funicolare (spesso il turista non sa che con 10 minuti a piedi arriverebbe in paese senza la mezz’ora di coda canonica), le bancarelle, i punti ristoro, le code per i bagni, le code per camminare, le code per stare fermi. Si inizia uno spettacolo e raramente lo si finisce perché c’è da andare di corsa all’altro e così via fino a che non si torna in macchina e il riassunto della serata dice: pochi spettacoli completati, molti iniziati, quasi tutti visti dietro un mare di gente più immaginando che vedendo. Magari si va anche via felici. Lo spettacolo portato da Federico Barsanti e Pietro Conti, una lectura Dantis che richiedeva silenzio ed attenzione, si è svolta per cinque sere consecutive, due-tre volte a sera, in un meraviglioso giardino segreto: una vecchia tomba etrusca colma di umidità ma piena di atmosfera. Peccato che sopra (perché la cripta la si raggiungeva scendendo qualche metro sotto terra) ci fossero le bande, spettacolari streetband che passano per il paese ipnotizzando centinaia di persone e indisponendone altre che, invece di stare in coda, vorrebbero camminare oppure guardare spettacoli in


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Foto di Federico - Campiglia 2008

tranquillità. Poveri attori. Certaldo teatro di strada e non teatro degli attori. Oltre 60 spettacoli per serata, più di 40000 persone a edizione. Mercantia è una preziosità inserita in una cornice meravigliosa (Certaldo è un gioiello) ma forse in questi anni di grande successo, la si è lasciata sfuggire. La grande affluenza ha nascosto sia il teatro che la strada: quindi che fine ha fatto il teatro di strada o il teatro in strada o la strada per il teatro o qualunque cosa metta in relazione i due fattori? Forse c’è da dare una pulitina perché il turista torni ad essere pubblico.

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pressioni, le consuetudini, le tecniche, i trucchi per tornare a casa arricchiti dal confronto. Per il PTV ogni festival, di strada e non, diviene un evento importante, impreziosito dalla possibilità di far nascere rapporti con altre realtà: come dal Romateatrofestival sono arrivati Rolando Macrini, Giovanni Fusetti, i ragazzi della compagnia Balagàn, lo scorso anno abbiamo conosciuto a Certaldo, tra gli altri, Elena Guerrini, attrice di Pippo del Bono con cui il PTV organizzerà a Seravezza il festival A Veglia, quest’anno Claudio Montuori-One tribal Bird3, a Campiglia Rita Pelusio4, Lucia Spagone5. I festival sono momenti stimolanti in cui le collaborazioni artistiche possono nascere o consolidarsi; e per una realtà di provincia come la nostra sono occasioni preziose. Claudia Sodini La gente non va a teatro? Il teatro allora va a casa loro. A Veglia è un festival nato nel 2007 con sede a Man-

Apriti Borgo, per es., è un festival giovane essen- ciano (Gr) e diretto da Elena Guerrini. Per 10 giorni do solo alla IVa edizione, e l’atmosfera nel borgo ogni sera il teatro va nelle case, nei cortili, nelle di Campiglia (altro gioiello) era più rilassata. Meno aie dei poderi, torna ad essere un evento di portata gente per le strade valorizzava gli spettacoli, le mu- popolare, in cui il pubblico si porta la sedia da casa siche più lontane da alcuni luoghi di teatro erano e “paga” il biglietto con i prodotti della terra, come quindi meno invasive. La strada è sempre la strada, olio, vino, formaggio, miele. con le sue mille difficoltà, ma “Le Disavventure di La Formula del festival sarà portata anche a SeravezPinocchio” è andato in scena cinque volte (compresa za, organizzato dal Piccolo Teatro della Versilia. l’ultima sotto un diluvio universale), si è guadagnato il suo pubblico tenendolo incollato per un’ora e con bambini che sono tornati a vederlo tutte le sere. Se fossero passate delle street band nessuno avrebbe potuto sentire i rumori dal vivo sulla scena come lo scricchiolare del grillo o il grattugiare della sega sui piedi di Pinocchio. Meno male. A Pinocchio è andata meglio che a Ser Durante. Comunque ben vengano festival di tale qualità: non solo per l’enorme esperienza che si fa recitando in strada ma anche per la possibilità di stare 5 giorni a contatto con artisti di tutto il mondo, che magari vivono la propria arte diversamente da noi. E allora 3 http://www.myspace.com/amibuz non resta che bere il più possibile le curiosità, le im- 4 http://www.ritapelusio.com/ 8

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http://www.circospluc.it/


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26-27 luglio: Seravezzateatrofestival – Festival ItinerantEcologico, organizzato dal PTV e dalla Proloco di Seravezza nella piazza del paese e nel teatro Delatre, sede del PTV. Eccone una cronaca…e qualche riflessione.

Anno nuovo vita nuova. Nuova vita per il Seravezzateatrofestival. La Terza Edizione di questa nostra manifestazione ha fatto un salto, lasciandosi alle spalle (e un poco al di sotto) le due precedenti versioni. 2006 - una sola serata con uno spettacolo all’aperto su un palco scricchiolante nella piazza centrale di Seravezza. 2007 - due serate, quattro spettacoli all’aperto sul sagrato del Duomo. 2008 – tutta un’altra storia. Teatro itinerante ed ecologico. Città spenta, lumini e fiaccole a dar luce: ecologia. Per orientarsi serve una mappa: gli attori sono dislocati in diversi punti della città. Il pubblico itinera da una postazione all’altra dove le scene si ripetono a rotazione. Gli attori del PTV presentano diverse pièces: brevi estratti dall’opera di Goldoni e Petrolini e alcune scene dalle “Tragedie in due battute” di Achille Campanile e da “Le Disavventure di Pinocchio” di Collodi. Ci sono anche artisti esterni: mangiafuochi (Tetraedro - Viterbo) e suonatori. Il pubblico è accolto e scortato da accompagnatori in frack (i Gastoni, in onore dell’omonimo personaggio di Petrolini). A fine serata, spettacolo al Delatre: prima sera Compagnia Palaquio di Firenze, e seconda sera L’Inferno di Dante con Federico Barsanti e Pietro Conti. A finire rinfresco della mezzanotte, epilogo dell’intera manifestazione. Questo per la cronaca.

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Ma non basta. Tutto il bello è prima e dopo. Prima, quando tutto non c’è ancora e alcuni allievi del PTV si riuniscono per decidere come fare il festival. L’idea centrale è coinvolgere la città nell’evento teatrale: piovono le proposte fino a disegnare il progetto. Quest’anno non solo teatro itinerante, ma anche ecologico: spengiamo tutta la piazza e… Problema uno: come illuminare? Quasi dobbiamo scomodare Prometeo per trovare il fuoco e altri inghippi scattano a catena. Assieme al PTV organizza il festival la Proloco di Seravezza: il presidente Riccardo ha fatto il possibile per le limitate risorse economiche e una gentile bambina non meglio identificata si è presentata domenica pomeriggio con una torta in mano “Questo lo manda la Proloco” ed è corsa via. Per il resto gli attori del PTV sono stati cuochi, agenti pubblicitari, urbanisti: alla fine quello che è accaduto è stata una cosa bellissima. Uno se ne rendeva conto alla cena conclusiva, quando pubblico, attori, prolochini, tutti erano insieme, per e dopo il teatro. All’uscita del festival era stata appostata una foresta di diari perché il pubblico depositasse le proprie impressioni: timidezza iniziale, poi tutti hanno scritto qualcosa. 9


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Commenti positivi, ma anche critiche: ad esempio, poca pubblicità. Giusto: nella nostra scuola sta crescendo un bel gruppo di allievi-attori, unito, creativo, critico, ma ci sono cose su cui siamo ancora ingenui e una fra queste è proprio la pubblicità. Altra critica: perché possiamo chiamare il festival “ecologico” serve qualcosa di più; ma già alla riunione del dopofestival sono emersi spunti per il prossimo anno. Infine: sì è vero, è stato bello, tutti uniti, tutti assieme. Un evento cittadino in piena regola. Ma la strada da fare è ancora lunga: noi possiamo valorizzare e coinvolgere ancor meglio la città, e le istituzioni cittadine farsi più presenti. Comunque l’evento è stato bellissimo: gratitudine per chiunque abbia partecipato, mettendo il minimo zampino, dalla bambina gentile alla cuoca dell’anonima torta, dai Gastoni agli attori, fra cui i nostri mitici bambini e ragazzi: forse una delle prime esperienze che nasce dall’intera scuola e, un po’, assieme alla città. *

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(Un uomo in frack, distinto, canticchia fra sé) Gastone! Gastone! Son del cinema il padrone! Gastone! Gastone! (Vede il pubblico) Oh! Non mi ero accorto che ci foste anche voi. (Confidenziale) Sono stanco, molto stanco. Reduce adesso da uno strano festival (si sfila un guanto e guarda il pubblico di sottecchi): non l’avevo inventato io, quindi vi potete immaginare. In ogni caso sempre meglio della manbassa di Certaldo, quello è un vero e proprio caos: troppe bande, tromboni e tromboncini, ubriachi, banchetti e braccialettini… Comunque, talvolta grandi artisti (indica se stesso), sempre splendido il gentil sesso. (Preso da fuoco amoroso riprende a cantare) Gastone! Gastone! Ho le donne a profusione e ne faccio collezione! (Si riprende) Seravezza si chiamava questo posto: una cittadinella, mah!, non so, in mezzo alle montagne: ci sono due fiumiciattoli, il Serra ed il Vezza, che confluiscono proprio vicino alla piazza centrale della città. Ora, tutti credono che il nome del posto venga da questo fenomeno potamologico, ma io so che non è così: (proclamatorio) “SERAVEZZA. Deriva dal longobardico Sala Vetitia divenuto poi Sara Vetizza ed infine Sera Vetzza. Sembra che le denominazioni dei fiumi derivino dal nome di questo centro che sorge nel loro punto di confuenza e non viceversa. Stupefacente eh! Quante scoperte ho fatto… Io, modestamente, ho scoperto l’acqua di Seltz. Che sapore ha l’acqua di Seltz? Non lo sapete? Ebbene, ve lo dico io: l’acqua di Seltz ha il sapore di formicolio ai piedi!... A me, m’ha rovinato la guerra! Se non ci fosse stata la guerra… Altro che questa piccola città: che poi c’era un buio, ma così buio. Ecologia dicono: va bene, va bene, d’accordo. Poetiche le candele sparse a dar luce. Carina l’idea di recitare per strada. Ma volete mettere le luci della ribalta? Sarà, ma io sono per il classico, noblesse oblige! (Si sfila l’altro guanto, lo osserva, tace, poi riprende) Ovviamente, se non ci fossi io, il teatro di strada non esisterebbe e il nostro pianeta già collasserebbe sotto i fumi dell’inquinamento. Eh! Quante scoperte ho fatto, io! Mia madre? Anche lei una grande inventrice: anzitutto, ha inventato me. E non dico altro!

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Serena Guardone

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DELATRE N° 10

PENSIERI E TEATRO

DELIRIO DI UNO SGANGHERATTORE DURANTE PINOCCHIO Bene. Ci siamo. Stanno per entrare. Le voci arrivano dal piccolo ingresso del Delatre e provo a distinguerne qualcuna che conosco. Intanto, mentalmente, ricontrollo per l'ennesima volta che tutto sia al suo posto. Lo xilofono è davanti a me con le sue bacchettine perfettamente allineate sulla sinistra, davanti c'è il ganzà, un minimo urto e rischia di fare un frastuono, la campana e le campanelle, il grattino con la sua forchetta di metallo, tubo di legno, tubo di carta, quello indiano per le monete, il mio amato kazoo e il tamburello pugliese che trovò mia madre da bambina, se si rompe mi fracassa... e i vestiti, gli accessori, la tuba, i guanti ecc. Eccolo, il pubblico. Chiassoso, timido, riverente, curioso, annoiato, prende posto sui cuscini che segnano "il limite tra palco e realtà". Mentre tento di tenere sotto controllo il respiro cerco con lo sguardo qualcuno di conosciuto. Per farmi coraggio ascolto i miei compacompagni d'avventura, pensando che siamo sulla stessa barca e navighiamo insieme. Sono lì concentrati, immobili, impavidi, indifferenti al commento di un bambino che grida "Ma sono veri?" oppure "Guarda quello ha mosso una ciglia!". Non gli scappa proprio niente a questi bimbi, penso. Ecco, Federico comincia la sua presentazione, il momento si avvicina, applauso. Luci che si abbassano sul pubblico fino a sparire per riaccendersi quasi subito su di noi. E prendiamo vita. Claudia attacca, prendo il mio ganzà, rumore e da questo momento in poi tutto diventa azione. Grattino, forchetta, xilofono, inseguimento, mon Dieu si è impigliato un guanto, risolto! Tocca al grillo, dov'è l'artiglio del dito medio, è largo e sulle altre dita scivola, Claudia gira la manovella del CRI, Pinocchio mi aspetta al suo posto da bravo burattino. Penso che il grillo vive grazie a me, me ne imposesso e vado avanti. Di nuovo al posto, rumore, i bimbi ridono, ecco Geppetto, di nuovo xilofono, reco reco, tamburello, suono il kazù, la musica deve essere triste al punto giusto perchè Geppetto vende la sua giacchetta per comprare l'abbecedario. Vai con le campane, il teatrino dei Burattini, i bimbi guardano il cartello insieme

a noi. Sento che un bambino piange e si lamenta, ha visto Mangiafoco, spavento! Dai Roberto questa è sempre troppo lunga, bacio, monete, eccoci alla Volpe, guardo il mio compare che aspetta solo me per partire. Forza signor gatto e speriamo di non perdere i ritmi anche questa volta. Ma il telo è messo bene? Speriamo che il cappuccio non si sia spostato se no al buio... Se incontrerò la morte che cosa gli dirò? Sfinita, poggio il cappotto, stando attenta a non metterlo sopra le orecchie d'asino di Claudia e Camilla. Torno al mio posto, mi vesto, ecco il cappuccio, è andata. Assassini, "Pinocchio dietro di te", cadrà la sedia? No, andata. Ho la maglia di microfibra appiccicata alla pelle e un rivolo di sudore mi cola sul naso. Di nuovo Grillo, coniglio, rumori, faina, sposto il cappello, il tamburo e il kazoo che mi servono per dopo. Lucignolo, ode al tuo nome! Ecco il carro che conduce in quel benedettissimo paese, guidato da un Roberto/Omino di burro. Ci siamo quasi, speriamo non si spaventino troppo. Questa scena è la più agghiacciante dello spettacolo per i bambini, forse... Caspio Burrone, è finita, il suono del kazoo ci accompagna verso l'uscita, ci starebbe bene anche uno scacciapensieri. Riprendo fiato. Sento i miei compagni spalla a spalla, muti sottintesi ci guidano, per tutto lo spettacolo, che volge ai saluti. Inchino, applausi, inchino, applausi. Anche per questa volta il treno è passato, chi c'era c'era e chi non c'era, l'ha perso e basta. Perchè il teatro è pure questo. Vive nell'attimo in cui vive.1

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Valentina Gianni Allieva del Corso di Formazione del PTV e Attrice della Compagnia stabile del PTV 1

Aggiornamenti: Camilla ha abbandonato il ruolo di Pinocchio che è stato quindi sostituito da... rullo di tamburi... Valentina! Nuovo acquisto: Simone! In bocca al lupo a tutti per questo ennesimo inizio.

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I CAMPUS ESTIVI DEL PTV PER BAMBINI E RAGAZZI Luglio 2009 – Seravezza. Nella calura estiva prendono vita i due campus di teatro per bambini e ragazzi, aperti anche ad esterni, che Luca Barsottelli e Mirtilla Pedrini organizzano alla scuola del PTV durante l’estate. Durata, una settimana ciascuno: tutte le mattine, dalle nove all’una, dal lunedì al sabato. Primo campus: esperimento de La città dei bambini. Dopo aver osservato le forme e ascoltato i rumori della città di Seravezza, i piccoli attori raccontano e disegnano la città in cui vorrebbero vivere. Per darvi un’idea del risultato, qui di seguito un frammento delle sceneggiatura che è venuta fuori a partire dai desideri dei bambini. Veronica: Io nella città vorrei che ci fossero tanti giochi, gelaterie con gusti sempre nuovi e gratis; e poi terrei fuori la violenza e le persone cattive. Tutti dovrebbero avere vestiti colorati coi colori dell’allegria. Matteo: Io invece vorrei che ci fossero astronavi e macchine con dentro guerrieri volanti con la pelle d’acciaio e muscoli di ferro. Anna: Io vorrei che la città fosse piena di fiori, alberi e frutti; niente case o macchine; e che noi vivessimo sopra gli alberi insieme ad animali volanti: cavalli, cani, gatti. Josè: Io nella città vorrei che ci fosse un benzinaio che al posto della benzina ci mette il fiordilatte. Alessandro: Mi piacerebbe che nella città passassero dei carri armati per la strada. Tutti: Heeeee!? Alessandro: Solo a scopo difensivo. Gabriele: A me mi piacerebbe che nella città ci fossero solo monociclisti; senza motorini e senza macchine. Virginia: Io vorrei che ci fossero tanti gelati. Francesco: Nella nostra città vorrei che ci fossero tante statue che fanno cose buone da mangiare e distribuiscono soldi fantastici.

Casa dolce casa Il sole caldo la mattina / La brioche calda la mattina / Casa dolce casa / Cose già viste e già vissute / Oh! Come mi piacerebbe… / Casa dolce casa / Godersi la brioche fino in fondo. / E mi è scappato un sorriso. / Casa dolce casa. Alessio Vincenti (da un anno allievo del PTV)

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Foto di Stefano Del Giudice

Il secondo campus è stato tutt’altro lavoro. Lo scopo era la messinscena di due pièces teatrali (da Le tragedie in due battute di Achille Campanile) da portare in piazza nelle due serate del Seravezzateatrofestival. Il lavoro è stato dunque organizzato come una preparazione al teatro di strada: da notare gli esercizi sul Ciarlatano (secondo il prezioso insegnamento del maestro Enrico Bonavera, il venditore ambulante che conquista gli acquirenti è il precursore insuperato di ogni forma di teatro da strada). In parallelo, un lavoro sulla scrittura creativa, a partire dalle sensazioni che la città di Seravezza ha suggerito ai ragazzi durante un giro di perlustrazione: ecco qui una poesia di uno di loro.


Per avere informazioni su uno spettacolo del PTV chiama il 3394336687 DELATRE N° 10

IL TEATRO DEI RAGAZZI

IL NUOVO ANNO DEI RAGAZZI Ecco i programmi per i giovani allievi del PTV per l’anno 2008-09! Una rapida presentazione del lavoro che i nostri ragazzi affronteranno per incuriosire i palati degli attori e dei loro genitori e condividere con voi le ragioni che stanno dietro una programmazione didattica. CORSO “SUPERIORE”: l’obiettivo sarà la realizzazione di una sceneggiatura scritta dai ragazzi a partire da tematiche e testi prettamente giovanili (proposti sia dagli insegnanti sia dagli allievi stessi). Questo gruppo di giovani attori ha già affrontato sia un classico teatrale sia un testo comico-surreale; adesso è il momento di parlare di sé, delle proprie problematiche ma soprattutto col proprio linguaggio. Usare un gergo specifico e parlare di argomenti sentiti può offrire l’opportunità di esprimersi più facilmente facendo del teatro quello che anche è: un mezzo di conoscenza di se stessi. CORSO “AVANZATO”: quest’anno un testo tratto dall’opera di Karl Valentin, autore teatrale di stampo comico-surrealista, “fratello” tedesco del nostro Ettore Petrolini. La motivazione che sta dietro questa scelta è quella di garantire continuità didattica: dopo Petrolineide, i ragazzi proseguono a lavorare sullo stesso registro che sembra essere particolarmente congeniale alla creatività del gruppo. Il salto di qualità è l’introduzione dei dialoghi, che comporteranno un maggiore approfondimento su psicologia dei personaggi e ritmica di recitazione. CORSO “INTERMEDIO”: questi ragazzi andranno in scena col testo teatrale Nessuna strega di Guido Quarzo, importante autore italiano di narrativa per bambini. Dopo lo spettacolo dello scorso anno (un susseguirsi di quadri autonomi) è ora di provare a lavorare su una storia e saggiare le dinamiche fra personaggi; in continuità didattica lo stile giocoso che sembra favorire la coesione del gruppo e la libertà creativa di ciascuno. CORSO “PROPEDEUTICO”: per questo giovane gruppo il progetto è La città dei bambini: gli allievi stessi scriveranno la sceneggiatura e costruiranno le scenografie dello spettacolo che rappresenterà la loro città ideale. L’ispirazione viene dall’analoga idea che ha guidato uno dei due campus estivi: questo lavoro consente al bambino di esprimersi e sviluppare una capacità critica e costruttiva nei confronti della realtà. Inoltre...vedrete che città! “TUTTINSCENA”: novità assoluta di quest’anno è l’idea di un progetto trasversale che coinvolga in un’unica messinscena tutti gli allievi dei corsi bambini/ragazzi del PTV. Il testo per questo esercito di giovani attori sarà un riadattamento teatrale del celeberrimo Marcovaldo di Italo Calvino. Anima questa proposta l’esigenza di far collaborare allievi di età ed esperienza teatrale differenti e di sviluppare maggiore coesione fra i diversi corsi.

NARRATIVA RAGAZZI Ecco qui degli estratti dai testi a cui gli allievi dei corsi per bambini e ragazzi del PTV lavoreranno durante l’anno accademico 2008-09. Il primo, dal celeberrimo Jack frusciante è uscito dal gruppo di Enrico Brizzi, romanzo del 1994 che in Italia ha incontrato grande successo fra il pubblico giovanile. Il secondo, un estratto da Marcovaldo di Italo Calvino: col sottotitolo di ‘Le stagioni in città’, esce nel 1963, proprio in una collana di libri per ragazzi, sebbene il testo sia tutt’altro che per un pubblico di soli giovani. Buona lettura… magari degli interi testi!

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presto sarebbe volato via pure quello stupido febbraio e il vecchio Alex JACK si sentiva profondamente infelice ma in modo distaccato, come se FRUSCIANTE la sua vita appartenesse – sensazione fin troppo tipica e cruda ne Ė convengo - a qualcun altro ma non ghignate, per favore, poiché all’epoca il vecchio Alex non USCITO DAL GRUPPO Intro aveva ancora compiuto diciott’anni e in quei giorni il cielo di Bologna era espressivo come un blocco di ghisa sorda e da simile espressività non avreste potuto aspettarvi nulla d’esaltante, neppure uno di quei bei temporaloni definitivi che lavano le strade e da quasi due settimane la città giaceva tramortita sotto una pioggia esangue senza nome quale conoscente del vecchio Alex e persona informata dei fatti mi limiterò ad aggiungere che un certa storia con una ragazza gli appariva ormai sfumata nel ricordo, gualcita dallo squallore sbalorditivo della vita di tutti i giorni: essere stato terribilmente felice con lei per quattro mesi gli sembrava – ecco un’altra delle sue sensazioni più crude – non fosse servito a niente ascoltate: fino al giro di boa dei sedici anni e mezzo il nostro minorenne attento pettinato passivissimo – un volenteroso assoluto – era rimasto a marcire a un palmo dalla cattedra dei profii e prendeva appunti, il cuoricino! diligente! servizievole! consacrato! un cadavere di buoni sentimenti scolastici sotto innumerevoli riguardi e le entrate a scuola alla seconda ora? mai! ché i suoi alsaziani sensi di colpa avrebbero finito con l’ucciderlo altrimenti, e le assenze ingiustificate? scherziamo? un devoto da levare il fiato, credete, e un bel momento invece, una mattina di maggio, albeggiava appena, terminata la lettura di Due di due dell’Andrea De Carlo quel matto aveva deciso con fermezza giovanile di natura febbricitante e apparentemente superumana che nulla sarebbe più stato come prima

Alle sei di sera la città cadeva in mano dei consumatori. Per tutta la giornata il gran daffare della popolazione produttiva era il produrre: producevano beni di consumo. A una cert’ora, come per lo scatto d’un interruttore, smettevano la produzione e, via!, si buttavano tutti a consumare. Ogni giorno una fioritura impetuosa faceva appena in tempo a sbocciare dietro le vetrine illuminate, i rossi salami a penzolare, le torri di piatti di porcellana a innalzarsi fino al soffitto, i rotoli di tessuto a dispiegare drappeggi come code di pavone, ed ecco già irrompeva la folla consumatrice a smantellare a rodere a palpare a far man bassa. Una fila ininterrotta serpeggiava per tutti i marciapiedi e i portici, s’allungava attraverso le porte a vetri nei magazzini intorno a tutti i banchi, mossa dalle gomitate di ognuno nelle costole di ognuno come da continui colpi di stantuffo. Consumate! e toccavano le merci e le rimettevano giù e le riprendevano e se le strappavano di mano; consumate! e obbligavano le pallide commesse a sciorinare sul bancone biancheria e biancheria; consumate! [ …] Una di queste sere Marcovaldo stava portando a spasso la famiglia. Essendo senza soldi, il loro spasso era guardare gli altri fare spese; inquantoché il denaro, più ne circola, più chi ne è senza spera: “Prima o poi finirà per passarne anche un po’ per le mie tasche”. Invece, a Marcovaldo, il suo stipendio, tra che era poco e che di famiglia erano in molti, e che c’erano da pagare rate e debiti, scorreva via appena percepito. Comunque, era pur sempre un bel guardare, specie facendo un giro al supermarket.

Inverno Marcovaldo al supermarket

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Cronaca di un attore k nn conosce il teatro

di Shira Conti, allieva del corso ragazzi del PTV dal 2001-2002 al 2006-2007 e di nuovo dal 2008.

Preparo subito i miei lettori sull’argomento di quest’articolo: il teatro. Siete pregati di sedervi, tranquillizzarvi e ampliare la mente, in modo da poter accettare delle critike k verranno fatte a tt voi grandi amanti e partecipi del teatro. Tengo a puntualizzare k quella k vi sta spiegando le cose non è un’incompetente in materia, xk, anke se nn può sembrare, ho imparato teatro x ben otto anni, o almeno ci ho provato, e intendo continuare. Per farvi capire k cosa sia il teatro, ho deciso k è meglio prima kiarirvi le idee su cosa sia un vero attore (anke se sono dotata di una certa superbia * nn posso ancora ritenermi una vera attrice). L’attore è ben + di qualcuno k si immerge in un copione, in una battuta e in un gesto; un attore è il tutto, è il nulla, un vero attore nn solo sa fingere sul palcoscenico, ma sa anke riportare questa dote nella vita. Saper recitare è ben oltre un lavoro o una passione, è un dono. Personalmente mi posso ritenere varie cose, una lettrice, una dipendente dalla televisione, una studentessa, ma non posso ritenermi ancora una vera attrice. Insomma x farla breve un vero attore è colui k sale su un palco e si sente veramente e finalmente a casa, qualcuno k prende un copione in mano e subito diventa vento, o mare, o un coniglio, oppure un romeo o una giulietta, una attore è qlc k sa reprimere le proprie emozioni x dar vita a qll del protagonista k in quel momento lo appartiene, metaforicamente e fisicamente. Ora, dopo avervi illustrato cosa è un vero attore secondo il mio punto di vista, tenterò di spiegarvi cosa è il teatro secondo la mia esperienza e secondo l’idea k mi sono ormai fatta. La mia prima impressione del teatro l’ho avuta quando ero una bambina all’età di circa 8 anni, dove tutto mi pareva un gioco e il teatro era solo un’altra piazza dove potevo giocare a fingere di essere qlc k nn ero. Con il tempo le cose cambiarono, anke perkè io crescevo e le cose cambiavano sotto i miei okki, e il teatro è diventato una vera vocazione, un luogo di riparo dai mali del mondo dell’adolescenza, un mondo in cui non conta l’apparenza, ma le emozioni k sappiamo esprimere. Kiunque ha avuto momenti di crisi in tutte le cose, e anke io ho passato un periodo di crisi in cui mi sono distaccata dal palcoscenico per tentare di trovare cose k potevano piacermi di +…ma con il tempo il vuoto k aveva lasciato la recitazione in me cresceva sempre di +… Quando ero sul palco tutto ciò k contava era il momento, non importava se 10 secondi prima stavo x uccidermi, lì, io ero al sicuro. X me il teatro è sempre stata una vocazione, essendo una di quelle persone molto esuberanti ed egocentrike, il teatro è sempre stato un luogo perfetto: il teatro lo possiamo paragonare ad un sogno in cui tutto è possibile, dove possiamo diventare qlc cosa e fare qlc cosa, dove si possono provare infinite sensazioni, dove possiamo credere in ciò k vogliamo. L’unika cosa x cui il teatro si differenzia da un sogno è k esso è reale: credo k tutti qll k ci sono passati saranno d’accordo con me nel dire k un’esperienza cm il teatro non la si dimentica mai, xk ti resta dentro, e col tempo diventa una vera parte di te, come è successo a me. Adesso k voi cari lettori conoscete il mio punto di vista, lascio a voi il giudizio sulle mie affermazioni, ma lasciate k vi dica un’ultima cosa: uno spettacolo può durare un’ora della vostra vita, ma un personaggio vi resterà x sempre dentro. Grazie x aver ascoltato quest’umile rappresentazione del teatro secondo una giovane attrice. shy Per informazioni sui corsi ragazzi: 3290685985 / 3387716795 www.piccoloteatroversilia.it

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IL MIO FARNETICARE INFANTILE

Assieme al grande narratore italiano Italo Calvino qualche riflessione sull’immaginazione, per teatranti e non.

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ha detto che il “farneticare infantile ” del piccolo Calvino fosse senza norme? Aveva davanti sempre le stesse figure nello stesso ordine: una successione rigida di forme stabili da cui riusciva a ricavare infinite trame. Non creatività come libertà incondizionata: l’immaginazione si attiva quando trova vincoli, un ostacolo da aggirare è l’occasione per inventare la soluzione. Datemi una gabbia e sarò libero, insomma: c’è tutta una generazione di letterati-artisti che ha fatto del vincolo la fonte di ogni ispirazione: un esempio per tutti, Georgers Perec col romanzo La Disparision (trad. ‘La Scomparsa’), dove a volatilizzarsi è la lettera R, mai R per tutto il libro, questo il criterio compositivo! Possiamo proseguire con sfiziose curiosità, filosofiche speculazioni sulla fantasia umana, oppure tentarne una spiegazione biochimica. Calvino sembra oscillare: affascinato dall’idea che la creazione non sia altro che un processo combinatorio per cui l’uomo presto sarà sostituibile con calcolatori, al tempo stesso racconta la casualità di certe genesi, parla di ‘groppi’, grumi di esperienza di vita vissuta o pensata che salgono su e diventano il pretesto inaugurale di una storia che scorre poi da essi naturalmente: “Nell’ideazione d’un racconto” scrive “la prima cosa che mi viene alla mente è un immagine che per qualche ragione mi si presenta come carica di significato. Appena l’immagine è diventata abbastanza netta nella mia mente, mi metto a svilupparla in una storia, o meglio, sono le immagini stesse che sviluppano le loro potenzialità implicite, il racconto che esse portano dentro di sé”. Serena Guardone

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Quando il piccolo Italo non era ancora nato, mamma Calvino collezionava per lui i numeri del Corriere dei Piccoli: poi, da bambino e fino all’adolescenza, il celebre narratore ha amato moltissimo quei giornali, soprattutto i fumetti americani che in Italia uscivano senza i baloons (le nuvole col testo): solo figure insomma, niente dialoghi. “Passavo le ore percorrendo i cartoons d’ogni serie da un numero all’altro” scrive Calvino “mi raccontavo mentalmente le storie interpretando le scene in diversi modi, producevo delle varianti, fondevo i singoli episodi in una storia più ampia […] contaminavo una serie con l’altra, immaginavo nuove serie in cui personaggi secondari diventavano protagonisti. [...] Questa abitudine ha portato certamente un ritardo nella mia capacità di concentrarmi sulla parola scritta, ma la lettura senza parole è stata per me una scuola di fabulazione”. Una diversa abitudine da quella oggidì più frequente del parcheggio alla tivvù: ma, senza scomodare polemiche fin troppo banali, pensiamo alla scuola primaria: il potenziale creativo di un bambino prima delle elementari è grandemente più vivo di un bimbo che già solo abbia frequentato la prima classe: la scolarizzazione è un processo molto profondo e sicuramente prezioso, ma, almeno per come è pensato adesso, abitua a non-creare, all’unicità dell’esatto cui si contrappone lo sbagliato e mai il diverso. E non sarà certo un caso che il programma con cui sto scrivendo quest’articolo corregge in automatico la parola Fabulazione con Tabulazione. Certo, senza regole del gioco non si gioca, ma chi

PENSIERI E TEATRO

Bambini che guardano “Le Disavventure di Pinocchio” al Seravezzateatrofestival 2008


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LA SOLITUDINE DELLA BARBABIETOLA

Immagino una danza di pastori. Troppi passi sui miei bernoccoli. Aspetto le mani del contadino gentile per farmi strappar via dalla terra. Un mio granello di zucchero all’angolo della bocca del padrone che picchia la mano sul tavolino bianco di metallo: bambino già vecchio, il suo ordine non è contraddetto. Nel mio corpo bitorzoluto le fondamenta: case turistiche per gite turistiche di turisti che non hanno mai visto tramontare il sole ad est. “Mamma! Il sole non sparisce più nel mare?” Il contadino gentile riposa senza aver mai smesso di cantare e pensando che i cani son buoni con le patate. La comitiva di teatranti passa mentre lui prega senza molto credere: con la coda dell’occhio scorge l’orlo sudicio di una gonna: la prima donna ride bevendo da un boccale, due chini agli scacchi, un grassone ciondola le gambe dal carretto. Domani è il giorno del raccolto. Domani è il giorno del debutto. La mia voce è ancora rauca. Rido che paro ‘n’anitra. Gola sguaiata statti zitta. “Passami la sciarpa” “Ma valà che fa caldo” “Lo so io come fa”. Dovrei solo dormire: attraverso il vetro del bicchiere mi ricordo di casa mia: mia madre non avrebbe voluto. Colpa sua della voce! Mi ha fatto du’ tonsille di cicoria e ‘na salute ch’è già tanto se nun zo crepata già. La luna appesa in cielo, oggi magra. Io. Mi accontento del mio corpo di gobbe. La terra è umida e calda e più in alto, dove comincia il cielo, sento tutto un friccicorio, specie la mattina, quando mi sembra di potere qualcosa. con onestà, la barbabietola da zucchero allieva del Corso di Formazione attoriale del PTV e attrice della Compagnia stabile del PTV

PTV 2056 Non vedevo l’ora che mi fosse detto di andare a prendere qualcosa in soffitta. In pochi sanno la strada. Abbasso la voce: ve la confido. Entrando, percorri tutta la sala, monti sul palco e giri a sinistra, dove ci sono i camerini. Lo so pensavate fosse a destra, la porta che resta sempre chiusa. Errore. Come sapete, le prime tre porte a destra sono le sale per fare lezione. Poi i bagni. E poi, la porticina sempre chiusa: è finta. Una porta finta. Alla soffitta ci si arriva passando a sinistra del palco. Credevate che i camerini fossero tutto, ma no: uno degli specchi è una porta. Lo scosti e ti trovi davanti una scala a pioli. Uno due tre gradini. Il legno scricchiola: sembra che tutto sia vivo. Da quella scala in poi io sento tutto un fremere, come se le tarme stessero recitando da secoli dentro quelle pareti così vecchie. Una malsicura lampadina penzola e non vedi nulla. Ancora qualche gradino: novantasette in tutto. Eccola. La piccola porticina odorosa. Resina.

Appoggio le mani con timore, ogni volta la vorrei aprire senza far rumore, tengo gli occhi chiusi, ogni volta vorrei rivivere la stessa sorpresa. E poi, la soffitta è lì. Gremita di oggetti che sbucano uno ad uno dal buio, mentre mi faccio strada con la torcia: nello specchio, il mio viso, illuminato da quella piccola luce, mi sorprende come uno spettro. Accatastati gli uni sugli altri oggetti che paiono vivi: oh! quante storie laggiù, dentro a quel faro foderato di carta stagnola! e poi laggiù, quel pezzo di specchio sembra che mai sia stato intero! e, adesso, lo so, è sopra di me: alzo lo sguardo facendomi largo col fendente di luce e vedo solo ruota e manubrio. Scorro tutto il soffitto: stalattiti di biciclette e monopattini appesi. “La sedia a rotelle è in fondo, dietro al quadro nero!” È vero, l’ho trovata! Ma adesso come la tiro giù? Vado a chiedere una mano. Serena Guardone 17


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LA COTTURA DEL PEDONE In teatro si può fare di tutto, parlare di tutto e non lasciare comunque niente. In fondo alla sala, sedevano in 30. Su un giornale si chiedevano “Attori, non di bella presenza, non professionisti, non diplomati all’accademia, per lavoro facile facile, di difficile retribuzione ma di sicuro approccio artistico. Professionalità garantita”. L’ultima frase fu ciò che li vinse. Il regista camminava di fronte a loro, scrutandoli, misurandone le altezze, larghezze, profondità. D’improvviso il tecnico spense le luci di servizio e un faro da 1000 illuminò a goccia una zona vuota del palco. “Qui ce ne va uno! 1,60 di lunghezza, 70 di larghezza. Un po’ grasso. Steso. Avrà un telo bianco per coprirsi. Quello in fondo alla sala è perfetto.”. “Ma che dovrò fare?”, chiese l’ignaro attore. “La striscia pedonale”, fu la risposta stizzita. “Ne servono altri 2. Poi mi servono due alti e magri per le linee della carreggiata: anche loro bianche, e

continue”. I due spilungoni indicati furono stesi ai lati delle strisce. Il regista scese quindi in platea e si mise ad osservare la scena. Si consultò con la art designer, con il public super choreographer, l’insegnante di tiro con l’arco e quello di spada medioevale, e tutti concordarono che i tre attori-macchina dovevano essere vestiti di nero o rosso, avrebbero camminato su e giù per la scena, sopra le strisce pedonali, dentro la carreggiata bianca. Luci psichedeliche rosse, viola e blu li avrebbero seguiti passo passo. Non rimaneva che definire i veri protagonisti. Per il pedone serviva un uomo basso, grassottello, vestito da impiegato sgualcito e possibilmente pelato: l’uomo spaventato seduto in fondo sembrava perfetto. “In piedi, tu starai qui, davanti alle strisce pedonali. Immobile, guarderai le macchine che passano, ogni tanto tentando un timido assalto per attraversare la strada. Avrai un fazzoletto per asciugarti il sudore sulla crapa pelata.” L’uomo-attore, ma più uomo che attore, chiese se c’era anche un testo da imparare. “Macché, questo è teatro di non-azione, iper moderno e post-industrializzato. Tutto si muove nell’im18


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COSA È STATO E COSA SARÁ

mobilità che la società ha creato ad arte per noi. Siamo in gabbia. Vorremmo muoverci ma la carreggiata sociale ce lo impedisce. Nessuna parola. Il pubblico ascolterà solo la tua sofferenza. Lo spettacolo dipende da te… e dalle difficoltà che incontrerai.” Il regista batté le mani da solo, a se stesso, e congedò ad arte tutti i non chiamati. “Oggi solo 9 di voi ce l’hanno fatta, ma avete tutti talento, non disperate. Il Teatro ha bisogno di voi”. Il vice assistant costume technological coach lo fermò ricordandogli che mancava ancora l’ultimo personaggio: il sole. “Mi scordavo proprio del meglio! ...tu” Scelse un ragazzo tondo in viso, cicciottello. Gli venne messa una parrucca da leone e un vestito giallo. “Tu infiammerai il palco, il pubblico…e soprattutto, il pedone. Girerai intorno a lui come il tempo che scorre sull’uomo rinsecchendo la sua pelle e accorciando le sue giornate. Tu sarai colui che cuoce a fuoco lento un bestia ancora viva” Rise di una risata isterica. L’artista si era espresso. Professionalità garantita. Et voilà. “La cottura del pedone”. Claudia Sodini GLI SFONDONI DEGLI ARTISTI

Matteo Pardini: Per me il teatro è lo specchio dell’anima di ognuno; con esso possiamo realizzare noi stessi e conoscere i nostri orizzonti. Il teatro è vita. Andrea Del Giudice: Per me il teatro è la rappresentazione di tutto ciò che è passato, realtà e immaginazione. Grazie al teatro riusciamo a mostrarci davanti alla gente come siamo veramente.

Cosa è stato... • “Ser Durante” con Federico Barsanti e Prof. Pietro Conti, regia Federico Barsanti: MERCANTIA dal 16 al 20 luglio - Certaldo (Fi) / Sacro e Profano 29 luglio - Minazzana (Lu) / A Veglia 24 settembre - Manciano (Gr) / 4 ottobre - Pruno (Lu). • SERAVEZZATEATROFESTIVAL 3a Edizione. 26-27 luglio, a cura del Piccolo Teatro della Versilia in collaborazione con Proloco e Comune di Seravezza (Compagnia Palaquio (Fi), Tetraedro - CUT La Torre (Trampolieri - giocolieri - artisti di strada, Viterbo), “Inferno di Dante”, Sandro Verdecchia, Goldoni, Pinocchio, bambini, ragazzi. • “Le Disavventure di Pinocchio” con Valentina Gianni, Roberto Panichi, Camilla Santini, Claudia Sodini, regia Federico Barsanti. Spazio Ragazzi Pineta Estate, Pineta di Ponente, Viareggio (Lu) / Estate al Forte, Forte dei Marmi (Lu)/ Festival La Versiliana, Marina di Pietrasanta (Lu) (tutto esaurito) / Teatro San Micheletto, Lucca / Apriti Borgo! A B C Festival, IVa edizione - Festival di teatro di strada, Campiglia Marittima (LI) Festival organizzato da Terzostudio. • The International Festival of Theatre and Visual Arts - Zdarzenia. Tcew (Polonia) 5-7 settembre. • Apertura anno teatrale ‘08 - ‘09 del Piccolo Teatro della Versilia. 18 settembre. •Seminario “The Tragedy of Hamlet” tenuto da Rolando Macrini presso il teatro Delatre (Seravezza - Lu). 25 - 29 settembre.

...e cosa sarà...

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PT V

EXSAIL Con il Patrocinio morale del Comune di Seravezza

1a Edizione

Stagione Teatrale ‘08/’09

stagione senza sponsor né contributi, il ricavato di ogni serata andrà all’artista

Teatro Delatre Via del Greco - Seravezza (Lu)

PICCOLO TEATRO DELLA VERSILIA • SAB 22 e DOM 23 NOVEMBRE Ore 21 R. Pelusio (Mi) “SUONATA” Regia L. Domenicali

• DOM 30 NOVEMBRE Ore 21 G. Fusetti Kiklos teatro (Pd) “LA MASCHERA NEUTRA: IL SILENZIO DEL CORPO TEATRALE”

• LUN 17 DICEMBRE Ore 21 Saggio della Scuola di recitazione del PTV CON IL PUBBLICO Regia F. Barsanti

• DOM 14 DICEMBRE Ore 21 di e con E. Bonavera “I SEGRETI DI ARLECCHINO”

• DOM 11 GENNAIO Doppia replica Ore 17 e Ore 21 di e con L. Spagone (To) “OCCHIO...LA VALIGIA”

• DOM 18 GENNAIO Ore 21 PTV. V. Gianni, R. Panichi, S. Pucci, C. Sodini “LE DISAVVENTURE DI PINOCCHIO” Regia F. Barsanti

• SAB 20 e DOM 21 DICEMBRE • SAB 10 GENNAIO • SAB 7 e DOM 8 FEBBRAIO “LE DISAVVENTURE DI PINOCCHIO” in pomeridiano alle ore 17 Regia F. Barsanti

• DOM 22 FEBBRAIO Ore 21 PTV. F. Barsanti e P. Conti. Musiche dal vivo di A. Verdecchia. “SER DURANTE” Regia F. Barsanti

• DOM 24 MAGGIO Ore 21 di e con E. Guerrini ORTI INSORTI

• LUGLIO ‘09 SERAVEZZATEATROFESTIVAL IVa Edizione

Festival ItinerantEcologico

Piccolo Teatro della Versilia, giocolieri,musicisti, Rita Pelusio, Lucia Spagone, Alessandro Gigli ...e altro ancora...

Ingresso Libera Offerta Direttore Artistico: Federico Barsanti

Exile Produzioni


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