Labò 2016 Arte in gioco

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Labรณ I laboratori didattici nella Galleria dei Dipinti Antichi

---------------ARTE IN GIOCO



LABĂ“ i laboratori didattici nella Galleria dei dipinti antichi

ARTE IN GIOCO

---------------------------------a cura di Calligraphie



La “Galleria dei dipinti antichi della Fondazione e della Cassa di Risparmio di Cesena” è una collezione che raccoglie e documenta la produzione della pittura in Emilia e Romagna dal XV al XVIII secolo. Dalla sua apertura al pubblico nel 1991 ha prodotto iniziative culturali tra cui vari programmi didattici per gli studenti delle scuole del circondario cesenate. Con il progetto LABO’ si è pensato di intensificare l’avvicinamento all’arte antica dei più piccoli e offrire un’occasione formativa che giochi un ruolo rilevante nella loro crescita. Questo volumetto presenta l’esito dell’esperienza didattica condivisa quest’anno. Gli alunni delle scuole primarie, guidati da insegnanti e operatrici, hanno ripercorso idealmente lo sviluppo dell’arte nei secoli e attraverso un confronto con l’arte contemporanea sono giunti a realizzarne concretamente personali rielaborazioni. Nel corso delle attività di laboratorio e attraverso l’esperienza diretta, si è cercato di favorire lo sviluppo delle capacità espressive dei bambini e di indirizzarli



alla comprensione dell’arte non solo sul piano manuale, ma anche su quello concettuale. Ci auguriamo che la sfida, cui i piccoli artisti si sono sottoposti ponendosi in relazione con le opere della Galleria, possa aver fatto assimilare alcuni meccanismi della creatività artistica e comprendere che l’arte può gettare luce sulla realtà e far conoscere alcuni suoi aspetti inediti. Queste pagine propongono un racconto per immagini che ci trasmettono la densità di un’esperienza molto più di quanto possano farlo le parole. Bruno Piraccini

Presidente Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena



COME CI GIOCO CON QUESTO? Il gioco con l’arte si compone sempre di due fasi: quella della conoscenza e quella dell’esperienza. Non è detto che le fasi di collochino in quest’ordine così come non è detto che si diano separatamente: molto spesso infatti l’esperienza è motivo di conoscenza e viceversa. Quando i bambini incontrano un’opera d’arte entrano in contatto con un complesso reticolo di esperienze e conoscenze. Da un lato la datità di quest’opera, il suo contenuto, il suo risultare circoscritta per via formale e storica, il suo presentarsi a noi come un oggetto ora mobile ora fisso, ora chiuso ora aperto. Dall’altro stanno invece tutte le suggestioni e le reazioni che l’opera può provocare: la sua disponibilità a farsi abbracciare dallo sguardo, dalla mente e dai sensi; il suo lasciarsi da questi reinterpretare; la sua intrinseca virtualità di sollecitare nuove opere, nuovi discorsi, nuovi attraversamenti. Posto di fronte all’opera d’arte, il bambino solitamente riconosce da subito questo duplice binario: e alla domanda “cos’è?” si affianca sempre l’altrettanto legittima domanda “cosa posso farne?”, ossia “come ci gioco con questo?”. Il movimento della conoscenza e quello dell’esperienza sono per il bambino due momenti indissolubili, mischiati, amalgamati tra loro. E la parola chiave è appunto “giocare”: avvicinare un oggetto in vista di una sua animazione, di una sua trasformazione, di una sua traduzione in una attività concreta, globale. Scriveva Bruno Munari: “Con il gioco il bambino


partecipa globalmente; al contrario, se ascolta si distrae perché continua a pensare ad altre cose”. Se io gioco con l’arte la mia possibilità di conoscenza si cementa con l’esperienza, e verrà da quest’ultima amplificata. Per questo, nella formula di Labó, nella fisionomia che abbiamo costruito nel tempo di questo atelier per l’infanzia, la linea di continuità tra la visita alla Galleria dei dipinti antichi e le successive attività pittoriche e plastiche è sempre stata fortissima. Al punto tale che nella seconda edizione abbiamo avvertito la necessità di offrire ai bambini quegli strumenti che consentissero loro di riplasmare la stessa iconografia dei quadri, mettendosi in gioco direttamente con essa. Incontrare un’opera significa, sì, assimilare delle esperienze passate, ma anche aggiungere delle esperienze inedite – nella forma, nel contenuto, nella materia, nella tecnica, nei mezzi. Durante il laboratorio vero e proprio il passato e l’inedito si mescolano, trovano un riscontro materico, sensoriale, fattivo. Questo genere di meditazione attiva è il risultato della combinazione tra ciò che i bambini esperiscono e ciò che i bambini fanno. E la stessa cosa accade anche all’artista. Perché anche lui è essenzialmente un giocatore. Notava lo scrittore e filosofo francese Paul Valéry: “Come il giocatore è perseguitato da combinazioni di partite, assillato la notte dallo spettro dello scacchiere o del tappeto su cui si abbattono le carte, ossessionato da immagini tattiche e da soluzioni più vive che reali, così l’artista. Un uomo che non è posseduto da una presenza di questa intensità è un uomo inabitato: un terreno vago. L’amore, senza dubbio, e l’ambizione, come


la sete di lucro, popolano potentemente una vita. Ma l’esistenza di uno scopo positivo, la certezza d’essere vicino o lontano, raggiunto o no, che tale scopo comporta, fa di queste passioni delle passioni finite. Al contrario, il desiderio di creare qualche opera in cui compaia più potenza o più perfezione di quel che troviamo in noi stessi allontana indefinitamente da noi questo oggetto che sfugge e s’oppone a ciascuno dei nostri istanti. Ciascuno dei nostri progressi l’abbellisce e l’allontana. L’idea di possedere interamente la pratica di un’arte, di conquistare la libertà di usare i propri mezzi, con la stessa sicurezza e leggerezza con cui usiamo i nostri sensi e le nostre membra nei loro usi ordinari, è di quelle che traggono da certi uomini una costanza, un dispendio, esercizi e tormenti infiniti”. Giocare con l’arte è possederla, farla propria. E questo avviene solo con la pratica e l’esercizio, con la confidenza. Giocare con l’arte vuol dire acquisire padronanza del pensiero, dei mezzi, delle strategie, del lessico originato dall’opera, del suo discorso. Per approssimazioni successive, per prove e scarti, la mano trova infine il gesto giusto, la sintesi. Ed è solo in direzione di questo approccio consapevole, solo verso questa possibilità d’esperienza e dunque di vita, che si è concertato tutto il lavoro di questi anni. Roberta Bertozzi



-------------Nei primi anni del bambino, vivere è essere aperto‌ ai suoni, ai colori, agli odori, ai movimenti, ai gesti; tutto da prendere, da apprendere. Facendo ciò che egli vede fare, rifacendolo, copiandolo, apprendendolo e imitandolo, raccattando tutto quel che può.

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Quando il bambino si appropria dei colori è eccitato dalla loro chiassosa polivalenza, dalla loro baraonda, in mezzo a cui passa e ripassa come in mezzo a detonazioni. Può derivarne uno scarabocchio che non lo fa però indietreggiare, non vi si oppone.

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-------------I disegni imperfetti del bambino non interessano l’adulto. Li chiama scarabocchi, non vi vede la cosa principale, lo slancio, il gesto, il percorso, la scoperta, la riproduzione esaltante dell’avvenimento in cui una mano ancora incerta, inesperta, si fa sicura.

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-------------Dopo le matite, la scoperta e l’uso dei colori, dopo la loro assimilazione, la loro pratica, accade a piÚ di un bambino di realizzare dei disegni intensi. Un non si sa che trattiene su di essi lo sguardo.

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-------------Quando al bambino si danno matite e vasetti di colore, ecco che, dopo qualche prova, sul foglio vergine si spande come un’inondazione, una festa sconosciuta, che ne porterà molte altre. Adesso c’è il colore e il suo splendore. Tutto ne riceverà respiro.

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Un grazie a Patrizia Rossi della Fondazione Cassa Di Risparmio di Cesena per il sostegno e per averci accompagnato in ogni fase del laboratorio. Il nostro grazie anche alle esperte, Chiara Gualtieri, Lucia Raggini, Elena Tappi, alle docenti e a tutti i bambini che hanno preso parte all’edizione 2016 di LABÓ. Grafica • LAMPEstudio Fotografie • Marco Hazo Zavalloni Stampa • Sicograf.com © Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena

Le citazioni presenti in questo volume sono tratte da Henri Michaux, Inizi, Gallimard, 1985.



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FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI CESENA


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