Labò Facce sfuggenti

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AB LABÓ • Facce sfuggenti ria dei dipinti antichi

i laboratori d’arte nella Galle

a cura di Roberta Bertozzi e Alessandra Pace


I quaderni del primo vero

Collana di didattica delle arti e delle letterature Cesena, maggio 2014

Calligraphie Š Associazione Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena


LABĂ“

i laboratori d’arte nella Galleria dei dipinti antichi

Facce sfuggenti a cura di Roberta Bertozzi e Alessandra Pace



Il volto sfuggente della classicità

Come spesso accade, durante l’allestimento del laboratorio si sono presentati tutta una

serie di quesiti. Come avremmo potuto sollecitare nei bambini un atteggiamento critico e partecipativo nei confronti del fatto artistico? Quali modalità sarebbero state maggiormente

idonee per connettere la dimensione conoscitiva, la comprensione delle opere, a quella

operativa, a una loro concreta rielaborazione? Come destare interesse rispetto a delle forme rappresentative distanti anni luce dall’esperienza del XXI secolo, decisamente remote? In

sostanza, per mezzo di quali accorgimenti avremmo potuto render loro accessibile l’arte antica?

Uno dei problemi principali, o che reputavamo tale, risiedeva nella necessità di trasmettere non solo degli attributi stilistici, ma una vera e propria concezione del mondo; di facilitare

l’incontro con un sistema di segni atipico, uno specifico modello artistico (nella fattispecie, un corpus di dipinti con datazione compresa tra il Quattrocento e il Settecento) che avrebbe rischiato di rivelarsi, per complessità e distanza temporale, ostico e desueto, di difficile

lettura. Si trattava, in altri termini, di parafrasare un linguaggio poco frequentato, di adattarlo alla loro sensibilità.

La prima intuizione di una strada praticabile ci è stata offerta da un’arte di tutt’altro genere, il teatro di marionette. In questo tipo di spettacolo viene di solito impiegata un’efficace

strategia per avvincere i bambini, per indurli a prestare un’attenzione esclusiva verso ciò che sta capitando sulla scena. Alludiamo al momento in cui il burattino che riveste


il ruolo di protagonista finge di non vedere ciò che si svolge sotto gli occhi di tutti. Sarà

la giovane platea a gridargli di stare all’erta, a rivelargli che quanto va cercando si trova

proprio di fianco a lui. Per generare questo trasporto dovevamo mettere in atto lo stesso

schema – avremmo dovuto fingere d’esser cieche di fronte all’accadimento artistico, così da consentire ai nostri piccoli spettatori di condurre il gioco: simulare di non cogliere

l’evidenza e lasciare che fossero loro, in prima persona, a darne testimonianza. In seguito

abbiamo deciso di applicare questa tecnica fin dagli aspetti più banali della composizione, dal suo, per così dire, abbiccì: cosa distingue ritratto e paesaggio, quali mezzi usa il pittore,

il perché della ricorrenza di alcuni soggetti anziché d’altri – prendendo dunque le mosse dai rudimenti, dalla prima, e imprescindibile, grammatica del fare artistico.

Tuttavia, il nodo cruciale della nostra operazione continuava a non spostarsi di un millimetro.

Stabilita la tattica, bisognava comunque lavorare sul nostro oggetto, venirne a capo. Ossia: quando si comincia a vedere un’opera d’arte – a vederla sul serio, individuandone lo spessore, riuscendo a interpretarne forme e motivazioni? [...]

Roberta Bertozzi e Alessandra Pace


Con una sola linea un ritratto un personaggio matto. Abbiamo dato loro nomi seri e strani sai, erano fatti con le nostre mani.


Guido Cagnacci (Santarcangelo di Romagna 1601 - Vienna 1663) Allegoria della Vanitas e della Penitenza, olio su tela, cm. 74,3 x 60


Le facce alfabetiche

Da una parte un dipinto di rara perfezione formale, dall’altra una scultura di Alexander

Calder, nella quale un singolo filo metallico era attorcigliato in modo da riprodurre le fattezze di un volto. Il confronto era inteso a far riflettere sul concetto di compiutezza di un’opera e sulla dinamica che passa tra finito e non finito.

Se nell’arte moderna e contemporanea ci si può arrestare tranquillamente allo stadio

germinale della figurazione, al suo bozzetto (certe volte addirittura l’opera finisce per

coincidere unicamente col processo creativo, senza concretizzarsi in un manufatto), nell’arte antica tutto questo è inconcepibile.

Per illustrare meglio tale idea ci siamo servite di una similitudine, riguardante la costruzione

del testo. L’opera classica è come un discorso completo in ciascuna sua parte, da quella grammaticale a quella sintattica e narrativa; essa ci comunica in maniera esaustiva ciò che intende rappresentare, nulla è lasciato inespresso. L’arte moderna, invece, procede per

frammenti, quasi retrocedendo, per via di sottrazioni e lacune, al grado zero del discorso, alle sue strutture molecolari, come possono esserlo le sillabe e le lettere. Il laboratorio coi

bambini ricalcava questo percorso “a ritroso”: la regola del gioco consisteva nel comporre

un disegno immediato, composto da un’unica linea, senza staccare la penna dal foglio e senza alcuna possibilità di cancellare. Un ritratto alfabetico, elementare.




Desideriamo ringraziare Patrizia Rossi della Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena per averci accompagnato in questa bellissima avventura. Un grazie anche alle maestre Catia Aldini, Rosa Parlato,

Rita Severi e Chiara Sommariva della Scuola Primaria Don Baronio, e a tutti i bambini che hanno preso parte al Labó.

Grafica • LAMPEstudio Fotografie • Marco Hazo Zavalloni Stampa • Sicograf.com



calligraphie | www.calligraphie.it

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