Labò 2017 Se imito comprendo

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Se imito comprendo

Labรณ 4A EDIZIONE

MARZO

2017



LABĂ“ i laboratori didattici nella Galleria dei dipinti antichi

Se imito comprendo

a cura di Calligraphie (con)temporary art & books



Questo nuovo volumetto presenta gli esiti della quarta edizione di LABÓ I laboratori didattici nella Galleria dei dipinti antichi della Fondazione e della Cassa di Risparmio di Cesena . Nato dal desiderio di avvicinare i più piccoli ai capolavori dell’arte antica tramite il confronto con opere contemporanee, l’esperienza di LABÓ ha permesso non solo di offrire a ogni bambino la possibilità di utilizzare i mezzi comunicativi dell’arte per coinvolgerlo in un processo creativo e divertente, ma anche di impegnarlo in attività che possano affinare la sua sensibilità e la sua fantasia.



La Galleria dei dipinti antichi, infatti, è un ambiente di apprendimento privilegiato in cui il contatto diretto con le opere, mediato dal gioco e dalla fantasia, crea condizioni favorevoli per lo sviluppo di capacità espressive e critiche. Ci auguriamo che le immagini di queste pagine, che propongono un racconto dell’esperienza vissuta quest’anno da bambini e insegnanti, possano restituire l’entusiasmo e la qualità del lavoro svolto.

Bruno Piraccini Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena



Se imito comprendo

Dopo quattro anni di attività nella Galleria dei Dipinti antichi, di progressiva elaborazione di un metodo per la pedagogia dell’arte, tra codice classico e codice contemporaneo, tra costruzione, limpida e ordinata, e destrutturazione, hasard stilistico, congettura; dopo quattro anni di percorsi didattici, in un dare e avere sintonico con i bambini che hanno partecipato al laboratorio – interamente debitore del loro sguardo, della loro curiosità, del loro fare, è giocoforza tornare al punto di partenza, interrogarsi ancora una volta sulla fisionomia di questo laboratorio, su quella che è la sua vera identità. Se, come in ogni tragitto, è necessario di tanto in tanto tornare sui propri passi per comprendere meglio il senso del viaggio, ecco che avvertiamo l’esigenza di capire e di approfondire le ragioni che ci hanno portato a ideare LABÓ – cioé

quale idea di avvicinamento, di incontro con l’arte, questo percorso si è ripromesso, fin dagli esordi, di attuare. La domanda, alla fine, è semplice: cosa si fa in un laboratorio d’arte? O altrimenti: perché proporre ai bambini l’arte, e nel nostro caso l’arte antica, distante anni luce dal loro vissuto personale e dal regime delle immagini odierno, fatto di cartoni animati, di videogiochi, di reclame? È ovvio che alla base di ciò sta un fattore pedagogico: il contatto con l’arte “fa bene”, ci aiuta a indovinare nuovi modelli d’esistenza, delle sfumature del nostro essere altrimenti impercettibili, così come tante inedite dimensioni d’esperienza. Ma, ci chiediamo, esiste un motivo più recondito, che solo l’esperienza di questi anni potrebbe indicarci? Sì. Un altro motivo c’è. Ed è legato essenzialmente alla pratica, al fare. Perché



l’incontro con l’arte è l’incontro con un esercizio. Un esercizio fatto di scommesse, di prove, di fallimenti e risultati; un esercizio che nel tempo ha costruito le sue regole, ha perfezionato la sua disciplina, formalizzandosi in una tradizione, in una consuetudine di gesti, strumenti e soluzioni; un esercizio connesso a degli archetipi dell’agire umano, quando proprio nella struttura simbolica, nella necessità di riprodurre in forme e figure il mondo circostante, l’uomo ha ritrovato quell’elemento di individuazione, quella specificità che lo rende unico tra tutte le altre specie. Per tornare al quesito di partenza: cosa si fa dunque in un laboratorio d’arte? Si entra in contatto con questo esercizio, con questa pratica. Si ripercorrono i passi, il discorso e la sapienza di coloro che ci hanno preceduto e che in essa si sono cimentati. Si apprende un discorso e si cerca di replicarlo. E tutto questo accade a partire da un fondamentale atto: dalla nostra disponibilità a imitare, a riconoscere e a rifare. Se imito comprendo. Questa attitudine mimetica è del resto implicita, con-



naturata all’esperienza di ogni bambino, rivelandosi proprio nella loro principale attività, ossia nel gioco. I bambini dicono “facciamo finta che”, mettendo in atto una imitazione continua del mondo che li circonda, delle sue strutture e delle sue dinamiche: e in questo ripetuto imitare iniziano a comprendere, ad affacciarsi alla vita in maniera consapevole. Tra le tante cose che abbiamo imparato in questi quattro anni sta anche questo aspetto: il laboratorio ci ha avvicinato a un saper fare. A intuire tutto un universo di ricorrenze, di invenzioni, di modelli e meccanismi, a metterci alla prova in questo universo, a giocare in esso un ruolo attivo proprio attraverso l’imitazione. Se si fa arte con i bambini è stato per invitarli a diventare a loro volta parte di questo gioco, non come fruitori passivi di immagini ma come attori capaci di interagire col testo delle immagini, con ciò che ciascuna immagine ci racconta; capaci di interrogare questo testo e di porsi delle domande proprio mentre lo si attraversa, di farlo proprio e anche di mutarlo, di tradurlo in esperienza concreta, in conoscenza. Roberta Bertozzi




Quando il bambino era bambino, camminava con le braccia ciondoloni, voleva che il ruscello fosse un fiume, il fiume un torrente e questa pozzanghera il mare.


Quando il bambino era bambino, non sapeva di essere un bambino, per lui tutto aveva un’anima e tutte le anime erano un tutt’uno.



Quando il bambino era bambino non aveva opinioni su nulla, non aveva abitudini, sedeva spesso con le gambe incrociate, e di colpo si metteva a correre, aveva un vortice tra i capelli e non faceva facce da fotografo.





Quando il bambino era bambino, era l’epoca di queste domande: perché io sono io, e perché non sei tu? perché sono qui, e perché non sono lì? quando comincia il tempo, e dove finisce lo spazio? la vita sotto il sole è forse solo un sogno? non è solo l’apparenza di un mondo davanti al mondo quello che vedo, sento e odoro? c’è veramente il male e gente veramente cattiva? come può essere che io, che sono io, non c’ero prima di diventare, e che, una volta, io, che sono io, non sarò più quello che sono?


Quando il bambino era bambino, si strozzava con gli spinaci, i piselli, il riso al latte, e con il cavolfiore bollito, e adesso mangia tutto questo, e non solo per necessità . Quando il bambino era bambino, una volta si svegliò in un letto sconosciuto, e adesso questo gli succede sempre. Molte persone gli sembravano belle, e adesso questo gli succede solo in qualche raro caso di fortuna.




Si immaginava chiaramente il Paradiso, e adesso riesce appena a sospettarlo, non riusciva a immaginarsi il nulla, e oggi trema alla sua idea. Quando il bambino era bambino, giocava con entusiasmo, e, adesso, è tutto immerso nella cosa come allora, soltanto quando questa cosa è il suo lavoro.





Quando il bambino era bambino, per nutrirsi gli bastavano pane e mela, ed è ancora così. Quando il bambino era bambino, le bacche gli cadevano in mano come solo le bacche sanno cadere, ed è ancora così, le noci fresche gli raspavano la lingua, ed è ancora così, a ogni monte, sentiva nostalgia per una montagna ancora più alta, e in ogni città, sentiva nostalgia per una città ancora più grande, ed è ancora così, sulla cima di un albero prendeva le ciliegie tutto euforico, com’è ancora oggi, aveva timore davanti a ogni estraneo, e continua ad averlo, aspettava la prima neve, e continua ad aspettarla.





Quando il bambino era bambino, lanciava contro l’albero un bastone come fosse una lancia, che ancora continua a vibrare.




Desideriamo ringraziare Patrizia Rossi della Fondazione Cassa Di Risparmio di Cesena per il sostegno di questi anni e per aver voluto intensamente questo progetto. Un grazie anche alle maestre Francesca Franzone, Raffaella Molari, Michela Corrias, Chiara Sommariva e a tutti i bambini che hanno preso parte a questa edizione di Labó. Grafica • LAMPEstudio Fotografie • Roberta Baldaro Stampa • Sicograf.com © Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena

I versi in catalogo sono tratti dalla poesia Elogio dell’infanzia di Peter Handke



©

FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI CESENA


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